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Messaggi - green demetr

#1486
Citazione di: paul11 il 25 Aprile 2022, 11:28:21 AMCiao Green,


Premetto che Hegel ha scritto dei testi sulla logica che spiega la sua posizone dialettica e non analitica.
Aristototele scrisse un corpus di logica formidabile,appunto l'Organon che ho letto tutto, soprattutto se si pensa che sia stato scritto più di duemila anni fa, tanto da essere considerato, insieme a Godel, il più grande logico.
L'analitica di Aristotele è fondata soprattutto sul sillogisma e l'autore fa numerosi esempi di come venga costruita la predicazione del sillogisma, con premesse, medi e conclusione.


Hegel fa una battuta a mio parere perspicace: Aristotele per poter esprimere il suo pensiero filosofico non ha avuto bisogno di sillogismi e ha ragione. Nessun filosofo ragiona solo per logica, spesso lo fa con dialettica e soprattutto retorica. La maieutica socratica e il pensiero di Platone vengono espressi con dialoghi dove i partecipanti esprimono idee contrastanti, la dialettica è appunto lo scontro fra tesi e antitesi che porta ad una sintesi, ad un livello maggiore all'originario in termine di verità e daccapo riapre un processo di tesi ,antitesi, sintesi eccetera ,sempre ad un livello maggiore,
Hegel quindi crede ad un processo storico di crescita culturale.


Le categorie aristoteliche sono importanti per la costruzione della logica, per la sua applicazione.  In fondo anche Kant utilizza delle sue categorie soprattutto per analizzare il processo del pensiero. Hegel non utilizza affatto la logica analitica, utilizza la logica dialettica .


Logos è un termine ambiguo, può significare e indicare alcune cose diverse fra loro.
Se a logos dessimo il significato di ragionamento, la relazione della ragione con il pensiero fondativo di un filosofo, lo può portare a pensare sul mondo, sull'universo.
Hegel dà una importanza fondamentale alla ragione, essendo l'universo tutto "creato" da questa ragione; per cui il procedimento dialettico della ragione, dei ragionamenti ,cerca di arrivare alla "ragione" originaria che in fondo è lo spirito. Il movimento della ragione dentro la dialettica è la fenomenologia hegeliana.




Sono d'accordo che anche la dialettica di Hegel , ma direi la dialettica in generale non garantisce che il procedimento tesi-antitesi porti ad una sintesi con una verità superiore ,dipende dalla qualità delle proposizioni e chi garantisce la qualità dei ragionamenti se non lo stesso filosofo, cioè in fondo l'uomo? Non si sa perché una persona è "più" intelligente di un'altra, "più" perspicace. Penso che alla fine decida la retorica ,più che l'analitica, più che la dialettica e infatti la pratica politica è retorica è uso di immagini retoriche nei media. Cosa fa convincere(la retorica è persuasione, la dialettica è contendere) un ragionamento piuttosto di un altro? Questo vale molto di più del meccanismo logico analitico o dialettico. Allora quel "logos" come e cosa colpisce nelle conversazioni?


Green, sono d'accordo con te che alla fine c'è relazione fra logos e la morale e oserei dire che sono anche qui le qualità fra logos e morale, il contrasto che nasce che mette in gioco la cultura e alla fin fine quindi la politica.
Penso che il giudizio storico sia proprio relazionato con l'esistenza. L'essere che esiste, cioè l'essente è dentro la storia e se vuol cercare significazioni, ritengo che lo scontro fra morale e mondo esistente, inteso come enti, come essere, come "cose" esistenti tutte, sia di primaria importanza e lo diventerà sempre più con l'avanzare del mondo tecnico.
Penso di esser d'accordo con te quindi nella relazione/scontro fra morale ed esistenza.
Arrivo a pensare che forse è necessario questo contrasto, è nella regola dell'universo (semmai non so il perché, ma è così).


Nell'affrontare Hegel ho sempre il dubbio di trovare troppo presto l'errore hegeliano, ossia questa incrollabile fede nel progresso umano.
Mi chiedo come sia stato possibile, e provo angoscia nel dover andare avanti a leggerlo.
Certamente Hegel procede in maniera dialettica, ma allo stesso tempo è molto legato alle forme, e perciò costruisce anche una analitica, che poi dovrebbe essere il coronamento della parte finale della sua indagine intellettuale, appunto come hai già detto tu, la scienza della logica.
Devo dire che avevo letto le prime pagine di questa opera massima.
Ma è un opera poco citata, e le critiche che ho sentita su di essa mi paiono infantili.
Per questo volevo una visione introduttoria ad essa, che poi è appunto questa fenomenologia dello spirito, che non è l'opera massima di Hegel, ma semplicemente la prefazione alla scienza della logica.
D'altronde quando si inizia a parlare sul serio, si inizia subito a parlare del costrutto del linguaggio.
Ma il costrutto del linguaggio è insieme il contraltare e il contrappunto con la strutturazione del sè, ossia dell'io all'interno del soggetto.
Questa costruzione corale, dovrebbe essere fatta dall'arte intellettuale, che coincide con la somma del pensiero filosofico, letterario e artistico.
Penso che questa scala verso Dio, come direbbe il pensiero giudaico, è stata ben costruita dal pensiero europeo, peccato che ci è arrivata la trave americana nell'occhio.
Ora chissà più quando recupereremo i primi vagiti, perchè di questo si tratta da parte della comunità intellettuale "connessa", rispetto ai giganti del passato.
E' un vero peccato perchè quei primi vagiti davano poi la premessa per un costruzione politica, e non solo intellettuale, del progetto di comunità, a cui tanto tenevo.


divagazione:
Comunque sono tornato a vedere i vecchi amici, il livello di dissipazione dei legami umani ha raggiunto in poco tempo un livello sinceramente infernale, per potersi lamentare (come ho fatto in questi 2 anni).
Ora ho chiaramente diviso il sociale dall'intellettuale (cosa da non fare in chiave comunitaria, ma questi tempi non lasciano alternativa).
Sento che questa è la cosa giusta da fare. E di certo come annoti anche tu, anche questi sono gli effetti di quel negativo (a cui non sapremo mai dare risposta finale, ma solo storica, di volta in volta, costruendo una morale di risposta).
In attesa di affondare con la società tutta sia chiaro ;)  (ormai è troppo evidente che sarà così).
Non so se hai mai visto il film Nosferatu, di Herzog, un film amato dalla mia prof di filosofia dell'epoca, le scene finali della gozzoviglia in mezzo alla peste, erano come un sinistro avviso a questi tempi materiali, come lo erano a quei tempi spirituali [subito dopo l'uccisione di Moro (oggi è l'anniversario come al solito glorificato dai suoi stessi nemici) , che metto come spaccatura tra un prima di lotta intellettuale, e un dopo di lotta per la sopravvivenza].
#1487
Citazione di: daniele22 il 25 Aprile 2022, 21:33:30 PMHo preso l'ultimo tuo post Green ... dopo aver letto le tue risposte mi sembra che vi sia tra me e te una certa incomprensione. Mi spiego, almeno in parte, citando un mio post al quale nel giro di un mese mi offri due risposte che non riesco ad interpretare:
Autocitazione:
"Cosa significa fenomeno? Secondo me il fenomeno deve riferirsi all'estensione spazio temporale di un evento. L'evento può essere un discorso, oppure qualcosa che si manifesta nella cosiddetta realtà. A parte che la realtà è in ogni caso comprensiva dei discorsi che in essa si producono, resta da chiedersi cosa produce spazialmente e temporalmente l'evento sensazione. A Hegel sembra non interessare da quel che dici. Ma per me il fenomeno "sensazione" rappresenta solo l'eventuale ricerca che il soggetto che percepisce la sensazione mette in campo per derivarne la causa. E lo fa tramite i sensi."
Tua risposta del 30 marzo:
"Sì è così come dici. Ad Hegel non interessa il ruolo della sensazione come questione, che per esempio dà vita al dibattito contemporaneo sul fatto se le sensazioni siano vere o false, di primo o secondo tipo. Per Hegel la sensazione è reale, e dunque taglia i ponti con tutti i formalismi che dibattono appunto se la realtà sia tale o meno.
E dunque dici molto bene quando parli del fenomeno come relazione tra soggetto-sensazione.
Siamo anche d'accordo sulla prima parte delle tue considerazioni, l'evento e il discorso sono in uno spazio tempo.
Il fenomeno (ciò che appare, ciò che emerge) è dunque categoricamente qualcosa legato alla storia."
Tua risposta del 25 aprile:
"E' il contrario, ad Hegel interessa l'evento del fenomeno, non la sua genesi sensibile come pare piace a te (e per cui la società n..ista contemporanea ti trascinerebbe verso il transumano, con buona pace della fede). "
Tralascio quindi tutte le altre risposte successive essendomi poco chiaro il tutto fin qui. Dico solo che a me interessa il fenomeno e l'esistenza di una possibile risposta a questo, ma non la sua genesi sensibile sebbene questa possa essere da me espressa in formula di pura doxa.
Ho come l'idea, anche se non riesco ad inquadrarla bene, che vi sia una incomprensione tra me e te per quel che attiene al fenomeno "sensazione" e pure, leggendo gli altri post successivi, sul metodo di indagine sulla o su una benedetta realtà. Tralasciando quest'ultima, ritorno pertanto al fenomeno "sensazione". Puntualizzo quindi che per me non esistono sensazioni di primo tipo e secondo tipo che avevi menzionato successivamente,  o meglio, non trovo corretto che sussista tale distinzione nella critica di quel che si considera come essere di pertinenza del reale. La sensazione è per me di un solo tipo (comprensiva di tutti i sottotipi che vuoi, se vuoi ne parliamo), ed è per me fondamentale (la pietra angolare) nella costituzione di una particolarità della realtà del momento che sta vivendo l'individuo. Tale sensazione particolare del momento, valutatane la più probabile causa qualora ci si riesca, si integra naturalmente in un meno effimero modello di realtà presente sempre nell'individuo, e tale sensazione lo farà agire da ultimo in un certo modo. Detto in altri termini, la sensazione è veicolata dai sensi, oppure dal pensiero stesso, ma non sono i sensi a produrla, bensì il corpo/mente per differenziazione (tramite la memoria probabilmente) ... nel senso cioè che il corpo/mente ha la possibilità/capacità di farmi percepire la presenza di una sensazione perturbante partendo da un istante (o un periodo) anteriore in cui non c'era o era già presente sotto altra forma. In successione, il corpo/mente mi farà compiere un gesto razionale più o meno calcolato/spontaneo che pretende di allontanare o di abbracciare la sensazione perturbante. Non sempre c'azzecca però ... il corpo/mente
P.s. Non mi sento per nulla trascinato nel nichilismo, anzi
"L'evento può essere un discorso, oppure qualcosa che si manifesta nella cosiddetta realtà" cit daniele

Mi spiace che non ci capiamo, ma sinceramente non capisco neppure io come tu possa far arrivare a coincidere un discorso con un dato sensibile.
Il discorso riguarda la parola umana, il significante e il significato, il dato sensibile riguarda solo quello che indicano il singnificante e il significato, ossia l'oggetto.
Vedi politica e oggetto non sono la stessa cosa, sinceramente mi pare evidente.
Quando si parla di evento entriamo in linguaggio tecnico della filosofia, siccome lo avevi richiamato (senza dargli però il significato corretto) pensavo che ne davamo un senso comune.
Ma se mi dici che la sensazione è un evento, direi che siamo agli antipodi.
Infatti l'evento va oltre anche il significato e il significante, e rientra in un fenomeno psicologico che è molto vicino a quello dell'epifania, addensandosi con il concetto di destino.
Siamo direi ad un livello molto elevato di filosofia, e direi che non ci siamo ancora caro amico, d'altronde mi pare che tu nemmeno ci pensi a queste cose.
Se uno vuole evolvere un passo alla volta, io e paul aiutiamo.
Dunque tornando a bomba, sarebbe bello che ci intendessimo almeno al livello base per poter capire poi hegel, ossia un livello (comunque alto rispetto alla massa ingnorante) in cui distinguiamo bene bene, cosa è un oggetto sensibile e cosa è un oggetto semiotico (per dirla con Sini), ossia quale è oggetto di indagine scientica e quale di indagine intellettuale.
Questa suddivisione sebbene apparentemente facile, è in realtà assai insidiosa a quanto pare.
#1488
Citazione di: niko il 24 Aprile 2022, 17:23:42 PMNon vedo minimamente l'utilità concettuale di un tutto non indagabile, non supererebbe il rasoio di Occam; ok ci potrebbe anche ben essere un tutto non indagabile, eliminiamo l'ipotesi, e... non cambia niente! Sempre all'interno di un tutto di cui almeno una parte è indagabile, ci ritroviamo.


Come ti ho già detto è parte del problema che riguarda l'incapacità di leggere l'assoluto come negativo.
Per poterlo approfondire dovremmo immergerci in discussioni più profonde di quella attuale.
La riacutizzazione dei miei annosi problemi con la vista, si è di nuovo fatta sentire, sembra come un rintocco di campana a morte.
Sto concentrando tutto me stesso per recuperare quella parte morale che riguarda il dialogo con gli antichi come direbbe il grande Leopardi.
Un discorso tra me e loro (ovvero da solo) che mi ha portato non solo all'acquisto dei quaderni neri heideggeriani post guerra, ma anche a confrontarmi finalmente con il secondo heidegger, quello a me più vicino.
La nostra vicinanza è totale, e sorprendente.
Laddove tu parli di natura, "noi" parliamo di pensiero.
Laddove tu parli di qualcosa del tutto, noi parliamo solo del pensiero.

Il problema greco non era semplicemente l'indagine della "phisis" come se fosse un oggetto (appunto ontologico) quanto e meglio del rapporto tra l'oggetto e l'io.
Dobbiamo aspettare Kant, e poi meglio Hegel, e finalmente Heidegger, per capire che l'io è una finzione.
Ma non devi "raggiungerci", puoi rimanere nell'infanzia della filosofia, e comunque è un pensiero che ti supera mille e cento volte.
Infatti dire che qualcosa è parte del tutto, significa dire semplicemente qualcosa. E dunque essendo "qualcosa", del "tutto" te ne freghi altamente, e sei pronto e impacchettato per l'uso politico che oggi si fa di quel "qualcosa" che tu dici (ossia l'uso scientifico dell'oggetto, infatti la scienza non parla di qualcosa, ma di questo qualcosa preciso, appunto l'oggetto).
E dunque almeno nel tuo caso, possiamo a rebours capire il tuo problema esistenziale: la necessità di poter dire di conoscere qualcosa, ossia "avere" oggetti, questione invero sentimentale, di un sentimento malato, perchè come già diceva ingenuamente ma in fin dei conti di cuore Fromm, è meglio essere che avere.

Ecco a questo punto generalizziamo la cosa e prendiamo la questione di Niko non come un problema personale, ma bensì come una politica, come sempre è, del soggetto.
Naturalmente per chi vi scrive il soggetto non sceglie di essere tale, bensì è oggetto della sua soggettivazione, in parole povere siamo misere marionette, meri pappagalli.
Dunque al di là delle mie considerazioni, il ruolo di chi vuole essere intellettuale (e non un mero argomentatore, un sofista) è quello di capire il problema.
Anzitutto se vi è un problema o meno.

Abbiamo detto che il soggetto che pensa di conoscere un oggetto è il soggetto moderno.
Ma abbiamo detto che il greco pensa diversamente: che l'oggetto è il correlato dell'io.

Dire che un io possiede (conosce) un oggetto, e dire che l'io indaga la relazione di un oggetto (senza poterla mai conoscere), si rivelano due affermazioni non solo diverse, ma anche abissalmente diverse.
Eppure entrambe sono la presentazione al qualsiasi discorso (politica) successivo.

Il problema se esiste è di natura dunque radicale.

Ma un problema non è mai dell'oggetto, è sempre dell'io che lo ricerca, o pretendendo di poterlo conoscere, o pretendelo di non poterlo conoscere.

Il problema sostanzialmente se esiste, è sempre all'interno dell'io.

Dunque il problema è all'interno della modernità.

Nell'antichità, la frase io posso conoscere qualcosa, non aveva alcun senso.

Nella modernità la frase se io posso conoscere, non solo è un problema in sè, ma se confrontato è un problema drammatico rispetto all'incapacità di pensarsi diversamente da un io omni-conoscente.
Il problema è di ordine psicologico non solo politico.
Compito della sociologia e del giuridico è quello di vietare di pensarlo.
Da lì la sua gravità e drammaticità.

Ed è il primo passo verso una complessità ancora da venire per chi si accinge a fare il primo passo verso essa.
(come già detto dopo l'antichità viene kant e subito dopo hegel, e si chiude con heidegger, il resto è fuffa).



Citazione di: niko il 24 Aprile 2022, 17:23:42 PMQuando parlavo di corrispondenza tra interpersonale ed intrapsichico, intendevo che faccio mia la tendenza, che già fu  platonica, a politicizzare l'anima, e, per opposto complementare, a psicologizzare la città.

Le componenti animiche di un dialogo o di un conflitto intrapsichico sono anche politiche, sono anche componenti politiche, e le componenti sociali di una città sono anche animiche.

Al posto della città, potrei intendere anche la natura, che dall'uomo è tendenzialmente vissuta come una "prima", primaria e primeva città da abitare, e non come un assolutamente altro.


In questo senso l'errore nel porsi il problema è quello di voler sostituire città con natura.
La città è una questione umana e la natura è l'assolutamente altro.
Far passare la città come se fosse una seconda natura, si indebita di quello che vuole violentare, ovvero far passare la natura come se fosse una città.
Naturalmente queste poche righe, esigono di nuovo una critica feroce, infatti la città moderna è come la città antica?
Tra l'altro questa critica ci porterebbe ampiamente fuori tema, infatti il tema della città non è nemmeno lontanamente assimilabile alla questione della scienza.
Come Pensava Leibniz la città è la proiezione dei sogni e dei desideri di una comunità e per metafora dell'intera umanità.
La scienza ne riveste un ruolo meramente strumentale.
Cambiare lo strumento con il fine è infine come diceva già Kant il prodromo di future catastrofi : e il progetto delle smart-cities, con la loro violenta giurisprundenza, non è appunto il folle progetto di menti dissenate che voglio far coincidere la natura con la città? In qualche modo lo stringante e asfitico pensare di Niko, non è esattamente l'opposto di quello che si dice essere importante nella prima parte? appunto lo scontro inevitabile tra psichico individuale e sociale? che richiede ben altri strumenti e indirizzi culturali.
Il depensamento porta alla implosione del mondo, inevitabile e razionalmente perseguito (se non che perseguitato, come meglio sarebbe dire).
Poche righe aprono orizzonti di problema assai più ampi.

Ed è proprio oltre questi orizzonti ampi, che la negatività hegeliana si costituisce e si proietta come "problema del soggetto".
Il soggetto che è avulso dalle problematicità storiche, politiche e sociali, non sarà mai in grado neppure di vedere questo pensiero superiore.


#1489
Tematiche Spirituali / Re: Sottomissione a Dio
24 Aprile 2022, 16:36:49 PM
Citazione di: ricercatore il 31 Marzo 2022, 10:53:47 AMpersonalmente trovo commovente lo sforzo che abbiamo fatto nell'arco della storia, da scimmie evolute in poi.
ci siamo ritrovati con questo peso addosso (l'autoconsapevolezza, che ci fa rendere conto del dolore e della morte) senza sapere il perché e abbiamo tentato in tutti i modi di gestirla, senza che ci fosse nessuno ad aiutarci.
abbiamo trovato l'aiuto solo tra noi, plasmando e costruendo nei secoli strutture di pensiero in grado di sostenerci (gerarchia di Valori, ecco "Dio").

il Dio ebraico credo sia abbastanza simile al Dio musulmano: è la Potenza massima, al di là del bene e del male.
effettivamente questa immagine è più coerente con quello che vediamo nel mondo (fortune ma anche sfortune, successi ma anche tragedie)
tuttavia questa immagine mi sembra che derivi sempre dall'equazione
"Dio" = "Mondo Ignoto" (fonte sia di cose positive che di cose negative)

il Dio cristiano effettivamente sembra davvero assurdo e illogico: se è onnipotente ma anche buono, se è un Dio d'amore misericordioso... come è possibile che permetta tutto questo male? (malattie nei bambini, olocausto,... e altri orrori)
è un quesito che da sempre mette in crisi tutti e le risposte dei credenti non mi sembrano convincenti.

eppure se si legge il cristianesimo da un punto di vista psicologico ecco che non possiamo più dire che sia una "religione minore" e la coerenza fa il suo ritorno, per la gioia della ragione e della logica.
Gesù ci dice: affronta la vita, il "Mondo Ignoto", come se fosse sempre dispensatore di cose belle.
non giocare in difesa, non nasconderti, ma piuttosto avventurati nel mondo senza paura, senza il timore di soffrire, senza il timore della croce e troverai la Bellezza.

questo atteggiamento mentale (Fede) infatti ci consente di dirigere lo sguardo verso la parte "promettente e benefica" del Mondo Ignoto; inoltre ci rende più "forti" di fronte alle tragedie della vita.
se l'Occidente è stato così prospero probabilmente è anche grazie a questa idea che è penetrata negli strati più profondi della nostra cultura (in Occidente anche gli atei sono "cristiani", per forza di cose!)

è un'illusione? si.
ha funzionato? si.
se svelo l'illusione, può ancora funzionare? non ci ho ancora ragionato a sufficienza, ma d'istinto direi di si

e qui mi sorge un'altra domanda che sempre mi viene in mente quando si parla di Fede.
l'effetto placebo è un'illusione? si.
funziona? si. (ovviamente non sempre, ma ci sono casi davvero incredibili)
se svelo l'illusione, può ancora funzionare? secondo alcuni studi la risposta è ancora si... incredibile!
Il cristianesimo è semplicemente una delle sette dell'ebraismo.

In esso il male è il male manzoniano: Dio vi ha visitato.

E in effetti è così, il male è ciò che pone l'uomo nella condizione di scegliere liberamente del bene.

Quindi poichè il regno di Dio è oltremondano, in questo dobbiamo sforzarci di raggiungere quel bene oltremondano (e non importa come ce lo immaginiamo, ma DOBBIAMO immaginarcelo).
La funzione della fantasia e dell'arte è cioè centrale rispetto anche al solo fatto che comprendiamo cosa sia il male (sulla nostra pelle, ossia di Renzo e Lucia).
#1490
Citazione di: Alberto Knox il 31 Marzo 2022, 16:29:59 PMPer la filosofia classica  tutto girava attorno alla cono-scienza.Ho notato che hai parlato di "natura". Ci piace pensare che la barra che tiene il timone della nostra esistenza sia il nostro "io" ,non è così, in realtà la tiene la natura. Infatti l'uomo è libero di conoscere , di formarsi, di giocare coi propi pensieri e i propi deisderi di autorealizzazione, di scegliere quante cose gli pare  Ma la realtà dei fatti è  che egli deve nascere, crescere , possibilmente riprodursi ,e poi morire secondo natura. Ma essa non ha nulla a che fare con una nostra certa identità sociale . La natura offre la soggettività dell idividuo e ci prevede come funzionari per la Sua! ..economia , non la nostra. ed è un economia di conservazione. Ci spinge fin dalla nascita con due pulsioni che sono la pulsione sessuale e la pulsione aggressiva per la difesa della prole. Il suo progetto sulla nostra persona è nel renderci forti nell età dalla gioventù fino a compimento del nostro "ruolo naturale" che è la riproduzione per la salvaguardia della specie. Dopo di che ci lascia in balia del nostro destino. Fin qui la natura.

Se una persona diventa capo reparto è perchè qualcuno ne ha riconosciuto il valore . Quindi è grazie a quel riconoscimento che lui è diventato capo...e un bambino che fa un disegno e poi lo fa vedere alla mamma?...perchè lo fa...cosa lo muove?..lo muove il fatto che vuole sapere se quello che ha fatto è meritevole di apprezzamento così che possa costrure la sua identità e questa identità è prettamente un affare pubblico (o sociale è lostesso) . Ma se la mamma gli dice "pensa a fare i compiti piuttosto che fare scarabocchi"  ..che tipo di identità si costruisce in lui?
Quindi sono i riconoscimenti che formano l'identità di una persona. Non vieni da noi stessi . Non è nemmeno un dono concesso per diritto di nascita. Bisogna conquistarsela l'identità.
Si l'identità è un costrutto psicologico a cui si deve per la stragrande maggioranza dei suoi significati il rapporto con la madre.
Successivamente il padre, e infine l'autorità sociale.
Freud lo chiamava complesso edipico questo processo che porta alla persona adulta, ossia nevrotica.
In quanto il nostro essere, è altro dal complesso edipico, ma nondimendo parte dal complesso edipico per forza di cose direi quasi.
Siamo d'accordo mi pare.
Proseguiamo?
#1491
Citazione di: iano il 31 Marzo 2022, 16:52:35 PM@ Green Demetr
L'etere è nato come pezza per mantenere l'ipotesi di azione locale, messa da Newton in discussione, e resuscitata poi da Einstein, ma in forma di spazio- tempo, con automatico ripristino dell'azione locale.
Quello che a noi dovrebbe interessare però non è se esiste l'etere o lo spazio-tempo, l'azione locale o non locale, ma quali di queste ipotesi sintetizzino al meglio, e in senso operativo la nostra esperienza di sperimentatori.
In tal senso l'etere ha fallito finora, ma visti i giri e rigiri della scienza, non si può escludere che un giorno venga resuscitato.
Al momento però nessuno scienziato, che voglia dirsi tale, non ha sentito ancora il bisogno di farlo, e se mai lo facesse non lo risusciterebbe, al modo di Einstein, nella sua originale forma.
Sul quel tipo di etere direi che ci possiamo mettere una pietra tombale, almeno finché la velocità della luce continuerà a mostrarsi costante, per quanto...mai dire mai. ;D
Ma Nereo fa notare proprio che il giroscopio del gps nega la relatività di einstein.
Ascoltato prima di dire.
Inoltre per far tornare l'equazione di einstein i matematici hanno aggiunto una costante a caso.
Ma è ovvio che quella costante ha a che fare con l'etere.
Ma oggi l'etere NON si può studiare...bisogna aggiungere altro?
Comunque oggi come oggi non sono più interessato a questi lidi curiosi del mondo. ;)
#1492
Citazione di: paul11 il 23 Aprile 2022, 00:58:45 AMI termini psiche, coscienza, anima che un tempo erano nobili, con la modernità sono diventati uno zerbino per pulirci la lingua.

 :D
Hai ragione, d'altronde per rendere il discorso all'altezza di questi infami tempi bisogna anche dire che il livello di ingegneria sociale è diventato così complesso proprio per stare dietro al livello di complessità della produzione economica, che proprio a livello di sopravvivenza, siamo o saremo di nuovo punto e a capo rispetto ai tempi in cui si poteva pensare a partire da quella aurea mediocritas che la democrazia aveva ritagliato per sè.
Una involuzione che sta a spiegare più di mille libri, quello che Hegel intendeva come negatività.
Questi tempi sembra quasi che impediscano il pensiero sulla metafisica speciale (come la chiamava kant).
Io credo sia per via del livello di angoscia a cui l'umanità, a furia di non pensare a se stessa, ma ai suoi oggetti, è arrivata a soffrire.
Questo vuol dire che Dio è sommamente lontano (il silenzio di Dio rispetto ad Auschwitz, ci lascia ancora più attoniti oggi di ieri, perchè il primo lo abbiamo conosciuto, e come è possibile che ne stiamo progettando un altro?  ??? )
Anche questi tempi (o futuri prossimi) chiedono di essere pensati (forse come non mai, ma è l'angoscia che parla, dovremmo diventare più stoici, più zen etc...).
#1493
Citazione di: daniele22 il 22 Aprile 2022, 09:20:53 AMSono intervenuto in questo topic per curiosità, non conoscendo Hegel. Green Demetr aveva cercato di darmi qualche nozione introducendo la questione della "sensazione". Ho voluto semplicemente inquadrare la "sensazione" per come questa debba collocarsi temporalmente rispetto all'intelletto per quel che riguarda il fenomeno dell'apprendimento di qualsiasi nozione.

Ho citato Chomsky solo per evidenziare quali siano le strutture generali delle lingue umane. Non condivido affatto la sua sentenza che pone il linguaggio umano come qualcosa di diverso dalle lingue animali.
Il linguaggio, secondo me sarebbe innanzitutto un sistema comunicativo e non un qualcosa (una forma) che costruisce simboli. Quello che fa il linguaggio è il servirsi di generalizzazioni che noi umani percepiamo nel mondo riversandole nel mondo in forma di parole e discorsi. La forma "lingua", nella sua sintassi e morfologia risulterebbe del tutto spontanea e non un'emersione intruppata da grammatiche imposte da noi. Logica, matematica e geometria sono invece tentativi di intruppamento, utili a conseguire dei risultati come si vede, ma le loro pretese a volte sconfinano nella metafisica, ovvero corrispondono ad una pretesa di conoscere ciò che risulta essere a noi incomprensibile, e a volte tale pretesa è addirittura fuorviante. La similitudine che io vedo è quella che una cosa è parlare, quindi usare concetti astratti come "albero", altra cosa è parlare in riferimento a tali termini introducendo concezioni che fanno uso di termini "astratti" astraendoli da astrazioni, come il termine "albero" appunto, che fanno riferimento a oggetti più squisitamente sensibili ... Esempio: "albero" che genera "botanica", oppure "regno vegetale" etc etc.
Coscienza. Il termine è sicuramente problematico, però esistono dei contesti in cui tutti accettano in modo pienamente condiviso il senso di tale parola. Si parla infatti di essere coscienti, di agire secondo coscienza .... e fin qui mi sembra che tra individui non vi siano incomprensioni. Questi modi di dire si rifanno certamente alla coscienza come a qualcosa che ha a che fare con la consapevolezza o conoscenza. Come si costituirebbe dunque questo spirito, questa coscienza? Solo in un assemblaggio di parole, dato che il nostro pensiero attivo, ovvero quello che si contrappone al ricordo si forma solo tramite le parole. Da dove nascono le parole? Dalla "sensazione" dico io, la quale ci permette tramite la ragione (capacità conferita dalla conoscenza) e i sensi di trovare ciò che la produce. Una generalizzazione di quel che si è trovato a giustificazione di una "sensazione" può appoggiarsi al gradino di una parola già esistente oppure può produrre una nuova parola
Faccio una considerazione a latere della tua domanda a Paul: come credo ci siamo capiti, la differenza tra te e Hegel non è tanto la questione del partire a valle, quanto il fatto che entrambi partite dalla foce, ma poi tu prosegui analiticamente (come fa aristotele negli analitica e poi in quel marasma di pensiero che è il suo Organon, ossia costruendo un edificio di logica) mentre Hegel si interroga proprio sulla categoria di tempo e dunque costruisce una dialettica.

sintesi: tu sei un analitico ed hegel un dialettico, tu accetti la nozione di tempo (strumentale se ho ben capito), hegel no.
#1494
Citazione di: paul11 il 21 Aprile 2022, 23:50:28 PMIl linguaggio è quella innanzitutto forma in cui il pensiero costruisce simboli significanti, semantiche, dentro regole sintattiche formali. Vale a dire che le forme conoscitive astratte, oltre alla logica inserirei matematiche e geometrie , hanno regole che almeno apparentemente sembrerebbero fuori dall'ambito fisico e naturale .
Separare e dividere il soggetto dall'oggetto significa ritenere che vi sono due origini e fondamenti distinti: due nature diverse. Hegel non pensa affatto a questo , è di tutt'altro e contrario pensiero.
Filosoficamente non ha senso, se non un riduzionismo tipicamente fisicalista moderno e postmoderno. Il problema non è essere o non essere "Dio" e conoscere o meno il "suo" punto di vista. Il problema è se logica geometria e matematica hanno partecipato a concreti fatti di conoscenze, se costituiscono e costruiscono un sapere e questo nessuno può negarlo, per cui è ovvia la conseguenza che fra soggetto ed oggetto viè una data corrispondenza.


Cosa è la metafisica? Hegel risponde in maniera totalmente diversa ed opposta rispetto ai moderni. Semmai i moderni hanno volutamente falsificato la metafisica filosofica per poter far credere tesi utilitaristiche ,più che onestamente filosofiche.
Che cosa è il pensiero in sé ? E' forse riconducibile alla fisica? Lo puoi vedere, toccare, appartiene al dominio del sensibile? No, affatto. Quindi .....?
Ma Chomsky pensa quando sostiene il contrario dell'evidenza che presuppone il suo pensiero di negare la relazione fra soggetto ed oggetto? Quando un fisicalista ,un riduzionista, nega ad esempio la coscienza come esistente, quel suo stesso asserto come è costruito e da dove nasce? E' come dire che Tizio pensa ,parla e dice di conoscere e nega la propria coscienza e il proprio dire seppur affermando? Un assurdo, prima ancora di essere un paradosso, un'aporia. Una coscienza che nega la sua stessa esistenza? A questa è arrivata l'analitica pseudofilosofica(perchè non è filosofia, è esercizio puramente formalistico della logica).
Se non è la coscienza cosa costruisce il pensiero? La coscienza è il soggetto dell'intera opera hegeliana della Fenomenologia. Cosa dice in proposito Chomsky, afferma senza sapere la natura del pensiero? Pensa senza sapere di pensare o peggio non sa cosa sia ontologia del pensiero.
Quando è il LOGOS che muove l'intero pensiero filosofico è chiaro che nella modernità e spesso nell'analitica che troviamo l'antifilosofia. Filosofia(tesi)-antifilosofia(antitesi)- Sintesi (?).

Sintetizzando.
Hegel ritiene la logica aristotelica analitica non all'altezza per la filosofia, e ritiene la logica dialettica superiore all'analitica (sillogistica ).
Il soggetto fondamentale conoscitivo in Hegel è la coscienza che diverrà autocoscienza.
Soggetto e oggetto non sono così distinti, bensì sono intimamente connessi.


Sintetizzando.
Hegel ritiene la logica aristotelica analitica non all'altezza per la filosofia, e ritiene la logica dialettica superiore all'analitica (sillogistica ).
Il soggetto fondamentale conoscitivo in Hegel è la coscienza che diverrà autocoscienza.
Soggetto e oggetto non sono così distinti, bensì sono intimamente connessi.
Siamo d'accordo come al solito.
Per il proseguio del lavoro, continuo a rimanere in una fase di regressione massima, chiedo scusa per questi buchi nel discorso:comunque che Hegel si sia complicato la vita, e non di poco è già certo, da queste prime pagine che stiamo leggendo della prefazione.
Infatti la questione della sintesi (sto per esempio ascoltando delle lezioni sul diritto hegeliano) porta inevitabilmente a far credere che esista un punto di vista finale, che potrebbe apparire come quello del "giusto mezzo" aristoteliano.
Ma nella visione Hegeliana questo è impossibile, in quanto tutto è negativo.
In fin dei conti come anche Zizek ha fatto notare, in Hegel non esiste proprio alcuna sintesi.
Direi così che il nostro punto di vista sulla morale, è un punto di vista che è perenemmente in contrasto con la realtà che si dipana storicamente.
Il nostro prof di filosofia all'università ammicando (come fanno gli ultimi uomini) diceva che Hegel alla fine della sua vita affermò di non aver capito niente del suo tempo storico.
Ma in fin dei conti era la frase giusta da dire se intesa in manierà assoluta.
Il senso morale, è dunque questo contrasto continuo con le forme finite.
Questo non vuol dire che non si possa dare un giudizio morale sui fatti storici, ma rispetto al senso dell'esistenza è un giudizio secondario e probabilmente fallace.
Il vero giudizio morale è mio parere proprio sull'esistenza, e non sul fine oggettuale, sulle norme ossia, bensì sul comportamento e le sue leggi morali di carattere sentimentale.
Non è da trovare il senso finale sintetico (della storia) ma il senso finale dell'esistente (nella storia).
Nietzche ci arrivò subito adolescente, mi chiedo se Hegel sia mai stato capace di pensare questa ulteriorità morale.
Rimane il lavoro da fare. Scusate la digressione.

#1495
Citazione di: daniele22 il 21 Aprile 2022, 14:52:17 PMPaul11, citandoti:
La soggettività e in quanto tale la divisione fra soggetto e oggetto, fra agente conoscitivo e ciò che dovrebbe essere appreso per conoscenza, sono separazioni che avvengono in epoca moderna da Cartesio in poi fino allo psicologismo soggettivo.
Hegel invece è fuori da questa divisione . E' assurdo che l'uomo conosca e attraverso la tecnica modella la realtà fisica e naturale e allo stesso tempo pensare che soggetto ed oggetto siano divisi.


Non capisco come Hegel abbia potuto esser fuori da tale divisione quando la nostra stessa lingua sta dentro a questa separazione tra soggetto e oggetto. Non esiste lingua umana che sfugga a tale legge, mi sembra che almeno in questo Chomsky sia chiaro. A meno che Hegel non si sia posto dal punto di vista di Dio che tutto comprende in un'unica unità "del conoscente il quale conosce". Ma noi non siamo Dio, posto che esista. Il nostro pensiero non può permettersi di tenere uniti conoscente e conosciuto, altrimenti scivola nella metafisica. E che ce ne facciamo della metafisica al giorno d'oggi?
Husserl, per quel po' che ricordo forse aveva visto giusto, ma forse non è riuscito ad analizzare in modo fecondo l'idea delle "cose così come ci appaiono"
Non ho idea se Hegel affronti il tema del linguaggio (ma Heidegger si per esempio).

Comunque è ovvio che noi siamo Dio (ossia il logos che ci abita, e che mai intendiamo).
E dunque se noi siamo Dio, Dio esiste, queste sono considerazioni elementari, mi stupisco Daniele22 detto da te.
Comunque sia Heidegger prosegue ( e sulla scia di Nietzche) e trova nella poesia, il modello del linguaggio che avanza nella giusta direzione, ossia la comprensione del sè è una comprensione del linguaggio che ci abita, e che noi siamo, come giustamente fai notare tu).
Husserl non c'entra niente per me, non capisco perchè tutti lo considerino superiore a tutti i filosofi del 900....mistero! ???

#1496
Citazione di: paul11 il 21 Aprile 2022, 13:27:53 PMLa soggettività e in quanto tale la divisione fra soggetto e oggetto, fra agente conoscitivo e ciò che dovrebbe essere appreso per conoscenza, sono separazioni che avvengono in epoca moderna da Cartesio in poi fino allo psicologismo soggettivo.
Hegel invece è fuori da questa divisione . E' assurdo che l'uomo conosca e attraverso la tecnica modella la realtà fisica e naturale e allo stesso tempo pensare che soggetto ed oggetto siano divisi.
La fenomenologia di Husserl tenterà questa ricostituzione fra analitica gnoseologica fino allo psicologismo e logica.
Se funziona nella realtà il pensiero che trasforma il fisico naturale, significa che il pensiero, il NOUS di Anassagora è colui che modella la fisica e la natura e l'accompagna, come forma e sostanza dirà Aristotele. La decostruzione che avviene nella modernità da parte dei filosofi, tranne una minoranza, fallisce teoricamente e praticamente.
Non è una questione meramente emotiva e in quanto tale psicologica, è una questione fra logica e metafisica, fra realtà e logica, il pensiero razionale.
Hegel essenzialmente dice che la il pensiero umano non può che nascere da una natura e a sua volta da un fondamento universale, diversamente da dove mai verrebbe il pensiero?
Il pensiero umano quindi è la forma conoscitiva della realtà.
Fra i numerosi errori dei moderni vi è l'interpretazione sulla metafisica che verrà abiurata e distorta.
Le idee di Platone, tanto per essere chiari, sono e appartengono al dominio del sensibile, non sono oltre, non sono pura astrattezza che non esiste, questa è l'interpretazione falsa dei moderni.
Il pensiero è necessariamente legato alla realtà e la realtà appartiene all'universo sensibile.
Ciò che dicevano i greci e in fondo anche Hegel ,è che le forme, che sono le idee, sono l'essere, sono l'ontologia metafisica, se tutto ciò viene annullato culturalmente, rimane solo l'involucro materiale che ha perso il pensiero, la forma che lo accompagna.
Tanto per capirci, un sasso, un albero, un animale, sono prima di tutto un pensiero e poi la sostanza fisica e materiale. Dividere il pensiero dal sensibile significa non sapere più collegare e riunire la forma e la sostanza, il pensiero e la realtà. Per questo lo spirito di Hegel in Fenomenologia corrisponde alla ragione assoluta.


La scienza sperimentale galileana, per indagare la realtà usa la ragione e non solo le mani, gli occhi, le orecchie. E quando scriviamo in simboli matematici una formula fisica e naturale, abbiamo sintetizzato nel pensiero logico un fenomeno fisico.


Quindi per capire Hegel bisogna prima di tutto sapere che era convinto che l'universo fosse  fondato sulla ragione. Se tolgo la forma del pensiero, rimane la solo materia che diviene e sparisce, priva di senso. E' la forma, è il pensiero che costruisce gli eterni.
La logica dialettica scelta da Hegel e costituita da triadi (tesi-antitesi fino alla sintesi) tenta di superare la logica analitica che era aristotelica , ai tempi di Hegel non c'era ancora la logica moderna proposizionale di Frege, Russell, ecc.. Hegel ritiene che i contrari (tesi e antitesi), o si potrebbe dire un pensiero e la negazione di quel pensiero (l'antitesi come negazione della tesi),sono la metafora del mondo sensibile, dove tutto tende al contrasto, allo scontro fra contrari .

Hegel ritiene che la logica dialettica, con la sua negatività antitetica, sia superiore alla logica analitica: il contrario di quanto pensava Aristotele.
L'analitica aristoteliana dovrebbe interessare l'uso degli universali, quindi è a valle.
Non penso Aristotele la usi diversamente da Hegel, infatti per il mondo greco il Logos è una legge "naturale". O sbaglio?
#1497
Citazione di: daniele22 il 21 Aprile 2022, 10:31:24 AMBen ritrovato Paul11 ... dall'aforisma 291 è passata un po' d'acqua sotto i ponti ... Se ho ben inteso il senso del tuo discorso Hegel mise in luce la soggettività del pensiero senza chiedersi se l'oggetto del pensiero, pur trovando riscontri sensibili tali da definirlo oggettivo, fosse esso stesso soggettivo. Per come la vedo io invece, l'oggetto tangibile, sia esso un tavolo, o la "guerra del Vietnam", può produrre pensieri soggettivi che emergono da preoccupazioni interiori altrettanto soggettive. Cioè il soggetto realizza mentalmente l'oggetto senza che ciò comporti necessariamente che altri debbano, vogliano, o possano compiere lo stesso atto di realizzazione. Ovvio che ci sono molte cose che tutti realizziamo, i maestri della pubblicità ben sanno questa cosa.
Si negava all'epoca il fondamento emotivo della conoscenza, come del resto ancor oggi, almeno in stretto ambito filosofico

Riprendo la buona risposta di Paul, aggiungendo che la logica che arriva al logos, ossia pensiero di pensiero (come nella metafisica aristotele indica), non è di tipo dialattico, bensì inferenziale.
Come ha spiegato molto bene Sini, nello stesso momento in america e europa, si arrivava alle stesse conclusioni, tramite Peirce ed Hegel.
Noi possiamo pensare il mondo, non tramite visioni a posteriori del soggetto, perchè quelle visioni sottostanno alla dialettica (o all'analitica nel tuo caso), bensì proprio nel fatto che si è costretti ad ammettere qualcosa prima di ogni-cosa.
Se io penso in una data maniera vuol dire che quel pensiero esiste (Cartesio).
#1498
Citazione di: paul11 il 21 Aprile 2022, 00:31:13 AMSono numerose le considerazioni che sorgono dalla Fenomenologia dello spirito di Hegel.
Vi sono problematiche sia di contenuti che di metodi.
Se la modernità pone il problema della soggettività e oggettività, dividendole, separandole, in Hegel la triade dialettica che nasce da tesi-antitesi-e arriva alla sintesi è applicabile a tutte le triadi che Hegel espone in Fenomenologia.
Ma cosa contraddistingue Hegel è la fiducia nel pensiero. Quel pensiero che Anassagora per primo pose come Nous, a fondamento della verità.
In Hegel vi è la fiducia che il pensiero soggettivo e l'oggetto del pensiero siano per intrinseca verità del fondamento certa ed assoluta, in quanto a fondamento degli universali vi è il pensiero. Per questo Hegel venne definito anche come "l'ultimo dei greci". Nella modernità invece prima si separa il soggetto dall'oggetto, entrando nel psicologismo soggettivo che contribuisce a individualizzare la conoscenza e ponendo direttamente o indirettamente nell'agone politico culturale uno dei principi di separazione fra individui e società, cioè ogni umano è un pensiero diverso e diviso e anche lontano da una verità oggettiva. Questo nichilismo moderno devastante negando qualunque forma di verità, diventa un piatto freddo nel formalismo logico che non si esaurisce quando si lega alle determinazioni naturali , finendo con negare di fatto qualunque fondamento e creando e proliferando nel paradosso e aporie i fondamenti delle scienze che sono privi di fondamenta, come palafitte prive di fondamenta nel terreno .
Hegel è una particolarità come pensiero filosofico culturale e per quanto il suo pensiero dialettico negativo quando ritiene di giungere ad una certezza di verità, si pone in una ingenua allegoria della realtà, poiché non è chiaro come e perché il risultato delle triadi debbano essere  la verità; ma quanto meno ha capito che il pensiero non può nascere disancorato da una oggettività chiamata realtà. Il pensiero è necessariamente adeguato all'oggetto, diversamente non si capisce a cosa ci servirebbe. Le determinazioni della logica quindi sono già adeguate al passaggio fra intenzione e natura nella costruzione delle logiche. In Hegel quindi vi è un il pensiero primordiale e fondante di tutta la creazione naturale e questo rapporto fra pensiero e materia fisica naturale è tradotta nel metodo della logica dialettica, come esplorazione scientifica di tesi e antitesi , di processi di confronto per giungere ad una sintesi di verità. In altri termini la logica dialettica negativa di Hegel arriva alle sintesi della ragione attraverso il moto della coscienza umana che pone l'lemto concreto della materia fisica insieme al pensiero nei procedimenti deduttivi ,fino a giungere in Fenomenologia allo Spirito, come verità assoluta.
Non è che la verità è allegorica, è che la verità ossia sintesi, è semplicemente un passaggio intermedio del vero procedere della realtà ossia la sua continua negazione, ossia la sua continua dissipazione nel tempo.
Questo punto come abbiamo già letto nelle prime pagine dell'introduzione, è fonte di continui fraintendimenti, a mio parere Hegel nel tentativo di superare i formalismi di ieri (come di oggi, perchè niente è cambiato) crea lo strumento del concetto dell'assoluto, che ho criticato immediatamente, perchè era ovvio che avrebbe portato guai infiniti, finora abbiamo visto quattro concetti che sono sostanzialmente dei sinonomi, e l'unico che mi sembra corretto è quello del negativo).
Ma non è l'assoluto religioso certo, bensì l'assolutamente altro da sè.
#1499
Citazione di: daniele22 il 31 Marzo 2022, 09:28:47 AMSi è così come dici. Ad Hegel non interessa il ruolo della sensazione come questione, che per esempio dà vita al dibattito contemporaneo sul fatto se le sensazioni siano vere o false, di primo o secondo tipo.
Per Hegel la sensazione è reale, e dunque taglia i ponti con tutti i formalismi che dibattono appunto se la realtà sia tale o meno.
E dunque dici molto bene quando parli del fenomeno come relazione tra soggetto-sensazione.
Siamo anche d'accordo sulla prima parte delle tue considerazioni, l'evento e il discorso sono in uno spazio tempo.
Il fenomeno (ciò che appare, ciò che emerge) è dunque categoricamente qualcosa legato alla storia.
Resta da chiedersi dove e come Hegel collochi spazialmente e temporalmente la sensazione rispetto alle facoltà della ragione. Quando Kant parla di sensibilità di cosa parla? Parla di cose esperibili nell'ambiente tramite i sensi o di cose che provocano una sensazione?
Da cosa è determinato il tempo secondo il punto di vista dell'individuo? A mio giudizio è determinato dal suo assoggettarsi ad un ordine di attenzione che può durare da un secondo fino a tutta la sua vita. Nell'arco di una giornata, quale intreccio di ordini di attenzione subisce l'individuo nel suo procedere? A mio vedere tutti questi ordini di attenzione sarebbero di natura psichica soprattutto perché spesso li abbattiamo (tipo l'animalista che ammazza una zanzara). Sarebbero cioè dovuti dalla sensazione più che dalla ragione.
Mi sembra che i due filosofi, per quel poco che ricordo di loro, partano dal presupposto per me errato che le cose esistano e siano indagabili, quando invece sarebbero per me subite e successivamente indagabili. Nel senso, che per esistere esse debbano imporsi attraverso la sensazione e non attraverso la ragione. Pertanto, se Hegel colloca la sensazione temporalmente a valle della comprensione si troverebbe di sicuro in errore, sempre per come la vedo io


Non lo abbiamo ancora letto, ma l'avevo letto io tempo prima, Hegel parte, come però già detto all'infinito, proprio dalla sensazione, non ha bisogno di indagarla come invece astutamente la filosofia contemporanea cincischia a soffermarsi (senza ovviamente trovare il bandolo della matassa, se non tramite la supposizione scientifica).
La vera partenza sia di Kant che di Hegel è invece la temporalità, per Kant essa è un pre-categorico, Hegel invece ne fa una problematica, a cui noi rispondiamo tramite le categorie universali, come hai detto giustamente anche tu, il soggetto è a valle.
Dunque ricordi male, Kant e Hegel sono d'accordo con te ;) 
#1500
Citazione di: niko il 30 Marzo 2022, 23:19:17 PMPer me Dio è una certezza, lo è sempre stato, in quanto il pensiero mi abita fin dall'infanzia.
Diversa è la questione del soggetto, che tu leghi alle relazioni interpersonali.
Ma d'altronde cosa sarebbe questo intra-psichico che dici?

La natura non c'entra niente, essendo essa stessa un esito di categorie del pensiero.
Probabilmente quello che ti manca è proprio la questione della relazione tra sensazione e soggetto.
Per te il soggetto è un soggetto naturale, ma questo non indica nulla di preciso è semplicemente un punto di partenza non pensato, non indagato.
Come dire è il solito pensiero naturalista che infesta l'occidente e che tanti grattacapi mi dà.

Comunque non è che Hegel poi non pensi in termini interpersonali e intrapsichici, è che lo fa da una particolare angolatura metafisica.



la corrispondenza dell'intrapsichico con l'interpersonale vuol dire semplicemente che i rapporti tra le "parti" che compongono un individuo, in senso fisico ma anche mentale, rimandano a un mondo politico e artificiale di sottostanti rapporti tra individui.

Il corpo fisico è il corpo sociale, come nella metafora di Menenio Agrippa, per dire e per fare un esempio, senza necessariamente accettare e condividere i dettagli o i fini di tale metafora.

Si può non ben accettare questo mio pensiero, mentre invece è abbastanza innegabile che per indagare l'unità che appare essere l'individuo, dobbiamo in qualche modo suddividerla in parti, e osservare i rapporti tra tali parti, e appare abbastanza innegabile che la società sia composta da individui, da cui la mia idea, che si configura come una sorta di sospetto, nel senso filosofico del termine.

Solo così, secondo me, l'uomo si smarca e si differenzia dalla natura, con la produzione dell'artificio e dell'artificiale nel suo io e nelle sue relazioni; natura che non è certo un prodotto delle categorie del pensiero, se non appunto secondo Hegel, come decisione dell'idea assoluta.

Se non abbiamo la fortuna/sfortuna di essere Hegel, ci appare a (quasi) tutti abbastanza ovvio, che il pensiero deriva dalla natura e non il contrario.

La relazione tra la sensazione e il soggetto è mediata socialmente, non mi convince molto indagare la relazione tra la sensazione e il soggetto in modo primigenio e non contestualizzato, come se la società non esistesse, come mi sembra che faccia Hegel, e poi da tutte le complicazioni della relazione tra la sensazione e il soggetto considerate inizialmente in astratto e in assoluto, dedurre a posteriori la concretezza della società.

Se Dio è tutto, come dici in un altro argomento, noi siamo la minima parte di Dio, ovvero la minima parte del tutto, e non ci sarà un destino di riunione o di ritorno all'uno, tra noi e il tutto che è Dio, separati siamo, e separati resteremo, da cui la mia personale, di sensazione di mistero, tranne che ovviamente al posto del Dio-tutto, in cui non credo, io considero la natura-tutto.







Quando Hegel parla della natura come prodotto dell'assoluto, intende dire dell'assolutamente altro.
Questo punto che abbiamo già letto nella discussione, è invero quello che la filosofia contemporanea non riesce a leggere.

La natura tutto, che descrivi, è comunque indagabile, Dio è un tutto non indagabile.
Da qui la differenza sulla questione dell'uomo, questione per i transumanisti di organizzazione politica di subalternità e neo-feudalesimo (indagabile scientificamente), per gli umanisti invece è questione di senso (indagabile umanamente).
Non vi può essere alcuna pax, per inciso, come invece massimi filosofi come Cacciari o Sini credono.