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Messaggi - sileno

#16
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
27 Gennaio 2019, 09:39:56 AM
Citazione di: acquario69 il 27 Gennaio 2019, 04:26:21 AM
Quando al colmo della festa, meravigliosamente ubriachi, ci sentiamo prossimi al dominio del mondo, può accadere che per bisogno abbandoniamo il salone del Grand Hôtel (o del castello in riva al mare) e di soppiatto ci si ritiri alla cosiddetta toilette.
Senza timore entriamo per liberarci.. e che pericolo potrebbe esserci mai nel quieto rifugio?
Ma qui non splendori di donne e di crisopazi, non musica né danze né risa (tutto questo essendo rimasto di là della porta a vitrages, stranamente lontano). Bensì solitudine e pace come in un tempio abbandonato. Un'incerta eco di suoni arriva attraverso i muri, flebile richiamo.
Ma dagli specchi ci guarda un volto insieme vecchissimo e nuovo che conosciamo, ahimè, troppo bene; mai però ci era apparso così pallido, sarcastico e complessivamente desolato.
E dal silenzio profondo, sopra la pallida eco del tango, il mormorio dell'acqua, scivolante giù dai grandi orinatoi di maiolica, a tradimento ci parla con accento umile e amico, bonariamente ricordandoci le miserie dell'uomo e le speranze perdute.
Talora anche un tubo, chissà dove, gorgoglia, ed accenna in termini vaghi al domani quale sarà. Ci sfugge il dominio del mondo e rimestando sempre la voce degli orinatoi entro i pensieri nostri amari, scuotiamo il capo allo scopo di vedere l'altro, quella faccia ebete, nello specchio, farci segno di no.
Troppo tardi per sottrarci e tornare intatti di là. Con che cinismo l'amico in frac, così simile a noi, ci fissa dal vetro. La Pia è già smarrita tra le braccia del conte, Annalisa ha giàdetto di no e la giovane sconosciuta dalla bocca provocante ha evidentemente già stretto un patto con l'affascinante Pietruccio, inutile tornare di là. E in quanto a bere, non parliamone neanche, perché è tanto se ci reggiamo ancora in piedi. Che triste scherzo, tutto questo è successo per essere capitati qua dentro. Dov'è la magica felicità per cui poco fa si volava invincibili sopra le turbe? Continua a scuotere il capo stupidamente quel pallido ed equivoco tipo della nostra identica statura, di là, nello specchio, a rammentarci la rapidità della vita (non si è neanche usciti di casa per andare alla festa e già il cielo schiarisce, escono i camioncini dei lattai, l'orchestra ripone negli astucci flauti e violini e ci si domanda come mai)
Prudenza, vogliamo dire, anche con le toilettes dei grandi alberghi, le loro luci sibilline, quel silenzio, quella gelida serenità, gli specchi, la sediziosa voce dell'acqua, simile agli scoli misteriosi delle montagne negli anni andati, la quale parla troppo vivamente grondando dai lucidi colonnati di maiolica (in tanto severo abbandono!). Diffidate dei vitrages smerigliati con lo stemma in trasparenza per cui si accede alle latrine.

Dio, pazientissimo, giorno e notte ci insegue, dove meno si pensa ci attende all'agguato, non ha bisogno di croce o di altari, anche nei vestiboli di marmo sterilizzato che non si possono nominare egli viene a tentarci proponendoci la salvezza dell'anima.

Fonte:
Racconto dal titolo Acqua chiusa "Toilette" tratto da: "In quel Preciso Momento" (Dino Buzzati)




"Forse  tutto è così, crediamo che attorno a noi ci siano creature simili a noi e invece c'è il gelo, pietre che parlano una lingua straniera, stiamo per salutare l'amico, ma il braccio ricade inerte, il sorriso si spegne perché ci accorgiamo di essere completamente soli."

"Gli uomini , per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; se uno soffre il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sè una minima parte; se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.

Da Buzzati, Il deserto dei Tartari

"Un po'più in là della tua solitudine c'è la persona che ami"  ( Buzzati)

saluti
#17
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
27 Gennaio 2019, 09:14:54 AM
Citazione di: altamarea il 26 Gennaio 2019, 22:53:32 PM
Era seduto davanti lo specchio per cercare compagnia nell'immagine riflessa. L'unica compagnia che avesse quell'uomo solo nella sera di Natale.

Alzò il bicchiere con dentro il vino per fare un brindisi.

Con tono lirico disse: "Brindo al bambino che fui. Egli ha solo  me al mondo che possa ricordargli quanto fosse pieno di sogni e di tenerezza".

Poi posò il bicchiere sul tavolo e pianse. Le calde lacrime rigarono il suo volto.

Addio vecchio bambino.

dal Salmo 87 (88)
...
15 Perché, Signore, mi respingi,
perché mi nascondi il tuo volto?
16 Sono infelice e morente dall'infanzia,
sono sfinito, oppresso dai tuoi terrori.
17 Sopra di me è passata la tua ira,
i tuoi spaventi mi hanno annientato,
18 mi circondano come acqua tutto il giorno,
tutti insieme mi avvolgono.
19 Hai allontanato da me amici e conoscenti,
mi sono compagne solo le tenebre.





Fossi ancora un bambino!

Fossi ancora un bambino giocoso
che osserva il mondo con stupore
e non compete per apparir migliore

Del girotondo mai pago
ricordo il cavalo con le rotelle in fondo
il gioco delle mani con lo spago

sileno


"Se Dio esiste come può permettere la sofferenza dei bambini? ( Dostoevskiij  - I fratelli Karamazov)
#18
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
26 Gennaio 2019, 17:20:57 PM
La solitudine ha diverse età, la prima comincia a 20 anni ( La Repubblica 26/1/19)


CAPITA di sentirsi soli, anche in mezzo ad altre persone; di soffrire per una vita sociale discrepante rispetto a quella che si vorrebbe avere; di smettere di fare progetti per il futuro. La solitudine ha tante facce e declinazioni soggettive. C'è chi vive serenamente da single e chi si sente abbandonato se il partner esce di casa per andare a lavorare. Quello che non si sapeva – e che emerge in un recente studio americano pubblicato sul Journal International Psychogeriatrics  - è che si manifesta con forza in determinate stagioni della vita: dopo gli 80 anni, ma anche alla fine dei 20 e a metà dei 50. "La solitudine - spiega lo psichiatra e psicoterapeuta Francesco Cro, direttore dell'unità operativa Salute Mentale Viterbo C- è una dimensione inevitabile dell'esistenza. Se viene vissuta come esperienza di abbandono è negativa. Ma può anche essere un momento di raccoglimento e di crescita interiore. A fare la differenza sono le difese che abbiamo sviluppato, la nostra solidità interiore".

• LE STAGIONI DELLA SOLITUDINE
Le stagioni della solitudine, dice lo psichiatra, corrispondono a fasi di transizione esistenziale, momenti in cui ci sentiamo come sospesi, più fragili.
 Se l'infanzia non dovrebbe lasciare spazio alla solitudine ("Ogni bambino - dice Cro - dovrebbe avere il diritto di essere amato e accudito) i giovani, contrariamente a quanto si crede, sono i più a rischio di quel disagio esistenziale in cui la solitudine non è reale, come per gli anziani, ma nasce dalla difficoltà nel trovare la propria dimensione nel mondo.

Alla soglia dei 30 anni dovrebbe cominciare la vita adulta, sogni e progetti dovrebbero concretizzarsi. "È il momento in cui costruire il nostro futuro, eppure, soprattutto nella società attuale, è molto difficile riuscirci. Questo è fonte di ansia per chi non ha una base solida, costruita grazie ad istruzione, lavoro e affetti".
Intorno ai 50 anni termina la giovinezza. "Si fa un bilancio della prima parte della vita e ci si prepara a una fase in cui ci sarà un declino della prestanza fisica, della salute e di tante altre cose che allietano l'esistenza".

Il dato più intuitivo riguarda gli anziani. "Nel tempo gli affetti si perdono e non sempre abbiamo la fortuna di avere accanto familiari che ci vogliono bene. Ma l'età più avanzata può essere anche un momento di serenità se il bilancio che si fa della propria vita è positivo. Ovvio che poi il rischio di malattie fisiche, la perdita di mobilità o memoria peggiorano la solitudine e di conseguenza la salute mentale".



QUANDO DIVENTA SOFFERENZA
Chiunque, anche se anziano, se sta bene fa progetti per il futuro. Smettere di farne è segnale che qualcosa non va. Sentirsi soli può avere un impatto reale sulla nostra salute portandoci ad abitudini di vita malsane, come fumare o trascurare visite e controlli medici. Questo stato è associato al declino della salute fisica, di quella mentale e della cognizione. "È un fattore di rischio per la depressione che a sua volta porta ad abuso di sostanze e, in un circolo vizioso, acuisce l'isolamento – spiega lo psichiatra-. Può portare anche a disturbi più gravi di tipo psicotico, come la perdita di contatto con la realtà e l'immersione in un mondo di fantasia".

• COME CONTRASTARLA
Quando la solitudine si trasforma in sofferenza diventa importante avere le informazioni necessarie per chiedere aiuto a servizi specialistici, senza dividere tra dolore fisico, psichico e inadeguatezza sociale, perché "sono tre aspetti di un unico caso di disagio".

Può essere oggettiva, legata allo sfaldamento delle strutture sociali. In questo caso, spiega lo psichiatra, per contrastarla servono per gli anziani politiche e servizi sociali per favorire ad esempio l'autonomia negli spostamenti, il contatto con persone vicine e in grado di intervenire, centri di socialità come gli Alzheimer caffè. "Se soggettiva andrebbe stimolata la promozione di incontri di sensibilizzazione in scuole, manifestazioni culturali e pubbliche sul valore della compagnia umana e della solidarietà".

IL LATO POSITIVO
Ma vivere momenti di solitudine non è necessariamente qualcosa di negativo. "Sono indicati nella vita per riflettere, come anche i momenti di introversione e di malinconia possono aiutare a raccogliersi dopo una sconfitta per poi ricominciare". Però per non esserne schiacciati bisogna essere attrezzati. "Avere una rete di persone che ci vogliono bene è fondamentale per la nostra salute. Chi ha stabilito rapporti solidi con persone significative, li ha interiorizzati, è sicuro della sua situazione affettiva e può affrontare una solitudine anche tremenda come quella degli astronauti". Chi invece ha avuto un'esperienza di accudimento carente è più vulnerabile. "Le esperienze che ci segnano sono quelle più precoci: se abbiamo avuto genitori che si sono presi cura di noi ci portiamo dentro la loro immagine rassicurante; ma se siamo cresciuti privi del calore emotivo necessario avremo sempre bisogno di appoggiarci a qualcuno o qualcosa, come alcol o farmaci ansiolitici", spiega lo psichiatra.

• LA SAGGEZZA COME DIFESA
C'è un legame, secondo lo studio, tra solitudine e saggezza, intesa come conoscenza generale della vita; gestione delle emozioni; empatia, compassione, altruismo e senso di giustizia; intuizione; accettazione di valori divergenti; capacità di prendere decisioni rapide ed efficaci quando necessario. Essere saggi in qualche modo ci protegge dalla solitudine. "Il riferimento alla saggezza come possibilità di salvezza è interessante - commenta Cro - rimanda a una visione più orientale della vita, che recupera dimensioni non legate solo alla produzione di ricchezza e beni, con cui oggi misuriamo il valore delle nostre vite, ma a un valore di compassione, di empatia con gli altri. Questo spiega come si possa essere felici o meno in diverse fasi della vita. Il segreto della felicità potrebbe essere proprio questo: mantenere la sintonia emotiva con le persone che ci circondano".
#19
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
26 Gennaio 2019, 15:15:42 PM
Citazione di: Sariputra il 26 Gennaio 2019, 14:20:50 PM
La solitudine vissuta in una foresta è profonda e creativa...ma poi ti viene a cercare il terrore senza-nome...superato questo terrore si può vedere la stella del mattino...




Solo in una foresta
da sera a mattino
mentre mi cerca
il terrore senza nome
senza alcun vicino
bella questa esperienza
per vedere
la stella mattiniera!
#20
Il mondo come volontà e rappresentazione

Schopenhauer, che ammirò Leopardi e fu un maestro per Nietzsche, è attuale nel descrivere il dolore di esistere. 
Gettati nell'infinito viviamo nel presente che fugge morendo in un passato chiuso e privo di senso. 


Vivere è differire la morte contrastando la noia e ogni volere è un doloroso bisogno che una volta soddifatto spegne il desiderio facendo precipitare nella noia. 


Si persevera non tanto per amore della vita quanto per paura della morte veleggiando tra gli scogli verso il naufragio. 
Le pause dalla sofferenza sono segnate dalla noia che costringe ad ammazzare il tempo pur ritenuto prezioso. 


La conoscenza, il bello, l'arte, richiedono una disposizione naturale e l'intelligenza reca più dolore e solitudine tra gli altri che " vogliono" perdendosi in azioni insignificanti e sciocche. 
Il dolore inestirpabile si presenta come privazione, bisogno, ansia , odio, angoscia, ambizione, avarizia, malattia, disgusto, noia, ecc. 


Ogni inquietudine che cessa viene subito sostituita da un'altra e persuadendosi che ogni dolore riempie un posto che in sua assenza sarebbe stato occupato da un altro dolore, si può raggiungere un'imperturbabilità stoica. 


I mali hanno origine non da fattori esterni ma da una predisposizione interiore, ad es. i grandi dolori ci rendono insensibili ai piccoli e viceversa. 


La felicità è liberazione da un dolore-bisogno, noia compresa. 
Dolce è il ricordo di mali superati o evitati; l'egoismo è volontà di vivere. 


Futile e insignificante, stupida e irriflessa è la vita della maggior parte degli uomini : "orologi che camminano senza sapere perchè". 


La vita è tragica, ma considerata nei particolari è comica : siamo buffoni senza la dignità di personaggi tragici. 
Nè i tormenti rimediano all'inconsistenza, al vuoto, alla noia : perciò l'uomo crea demoni, dei e santi anche trascurando di combattere il male reale, soddisfacendo così il bisogno di sogni e spiriti. 


Attraverso la santità si nega il volere liberandosi dal mondo e dai suoi dolori, passando nel vuoto del nulla. 
Ciò che chiamiamo ente contrapposto al nulla è la rappresentazione-volontà : noi stessi. 
A chi è animato dal volere, sopprimendo la volontà resta il nulla vero e assoluto. 
Ma per chi annulla la volontà-desiderio, è il mondo reale e doloroso a esser nulla.


La noia è l'indefinibile inquietudine di un'attesa da cui non si attende più niente.
Ma anche le attività ripetitive, ammazzatempo e demotivate possono recare noia. 

Invito alla lettura di tale classico filosofico, a rintracciarne gl'influssi nella cultura moderna e postmoderna, a vederne sotto certi aspetti un'interpretazione della vita che viviamo
#21
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
26 Gennaio 2019, 11:48:33 AM
Citazione di: Freedom il 26 Gennaio 2019, 10:53:48 AM
Avete già detto quasi tutto ma, forse, c'è ancora un aspetto da considerare: la ricchezza che gli altri ci donano. Spesso inconsapevolmente e qualche volta loro malgrado. :D


Ripensando alle parole di Sileno sulla sostanziale equiparazione dell'esperienza di lavoro in solitudine o con colleghi nell'ambito di uno stesso ufficio; ripensando alle parole di Sileno dicevo, ho provato anch'io entrambe le esperienze e ne ho ricavato anch'io un giudizio molto simile a quello qui espresso.

C'è stato tuttavia un plusvalore nell'esperienza di condivisione: una crescita tecnico-professionale ed emotiva indubbiamente superiore a quando lavoravo da solo. Faticosa, a volte anche segnata da episodi non piacevoli, ma, nel suo complesso, estremamente arricchente.





Concordo,ma la differenza può farla il tipo di lavoro. Se qualificato, altamente professionale è preferibile l'organizzazione d'equipe, per confronti, suggerimenti.
Se si tratta di un lavoro non particolarmente qualificato ( es. d'archivio) la gestione personale anche per l'utilizzo di ritagli di tempo, ecc. può essere preferibile. Certo che in ogni caso, va perduta un'atmosfera a volte conviviale, lo scambio dialogico anche non attinente al lavoro, ecc. Ma non si può avere tutto.

Saluti
#22
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Gennaio 2019, 18:12:20 PM
"Se Dio non esiste, allora tutto è lecito" dice Ivan nell'immortale capolavoro di Dostoevskij (naturalmente
parlo de: "I Fratelli Karamazov".
Vorrei spiegare perchè a parer mio Ivan ha ragione...
Ha ragione essenzialmente perchè non può esistere una morale "laica" e relativa: la morale o è "sacra" ed
assoluta o, semplicemente, non è (come la legge giuridica, che da essa trae ispirazione, che è "uguale per
tutti", cioè assoluta, o non è - una legge giuridica relativa è un controsenso).
Affermazione "forte", certo, me ne rendo conto. Non saranno d'accordo in molti; ma quel che Ivan afferma
non è l'esistenza o l'inesistenza di Dio, bensì un imperativo ipotetico (in definitiva una funzione "se-allora").
Nell'universo descritto da Nietzsche infatti (un universo nel quale Dio è "morto") l'unico discrimine è la
volontà di potenza, che non contempla alcuna morale come suo fondamento (ma anzi del valore morale è,
essa, fondamento).
E infatti magari si dirà: anche colui che disse: "Dio esiste", era animato da volontà di potenza (e magari in nome
di Dio ha commesso crudeltà inenarrabili). Vero, ma se così fosse, daccapo, Dio non esisterebbe (e quindi tutto
sarebbe lecito).
saluti




Se Dio non esiste, allora tutto è lecito: quindi esiste una legge morale oggettiva divina.
Dio ordina e approva un'azione perché è buona o solo perché è Dio, se la ordina e approva la rende buona? Anche in conflitto con una morale umana?

La natura di Dio è buona perchè è buona in sè o perché Dio è buono?
La tesi che l'idea di bontà richieda provenga da Dio sarebbe falsa: infatti la bontà deve essere comprensibile indipendentemente dall'idea di Dio, altrimenti perde la forza morale (Cfr. Eutifrone)

Saluti
#23
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
26 Gennaio 2019, 09:20:55 AM
Citazione di: everlost il 25 Gennaio 2019, 19:35:45 PM
Caro Sileno,
la solitudine per me è una patologia dell'anima, come l'innamoramento: si fa sentire moltissimo,  ma non è quasi mai collegata alla realtà, spesso è reale come può esserlo un miraggio. Il che non toglie che a volte possa diventare molto dolorosa e fastidiosa.
Ci si può sentire soli in una grande città dove si incontrano decine di persone ogni giorno e si cammina in mezzo alla folla, e magari felicemente accompagnati in un borgo sperduto fra le montagne, con un'unica persona accanto (se è quella che vogliamo).
E poi ci si può anche sentire soli e felicissimi in un eremo, non credo a lungo, però.
Certo qualcuno troverà pace e gioia nella solitudine, ma sentirsi soli è molto diverso dal voler stare soli per una precisa scelta. C'è sempre una connotazione di tristezza, di rimpianto nel voler stare in compagnia senza riuscirci.
Peggio ancora dev'essere sentirsi soli vicino a una persona che non ci comprende, che ha elevato un muro di freddezza e indifferenza, se non di ostilità. Ma anche per questo esiste il rimedio, tutto sta nella nostra volontà, nel voler abbattere quel muro...e credimi, è sempre possibile trovare il metodo giusto.
Non è detto però che avere sempre bisogno di contatti umani denoti un carattere socievole, conosco alcuni che cercano continuamente gli amici e poi ci litigano, sparlano, si lamentano di tante cose. Probabilmente hanno solo paura di restare soli perché in quel caso sarebbero costretti a pensare e non ci sono abituati. Pensare è pericoloso, richiede un certo allenamento...
Lo stesso vale per chi passa facilmente da una fidanzata/moglie all'altra: magari lo fa perché non regge la solitudine, più che per un eccesso incontenibile di virilità.

Oggi, rispetto a vent'anni fa, i rapporti umani sono diventati molto più difficili per le generazioni negli 'anta', in cui mi comprendo anch'io.  :(
Osservo che invece per i giovani non è così, fortunatamente: hanno scambi più superficiali ma anche molto più spontanei, leggeri e sinceri rispetto ai nostri negli anni sessanta-settanta. Noi eravamo più individualisti, di conseguenza anche più indipendenti, selettivi, esigenti nelle amicizie. Almeno per quanto ricordo. Sono stata giovane anch'io, mi sono divertita, ma non avevo tanti amici quanti ne ha mio figlio nato negli ottanta.
Soprattutto non eravamo così legati da doverci parlare più volte al giorno...
C'era anche parecchia invidia, specie tra le donne. Quindi non mi lascio trasportare dalla  malinconia e dal rimpianto dei verdi anni, per alcune cose forse sì, ok, ma per il resto preferisco il presente! Con tutte le sue ombre e asperità, mille volte meglio la solitudine d'oggi che le false compagnie di ieri.
E poi non disprezzerei tanto i rapporti virtuali nel web, se non creano solide amicizie almeno sono fonte di  riflessioni preziose.
Un anonimo, un perfetto estraneo può aiutarci a scoprire cose che non avevamo mai sentito dire dai nostri conoscenti e a volte ci può offrire conforto dove loro non possono.






Gentile everlost grazie per l'attenzione e per le tue parole che ho letto con interesse approvando.

La solitudine nelle varie forme può essere anche una patologia dell'anima, come chi si isola per una fuga dai disagi del mondo; si è soli tra la folla, perchè non compresi da chi ci sta vicino e sta in noi scoprire strategie giuste, ognuno a sua misura, per non sentirisi soli. A suo tempo mi sono dedicato molto al volontariato, rimanendone piuttosto gratificato.

Che ci siano amici anche intimi che dicono di noi cose non immaginabili quando alle nostre spalle, è cosa risaputa.
Se ne possono avere molti per non pensare, per sviare la mente dalla nostra realtà: sono d'accordo, indugiare con la mente in cose negative può essere autodistruttivo.

D'accordo anche per la facilità per i giovani, oggi di instaurare amicizie sia pure superficiali, come averne 500 nei social network.
Più falsità, meno spontaneità tra i giovani del passato? Credo di sì.

Non disapprovo gli scambi d'email tra due persone se c'è qualche interesse comune, qualche affinità, tanto da costituire un'occasione, stimolo e alibi per esapandere il nostro sapere, indurci a letture, scoprire qualcosa a cui non avevamo mai pensato.
Tanto è vero che ho continuto un rapporto virtual- epistolare con una signora ( ormai diversi anni fa) senza implicazioni sentimentali,per quattro anni, e senza averci mai visto nemmeno in foto. E' stata un'occasione anche per espandere mie letture, avendo qualcuno con cui commentarle.

L'uomo socievole soffre di isolamento anche a contatto con i simili con cui vive in collettività: tale stato d'animo o emozione insana è diffuso: del tutto negativo o può arricchire l'esistenza con pause di riflessione?

Ricordo una parabola di Schopenhauer: una compagnia di porcospini, d'inverno, si strinsero vicini per fruire del calore reciproco.Presto sentirono le spine e si allontanarono, poi il bisogno di calore li portò nuovamente a unirsi e si ripetè l'inconveniente delle punture. Finché trovarono la giusta distanza: così è per gli uomini: non possono stare troppo vicini né troppo lontani, scoprendo una distanza media, ma priva di una vera socialità ed eludendo una totale solitudine.
I momenti di solidarietà, amore, amicizia sono i più appaganti e non dovrebbero recare sofferenze: ci si ritrova senza perdere se stessi.
La società di massa ha acuito il senso di solitudine,ha diviso la comunità in individui separati: la "folla solitaria".

Intervistarono alcuni monaci, che, emblematico, avevano sopra il portone la scritta "beata solitudo, sola beatitudo. Affermarono di trovarsi bene nel convento; unico screzio la convivenza con i confratelli. Gli altri possono essere fonte di gratificazione ma anche "inferno".

Ho lavorato in un'importante azienda, a contatto con 4 o 5 colleghi; qualche screzio ma anche molto spirito cameratesco e momenti di vera amicizia. Ebbene, fui ugualmente felice durante gli ultimi cinque anni che passai in una stanza da solo per un lavoro autonomo.

Saluti
#24
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
25 Gennaio 2019, 16:34:53 PM
Citazione di: altamarea il 25 Gennaio 2019, 15:00:56 PM
Ciao Sileno,  ti va di dirci qual è il tuo atteggiamento nei confronti della tua  eventuale solitudine  temporanea o permanente ?

"Attraversare la solitudine" non significa  abbandonarsi alla malinconia. C'è la solitudine interiore e la solitudine fisica. Quella interiore dà la possibilità di riflettere, distinguere, essere creativi, in modo da vivere tempi e spazi proficui.

La solitudine può fare apprezzare la piacevolezza della relazione con gli altri.

In questo topic ho letto nei post le citazioni di vari autori. Partecipo anch'io citando tre versetti dell'Ecclesiaste (4, 9 – 12): "Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto".

Un anno fa  il governo britannico ha nominato Tracey Crouch ministro per la Solitudine,  con l'obiettivo di combattere,  secondo la premier Theresa May,  "la triste realtà della vita moderna" che colpisce milioni di persone.





Il mio attuale senso di solitudine ha caratteri contingenti all' età: molti amici e conoscenti sono morti, certe associazioni e attività a cui partecipavo si sono estinte.Mi sento un sopravvissuto.

Coi vicini di casa condominiali è difficile e forse nemmeno augurabile instaurare amicizie vincolanti. In un paese dove soggiorno d'estate è diverso.

L'uomo occidentale,individualista, non soffre tanto di solitudine. Le popolazioni etniche si dice siano più felici proprio perché portate alla vita conviviale con amici e parenti.

La società è molto cambiata con l'onnipresenza delle tecnologie.
C'è relazione tra internet e solitudine: sottrae tempo al contatto autenticamente umano, oltre ad altre attività come la lettura.

Nei primi forum, quasi vent'anni fa, ho avuto occasione di gratificanti scambi, certi erano quasi carteggi. La chat era la chiacchiera, il forum lo scambio dialogico-argomentativo e l'email
il colloquio a "quattr'occhi". Anche tali forme sono mutate. Per esempio cerco di lanciare qualcosa nel presente forum, ma c'è un conflitto tra la mia formazione psico-filosofica e uno stile che mi pare tendente allo spiritualistico,religioso,o tipo scientifico, a volte da me poco compreso anche per il tipo di scrittura.

Una porzione di solitudine a volte può far apprezzare anche una compagnia non eccezionale, purché come si diceva non diventi troppo vincolante.
Per certe attività non è richiesta compagnia: lettura, cinema, teatro, sport, camminate, ecc.

A suo tempo ho molto apprezzato le pagine dell'Antico Testamento dedicate all'Ecclesiaste, teorico della vanità di tutto.
Non ricordo la parte che citi, che pur condivido,di un solidale, affettivo sostegno, per esempio di coppia, sperando almeno uno resti valido,augurandosi che non sia limitato a un convivere sotto lo stesso tetto

Saluti
#25
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
25 Gennaio 2019, 14:08:15 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:24:12 PM
Citazione di: sileno il 25 Gennaio 2019, 13:15:15 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:04:00 PM
Al giorno d'oggi pare che la solitudine sia una malattia. Invece  secondo me è l'incapacità  di saper stare  da soli ad essere un sintomo di disagio.




" Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo"

( Pascal)
Vero, anche se credo che questa citazione Pascal l'abbia presa da altri. Non vorrei sbagliarmi ma mi pare un qualche religioso islamico.





E' probabile che due aforismi di diversi autori coincidano o si assomiglino.


Ti riporto alcuni aforismi tratti da "Gli aforismi del cinico"di W. Muhs:


Mi piace la compagnia di una persona intelligente. Per questo sto volentieri solo ( Ernst Ell)

La peggiore solitudine è quella a due ( Erich Kastner)

La solitudine sarebbe uno stato ideale se si potessero scegliere le persone da evitare ( Karl Kraus)

Chi comunica poco con gli uomini, rare volte è misantropo ( Leopardi)

All'uomo intellettualmente dotato la solitudine offre due vantaggi: prima di tutto quello di essere con se stesso e, in secondo luogo, quello di non essere con gli altri ( Schopenhauer)

Ciò che rende socievoli gli uomini è la loro incapacità di sopportare la solitudine ( Schopenhauer)

Saluti
#26
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
25 Gennaio 2019, 13:15:15 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:04:00 PM
Al giorno d'oggi pare che la solitudine sia una malattia. Invece  secondo me è l'incapacità  di saper stare  da soli ad essere un sintomo di disagio.




" Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo"

( Pascal)
#27
Percorsi ed Esperienze / Sulla solitudine
25 Gennaio 2019, 12:42:01 PM
Sulla solitudine


"... mi sentirei più sola, forse, senza la solitudine ..." ( Emily Dickinson)


Saper stare soli è una virtù, un'autonomia; sono varie le facce della solitudine: si può anche gioire di pause in cui si sta soli con se stessi specie se si è introversi e introspettivi, o per interessi peculiari che non richiedono compagnia. Ma anche per una discrepanza tra le relazioni effettive e quelle ideali a cui aspireremmo.

"La vita non va svilita nel contatto con altri che non portano da nessun posto se non alla superficialità, al banale, alla stupidità", - scrive mons. Ravasi in un trafiletto sul Sole 24ore - che mi ricorda la poesia di Kavafis, "Quanto tu puoi":

" ... non la svilire troppo (la vita) nell'assiduo contatto della gente, nell'assiduo gestire e nelle ciance ... con l'esporla alla dissenatezza quotidiana ...."

Come i punti di vista familiari, del gruppo locale, bar di provincia, parrocchie, spiritualismi, scientismi fai da te, convinzioni di ignota origine, ecc .Si discute di cose non capite, futilità"sapienti", confusioni mentali.

Lo stesso può avvenire tra familiari, parenti, amici, col partner, genitori, colleghi. Rimedio? Nuovi amici dalla mente colorata, metamorfica, sensibile, plastica, che non improvvisano discorsi bislacchi.

Il dilemma è tra proteggere la personale identità e la necessità di rapporti per l'esistenza e gratificazione del nostro io.
Amicizie troppo vincolanti possono imporre adattamenti forzati a ciò che non entusiasma.

A volte siamo noi incompetenti nei rapporti umani o difficili per socializzare.
Nè il rapporto di coppia salva dalla solitudine.Spesso alla fine ci si appena tollera.
Può essere anche incapacità a stabilire rapporti con noi stessi, conflittualità con chi ci sta intorno.
Contatti numerosi ma di qualità povera non alleviano la solitudine e penso ai sia pure virtuali, contatti sui social network.

Il rimedio è la solitudine meditativa, l'introspezione per trovare vissuti che amplino la nostra interiorità: necessaria anche per conoscerci e per conoscere gli altri
#28
Tematiche Filosofiche / Re:Leopardi e il Nulla.
24 Gennaio 2019, 14:24:36 PM
A Leopardi

Fossi aborto nel "funesto di natale"
- che maledico - mai sorto!
Fin dalla culla noia e dolore, null'altro

Recanatese, "tutto è male";
stolido chi non crede che la gente malviva
dal solido niente, nel niente arriva

sileno
#29
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
24 Gennaio 2019, 13:42:04 PM
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
Avrei voluto aprire un 3d sull'anima, ma poi ho pensato che forse bisognerebbe prima interrogarsi sulle premesse su cui  poggia l'argomento. In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale? La deriva, se così si può dire, scientifico tecnologica, e ancor più quella informatica, ha portato il mondo ha ragionare sul discreto  più che sul continuo. Voglio dire che ragioniamo sempre più nei termini di un mondo composto da un numero finito di elementi, dove un corretto ragionamento, un giusto calcolo o la formula adatta ci portano a prendere la decisione corretta. In tutto questo l'immaginazione ha un ruolo marginale, ci si basa sul concreto e non è nemmeno pensabile che si possa fare diversamente. Il pensiero ha una libertà sempre più ridotta, si può spaziare un po di qua e di la ma poi ci si ricongiunge sempre inevitabilmente sui binari di un mondo tecnologico globalizzato organizzato in modo da poter essere sempre più assimilato dai sistemi informatici. I quali perseguendo lo scopo di renderci più facile la vita e di risolverci i problemi, finiscono col privarci anche delle risorse per risolvere i problemi. Risorse che albergano nella nostra immaginazione. Siamo nel puro materialismo che ha sostituito l'anima col virtuale. L'anima, già! Ma prima di parlare di questo bisogna chiedersi se ha ancora senso parlare dell'immateriale. Perché la mia sensazione è che il ragionamento scientifico porti ad identificare sempre più l'immateriale con la funzionalità del nostro sistema nervoso. In altre parole ciò che è immateriale come i pensieri, le rappresentazioni, l'immaginazione è qualcosa che viene prodotto dai nostri organi in conseguenza del loro funzionamento. Nessuno pensa che i nostri organi esistono in conseguenza di un qualcosa di immateriale, come ad esempio il pensiero del concepimento, più o meno razionale o istintivo. Come ho detto il virtuale ha sostituito l'anima. Perciò se parli di cose immateriali pensi ai copyright, ai software. C'è il fatto che io percepisco un Io che in qualche modo rimane sempre uguale a me stesso nel tempo. O almeno lo percepisco come tale. Se ciò non muta nel tempo mentre nel mondo materiale tutto muta nel tempo, allora l'immateriale esiste. Perciò può esistere anche l'anima. Basterà come prova?





L'immaterialismo berkeliano postula l'unica realtà percettiva della sostanza spirituale-universale: teoria accettabile per chi si attiene a un criterio teologico -mistico.
Le scienze naturali opererebbero sulle percezioni trasmesse all'uomo da Dio. Ricadiamo in un criterio spiritualistico-metafisico  da discutere - a parer mio - , in altro settore.: l'argomento è consideraato molto marginale in filosofia contemporanea: decade dal ruolo tradizionale religioso per cui non esisterebbe il supporto della materia, che si trasforma in cose sensibili garantite da Dio.

L'anima secondo me non è stata sostituita col virtuale, casomai si trasforma nel campo delle neuroscienze: problema della coscienza, dilemma del rapporto mente-cervello, ecc.. In Occidente ha acquisito il significato di attività psichiche. A parte la religione per cui è sempre il soffio vitale infuso nell'uomo da Dio.

Saluti
#30
Citazione di: Ipazia il 21 Gennaio 2019, 20:58:46 PM
Citazione di: sileno il 21 Gennaio 2019, 12:07:34 PM

Presento un autorevole recente scritto di Mancuso su Dio e scienza. Io ormai sto fuori da dissertazioni che escludono un rigoroso criticismo filosofico supportato da recenti scoperte delle scienze, neuroscienze, ecc. Avverto che si tratta di un mio abstract, l'articolo completo non è di agevole lettura. Ne ricavo i punti più salienti. Sono idee non nuove, che a suo tempo ho discusso forse anche qui ( scienza anti dogmatica e anti assolutista: tutto è possibile, si tratta solo di ragionare in termini di probabilità,e di ricerche che non beneficiano mai di una teoria conclusiva):

La fede per Kant non ha nulla a che fare con il sapere ma procede dalla morale. Contro questa prospettiva insorse Hegel, il quale nel 1802 scrisse un saggio appositamente intitolato Fede e sapere e dedicò buona parte della sua filosofia a riconciliare la frattura operata da Kant.

La divisione radicale sul rapporto sapere-fede tra i due più grandi filosofi della modernità, entrambi credenti ed entrambi malvisti dall' ortodossia ecclesiastica, pone la domanda: il sapere rimanda a Dio o è solo tramite il sentimento morale che vi si può giungere?...

Oggi rispetto a quei tempi il ruolo del sapere, soprattutto di quello scientifico, ha cambiato direzione e viene evocato a supporto non più della fede in Dio, come avveniva allora.considera il sapere offerto dalla scienza, Dio appare del tutto implausibile. Così sostiene il "Nuovo Ateismo", movimento sorto all'inizio di questo secolo a opera di autori come Richard Dawkins, Daniel Dennett, Christopher Hitchens. In diretta polemica con questa prospettiva esce nella collana di Raffaello Cortina "Scienza e idee" diretta dal filosofo della scienza Giulio Giorello (ateo, ma di vecchio stile)

La scienza né afferma né nega Dio. Offre piuttosto una serie di dati sull' estrema improbabilità di questo universo e dell'emersione in esso della vita così da alimentare ancor più le domande e le inquietudini: come spiegarela circostanza che ha condotto le costanti della natura a rivelarsi così finemente sintonizzate per la nascita della vita e dell'intelligenza?
Parole di Einstein citate da Aczel: «Chiunque si occupi seriamente di scienza si convince pure che una sorta di spirito, di gran lunga superiore a quello umano, si manifesta nelle leggi dell'universo. In questo senso la ricerca scientifica conduce a un sentimento religioso particolare, del tutto diverso dalla religiosità di chi è più ingenuo».

Chi quindi esce sconfitto dalla ricerca scientifica odierna è il dogmatismo: sia quello teista, che ritiene che Dio possa essere «conosciuto con certezza attraverso le cose create» come stabilisce il Concilio Vaticano I, sia quello antiteista, che ritiene che attraverso la natura Dio possa essere negato con altrettanta certezza.

Se poi è vero che oggi gli scienziati in maggioranza sono atei, ciò non dipende dalla scienza, che può solo consegnare a quel senso di domanda continua evocato da Einstein, ma dalla povertà della religione attuale, arroccata nel proprio patrimonio dogmatico e incapace di assumere lo spirito della libera indagine.

Certo, non tutti i modi di negare Dio sono uguali. Su questo tema il filosofo genovese Roberto Giovanni Timossi ha appena pubblicato da Lindau Nel segno del nulla. Critica dell'ateismo moderno,

1) antropologico: per essere uomini occorre liberarsi dell'idea infantile di Dio; 2) sociopolitico: la religione è oppio dei popoli; 3) scientifico: la scienza nega Dio; 4) antiteodicetico: il male nega Dio.

Vito Mancuso, la Repubblica 7 aprile 2015
Tratto da "Né atea né devota perché la scienza non respinge l'idea di Dio"


La scienza non è nè atea nè devota ma pende a sinistra, perchè:

1) ha dovuto lottare a lungo contro il dogmatismo religioso per non dover nominare il nome di Dio invano nei suoi trattati;

2) fin dai tempi di Senofane (VI sec. a.C, altro che modernità !  :) ) ha cominciato a dubitare della genesi antropomorfica della religione e ne ha indagato il retroterra psicologico e sociologico trovando il tutto inesorabilmente umano;

3) studiando l'universo ha spazzato via quintalate di Genesi religiose, la cui Rivelazione aveva ben poco di divino;

4) ha imposto, grazie al suo operato, un capovolgimento di paradigma, ponendo se stessa come criterio epistemico e di salvezza, relegando la religione nel campo sociale della doxa, dell'opinione. Al punto che oggi anche uno scienziato teista deve adeguarsi ad una metodologia di ricerca e prassi a-teistica se vuole avere un minimo di credibilità scientifica. Criterio a cui ogni scienziato, degno di questo nome, indipendentemente dalla fede religiosa, si sottopone volentieri. Tale mutamento di paradigma ha coinvolto anche le quote della scommessa di Pascal, ovvero dell'unico approccio sensato a ciò che non è razionalmente dimostrabile.

5) dopo aver arato l'ontologia naturale, ha allargato il suo orizzonte alle scienze umane arrivando fino alla morale senza trovare alcunchè di superiore nel comportamento religioso rispetto al comportamento ateo. Ovvero - che forse si addice di più allo spirito umano - di inferiore del secondo nei confronti del primo. Insomma: se Atene piange, Sparta non ride.

Il risultato di tutto ciò è stato una progressiva laicizzazione della società capace, in potenza, di salvarci almeno da un tipo di guerra: la guerra di religione. Quando sono nata c'era comunque più ottimismo su questo punto che sembrava, ma era un bias occidentale, in via di totale superamento. Tornando a Mancuso, il dogmatismo non giova a nessuno. La libertà di culto e pensiero è una conquista di civiltà. Anche per l'uomo Einstein in cui lo spirito di Platone non era evidentemente del tutto estinto. Che poi la conoscenza dell'universo, e la soluzione degli enigmi che ci pone, abbia un fascino magico penso non lo possa escludere neppure l'ateo più fanatico. Una che non lo era, Margherita Hack, diceva che anche la scienza (e l'ateismo) è una fede.





Confesso che il tuo post non mi è molto chiaro in rapporto al tema, sarà forse perché le mie conoscenze teologiche sono limitate. Per capirci di più ho tentato di riassumerlo, ma non saprei se sono d'accordo - o meno - in tutti i suoi punti.

La scienza è di sinistra perché ha lottato per non dover nominare il nome di Dio invano nei trattati. Ha dubitato fin da Senofonte delle genesi antropomorfica della religione ... e ha trovato tutto umano. Ha spazzato Genesi religiose ... 
Anche oggi uno scienziato teista deve adeguarsi e sottoporsi a una metodologia a- teista se vuole avere credibilità, coinvolgendo la scommessa di Pascal ( agire come se Dio esistesse)
non ha trovato nulla di superiore nel comportamento religioso rispetto all'ateo, o di inferiore. Da cui laicizzazione sociale che salva dalle guerre di religione.
Il dogmatismo non giova a nessuno, libero culto e pensiero è conquista. L'universo coi suoi enigmi ha un fascino che nessuno esclude. Secondo la Haack anche la scienza atea è fede.

Saluti