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Messaggi - daniele22

#1471
Tematiche Spirituali / Re:La via di liberazione
09 Febbraio 2022, 17:32:01 PM
Citazione di: niko il 09 Febbraio 2022, 10:59:49 AM

Per liberarsi da tutte e due bisognerebbe avere la forza di affermare che passato e futuro sono uguali, valutativamente uguali a prescindete dalle loro differenze apparenti perche' entrambi oggetto della volonta' , l'uno nella sua immodificabilita' l'altro nella sua indeterminazione, (quindi la volonta' se non li conquista entrambi muore in entrambi, in uno come volonta' operativa e riflessiva, e' il passato, se lo vuole singolarmente la volonta' non puo' mai cambiare, nell'altro come volonta' di oggetto, ed e' il futuro, se lo vuole singolarmente la volonta' non puo' mai volere) insomma volere l'eterno ritorno, e non volere il passato e il futuro definitivamente differenti, come due luoghi definitivi uno della realta' e l'altro del desiderio, in cui collocare in uno un mondo e nell'altro un mondo dietro il mondo, in quanto termini di una differenza.
Anche se qualche passaggio non mi è chiarissimo mi sembra che siamo sulla stessa onda. Tanto per chiarire ti riporto il primo post che feci entrando nel forum il cui tema era la coscienza degli animali:
"Ho letto il problema posto da Socrate. Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto."
Certo si può cavillare sul termine "ragione", ma la sostanza è chiara e per me resta tale.
Ritoccherei pertanto la parte del tuo pensiero sostituendo "valutativamente" con "fenomenologicamente".
Pertanto l'unica oggettività del reale sta nel fenomeno. Nel fenomeno non si scorgono però i dettagli, ma solo la sua estensione spazio temporale. Assomiglia in questo un po' alla matematica

#1472
Tematiche Spirituali / Re:La via di liberazione
09 Febbraio 2022, 10:41:24 AM
Citazione di: iano il 09 Febbraio 2022, 02:10:10 AM
Citazione di: daniele22 il 08 Febbraio 2022, 09:40:18 AM
C'è una lancia però che io spezzo a favore della storia. Poiché sarebbe svelando il graal della conoscenza a livello filosofico che tu otterresti in un sol colpo quello che desideri dalla scienza di domani
Questa smania di liberazione è una cosa tutta umana, che accomuna l'uomo di oggi a quello di ieri, e presumibilmente a quello di domani, ma solo finché restiamo dentro orizzonti spaziali   e temporali limitati.
Infatti se andiamo abbastanza indietro nel passato non c'è alcun uomo, e presumibilmente lo stesso avverrà andando nel futuro.
Possiamo dire umanità un insieme di esseri viventi limitato in uno spazio presente , e in un limitato arco temporale. La natura dell'uomo sta dentro questo limiti spaziali e temporali convenzionali.
Quindi per capire meglio dovremmo aggiungere al passato presente e futuro gli archi di tempo limitati.
Chiamiamolo tempo presente allargato in cui si possa definire e rilevare una umanità.
Allargando  ancora di più l'orizzonte spaziale e temporale io non vedo insiemi di esseri viventi cui si possa dare per distinguerli ancora un nome con precisione, e non vedo cosa nominabile  di cui la natura non si libererà come si è già liberata.
Quindi Daniele, dove facciamo iniziare la storia passata andando alla ricerca del sacro graal?
Di cosa ci possiamo veramente liberare se non di noi stessi agevolando la natura nel suo lavoro?
La filosofia conduce alla conoscenza di se stessi, cioè a vedere a un certo momento, come se in quel momento iniziasse la storia, quello che abbiamo avuto sempre sotto il naso.
Così ad un certo punto arriviamo alla conoscenza delle leggi naturali, applicandole, cioè a fare quello che facevamo prima,  senza conoscerle, indistinti senza ancora un nome, confusi in un contesto naturale.


Immagino tu voglia dunque iniziare dal momento in cui il verbo si fece uomo.
Dai tempi in cui iniziò la conoscenza, e che ancora durano, e che tu vorresti acchiappare in un sol colpo.


La mia liberazione iano l'ho raggiunta già da mo'. Ora, con spirito egoistico altruista, vorrei mettere in luce il metro di Protagora. Non sono interessato ai distinguo tra mammiferi ed altre specie, famiglie, ordini, sottordini, philum e tutta la congerie della classificazione tassonomica. Non sono più che altro interessato, senza farne quindi una manìa, a questo mondo di merda, ci sguazzo benissimo. Solo mi infastidiscono assai le persone che vorrebbero una società migliore, rendendosi evidentemente conto di dove vivono, e che tirano indietro il culo di fronte ad un dialogo. Non è concesso di offendere le persone, ma lo farei volentieri di buon grado. Tanta bieca ignoranza merita solo indignazione e insulti
#1473
Citazione di: InVerno il 09 Febbraio 2022, 06:48:13 AM
Il comportamento genera linguaggio se lo intendi come la lingua, il mezzo stesso, ma non come funzione. Io ho sempre sofferto di forme abbastanza croniche di emicrania, dovute al fatto che i miei seni paranasali tendono ad ostruirsi facilmente, tuttavia nella mia famiglia nessuno soffre di emicrania, e fino ad una certa età non ho mai sentito qualcuno lamentarsi del "mal di testa", il mal di testa lo sentivo lo stesso, ma non avevo gli strumenti per scinderlo ed identificarlo, era parte non scissa della mia cognizione del mondo, coadiuvato dalla sua natura quasi cronica. Una volta che ne sono stato cosciente, ho cercato di contrastarlo, prestando maggiore attenzione alla salute delle mie vie nasali. Però non va confusa la capacità intellettiva della lingua, dalle regole e i modi in cui opera. Per esempio il passaggio dal termine colloquiale "mal di testa" al termine più medicalmente appropriato "emicrania" non penso abbia generato alcunchè cognitivamente, se non che comunicativamente posso accedere ad un corpus di informazioni specialistico ed essere maggiormente accettato e compreso nella cerchia di chi lo adopera, oltre che sembrare più colto. Vantaggi sociali e comunicativi che sono anche quelli da aspettarsi per chi volesse adottare la swha. Una sorta di cilicio linguistico, dove l'utilizzatore si frusta foneticamente per ricordarsi di quanto è umano e di quanto è bello davanti al signore.
Ma si tratta di un adozione volontaria per entrare nel circolo dei virtuosi, o è la proposta di un imposizione? La costituzione tutela la libertà di espressione, e penso che lo faccia in senso assoluto, prima ancora di domandarsi se la modalità dell'espressione possa alterare il comportamento, ma se così fosse, si tratterebbe di un infringimento ancora più profondo di quel diritto costituzionalmente accordato perchè abbraccerebbe l'espressione nella sua totalità. Dicono che la penna ne ferisca più della spada, ma è una balla, la spada ti ferisce sempre e comunque, l'unico che invece può determinare se è stato offeso dalla penna, è chi offeso si sente, e stando a sentire certa gente ogni parola è un pugnale.


Complimenti per il fruttuoso esempio che hai portato e al quale non mi ero rivolto. Fatalità si tratta di una conoscenza che tu hai acquisito dalla tua esperenza personale. Pensa che al figlio di un mio amico è capitata la stessa cosa con la vista. Praticamente non se ne sono accorti i genitori, non se n'è accorto il pediatra (un po' grave), se n'è accorto suo nonno cacciatore quando voleva insegnargli a sparare col fucile. Si è accorto cioè che quando gli diceva di puntare il bersaglio col mirino, il bambino gli diceva che non lo vedeva. Non era proprio orbo da un occhio, ma poco ci mancava.
Quando ancora qualche anno fa mi resi conto in modo perfetto di come funzionava l'essere umano ho puntato subito al fatto che il nostro parlare corrispondesse ad un'abitudine, ovvero come dici tu che il comportamento genera linguaggio se lo intendi come lingua.
Praticamente, nel tuo caso, hai acquisito consapevolezza tramite l'ignoranza dei tuoi genitori. Ma l'ignoranza dei tuoi genitori non era ignoranza pura, bensì un'ignoranza rispetto a te.
Allora dico che c'è un intervallo di tempo tra l'allineamento delle tue consapevolezze con le consapevolezze degli altri che io definirei come un intervallo di incubazione della nuova consapevolezza. A mio giudizio questo intervallo, che può durare da un istante finanche alla fine della nostra vita, accadrebbe pure nel nostro organismo quando venga a contatto con un virus. Questo apre ad altri discorsi, ma l'ho messo apposta come un memento.
Non so invece se tu hai letto i post che ho fatto sulla mia esperienza della follìa, ma anche quella mia esperienza ha seguito in seguito gli stessi canoni. Cioè io ho consapevolizzato, dopo un bel po' di tempo (incubazione), la mia conoscenza esperendola dall'ignoranza degli altri. All'epoca in cui vissi l'esperienza poteva sicuramente andarmi peggio e finire nel baratro dell'ossessione, ma evidentemente, forse, la mia follìa non era stata generata da un'ossessione di carattere strettamente personale, bensì da una più blanda ossessione rivolta al mondo del lavoro che io non comprendevo, nel senso proprio che non lo concepivo, e nel quale non mi divertivo nemmeno un po' se non per quelle poche cose che devi apprendere quando ti poni a far qualcosa di nuovo e per il fatto che eri a contatto anche con persone piacevoli.
Quel che penso infine è che questa incubazione sia accaduta anche all'essere umano nel suo transito da scimmia antropomorfa a homo sapiens. E' interessante evidenziare in merito a ciò due espressioni della cultura ebraica e della cultura dell'islam. Gli ebrei dicono che si sono dimenticati il nome di Dio e gli arabi dicono di "non dimenticare il ricordo di Dio". Se per gli ebrei Dio è la parola, per gli islamici Dio è la scrittura (il corano stesso)
#1474
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Decadenza
08 Febbraio 2022, 22:57:52 PM
Citazione di: bobmax il 08 Febbraio 2022, 18:33:24 PM

.... il benessere di per se stesso non implica l'indifferenza verso il giusto e il vero.

L'indifferenza, come da mio commento precedente, deriva dal nichilismo.
Il quale si sviluppa più agevolmente quando c'è la pancia piena e nessun valore.

Se la pancia è vuota, il valore è riempirla, sia la propria sia di chi si ama. Non vi è indifferenza.

Indifferenza non significa accettazione, tutt'altro. È invece una reazione cinica al non senso della vita.



Hai perfettamente ragione vecchio bob, però dovrai pur mettere in dubbio il fatto che non sia possibile che non vi sia più alcun valore. Forse sarà che vivo in un paesotto di ventimila anime, ma non mi sembra che i miei concittadini si comportino come se non vi fosse più alcun valore ... saranno magari degli ipocriti, degli inebetiti, ma non hanno ancora perso il senso delle misure. Certo è che se quel che gli si propone è il comunismo, o le buone pratiche ti ridono in faccia e con piena ragione. Meglio allora il pensiero liberale nella speranza che con qualche colpo di fortuna riesca a tenere in piedi la baracca, magari con qualche uomo forte al comando
#1475
Citazione di: daniele22 il 08 Febbraio 2022, 14:16:12 PM
Citazione di: InVerno il 08 Febbraio 2022, 13:04:50 PM
Vanno secondo me riconosciute due funzioni del linguaggio, una cognitiva e l'altra comunicativa, sarebbe anche interessante capire quale sia subordinata all'altra e dove effettivamente divergano ma... La prima può avvenire anche in maniera non verbale, anzi per la maggior parte  avviene in maniera non codificata, solo una minima parte di essa "affiora" al livello verbale, prima sottoforma di monologo interiore, poi di comunicazione. Ma a quali regole rispondono? Per come la vedo io, l'evidenza è che la funzione cognitiva del linguaggio risponde a quella che viene chiamata generalmente "grammatica universale", mentre la funzione comunicativa risponde ad un set subordinato di regole codificate in termini sociali (nazioni). Per dirla spicciola, pensiamo tutti praticamente all'interno degli stessi limiti, ma comunichiamo in maniera diversa. La sedimentazione grammaticale che si propone di alterare, risponde al dominio comunicativo, non cognitivo, tuttavia chi propone di alterare la lingua promette vantaggi cognitivi, cioè di "pensare diversamente" la donna, il trans, o chi altro fornendo spazi lessicali. Metaforicamente, per come la vedo io, è come uno che butta giù la tramezza tra il bagno e la cucina ed è convinto di avere un appartamento più grande. Certo l'open space fornisce l'illusione prospettica di vivere uno spazio più ampio, ma quando poi i fetori del cesso arrivano in sala da pranzo forse sarà costretto a rivalutare ..
Questo ovviamente non intende negare che anche alterare il modo in cui le persone comunicano non abbia un suo valore, anzi forse è l'unico valore, provocatoriamente si potrebbe dire che l'atto in sè di cambiare forzosamente la grammatica per farla aderire a certe idee è già un simbolo, una dimostrazione, di voler generare un cambiamento, anche se il cambiamento in sè non porterà a granchè di concreto, una sorta di profezia autoavverante, un ragionamento circolare.. così come in fondo è l'ipotesi di S/W.


Ovvio che io intendo superare l'ipotesi S/W proponendo che sia il comportamento a generare il linguaggio. Dire ciò significa sostenere la natura emotiva del linguaggio. Dire ciò significa dire che quel che molti pretendono di dire in tema che sia la lingua a determinare il pensiero costituisca di fatto nel mondo dei nostri discorsi l'emergenza di qualche apparenza sdrucciolevole in cui viene tenuta ancora in piedi detta ipotesi basandosi appunto su qualche indizio che ancora la regge.
Naturalmente io risolverei la domanda che pongo al termine del post precedente, ma preferirei che lo faceste Voi. Tutto ciò spiegherebbe infine il fatto che mi porterebbe a divergere dalla tua posizione in cui tu reputi che la soluzione del problema non porterebbe ad un granché. Qui non si tratta di forzare la grammatica intesa come un grosso dissesto che ci obblighi a chissà quali cambiamenti nei nostri comportamenti anche linguistici. In senso gattopardesco, si tratta di cambiare praticamente nulla perché tutto cambi


E la risposta arriva dalla tua considerazione che riporto:
".... La prima può avvenire anche in maniera non verbale, anzi per la maggior parte  avviene in maniera non codificata, solo una minima parte di essa "affiora" al livello verbale, prima sottoforma di monologo interiore, poi di comunicazione."
#1476
Citazione di: InVerno il 08 Febbraio 2022, 13:04:50 PM
Vanno secondo me riconosciute due funzioni del linguaggio, una cognitiva e l'altra comunicativa, sarebbe anche interessante capire quale sia subordinata all'altra e dove effettivamente divergano ma... La prima può avvenire anche in maniera non verbale, anzi per la maggior parte  avviene in maniera non codificata, solo una minima parte di essa "affiora" al livello verbale, prima sottoforma di monologo interiore, poi di comunicazione. Ma a quali regole rispondono? Per come la vedo io, l'evidenza è che la funzione cognitiva del linguaggio risponde a quella che viene chiamata generalmente "grammatica universale", mentre la funzione comunicativa risponde ad un set subordinato di regole codificate in termini sociali (nazioni). Per dirla spicciola, pensiamo tutti praticamente all'interno degli stessi limiti, ma comunichiamo in maniera diversa. La sedimentazione grammaticale che si propone di alterare, risponde al dominio comunicativo, non cognitivo, tuttavia chi propone di alterare la lingua promette vantaggi cognitivi, cioè di "pensare diversamente" la donna, il trans, o chi altro fornendo spazi lessicali. Metaforicamente, per come la vedo io, è come uno che butta giù la tramezza tra il bagno e la cucina ed è convinto di avere un appartamento più grande. Certo l'open space fornisce l'illusione prospettica di vivere uno spazio più ampio, ma quando poi i fetori del cesso arrivano in sala da pranzo forse sarà costretto a rivalutare ..
Questo ovviamente non intende negare che anche alterare il modo in cui le persone comunicano non abbia un suo valore, anzi forse è l'unico valore, provocatoriamente si potrebbe dire che l'atto in sè di cambiare forzosamente la grammatica per farla aderire a certe idee è già un simbolo, una dimostrazione, di voler generare un cambiamento, anche se il cambiamento in sè non porterà a granchè di concreto, una sorta di profezia autoavverante, un ragionamento circolare.. così come in fondo è l'ipotesi di S/W.


Ovvio che io intendo superare l'ipotesi S/W proponendo che sia il comportamento a generare il linguaggio. Dire ciò significa sostenere la natura emotiva del linguaggio. Dire ciò significa dire che quel che molti pretendono di dire in tema che sia la lingua a determinare il pensiero costituisca di fatto nel mondo dei nostri discorsi l'emergenza di qualche apparenza sdrucciolevole in cui viene tenuta ancora in piedi detta ipotesi basandosi appunto su qualche indizio che ancora la regge.
Naturalmente io risolverei la domanda che pongo al termine del post precedente, ma preferirei che lo faceste Voi. Tutto ciò spiegherebbe infine il fatto che mi porterebbe a divergere dalla tua posizione in cui tu reputi che la soluzione del problema non porterebbe ad un granché. Qui non si tratta di forzare la grammatica intesa come un grosso dissesto che ci obblighi a chissà quali cambiamenti nei nostri comportamenti anche linguistici. In senso gattopardesco, si tratta di cambiare praticamente nulla perché tutto cambi
#1477
Premettendo sempre la mia paradossale ignoranza, così come la fotografò giustamente Ipazia in tempi remoti, mi chiedo se la mancata elezione della Belloni, non possa essere invece messa in relazione alla politica estera. Cioè, cosa intende dire Re-enzi quando sostiene che Riad è il luogo del nuovo rinascimento? Quindi chiedo. Cosa ne avrebbero pensato Russia e Stati Uniti della nuova presidentessa italiana? Naturalmente tutto questo avrebbe anche a che fare con la crisi dell'Ucraina. Penso infatti che l'Italia, per ragioni storiche che partono fatalità proprio dalla guerra di Crimea, sarebbe l'interlocutore perfetto per mediare con Putin e Ucraina la soluzione della crisi
#1478
Tematiche Spirituali / Re:La via di liberazione
08 Febbraio 2022, 09:40:18 AM
Citazione di: niko il 04 Febbraio 2022, 12:54:42 PM
Citazione di: ricercatore il 01 Febbraio 2022, 11:11:57 AM
Citazione di: bobmax il 01 Febbraio 2022, 10:28:49 AM
Niente è inutile.

Nemmeno la sofferenza.
Neppure l'orrore più assurdo.

Supporre che nella vita vi sia qualcosa di inutile, che potrebbe cioè non esserci perché senza scopo, rende vana la ricerca spirituale.

"inutile" è la parola che viene da usare dopo che capisci (o credi di aver capito) determinate cose.
ma, effettivamente non è inutile, forse l'opposto: è stato "utile" per farmi capire, "utile" per farmi rendere conto, "utile" per spingermi al cambiamento.


La sofferenza non serve solo di lezione per imparare a non soffrire piu' o a soffrire di meno, e' anche cio' che fa apprezzare il bene e la gioia in quanto suoi opposti complementari ineliminabili, come ogni estremita' destra di qualcosa ha sempre un'estremita' sinistra: senza possibilita' di soffrire non ci sarebbe nemmeno felicita', o meglio non ci sarebbe piu' quella consapevolezza di essere felici che rende piena la felicita', conspevolezza che si acquisisce solo avendo sofferto.

Quindi e' vero che la sofferenza passata e' irreversibile a causa dell'inaccessibilita' del passato alla tecnica e alla volonta' di trasformazione dell'oggetto in generale, ma e' anche vero che l'uomo, se potesse, ben volentieri "translerebbe" tutta la possibile sofferenza del suo mondo nel passato, al ben condivisibile scopo di non averne piu' nel presente e nel futuro.
Dunque la sofferenza irreversibile perche' passata e' anche la sofferenza collocata nella dimensione temporale in cui l'uomo, potendo scegliere, collocherebbe la sua sofferenza, paradossalmente proprio al fine di renderla reversibile.

Questo e' un possibile modo di vedere la liberazione, insomma il desiderio umano di "raggiungere" il paradiso, nell'utopia storica o nel dopo-morte, e' il desiderio di una perennita' di gioia da un certo punto in poi e non di un'eternita' temporale di gioia, quindi e' gia' un modo piu' realistico e piu' "accettante" da parte dell'uomo di fare i conti con la propria sofferenza, rispetto al sottostante, e per certi versi  alternativo, desiderio "brutale" di volerla eliminare del tutto, anche dal passato e quindi dalla memoria.

Insomma, voler essere "senza memoria di sofferenza", in un'eterna primavera, e quindi in condizioni di godere di una gioia concepibile pienamente come eterna e non solo come perenne, oppure voler essere  portatori di una "memoria della sofferenza" che pero' non infici e non rovini la gioia, voler essere in un'estate della liberazione, sono due atteggiamenti psicologici solo apparentemente simili, ma in realta' sottilmente differenti.

E nel passaggio tra l'uno e l'altro di questi atteggiamenti si consuma il passaggio da un pensiero della decadenza, in cui proprio perche' il male e' posto come esistente e irreversibile, di logica conseguenza,  il passato e' visto come migliore del futuro, a un pensiero dell'eskaton e delle cose ultime, in cui il futuro e' posto come migliore del passato, perche', proprio nell'irreversibilita' temporale del male si  vuole vedere la possibilita' del suo tramonto e della sua irriproducibilita', la sua possibilita' di essere un punto, o meglio un tratto, esteso ma finito, divisivo del tempo stesso.

L'iperuranio platonico e' un modo dietro il mondo teoricamente eterno, ma di fatto collocato nel passato, perche' comunica con il presente tramite la reminiscenza e tramite una dinamica di memoria e oblio, induce chi crede in esso a credere che il passato sia migliore del presente e che un futuro desiderabile coincida con un ritorno al passato, soprattutto come dimensione temporale del teoreticamente contemplabile e quindi del noto; il paradiso cristiano e' anche, e' un mondo dietro il mondo teoricamente eterno, ma di fatto collocato nel futuro, quantomeno perche' e' concepito per essere un luogo di gioia perenne e non di gioia eterna, non esclude a priori la memoria del male, realizza il bene come possibilita' della liberta', e quindi concede al concetto di un "futuro desiderabile" quel briciolo di indeterminatezza che consente ancora di identificarlo come un "vero" futuro.

Per concludere, anche se non si ammette che la sofferenza sia utile in quanto costitutiva del desiderio del bene, rimane il fatto che essa e' costitutiva del desiderio del divenire: chi soffre vuole liberarsi dalla sua sofferenza ad ogni costo e con ogni mezzo, e spesso anche, in un mondo competitivo,  a scapito degli altri, ovvero se pure nella sua sofferenza chi soffre non invoca il bene come possibilita' etica o esistenziale, comunque invoca il divenire in quanto tale e il flusso del tempo come non ripetizione dell'identico.

Quindi la sofferenza, rispetto alla domanda sulla sua utilita' o meno, puo' essere vista sostanzialmente in tre modi:

da una prospettiva di Intellettualismo etico come cio' che non serve a niente se non, al limite, di lezione, per evitarla in futuro, come cio' che, semplicemente, insegna qualcosa a caro prezzo.

da una prospettiva piu' stoica come cio' che fa desiderare e concepire razionalmente il bene e ne e' contraltare necessario, insomma come una possibile memoria storica e una possibile consapevolezza non agente, e quindi non colpevole, del male,

E infine, da una prospettiva evoluzionistico-nichilista come cio' che fa desiderare, se non il bene morale, quantomeno sicuramente il divenire, la fortuna e l'aguzzarsi dell'ingegno del vivente  in quanto tale, la non fissazione su un impossibile desiderio di staticita' e conservazione, che e' consona alla totalita' e al ritmo di un mondo diveniente.


Ciao niko, non so quanto giovane sei, ma se tu non fossi giovane saresti un volgare mentitore. L'ultima volta che ci siamo parlati, ti avevo dipinto come uno scientista, ma è evidente che sei invece uno scientista umanista. Ti ricordo pure che quando ti ho invitato a rispondere alla domanda che ponevo nel post nr.31 (tematiche filosofiche-La verità questa sconosciuta etc."), tu hai in realtà risposto solo al mio post scriptum. Resta quindi in sospeso la domanda filosofica. Naturalmente si può continuare pure da questo punto in cui ci troviamo ora.
Tutto il tuo discorso porta avanti la tua mentalità scientista, la quale non offrirebbe una via di liberazione tramite il passato, bensì ne offrirebbe una potenziale rivolgendosi al futuro.
Bisogna quindi vedere chi (e qui mi riferisco al fatto che sei giovane) gestirebbe le informazioni che ci hanno portato alla potenziale grande conquista della scienza.
C'è una lancia però che io spezzo a favore della storia. Poiché sarebbe svelando il graal della conoscenza a livello filosofico che tu otterresti in un sol colpo quello che desideri dalla scienza di domani
#1479
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
07 Febbraio 2022, 23:37:16 PM
Citazione di: paolo il 07 Febbraio 2022, 05:59:14 AM
Tanto per dire:  Caso , Necessità e Causa sono oggetti o insiemi di oggetti?   Se sono da considerarsi insiemi, quali sono i loro elementi ( oggetti )?  E' lecito assegnare agli insiemi e agli oggetti lo stesso grado di "realtà" (Ipostasi).  Mi spiego: ciascun essere umano soffre e fa la pipì,  L'Umanità non soffre e non fa la pipì.  Se diciamo che Daniele22  "esiste",   L'Umanità  "esiste" in ugual misura?
Grazie paolo per avermi inserito tra gli esistenti, almeno in questo schermo che ci appare.
Prima risposta: sono oggetti
Terza risposta: se il punto di domanda è posto dopo la parola ipostasi, sì
Però è una realtà linguistica, nel senso che non tiene conto dei gravami o leggerezze del mondo della vita.
Se daniele22 esiste, esiste come espressione linguistica, non come l'individuo che sta scrivendo ora, e l'umanità esiste solo come espressione linguistica, non cioè come l'umanità che sta scrivendo ora
#1480
Citazione di: InVerno il 07 Febbraio 2022, 19:27:25 PM
Per quanto l'ipotesi di Sapir-Whorf possa sembrare intuitivamente corretta, e per quanto anche a me piacerebbe esistessero più argomenti per poterla sostenere concretamente perchè è indubbiamente affascinante, la mia esperienza è che sostenere tale ipotesi è anche la via  più veloce per essere derisi in campo linguistico. Perlomeno per quanto attiene la versione "forte" della teoria, deterministica, la versione "debole" , relativistica, sembra incontrare maggior riscontro. E con buona ragione probabilmente, gli sforzi di dimostrare tale ipotesi non sono stati  pochi, eppure i risultati che ne sono conseguiti sono, che io sappia, "dibattibili" nel migliore dei casi, un dibattito che verte principalmente su quanto sono stati condotti in maniera approssimativa gli studi. Pinker ha affrontato la questione in maniera penso esaustiva, addirittura vagliando  una decina di versione diverse. Bisogna tenere in conto che le conseguenze ipotetiche sono piuttosto estese e "drammatiche" , per esempio ammettere che non esiste possibilità di traduzione tra due lingue, o accettare che una persona bilingue è praticamente "bipolare", e altre ancora. Tuttavia è anche la prerogativa che sta dietro a ipotesi che propongono di cambiare individui e società attraverso la lingua, e "stranamente" non  mi pare incontrino il favore dei linguisti (vedi parere Crusca). Migliorare la condizione delle donne rendendo femminili alcuni sostantivi è un isteria, non è così che funzionano i generi linguistici, o la lingua se è per quello. Sarebbe come voler cambiare gli aggettivi possessivi perchè ci sono persone che dicono "la mia città" senza prima aver comprato tutti gli edifici..perchè sono gli stessi che pensano che quando si dice "la mia donna" si intenda un rapporto subalterno, quasi di proprietà.. Evidentemente il fatto che grammaticalmente si parla di aggettivi "possessivi" non intende esclusivamente una relazione di possesso, è solo una casistica specifica. La stessa cosa accade coi generi, può capitare che il maschile intenda un individuo femminile e viceversa, il contesto poi farà da padrone. La repubblica è già femminile, come mai non ci sono più donne a fare la presidenta di qualcosa che evidentemente (?) appartiene alla sfera del femmineo, e già che ci siamo, chiamiamolo MattarellO perchè è maschio? E' davvero migliorata la vita degli spazzini, da quando si chiamano operatori ecologici? Chiedere ai diretti interessati...



Un giorno nel lontano 2000 un mio amico mi chiese se secondo me le parole fossero frutto di una convenzione.
E' un punto importante questo.
Quando incontrai Sapir-Whorf (linguaggio pensiero realtà – Boringhieri 1970) fui in un certo senso colpito nel primo capitolo che trattava della domanda che B.Lee Whorf poneva ad un tal doctor English sulla connessione tra idee. Proseguii un po' e come sempre mi accade lo tralasciai, però ho conservato il testo. Poi l'ho rivisto in libreria anche di recente sotto nuova foggia e contenuti.
Di Pinker ho scorso un po' "l'istinto del linguaggio" mi sembra, ma l'ho rigettato subito, non perché io rigetti l'idea del linguaggio come istinto, ma perché era poco convincente sul concetto di significato, da lui allocato in parte sulla nostra mente e in parte fuori. Proponeva l'esempio di Venere come "stella del mattino" e "stella della sera", ma non era molto convincente.
Bisogna inoltre dire che Noam Chomsky, per imporsi con la sua grammatica generativa, abbia posto una specie di veto espresso dall'idea che bisognava smetterla col dedicarsi all'ipotetica origine del linguaggio se si voleva fare della linguistica una disciplina.
Infine Edelmann "Più grande del cielo" Einaudi: un biologo nobel per la medicina, direttore di un istituto di neuroscienze non so dove, in cui parla della coscienza come di un epifenomeno. Tra tutti mi è parso il più convincente, anche se il testo non è proprio facilissimo. Lui sostiene che la coscienza non è causale, che è una espressione di non facile comprensione, soprattutto perché a valle di questo concetto ("la coscienza non è causale") si esprime dicendo che "non esistono fantasmi". Naturalmente mi sono poi stufato e non ho approfondito più di tanto. Comunque un paio di cose le ho trattenute. Secondo lui gran parte della nostra vita è determinata dai primi momenti della formazione del tubo neurale. Un altro concetto interessante era che per far emergere una coscienza di ordine superiore fosse necessaria una massa critica di informazioni condivise.
La mia idea infine sarebbe che sia il comportamento a determinare il linguaggio, rendendomi benissimo conto dell'evidenza che noi ci comportiamo assecondando il nostro linguaggio e il nostro pensiero, o almeno tentiamo di farlo


@Jacopus. Non conoscevo il proverbio ebraico. Degno di nota
#1481
Tematiche Filosofiche / Re:Caso e necessità.
07 Febbraio 2022, 09:38:15 AM
Citazione di: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:30:32 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.



Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?


Un albero può dare ombra, può dare il fuoco, può dare frutti, può dare la sua bellezza, può dare un riparo, e noi tutti attribuiamo all'albero tutte quelle peculiarità che ne fanno emergere un sostantivo condivisibile. Ma chi è che decide di tagliarlo per costruire al suo posto una pista da sci? Jacopus ha appena aperto un topic. Lo si guardi un po'

#1482
Attualità / DENUNCIA QUERELA CONTRO IL GOVERNO
07 Febbraio 2022, 09:15:16 AM
Ciao Gyta, quando ho aperto il primo link sul tuo post di apertura mi è uscito questo:

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Data: 2022-02-07T07:48:25Z


Ti espongo ora quel che io ho postato nel topic "Verità ... quante morti in tuo nome":

Essendo intervenute le forze gravitazionali di un certo languore allo stomaco ho interrotto le comunicazioni che invece avrei dovuto continuare. Proseguo quindi. In questi sei mesi della mia vita si assiste alla fenomenologia della menzogna.
1) Partenza. Prima della prima dose la mia ragione e il mio comportamento erano allineati. No al vaccino.
2) Intervento di una realtà che mi induce al vaccino. Ricevo la prima dose e la seconda dose volontariamente.
3) Ingresso nel mondo della falsità. Il comportamento ha falsato la ragione.
4) Vi è d'ora innanzi disallineamento tra ragione e comportamento.
5) Intervento nella mia realtà dell'obbligo vaccinale.
6) Ininfluente, se non per quel che riguarda la famosa autorizzazione.
7) Partenza per ottenere la terza dose a tutti i costi (in senso machiavellico).
8) Lettura del foglio da firmare. A parte che già lo sapevo, la vista ha confermato che ero di fronte ad una pretesa illogica.
9) Rimostranze da parte mia ed ottenimento di una ragione mentale.
10) A questo punto loro entrano in possesso della mia consapevolezza. Pertanto comprovando l'illogicità della richiesta entrano in un conflitto sull'azione da intraprendere.
11) Ribatto a quel punto che sono disposto a firmare solo cancellando la parola "autorizzo".
12) La dottoressa mi dice che non si può.
13) A questo punto della faccenda comincio a recitare.
14) La mia menzogna, si fonda su due cose. Primo, sulla falsità iniziale che mi aveva condotto a vaccinarmi per la prima volta, e secondo, sul fatto che il mio scopo in quell'istante era quello di ottenere la vaccinazione.
15) Per vedere la reazione faccio finta di prendere le mie cose e andar via, al che interviene l'infermiera che mi dice "Ma facendo così si ritrova il problema".
16) Mosso un po' da compassione per l'atteggiamento a mio vedere sincero, posi fine alla breve recita.
17) Sconfitto e vaccinato.
18) Colpo di scena finale ed ingresso nel mondo della menzogna.
19) Tutto si riallinea. Si ritorna al punto 1) dove la ragione è allineata al comportamento


Se io fossi andato dai carabinieri anziché farmi vaccinare, avrei denunciato che i medici mi avevano negato la somministrazione di un farmaco obbligatorio a fronte della pretesa di firmare un documento falso nella sua esposizione. E bada pure che io ero andato incontro a loro pretendendo di cancellare "autorizzo", mentre in realtà non avrei nemmeno dovuto sottoscrivere "acconsento". Se lo stato avesse voluto proteggere il cittadino e anche se stesso di fronte all'obbligo vaccinale imposto, doveva semplicemente fargli sottoscrivere che il vaccinando era consapevole che il suo medico avrebbe potuto dissuaderlo dal vaccinarsi per certificati motivi

#1483
Tematiche Filosofiche / Re:Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 21:30:32 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.


Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?
#1484
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 21:26:24 PM
Citazione di: iano il 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM
Se ripropongo questo argomento più volte da noi affrontato, è perché interagendo con Eutidemo riguardo la storia dell'asino di Buridano mi è venuta un idea che credo originale, e ve la illustro.


Si tratta di una definizione di caso diversa, ma equivalente a quella classica.
Ciò equivale a nient'altro che riguardare la stessa cosa da una prospettiva diversa, perché quando si cambia prospettiva a volte si vedono dettagli che dalla vecchia non ci apparivano.


Così propongo di sostituire la definizione di caso, di come ciò che avvenga senza una causa, come ciò che avviene per causa inconoscibile.
Ciò equivale a dire che nulla avvenga senza una causa e il caso deterministico si riduce a quello in cui vi è una causa potenzialmente conoscibile.


Sull'inconoscibilita',e in ciò la nuova prospettiva mi sembra interessante, possiamo fare due ipotesi diverse, una come inconoscibilita' assoluta, nel senso che nessun osservatore presente e futuro potrà' mai conoscere le cause, che pure si ipotizza sempre esista, l'altra come relativa agli osservatori presenti, ma non necessariamente ai futuri.


Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore.


Noto infatti che, seppure le vecchie teorie fisiche vengano superate dalle nuove grazie all'accumulo di nuovi dati dipendente  dall'evoluzione degli strumenti di misura, esistono però da sempre dati a disposizione dell'uomo che solo l'uomo moderno è riuscito ad elaborare in una teoria, e in particolare mi riferisco alla teoria dell'evoluzione di Darwin.
Una possibile spiegazione è che non stiamo parlando degli stessi uomini, ma di osservatori diversi, o, se si preferisce, appunto in evoluzione


L'argomento però non è l'evoluzione di Darwin, che è solo un esempio che ho provato a trarre dalla nuova definizione di caso.
L'argomento è ciò che voi vorrete provare a trarne..


Ciao Iano, questo è un paradosso molto semplice. Ti sei più volte appellato al fatto che una cosa non esiste di per se (io nego pure "la cosa per noi"). Se neghi la "cosa in se" come più o meno tutti qui dentro, come puoi porti dei dubbi sul fatto che possa esistere il caso in assoluto? Il caso non esiste e basta, il suo senso riguarda solo un aspetto pratico della nostra vita per distinguerlo dalla necessità
#1485
Tematiche Filosofiche / Re:Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 21:14:51 PM
Citazione di: paolo il 06 Febbraio 2022, 18:26:27 PM
Ciao .   Ringrazio tutti per l'attenzione che mi accordate: date una mano ad un poveraccio in crisi di autostima. La cosa potrà tornarvi utile in futuro, ma non prima di cent'anni , ovviamente.

A bobmax:
Caso75 e Necessità75 dovrebbero essere 0,5 ciascuno.
Dipende da come la si mette. Di fronte alla Prova33 si pensa intuitivamente, spontaneamente, al massimo di necessità e niente caso. L'opposto riguardo la Prova75. Il mio modo di calcolare mi consente di essere vicino al linguaggio corrente.
Ciò premesso, ritengo che tu con "Causa" intenda una forzatura che influisce sull'esito dei lanci.
Certamente. A tal proposito, ho utilizzato i termini Caso, Necessità, Causa per un rimando al linguaggio filosofico. Ciò però ci orienta verso i nostri "pregiudizi". Se avessi usato i termini Pinco, Palla e Vattelappesca  saremmo stati "vergini" di fronte al "fenomeno",  quindi meno soggetti ad errore.
Considerando .............. è altamente probabile.
Noi siamo filosofi, la probabilità non ci interessa, pretendiamo l'Assoluto!

A Nico.
Mi trovi in accordo con te quando affermi che ciascuna Prova è caratterizzata quantitativamente( 134 rossi, 866 neri) ma anche qualitativamente secondo l'ordine (nero, rosso, rosso, nero, ......... ). La caratterizzazione qualitativa è certamente più specifica e fine ma non credo ci possa aiutare nell'affrontare il "quibus". Se sbaglio, insisti.
Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere .......
Le parole Caso5, Necessità5   sono numeri riferiti ad una pluralità di eventi ( Prova5 ) e calcolati secondo procedura.  Il risultato di un qualunque singolo lancio della Prova5, astratto dal contesto, non da luogo ad alcun calcolo.
A Daniele22
Ciao Paolo e benvenuto.  Grazie.  Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare. Si vedrà.
Con "novellino" ho inteso la mia condizione nei confronti degli strumenti informatici. In quanto al pensare, ci provo. Con quali risultati, Si vedrà. 
Quindi la risposta è la "c".
Non capisco se è la tua risposta o quella che mi attribuisci.
La domanda diventa quindi: dopo quanti lanci..........
Ti rimando alla risposta a Nico.
Ad  Ispazia
Tutti i fenomeni hanno una loro causalità,  ma il loro intreccio diventa casuale
( I termini "casuale" e "causale" mi si intrecciano nella mente ed ogni volta mi tocca sbrogliarli. Che rottura! )
Se capisco bene, tu imputi la variabilità dei risultati alla pluralità dei fattori (Cause) comunque presenti.
Seguendo una prima vaga intuizione  direi che non è questo il punto. Provo a ragionare. 
Cesare affronta il nemico.  Sul campo di battaglia sono presenti due cause entrambe negative e la somma delle due, causa risultante, è negativa, Cesare perde e la Storia finisce lì.  Un unico risultato non da alcuna  variabilità, non c'è caso ne necessità, con il che, insieme alla Storia finisce ogni nostro discorso.
  Poniamo che , a nostra insaputa, Cesare faccia altri 999 tentativi. Se le due cause restano sempre quelle Cesare perde ogni volta.  Se invece i risultati variano evidentemente variano le cause, in numero, intensità e segno, varia la causa risultante ( + -> vittoria  ;  -  -> sconfitta). IL confine di decidibilità si è spostato dal campo di battaglia ad un luogo appena prima delle cause.
C'è forse un omino invisibile (causa antecedente ) che cambiando le cause determina la risultante e quindi la vittoria o la sconfitta?  Con il che torniamo al caso predente, per dirla come i matematici.
Cara Ispazia ,la conclusione, ora come ora, mi appare banale.
Sappi però che mi è costata due ore di "scervellamento"       ( forse la stanchezza ). Nel caso tu riuscissi a smontarmi il ragionamento prova a non farmi troppo male: carità cristiana, please .

A  Iano
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Perché pensavo che si potesse definire esperimento mentale un esperimento solo pensato che fosse realizzabile o meno.  In entrambi i casi non credo che i risultati possano essere tanto diversi.
Come che sia, caro Iano, non fare  il filosofo, non spaccarmi....... il capello in quattro!   ( Sono napoletano e quindi "obbligato", la gente se lo aspetta, a condire il discorso con qualche facezia. Tra persone di spirito non è un problema ).

A Viator
Mi limito quindi ad augurare a te di riuscire ad essere o diventare un vero e completo artista del pensiero.
Sono in là con gli anni, bisogna che mi dia una mossa.
Grazie del benvenuto e dell'augurio

A Baylham
Occhio, i truffatori sono sempre in agguato!.


E' la risposta che do io naturalmente. A caso non capita nulla