@ Apeiron
scrivi:
Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità. (San Paolo)
Se siamo razionali prendiamo la cosa più grande, superiore e non la minore, o inferiore. Partendo dalla comprensione della cosa più grande ( l'agape) vado a rileggermi eventualmente i testi sacri, ma partendo da questa prospettiva e non da una che presuppone una cosa più piccola.
Il ragionamento fila?...
Così trovo una pietra stabile che mi permette di valutare ciò che è essenziale in un insegnamento e ciò che si potrebbe definire inessenziale.
Yeoshwa si esprime chiaramente, ponendo al primo posto questa "verità" di grado superiore, se così si può dire. E' l'agape la chiave della "salvezza" dalla morte. Ossia: se si ama veramente , anche in presenza di poca, dubbiosa o nulla fede, ci si salva. Viceversa la fede senza l'agape non salva come viene detto nei passi che hai giustamente citato.
Questo criterio di trovare , in un testo "sacro", come nei sutra o altri, la "cosa più grande" io cerco di applicarlo più che posso, per trovare la radice dell'albero e non perdermi nella contemplazione dell'innumerevole fogliame..."Ecco, io vi do un comandamento nuovo, che vi amiate l'un l'altro come Io vi ho amati, da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli" (Giovanni 13)
I dogmi stabiliti nel corso del tempo dalle istituzioni ecclesistiche non possono superare "la cosa più grande" e perciò possono essere valutati al massimo come "aiuti" per comprendere ( anche se obiettivamente a volte confondono e fanno dubitare più che aiutare
). Nella visione cristiana una vita vissuta nell'agape è già una vita di fede, una vita ricolma di Grazia perché , se la natura di Dio è amore/dono chi fa della propria vita un atto di amore/dono è già, qui e ora, in Dio stesso ( Padre Turoldo dirà che è Dio stesso che ama se stesso in noi facendoci come Lui). Si stabilisce una continuità d'amore/dono tra creatore e creato, tra abile vasaio e umile argilla.
La domanda che possiamo porci è: "Credo di poter essere , vivere amore dono? O viceversa non credo/ dispero di poter diventare amore?" E come scoprirlo se non provando ad essere quest'amore/dono? Ecco perchè si parla del cristianesimo come di una religione dell'esperienza.
scrivi:
Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità. (San Paolo)
Se siamo razionali prendiamo la cosa più grande, superiore e non la minore, o inferiore. Partendo dalla comprensione della cosa più grande ( l'agape) vado a rileggermi eventualmente i testi sacri, ma partendo da questa prospettiva e non da una che presuppone una cosa più piccola.
Il ragionamento fila?...

Così trovo una pietra stabile che mi permette di valutare ciò che è essenziale in un insegnamento e ciò che si potrebbe definire inessenziale.
Yeoshwa si esprime chiaramente, ponendo al primo posto questa "verità" di grado superiore, se così si può dire. E' l'agape la chiave della "salvezza" dalla morte. Ossia: se si ama veramente , anche in presenza di poca, dubbiosa o nulla fede, ci si salva. Viceversa la fede senza l'agape non salva come viene detto nei passi che hai giustamente citato.
Questo criterio di trovare , in un testo "sacro", come nei sutra o altri, la "cosa più grande" io cerco di applicarlo più che posso, per trovare la radice dell'albero e non perdermi nella contemplazione dell'innumerevole fogliame..."Ecco, io vi do un comandamento nuovo, che vi amiate l'un l'altro come Io vi ho amati, da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli" (Giovanni 13)
I dogmi stabiliti nel corso del tempo dalle istituzioni ecclesistiche non possono superare "la cosa più grande" e perciò possono essere valutati al massimo come "aiuti" per comprendere ( anche se obiettivamente a volte confondono e fanno dubitare più che aiutare

La domanda che possiamo porci è: "Credo di poter essere , vivere amore dono? O viceversa non credo/ dispero di poter diventare amore?" E come scoprirlo se non provando ad essere quest'amore/dono? Ecco perchè si parla del cristianesimo come di una religione dell'esperienza.