Aldo Cazzullo (Corriere della sera, del 14 9 – 2016)
Cosa resta dell'educazione sentimentale, ai tempi feroci dei social network? Come possiamo capovolgere le regole di questo gioco perverso, in cui i carnefici vincono sempre e continuano a ridere maligni e impuniti, mentre le vittime si ritrovano senza identità e senza difesa? Sono due storie molto diverse, quella di Rimini e quella di Napoli. Ma qualcosa le lega. E ci chiama tutti in causa. A Rimini è stato commesso un reato contro una minorenne, che la diffusione delle immagini ha reso ancora più odioso. A Napoli una donna di trent'anni ha creduto di poter giocare un gioco che l'ha travolta. Entrambe le tragedie confermano che la violazione dell'intimità personale è ormai fuori controllo. La mancanza di un codice dell'amore e del sesso è assoluta. E la combinazione di narcisismo e voyerismo genera una spirale persecutoria cui è molto difficile sottrarsi.
Tiziana Cantone aveva provato a cambiare città; ma la sua città le è venuta dietro, come nella terribile poesia di Kavafis, poiché «sciupando la tua vita in questo angolo l'hai sciupata su tutta la terra». Aveva anche provato a cambiare nome. C'è un elemento comune a tutte le testimonianze delle vittime del bullismo elettronico: è inutile iscriversi a un'altra scuola, trasferirsi in un altro luogo; dopo pochi giorni le immagini arrivano, la fama si diffonde, la persecuzione ricomincia.
Antonello Soro, garante per la privacy: «Introdurre l'educazione civica digitale tra le materie scolastiche»
"Il suicidio della giovane Tiziana ripropone il tema della gogna cui la rete rischia di esporci in mancanza di una adeguata consapevolezza, da parte degli utenti, della natura di spazio non circoscritto e degli effetti lesivi che può avere una comunicazione violenta o la ferocia nella irrisione degli altri".
"La prima questione è quella della consapevolezza delle insidie che affrontiamo ogni volta che consegniamo alla Rete pezzi sempre più importanti della nostra vita privata. Una consapevolezza carente".
La seconda "È la ferocia e la violenza della nostra società. I social network sono lo specchio della mancanza di rispetto nei confronti delle altre persone, il continuo calpestare la dignità degli altri. È una questione che viaggia in parallelo con il diritto alla privacy: quando riguarda noi, lo difendiamo con le unghie e con i denti. Quando riguarda gli altri...".
Cosa resta dell'educazione sentimentale, ai tempi feroci dei social network? Come possiamo capovolgere le regole di questo gioco perverso, in cui i carnefici vincono sempre e continuano a ridere maligni e impuniti, mentre le vittime si ritrovano senza identità e senza difesa? Sono due storie molto diverse, quella di Rimini e quella di Napoli. Ma qualcosa le lega. E ci chiama tutti in causa. A Rimini è stato commesso un reato contro una minorenne, che la diffusione delle immagini ha reso ancora più odioso. A Napoli una donna di trent'anni ha creduto di poter giocare un gioco che l'ha travolta. Entrambe le tragedie confermano che la violazione dell'intimità personale è ormai fuori controllo. La mancanza di un codice dell'amore e del sesso è assoluta. E la combinazione di narcisismo e voyerismo genera una spirale persecutoria cui è molto difficile sottrarsi.
Tiziana Cantone aveva provato a cambiare città; ma la sua città le è venuta dietro, come nella terribile poesia di Kavafis, poiché «sciupando la tua vita in questo angolo l'hai sciupata su tutta la terra». Aveva anche provato a cambiare nome. C'è un elemento comune a tutte le testimonianze delle vittime del bullismo elettronico: è inutile iscriversi a un'altra scuola, trasferirsi in un altro luogo; dopo pochi giorni le immagini arrivano, la fama si diffonde, la persecuzione ricomincia.
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"Il suicidio della giovane Tiziana ripropone il tema della gogna cui la rete rischia di esporci in mancanza di una adeguata consapevolezza, da parte degli utenti, della natura di spazio non circoscritto e degli effetti lesivi che può avere una comunicazione violenta o la ferocia nella irrisione degli altri".
"La prima questione è quella della consapevolezza delle insidie che affrontiamo ogni volta che consegniamo alla Rete pezzi sempre più importanti della nostra vita privata. Una consapevolezza carente".
La seconda "È la ferocia e la violenza della nostra società. I social network sono lo specchio della mancanza di rispetto nei confronti delle altre persone, il continuo calpestare la dignità degli altri. È una questione che viaggia in parallelo con il diritto alla privacy: quando riguarda noi, lo difendiamo con le unghie e con i denti. Quando riguarda gli altri...".