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Messaggi - everlost

#16
Presentazione nuovi iscritti / Re:Eccomi qui
31 Gennaio 2019, 01:15:27 AM
:D  ;D Non so in quale  categoria di Jacopus dovrei mettermi, probabilmente in quella delle casalinghe di Voghera, e non solo per lui, credo...ad ogni modo ci sono anch'io e se lo gradisci ti saluto cordialmente.  :)
#17
Citazione di: Freedom il 29 Gennaio 2019, 22:03:20 PME il bello, il diabolico obiettivo finale è quello di uniformare le popolazioni indigene a questo modello marcio.
E' la Zuppa del Demonio citata da Acquario. Adesso ci tocca sorbire 'sta sbobba, prima era un'altra ma sempre sbobba rancida resta, tanto per cambiare condita dal pepe del globalismo.

https://www.riflessioni.it/logos/riflessioni-sull'arte/la-zuppa-del-demonio/msg29476/#new
#18
La situazione generale è spaventosa, come perfettamente descritto da Sgiombo e Freedom (dal primo con maggiore passionalità e coloritura politica). 
Estirpare il male alla radice è più facile a dirsi che a farsi, quando la radice è ipertrofica e ramificata in questo modo. Si può però cercare di contenere la parte aerea della pianta.
Ma tornando al caso particolare che intitola questo thread, non so cosa dovrebbero fare adesso  i parlamentari. Concedere l'autorizzazione oppure no? E' complicato.
La Diciotti, essendo una nave della Marina, una volta ricevuta una richiesta di soccorso era praticamente obbligata a intervenire. Il problema è come.
C'è chi dice che, trovandosi la Vos Thalassa in acque libiche, la nave Diciotti avrebbe dovuto riportare i profughi nel paese più vicino, ossia in Libia. Sarebbe stato come rimetterli in bocca  ai torturatori da cui stavano scappando, che razza di salvataggio...
A proposito, come mai la Guardia Costiera si trovava in acque maltesi, qualcuno lo sa? Non ricordo di averlo letto, voi lo sapete? 
Gli altri porti si sono rifiutati di accoglierli. Da quanto leggo, Malta, Lampedusa e Catania hanno negato l'approdo. Nessuno in Europa li voleva, begli ipocriti tutti quanti. 
Ma qualcuno sostiene invece che i migranti, salendo sulla nave, erano già entrati per legge in territorio italiano.
Salvini allora avrebbe torto marcio perché non poteva vietare a una nave della Marina italiana l'approdo in un porto italiano, né lo sbarco di quei profughi in Italia.
Si aggiunge il piccolo problema che, secondo i marinai dell'equipaggio della Vos Thalassa, i migranti li avrebbero presi in ostaggio, obbligandoli a telefonare alla nave Diciotti. Sarà vero? 
Francamente puzza di falso. Questo comunque non lo doveva stabilire il governo, così come non spettava né a Salvini né a Toninelli decidere a distanza chi aveva diritto d'asilo e chi invece era clandestino da rimpatriare.
Il punto è che si è voluto fare uno sfoggio muscolare ai danni di quei poveri disgraziati.
Una questione politica sulla pelle di infelici senza colpa.
Il nostro governo ha sbagliato, secondo me non si può violare una legge umanitaria per fare dispetto all'Europa, per quanto ipocrita, arrogante e ingiusta possa apparire Nostra Signora di Maastricht. 
Ieri Di Maio ha dichiarato che il M5S approverà la richiesta a procedere contro Salvini, però al processo testimonierà in suo favore 'perché la decisione è stata condivisa da tutto il governo'. Bizzarro...
Oggi leggo che forse tutto il governo vorrebbe autoaccusarsi e farsi processare insieme con il ministro dell'Interno...il che sarebbe anche moralmente giusto, ma quali conseguenze politiche avrebbe?
#19
@ Acquario
Forse perché le buone intenzioni non bastano...Con Dio o senza di Lui. Magari bastassero!
Noi umani siamo fondamentalmente primati superiori, evoluti e civilizzati da poco tempo (anche se in certi casi non si direbbe), quindi l'istinto della belva, negli individui più passionali, emerge ancora di fronte alle situazioni critiche e alle provocazioni.
Del resto, scusa, abbiamo l'esempio di Caino che era sempre in colloquio a tu per tu con il Padreterno, eppure non si fece scrupolo di assassinare il  fratello e anche dopo il delitto non dimostrò il minimo rimorso.
Sono d'accordo che il senso del sacro faccia parte della natura umana, così come la necessità di distinguere il bene dal male: perché, con diverse modalità, è evidente che ce l'hanno proprio tutti i popoli della terra. Credere in Dio però non è indispensabile, è solo una tappa ulteriore e non obbligatoria che raggiunge la coscienza..
I cinogiapponesi tanto per dire non ci credono, eppure hanno religioni e filosofie molto elevate e raffinate. Non mi pare che i cristiani siano più morali dei taoisti e dei buddisti, anzi spesso tendo a pensare il contrario.
Pensando anche agli indiani politeisti, non si può affermare che i monoteisti abramitici siano superiori a loro dal punto di vista morale ed etico.
Quindi mi sembra si possa concludere che le religioni costituiscono un sostegno essenziale per molte persone, meno importante o superfluo per altre, ma che non sia indispensabile credere in Dio o nel soprannaturale per comportarsi rettamente e umanamente, dato che le norme etiche derivano da una coscienza comune e condivisa da tutti gli uomini in quanto appartenenti al genere umano (e pure gli animali, conoscendoli, possiedono un'etica elementare).
Fatte salve le eccezioni di chi, come Caino, una coscienza sembra non averla o non ascoltarla.
cit. da Apeiron:
CitazioneOssia per dirla in termini più comprensibili il fatto che noi cerchiamo ciò che ha valore suggerisce che l'Etica abbia una radice molto più profonda nel nostro essere rispetto alle contingenze. Anzi è l'etica che ci fa ricercare qualcosa "ch'è più alto" (TLP 6.42). Se la scienza può solo descrivermi le cose, dirmi perchè noi preferiamo questo o quello ma non riesce a spiegarmi cosa è il valore allora rimaneggiando la proposizione TLP 6.42: "le proposizioni" (scientifiche) "non possono esprimere nulla ch'è più alto."
Detto da un filosofo nel modo migliore possibile.
#20
@Eutidemo
CitazioneInvece confesso che mi sfugge chi sia il "condannato importante" nel governo, di cui nessuno parla; come vedi,la mia preparazione non è poi così "mostruosa".  
Chi è?
Ho commesso un errore: in realtà questo politico non fa parte del governo, comunque importante lo dev'essere abbastanza, se per la quarta volta è vicepresidente del Senato! Condannato a 18 mesi per aver detto pubblicamente che ama tanto gli animali, è vero, però una certa signora africana, doppiamente sua collega (sia perché parlamentare sia perché dottoressa in medicina) gli ricorda tanto un orango.
Se questo per il parlamento italiano non conta nulla, mi immagino il resto...
#21
Buonasera Eutidemo,
data la tua mostruosa preparazione in materia posso farti un paio di domande?
Allora procedo... ;)
Secondo te, c'è un unico responsabile eventualmente perseguibile nella vicenda della nave Diciotti, e nel caso chi sarebbe: il ministro dell'Interno, quello della Difesa o il Presidente del Consiglio? Non ho capito chi aveva davvero il potere di decidere se fermare o non fermare quella nave. 
Non spetta certo a me difendere il ministro Salvini, dovrebbero farlo, se mai, quelli che nelle sue piazze inneggiano "C'è un capitano, c'è solo un capitano" sulle note di Guantanamera.
Credo però che qualsiasi governo se vuole apparire affidabile debba agire di comune accordo, almeno nelle decisioni più scottanti ed emblematiche come questa.
Salvini probabilmente non otterrà nessun luogo a procedere dal Parlamento, nemmeno se il M5S gli votasse contro (cosa che per ragioni ideologiche astratte dovrebbe fare).
Siccome lui deve proprio a quella decisione se il suo prestigio è salito di almeno dieci punti nei sondaggi, ora con un rimando diventerebbe il nuovo eroe italico, perseguitato da tutti, perfino dai suoi alleati e invece unico amico del popolo. 
Quindi c'è un rischio che va ben oltre la caduta del governo, ma io credo e spero che non si arriverà a tanto.
Però nel governo c'è un altro recente condannato importante di cui nessuno stranamente parla.  
Come spieghi tu questo silenzio assoluto?
#22
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
27 Gennaio 2019, 17:58:33 PM
Oh, ma qui son tutti poeti oltre che filosofi...che forum meraviglioso. :-*
Dino Buzzati, grandissimo scrittore eppure non famoso quanto meriterebbe. 
Venerato dal mio prof di lettere al ginnasio che trovava sempre modo di leggerci qualcosa di suo, sebbene evitasse i brani più duri e malinconici per non intristirci, i giovani devono sorridere e affrontare la vita serenamente.
Il mio caro prof era laico,  anzi proprio ateo, penso non a caso.
#23
Citazione di: sgiombo il 27 Gennaio 2019, 09:24:37 AM
NOn vorrei che il termine "razza" tenda ad essere abolito in quanto malinteso (dai razzisti) come spregiativo per sostituirlo con pseudoeufemismi, che poi si logorano riacquisendo, presso chi ha la coda di paglia, gli stessi connotati negativi dei termini che sostituiscono.

Esattamente come il termine "negro" presso chi in fatto di razzismo (cioé presunzione di congenite superiorità e inferiorità e non di differenze non quantificabili fra i gruppi umani) ha la coda di paglia é stato sostituito dai ridicoli "di colore" o "nero" (fino al prossimo pseudoeufemismo).
Non vorrei contraddirti, però sinceramente non mi pare questione di coda di paglia.
Sono i "negri" a offendersi di brutto se li chiami così! Non vogliono neanche sentirsi definire "di colore" o "nero", l'unico termine che accettano in America è "afroamericano". Qui da noi perciò si dovrebbe dire afroitaliani, afrotedeschi secondo il luogo in cui vivono.  Se non li vuoi vedere imbufaliti...
Lo so, ti pare eccessivo. Potresti obiettare che noi non ci offendiamo ad essere chiamati "bianchi", però c'è una piccola differenza: il colore chiaro della pelle finora non è stato mai considerato in senso dispregiativo, anzi in un passato recente era segno distintivo di qualità e bellezza raffinata. Fino a pochi anni fa, nessuno usava l'aggettivo "bianco" come insulto, se mai come complimento. Al contrario di "negro", "nigger" e "negher". :-X
Elisabetta I si spalmava di biacca per avere un volto cereo e lunare, molte dame anche nostrane nel settecento lo facevano, le giapponesi odierne hanno il mito del bihaku (bel candore). Forse perché i dominatori e le loro mogli avevano la pelle chiara,  come gli aristocratici che, non trascorrendo le giornate nei campi come i contadini, rispetto a quelli potevano vantare un'epidermide meno arsa dal sole.
Quindi c'è anche un importante discorso classista da valutare, oltre che razzista in senso stretto.
Oggi ci sono ragazze afro che applicano lozioni per schiarire la carnagione e si stirano e sbiondiscono i capelli, ma mediamente il fenotipo africano color ebano e cioccolato è ormai apprezzato da tantissime persone di ambo i sessi nel mondo e sta già diventando motivo d'orgoglio  per chi lo possiede.
Può darsi perciò che fra qualche decennio dovremo preoccuparci noi di essere discriminati in quanto "mozzarelle"! Almeno a giudicare dai nuovi film, quella è la tendenza.
Ipazia forse a questo punto direbbe: "E' il black power, bellezza".
CitazioneIo continuo imperterrito a dire "negro" perché per me non é mai stata una parolaccia).

O i termini "cieco" e "handicappato", presso chi in fatto di handicap ha la coda di paglia sono sati sostituiti da "non vedente" e "disabile", poi "diversamente abile" ...fino al prossimo pseudoeufemismo. Io continuo imperterrito a dire "cieco" e "handicappato" perché per me non sono mai state parolacce.
Prego, fa' pure...ma non ti lamentare se poi ti arriva qualche pugno in faccia!  ;D
Ah già, per tua fortuna non frequenti la scuola dell'obbligo...magari se parli con tua moglie ti racconterà cosa succede con certi genitori e colleghi un po' intolleranti.   :o
#24
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
27 Gennaio 2019, 01:37:42 AM
I Salmi a volte sono sorprendenti, vere opere d'arte. Grazie ad Altamarea per avermelo ricordato...
Gran bell'articolo quello che hai segnalato, Sileno, e grazie anche a te.
Buonanotte e buoni pensieri.
#25
Buonasera Federico Mey2
Ma no, quale ostinazione a negare la seconda ipotesi...io rivedrei le definizioni che tu hai dato, per esempio, perché la 1 mi va un po' stretta e la 2 non mi convince.
Sì, certo, credo che l'intelligenza e la socialità delle persone dipenda in massima parte dall'ambiente in cui crescono. Se, come me, avessi conosciuto qualche bambino africano, messicano o filippino adottato da piccolissimo e cresciuto a Milano, a Bologna o a Napoli, saresti sorpreso nel constatare che parla perfettamente con la cadenza del luogo, rispettando anche la gestualità. E capisce e interpreta perfettamente gli stati d'animo dei suoi interlocutori. Insomma, si comporta in tutto e per tutto come un bambino bianco.
Però ci sono sempre le differenze individuali, non tutti abbiamo lo stesso carattere e nemmeno la stessa intelligenza, intesa non solo come capacità globale di comprendere ma anche come modalità prevalente di apprendimento (secondo il famoso Howard Gardner).
Poi non sono talmente cieca e dissennata da non ammettere che esistono similitudini fisiche (fenotipiche in particolare) anche importanti, legate alle rispettive appartenenze etniche.  
E' il parlare di razza che mi sembra scorretto da quanto ho letto e studiato in proposito.
In biologia ormai è un termine desueto anche per gli animali, e vale in zootecnia per indicare selezioni artificiali operate dagli allevatori.
Nel caso degli uomini non si usa più, non per paura dei razzisti che comunque ci sono e se ne impippano della scienza, ma perché non corrisponde più alle conoscenze attuali.
Anche perché (compresi gli africani e gli asiatici che per noi bianchi sono tutti uguali) le caratteristiche fisiche dei popoli sono molto variabili già all'interno di una sola nazione e soprattutto sono sfumate, presentando caratteri intermedi.
Certo dal colore della pelle, dalla forma del naso e dagli occhi è facile distinguere un africano o un asiatico da un caucasico. Ma già in Africa, i congolesi sono diversi dagli etiopi o dagli egiziani. Non tutti i neri hanno il naso camuso, gli orientali hanno la plica mongolica e i capelli lisci, ma non sono tutti piccoli di statura e pallidi.
Prendendo in considerazione la cosiddetta razza 'bianca', si osserva che le tonalità della pelle vanno dal bianco latte al bruno scuro olivastro, e anche i capelli variano ovunque in Europa dal biondo chiarissimo nordico (peraltro sempre più raro) al nero corvino.
Quindi anche per i fenotipi non si dovrebbe generalizzare poi tanto.
L'attore Rowan Atkinson (Mr Bean) pur essendo britannico è un po' diversino da Roger Moore (ex 007) o da Sean Connery.
Possiamo anche decidere di non credere agli scienziati, beninteso...ma poi bisognerebbe avere almeno uno straccio di teoria da contrapporre, non basta dire genericamente 'per me non è così' o 'la scienza a volte sbaglia'.
Specie poi quando si lancia agli altri l'accusa - neanche troppo delicata - di political correctness dovuta a conformismo e mancanza di coraggio.  ;)
E allora, qual è la tua teoria, Federico? Sono curiosa di saperlo.

Comunque, se per te appartenere a una razza umana consiste  unicamente nel possedere tipici attributi esteriori, senza alcuna valutazione intellettiva o morale, allora diventa indifferente usare il termine etnia, pertanto non vedo il motivo di scegliere un termine ambiguo e obsoleto quando ne hai a disposizione uno chiarissimo che non presta il fianco a fraintendimenti odiosi.
Sulle simpatie e sul sentirsi più vicini a certi gruppi etnici e meno ad altri, ognuno è libero di coltivare le proprie tendenze, è umano. Probabilmente però è la loro cultura che ci attrae e non tanto le caratteristiche individuali. Comunque da ciò è facile scivolare nel razzismo moralistico, c'è solo un piccolo, breve passo...
Bisogna fare molta attenzione a non covare antipatie sotterranee per chi si comporta in modo diverso, perché il rischio in agguato è sempre lo stesso...non sei come noi, non sei dei nostri, quindi non m'interessi, non ti stimo e stammi alla larga...ma ciò è tipico delle persone poco istruite e poco aperte mentalmente. Non credo proprio che tu corra questo pericolo, da quanto scrivi.
#26
Confermo tutto.
Il bello è che, a ben vedere, per i cristiani non dovrebbero neanche esistere le giustificazioni religiose!
Secondo la Bibbia, discendiamo tutti dai tre figli di Noè e Emzara:  Sem, Jafet e il famigerato Cam che vide la nudità del babbo. Siamo tutti fratelli, dunque...e tutti pronipoti di Noè, compresi gli africani...
Insomma, il razzismo è un controsenso evidente per i credenti e anche per i laici, dato che la scienza gli nega qualsiasi fondamento.
Rimane una manifestazione irrazionale, legata a paure ataviche, a credenze popolari e tradizioni distorte.
Ciò non toglie che ci si debba difendere dai criminali e dagli invasori, ma questo è un altro discorso slegato dal razzismo.
#27
Ma di quale salvezza parlate, non capisco, da che cosa dovremmo essere salvati? Da una vita insopportabile, segnata da malattie, povertà, lavoro da sfinimento, fame, guerra, maltrattamenti, umiliazioni...o forse dalla morte che si porta via le persone care, ma in cambio offre pace e sollievo a chi non ha più nessuno e nulla da lasciarsi dietro, altro che il dolore? Per alcuni più fortunati, i radical- chic dell'esistenza, dalla nevrotica paura di vivere?

In ogni caso, come la vogliamo mettere, la filosofia è proprio un magro conforto per chi soffre.
Va bene per chi ha solo lievi problemi esistenziali e la pancia piena, come sottolinea Sari.
Tanti bei paroloni roboanti, tanto orgoglio della ragione, ma cosa sia la realtà lo capiamo solo quando stiamo seduti accanto a un letto d'ospedale, a guardare una persona amata che si spegne lentamente senza poter fare nulla per lei (o lui).
Dopo quel momento tutto cambierà, non saremo mai più gli stessi nei confronti della vita e degli altri.

C'è la fede in Dio e nell'aldilà che aiuta molto, non lo nego. Però bisogna crederci davvero tanto e smettere di ragionare.
Perfino una forte fede religiosa vacilla di fronte all'esperienza di un grande dolore, e ci si comincia a chiedere – ammesso che sia la prima volta – se davvero esiste lassù un Padre buono che promette eterna felicità ai suoi figli devoti, dopo averli fatti soffrire quaggiù nell'inferno dei viventi.
Nessuna spiegazione teologica, nessuna teoria può convincere quando si soffre.

Sinceramente non credo che esista salvezza là fuori e nemmeno in Cielo.
In fondo siamo solo dei bambini spauriti in cerca di conforto. Per tutta la vita cerchiamo di riprovare la sicurezza e la gioia che abbiamo sperimentato in braccio alla mamma, quando eravamo una sola cosa con lei, ma non la ritroveremo mai perché non c'è, da nessuna parte. Non ci può essere. Per questo la morte della madre è un evento devastante per qualsiasi uomo o donna, perché decreta il distacco definitivo da lei e fa percepire l'illusione creduta realtà.
Al tempo stesso, è anche l'inizio di un'esistenza nuova, più consapevole e attenta a quello che sta accadendo fuori dal cerchio magico in cui si era confinati.

Dunque, secondo me per ora non ci possono salvare né le filosofie né le religioni, per lo meno quelle tradizionali.
Resta la speranza – per molti fortunati una convinzione - che ci sia almeno uno scopo in tutto questo, invisibile ai nostri occhi, impalpabile e inverificabile, eppure reale.
A parte il fatto che in fondo, anche se Dio non fosse precisamente il padre amorevole che ci hanno descritto, ciò non significa che non esista a priori, magari sotto altra forma. Potrebbe essere impersonale, diffuso nella natura e in tutta la meravigliosa (o spaventosa) realtà in cui siamo immersi e che abbiamo appena iniziato a conoscere.
La vita biologica potrebbe essere solo uno dei tanti modi in cui questa divinità impersonale si manifesta, di sicuro non il più importante.
Ci ostiniamo a crederci il cuore dell'universo, mentre invece siamo solo un infinitesimale micoplasma in rapporto a una galassia...o anche meno. Se esistiamo o no come emanazione di questa ipotetica 'energia' divina, io penso che siamo comunque fondamentali. Come lo sono i topi, i pipistrelli e le balene, naturalmente...solo con qualche responsabilità in più dovuta all'intelligenza superiore.
E' poi la forma organica a renderci così vulnerabili e timorosi: se i traumi corporei non ci provocassero dolore fisico fino alla morte non saremmo così terrorizzati dal male, anzi, non saremmo neanche in grado di concepirne l'idea. Il concetto metafisico di male lo deriviamo proprio dalla nostra fragilissima carne.
E' così spaventoso per noi il male fisico, che l'abbiamo fatto provare perfino al figlio di Dio sceso in terra, costretto a patire la tortura del Calvario, inchiodato, trafitto da spine e lance e lasciato morire su una croce dopo lunga agonia. La sofferenza morale per Gesù non bastava, occorreva una reale e violenta sofferenza fisica perché Dio potesse dirsi veramente umano, quasi a pareggiare la tremenda punizione inflitta alle sue prime creature.

Ma a volte mi domando, se fossimo dei cyborg, cercheremmo ancora conforto nella religione? O serenità nella filosofia?
Un futuro transumanesimo - l'ennesimo spauracchio moderno - forse risolverà gran parte dei nostri problemi. Ne creerà altri, è indubbio, ma ci libererà dal dolore fisico e dal  terrore della morte biologica. Poi chissà.

focus - cyberg cervello computer
#28
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
25 Gennaio 2019, 19:35:45 PM
Caro Sileno,
la solitudine per me è una patologia dell'anima, come l'innamoramento: si fa sentire moltissimo,  ma non è quasi mai collegata alla realtà, spesso è reale come può esserlo un miraggio. Il che non toglie che a volte possa diventare molto dolorosa e fastidiosa.
Ci si può sentire soli in una grande città dove si incontrano decine di persone ogni giorno e si cammina in mezzo alla folla, e magari felicemente accompagnati in un borgo sperduto fra le montagne, con un'unica persona accanto (se è quella che vogliamo).
E poi ci si può anche sentire soli e felicissimi in un eremo, non credo a lungo, però.
Certo qualcuno troverà pace e gioia nella solitudine, ma sentirsi soli è molto diverso dal voler stare soli per una precisa scelta. C'è sempre una connotazione di tristezza, di rimpianto nel voler stare in compagnia senza riuscirci. 
Peggio ancora dev'essere sentirsi soli vicino a una persona che non ci comprende, che ha elevato un muro di freddezza e indifferenza, se non di ostilità. Ma anche per questo esiste il rimedio, tutto sta nella nostra volontà, nel voler abbattere quel muro...e credimi, è sempre possibile trovare il metodo giusto.
Non è detto però che avere sempre bisogno di contatti umani denoti un carattere socievole, conosco alcuni che cercano continuamente gli amici e poi ci litigano, sparlano, si lamentano di tante cose. Probabilmente hanno solo paura di restare soli perché in quel caso sarebbero costretti a pensare e non ci sono abituati. Pensare è pericoloso, richiede un certo allenamento...
Lo stesso vale per chi passa facilmente da una fidanzata/moglie all'altra: magari lo fa perché non regge la solitudine, più che per un eccesso incontenibile di virilità. 

Oggi, rispetto a vent'anni fa, i rapporti umani sono diventati molto più difficili per le generazioni negli 'anta', in cui mi comprendo anch'io.  :(
Osservo che invece per i giovani non è così, fortunatamente: hanno scambi più superficiali ma anche molto più spontanei, leggeri e sinceri rispetto ai nostri negli anni sessanta-settanta. Noi eravamo più individualisti, di conseguenza anche più indipendenti, selettivi, esigenti nelle amicizie. Almeno per quanto ricordo. Sono stata giovane anch'io, mi sono divertita, ma non avevo tanti amici quanti ne ha mio figlio nato negli ottanta. 
Soprattutto non eravamo così legati da doverci parlare più volte al giorno...
C'era anche parecchia invidia, specie tra le donne. Quindi non mi lascio trasportare dalla  malinconia e dal rimpianto dei verdi anni, per alcune cose forse sì, ok, ma per il resto preferisco il presente! Con tutte le sue ombre e asperità, mille volte meglio la solitudine d'oggi che le false compagnie di ieri.
E poi non disprezzerei tanto i rapporti virtuali nel web, se non creano solide amicizie almeno sono fonte di  riflessioni preziose. 
Un anonimo, un perfetto estraneo può aiutarci a scoprire cose che non avevamo mai sentito dire dai nostri conoscenti e a volte ci può offrire conforto dove loro non possono.
#29
Caro Inverno, viene dalla scuola delle 'Tre I': Internet, Inglese e Impresa. 
Da almeno un quarto di secolo l'insegnamento è completamente asservito alla retorica di mercato, i presidi sono ormai 'dirigenti' con stipendi adeguati al ruolo e non sono più interessati alla didattica o a cosa si fa nelle classi, non gliene può importar di meno. 
Peccato che comunque gli studenti attuali non escano particolarmente pronti ad inserirsi nel mondo produttivo, anche perché c'è molto poco in cui potersi inserire, ma in compenso pare che siano gli ultimi in classifica quanto a capacità di comprensione di un testo.
Tanto, i giovani in gamba che riescono a imparare qualcosa grazie alle loro menti brillanti, malgrado il sistema e studiando praticamente da soli, possono sempre emigrare, così rompono meno le scatole qua da noi. 
Per i bravi professori, o l'emigrazione o il burn-out in patria.

Umberto Galimberti - La degenerazione della scuola
#30
Citazione di: Jacopus il 22 Gennaio 2019, 12:05:34 PM
Se il politicamente corretto sfocia ai livelli del video, allora si sviluppa una evidente connessione con il populismo. Se tutti i valori hanno pari dignità, e tutti possono rivendicare il loro sistema di riferimento per quanto idiota possa essere, l'unico metodo per gestire un tale tipo di società è l'autoritarismo, non più fondato sul tiranno, o sul re assoluto, che dall'alto della sua posizione poteva permettersi di far fiorire l'arte e la cultura. E neppure fondato sul culto della personalità, almeno non solo. Questo autoritarismo è fatto di indifferenza rispetto ai valori e alle argomentazioni, di apparente omologazione del potere con l'uomo della strada, di cialtroneria che rifiuta ogni sguardo competente sulla base del criterio che siamo tutti uguali, tutti medici, ingegneri, professori, politici, generali. Una democratizzazione delle competenze, senza competenze. In una situazione del genere è inevitabile che si tenda a riscoprire come modello regolatore la semplice forza: das Macht, come dicono i tedeschi, che la contrappongono al Gewalt.
Giuste osservazioni, ma la storia non è recente, parte da qualche decennio fa. 
Con il tuo link mi hai offerto lo spunto per parlare un po' dell'istruzione, con cui ho avuto sempre un rapporto di odio-amore.  ;D
La nostra scuola pubblica, senza arrivare ai livelli di quella - chiaramente paradossale- espressa nel video del tuo link, è ormai impregnata marcia di populismo a partire dai primi anni sessanta. 
Ricordo come fosse oggi  quando fu sostituita la vecchia scuola media con la nuova media unica. Ci fu allora un boom d'iscrizioni alle superiori, tanto da dover aggiungere sezioni fino alla lettera P. 
I poveri presidi degli istituti magistrali ammonivano invano i genitori a non iscrivere più i loro figli perché non avrebbero potuto trovare lavoro...macché, era come parlare col muro. La gente si trovava finalmente tra le mani il passaporto per il benessere borghese tanto sognato e mica poteva farselo scappare! Tutti volevano i figli maestri, professori, medici, avvocati, ingegneri...e infatti il passo successivo fu l'università per tutti, con le aule stracolme fino a scoppiare, esami collettivi e il diciotto garantito (con le buone o con le cattive).
Questa fu per le masse la rivoluzione del sessantotto, altro che idealismi e arzigogoli da figli di papà. Mi ero illusa anch'io che alla base dei moti studenteschi ci fosse una vera, profonda pulsione a una sana rivoluzione sociale, in parte c'era senz'altro ma non fu quella ad emergere: anzi fu addomesticata e ridotta in uno squallido piano populista perseguito dalle classi dominanti dell'epoca.
I politici di allora sapevano benissimo cosa sarebbe successo, perché l'avevano programmato a tavolino. 
Infatti l'opera fu completata permettendo l'accesso a tutte le facoltà universitarie con qualsiasi diploma di scuola superiore (compresi gli istituti tecnici e i professionali, purché si aggiungesse il quinto anno integrativo  :-\ ).
Nella scuola elementare furono aboliti i voti numerici, divenuti ormai troppo politicamente scorretti, e addio anche alla vecchia maestra unica, considerata retaggio ottocentesco, sostituendola  con un team pedagogico di cinque o sei insegnanti dalle disparate attitudini (ottima soluzione per occupare i sovrabbondanti diplomati di cui parlavo prima). 
Capitava così, per assurdo, che un maestro molto  versato in matematica dovesse insegnare le meno amate e conosciute storia e geografia perché  un collega più anziano rivendicava per sé l'ambito matematico, anche se di solito l'ambito linguistico era il top delle ambizioni e il vero pomo della discordia. 
All'interesse vero degli studenti, cioè quello di ricevere il miglior insegnamento possibile, non pensava nessuno. I presidi cercavano di mediare, ma non volevano fastidi, specie con le famiglie e coi docenti di serie A.
Ci fu l'epoca del "giudizio", in pratica una pappardella moralistica condita di psicologismo a buon mercato che diceva tutto e niente sulle reali competenze dello scolaro, ma  permetteva ai docenti (o meglio a quello d'italiano che, generalmente,  comandava su tutti) di emettere apodittiche quanto superficiali valutazioni sull'intelligenza, le capacità, la socialità e il carattere di ogni ragazzo senza averlo sottoposto ad alcun tipo di test.
E via via, ogni governo gattopardesco cambiava qualcosa senza cambiare niente: grembiulino sì, grembiulino no, pagella cartacea, registro digitale, A, B, C, D, E, F....no, Ottimo, Distinto, ecc. (tranne Eccellente, mai previsto forse per un residuo di pudore).
Non può essere un caso se oggi uno dei due partiti al governo intende ripristinare l'insegnante unico, anzi, vuole un prof che segua gli alunni dalle elementari alle superiori ( naturalmente sarà quello d'italiano) mentre gli altri docenti rimarranno solo figure satellitari di scarso rilievo formativo. 
Sembra un provvedimento rivoluzionario, invece si tratta sempre di populismo (l'altra faccia della medaglia) che non risolverà i reali problemi della scuola. Ai quali non ha mai voluto né potuto rimediare nessuno.