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Messaggi - daniele22

#1486
Citazione di: green demetr il 16 Gennaio 2022, 00:03:06 AM
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2022, 22:54:16 PM
Citazione di: green demetr il 15 Gennaio 2022, 21:59:44 PM


Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.




Ciao Green, un leggero fuori tema, per curiosità. Ho tratto questo pezzo dal tuo dialogo con Ipazia. Dove hai letto questo che mi attribuisci e che non ricordo? Oppure è solo una deduzione che fai?. Tra l'altro lo riconosco come mio possibile. Se è a quella espressione poi che ti riferisci nel crocevia tra dx e sx, non mi sentirei portatore di un pensiero di dx, anzi, le posizioni conservatrici della dx mi sono antipaticissime


e c'hai ragione pure tu.


infatti era iano   :-* cit "Se la scienza non ha scusanti allora l'uomo non ne ha, se la scienza e' l'uomo, ma tu evidentemente pensi che sia altro da lui.
Si può falsificare solo ciò che si può porre, e non c'è cosa che si possa porre che non si possa falsificare, ma allora porre sarebbe un errore?"

però come anche tu ammetti forse c'entri pure tu quando infatti affermi:

cit "Iano ... ti chiedo se hai mai pensato invece da dove nasca l'esigenza del metodo scientifico nel pretendere la falsificabilità di una teoria scientifica"

Come a dire che vi è una pretesa! (e lo condivido in maniera affermativa, mentre tu lo poni dubitativamente, ma vi è davvero differenza?) , cosa che Iano d'altronde non accoglie nella sua critica a Ipazia (che condivido nella prima parte), a mia volta come te, colgo in Iano una necessità che non è necessaria, il desiderio di voler porre qualcosa a tutti i costi (o almeno così leggo la sua istanza di pensiero).

Insomma due critiche ne valgono una, la mia appunto: che la menzogna è una questione politica.
ah ah pure io sono di sinistra ma oggi è ormai impossibile non essere di destra, pena un triste travisamento dei fatti costante e pericoloso. Meglio la sana grossolanità di destra che distingue   
in maniera rozza tra bene e male, ma nel bene ci mette la democrazia e nel male il comunismo (a questo siamo dopo il socialismo di hitler che diventa nazismo e che dire del comunismo stalianiano, o dei suoi prodromi ancora più violenti, cina e pol pot, caro amico la storia si ripete ancora ed ancora ed ancora  ??? :o :D )


Fatalità l'ho detto anch'io Green, mi è venuto in mente poi, ma da qualche parte mi ricordo di avere detto che consideravo la scoperta scientifica come una provocazione. Non ho cercato dove lo dissi, ma mi ricordo che sottolineavo inoltre che trovavo contradditorio il mio voler persistere a provocare ancora cercando di volermi affermare con la nuova e grande provocazione dell'errore mentale nella mente umana. E proseguivo poi dicendo ambiguamente che dev'esserci ben un motivo valido per cui mi contraddicevo. E qui entriamo nel regno dello scopo, della politica se vuoi. Certo è che la mia  ricerca personale non era mossa da intenti economici. Ho poi accarezzato l'idea della fama, ma l'ho sacrificata, poiché ritenevo infine che fosse più importante l'idea che il suo produttore.


Detto questo, volevo dire che la pretesa di falsifabilità del metodo scientifico poggerebbe a mio giudizio sul fatto (che forse ignoro per mia ignoranza filosofica in termini accademici) che la scienza si rende conto che ogni mappa venga alla luce dalla doxa, ovvero dal credo. Ogni mappa è retta da un credo. E su cosa poggia questo credo?

La verità dev'esser vista come qualcosa che si attesta di fronte ai nostri sensi, così come il magazzino Amazon che si è attestato ad una ventina di km da casa mia. Quello costituisce una verità la cui influenza grava in determinati ambiti spazio temporali. Trovare una banconota da cinquanta euro per terra costituisce una verità che grava in un determinato ambito spazio temporale. Poi subentrano i media che estendono questo ambito spazio temporale in cui grava la verità di cui si narra. Green, la via c'è per venirne a capo, ma dipende dalle pretese che ciascuno ha
#1487
Citazione di: green demetr il 15 Gennaio 2022, 21:59:44 PM


Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.




Ciao Green, un leggero fuori tema, per curiosità. Ho tratto questo pezzo dal tuo dialogo con Ipazia. Dove hai letto questo che mi attribuisci e che non ricordo? Oppure è solo una deduzione che fai?. Tra l'altro lo riconosco come mio possibile. Se è a quella espressione poi che ti riferisci nel crocevia tra dx e sx, non mi sentirei portatore di un pensiero di dx, anzi, le posizioni conservatrici della dx mi sono antipaticissime
#1488
Iano. Ti ho risposto dicendo che la riconosco dallo stupore che una nuova verità provoca nel constatare una cosa assolutamente inaspettata. La fame vien da dentro e immagino che solo raramente possa destar stupore, lo stupore vien da fuori ed è stupore mentale. Quel tizio non sarà rimasto stupito dall'apprendere che caio l'aveva tradito?
#1489
"E allora disse ... la verità era che non solo non sapeva, ma nemmeno immaginava di essere stato tradito."
Iano ... Questo è il valore che attribuisco alla verità sia in termini colloquiali da bar che filosofici. Visto che lo chiedi pure a Ipazia e mi sembra che per te abbia importanza, visto che chiedi di capire almeno da cosa uno dovrebbe riconoscere una qualsiasi verità, ti suggerisco allora lo stupore. Caspita! Non ti è mai successo durante la vita?


Ipazia, grazie per il tuo piccolo inciso su "aletheia". Mi spiace di non conoscere il pensiero di Nietzche

#1490
Nel topic da me proposto pongo una contrapposizione tra falsità e menzogna. Nella lingua italiana il termine falsità ha due accezioni per cui a volte può significare errore e altre volte menzogna. Il distinguo che voglio fare è tra errore e menzogna. L'errore quindi, in questo caso, rappresenterebbe l'inconsapevolezza di compierlo, mentre la menzogna la consapevolezza di compierlo.


Iano ... mi sembra che tu mi prenda proprio per un dilettante allo sbaraglio con le tue istanze sulla verità. Pertanto, avvalorandole, anche se confesso che alcune cose che dici mi sono poco chiare (di sicuro, per tranquillizzarti, Non quella su copernico che mi è chiarissima), ti chiedo se hai mai pensato invece da dove nasca l'esigenza del metodo scientifico nel pretendere la falsificabilità di una teoria scientifica
#1491
Faccio un'osservazione. Io sostengo di essere agnostico, da un punto di vista mentale. Di fatto però mi comporto da ateo. Ma il mio essere mentalmente agnostico dipende dalla mia fede nella ragione. La mia fede nella ragione però non mi permette di confutare l'idea di Dio. Iano ha detto che una buona definizione di verità è "ciò che non si può confutare". Nulla toglie però al fatto che una grande verità affermata (sistema tolemaico) sia stata in certo senso confutata. Amplierei quindi l'affermazione di Iano dicendo che la verità può venir confutata solo dal suo oblìo nelle nostre menti.
Viator ... Vorrei chiederti se hai mai considerato che la speranza fondamentale umana crollata con l'assenza di Dio, non sia, in aggiunta alla perdita dell'eternità, la perdita di una sicurezza che è quella dataci dal sentirsi nel giusto?
Ipazia ... Sai benissimo che condivido la tua idea. Quello che non so è se tu intenda precipitare l'essere umano a specie biologica che ineluttabilmente debba impegnarsi anche in guerra mortale col suo simile per ragioni non strettamente necessarie


#1492
Volevo fare una disambiguazione. Quando parlo di falsità, sia che si tratti di falsità linguistiche o di costume, parlo di falsità inconsapevoli. Nel momento in cui ci si rende conto della falsità si penetra nei territori della menzogna. Come disse qualcuno : "E' difficile sapere una cosa e far finta di non saperla", però se si fa finta di non saperla ...
#1493
Citazione di: viator il 13 Gennaio 2022, 13:43:20 PM
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM

Tutti sappiamo quale sia la differenza tra una affermazione falsa ritenuta vera e una menzogna. Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto. A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero? Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?

Salve daniele22. L'uomo cerca la verità poichè pensa che - se quella certa tal cosa è vera - aumentino le probabilità che egli uomo trovi il modo di usare quella certa tal cosa VERA per risolvere i propri problemi, obbiettivo che non può essere raggiunto nel caso la medesima cosa venga considerata falsa.

Ad esempio - ma cuò vale per OGNI E QUASIASI UTILIZZO DI CIO' CHE SI CREDE ESSERE VERO - il credera vera la vita eterna risolve IL PROBLEMA massimo dell'uomo, men tre il crederla falsa gli genera spesso dei fastidiosissimi e talvolta dolorosi pruriti spirituali.

Per quanto riguarda la falsità - ovviamente e con infantile evidenza - il suo ruolo sociale è semplicemente quello di usarla a proprio individuale vantaggio all'interno del rapporto con gli altri. Saluti.


Salve illustre viator ... da un po' non ci si sente, è sempre un piacere. Penso che un buon cristiano forse non sarebbe proprio d'accordo, ma volevo chiederti per quali motivi il crederla falsa (la vita eterna) gli genera spesso dei problemi
#1494

Tutti sappiamo quale sia la differenza tra una affermazione falsa ritenuta vera e una menzogna. Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto. A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero? Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?

#1495
Citazione di: anthonyi il 12 Gennaio 2022, 05:16:49 AM
Ciao Daniele, io non ho detto che un folle non è razionale, ho detto che questo carattere non contraddistingue la follia, esattamente come la fede in qualcosa.
Avere fede in qualcosa é perfettamente normale, c'é chi ha fede in Dio, chi nella scienza, chi in nessuna delle due per questo è novax, eppure anche quest'ultimo ha fede in qualcosa, cioè in tutte le fake che trova scritte sul web.
La follia non è questo, la follia è perdere il senso sociale nel rapporto con gli altri, il non percepire più la loro alterità e vivere un delirio egotico.
E comunque la follia di qualcuno la stabiliscono sempre gli altri, il folle non é cosciente di essere tale, non puó esserlo.
Io, quando ho cominciato a rendermi conto di alcuni problemi della mia psiche ho cominciato automaticamente a gestire questi problemi, e ancora lo faccio, continuamente, perché mantenere la normalità psichica é un bisogno fondamentale di ciascuno di noi.


Dopo questo intervento sono senz'altro d'accordo. Hai anche evidenziato quel delirio del folle che sente il mondo intero girare attorno a lui. Del resto, come hanno già detto Bobmax e Kobayashy, che valore conoscitivo dobbiamo dare alle presunte verità del folle?
Eppure io vi colsi ugualmente una verità, col senno di poi naturalmente. O forse non v'è nessuna verità nella follìa, ma io, più o meno per caso, ne ho colta una analizzando i miei assurdi comportamenti e cogliendo all'interno di essi un particolare che ho sviluppato
#1496
Ciao Anthon, non sono d'accordo, o forse non ho ben capito, poiché a un dato punto fai riferimento giustamente all'opinione di chi osserva. Ma chi osserva non può vedere ciò che non è visibile. Quand'ero folle cmq, vinsi una partita a scacchi con un mio amico col quale a volte vincevo a volte perdevo a volte facevo pari. E ti assicuro che ero veramente folle. Il folle non manca proprio in materia di raziocinio. Quel che io intendo è che a poter far perdere il folle sono i vari principi di realtà sui quali si fonda quando agisce, non una mancanza di raziocinio nel condurre l'azione che compie. I mulini a vento sono professioni di fede, per noi forse sconcertanti, ma non per il folle. Caricato di questo fardello di credenze il matto va spensieratamente incontro alla società delle persone che lo accoglie, ed è da lì in poi che si determina la sua eventuale esasperazione e perdizione. Quanto terreno gli verrà concesso? Con quanta forza si intestardirà? Del resto, un qualsiasi tipo normale non potrebbe sentirsi legittimato a dire ad un credente "tu sei matto se credi in Dio". Ma il credente ti dirà che no, che non è matto, e perché mai dovrebbe esserlo? E continuerà a vivere secondo i suoi precetti svolgendoli razionalmente e confortato da molti altri
#1497

A prescindere dal fatto che possa essermi lecito estendere la mia esperienza al concetto generale di follìa, quel che più mi ha colpito dell'esperienza trascorsa è stata la presenza contemporanea di: a) esasperata pretesa di un agire razionale che, in vista di un obiettivo, può travalicare benissimo le convenzioni sociali in uso, come minimo. b) l'esistenza di segni che sono cmq oggetto di fede e dai quali si verrebbe in certa misura condizionati.
A ben osservare la situazione assomiglia un pochino a quella degli umani normali.
Il folle però, a mio giudizio, nella sua pratica di violentare il sistema in nome della ragione pura non si rende conto che è almeno in parte governato da una fede, oppure quasi certamente non la critica anche perché è costantemente immerso nell'agire sulla cresta dell'onda.
Le domande sono: quanto si attiene a tale fede? Detta fede, gli ordina di fare qualcosa? Rispondendo specialmente alla seconda domanda egli pone la prima pietra del suo incontro/scontro con la società dal quale può uscire illeso, magnificato o devastato.

#1498

Di nulla Iano, grazie pure a te.
Una premessa: penso che  la storia di un individuo anche genetica, possa essere determinante a poter far sì che un folle possa o no rientrare nel mondo dei normali senza incappare nei servizi di igiene mentale.
Iano, tu parli di più maschere, ma io intendo in realtà una maschera. Semmai mi dirai.
Si tratta della maschera che viene alla luce grazie allo svilupparsi della razionalità espressa tramite il linguaggio per quel che attiene più che altro il suo aspetto speculativo e narrativo (contrapponendolo cioè agli usi della lingua più rivolti al da farsi del momento). Si tratta infine della maschera che ci dà la possibilità di mentire. Puoi chiamarla se vuoi la maschera della ragione. Anche qualche altra specie riesce ad ingannare con intenzione, ma noi siamo specialisti. Penso che sia letteralmente la nostra arma per eccellenza.


A tal proposito ti dirò che quando rientrai nel cerchio dei più iniziai a speculare sugli atteggiamenti di esasperata diffidenza che allora avevo provato nei confronti del prossimo e pure al cospetto di amici di lunga data. In quei momenti, appunto, sfoggiavo una sfacciataggine fuori di ogni misura finalizzata a chiarificare i miei dubbi. E se non riuscivo a risolvere il dubbio, che all'altro, se non offensivo, poteva a volte sembrare solo un dubbio ridicolo, altrettanto sfacciatamente mollavo l'osso e procedevo per altre vie. Il folle che era in me non lasciava alcuno spazio al dubbio. Laddove c'era il dubbio cercavo vie alternative ... a meno che non percepissi un segno di incoraggiamento che nel mio caso consisteva nell'interpretazione di segnali prevalentemente acustici (clacson di autovetture, porte sbattute, canto di uccelli etc.) ai quali spesso mi affidavo quando intraprendevo qualcosa. Loro mi avvisavano se dovevo procedere o fermarmi in base ad una grammatica che non so ben come si fosse strutturata.


Sarebbe pertanto da questa diffidenza di fondo che avrei dedotto l'opinione (naturalmente non ho approfondito l'indagine sulle follìe degli altri, anche se mi sembra che la diffidenza sia un tema ben presente nel folle in generale) che il folle, gettando questa maschera con la sua sfacciataggine anche offensiva, abbia in fondo (inconsapevolmente) la pretesa che pure gli altri gettino tale maschera. Ciò che trovo interessante e pure attuale di questo aspetto della mia esperienza sarebbe costituito dal fatto che il folle che era in me, provocando inconsapevolmente il senso comune del pudore con la sua impudenza linguistica, cercava sapientemente (anche se in modi goffamente esasperati) di superare le problematiche poste dall'eventuale presenza di menzogne dando per scontato che gli altri possano mentire in modo spontaneo quando vi sia terreno che offra spazio alla menzogna
#1499
Sono sostanzialmente d'accordo con Iano, anche se non condivido la casualità con cui esprime il manifestarsi della follìa. Ho personalmente vissuto l'esperienza della follìa per un breve periodo (un mesetto più o meno). E' stata un'esperienza altamente traumatica ... la diritta via era proprio smarrita ... spaventosa nei suoi primi momenti e gratificante successivamente. E' stato l'evento che ha destato in me una curiosità filosofica. Una cosa approssimativa che posso dire è che secondo me il folle è colui che va oltre la maschera che tutti noi sani ci portiamo sempre appresso. Sarebbe pertanto un momento di accrescimento di consapevolezza che lo porta a scorgere nudo il suo essere umano. C'è chi ne viene travolto. Per quel che riguarda le allucinazioni posso dire che mi son chiesto, col senno di poi però, non al momento in cui eventualmente le stavo vivendo, se certe persone che io vedevo fossero veramente reali nel senso fisico del termine, o fossero solo figure che venissero distorte dai significati che attribuivo loro nei miei folli voli mentali
#1500
Ciao Aspirante, citandoti:
"Ora vengo al discorso della collaborazione a livello di umanità. La difficoltà maggiore alla sua realizzazione, a mio avviso sta nell'ego che spinge i singoli uomini a voler essere primi in qualcosa (sport, carriera, fama, possedimenti, ecc... ecc..). L'ego, di fronte agli elogi delle masse, si gonfia fino all'inverosimile. E' un circolo vizioso da cui occorre uscire. E' necessario iniziare a pensare diversamente. Non c'entra alcun credo, alcuna fede. ...."


Posso essere senz'altro d'accordo, ma siamo ancora a livello di chiacchiere. Per quel che riguarda invece il credo, o la fede, forse tale fede si rivela anche quando affermi che c'è un circolo vizioso da cui occorre uscire. Perché bisogna uscire? Si ritorna quindi alla domanda di Kobayashy su quale forza dovrebbe indurre la compensazione dei propri limiti tramite l'altrui virtù e viceversa. Rinnovo quindi la domanda: perché bisogna uscire? Per me, un circolo vizioso c'è, però questa tua fede devi metterla alla prova. Ad esempio, dici: i singoli individui sono spinti a voler essere primi in qualcosa. Di sicuro puoi criticare questa tua affermazione solo in parte vera, quindi dedurne una gradazione diversa. Oppure potresti pensare a quale causa sia dovuta questa abitudine alla competizione che pur non coinvolgendo tutti sembra esser trainante all'oggi. Il pensiero dominante sembra dire cmq che è così che va il mondo, appellandosi all'evoluzione, ma la mia opinione non coincide con tale interpretazione dell'evoluzione