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Messaggi - sgiombo

#1426
Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Ottobre 2018, 17:05:42 PM


Ah beh, la superiorità del bene sul male come scelta etica, è evidente...
Nel celebre dialogo platonico fra Socrate e il sofista Trasimaco, a quest'ultimo che afferma la giustizia essere
l'utile del più forte Socrate non dice : "sbagli". Ma dice la sua idea di giustizia ("la giustizia è l'utile del
più debole"). Socrate, cioè, sceglie eticamente una "parte", ma senza permettersi di affermare l'errore della
parte avversa.
Del resto, trovo che affermare la superiorità del bene sul male, sia pur nella dimensione dell'iperuranio,
non come una "libera" scelta morale, ma come effettiva "realtà" significherebbe trasporre tale superiorità anche
nel "mondo" (che è quello che in molti fanno, ma con risultati logicamente contradditori - come del resto ben rilevi anche tu).
Se Socrate avesse ragionato in tal modo avrebbe risposto a Trasimaco: "sbagli, perchè la giustizia non è l'utile
del più forte ma quello del più debole".
saluti

Ovvio che il male é male e il bene é bene.
E che per chi sia eticamente "buono" (magnanimo, generoso, ecc.) il male é superiore al bene per definizione (e viceversa per chi sia "malvagio": egoista, gretto, meschino, disonesto, ecc.).

Ma quando dico che non mi convince un "dualismo con prevalenza del bene" non mi riferisco a questo, bensì al fatto che trovo oscura e per lo meno di dubbia coerenza logica l' ipotesi dell' esistenza di in Dio Buono (o di un "principio o arché impersonale" buono "più potente" (di quanto? In che senso?) di un Dio (o di un "principio o arché impersonale" malvagio "meno potente, "destinato a soccombere" (quando? Come? A quali condizioni? Con quale "trattato di pace"?).
Ancor più contraddittoria mi sembra l' ipotesi di un Dio buono che crea un demone malvagio o di un "principio o arché impersonale" buono che implica in subordine un  "principio o arché impersonale" cattivo ( come può un "principio o arché" buono implicare alcunché di cattivo? In che misura, in che senso "in subordine"?)
#1427
Citazione di: viator il 20 Ottobre 2018, 23:03:52 PM

Poi : "Al CERN siamo in molti credenti, e non solo cristiani". Questa invece è surreale: viene precisato che gli scienziati, oltre a poter credere alla scienza ed alla religione cristiana, possono credere anche in altro !.
CitazioneQuesta non l' ho proprio capita: secondo te si può credere solo alla scienza (= immagino, essere scientisti, positivisti più o meno "vetero": non ci siamo solo noi comunisti di "vetero"!) o alla religione cristiana? (Forse c' é dell' ironia che non colgo).


La più ghiotta però è quella dell'IIS di Bangalore, con quelli che prima si fanno il segno della casta, poi entrano a spiegare magari le teorie darwiniane (sull'evoluzione delle caste ?).
CitazioneNon ci sarebbe niente di strano: tantissime ideologie reazionarie pretendono di fondarsi (pseudo-) scientificamente sul darwinismo.


Caro Sari, non so se tu sia abbonato a Repubblica. In caso positivo, mi sentirei di consigliarti di disdire al più presto !. Cari saluti.
CitazioneQuesto consiglio lo condivido (magari i 5S togliessero davvero le sovvenzioni statali pagate con i nostri soldi ci contribuenti che tengono in vita tutti i giornali! Che tuonano contro quei "parassiti dei forestali della Calabria": quando si dice la pagliuzza nel' occhio altrui stigmatizzata da chi ha nel proprio occhio al trave...) 


#1428
Citazione di: Ipazia il 20 Ottobre 2018, 22:47:34 PM
D'accordo Sgiombo. Ma pensa quanto taroccate dovevano essere pure le statistiche quando sventolava il tuo vessillo per gli scienziati di là del muro e del Tibet. Credo c'entri poco la filosofia scadente degli scienziati sulle questioni religiose, ma, materialisticamente, l'imprinting sociale assai di più. Per tutta la popolazione, decisamente poco propensa a fare laicamente (e filosoficamente) i conti con l'Amorosa. Non è che anche la filosofia ha le sue responsabilità in ciò ?


Trovo questo linguaggio molto criptico, non lo comprendo.

Statistiche più o meno taroccate le hanno sempre fatte un po' tutti i governi, un po' da tutte le parti di tutti i muri (quale più, quale meno; e personalmente non sarei così convinto che i peggiori i questo senso fossero quelli che "sventolavano la mia bandiera": pensa a quelle sulla presunta "occupazione/disoccupazione" in tutti i paesi capitalistici, almeno negli ultimi anni); ma questo non é un buon motivo per ricavare deduzioni perentorie (nemmeno che la conoscenza specialistica della natura tenda ad escludere dio dal proprio orizzonte, se non come sapere a parte  ma addirittura che la conoscenza specialistica della natura escluda tout court dio dal proprio orizzonte, se non come sapere a parte) da differenze non statisticamente significative nei sondaggi sulle convinzioni religiose o meno degli scienziati.

Per me, da marxista, la filosofia scadente prevalente fra gli scienziati oggi é in ultima analisi, attraverso molteplici, complesse mediazioni, conseguenza della dialettica sviluppo delle forze produttive - rapporti di produzione (penso che intenda questi per "imprinting sociale").

Non comprendendo che cosa possa essere "l' amorosa" (nel mio dialetto la "morosa" é la fidanzata, o l' amante, o la "compagna di vita"), non posso valutare eventuali "responsabilità della filosofia"; che peraltro trovo concetto assai problematico dal momento che non esiste una monolitica filosofia, ma tante filosofie più o meno buone (ovvero, secondo me, più o meno conseguentemente razionalistiche).

P.S.: Se mi rispondi dovrai pazientare per una mia ulteriore replica perché adesso vado a dormire per potermi alzare non troppo tardi domani e farmi un bel giro in bici: "ritardo giustificato", credo, da parte tua).
#1429
Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 17:06:20 PM





  • La straordinaria precisione della matematica - aldilà dei vari scetticismi filosofici che ci fanno capire la limitatezza della nostra ragione - ci induce a fare la ragionevolissima ipotesi che riusciamo a conoscere molto bene la realtà materiale. Ora, se ci sono regolarità e la matematica le "approssima" così bene, questo significa che, secondo me, in un certo senso la matematica si scopre. Magari non nel modo ipotizzato da Platone, ma, ad ogni modo, significa che sia il nostro ragionamento che la realtà materiale hanno regolarità affini, altrimenti non potremmo capirle.
  • CitazioneSi scoprono non la matematica pura ma le applicazioni della matematica alla fisica.

    Possiamo ragionare "conformemente" alla realtà materiale e se la conosciamo veracemente, allora nelle nostre conoscenze (le nostre descrizioni) di essa devono per forza esserci "regolarità affini "al suo modo di divenire

Per fare un esempio l'antinomia della causalità temporale (che è una sottospecie di "causalità"):

  • Se si ha un inizio nella catena causale temporale, tale inizio richiede un salto logico (ad es: una causa non causata (Causa Prima)...).
  • Se non c'è un inizio, allora si deve accettare che la catena causale non ha un inizio nel tempo. Ma se non vi è stato inizio, deve essere passata un'infinità di tempo prima di arrivare ad oggi.
Come vedi, la logica qui arriva all'antinomia. E la scelta si fa per "fede", o magari perché una delle ipotesi risulta più "ragionevole"  :)
CitazioneMa mentre  se si ipotizza una causa prima incausata si contravviene alla (si contraddice la)  universale concatenazione causale, invece se si ipotizza che non c'è un inizio, e dunque si deve accettare che la catena causale non ha un inizio nel tempo. Ma se non vi è stato inizio, deve essere passata un'infinità di tempo prima di arrivare ad oggi" non vedo alcunché di problematico. Vuol dire semplicemente che allontanandoci dal presente nel passato la concatenazione causale non ha fine (e non che non potrebbe essere giunta al presente per il fatto di essere infinita, che sarebbe un preteso paradosso simile a quelli di Zenone sul movimento).
#1430
Citazione di: Ipazia il 20 Ottobre 2018, 22:14:22 PM
Ma continuo a ritenere, e qualche punto statistico sulla popolazione in generale me lo conferma, che la conoscenza specialistica della natura escluda dio dal proprio orizzonte, se non come sapere a parte. Che è già un bel salto rispetto alla religione coatta di infausta memoria in occidente e tuttora presente nel mondo islamico.

Non ho fatto calcoli, ma "a occhio e croce" le differenze citate da Sari non sono statisticamente significative.

Noto che la "religione coatta di infausta memoria in occidente" é tuttora presente nel mondo islamico per il semplice fatto che l' occidente cristiano e/o ateo (tale sia pur "non per costrizione") ha imposto con la forza (imposizioni "coatte"), ignorando completamente le più elementari convenzioni internazionali sulla guerra, con metodi decisamente terroristicisssimi, al mondo islamico stesso governi - fantoccio suoi propri (dell' occidente cristiano - ateo) che ne hanno imposto e impongono la presenza, eliminando barbaramente governi laicissimi come quello libico e ancor più quello iraqeno (e avrebbe fatto lo stesso con quello siriano, se non fosse stato per il meritorio intervento della Russia di Putin).
#1431
Citazione di: Sariputra il 20 Ottobre 2018, 21:41:20 PM
Gianpaolo Bellini, ordinario di Fisica Nucleare e Subnucleare presso l'Università degli Studi di Milano, dice: «Sono un fisico delle particelle elementari e credo che una logica così enormemente estesa non possa essere casuale. Dietro alla forma e all'ordine dell'universo c'è, secondo me, un input. Se alcuni dati della natura fossero stati anche solo minimamente diversi da quel che sono, la vita sulla Terra non sarebbe stata possibile». Gli ha fatto eco il noto fisico Lucio Rossi, cattolico praticante e tra i responsabili del CERN di Ginevra: «Mi sono convinto che l'ipotesi che tutto sia nato per caso è molto più difficile da accettare che non l'esistenza di Dio. Al Cern siamo in molti credenti, e non solo cristiani».
Fonte: 'Repubblica'

Che gli scienziati siano in prevalenza credenti, da quanto ho letto di scritto da alcuni di loro a scopo divulgativo, non mi stupisce affatto (anche perché ne ho dedotto che per lo più sono pessimi filosofi, generalmente peggiori che la popolazione in generale).

E un' "ottimo esempio" di "pessima filosofia degli scienziati" mi sembra la considerazione qui riportata secondo cui <<che una logica così enormemente estesa non possa essere casuale. Dietro alla forma e all' ordine dell'universo c'è, secondo me, un input. Se alcuni dati della natura fossero stati anche solo minimamente diversi da quel che sono, la vita sulla Terra non sarebbe stata possibile">>.

A parte il fatto che non ha proprio senso parlare di "dati della natura (...) anche solo minimamente diversi da quel che sono" per il semplice fatto che le grandezze sono inevitabilmente relative (per piccole che fossero queste ipotetiche differenze se ne potrebbero sempre pensare di 100 o 1000 o 10000, ecc. più piccole rispetto alle quali sarebbero grandissime e per grandi che fossero se ne potrebbero sempre trovare di 100 o 1000 o 10000, ecc. più grandi rispetto alle quali sarebbero piccolissime), é perfettamente ovvio e banalissimo che, dal momento che c' é la vita, tutti i dati della natura devono essere per forza tali da essere compatibili con l' esistenza della vita: una pacchiana "scoperta dell' acqua calda filosofica".
#1432
Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Ottobre 2018, 12:36:18 PM
Citazione di: sgiombo il 20 Ottobre 2018, 11:16:57 AM

Secondo me questa concezione del "male come reale ma, allo stesso tempo, affermandone la subordinazione al superiore pensiero del bene" é logicamente inconsistente.
Per ma a rigor di logica possono darsi soltanto in reciproca alternativa:




Guarda Sgiombo, io trovo che nelle nostre discussioni vi sia un equivoco di fondo...
Da me non sentirai mai l'affermazione di Dio, ma solo dell'idea di Dio ("Dio non ha più realtà dell'idea che io abbia
10 milioni di euro in tasca", ti potrei dire parafrasando Kant).
Quindi, quando parlo di "assoluto" ne parlo in termini di idea, non di realtà (e qui, come ben sai, si potrebbe
disquisire circa la realtà delle idee, ma lasciamo perdere).
Tanto per tornare all'oggetto della discussione, io, come dicevo, credo che Socrate anticipi la visione platonica
di un bene qualitativamente superiore al male (per cui la preferenza accordata al male risulterebbe ignoranza).
C'è da tener ben presente un fatto. Obliandosi la visione parmenidea (l'essere è, il non essere non è), che rendeva
indispinguibili l'idea e la realtà, con il platonismo la realtà (cioè che è) viene a subire una distinzione dall'idea
(che poi, fra l'altro, diventerà il kantiano "ciò che deve essere").
In altre parole, l'unica dimensione parmenidea si sdoppia.
La realtà del male, come del bene, risiede allora nella dimensione delle cose divenienti, finite, cioè "del mondo".
Mentre la "superiorità" del bene sul male risiede nella dimensione delle idee eterne, infinite, iperuraniche.
Da questo punto di vista, io non ritengo "logicamente inconsistente" l'affermazione di Socrate.
Perchè lo sarebbe? Il bene, come il male, sono secondo "quella" forma-mentis (che non è ancora quella Cristiana,
attenzione) sia realtà oggettive, tangibili nella loro pluralità che idee eterne, eteree nella loro univocità.
Vediamo forse, nella realtà, una "superiorità" del bene sul male? Naturalmente no (a meno di non pensarla come
l'amico Inverno, per il quale è preferibile perseguire il bene per la probabilità di finire in carcere...).
Ma questa superiorità la possiamo invece "vedere" nell'iperuranio, nel regno delle idee eterne che fungerà, come
ovvio, da sostrato per l'ultraterreno cristiano.
Per Socrate, il bene è la "cosa più grande che possiamo imparare"; ed è chiaro che questa è una affermazione
"iperuranica"  (non dimantichiamo la rigida struttura gerarchica dell'iperuranio platonico, che è dominato dall'idea
del bene) che non potrebbe darsi nel "mondo".
La "creazione" cristiana, con i suoi "misteri" è una cosa che verrà solo in seguito (e che fa parte di un altro
discorso).
saluti

Ma anche nel mondo (per me puramente mentale, "di pensiero", delle idee; ma concordo che ci sarebbe molto da discuterne) delle idee trovo logicamente inconsistente, assurda la teoria socratica (poi mutatis mutandis cristiana) della "superiorità" del bene: per me sono comprensibili la "parità" fra bene e male (manicheismo), la natura ambigua buona-e-parimenti-cattiva dell' arché (o del Dio: Bobmax come da me interpretato-corretto-probabilmente indebitamente distorto) e l' esclusività "assoluta  totale" del bene, ovvero (sono esattamente le stesse "cose" ideali dette con parole diverse dal medesimo significato), del male o dell' indifferente (neutro o eticamente irrilevante: nichilismo); non così una "prevalenza relativa o parziale" del bene (creatore - distruttore del male, nella versione "teistica"); male che comunque, anche in versione "laica", mi sembrerebbe assumere inevitabilmente della caratteristiche di "mera, effimera apparenza" relativamente all' assolutezza, eternità, "infinita maggiore realtà" del bene (o viceversa).
#1433
Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 12:46:21 PM


Ciao Viator,

ci sono un po' di problemi qui. Ne cito due.

Primo: anche se fosse vero il "convenzionalismo" (la visione per la quale la matematica è una mera convenzione umana), rimane da dimostrare perché tali convenzioni si applicano così bene in certi casi.
Per esempio, anche se, ammettiamo che nel caso della riproduzione cellulare "1:1 = 2", ciò non toglie che, per esempio la Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio era uno degli indizi per cui la gravità Newtoniana era una teoria incompleta, per un errore estremamente piccolo. E, invece, la teoria di Einstein ha dato una predizione a tutti gli effetti "perfetta". Quindi, anche se in biologia non valesse, la matematica dei numeri reali dà ottime predizioni in fisica. Ergo, si deve ammettere che la materia sia sufficientemente "regolare" in modo da permetterci di fare così bene un'analisi quantitativa. A priori, questo è strano  :) E non solo per le ragioni citate da @sgiombo, ma più che altro perché - ammettendo di ragionevolmente accettare l'esistenza di queste regolarità - è piuttosto strano che se la matematica nasce da una semplice convenzione umana riusciamo a descrivere così bene l'evoluzione dei fenomeni. Quindi, la domanda rimane: qual è la ragione (=l'ipotesi più ragionevole) con cui possiamo spiegare la "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali" (cito Wigner)?

Secondo: a volte "innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?


Ciao Ipazia,

anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.

Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico")  possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso,  si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).

Ciao, Apeiron.

Concordo pienamente con quasi tutto ciò che obietti ai tre interlocutori in questo intervento (anche a CarloPierini; ho tagliato la tua risposta a quest' ultimo perché non ho proprio nulla da obiettarvi).

L' unica osservazione che mi sento di rivolgerti é che per parte mia non ho mai trovato nulla si problematico o di "strano" nell' applicabilità della matematica al modo fisico; anche nei casi di teorizzazioni matematiche elaborate prima di "trovare" aspetti del divenire naturale a i quali dopo si possono applicare.
Se il divenire naturale é "ordinato" e non caotico, cioé se é mutamento parziale - relativo ovvero fissità parziale - relativa (una sorta di "sintesi dialettica" fra mutamento assoluto - integrale (ovvero caotico) -tesi- e fissità assoluta - integrale (parmenidea - severiniana) -antitesi- e se la realtà materiale - naturale é misurabile rilevando rapporti esprimibili mediante numeri fra i suoi "oggetti" (enti ed eventi concreti o loro caratteristiche astratte; e questo é indubbio, immediatamente constatabile empiricamente, mentre l' ordine del suo divenire, come anche la sua intersoggettività, non é né mostrabile empiricamente né dimostrabile logicamente), allora che le astrazioni matematiche, oltre ad esserne di fatto state ricavate (ma non "di diritto" dimostrate empiricamente ovvero sinteticamente a posteriori bensì logicamente ovvero analiticamente a priori), vi si possano applicare (cioè riconoscere il fatto che, seppure preventivamente elaborate ipoteticamente "a ruota libera" per così dire, sono in linea teorica, di principio da essa astraibili) mi sembra quanto di più ovvio e meno stupefacente possa darsi.

E divenire ordinato, intersoggettività e misurabilità sono aspetti che si possono considerare reali di fatto (anche se non tutti dimostrabili; alcuni meramente per fede) del mondo fenomenico materiale (della natura materiale - naturale).
E come ben dici (soprattutto rispondendo a CarloPieirni) non avrebbe senso chiedersene il "perché"; anche perché -ma che schifo di gioco di parole!- ne deriverebbe inevitabilmente un regresso all' infinito: per parafrasare Pirandello, "così é se vi pare", e anche se non vi pare.
#1434
Citazione di: InVerno il 20 Ottobre 2018, 10:50:49 AM
Citazione di: Socrate78 il 19 Ottobre 2018, 15:35:48 PMEsiste però anche un male che non deriva da ignoranza, ma da indole negativa, ed è quello di chi gode della sofferenza altrui per il puro e semplice gusto di farlo: in quel caso la teoria socratica sembra vacillare di molto, perché non riesce a ricondurre al concetto di ignoranza questo tipo di malvagità.
No, perchè? Lo dici tu stesso, "gode" della sofferenza altrui. Quindi per lui è il "bene" se intendi il godimento come uno stato di bene-essere. Il punto è che questo benessere è illusorio e poco duraturo, o perlomeno ci adoperiamo affinchè sia tale costruendo prigioni e inferni. Un assassino potrà pure pensare che uccidere un altro gli provochi godimento, quando poi si trova i carabinieri fuori dalla porta si renderà conto di aver ignorato l'esistenza delle forze dell'ordine.


Secondo me

"benessere", "godimento" =/= "bene"

e

"malessere", "dolore" =/= "male".

Un assassino potrà godere quanto si vuole nell' uccidere un innocente, ma sarà comunque malvagio (un malvagio contento) anche se la farà franca; e se invece finirà in galera potrà soffrire quanto si vuole, ma sarà comunque un malvagio scontento ma non per questo meno malvagio.
E un generoso perseguitato da un malvagio potrà soffrire quanto si vuole subendone le angherie ma sarà comunque magnanimo (un magnanimo infelice; se non é uno stoico conseguente per il quale "la virtù é premio a se stessa"); e se invece avrà conseguenze piacevoli dalla sua generosità (o anche in generale, da qualsiasi altra causa) sarà comunque un magnanimo felice ma non per questo meno virtuoso.
#1435
Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Ottobre 2018, 10:18:25 AM
A Socrate78 e Bobmax
A mio modo di vedere trascurate proprio quello che nel mio ultimo intervento ho accennato; e cioè che Socrate "sembra",
con il suo "il male deriva dall'ignoranza", porsi tra Parmenide e Platone (come del resto è temporalmente parlando).
Secondo il, diciamo, Socrate più antico il male non è; è apparenza; solo il bene è reale, ed è questo che gli permette di
dire: "il male deriva dall'ignoranza", cioè dall'ignoranza di non saperlo reale.
C'è però, dicevo, un Socrate più moderno, platonico. Un Socrate per il quale il male esiste, è reale, ma è una realtà
sottoposta al bene, che è qualitativamente superiore.
Dunque, secondo "questo" Socrate il male sarebbe ignoranza in quanto ignoranza di ciò che è preferibile.
Io, com dicevo, sono dell'idea che Socrate "anticipi" Platone; e lo anticipa proprio perchè l'affermazione "il male
deriva dall'ignoranza" mi sembra maggiormante spiegabile e comprensibile alla luce del successivo pensiero platonico.
Quindi un Socrate che, affermando il male come reale ma, allo stesso tempo, affermandone la subordinazione al superiore
pensiero del bene è un Socrate che, implicitamente, opera quel "parricidio" (nei confronti di Parmenide) che la storia
attribuisce a Platone.
Ma questo, tanto per tornare al merito della nostra discussione, altro non significa che Socrate "supera" l'idea dell'Uno
come Essere immanente per affermare una realtà trascendente, iperuranica, che sarà poi "Dio" come noi lo intendiamo.
saluti

Considerazioni di storia della filosofia che trovo interessantissime e condivisibili.

L' osservazione che propongono non é un' obiezione ad esse, che trovo convincenti, ma una valutazione sulle tesi del "secondo Socrate", poi sviluppate da Platone e "conservate" in sostanza anche nel cristianesimo malgrado il passaggio da una concezione del bene immanente, "quasi naturalistica", almeno in Socrate, a quella di un Bene divino, trascendente (ma non in assoluto: provvidenza, miracoli, ecc.).

Secondo me questa concezione del "male come reale ma, allo stesso tempo, affermandone la subordinazione al superiore pensiero del bene" é logicamente inconsistente.
Per ma a rigor di logica possono darsi soltanto in reciproca alternativa:

a) "a là Bobmax" (salvo elementi di incoerenza logica secondo me da evitare), un' "unità buona-cattiva" (l' "Uno che contiene tutte le miserie del mondo");

b) alla maniera del manicheismo, il Bene e il Male in eterna lotta senza vincitori definitivi, non essendovi alcuna "subodinazione" e complementarmente nessuna "superiorità" fra l' uno e l' altro.

c) Alla maniera di Nietzche (?) e del nichilismo, né bene né male ma "indifferenza" etica nel mondo; ovvero (é la stessa cosa):

d) esistenza unicamente del bene (Bene) o unicamente del male (Male), concetti umanamente indiscernibili l' uno dall' altro ("omnis determinatio est negatio", Spinoza).

Ma non saprei attribuire un significato sensato alla presenza nel mondo di bene e male (o di  Bene e Male) tali che uno dei due principi (o enti divini) sia superiore all' altro (che, alla maniera del cristianesimo, l' abbia creato -perché allora si cade inevitabilmente nell' ipotesi "a" di un "Uno" tanto buono quanto attivo- e/o che lo sconfigga prima o poi definitivamente,  "apocalitticamente", perché allora in sostanza si cadrebbe nell' ipotesi "c" ovvero "d": la determinazione subordinata (creata  e apocalitticamente annullata dalla superiore) é qualcosa di effimero, non sostanziale, più apparente che reale.
In sostanza la "parentesi" dell' esistenza del male subordinato al bene (o del Male creato e poi annichilito dal Bene) mi sembra contraddittoria, almeno se non intesa come mera apparenza ingannevole (credenza falsa).
#1436
Secondo me il bene e il male come scopi dell' azione non si dimostrano ma invece si sentono o "si avvertono" dentro di sé come tendenze ad agire.
(Non ripeto quanto già scritto un' infinità di volte, anche molto recentemente, sull' origine e naturale e le declinazioni storiche, culturali di questa caratteristica dell' "etologia umana" che é a mio parere in ultima istanza l' etica, perché la verità o la fondatezza di una tesi non sono proporzionali al numero di volte che viene ribadita e perché non mi sembrano nemmeno, in fondo, riguardare la questione posta da Socrate78).

Secondo me dunque si può fare il male per ignoranza, perché non si conoscono i mezzi adeguati a realizzare uno scopo buono voluto e si ottiene un male indesiderato.
Si fa il male sostanzialmente per ignoranza anche quando si "calcola" (termine meramente metaforico perché trattasi di questioni non propriamente quantizzabili almeno in larga misura -orrendo gioco di parole di cui mi scuso; magari lo si potesse fare!- ma comunque da "confrontare fra loro" per scegliere il meglio o meno peggio possibile) erroneamente il "bene complessivo" e il "male complessivo" ragionevolmente ottenibili con una scelta piuttosto che con altre scelte ad essa alternative.
Infatti, mentre nel pensiero si può almeno in qualche modo cercare di considerare l' "assoluto" (che infatti é un concetto non assurdo, dotato di n significato "sostanzialmente comprensibile" anche se non facilmente e con qualche inevitabile margine di incertezza), nella realtà (o almeno nella realtà umanamente conoscibile e praticabile, nella pratica umana) tutto é relativo, il bene e il male assoluto non esistono ma sono sempre in qualche pur limitata misura "venati del proprio contrario", e dunque ogni scelta non può essere mai assolutamente buona o assolutamente malvagia ma sempre solo più o meno buona o più o meno malvagia, e non di rado al massimo ci si può proporre di ottenere soltanto il "meno peggio".
Oppure si può anche fare il male ben comprendendo (veracemente) le conseguenze delle proprie azioni e i "rapporti" fra le loro diverse, non univoche, in parte reciprocamente contrastanti conseguenze. In questi secondi casi ovviamente non si fa il male per ignoranza ma per "intrinseca malvagità", perché le circostanze ci hanno condotto a (essete tali da) preferire scopi che in parte universalmente, in parte in maniera storicamente e socialmente condizionata, variabile, transeunte, di fatto (ma non "di dritto": non perché dimostrabili logicamente, né perché rivelati da alcuna divinità) sono avvertiti e valutati, pensati (poiché l' uomo, oltre ad agire e pensare alle proprie azioni, come fanno anche altri animali, pensa anche astrattamente e in relativa indipendenza dalle sue azioni per o meno immediate) come gretti, meschini, malvagi piuttosto che scopi avvertiti come generosi, magnanimi, buoni.
Generalmente e almeno fino a un certo punto secondo l' etica di fatto avvertita (e non dimostrata) in parte universalmente in parte particolarmente e variabilmente) si tende a considerare con almeno una certa indulgenza i casi di male fatto per ignoranza (a meno che l' ignoranza stessa non possa essere fatta derivare da scelte a loro volta non sbagliate per ignoranza ma consapevolmente e deliberatamente cattive: un medico che sbaglia diagnosi o terapia perché ignorante per il fatto di non aver deliberatamente voluto studiare con il necessario impegno), sempre severamente e "senza attenuanti" i casi d male fatto per deliberate scelte malvagie "tecnicamente corrette", non errate per ignoranza. 

Non credo queste mie convinzioni siano argomentabili più di tanto (ma nemmeno altre ad esse alternative): le propongo semplicemente alla riflessione personale di chi le legge, come cerco da parte mia di sottoporre alla mia autonoma riflessione quelle alternative che mi vengono proposte.


CitazioneCitazione di Bobmax:

Sta infatti solo a noi che avvenga l'impossibile: che il male sia irrealtà.

Questa é un' affermazione contraddittoria.
Se l' "Uno" contiene, oltre che tutte le ricchezze anche "tutte le miserie del mondo" (come anche se, conformemente al manicheismo" non esiste l' Uno" ma esistono due "principi ultimi" (due divinità), Bene e Male in eterna lotta senza un vincitore definitivo), allora che il male non sia realtà non é impossibile, e dunque non può stare in noi fare in modo che ciò che é impossibile avvenga (non credo sia possibile leggere l' ultima frase come un' iperbole, una metafora o un' altra figura retorica, ma solo letteralmente).
#1437
Tematiche Filosofiche / Re:Il solipsismo
19 Ottobre 2018, 07:49:39 AM
Citazione di: Sariputra il 18 Ottobre 2018, 22:20:05 PM
Io ho fatto 26.400 km in 4 anni , in automobile...
Sono appena ritornato da una passeggiata di un'ora e sono letteralmente distrutto.
La signora che mi accompagnava, cosa della quale le sono ovviamente grato, sul finire mi ha dato la spalla , alla quale mi sono appoggiato, in modo lieve, quasi con fare protettivo... una maniera un pò vergognosa di terminare (ma molto piacevole, invero... anche lei sembrava apprezzare:-[ ).

Con te trovo che ci sia molto altro che la bicicletta, e di più importante, su cui concordo.

Peccato che in bici non ci si possa piacevolmente appoggiare su delle belle pedalatrici (dalle quali, se si é fiacchi, non resta che beccarsi delle belle "paghe"; da impenitente maschilista reo confesso le prime volte ci soffrivo tantissimo; ora ci ho quasi fatto l' abitudine...).
#1438
Tematiche Filosofiche / Re:Il solipsismo
18 Ottobre 2018, 22:12:54 PM
Io ogni 6-7 anni fuori città .

E tu, Oxdeabeef?

(Beh, qualcosa che mi accomuna a voi tre c' é; ed é veramente divertente e gratificante!)
#1439
A me pare che la discussione iniziata da SamuelSilver (su mia "istigazione", per così dire) concernesse la filosofia della mente.
#1440
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 19:47:30 PM

Citazione

Perchè la conoscenza scientifica è capace di indagare la natura così bene da produrre cose immateriali (teorie) capaci di produrre cose materiali.

(non capisco perchè la scienza non dovrebbe essere in grado di rispondere a questa domanda: lo fa continuamente con la sua produzione teorica e pratica. La capacità conoscitiva della scienza è autoevidente).

La scienza continuamente con la sua produzione teorica e pratica dimostra solo i "contenuti" delle sue teorie (la cui verità é condizionata dalla verità di alcune premesse indimostrabili: Hume!) e la loro applicazione pratica ne dimostra di fatto il funzionamento più o meno efficace e -altra cosa- più o meno buono a seconda dei casi.

(Per un critico razionale conseguente; per il senso comune é un' altro discorso, non filosofico, che personalmente, da filosofo -questione di gusti- mi interessa molto meno) autoevidenti sono solo i giudizi analitici a priori, le "verità logiche e matematiche".
Non la verità o meno di giudizi sintetici a posteriori quali sono le teorie scientifiche (delle scienze naturali).

(Penso che Apeiron mi consideri fra quelli che hanno già risposto a questa sua domanda).

P.S.: pignoleria fastidiosa -lo so, ma non posso farci niente più che scusarmene: sono fatto così- "Apeiron" é neutro, e dunque, poiché mi sembra che il nostro ottimo interlocutore sia maschio, usandolo credo non attribuisca a sé la caratteristica alquanto megalomane -salvo autoironia- di essere "Infinito" ma faccia per così dire un omaggio" all' "indeterminato" di Anassimandro (non so se lo interpreto bene).