Citazione di: green demetr il 24 Maggio 2017, 11:52:28 AMNon è mia intenzione metterti spalle al muro, Green, semmai di incitarti.
risposte a Myfriend e Paul
Ciao MyFriend
cit MyFriend.
Si Peirce partendo da Saussure(padre invece della semiologia) e finendo con Umberto Eco.
Saussure per forza di cose. (è alla base di tutto lo strutturalismo francese degli anni 70 - 90)
Umberto Eco non penso, si è reso colpevole di una cosa ai miei danni che non posso dimenticare.
Ma a parte la componente autobiografica, non mi sembra che sia molto considerato dai miei autori, anzi alcuni lo criticano aspramente.
Invece quasi tutti indicano in Mauss l'uomo da cui ripartire. Non lo conoscono, e per ora i consigli rimangono a livello quasi sacerdotale. Vedremo.
cit MyFriend.
Già dire soggetto e pensarlo implica un sistema che gli sta dietro e sorregge il significato che esprime, quindi siamo già nello specialistico, già nel limite e nella gerarchia. Invece che soggetto possiamo parlare di essere se vogliamo togliere uno strato di "umanità", di costrutto logico. Le forme di controllo servono a capire non sono obbligatorie alla prospettiva pratica. Ed è vero non è facile, di sicuro bisogna passare dal nichilismo superandolo in una sorta di concezione zen. Nel fuggire un pericolo imminente non c'è una logica categorizzante ma un semplice rapporto di causa effetto e oltre quello non si va, non c'è verbo soggetto e complemento non c'è nemmeno un contesto a meno che non ti fermi a guardarlo. È nell'azione depensata che possiamo trovare una sorta di degerarchizzazione, ma se vuoi fermarti a esplorare devi per forza prendere in mano un microscopio, uno strumento, la logica che poi ci porta a una critica dello strumento, ma è soltanto la prospettiva che rende lo strumento tale e ci arrovelliamo sul perché abbia dei difetti anche se le cose sono oltre lo strumento. Ricordo una frase di Nietzsche a cui si torna sempre che diceva: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni", quindi cambiando interpretazione(che è il cardine di tutto) cambieranno anche i fatti che non saranno mai assoluti.
Grazie del contributo MyFriend.
Anche se mi sembra una critica, critica che si somma alle mie perplessità su una effettiva utilità del formale.
Andando indietro nel tempo però mi sembrava che avere in mente uno schema di relazione, foss'anco gerarchico, o di causa-effetto come suggerisci tu, avrebbe potuto essere utile.
Però voglio dire (ed hai ragione a dubitare) anche avere uno schemino di riferimento da ricordare, ho paura che non toglie, che la prospettiva usata, quella della causa prima, probabilmente, infici completamente su un effettivo controllo del metafisico.
Hai fatto bene a ricordarlo.
(Purtroppo proprio in questi giorni l'amico con cui lavoravo sul progetto si è dato per disperso. Boh, c'est la vie.)
C'è molto da pensare da parte mia, e questo caldo non aiuta affatto.
Ciao Paul![]()
Grazie ancora del contributo.
Effettivamente anche il tuo contributo mi sembra una critica, e anche più consapevole di quella di Myfriend.
Credevo che fosse una questione poco pensata, ma vedo proprio che è il contrario.
E' vero Paul, mi sembra che il formale non possa catturare in nessun modo il modo circostante.
Ed è vero anche il secondo punto che penso posso ridurre a quanto dice anche Myfriend o alla critica di Philip a Ceravolo.
Rendere il conoscitivo coerente, sposta completamente il punto alla causa prima, nel tuo caso il mentale, meglio il culturale. (ovviamente rimando alla tua attenta analisi in toto, non riesco a sintetizzarla meglio).
cit Paul
"Se la scienza indaga, ma non pensa, la metafisica pensa ,ma non indaga. Perchè la prima è troppo induttiva e la seconda è troppo deduttiva."
Molto immaginifica ed illuminante la metafora. Complimenti.
cit Paul
Il problema quindi non è la gerarchizzazione, ma una metafisica che deve rispondere alla pratica e non rendersi avulsa dalle prassi.
Una metafisica che non può essere distante dall'esistenza e quindi dalla pratica, prassi, pragmatica, e che quindi aiuti e trovi il rimedio alle problematiche del giorno dopo giorno che la vita, come orizzonte spazio/temporale, ci pone .
Sono d'accordo, ed allora mi ricollego a quanto pensavo ieri nella risposta sopra a Myfriend.
Il formale come sorta di mini-mappa, schemino, per avere una sorta di controparte, nel momento in cui si passa alle prassi.
Rimangono tutte le problematiche che avete brillantemente sollevato. Quello schemino rischia di essere una mera illusione.
Non so! era una intuizione di 3 anni fa, si è diluita nel tempo, e ne ho perso la dimensione.
C'entrava però con il mentale. Nel senso che l'analitica americana (se fatta come Dio comanda) si interessa a quello.
Ossia il problema mente-realtà con la nota divisione tra dualisti e monisti.
Io mi porrei decisamente come dualista.
ma la realtà del binomio mente-realtà, che si cala nella cornice (così detta) deve essere destrutturata, prima ancora che (ri) strutturata. Ossia deve aver presente in cosa consista il binomio mente-realtà (che come dici tu è frutto delle dinamiche continue tra deduzione e induzione, e qui Peirce ci arriva) in cosa consista la cornice (cultura, storia, paesaggio o natura come desideri).
E infine in cosa consita appunto la realtà, che sarebbe poi il punto d'arrivo. Ora avevo intuito che questa realtà è derivata, controllata dicevo nei post precedenti, ma forse semplicemente è di fatto la formalità stessa.
Perchè come realtà all'uomo è praticamente sconosciuta.
Messa così però mi sembra di creare una specie di aporia. Quali sono le chiavi di controllo, che mi permettono di agire su una realtà formale, e perciò stesso immaginaria??
Questa cosa era nata come una lontana intuizione, più che altro un esperimento, per vedere come le cose sarebbero pensate, applicando quel sistemino.
Con il mio (ex?) amico purtroppo già notavamo che la metafisica 2.0 era sempre una metafisica 1.0.
Quindi anche omettendo le critiche tue e di Myfriend, c'è qualcosa che non tornava.
Ed era sempre il problema del soggetto. Eravamo rimasti alla domanda ma allora cosa è l'uomo?
Certo è strano che molti intellettuali o primi venuti (come lo siamo noi) raggiungano come punto critico proprio quello.
Perchè "cosa è l'uomo?" si proietta all'interno della metafisica, e non fuori. La cosa è inquietante. Aporetica.
E io odio le aporie, con tutto me stesso. Non mollo amici miei. Mai (anche se per ora mi avete messo spalle al muro).
Grazie ancora per i bellissimi contributi.
Sei nella giusta problematizzazione di questo tempo,
Se dal punto di vista esistenziale la metafisca è elucubrazione del pensiero troppo lontana dalla mondanità del giorno dopo giorno, per cui comunemente oggi il filosfo è visto come un "cazzeggiatore", in realtà è il contrario.
E' il pensiero metafisco che ha permesso il dominio della pratica attraverso la logica formale che porta alla razionalità fino al calcolo.
Pensa oggi ad una fabbrica produttiva. tutti i processi sono standardizzati, il che significa che ogni cosa, ogni costante o variabile è calcolata ai fini di una produttività. Significa dominare i processi delle variabili e delle costanti per avere un risultato. Questo è la tecnica nella pratica, dominare gli enti metafisici, permeare la prassi Per questo la razionalità, la logica i primi matematici erano filosofi ed erano metafisici o pre (o trans) metafisici, .
L'attacco di Nietzhe ed Heidegger è proprio nella ricaduta della pratica di quella teoretica che voleva dominare il mondo, compreso il percettivo, il manifesto, fino ai comportamenti umani, alle scelte, alla libertà e così via. Togliere quella metafisica è stata vista come una forma di liberazione dei comportamenti: è poi vero? Lascio domande per riflettere........Perchè non dimentichiamo che questa è comunque una interpretazione, potrebbero essercene altre ,ad esempio Husserl diceva altro.
L'uomo occidentale quindi domina la natura, la tecnè domina la physis fino a piegarla ai propri scopi alterandola.Ma l'uomo è entrambi i domini è natura e cultura, è pratica e teoretica, è il fare e il pensare.
Oggi il mondo occidentale esporta ovunque la sua cultura di dominio soprattutto nella pratica economica, nel governo delle organizzazioni produttive che diventano riproduzione nelle organizzazioni socio-statali.Cìè ancora, come ho più volte ripetuto, molto di quella metafisica che vuole dominare gli enti, la realtà. Ma noi vediamo la pratica, non la cultura che gli sta innanzi da millenni e che l'ha introdotta.
Il problema dei pragmatici oggi è vederne le contraddizioni, ma non poterci fare nulla, perchè manca la metafisica che rimedi a quella greca, che riarmonizzi la physis e la tecnè, la natura e la cultura.Quindi la tua ipotesi di una metafisica che tu definisci non gerarchica ,probabilmente vorrebbe dire che non domini più la natura e l'uomo,che non lo condizioni talmente da immiserirlo, da mortificarlo,da condizionarne i significati esistenziali che si mostrano come patologie identitarie, ansie, paure di non dominare i problemi quotidiani, quell'imponderabile che la vita porta con sè, che non è calcolabile, che non è prevedibile,ma che è anche quel "sale" della vita.
Insomma provaci.............la vita è fatta di tentativi, in fondo è il progettarsi.

?

(anche agli altri fratellastri del forum) Ma certo, è esattamente quel che penso di male di Platone. Non è possibile cioè anteporre una etica pre-ordinante agli enti. Nietzche al contrario come molto elegantemente scrivi porta la metafisica dentro la vita. (ma a lui dedico il secondo capitolo). cap 1 heidegger (che diavolo è l'essere?) Heidegger che è un discepolo di Aristotele come giustamente ha fatto notare il nostro Franco Volpi, tenterebbe di sintetizzare le posizioni Aristoteliche con quelle Platoniche. E dunque l'ente diventa l'esistente, un esistente temporale (aristotele) il cui rapporto con l'essere coincide con il bene (platone). Ma l'ente non è subordinato come in Platone alla sua esistenza. Bensì si apre al mondo DA SEMPRE. Questa parolina va ben capita. E non la sento quasi mai in giro (tranne il prof. Di Martino, che ho frequentato a Milano). Ossia l'esistente (l'uomo in poche parole) è quell'ente che intende il suo essere nel tempo. Sostanzialmente come Di Martino ci ha fatto notare l'Heidegger di Essere e Tempo è in nuce lo stesso delle prime opere giovanili del bodense. Ossia un mix sapiente di Aristotele e Weber. L'elemento di novità che aggiunge è Agostino, lui lettore attento della filosofia medievale, e indeciso fino alla fine tra se diventare matematico - pastore o filosofo. Ma è proprio l'incontro con in 2 giganti della Chiesa a fare maturare il suo concetto di inautentico. (san tommaso è aristotele) Inautentico non è l'esistenziale, bensì lo iato che vi è tra Dio e l'ente. Ma questo autentico noi lo ritroviamo solo tramite il ripiegamento spirituale di un Agostino (qui mi fermo perchè su di lui non so praticamente niente). Io liquido la faccenda (in attesa di riprenderla in futuro) con la questione della mediazione fra ente ed essere, alias tramite il pensiero. Ma è proprio il pensiero che si apre sul mondo, che intende di essere mediazione, e quindi da sempre nel mondo. Ciò che è mediato non viene mai prima della mediazione. La mediazione è il pensiero stesso, dunque. Ma se la mediazione si apre su qualcosa, vuol dire che quel qualcosa c'era anche prima (da sempre). Come Garbino sta capendo, è molto vicino all'idea di essere di Aristotele. Solo che per aristotel quell'essere dell'ente, sostanzialmente coincide con l'esistente stesso. Ossia l'ente è l'Essere. Non così per Heidegger, che nota una cosa fondamentale, che la mediazione non avviene per identificazione dell'ente. Non esiste come un ente che sà di essere un ente. Bensì come domanda. La domanda è dunque cosa è l'ente? (domanda ontologica) Nella riflessione di Heidegger, è dunque la domanda che sostituisce l'essere aristotelico. In questo caso ci spostiamo di nuovo a Platone. Anche per Platone l'ente non è l'essere, ma è la domanda sull'essere. Il problema che cortocircuita in Platone è ovviamente che il Bene si declina in un ordine gerarchico, direi naturale aggiornando la terminologia ad oggi. Dove ogni ente, è portato a essere qualcosa, che da sempre era. (pensiamo ai deliri della epigenetica) Perciò il soldato è portato a essere naturalmente un soldato etc...etc... Fino al filosofo che deve essere il governatore del mondo (non è evidente il delirio? stiamo ancora qui a parlarne?) E oggi lo scienziato che deve essere il governatore del mondo.(le università sono già loro, come il discorso pubblico) Il punto è che per Platone non è l'ente a decidere del mondo, ma l'essere. Nella grande scuola medievale, invece l'essere non ha più i caratteri naturali, fisici, atomici dei greci, bensì formali. L'essere non è qualcosa, l'essere è ciò di cui più grande non può esservi. Ossia l'essere non è l'ente. (Certo sarebbe Platone con le giuste correzioni, appunto quelle formali, e di contenuto, stiamo parlando di Dio e non del bene, ma voglio dire il principio è lo stesso) Dunque vi deve essere un rapporto tra l'ente e l'essere, che nel cristianesimo illuminato (quello protestante) non può che arrivare a dire che l'ente intende l'essere per Grazia. In Heidger la grazia sparisce (scegli la filosofia e non la religone, ma secondo me anche se avesse scelto la religione non cadremmo troppo lontani dall'albero secondo me), e ci troviamo di colpo gettati nel mondo, incapaci di capire cosa sia il mondo che da sempre è. A questo punto non rimane che intendere il rapporto tra l'ente e il mondo (che da sempre è). Lo scopo umano è quello di ridurre il mondo all'essere. (la tecnica) ossia di ridurre l'essere all'ente. Il problema più radicale introdotto è che il mondo non è l'essere. (e risiamo a platone) Dunque per Heideger il compito dell'uomo è quello di intendere l'essere, che viene prima del mondo. (come per platone) L'allarme scatta quando heidegger legge nietzche, e la sua volontà di potenza. E capisce una cosa, che la volontà di potenza, è un motore, una forza insita nella tecnica stessa, ossia un errore metodologico. In cosa consiste questo errore? ma lo aveva già detto lui stesso in essere e tempo! Che l'ente domandante uomo, si dà nel mondo come riduzione del mondo. Ossia quell'ente che riduce gli altri enti a se. E' un ente fagocitante, che rischia di perdere il suo capo più importante, il fatto che quella darsi al mondo come riduzione del mondo è frutto del pensiero domandante. Ma se da un lato Heidegger non ricusa l'aspetto scientifico umano(la reductio ad unum), sconfessando qualsiasi esistenzialista che aveva frainteso (e continua a fraintendere). Dall'altro capisce che ha perso l'altro capo del suo essere domandante, da dove viene la domanda. La domanda uroborica Heidegeriana, è dunque sull'origine. Come può darsi il pensiero? (il pensiero originario NON è il pensiero destinale) (ossia DIO non è la TECNICA, la RAGIONE bla bla bla). Come può il pensiero che si domanda sugli enti e su se stesso come ente, intendere ciò che viene prima di esso. Perchè è chiaro che se l'uomo perde la misura, la capacità di dare senso alla sua reductio ad unum, la reductio ad unum prende il sopravvento sul pensiero stesso. L'allarme è dunque che il pensiero smette di riconoscersi tale (ossia si dimentica che è una domanda, e finisce per credere di essere quella reductio ad unum, che è destinale per l'umanità). Heidegger è dunque diventato famoso, perchè ha illuminato la guerra tra scienza e filosofia, dandone i giusti contorni.(quelli dello sviluppo stesso della storia della filosofia). La scienza non pensa. (Semplice e vero). Ma qeusto breve tour Heidegeriano (cosparso di note abissali che ne bloccano la lettura, nè più nè meno che come nietzche e in parte hegel) non ha ancora detto nulla delle tue notazione Paul. Perchè dico che Heidegger è un metafisico? E' semplice perchè lui ritiene che il pensiero "domanda dell'essere" sia ben definito. Senza aver ancora dato la definizione di quell'essere.(in cosa consiste? in una relazione dialettica, in un etica, in un ente speciale? almeno gli altri filosofi hanno provato a dirne qualcosa) E' dunque per forza di cosa una metafisica (terribilmente incompiuta, lasciata ai posteri che capiranno): io capisco benissimo. ma nondimeno è proprio il termine essere che mi irrita quando leggo heidegger, è troppo caricato di significati arcani, sconfina veramente in qualcosa di stregonesco. (non che non mi dispiaccia, ma poi non puoi tu heidegger spacciarlo per il discorso che viene dopo tutte le metafisiche, è troppo sporto sull'abisso, per poter credere di essere uscito dalla metafisica (posto che si possa, perchè io non credo che si possa uscire dal metafisico). cap 2 nietzche (e il suo diritto al futuro) ma veniamo a nietzche, heidegger pensa che nietche sia un metafisico perchè crede che la volontò di potenza sia qualcosa che va oltre l'immanenza, qualcosa di naturale bla bla bla... ma in nietche questa cosa nonostante marale e garbino insistano a dire il contrario, non avrebbe alcun senso! L'essere in nietzche scompare, perchè egli dice, perchè l'essere e non invece qualcos'altro. Anche per nietzche come per heideger, l'ente uomo, è un ente che domanda. Ma la domnanda trova compimento nello svelamento dell'ipocrisia di essere un ente. L'uomo non è un ente. Non ha categorie, non ha un prima, non ha un dopo. L'uomo è quello che viene a essere in base al suo domandarsi sul senso storico che egli viene a intraprendere. L'uomo è dunque storia. Ma non è l'uomo del cerchio, la sua storia non torna MAI a se stesso, il contrario, la storia sobbalza l'uomo fuori dal se stesso. Dimodochè noi siamo solo il qui, ora e presente, e un attimo dopo non siamo più. La storia, la narrazione che raccontiamo di noi stessi non può avere mai i caratteri di metafisica monumentale. l'uomo non è una relazione dialettica, l'uomo non è l'uomo etico, l'uomo meno che mai è un ente speciale. l'uomo è la storia dei suoi errori. E' l'errare stesso, in senso assoluto, è quindi relazione nella relatività assoluta. Relazione perchè domanda certo. Nietzche rifiuta la reductio ad unum, per questo si dici sia irriducibile ad alcuna definizione. Ma questa è una boiata assoluta. Nietzche definisce per "nome e cognome" in cosa consista la relazione all'interno della relatività assoluta. All'interno della relatività assoluta, rimane la domanda (non era poi cos' difficile, heidegger non è andato poi così lontanto dal vero) fra i domandanti. la relazione dei domandanti con la relatività assoluta, è la destinalità dell'uomo. I superuomini sono coloro che intendono l'amicizia, ossia che sono dei domandanti. E i domandanti sanno benissimo che di fronte a loro c'è il nichilismo. Ossia abbandonato qualsiasi reductio ad unum (che si risolverebbe nel cane che si mangia la coda, ossia nella ripetizione infinita di quello che vuole la tecnica (direbbe un heideger), in nietzche semplicemente la ripetizione ossessiva delle azioni che perdono di senso e di valore.(la greggia, l'animale, gli umani, i filosofi, la filosofia stessa) si tratta di attraversare il mare magnum del relativismo e scoprirsi amici nella traversata. la guerra è contro coloro che voglion tornare alle rive del nichilismo a colore, che non ce la fanno a stare nel relativismo assoluto. Ma come fare a stare nel relativismo assoluto, se non affidandosi ognuno all'altro? è quella la dimensione del guerriero. Il guerriero è colui che non si spaventa, che l'occaso sta arrivando, che sa salutare l'amico che lascia. Il guerriero è colui che non ha paura della morte, che rinuncia alla riva, perchè sa che può essere quello che deve essere. Sa di dover essere il guerriero, ma il guerriero non è l'individuo sciocco che affronta la tempesta, da solo. E' l'individuo che sa che per non aver paura deve esaltare la virtù guerriera del compagno. E' colui che non molla mai il compagno nella tempesta, è colui che piuttosto affonda insieme a lui nella tempesta. E' evidente che se noi spostiamo questo pensiero che vive sugli abissi (e nietzche descrive questi abissi, e per questo vado molto piano.) (sono abissi che ci rubano tutto, l'equilibri, la nostra vita monotona e senza valore) sulle rive del nichilismo. Bè nessuno lo farebbe per davvero, perchè poggia ancora i piedi per terra. E quando poggi i piedi per terra, beh poggi i piedi sul metafisico sul gerarchico, e nietzche te lo descrive, ci prende pungi in faccia. Che volgarità fraintendere quello che ha fatto il nazismo, il coraggio del singolo sull'abisso che tende la mano all'amico. Con il coraggio (coraggio???) di chi sta sulla terra e fa finta di porre la mano all'amico. Il dionisiaco viene spostato dalla terra all'abisso (come si fa a non capirlo subito?). quando sei sull'abisso e più niente torna (Ma quale eterno ritorno!) non rimane che il compagno del viaggio. E' una questione valoriale. Se vogliamo proprio è un etica, certo, ma non un etica metafisica (il dominio ariano? ma per favore!) è un etica del valore, del coraggio, dell'amico che ha deciso, sottolineo deciso di salpare dalla riva. E' colui che va contro la volontà di potenza.Creandone una opposta antigravitazionale. E' la volontò di potenza del falco, delle cime. Etc... Molti pensano sia poesia, ma è ridicolo, per cui è importante importantissimo capire i filosofi che vengone prima. Che spiegano cosa è l'essere cosa è l'ente cosa è l'intenzionalità cosa è l'ipocrisia (di chi rimane a terra). Nietzche non ha pazienza, è tormentato dalle forze gravitazionali, perchè lui la terra non l'ha mai abbandonata. Il dramma più terribile forse l'ha vissuto con Lou Salomè. Una donna che era coraggiosa, la donna più coraggiosa d'europa. Una donna che poteva librarsi come un falco, una donna che ha scelto la terra. Il pensiero di nietzche si è rotto per un attimo, la follia ha cominciato a entrare in lui. La follia è il pensiero paranoico, cosa sarebbe successo se mi avesse seguito, è questo il pensiero ossessivo che c'è dietro ogni singolo strale contro le donne. Si era aperto alla speranza per un attimo, poi è tornato a parlare con le ombre, con i superuomini che verranno. ha provato unico essere umano ad averlo fatto a salpare dentro il nichilismo.(DA SOLO! ed è questo che fa impazzire gli interpreti, che vogliono riportarlo a terra, paragonarlo ai nani di terra, riportarlo a parlare con loro, ipocriti e falsi). ma la terra, l'odiata terra lo ha risucchiato nell'occaso troppo presto per un verso e troppo tardi per l'altro. l'energia che scaturisce da quei testi, invoglierà sempre il giovane a provare. Finchè un giorno saranno degli amici a salpare, e forse andremo ancora più in là nel mare del nichilismo. (quanti nietzche potranno ancora nascere che lo faranno da soli. certo heidegger è uno dei pochi che ha provato, ma non credo sia andato oltre il maestro, mi sembra sia salpato con troppi ormeggi, ma lo saprò dire un giorno, quando avrò capito entrambi i maestri completamente, fin dove sono arrivati). Perchè è chiaro, se più niente ha valore, allora l'unico valore è il coraggio del singolo e o degli amici. Che vuoi Paul Nietzche mi sta accompagnando appena fuori dal pensiero gravitazionale. Capisco la direzione, capisco il terrore metafisico che si prova, ma una volta assaporata la vertigine delle cime, non ce la faccio proprio a rivoltargli le spalle (perchè bei miei vent'anni l'ho fatto). Sono pavido sì, ma cerco di superare la paranoia che vuole che sia pavido per sempre. Ora è chiaro perchè sono d'accordo con te? la metafisica nicciana, è una metafisica dell'ente etico, che prova cosa sia il coraggio nel mare del nichilismo. E' la metafisica che ha smesso di essere terra, origo, destino gravitazionale gerarchico, è la metafisica che parte con l'ente. La metafisica è l'ancella dell'ente. E' la domanda che si è messa in viaggio. è metafisica dentro la vita (la vita come navigazione nel mare del nichilismo). Nietzche è un relativista? Nietzche è un nichilista??? Nietzche è un naturalista??? Nietzche è un nazista??? MA PER FAVORE!!!! COME PUO' essere se tutto quello che ho raccontato torna, è logico che sia, e dopo l'estate dimostrerà documenti alla mano che sia? Mi spiace io proteggerò sempre nietzche, non capite che è l'unica ancora di salvezza (quale Dio Heidegger??? nel senso certo ci puà anche essere dio, ma non possiamo dirlo PRIMA!)