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Messaggi - Carlo Pierini

#1456
Citazione di: lorenzo il 11 Agosto 2017, 00:04:31 AM
Una cosa è ciò che io penso, altro ciò che riferisco di quanto crede un cattolico o un induista: la prima è una opinione, la seconda un fatto.
(non citare tutto, quando rispondi)
Ciao.

Ma il problema fondamentale dell'esegesi cristiana è proprio questo: il calspestamento delle più comuni esigenze della ragione e del buon senso, come se l'umanità si fosse fermata all'irrazionalità del Medioevo. A cominciare dal pregiudizio secondo cui i racconti biblici sarebbero eventi storici, invece che allegorie simboliche, miti ispirati da Dio. 
Chi può credere più, ai giorni nostri, che l'apertura del Mar Rosso, la tentazione del serpente edenico, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il miracolo di Cana, e poi la morte, la resurrezione, e l'ascesa al cielo di Gesù (senza uno straccio di ...tuta spaziale), siano degli avvenimenti storici realmente accaduti? Eppure i preti continuano imperterriti a insultare la ragione (come se non fosse anch'essa un dono di Dio e, come tale, degna del massimo rispetto), alimentando così l'allontanamento dalla religione, se non addirittura l'ateismo.
#1457
FREEDOM
....vorrei porre l'attenzione all'aspetto decisivo dell'essere cristiano: il rapporto con Dio è un rapporto di amore. Una relazione matrimoniale a tutti gli effetti. Ecco la sacralità del matrimonio tra uomo e donna che riproduce l'amore tra Dio e l'uomo. E in una relazione d'amore c'è anche il piacere. Nella vita c'è anche il piacere. Esso esiste e non è un vizio. Non si può paragonare al vizio del fumo. La prima sigaretta, com'è noto, fa schifo, mentre la prima volta che si fa l'amore è bello. E la prima volta che si mangia un cibo gustoso è pure quella una sensazione bella. E' solo necessario anzi indispensabile avere temperanza. Senza di essa allora sì che il piacere (la ricerca di esso) diventa irrefrenabile e ci porta al male.

CARLO
Concordo pienamente!
#1458
Scrive lo storico delle religioni W. Williamson:

"Nelle sue investigazioni la scienza ha portato una sincera devozione alla verità, un giudizio chiaro, una mente assolutamente libera da ogni pregiudizio e da ogni parzialità. Ma quando nello studio della scala ascendente della vita essa raggiunge l'uomo, lo spirito con cui continua le sue investigazioni cambia completamente. Fin da principio essa vede l'uomo governato da forze che le riescono nuove e si trova subito in conflitto con una delle più potenti di queste forze: le credenze religiose. Le azioni dell'uomo sono dominate da sanzioni strane che essa non riconosce; e intanto gli eventi connessi a queste credenze occupano una gran parte della vita dell'uomo ed esercitano una grande influenza sulla sua storia: crescono e si sviluppano con lui. (...)
Che cosa sono dunque questi sistemi religiosi che occupano un posto così importante nella vita e nella storia dell'uomo? Qual è il loro significato, quale la loro funzione nello sviluppo sociale? A queste domande la scienza cade in uno strano silenzio: essa non ha e non cerca risposte. Perché?". [W. WILLIAMSON: La legge suprema. Studio sulle origini delle religioni e sulla loro unità fondamentale - pg. 5]

La risposta, che Williamson non dà, è semplice: perché nel campo della cosiddetta "fenomenologia dello spirito umano" il metodo scientifico (descrizione matematica e verifica sperimentale) si rivela assolutamente inadeguato e infruttuoso. Pertanto, qualunque investigazione tesa a dare risposte alle domande di cui sopra, metterebbe in chiara luce la non universalità del metodo scientifico e la limitatezza del suo dominio di ricerca. In definitiva, scoprirebbe gli altarini della provincialità della Scienza, il suo essere regina NON del Sapere, ma solo di UNA delle DUE polarità di esso, quella materiale.
La scienza, cioè, è la Regina "parvenue" della favola di Biancaneve: fin quando si specchia nella Materia si sente - a ragione - "la più bella del reame", ma da un certo momento in poi sente che il suo titolo di Miss-Conoscenza è minacciato da una fanciulla, lei sì di stirpe regale, la Metafisica-Biancaneve, che lei stessa aveva spodestato, esiliato con la prepotenza e cercato di uccidere (Circolo di Vienna. **Nota, in fondo). E alla fine sarà proprio Biancaneve la vera regina, grazie al bacio di un PRINCIP...E che la risveglierà dal sonno velenoso procuratole dalla matrigna malvagia e strega.

**Nota
I fini del Circolo di Vienna (fondato nel 1922 da Moritz Schlick e composto da scienziati, matematici e filosofi della scienza come Rudolf Carnap, Otto Neurath, Philipp Frank, Friedrich Waismann, Hans Hahn, ecc.), era quello di elaborare una <<concezione scientifica del mondo>>, cioè, un linguaggio logico-scientifico puro, fondato sul <<principio di verificazione>> e assolutamente separato da ogni "inquinamento" metafisico. Il motto del Circolo era, infatti: "La metafisica è la malattia del linguaggio".
#1459
Citazione di: lorenzo il 10 Agosto 2017, 22:19:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Agosto 2017, 17:35:27 PMQuesto è anche il senso delle parole del Vangelo: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola di Dio» (Matteo 4: 4 / Luca 4:4). Ma è anche il senso dell'assunzione dell'ostia nel rito eucaristico, il quale simbolizza la comprensione-assimilazione della parola di Cristo (l'ostia è il simbolo del "Corpus Christi").

Insomma: se è vero che siamo liberi di volere ciò che pensiamo, non siamo del tutto liberi di pensare ciò che vogliamo. :-)

Mah.
Mi pare che per un cattolico l'ostia non sia il simbolo ma realmente il corpo di Cristo.

..E tu non hai niente da obiettare? :-)
#1460
Citazione di: InVerno il 10 Agosto 2017, 19:51:10 PM
CitazioneChe ne pensate? Non vi sembra geniale l'idea di una reintegrazione persino dell'ateismo alla "storia della salvezza" adombrata nel Vangelo? Voglio dire: è lecito pensare che l'ateismo possa addirittura contribuire al rinnovamento della religione, o alla nascita di una religione più matura, più in armonia col sapere scientifico?
E' l'ipotesi che Richard Kearney prospetta introducendo il concetto di anateismo, una religione senza assoluti, anche se l'opera che lo delinea è estremamente più complessa e consiglio la lettura se interessato. Un ipotesi interessante dal punto di vista spirituale\personale, ma che non ha nulla a che fare con la la riconquista di un ruolo centrale nella società moderna (e futura) da parte di un credo organizzato, tutto al più il contrario, l'anateismo si presta veramente poco ad un ruolo politico-sociale e assomiglia molto di più ad una filosofia di vita che ad una religione per come la conosciamo e intendiamo e a cui ci riferiamo.

...Ah, non lo conoscevo! Mi sono andato a leggere alcune recensioni on-line del suo libro "Dio dopo Dio" e ho trovato le sue idee molto interessanti, sebbene non mi trovi d'accordo su un punto molto importante che egli sintetizza dicendo:


«Solo ammettendo di non conoscere effettivamente nulla di Dio, possiamo iniziare a ripristinare la presenza del sacro nella carnalità dell'esistenza terrena» (p. 5).

La mia idea è invece molto più entusiasmante: mentre Kearney concepisce un Dio "depotenziato" o "indebolito" dal punto di vista epistemico-conoscitivo (e non è casuale che in ciò abbia riscosso il pieno plauso di Vattimo), io, al contrario, ho ottimi motivi per pensare che Dio possa assurgere a Principio stesso della Conoscenza (si veda l'ultima parte del mio post d'apertura del thread "Un'esperienza visionaria molto istruttiva").
Del resto, un Dio esiliato dal Sapere sarebbe un dio minore, un dio di "serie B", perdendo due dei Suoi attributi più irrinunciabili: quello di "Onnipresente" e quello di "Legge del mondo".
#1461

> CARLO
> Questo è anche il senso delle parole del Vangelo: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola di Dio» (Matteo 4: 4 / Luca 4:4). Ma è anche il senso dell'assunzione dell'ostia nel rito eucaristico, il quale simbolizza la comprensione-assimilazione della parola di Cristo (l'ostia è il simbolo del "Corpus Christi").

ALTAMAREA
Carlo fammi capire. Il tuo riferimento al Vangelo è condizionato dal tuo credo religioso o è casuale ?

CARLO
Io non ho un credo religioso. Le mie idee si basano sull'osservazione oggettiva dei fatti e sull'esperienza. Sono stato ateo-marxista fino ad una ventina di anni fa, fino a quando cioè non ho avuto delle visioni piuttosto singolari (di cui parlo nella sezione "Tematiche spirituali") che mi hanno spinto ad intraprendere una ricerca a 360 gradi (psicologia, teologia, filosofia, scienza) che continua tutt'ora e che ha trasformato radicalmente la mia visione del mondo

> CARLO
> se è vero che siamo liberi di volere ciò che pensiamo, non siamo del tutto liberi di pensare ciò che vogliamo.

ALTAMAREA
Questa tua affermazione rimanda al condizionamento sociale del pensiero. Il nostro modo di considerare la "realtà" non dipende solo dalla nostra soggettività ma ha implicazioni oggettive derivanti dal contesto sociale e culturale in cui viviamo.
Karl Marx  era consapevole che  le situazioni oggettive delle classi sociali condizionano il pensiero e la visione del mondo.
Un altro Karl, Mannheim (fondatore della "sociologia della conoscenza") elaborò la tesi marxista del condizionamento sociale del pensiero in una teoria basata sulla correlazione strutturale e dinamica tra tutti gli elementi culturali del sistema sociale.
Oltre a Mannheim c'è da citare il filosofo tedesco Max Scheler, che nel 1924  coniò l'espressione
"Wissenssoziologie":  studia le modalità per la conoscenza, per il sapere e la produzione del sapere. La conoscenza fornisce all'individuo significati del mondo  in cui vive, significati che vengono percepiti  dal soggetto come il modo naturale di  considerarlo.
Oltre agli autori citati ce ne sono altri che hanno approfondimento lo studio del condizionamento sociale del pensiero.

CARLO
Il condizionamento esiste, ma non è onnipotente; se lo fosse, non sarebbero mai esistite rivoluzioni di pensiero, e lo stesso marxismo (che è una reazione al condizionamento borghese) non sarebbe mai nato.

In definitiva, il marxismo cade nel medesimo estremismo in cui cade il riduzionismo neurobiologico moderno: mentre quest'ultimo riduce la mente al substrato neurale-cerebrale facendo derivare la prima dal secondo, il marxismo, in modo analogo, riduce la cosiddetta "sovrastruttura ideologica" alla "struttura economica". Entrambi i paradigmi, cioè, hanno ignorato l'ALTRO senso di relazione possibile tra le due polarità: quello secondo cui la mente condiziona e a volte determina gli eventi cerebrali, e quello secondo cui la "sovrastruttura ideologica" condiziona e a volte determina la "struttura economica".
#1462
Se confrontiamo la figura evangelica di Gesù con le decine e decine di altre figure simboliche dell'eroe salvatore e civilizzatore presenti nella tradizione mitico-religiosa umana, si evidenzia chiaramente la sua natura di personaggio mitico-simbolico per le profonde analogie che lo legano agli altri "salvatori", mentre, dall'altro lato, non esiste alcuna traccia concreta della sua esistenza storica.
Qualche esempio: tutti gli eroi mitici sono semidei, cioè figli di madre terrena e di padre celeste (o regale) e ad alcuni di loro appartiene l'attributo di "trinitario" o sono elementi di una triade (la Trimurti indù, la Triade capitolina, la Triade egizia, ecc.); Mercurio (detto "Trismegisto") era il messaggero degli dèi e, insieme "accompagnatore delle anime" negli inferi, in analogia con Cristo che, oltre ad essere l'inviato del Padre, prima di salire al cielo (dopo la crocifissione) scende negli inferi per liberare le "anime dannate"; ...e così via per altre centinaia di analogie che troviamo nella storia comparata delle idee religiose (vedi M. Eliade, R. Guénon, J. Evola, W. Williamson, ecc.).
 
Cosicché, per esempio, la metafora della morte in croce di Gesù può essere vista ANCHE come la prefigurazione simbolica dell'epoca moderna, dominata dal razionalismo, dallo spirito laico e dall'ateismo di massa, che costituiscono una vera e propria "morte di Dio" (vedi Nietzsche, Marx, Engels, Freud, ecc.) o, meglio, la morte della Sua incarnazione nella cultura umana (la religione), ma anche l'annuncio di una sua imminente resurrezione-trasfigurazione.
Per questo il teologo T. Altizer considera, paradossalmente, l'ateismo come "vangelo", cioè come "buona novella": perché la morte di Cristo (l'ateismo moderno) è anche l'annuncio della sua imminente resurrezione come Redentore e Salvatore, come Logos, come Verità Ultima universale. (Si veda anche la parte finale del il mio post: "Una esperienza visionaria molto istruttiva"):
 
"Per Altizer, la metamorfosi kenotica [la morte] di Dio determina la scomparsa del sacro dalla storia. È questa è la fase storica che stiamo vivendo, ma non la condizione finale, non la meta suprema. In realtà il crollo del sacro e l'avvento del profano stanno già alle nostre spalle, ma la rivelazione, l'epifania di Dio, continua. Noi siamo all'alba della terza e ultima età dello Spirito (piuttosto gioachimita che hegeliana): «Una nuova rivelazione sta per irrompere nella nuova età, e questa rivelazione differisce dal Nuovo Testamento tanto quanto questo differisce dal Vecchio».
La seconda fase segna dunque il trionfo del profano sul sacro; Dio abdica alle sue primordiali epifanie di potenza e di purezza assolute per incarnarsi e morire".  [SERGIO QUINZIO, prefazione a T. ALTIZER: Vangelo dell'ateismo cristiano - pg.23]
 
In altre parole, dopo un dominio di 17 secoli della figura di Cristo (o della religione cristiana), con l'avvento della scienza e del razionalismo, il suo regno decade rapidamente e inizia una vera e propria passione che culmina nel dilagante relativismo moderno che, se non è ancora la morte totale di Dio (cioè, della religione), è molto prossimo ad esserlo. Siamo in attesa, dunque, di una Sua trasfigurazione e resurrezione come Verità ultima, cioè come Principio universale incarnato nella Conoscenza (nella Scienza).


Che ne pensate? Non vi sembra geniale l'idea di una reintegrazione persino dell'ateismo alla "storia della salvezza" adombrata nel Vangelo? Voglio dire: è lecito pensare che l'ateismo possa addirittura contribuire al rinnovamento della religione, o alla nascita di una religione più matura, più in armonia col sapere scientifico?
#1463
Il Labirinto, come tutti i grandi simboli della tradizione, non ha solo un significato né una sola variante mitica. Sono molti, infatti, i miti e le leggende, anche non europee, in cui si parla di labirinti che l'eroe deve percorrere per raggiungere una meta importante, un tesoro prezioso.
In genere questo simbolo esprime l'idea di difesa di un «centro» e l'ingresso ha un valore di iniziazione. Il labirinto può difendere una città, una tomba, o un santuario, cioè uno spazio magico-religioso che si vuole rendere inviolabile dai non-eletti, dai non-iniziati. Simbolizza, cioè, ogni sorta di viaggio iniziatico, da quello filosofico il cui centro si identifica con la Verità, a quello psicologico nel quale la meta è la profondità del Sé, a quello religioso che trova la sua conclusione in Dio. Per esempio, nel Medioevo, percorrere il labirinto tracciato sul pavimento di alcune chiese era considerato sostitutivo del pellegrinaggio in Terra Santa. E in questo senso ogni viaggio mitico rappresenta una variante del tema del labirinto: il viaggio di Ulisse, Ercole al centro della Terra, gli Argonauti alla conquista del Vello d'oro, Gilgamesh alla ricerca dell'erba dell'immortalità, ecc.
Il labirinto del mito greco, da questo punto di vista, può sembrare anomalo, visto che alla fine del viaggio non troviamo un tesoro, ma un mostro: il Minotauro. Ma in realtà anch'esso rientra nel grande archetipo dell'impresa eroica che ha come fine la conquista di una meta ambita protetta da ogni sorta di mostri: draghi, cerberi, leoni, serpenti, ecc., che devono essere uccisi, e in questo caso la mèta è la salvezza dei fanciulli periodicamente immolati al Minotauro. La cosa singolare, tuttavia, è che il Minotauro si discosta dai mostri classici essendo l'incrocio tra un umano e un animale. E' nello stesso tempo un toro che ha il corpo di un umano, e quindi anche la sua fragilità, e un umano che ha l'intelligenza di un animale. Fa pensare, cioè, che il nemico da vincere non sia una forza bruta della natura, ma una qualche mostruosità di origine umana dovuta alla primitività animale della sua testa, cioè della sua componente superiore. Non può che riferirsi, dunque, all'uomo che è carente o privo dei valori superiori che lo distinguono dalla bestia: la verità, l'eticità, la sacralità, la religiosità. Chi altri, allora, se non il relativista-ateo-materialista radicale, la cui ideologia non ammette né verità, né etica, né religione?.
Ma perché, tra tanti animali proprio il toro? Perché le corna simbolizzano la dualità contraddittoria che caratterizza l'intera ideologia materialista-relativista (negazione della verità/pretesa di dire il vero; negazione dell'etica/pretesa di essere trattati secondo l'etica; negazione della libertà/pretesa di essere liberi, ecc.).
Conclusione: l'ateismo-relativismo-materialismo è il nemico da sconfiggere, se non vogliamo più che i nostri giovani siano sacrificati al Minotauro, cioè, al disorientamento etico, al disinteresse per la verità, all'ignoranza del sacro.
#1464
Se prestiamo una certa attenzione a noi stessi, possiamo osservare delle profonde analogie o parallelismi tra funzioni psichiche e funzioni organiche.
Un esempio per tutti: il parallelismo tra la nutrizione del corpo e l'apprendimento intellettuale-culturale. Così come il corpo si nutre di cibi materiali, l'anima si nutre di significati immateriali, di idee, di simboli; e così come il corpo digerisce e assimila il cibo, usiamo addirittura lo stesso termine "assimilazione" quando ci riferiamo all'apprendimento culturale, alla comprensione di certe idee o di certe informazioni. Ma così come un cibo avariato intossica l'intero organismo, così pure l'apprendimento di idee false, malsane o contraddittorie può intossicare l'anima e generare dei conflitti. Conflitti che, tuttavia, spesso diventano inconsci; e di questa contraddittorietà noi avvertiamo solo il risultato: la depressione (due forze uguali e contrarie si annullano a vicenda, indebolendo così l'"economia energetica" della psiche).
Naturalmente, si può anche essere portatori sani di idee malsane, specialmente se per indole/carattere affidiamo le nostre scelte più al cuore (o all'intuizione-istinto) che all'intelletto. Ma resta comunque il fatto che noi siamo *solo relativamente* liberi di pensare ciò che vogliamo e che una eccessiva trascuratezza nei confronti delle nostre idee potrebbe rivelarsi nociva per la nostra salute mentale, almeno quanto una scarsa attenzione a ciò che mangiamo potrebbe essere nociva per la nostra salute fisica.


Termino sottolineando che questo parallelismo non significa *identità* corpo/anima, cioè non significa - per intenderci - che lo stomaco è deputato alla funzione che chiamiamo "apprendimento"; significa che anche la psiche è un organismo, ma un organismo ALTRO da quello fisico, proprio come il principio Yin è ALTRO dallo Yang, pur essendo simili e reciprocamente complementari.
Questo è anche il senso delle parole del Vangelo: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola di Dio» (Matteo 4: 4 / Luca 4:4). Ma è anche il senso dell'assunzione dell'ostia nel rito eucaristico, il quale simbolizza la comprensione-assimilazione della parola di Cristo (l'ostia è il simbolo del "Corpus Christi").

Insomma: se è vero che siamo liberi di volere ciò che pensiamo, non siamo del tutto liberi di pensare ciò che vogliamo. :-)
#1465
Citazione di: altamarea il 10 Agosto 2017, 08:04:59 AM
Ciao Carlo. Invece io propendo per il riduzionismo. Antonio Damasio ha dimostrato con prove sperimentali  su cerebrolesi che la mente senza cervello non può esistere, perciò la mente è un'attività del cervello e ad esso riducibile.

Damasio può aver dimostrato che la mente senza cervello non può *manifestarsi*, non che *non può esistere*.
Quando le tradizioni religiose di ogni tempo e di ogni luogo geografico parlano di "sopravvivenza dell'anima post-mortem" non vogliono certo indicare una continuazione della sua esistenza nello spazio e nel tempo, ma alludono ad un "trasferimento" verso una realtà che trascende la dimensione spazio-temporale. A questo proposito, lo psicologo C.G. Jung e lo storico delle religioni M. Eliade scrivono:

"Il fatto che le nostre capacità di rappresentazione non siano assolutamente in grado di immaginare una forma di realtà extra spazio-temporale, non prova che una tale realtà non sia possibile. [...]
Le idee e i dubbi della fisica teorica contemporanea dovrebbero rendere guardingo anche lo psicologo: giacché cosa significa in fin dei conti la «limitatezza dello spazio» considerata filosoficamente, se non una relativizzazione della categoria spaziale? E anche alla categoria temporale (come alla causalità) potrebbe accadere qualcosa di simile.[...]
Data questa estrema incertezza delle concezioni umane, la presuntuosa faciloneria materialista-illuministica non è soltanto ridicola, ma desolatamente priva di spirito. [...]
La conclusione che la psiche partecipi attivamente a una forma di realtà extra spazio-temporale e appartenga quindi a ciò che in modo inadeguato e simbolico viene detto "eternità", l'intelletto critico non potrebbe contrapporgli altro argomento che uno scientifico "non liquet" [non è chiaro]. Questo qualcuno godrebbe inoltre del vantaggio di trovarsi in armonia con una "inclinazione" dell'anima umana, esistente da tempo immemorabile e universalmente diffusa. Chi invece, per scetticismo o per ribellione alla tradizione o per mancanza di coraggio o per superficialità di esperienza psicologica o per spensierata ignoranza, non traesse questa conclusione, avrebbe per sé non solo una piccolissima probabilità statistica di diventare un pioniere dello spirito, ma anche la certezza di mettersi in contraddizione con le verità del suo sangue. Che queste siano verità assolute oppure no, non lo potremo mai provare, ma basta che esse siano presenti come "inclinazioni universali", e sappiamo a sufficienza che cosa significhi mettersi sconsideratamente in conflitto con tali verità: è come un non voler tener conto degli istinti". [JUNG: Realtà dell'anima - pg.163]
 
"Per la dottrina del Brahman, la illuminazione, la comprensione realizza il miracolo della uscita dal tempo. L'istante paradossale dell'illuminazione è paragonata nei testi vedici e upanishadici al raggio. "Nel raggio la verità". Si sa che la stessa immagine "raggio-illuminazione spirituale" si trova nella metafisica greca e nella mistica cristiana.
Lo Zenith che è insieme la Cima del Mondo e il "centro" per eccellenza, il punto infinitesimale dove passa l'Asse Cosmico (Axis Mundi). Un centro rappresenta un punto ideale, appartenente non allo spazio geometrico profano, ma allo spazio sacro, nel quale può realizzarsi la comunicazione col cielo o con l'inferno, il punto nel quale può essere trasceso il mondo sensibile, trascendendo così il tempo e raggiungendo l'estasi, l'eterno presente atemporale". [M. Eliade]
 
"L'idea orientale del "karma" è una specie di teoria psichica dell'ereditarietà, basata sull'ipotesi della reincarnazione, cioè, in ultima analisi, della sovratemporalità della psiche". [JUNG: Psicologia e religione - pg.530]
 
"Il Mito in quanto tale, oltre alle specifiche funzioni che esso svolge nelle società arcaiche e su cui in questa sede possiamo evitare di soffermarci, è altresì importante per le rivelazioni che ci fornisce in merito alla struttura del Tempo. Come tutti oggi concordano nell'affermare, un mito raccontava eventi che hanno avuto luogo in principio, ovvero «alle origini», in un istante primordiale e atemporale, in un arco di tempo sacro. Questo tempo mitico o sacro è qualitativamente diverso dal tempo profano, dalla durata continua e irreversibile, in cui si inserisce la nostra esistenza quotidiana e desacralizzata". [M.ELIADE: Immagini e simboli - pg.55]
 
I "sapta padâni", i sette passi che portano il Budda sulla vetta del mondo sono stati raffigurati anche nell'arte e nell'iconografia buddista. Il simbolismo dei «Sette Passi» è abbastanza trasparente. L'espressione «sono il più alto del mondo» comunica la trascendenza spaziale del Budda. In effetti egli ha raggiunto «la cima del mondo» (lokkagge) attraversando i sette stadi cosmici a cui corrispondono, come è noto, i sette cieli planetari. Però, in virtù di ciò, egli trascende anche il tempo poiché, nella cosmologia indiana, il punto da cui è cominciata la creazione è la vetta, perciò essa è anche il punto più «vecchio». È questo il motivo per cui Budda esclama: «Sono io il Primogenito del mondo» giacché nel momento in cui raggiunge la vetta cosmica, Budda diventa contemporaneo all'inizio del mondo. Magicamente egli ha abolito il tempo e la creazione e si ritrova nell'istante temporale che precede la cosmogonia. L'irreversibilità del tempo cosmico, legge terribile per tutti coloro che vivono nell'illusione, per Budda non vale più. Per lui il tempo è reversibile e può perfino essere conosciuto in anticipo, ché il Budda conosce sia il passato che l'avvenire. Ciò che ci preme sottolineare è che il Budda non soltanto diventa capace di abolire il tempo, ma può anche percorrerlo all'indietro (patiloman, in sanscrito pratiloman, «contropelo») e questo varrà anche per i monaci buddisti e per gli yogi i quali, prima di ottenere il Nirvana o il samadhi, operano un «ritorno indietro» che consente loro di conoscere le esistenze anteriori". [M.ELIADE: Immagini e simboli - pg.72]
 
"Si indovina nella letteratura, in modo più forte ancora che nelle altre arti, una rivolta contro il tempo storico, il desiderio di accedere ad altri ritmi temporali al posto di quello in cui si è costretti a vivere e a lavorare. Ci si chiede se questo desiderio di trascendere il proprio tempo, personale e storico, e di immergersi in un tempo «estraneo», o estatico o immaginario, non sarà mai sradicato. Finché sussiste questo desiderio si può dire che l'uomo moderno conserva ancora almeno certi residui di un «comportamento mitologico». Le tracce di un tale comportamento mitologico si rivelano nel desiderio di ritrovare l'intensità con cui si è vissuta o si è conosciuta una cosa per la prima volta, di ricuperare il lontano passato, l'epoca beatifica degli «inizi»". [M.ELIADE: Immagini e simboli - pg.226]
 
"Secondo l'induismo, gli dèi vivrebbero in un ritmo temporale che si calcola in yuga (epoche, età), fondati su tempi enormi". [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - Nota pg. 300]
 
Del resto, anche il neurobiologo J. Eccles (insieme al fisico quantistico H. Margenau) ipotizza una fenomenologia di tipo spazio-temporale nell'interazione tra mente e cervello:
 
"È stato ipotizzato che negli stati di coscienza la corteccia cerebrale si trovi in una condizione di estrema sensibilità, come un rivelatore di minuscoli campi spazio-temporali di influenza. Questi campi di influenza sarebbero esercitati dalla mente sul cervello nelle azioni volontarie". [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg.44]




#1466
Citazione di: giona2068 il 09 Agosto 2017, 21:15:52 PM
Non dimenticare che il nostro corpo non è quello creato dal Signore Dio, è quello dopo la caduto di Adamo ed  Eva. Il nostro corpo iniziale non conosceva limiti di spazio nè di tempo. Per intenderci era lo stesso del Signore risorto che passava attraverso i muri  per andare nella stanza dove i discepoli erano rinchiusi ed una volta dentro chiedeva qualcosa da mangiare ricevendo pane e pesci.

Da dove hai tratto questi dettagli sulla natura del corpo di Adamo ed Eva prima della "caduta"?
#1467
Citazione di: altamarea il 09 Agosto 2017, 21:57:30 PM
Carlo e Iano perché vi ostinate a collegare la mente ed il cervello alla fisica quantistica anziché alla medicina, alla neurologia, alla fisiologia, alla psicologia ?

E' necessario spiegare ai "non addetti ai lavori" filosofici nel forum la differenza tra encefalo, cervello, mente e coscienza.

Alla mia nipotina direi che l'encefalo (= dentro la testa) contiene le strutture cerebrali all'interno della scatola cranica.
Una parte dell'encefalo si chiama cervello, che è l'organo principale del sistema nervoso centrale.


Nel cervello c'è la mente, dal cui funzionamento emerge il nostro essere, i pensieri, le idee, i sentimenti, il linguaggio, la coscienza: con questa, lo ripeto, s'intende la consapevolezza che il soggetto ha di sé e dei propri contenuti mentali.


La mente consulta la sua "banca dati" ed elabora la scelta.  Il mondo che percepiamo  viene elaborato dalla mente.


Carlo dopo Eccles ci sono altri valenti neuroscienziati, non ti limitare a lui. Per esempio cita anche Damasio.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, i dati osservativi riguardanti il cervello possono essere interpretati secondo due diversi paradigmi: quello materialista-riduzionista (la mente è il cervello) e quello dualista interazionista (la mente interagisce col cervello). Se è valido il primo, il secondo è errato, e viceversa. Ma non esistono esperimenti cruciali che provino la correttezza  dell'uno o dell'altro.
Se io propendo per il dualismo è per ragioni di carattere generale, e cioè  per il fatto che per mezzo dell'ipotesi riduzionista non ha alcun senso la possibilità di derivare:
1 - un finalismo mentale (la mente è capace di progetti, cioè è finalista) da una biologia non finalista;
2 - un solo "io" soggettivo da miliardi di cellule oggettive;
3 - il pensiero da una biologia non pensante;
4 - il sogno da una biologia non sognante;
5 - una "percezione" del proprio corpo senza distinguere il corpo dal soggetto che lo percepisce;
6 - una "repressione degli istinti" senza distinguere gli istinti dal soggetto che li reprime;
7 - un comportamento etico-filosofico-religioso da una animalità non-etica-filosofico-religiosa;
8 - una evoluzione culturale da una non-evoluzione biologica (la cultura umana si è evoluta in assenza di modificazioni genetiche);
9 - una mente femminile da un corpo maschile, e viceversa (omosessualità).

In altre parole, la mente presenta qualità e proprietà che non hanno niente a che vedere con le qualità e le proprietà conosciute della materia biologica. Ergo, è molto più ragionevole pensare che mente e cervello non siano la stessa cosa e che si tratti piuttosto di una interazione tra due entità di pari dignità ontologica.
E se leggi tutto il mio post introduttivo, capirai allora perché è necessaria l'introduzione della fenomenologia quantistica.
#1468
Citazione di: iano il 09 Agosto 2017, 18:33:08 PM
Confesso di non aver letto l'intero post introduttivo.
Ma se posso,e non potrei ,sintetizzare,la dualità mente cervello,come caso della dualità immateriale materiale,nasce in un contesto pre fisica attuale,e in particolare pre fisica quantistica.
Applicare quindi la fisica attuale a quel quadro sarebbe scorretto.
Mi aspetterei allora semmai una riformulazione,alla luce del nuovo quadro che la fisica quantistica ci suggerisce,della suddetta dualità,fino ,al limite, di metterla in discussione come tale.

Non so cosa tu intenda per "pre fisica quantistica", ma Eccles fonda la sua teoria proprio sulla fisica quantistica:

"Nel 1984 venne pubblicato il libro di un insigne fisico quantistico, Henry Margenau, dal titolo "Il miracolo dell'esistenza". Fu come vedere la luce alla fine di un tunnel.
«La mente può essere considerata un campo nel comune senso fisico del termine. Ma si tratta di un campo non-materiale; l'analogo più simile è forse un campo di probabilità (...) e non è indispensabile che esso debba contenere energia per spiegare tutti i fenomeni noti nei quali la mente interagisce col cervello". [J.ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg.51]

"La nuova luce sul problema mente-cervello viene dall'ipotesi che gli eventi mentali, non materiali, siano legati agli eventi nervosi del cervello attraverso processi conformi ai princìpi della fisica quantistica. Questa ipotesi apre una prospettiva immensa di ricerche scientifiche, sia in fisica quantistica che in neuroscienze. (...)
I progressi nella comprensione del cervello (...) si attardano per la convinzione che esso sia un dispositivo elettronico supercomplesso. Il cervello è stato studiato in tutte le ricerche sul'intelligenza artificiale, con le computazioni sulle reti neuronali e il modello robotico di Minsky, Moravec, Edelman e Changeux. Secondo me si tratta di un errore madornale, causato dalla mancanza di studi sui microlivelli necessari, sia della struttura che della funzione della neocorteccia". [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg.37] 

"È stato ipotizzato che negli stati di coscienza la corteccia cerebrale si trovi in una condizione di estrema sensibilità, come un rivelatore di minuscoli campi spazio-temporali di influenza. Questi campi di influenza sarebbero esercitati dalla mente sul cervello nelle azioni volontarie". [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg.44]

IANO
Oggi dire che il pensiero è qualcosa di immateriale sembra meno ovvio di quanto potesse sembrare qualche secolo fa,ad esempio.
Non poche dualità grazie ai progressi della fisica hanno mostrato di non essere veramente tali,come ad esempio la dualità energia materia ,onda particella etc...

CARLO
Le dualità da te citate non sono mai state risolte sul piano concettuale. Sappiamo infatti che certe grandezze fisiche si comportano a volte come onde e a volte come particelle, ma non abbiamo la più pallida idea di come ciò avvenga. E questo vale anche per la dualità materia-energia.
Riguardo invece al problema mente-cervello, una cosa è certa: che le proprietà della mente (pensiero, unità dell'io, idealità etico-religiosa, finalismo, ecc.) non hanno nulla a che vedere con le proprietà fisico-chimiche del cervello e del corpo. Per cui, se non è ovvio dire che il pensiero sia qualcosa di immateriale, è ancor meno ovvio dire che il pensiero sia il prodotto dell'attività fisico-chimica del cervello. Le osservazioni scientifiche in questo campo registrano un parallelismo tra le due realtà (cerebrale e mentale), ma non una identità. L'identità è tutta da dimostrare.
#1469
Citazione di: giona2068 il 09 Agosto 2017, 16:54:30 PM
Per poter meglio comprendere questo argomento dobbiamo tener presente che la gioia appartiene alla sfera spirituale dell'individuo e nasce dallo spirito senza relazione alcuna con la carne. Il piacere  appartiene al corpo ed al  mondo materiale in generale.
Probabilmente  la santa di d'Avila si riferiva alla gioia chiamandola impropriamente  piacere, ma è solo un errore d'italiano che sottintende un concetto diverso.

Io credo, invece, che "l'errore d'italiano" lo stai facendo tu. L'esperienza di Teresa testimonia qualcosa di diverso dalla tua estremistica separazione assoluta tra spiritualità e corporalità:

<<Nostro Signore, il mio sposo, mi procurava tali eccessi di piacere da impormi di non aggiungere altro oltre che a dire che i miei sensi ne erano rapiti. (...) Il corpo non tralascia di parteciparvi un po', anzi molto >> (Teresa d'Avila: "Libro della mia vita").

Parole come queste sono ben lontane dall'idea paolina di "crocefissione della carne" e molto più in armonia con immagini come queste:

https://4.bp.blogspot.com/-6bbB4Wka4q8/V...Be%2BPsiche.jpg

https://2.bp.blogspot.com/-Glxq2p0qu0I/W...2Be%2BRadha.jpg

...nelle quali la divinità (Eros-Amore nella prima, e Khrishna nella seconda) si unisce con una creatura terrestre (Psiche nella prima e Radha nella seconda).
Con questo non voglio certo affermare che quello di Teresa (o quelli appena citati) siano dei veri e propri rapporti sessuali; ma intendo ribadire la non-contraddittorietà tra spiritualità e corporalità, cioè l'idea che il corpo sia un vero e proprio "Tempio dello Spirito". Altrimenti cadiamo nella schizofrenia del dualismo manicheo che vedeva nel corpo non un dono divino, ma una creazione del demonio.
E la figura simbolica della Immacolata Concezione non fa che ribadire questa complementarità tra realtà immanente e realtà trascendente.
#1470
Riporto qui un breve scambio epistolare dal forum "it.filosofia" tra Loris e me, che può essere di qualche interesse anche in questo NG:

LORIS
(da: "Libro della mia vita", di Teresa d'Avila):
<<In un'estasi mi apparve un angelo tangibile nella sua costituzione carnale e era bellissimo; io vedevo nella mano di questo angelo un dardo lungo; esso era d'oro e portava all'estremità una punta di fuoco. L'angelo mi penetrò con il dardo fino alle viscere e quando lo ritirò mi lasciò tutta bruciata d'amore per Dio [...] Nostro Signore, il mio sposo, mi procurava tali eccessi di piacere da impormi di non aggiungere altro
oltre che a dire che i miei sensi ne erano rapiti>>
...A che cosa puo' portare la sublimazione degli istinti sessuali!!

CARLO
Gli istinti sessuali? ...Orroooore!!!! :-)
Lascia perdere Freud che, notoriamente, di queste cose non ne capiva nulla!

LORIS
Freud avrebbe capito benissimo Teresa d'Avila (del resto non occorre essere Freud per capire cosa sta sotto quella citazione).

CARLO
Davvero? E sulla base di cosa hai stabilito che sia così facile capirlo? Sulla base di una ideologia arbitraria e priva di fondamento, chiamata "materialismo"?

LORIS
Ma dai, non fare il finto ingenuo! Dimmi cosa ci vedrebbe Jung in un un <<angelo tangibile nella sua costituzione carnale>>, che cosa in un <<dardo lungo>> dalla <<punta di fuoco>>, che la <<penetra fino alle viscere>>, che cosa negli <<eccessi di piacere>> ecc.. Dai, dimmi cosa ci vede Jung, che' ho voglia di ridere.

CARLO
Jung dice semplicemente:

"L'erotismo è per sua natura ambiguo e lo sarà sempre. [...] Esso appartiene da un lato all'originaria natura animale dell'uomo, la quale sopravvivrà fin quando l'uomo avrà un corpo animale; dall'altro lato esso è apparentato con le forme più alte dello spirito: ma fiorisce soltanto quando spirito e istinto trovano il giusto accordo. Se l'uno o l'altro aspetto manca, ne deriva uno squilibrio o una unilateralità che degenera facilmente nel morboso. Un eccesso di animalità svisa l'uomo civilizzato, troppa civiltà crea animali ammalati". [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.67]

Questo significa che, come la sessualità può essere il veicolo che ci conduce fino alle forme più alte dell'amore (Kamasutra, ritualità orgiastiche finalizzate al contatto col dio Eros), per simmetria può succedere che le più alte esperienze spirituali possono "scendere" fino a coinvolgere il godimento dei sensi.
Ma spiritualità e sessualità sono delle istanze opposte-complementari; cosicché, se nelle persone mediamente equilibrate può prevalere l'aspetto di complementarità, in altri casi può prevalere l'opposizione. In tali casi avremo due tipologie di opposizione comprese tra due estremi: individui che nella sessualità vedono solo "la gnocca" e che in essa addirittura regrediscono allo stato animale, oppure dei mistici fanatici che si credono dèi e che vedono nel sesso il diavolo in persona. I violentatori compulsivi appartengono al primo estremo, mentre dei mistici come, per esempio, Paolo di Tarso, con la sua idea di "crocifissione della carne", appartengono al secondo.
Pertanto, sgombra la tua fantasia dalle sciocchezze freudiane come quella dei "simboli fallici" o quella delle esperienze mistiche come conseguenze di una sessualità repressa, perché è vero l'esatto contrario:
1 - l'immagine del fallo è uno dei molteplici simboli della forza fecondante della divinità, mentre i cosiddetti "simboli fallici" (lo scettro, l'albero, l'obelisco, il serpente, ecc.) non simbolizzano il membro maschile (il quale si simbolizza benissimo da solo), ma altrettanti attributi del divino che ad essi si associano analogicamente.
Per esempio, i due serpenti del caduceo non simbolizzano due falli intrecciati in un amplesso omosessuale maschile, ma esprimono l'aspetto di "complementarità degli opposti" del Principio ultimo. Né lo scettro regale simbolizza la nerchia del Re, ma l'aspetto di regalità dello Spirito, di cui il Re incarna (o dovrebbe incarnare) l'espressione terrena (l'imperatore era anche detto "pontifex");

http://3.bp.blogspot.com/-xMBhHJn-6KE/UjJMwo3w0pI/AAAAAAAAASM/Euc3S_tzpKM/s1600/52+Cristo+Re+1.jpg

2 - La repressione sessuale non è affatto la causa del misticismo, ma ne rappresenta un ostacolo gravissimo, fino a trasformare spesso (troppo spesso) dei sacerdoti in pericolosi pedofili.

LORIS
Bene. Allora Jung potrebbe concludere che Teresa d'Avila era un "animale malato" delle "forme piu' alte dello spirito", per cui la sua repressa sessualita' riaffiorava nella forma, piu' mistificata che mistica, delle estasi di cui un esempio alla citazione. Un'interpretazione non molto lontata dalle "sciocchezze freudiane", come le chiami. O pensi che per Jung Teresa d'Avila fosse un perfetto esempio di equilibrio tra spirito e animalita'?

CARLO
...La seconda che hai detto: un esempio di equilibrio tra spirito e corpo. Infatti, altrove Teresa scrive:

<<Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d'oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po' di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese ***nel cuore***, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era cosi vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era cosi grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c'era da desiderarne la fine, né l'anima poteva appagarsi che di Dio. ***Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po', anzi molto***. È un idillio cosi soave quello che si svolge tra l'anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento>>.

Non capisco quali sarebbero i motivi per i quali si debba considerarla una squilibrata o una repressa sessuale. Da quello che ricordo, chi l'ha conosciuta da giovane parlava di lei come di una donna bella, affascinante e corteggiata; lei stessa scriveva: "Dio mi ha dato la grazia di piacere a chiunque". Pertanto non vedo perché dovremmo vedere nella sessualità, piuttosto che in una vocazione spirituale, il motivo che la spinse a scappare di casa e a rinchiudersi in monastero.

In una rivista cattolica on line (Zenith), uno sconosciuto commentatore del suo (di Teresa) libro, scrive:
<<Si è soliti credere che esista assoluta incompatibilità tra il piacere e il mondo spirituale e Dio. Ma non è così: i santi e le sante sono uomini e donne i cui corpi hanno risuonato così violentemente delle scosse dell'amore, che le loro anime quasi si sono staccate dal corpo per elevarsi nelle sfere più alte dell'essenza dell'essere, oltrepassando le frontiere del naturale per trovare il modo di comunicare con l'Infinito in un voluttuoso bagno d'amore>>.

Insomma è una leggenda metropolitana diffusa da quel fissato di Freud l'idea secondo cui la sessualità repressa si trasforma in ispirazione artistica e in estasi spirituali. Al contrario, la sessualità respinta, disprezzata o rimossa a lungo andare si impone in forme pervertite e degenerate: coazione allo stupro, atti di crudeltà o di criminalità sessuale, pedofilia, necrofilia, zoofilia, ecc..
Cosa ben diversa è invece la *sublimazione* sessuale, quella che conduce ad una naturale astinenza (o che può essere favorita dall'astinenza), nella quale si ha una trasformazione dell'energia libidica dal piano propriamente sensuale ad un piano "superiore". Una trasformazione che però non si produce per così dire "dal basso" (la sessualità non trasforma se stessa), ma solo "per vocazione", cioè, solo in presenza di forti "richiami" di ordine inconscio-spirituale.
Se vuoi capire più a fondo questo aspetto della dinamica psichica, Jung gli ha dedicato un intero volume della sua opera: "Simboli della trasformazione". Qualche frammento:

<<Gli istinti biologici urtano non solo contro barriere esterne, ma anche contro barriere interne. Lo stesso sistema psichico, che da una parte si basa sulla concupiscenza degli istinti, poggia dall'altra su una volontà diretta in senso opposto, che può essere forte almeno quanto l'istinto biologico.
La volontà di rimuovere o di reprimere gl'istinti naturali, o per essere più esatti di aver ragione del loro predominio (superbia) e della loro mancanza di coordinazione (concupiscentia), proviene da una fonte spirituale, cioè da immagini simboliche inconsce numinose. Queste immagini, concezioni convinzioni o ideali operano in virtù dell'energia specifica dell'individuo, di cui egli non sempre può disporre a volontà per questo scopo, ma che gli viene per così dire proporzionata da queste immagini>>. [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.159]

<<Bisogna che i simboli siano costituiti in modo da poter offrire alla libido una nuova china. Essa infatti non accetta una trasformazione qualunque, altrimenti sarebbe possibile indirizzarla come si vuole in qualsiasi direzione>>. [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.227]

<<Il trattare della formazione dei simboli partendo dai processi istintuali corrisponde al modo di giudicare proprio delle scienze naturali, che però non pretende di essere il solo possibile. La genesi del simbolo potrebbe essere spiegata anche sotto il profilo spirituale. A tal fine occorre formulare l'ipotesi che lo spirito sia una realtà autonoma che dispone di energia specifica forte abbastanza per piegare gli istinti e "costringerli" in forme spirituali>>. [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.228]

<<I simboli funzionano da trasformatori, in quanto trasferiscono la libido da una forma inferiore a una forma superiore. Questa funzione è così importante che il sentimento le attribuisce i valori più alti. [...]
L'esperienza dell'archetipo non è solo impressionante, ma tocca e prende possesso di tutta la personalità ed è naturale che generi ciò che chiamiamo "fede">>. [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.232]