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Messaggi - Gasacchino

#16
Penso che credere e non credere siano assolutamente due posizioni di pari probabilità e dignità, nessuna delle due può dimostrare nulla di concreto e indiscutibile a suo favore. Di base si tratta di un qualcosa che viene da dentro o credi o non credi, quando poi avviene l'incontro tra le due ideologie, ci si confronta con uno che dirà perché la o le divinità ha/hanno voluto così e l'altro farà notare tutto quanto per lui non ha senso o dovrebbe essere diverso. Allargando il discorso penso sia opportuno notare due cose: 

  • in questo ambito, ma non solo, bisogna ricordarsi che si ci trova in un "la mia parola contro la tua" e che ognuno dei partecipanti al confronto sarà convinto di aver ragione, ma dovrà allo stesso tempo essere cosciente che lo stesso varrà per chi è dall'altra parte, per questo non si può discutere la dignità e rispettabilità dell'idea altrui. O meglio si può ma non porta da nessuna parte, son fermamente convinto che il confronto abbia un senso quando è costruttivo, se manca questa base non so come possa esserlo.
  • affrontando il discorso credere o non credere ho l'impressione che ci si stia scordando di una terza opzione, la quale volendo sarebbe anche la più razionale, l'agnosticismo. A probabilità di certo perde sia dal credere che dal non, ma a ragionevolezza è sicuramente un passo avanti alle altre due.
#17
Caro Gianluigi, credo che davvero la questione si risolva da sé e che donquixote ti abbia fornito una risposta più che chiara. L'agnostico non si pone il problema, qualcosa del tipo "prendo quello che verrà, dato che non ho elementi per farmi un'idea", il cattolico invece ha le idee chiare, certo afferma di non sapere e capire un sacco di cose, ma di base afferma di credere in punti ben precisi (la Trinità, l'Immacolata e sempre Vergine Maria, ecc.). Per questo non vedo alcun motivo per accomunare due cose così diverse, molto più simili sono ateo e cattolico, che agnostico e cattolico: il primo dice "boh", il secondo (come tutti coloro che affermano di credere in qualcosa) dice "credo in/che...".
#18
Quindi vi considerate patriottici? Vi identificate nell'etichetta italiano, riconoscendovi in tutti coloro che appartengono a questo gruppo? Ed in base a questa appartenenza le vostre decisioni vengono condizionate?

Jacopus permettimi inoltre un'osservazione: non discuto il tuo amore per l'Impero Romano (mi sento di non condividere questa immedesimazione), devo però farti notare che come l'inglese è la lingua internazionale da soli 70 anni, anche il latino in un preciso momento fu la lingua più diffusa da soli 70. L'inglese, come l'allora latino, parte da zero per poi essere o meno la base di un futuro che verrà.
#19
Mi è capitato di trovarmi davanti alla questione dell'essere patriottici, del definirsi "italiani", come se ciò dovesse comportare un qualcosa di forte e sentito, quasi naturale, che per me non è. Partendo da questo punto mi son poi espanso arrivando alla classica diatriba del prima l'individuo o prima il gruppo? Io personalmente son abbastanza convinto che venga prima l'individuo, senza nulla togliere al vivere in una società, che credo sia uno degli aspetti in grado di rendere tanto forte l'essere umano al confronto con le altre specie animali, ma non amo questa pretesa di dover vivere secondo un qualcosa nel quale ci si trova alla nascita, senza un mao un perché.
Io personalmente non sento mia la storia romana o di qualsiasi altro popolo stato in Italia prima di me, certo che per arrivare ad oggi, come siamo oggi il passato è stato fondamentale, non per questo lo sento mio. Allo stesso modo non mi sento più in contatto con un piemontese o un pugliese piuttosto che con un canadese: ovviamente ci sono meno barriere comunicative, ma non li preferirò ad un'altra persona solo perché parlano la mia lingua, è plausibile che mi compiaceranno più i primi o la seconda e tutto ciò dipenderà dal tipo di persona che mi trovo davanti, non da un'etichetta che mi accomuna in quanto "italiano". Il mio gruppo, in quanto individuo che si deve autodeterminare, intendo crearmelo io: forse sarà composto da più italiani per ovvi motivi, ma non per questo è scontato che debba preferirli.In generale penso che il concetto di nazionalità non sia poi molto forte, sono pochi i collanti tanto potenti da poter ambire ad unire delle persone al fine che si sentano un unico popolo. Un esempio potrebbe essere la religione: che tende a definire maggiormente uno stile di condotta morale e di vita, anche se come dimostrano i fatti del nostro tempo e della storia complessivamente, nemmeno questa risulta essere poi tanto unita. Pure in questo caso il motivo credo sia l'individuo che non può accettare un qualcosa di dato e cerca la sua via, la quale non sempre coincide con quanto prestabilito dal gruppo. 
Questa è solo un'opinione, che d'altronde non può nemmeno essere attuata nell'attuale situazione delle cose, ma sarei comunque curioso di sapere cosa ne pensate.