Angelo C.,
la tua è una domanda pregnante nel nostro tempo.
Il filosfo non può fare il cattedratico e chiudersi nella torre d'avorio del pensiero, prchè prima di tutto è uomo e vive la contraddizone spesso del suo pensiero con la quotidianità, con la mondanità del vivere. E vivere è l'incontro fra pensiero e pratiche.
Purtroppo il filosofo non è mediatico, nella misura in cui si pensa oggi il "fare mediatiicità", veloce quasi privo di pensiero, più immagini che parole,mentre la classe dirigente delle pratiche, nella economia nella politica soprattutto francamente non so se sono capaci ancora di pensare "in grande" e quindi in maniera non contingente al loro potere.
Il filosofo è sempre quindi più escluso dalla vita sociale e il pratico è sempre più avulso dal senso storico in cui vive.
Oggi, faccio un esempio, non so cosa insegnino nelle scuole di partito, nelle scuole sindacali, come formino la classe dirignete imprenditoriale e di coloro che appunto dirigono economicamente.
Ho visto che hai inserito Diego Fusaro nel tuo post, e green ha inserito Costanzo Preve.
Preve ha avuto un forte ascendente su Fusaro.Allora faccio un esempio.
Costanzo Preve è stato marxista, boicottato dalla classe dirigente accademica e alla fine dagli stessi marxisti.
A mio parere ha fatto un serio ragionamento essendo stato attivista politico.
Si ì accorto, diciamo così, che le teorie politiche non erano più confacenti al tempo sociale mutato.
Invitava lo stesso Fusaro a ritornare alla teoria della prassi studiando Fichte, essendo Preve un idealista hegeliano e marxista ideologicamente.
Ma addirittura a tornare Platone e Aristotele. Ma stiamo parlando di Preve, un attivista politico con alle spalle una formazione filosofica non da poco, o se vogliamo un filosofo prestato alla politica.
A mio modesto parere ha ragione, a prescindere dalle fedi filosofiche o politiche.
Quello che manca oggi è ripensare il pensiero e saperlo reintepretarlo nelle chiavi che le prassi attuali richiedono:questo è un compito se non il compito di un filosofo. dare la chiave di lettura del mondo invitando i praticanti a riflettere nel pensiero e i pensatori a dare signifcati nelle pratiche.
la tua è una domanda pregnante nel nostro tempo.
Il filosfo non può fare il cattedratico e chiudersi nella torre d'avorio del pensiero, prchè prima di tutto è uomo e vive la contraddizone spesso del suo pensiero con la quotidianità, con la mondanità del vivere. E vivere è l'incontro fra pensiero e pratiche.
Purtroppo il filosofo non è mediatico, nella misura in cui si pensa oggi il "fare mediatiicità", veloce quasi privo di pensiero, più immagini che parole,mentre la classe dirigente delle pratiche, nella economia nella politica soprattutto francamente non so se sono capaci ancora di pensare "in grande" e quindi in maniera non contingente al loro potere.
Il filosofo è sempre quindi più escluso dalla vita sociale e il pratico è sempre più avulso dal senso storico in cui vive.
Oggi, faccio un esempio, non so cosa insegnino nelle scuole di partito, nelle scuole sindacali, come formino la classe dirignete imprenditoriale e di coloro che appunto dirigono economicamente.
Ho visto che hai inserito Diego Fusaro nel tuo post, e green ha inserito Costanzo Preve.
Preve ha avuto un forte ascendente su Fusaro.Allora faccio un esempio.
Costanzo Preve è stato marxista, boicottato dalla classe dirigente accademica e alla fine dagli stessi marxisti.
A mio parere ha fatto un serio ragionamento essendo stato attivista politico.
Si ì accorto, diciamo così, che le teorie politiche non erano più confacenti al tempo sociale mutato.
Invitava lo stesso Fusaro a ritornare alla teoria della prassi studiando Fichte, essendo Preve un idealista hegeliano e marxista ideologicamente.
Ma addirittura a tornare Platone e Aristotele. Ma stiamo parlando di Preve, un attivista politico con alle spalle una formazione filosofica non da poco, o se vogliamo un filosofo prestato alla politica.
A mio modesto parere ha ragione, a prescindere dalle fedi filosofiche o politiche.
Quello che manca oggi è ripensare il pensiero e saperlo reintepretarlo nelle chiavi che le prassi attuali richiedono:questo è un compito se non il compito di un filosofo. dare la chiave di lettura del mondo invitando i praticanti a riflettere nel pensiero e i pensatori a dare signifcati nelle pratiche.