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Messaggi - sgiombo

#1441
Tematiche Filosofiche / Re:Il solipsismo
18 Ottobre 2018, 15:07:26 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 10:10:31 AM
Intanto il solipsista dovrebbe rispondere a queste domande:

Citazione di: viator il 15 Ottobre 2018, 21:39:00 PM

Diciamo allora che la convinzione solipsistica dello scettico, del non credente, trascura di porsi un paio di quesiti.
1) Come è sorta la mia mente ? (evidentemente, esistendo solo essa, dal nulla).
2) In che modo essa continua a funzionare visto che sia il mondo esterno che il mio stesso corpo che il cibo che lo nutre.....non sono reali ?
3) "una di esse è che domani ci sveglieremo nello stesso corpo, mondo fisico"
Cui si aggiunge la questione che tutta la nostra vita, materiale e intellettuale, si basa su induzioni: una di esse è che domani ci sveglieremo nello stesso corpo, mondo fisico, condizione e relazioni sociali, di oggi. Su questo "atto di fede" viviamo la nostra vita e collochiamo le nostre attività e valori, inclusa la loro programmazione nel futuro. Ma non tutti gli atti di fede si equivalgono e la stocastica ci aiuta a classificarne l'affidabilità. La scommessa fa il resto: digiunare o non digiunare ? Experimentum crucis per ogni autentico solipsista.

Ho mai scritto da qualche parte che "tutti gli atti di fede si equivalgono" ? ? ?

Hume ha genialmente mostrato che l' induzione é "degna di dubbio", non certa.

Ma la stocastica non serve a risolvere questioni filosofiche riguardanti quell' unicum che é la realtà in toto generalissimamente considerata o quell' altro unicum che é la fondatezza della conoscenza che ne possiamo avere (serve solo in campo fisico - materiale - naturale a dotarci di una conoscenza limitata, appunto probabilistica, relativa alle proporzioni fra numerosi eventi, nei casi -nettamente preponderanti- l' eccessiva complessità dei sistemi impedisca una conoscenza per così dire "meccanicistica" di ogni singolo evento).

Quello che chiami "experimentum crucis" non é affatto tale circa la verità del solipsismo o meno, ma solo circa la reale credenza di fatto: non sono mica scemo e mangio di gusto tante cose.
Ma io (non per vantarmi), oltre a non essere solipsista, sono anche consapevole (e ne sono molto fiero; non so tu: é questione di gusti; circa razionalismo e filosofia) di non esserlo che per fede indimostrabile né tanto meno empiricamente provabile; ed essere consapevoli dei limiti del razionalismo significa non già essere meno conseguentemente razionalisti ma invece esserlo di più che ignorarli coltivando pie illusioni in proposito.

Per quanto riguarda le domande, rispondo pur non essendo affatto solipsista.

1) Non é contraddittoria l' ipotesi che sia sorta dal nulla; ergo é possibile.
2) Sia il mondo esterno che il mio stesso corpo che il cibo che lo nutre..... sono realissimi (per un solipsista) come mere apparenze fenomeniche appartenenti alla mia coscienza.
3) Non esiste alcuna dimostrazione logica (né tantomeno prova empirica, ovviamente!) che domani ci sveglieremo nello stesso corpo, mondo fisico (personalmente credo che così sarà -salvo deprecabili imprevisti: se fossi superstizioso mi toccherei non dico dove) per fede.
#1442
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 10:30:47 AM
@sgiombo

La farneticazione dei contenuti non implica quella del metodo. Altrimenti Marx non avrebbe rovesciato la dialettica hegeliana e l'avrebbe lasciata alla rodente critica dei topi.
Citazione
Col mio venerato maestro e amico Sebastiano Timpanaro non credo che Marx (che lui stesso afferma che gli uomini raramente hanno una corretta visone di se stessi, delle proprie opinioni e delle proprie azioni) abbia operato alcun "rovesciamento dialettico" di Hegel, anche perché ritengo (come ho pure imparato dal mio maestro e amico) che non sia possibile in alcun modo "rovesciare dialetticamente Hegel" così da ricavarne un materialismo migliore (più "avanzato") di quello "classico", spesso tacciato di "volgarità, settecentesco e leopardiano.

Vedo ondeggiamenti di puro scientismo che non mi aspettavo. La scienza "fisica" e storica può comprendere e spiegare, ma non può inventare nulla in campo etico. Pur potendo aiutare a costruire etiche migliori.
Citazione
Io invece non ne vedo: essere filosofi radicalmente razionalisti che criticano lo scientismo (il quale é un irrazionalismo!) non significa né implica di certo sottovalutare la scienza (contrariamente a quel ce credono gli sciensti)!

La fisica, ma neanche la biologia, come ho ripetutamente chiarissimamente affermato a chiarissime lettere, non possono fondare (dimostrare) alcuna etica (Hume!), ma possono benissimo spiegare l' etica "relativamente universale" di fatto reale.

PS Infatti ho parlato di scienziati-filosofi, non di scienziati tout-court.
Citazione
Ma di fatto vedo in giro pochissimi (per essere ottimisti) scienziati che siano anche buoni filosofi e invece non pochi filosofi che hanno una buona conoscenza scientifica (anche oggi, non solo al tempo di Voltaire, anche se oggi é molto più difficile e richiede molto più studio).
Forse una volta prevaleva fra i filosofi una certa presunzione foriera di ignoranza in fatto di scienza, ma oggi (malgrado certe espressioni recenti di GreenDemetr nel forum; é un filosofo da cui dissento radicalissimamente fra l' altro un convinto ammiratore di Nietzche!) mi sembra evidente prevalga una certa presunzione foriera di ignoranza in fatto di filosofia fra gli scienziati (collocherei il nostro buon Apeiron fra le "eccezioni che confermano la regola").
#1443
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Ottobre 2018, 10:02:15 AM
A Sgiombo
Va bene, però continui a parlare di "violazioni" senza tener conto di quel che dicevo (e cioè che si può parlare di
"violazioni" solo se si assume una normalità, una regolarità di cui la violazione sarebbe l'eccezione).
Ma è proprio questa idea di normalità che io contesto. E' cioè "normale" che l'uomo si comporti con bontà d'animo?
Beh, dietro questo pensiero si cela un concetto antico: che la "natura umana" sia essenzialmente buona.
Ma è davvero così? Voglio dire, anche se si potesse parlare di una "natura umana" (e la cosa è discutibile;
sicuramente non univoca), potremmo forse dire che questa è essenzialmente buona?
Per me, dicevo, la "natura umana" consiste nella libertà (pur se vi sono dei condizionamenti); quindi nella libertà
di perseguire sia il bene che il male. E mi sembra proprio che la storia questo dimostri in maniera inequivocabile.
Anche sulla "morte di Dio" ho già detto come a parer mio essa va intesa.
La "morte di Dio" non è la morte di un dio di una qualche religione (nello specifico del Cristianesimo), ma la
morte del valore morale assolutamente inteso.
Un tipo di moralità ristretta ad un "contesto", come certamente delineava Ipazia (pur con la fondamentale
specificazione dell'evoluzione a contesti via via più estesi), è una moralità relativa, quindi una moralità
che dal mio punto di vista non è moralità (ma, dicevo, empatia fra affini).
Quando Dio "scoppiava di salute" l'uomo era sempre "libero" (...) di scegliere se perseguire il bene o il male
(non è che allora perseguisse necessariamente il bene e dopo la "morte di Dio" necessariamente il male).
La differenza, per me fondamentale, è che "allora" il bene il male erano visti come degli "assoluti", quindi
come delle categorie non soggette alla relatività di un "contesto"; mentre poi, "morendo" la concezione
assoluta della moralità, essa si è venuta sempre più "contestualizzando" fino all'attuale dimensione. Una
dimensione che è, beninteso, sempre più individuale (quindi altro che allargamento...).
E' questo che porta la casalinga oggetto originario del post a dire: "non puoi giudicarmi".
saluti

"Morto Dio" non é affatto morto (ma nemmeno si é minimamente incrinato) il carattere di fatto universale dei principi più generali astratti della morale (che la biologia scientifica non dimostra -ovviamente!- ma comunque spiega benissimo).

Ma non vedo proprio l' utilità di continuare ripetere le stesse cose.

MI sembra un' inutile perdita di tempo e pertanto per parte mia chiudo davvero qui la discussione con la solita (mi dispiace, ma ci vuole) precisazione che di fronte a eventuali reiterazioni, chi tacerebbe non acconsentirebbe: non é che una tesi diviene tanto più vera o tanto più fondatamente vera in proporzione al numero di volte in cui viene ripetuta.
#1444
Citazione di: Jacopus il 18 Ottobre 2018, 09:16:47 AMci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dai nostro prossimo e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico (Cioè nella vita del singolo individuo), senza dover aspettare i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale.
CitazioneEsatto.
Ma senza "i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale [scientifico, N.d.R]" non avremmo l' uomo con la sua strepitosa plasticità mentale e creatività di comportamenti cui consegue che ci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dal nostro prossimo (e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico é una frase che non comprendo; ma credo che a livello ontogenetico restino fissate determinate caratteristiche cerebrali -determinate connessioni sinaptiche- ovvero determinati "modi epigenetici di espressione genetica", e non che si fissi qualcosa di genetico).

Ma ciò che mi ha colpito è anche la data di pubblicazione di questi libricino, 1767.
CitazioneColpisce anche me.
Ma una buona filosofia spesso (non sempre ovviamente!) può anticipare conclusioni poi confermate dalle scienze.
#1445
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 08:45:12 AM
Citazione di: Socrate78 il 17 Ottobre 2018, 20:05:41 PM
Quindi ? La morale esce a pezzi dalla critica nicciana, compresa la sua stessa ricetta morale. Non resta che rivoltarlo, come fece Marx con Hegel, e trovare il bandolo della matassa transvalutativa verso l'oltreuomo (decisamente non più superuomo, consegnato definitivamente ai fumetti) col suo martello dialettico roteante sull'Amoroso Mercato e la sua morale subumana. Compito elettivo per filosofi.

Ometto di commentare (sarebbe del tutto improduttivo, oltre a richiedere pagine e pagine di argomentazioni e di documentazione) il resto (tantissimo) da cui dissento fortissimamente dell' intervento, per considerare unicamente questa affermazione, limitandomi ad affermare che penso che la biologia scientifica sia più che sufficiente per comprendere la realtà (e l' origine ) dell' etica e il materialismo storico per comprenderne le declinazioni storiche (ovviamente né l' una -naturale- né l' altra -umana- scienza é conclusa una volta per tutte, definitiva ma invece entrambe esigono continui ripensamenti critici alla luce delle osservazioni note e sviluppi di fronte ad osservazioni nuove), senza bisogno di andare a frugare negli scritti di Nietzche pretendendo di "interpretarli alla rovescia" (significato letterale di "rivoltare"), cioé nel contrario di quanto farneticava lui stesso.
#1446
Citazione di: sgiombo il 17 Ottobre 2018, 19:23:17 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 15:05:30 PM
Io non ho mai detto nei miei post che la scienza possa invadere l'ambito filosofico, ma che la filosofia insiste a voler dire la sua su un ambito ontologico scientifico, toppando miseramente, e non sa più fare bene il mestiere nel suo ambito proprio. Ormai per una decente epistemologia e critica del pensiero scientifico bisogna essere scienziati-filosofi. Capirci davvero di relatività, quantistica, biologia molecolare, genetica è essenziale per non cadere in quelle teorie cosmicomiche che, da occidente ad oriente, si avventano sulle trasposizioni variamente immaginifiche della scienza fondamentale, rianimando favolistiche che parevano estinte, e ottenendo al fine il risultato canonico: dalla tragedia alla farsa.



Io invece continuo a leggere penose cazzate filosofiche (vere e proprie teorie cosmicomiche che, da occidente ad oriente, si avventano sulle trasposizioni variamente immaginifiche della scienza fondamentale, rianimando favolistiche che parevano estinte, e ottenendo al fine il risultato canonico: dalla tragedia alla farsa) da parte di scienziati che si azzardano a fare considerazioni generali sulle loro scoperte ma difettano completamente di "palle filosofiche" (mi scuso per il linguaggio colorito).

Di alcune ho parlato con il ricercatore di professione (anticonformista) Apeiron, che credo di poter dire sostanzialmente concordava con me.
#1447
Tematiche Filosofiche / Re:Il solipsismo
18 Ottobre 2018, 09:57:59 AM
Citazione di: Jacopus il 17 Ottobre 2018, 21:00:46 PM

Già usare la parola mente richiama il nesso esistente fra la mia mente è quella degli altri esseri umani con cui mi relaziono.
CitazioneNon  vi é alcun nesso necessario fra premessa e pretesa conseguenza.


Ma anche se fossi in un'isola deserta, per pensare la realtà dovrei usare dei simboli, un alfabeto, una grammatica e una sintassi che sono la derivazione del lavoro di generazioni di menti.
CitazioneMa questo implica aprioristicamente ciò che invece andrebbe dimostrato, che le generazioni di menti dalle quali ho imparato a parlare siano reali anche in sé e non solo in quanto "contenuti della mia propria", di "questa immediatamente avvertita" coscienza: questo é un circolo vizioso! 


Per avere menti e cervelli solipsistici avremmo dovuto imboccare un diverso percorso evolutivo nel passato o aspettare che, filogeneticamente, ci siano delle mutazioni nel futuro.
Citazione
Ma questo implica aprioristicamente ciò che invece andrebbe dimostrato, che oltre ai "contenuti della mia propria", di "questa immediatamente avvertita" coscienza e indipendentemente da essa, come fatti la cui realtà non dipende dalla realtà di essa (non costituiti da sogni o illusioni) sia realmente avvenuta l' evoluzione biologica: questo é un circolo vizioso! 


Al momento il solipsismo può essere solo un modo per ottenere interesse da qualche ammiratrice, nel solco del "bello e impossibile" o in alternativa un modo per illustrare forme patologiche di sviluppo come quelle comprese nello spettro autistico.
Citazione
No, può anche essere un modo di comprendere meglio la realtà e i limiti di noi stessi e della nostra conoscenza (possibile solo se si hanno interessi filosofici, ovviamente, se non si crede alla scienza acriticamente, senza sottoporla a critica razionale).
#1448
Tematiche Filosofiche / Re:Il solipsismo
18 Ottobre 2018, 09:44:38 AM
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 19:15:45 PM
Citazione di: viator il 15 Ottobre 2018, 21:39:00 PM
Salve. Lo spunto per questo argomento mi è stato fornito da DonaldDuck attraverso il seguente suo intervento comparso in "Tutto Bene e niente Male" : Cito : "Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza".
Secondo me si tratta di un annichilimento antropocentrico della causa nell'effetto: poichè la realtà è conoscibile solo attraverso la mente, senza mente non c'è realtà. Questa posizione può portare all'estremo di un solipsismo metafisico, che però non regge al confronto con la fisica, ma può alimentare vari tomi di filosofia idealistica. Può anche non arrivarci, prendendo atto che la causa evolutiva ha avuto come effetto un'intelligenza che interpreta la realtà attraverso la sua mente. Qui "realtà" gioca un ruolo ambiguo: come costruzione mentale del mondo e come ente sostanziale oggetto di conoscenza. Il solipsismo mi pare giochi proprio su questa ambiguità.

La fisica (e la scienza in generale) non può proprio nulla contro il dubbio che la realtà sia limitata alle sensazioni esteriori e interiori (ai "dati di coscienza") "proprie di ciascuno", se "ciascuno" esiste, cioé se altri oltre a me esistono): questa ipotesi é indimostrabile logicamente (infatti non é autocontraddittoria: rientra a pieno titolo nel "campo del possibile") e tantomeno (per definizione) é mostrabile empiricamente (nessuno può accedere alle coscienze "altrui", per constatarle, se queste esistono).

La si può credere falsa (superando il solipsismo), come di fatto accade da parte di tutte le persone comunemente ritenute sane di mente, me compreso ovviamente, malgrado innegabili miei "elementi pazzia"), solo arbitrariamente, letteralmente "per fede", senza che la scienza possa dare alcun sostegno a questa opzione irrazionale (casomai, come comunemente si dice, "ragionevole").

Ed essere filosoficamente consapevoli di questo insuperabile limite della razionalità umana (scientificamente, fisicamente non affatto rilevabile!) significa essere non già meno, bensì più conseguentemente razionalisti che ignorarlo (perché non solo si apprezza la scienza, come anche molti di  coloro che non lo ignorano, me compreso, ma inoltre si disprezza "scientisticamente" la filosofia, la critica filosofica razionale della conoscenza in generale e della conoscenza scientifica in particolare), coltivando pie illusioni scientistiche al riguardo.
#1449
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 15:05:30 PM
Io non ho mai detto nei miei post che la scienza possa invadere l'ambito filosofico, ma che la filosofia insiste a voler dire la sua su un ambito ontologico scientifico, toppando miseramente, e non sa più fare bene il mestiere nel suo ambito proprio. Ormai per una decente epistemologia e critica del pensiero scientifico bisogna essere scienziati-filosofi. Capirci davvero di relatività, quantistica, biologia molecolare, genetica è essenziale per non cadere in quelle teorie cosmicomiche che, da occidente ad oriente, si avventano sulle trasposizioni variamente immaginifiche della scienza fondamentale, rianimando favolistiche che parevano estinte, e ottenendo al fine il risultato canonico: dalla tragedia alla farsa.
CitazioneIo invece continuo a leggere penose cazzate filosofiche (vere e proprie teorie cosmicomiche che, da occidente ad oriente, si avventano sulle trasposizioni variamente immaginifiche della scienza fondamentale, rianimando favolistiche che parevano estinte, e ottenendo al fine il risultato canonico: dalla tragedia alla farsa) da parte di scienziati che si azzardano a fare considerazioni generali sulle loro scoperte ma difettano completamente di "palle filosofiche" (mi scuso per il linguaggio colorito).

Di alcune ho parlato con il ricercatore di professione (anticonformista) Apeiron, che credo di poter dire sostanzialmente concordava con me.

La differenza sociopolitica abissale tra Marx e Nietzsche non è altrettanto mostruosa quando si tratta di rifondare la filosofia su una episteme filosofica esente da numi e succedanei moderni. E di ciò anche un marxista - e molti più preparati di noi l'hanno fatto -  tiene conto, rendendo al folle ateo l'onore delle armi teoriche. Tanto in Marx che in Nietzsche, vi è una costante e ossessiva critica degli elementi di alienazione della modernità. Centrata sul lavoro e l'accumulazione capitalistica quella di Marx e sull'ideologia quella di Nietzsche. Con tutte le contraddizioni della sua appartenenza di classe e formazione umana, che ne limitano la critica e il suo esito, ma su una cosa ci azzecca più di qualsiasi critico marxista: la fenomenologia dell'ultimo uomo. Da lì deve ripartire continuamente la filosofia se vuole scardinare la barbarie che avanza; su un terreno ontologico d'elezione per il suo armamentario teorico.

Pretendere di integrare o in qualche modo "sintetizzare"  Marx e Nietzche per rifondare una moderna filosofia per me é peggio che cercare di impastare insieme la farina col cemento nell' intento di sfornare un buon pane.
Fra l' altro, al contrario di te, sono convinto che Nietzche sia perfettamente integrato nella barbarie che avanza e contribuisca non poco alla sua avanzata (peccato che fra qualche secolo non ci saremo più per vedere cosa ne diranno i posteri e chi di noi avrà avuto ragione non potrà vantarsene).

Non credo che su questo siano utili ulteriori discussioni fra noi (e penso che potrebbero solo essere in varia misura spiacevoli), data l' inconciliabilità pressocché assoluta (l' avverbio solo per uno scrupolo teorico: perché la perfezione non esiste) dei "punti fondamentali" da cui potrebbe partire.
#1450
Le violazioni della morale (non solo della legge) ci sono sempre state anche quando Dio "scoppiava di salute" e sempre ci sanno.

Ma non rendono meno reali le tendenze comportamentali (e a valutare i comportamenti) che l' evoluzione biologica ha selezionato e che costituiscono la base di fatto universale nei suoi principi più generali e astratti dell' etica, peraltro storicamente variabile nelle sue applicazioni o manifestazioni particolari e concrete (storia che non é affatto una costante, ininterrotta sequenza di orrori, ma presenta anche aspetti e fatti magnifici, splendidi, ottimi).

Lo so, Oxdeadbeef, che non sei d' accordo, ma non penso sia affatto utile continuare a ripetere all' infinito le mie convinzioni "ottimistiche" di contro alla tue "pessimistiche", e perciò per quel che mi riguarda finisco qui di interessarmi a questa discussione..
#1451
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 07:34:33 AM


La metafisica è ancora lì a cercare la cosa in sè, quando non solo la scienza ce la presenta in maniera più convincente (in tal senso l'ontologia corre sulle sue ali), ma è arrivata perfino a capire che l'ineffabilità della cosa in sè è una vecchia paturnia filosofica di cui possiamo tranquillamente fare a meno, contando solo la cosa-per-noi su cui la scienza compie quotidianamente i suoi miracoli.
Citazione
Sarà una vecchia paturnia di cui si può fare a meno per chi segue acriticamente il senso comune, non per chi sottopone a critica razionale conseguente la conoscenza della realtà.
Critica che (per quel che mi riguarda) giunge (fra l' altro) alla conclusione che la scienza può conoscere solamente i fenomeni materiali, ma non le cose in sé (se esistono), né i fenomeni mentali (i quali non sono identici a-, né riducibili a-, né emergenti da- -la materia, né tantomeno eliminabili dal reale) difettando di due inderogabili conditiones sine qua non della conoscibilità scientifica: il postulabile -ma indimostrabile: Hume!- divenire ordinato secondo modalità universali e costanti astraibili da parte del pensiero dagli aspetti particolari concreti degli eventi, e la pure postulabile -ma indimostrabile- intersoggettività dei fenomeni materiali stessi



E' pur vero che la metafisica atea può snidare gli ultimi rifugi di dio, mica ci vuole tanto, bastava Voltaire
CitazioneNon tanto la metafisica, quanto la filosofia "in generale" (comunque non la scienza).

(Infatti,) Voltaire era uno scienziato o un filosofo?



Ma dopo Nietzsche si è entrati in una fase di ritirata strategica di tipo spiritualista fino alla cupezza di un essere-per-la-morte che si sposa col peggio della politica novecentesca, lasciando varchi imponenti al ritorno della superstizione.
CitazioneA parte la mia pessima opinione di Nietzche "che più pessima non si può", e a parte il mio fortissimo dissenso da una così esagerata ed estremistica valutazione delle religioni e della politica dal '900 in poi (comprendono anche ben altro!), il fatto che dal '900 in poi la scienza ha continuato a svilupparti alla grande casomai é un argomento forte contro la pretesa che la scienza possa più della filosofia razionalistica contro religioni e superstizioni.
Fra l' altro ottimi scienziati ma aderenti a pessime filosofe irrazionalistiche, come Bohr e Heisenbeg, a mio parere hanno portato nel '900 molta acqua al mulino della religione e dell' irrazionalismo.



Per me Nietzche 
Nella traiettoria da Schopenauer a Nietzsche passando per Marx ci sarà pure una sfumatura di positivismo, ma c'è un elemento essenziale per intervenire efficacemente sulla realtà propria del sapere filosofico che Marx sintetizza fin dall'undicesima tesi su Feuerbach: «I filosofi hanno finora interpretato il mondo in modi diversi; si tratta ora di trasformarlo.». Filosofia della prassi, elaborata diversamente da Nietzsche, ma sempre su proprie ali che oggi non volano più. E stancamente si rivive l'antica storia dell'ancella di altri saperi, inclusa una rediviva religione. Oppure svolazzamenti nella gabbia dei tempi eroici: Parmenide, Platone, Aristotele, Kant,... con le loro minestre ontologiche riscaldate sempre rigorosamente con la maiuscola davanti. Buona notte Filosofia. Che il risveglio ti sia lieve e arrivi presto.

Invece per me pretendere di tracciare una linea di continuità fra Marx e Nietzche (razionalista e il socialista scientifico il primo, irrazionalista e abominevolmente reazionario e sostenitore dei peggiori privilegi e delle peggiori ingiustizie il secondo) semplicemente significa cadere in un colossale -absit iniuria verbis: "mostruoso"- fraintendimento.

Il risveglio che auspichi non arriverà mai perché la scienza può conoscere solo la materia che é una parte e non affatto la totalità della realtà, e perché la  critica razionale sarà sempre applicata (dai razionalisti conseguenti) anche alla scienza.
#1452
Non so ovviamente per Ipazia, ma per quanto mi riguarda le divergenze di opinione con l' amico Mauro (Oxdeadbeef) sono a questo punto sufficientemente  chiarite e non richiedono ulteriori considerazioni.

Un' ultima precisazione (sono pignolo, lo so!): non sacrificherei nessuno diverso da me (né mio figlio né -esattamente con la stessa, identica convinzione- nessun altro per la salvezza di mille altre persone.
Casomai, nell' ipotesi che ce ne fosse l' occasione, ***SE*** ne avessi il coraggio (sarei ridicolmente presuntuoso a dirmene certo!) mi sentirei fortemente gratificato (sarei sommamente felice) di sacrificare me stesso.
#1453
Citazione di: Ipazia il 16 Ottobre 2018, 11:25:56 AM
La scienza, attraverso la falsificazione, è la prima maestra nella critica dell'esperienza percettiva e affossatrice di teorie sul "reale". Sempre pronta ad aggiornare i propri modelli rappresentativi appena compare una nuova scoperta agli occhi, non della propria consapevole limitatissima percezione sensoriale della realtà, ma di protesi artificiali la cui "percezione" ne dilata i confini.

La filosofia fa bene a presidiare le pretese volgarmente egemoniche dello scientismo, ma c'è la rappresentazione (del mondo) e c'è la pratica di questa rappresentazione. E ciò comporta che la pratica delle rappresentazioni non è essa stessa una nuova rappresentazione. E poichè la mente/coscienza si porta sul piano della consapevolezza critica e non su quello delle rappresentazioni, sa perfettamente distinguere una pratica che funziona da una che non funziona, traendo le ovvie conclusioni sulle rappresentazioni teoriche che le sottendono.

Tanto l'aumentata "percezione" delle macchine sempre più intelligenti che l'importanza e dimensione crescente della cosa per noi sulla cosa in sè , rendono problematica e bisognosa di aggiornamenti la risposta metafisica. L'ontologia corre e la metafisica ha il fiato grosso.

Non vedo come lo sviluppo della scienza possa porre problemi o costringere a "rincorse col fiato corto" la filosofia (l' ontologia generale, compresi i suoi eventuali "contenuti od oggetti metafisici"), per lo meno per quel che riguarda le filosofie razionalistiche (quanto alle poi religioni e alle filosofie irrazionalistiche non solo la scienza, ma anche una sana filosofia metafisica può ben contribuire a superarle).
Anzi, probabilmente meglio perché non si limitano ad estendere i confini dello scientificamente conosciuto, ma vanno a snidare religioni e filosofie irrazionalistiche anche dei loro "rifugi metafisici" inaccessibili alla scienza. 

Se anche si sapesse tutto dell' universo fisico, un religioso potrebbe sempre dire che l' inesistenza di Dio non é confutabile.
E non la scienza ma la filosofia potrebbe ribattere che inconfutabile é ' esistenza di un Dio umanamente insignificante, una specie di "Superman" completamente trascendente il mondo fisico - materiale e che se ne frega dei destini umani (lo sforzo di credere indmostrabilmente-inconfutabilmente nel quale non varrebbe di certo la pena), ma quella di un Dio provvidente, immensamente buono e onnipotente é assurda data l' evidente esistenza del male.

La stessa impossibilità dei "miracoli" (interventi divini, o anche diabolici, in natura) non può essere scientificamente dimostrata, ma soltanto filosoficamente si può dimostrare che la possibilità di miracoli  é contraddittoria  con la credenza nella conoscenza scientifica, la quale necessita come conditio sine qua non (indimostrabile) del divenire materiale ordinato secondo regole o leggi universali e costanti, le quali devono necessariamente essere pensate ineccepibili per poterne parlare sensatamente, non autocontraddittoriamente: questa é gnoseologia, o come preferiscono dire gli anglosassoni, epistemologia, cioé una branca della filosofia.
#1454
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 15:18:59 PM
A Ipazia e Sgiombo
Si parlava, se non erro, di innatezza della morale...
In un precedente intervento, dicevo che l'empatia verso l'"altro" scema man mano che ci si allontana da se stessi. Quindi se
stessi, la propria famiglia, la propria cerchia di amici e parenti, quella dei conoscenti, e così via fino ad arrivare agli
sconosciuti che vivono in paesi a noi lontani sia geograficamente che culturalmente.
Sulla base di ciò, mi chiedo se la definizione di "morale", e di "bene", di Ipazia ("L'etica è qualcosa di molto concreto,
finalizzato alla sopravvivenza di una comunità umana con aspetti egoistici e altruistici equamente ripartiti") e Sgiombo
("ciò che è utile alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie")
"dica" la moralità o dica qualcos'altro...
Citazione
NO, questa é una semplificazione errata delle mie convinzioni.
I sentimenti e i valori morali in una consistente parte universalmente umani, anche se in altra impostante parte culturalmente declinati con discreta variabilità storica (diacronica) e sociale (anche sincronica), si sono imposti dallo sviluppo di tendenze comportamentali anche pre-umane perché tali tendenze e tale sviluppo non sono  antiadattativi ma anzi hanno contribuito al superamento della selezione naturale.
MI sembra ovvio che il fatto che queste tendenze siano state e siano utili alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie non ne sminuisce affatto gli intrinsechi aspetti e caratteri in larga, a mio parere nettamente prevalente misura (ovviamente non assoluta) di altruismo, generosità, magnanimità.

Basta concentrarsi, con un minimo sforzo di fantasia, ad immaginare quello che accade agli sconosciuti che vivono in paesi a noi lontani, o comunque lontani non solo geograficamente ma anche culturalmente quanto si vuole, per provare esattamente gli stessi sentimenti e moti d' animo che ceteris paribus sentiamo per i più stretti parenti che abbiamo immediatamente sotto gli occhi e dunque  le loro sofferenze (ma anche le loro gioe e felicità) immediatamente constatiamo senza sforzi mentali, neanche minimi.
E' casomai una deliberata, intenzionale diseducazione alla grettezza e meschinità "pararazziste" a rendere insensibili gli uomini verso i "lontani" culturalmente, geograficamente, ecc., al contrario delle spontanee tendenze innate nei bambini, come mi conferma continuamente mia moglie, maestra elementare "non troppo di sinistra", non cattolica praticante, che non ha mai fatto volontariato per la "Chatitas e affini" che anzi fa da sempre oggetto di un certo sospetto e  diffidenza.

Se tutto questo non é autentica moralità, allora l' autentica moralità non esiste (o meglio: se lo si pensa, allora della sua esistenza non ci si avvede, cadendo nel nichilismo).





Sicuramente la morale così come da loro intesa è un qualcosa di innato; ma è davvero ancora definibile come "morale"?
Su una tale base, come è possibile, ad esempio, reputare immorale l'intenzione nazista di cancellare la "razza" (...)
ebraica? Non era forse, essa, vista dai nazisti come un pericolo per la sopravvivenza della razza ariana?
E allora? Lasciamo forse che sia il "nomos" umano a dirimere su ciò che è degno di sopravvivere e riprodursi e ciò che non
lo è (come del resto nell'esempio degli Hindi riportato da Jacopus)?
Citazione
Qui, mi dispiace sinceramente constatarlo, cadi sempre nel solito paralogismo per cui le violazioni dell' etica sarebbero prova dell' inesistenza dell' etica.

Ci sono sempre state, e in misure "colossali", da far impallidire il nazismo (e il sionismo, che personalmente reputo peggiore del nazismo), violazioni dell' etica, anche quando e dove Dio "godeva della più splendida, robusta, vitalistica salute", e mai nessuno le ha considerate (del tutto giustamente) prove dell' inesistenza dell' etica.
Non per niente dove e quando "Dio godeva e gode di strepitosa salute credenze in inferni e punizioni terribili per i malvagi "prosperavano" e "prosperano" non meno salubremente dell' "Altissimo": ci sarà pure un motivo!

MI sembra evidente che l' etica sia tanto più solidamente fondata quanto meno ha bisogno di spauracchi diavoleschi per essere rispettata.
E guarda che intorno  noi, anche in quest' epoca di merda in cui ci tocca vivere, perfino in essa, non ci sono solo omicidi, imbroglioni, gretti e  meschini profittatri delle disgrazie e difficoltà altrui!
Ci sono anche sindaci che si fanno gli arresti domiciliari (per ora) per amore di giustizia; e monsignori che vanno serenamente incontro al martirio (non solo per la fede, ma per quel che mi riguarda anche e soprattutto per la giustizia; e noi comunisti li abbiamo "laicamente canonizzati" trent' anni prima della chiesa cattolica, quando "SantosubitoGP2" andava d' amore a d' accordo con gli assassini che li hanno uccisi in chiesa col calice in mano); e pubblicisti anticonformisti (riterrei decisamente offensivo chiamarli "giornalisti") che sono agli arresti domiciliari in ambasciate sudamericane da anni e rischiano di essere consegnati agli aguzzini torturatori USA per amore della verità.


Ah sì, nei fatti non possiamo che agire in tal modo, d'accordo; ma, appunto, se reputiamo come "fondata" una morale che
fa NON della sopravvivenza e riproduzione dell'INTERO genere umano, ma della sopravvivenza e della riproduzione di un
particolare gruppo umano la propria sostanza, allora siamo in tutto e per tutto dentro la definizione utilitaristica della
filosofia anglosassone.
Naturalmente con quel che ne consegue. E cioè con l'impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità al di fuori di una
certa specificità (cioè al di fuori di un certo "contesto"). Che vuol dire l'impossibilità "ultima" di giudicare alcunchè
("non puoi giudicarmi", dice infatti la casalinga oggetto originario di questo post).
Citazione
Scusa, ma da dove salta fuori questa autentica boiata ? ? ?

Con me personalmente non ha proprio nulla a che vedere (anzi ! ! !), e anche circa l' utilitarismo, per quel poco che ne so, il tuo é un indebito stravolgimento (per lo meno teorico; che poi "anche il papa é peccatore", come ripeteva speso il mio prof. di religione del liceo, e dunque Locke, o forse Stuart Mill, non ricordo bene -di certo non Hume!- possedeva schiavi é un altro paio di maniche; ignorandolo ricadiamo nel solito paralogismo "violazione della morale == negazione della morale): non mi sembra abbia mai parlato di utilità limitata a particolari gruppi umani, ma casomai universalmente sociale (dunque per l' umanità nella sua interezza).



Non credo esista un "dato evolutivo reale" che possa confortarci circa una possibilità concreta di superare "oggettivamente"
questa impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità (se c'è, io non lo conosco...).
CitazioneQui non posso che constatare il dissenso fra noi.



Mi tengo allora la definizione "continentale". Pur se "senza sbocchi" (Ipazia); pur se, giustamente, a rigor di logica dovrei
pormi il problema della bistecca di manzo e della carota; essa mi dà però un riferimento che l'altra non può darmi.
Ma quale riferimento? Non certo quello di un articolo di fede...
Essa mi indica non tanto una oggettività "possibile" (altrimenti ci sarebbe uno sbocco...), quanto appunto la necessaria
mancanza di ogni riferimento nell'altra, sulla quale è appunto impossibile la formulazione di qualsiasi giudizio di valore,
o morale che dir si voglia.
saluti
Citazione
Non credo che l' utilitarismo "anglosassone" (pur con tutta la mia "anglosassonefobia") "classico" (di Stuart Mill) sia condannato al dogmatismo e pregiudizialmente impossibilitato alla considerazione etica di tutti i senzienti, anche non umani, quale si sta sviluppando negli ultimi decenni (che presenta peraltro anche eccessi irrazionalisti, da sottoporre a critica razionale).  

Saluti cordiali.
#1455
Citazione di: Jacopus il 16 Ottobre 2018, 10:53:29 AM
CitazioneCiò non toglie che, morto o vivo che sia Dio, il "bene" da noi preferito è quello che è oggetto di desiderio e di aspirazione se siamo buoni(e non che buoni e cattivi, generosi e magnanimi da una parte e gretti e meschini dall' altra, non si distinguono reciprocamente in quanto tutti indiscriminatamente desiderano identicamente ciò che desiderano, qualsiasi cosa sia; e ovviamente sono felici se lo conseguono, infelici in caso contrario).
Accidenti che sforbiciata di manicheismo. È la bontà di grazia in cosa consiste? Anche Mussolini ha fatto cose buone. Probabilmente anche Hitler.
E poi che tutti facciano cose per ottenere la propria felicità, anche quella "personalizzata, non mi sembra proprio realistico. Ho esperienza di moltitudini di soggetti che agiscono consapevoli e inconsapevoli per realizzare la propria rovina. Ma in questo caso per vedere bisogna scavare e fidarci della nostra mente è della esperienza scritta nei testi di psicoanalisi piuttosto che negli esami clinici o nelle proprie monolitica convinzioni.

Assolutamente non capisco (nulla di queste insinuazioni, ma soprattutto la taccia di "manicheismo").

Che la perfezione non esista, tanto nel bene quanto nel male, che per fare davvero del bene si debba avere anche grande forza d' animo e disponibilità a sporcarsi le mani (evitare la qual cosa non é moralità ma invece moralismo) é proprio una delle tesi che più tenacemente sto sostenendo in questa discussione (fra lo scandalo di conformisti e buonisti politicamente corretti).

Che cercando la propria felicità si possa anche finire nel procurarsi l' infelicità non significa certo che si cerchi la propria sofferenza deliberatamente!
Le mie convinzioni sono più o meno salde, comunque sempre nell' intento di sottoporle da parte mia alla più severa e spietata critca razionale.