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Messaggi - Menandro

#16
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Maggio 2019, 22:16:02 PMPerò i valori morali sono assunti, diciamo, "come se" fossero oggettivi; e questo è facilmente riscontrabile nella legge (che dal valore morale deriva), "uguale per tutti" proprio in quanto assunta in maniera "ab-soluta" (cioè sciolta dall'interpretazione individuale).

Scusa, ma il discorso sulla morale viene sviluppato già in diversi topic; forse si può restare più vicini allo spunto iniziale conservando la struttura di questo tuo pensiero. In un'ottica materialista "monista" o si nega la mente o il rapporto cervello-mente è visto come creazione/produzione della seconda da parte del primo, quindi come un rapporto di causa-effetto. Ma sempre in quest'ottica il rapporto di causa-effetto è un prodotto della mente, che viene qui presupposto come immutabile, indipendente dell'esistenza di questo o quel cervello. Quindi da un punto di vista materialista sarebbe più coerente su questo tema sostituire alla solidità del rapporto causa-effetto un approccio più dubitativo-probabilistico.
#17
Citazione di: odradek il 03 Maggio 2019, 16:16:33 PMLa nostra realtà non comprende un livello immateriale. Da dove lo ricavi o deduci questo livello immateriale della realtà ? Come lo esperisci ? Pensieri e loro contenuti, non stanno in Dio (od in una causa ultima) e non stanno nel cervello. Mi sento sempre a disagio nelle domande dirette ma qui la curiosità è più forte della discrezione; Quindi, dove secondo te ?

Anche questa è una affermazione non dimostrata e assunta come effettiva. Finché non abbiamo questa dimostrazione, stiamo confrontando dei miti (tutti problematici sul piano razionale): uno è che quella parte della nostra esperienza che consiste nei pensieri e nei loro contenuti sia una creazione del nostro sistema nervoso, un altro che sia il risultato dell'interazione fra il nostro sistema nervoso e un livello immateriale di questa stessa mondanissima realtà. Proprio non ti piace? :D

@Jacopus
Va bene, ma empatia, depressione, euforia e innamoramento sono emozioni: che l'innamoramento sia una specie di sindrome biochimica mi sembra verosimile, anch'io lo vedo così. Per il resto del tuo intervento sono d'accordo con te.
#18
Citazione di: odradek il 03 Maggio 2019, 14:46:56 PMLa coscienza, la mente, i pensieri, tutto riferito a Dio, tutto riferito ad una realtà che non sia questa

Perché riferito a Dio? La realtà sarebbe comunque questa, la nostra realtà, comprendente anche un livello immateriale. Non somiglia a Dio l'idea che la realtà consista in un Principio Unico, la materia? In entrambi i casi stiamo cercando di "farci" una ragione di determinati fenomeni, senza riscontri incontrovertibili, quindi le nostre spiegazioni rimangono in parte nel campo del mito. L'idea che i pensieri e i loro contenuti occupino uno spazio nel cervello a me non sembra meno fantasiosa e audace dell'altra. ;)
#19
Citazione di: bluemax il 30 Aprile 2019, 12:37:31 PMChe quelle percezioni, idee ed emozioni ci forniscano un'immagine veritiera della realtà non è assolutamente vero.
Questa in realtà è una questione aperta: ci sono decine di discussioni nel forum a testimoniarlo. ;)

Citazione di: bluemax il 30 Aprile 2019, 12:37:31 PMPassiamo il tempo a cercare fonti di gratificazione (ciambelle coperte di zucchero a velo, incontri sessuali, promozioni prestigiose, acquisti online) ma il brivido si dissipa in fretta, e dietro di sé lascia SEMPRE il vuoto.
Lascia il vuoto se il tuo approccio a queste cose è stato quello della macchina divoratrice, se eri completamente dominato da quelle pulsioni, se eri come costretto a farlo.

Citazione di: bluemax il 30 Aprile 2019, 12:37:31 PMIn cosa consiste, esattamente, l'illusorietà dell'inseguire ciambelle, sesso, beni di consumo o una promozione? La sopravvalutazione della gioia che ci daranno.
E tu impara a non sopravvalutarla, forse è più facile che imparare a nullificarla.

Citazione di: bluemax il 30 Aprile 2019, 12:37:31 PMProvate a mettervi nei panni della natura: se doveste creare...
La selezione naturale ha progettato il piacere
Così ti crei nell'immaginazione un dio malvagio che ha progettato la tua sofferenza per un suo imperscrutabile scopo, in questo modo rendi peggiore il quadro generale e moltiplichi la sofferenza.

Citazione di: bluemax il 30 Aprile 2019, 12:37:31 PMSiamo ancora bloccati nel naturale ciclo umano della ricerca, (inutile) del piacere ma se ne intravede l'assurdità.
Il piacere non è inutile, e non è necessariamente dannoso.

Citazione di: bluemax il 30 Aprile 2019, 12:37:31 PMla scoperta di questa TREMENDA verità.
A me sembra tremendo distruggere la parte buona dalla vita per difendersi da quella cattiva.
#20
Quello che a me sembra incredibile non è tanto la resurrezione quanto il significato spirituale che le viene attribuito, cioè il sacrificio tramite cui Dio riscatta l'uomo dal peccato (a cui lui stesso lo aveva abbandonato). La perversità di questo "disegno divino" per me è ancora più inaccettabile della semplice trasgressione delle leggi naturali implicata nella resurrezione e nei miracoli.
Per questo trovo poco interessante analizzare razionalmente quanto raccontato nei vangeli, che sono testi di natura agiografica, e non storica. D'altra parte, se fossi credente e volessi confermare qualcuno nella fede, l'ultimo argomento che sceglierei sarebbe la verosimiglianza della "storia sacra", come se si trattasse di leggere i vangeli alla ricerca di indizi razionalmente plausibili per risolvere il "giallo" della tomba vuota. Gli consiglierei di tenersi lontano dalla storia in generale, perché la storia del cristianesimo, che a qualcuno sembra coi suoi successi un argomento a favore, è così piena di meschinità e orrori da poter essere letta altrettanto bene come una gigantesca confutazione.
#21
Citazione di: 0xdeadbeef il 21 Aprile 2019, 15:50:14 PMMa se diciamo: "la problematica aperta dalla modernità ci sta portando sull'orlo di un abisso" (Paul). Oppure: "il problema è quale costruzione filosofica riesca a dare un senso all'esistenza" (sempre Paul). Oppure ancora (e in maniera trovo grottesca): "siamo da sempre e per sempre, nella Gloria, salvi dal nulla" (Severino) tutto il nostro ragionamento è un ragionamento "tecnico". O almeno lo è stando alla definizione che lo stesso Severino dà della "tecnica": "il rimedio che l'uomo escogita allo scopo di rimediare all'angoscia suscitata dal divenire". Ora, Severino è senza dubbio un grande pensatore (chi ha letto almeno qualcuna delle sue opere sa di quale mirabile intuito e profondità è capace), però non sfugge alla tentazione antica che da sempre "minaccia" la filosofia: quella di voler rendersi utile...

Secondo me sarebbe peggio una filosofia inutile  :) Il "rimedio" c'è comunque, magari sottinteso, quindi tanto vale esplicitarlo, come fece Epicuro, o in maniera diversa Nietzsche.

Citazione di: 0xdeadbeef il 21 Aprile 2019, 15:50:14 PMSeverino non avrebbe potuto limitarsi ad individuare l'origine del nichilismo (cosa che fa con grandissima acutezza) senza poi proporre pastoni indigeribili come quello che prima riportavo? 

Anche io preferisco il primo Severino. Riguardo al suo "rimedio", penso che in fondo non sia poi così consolatorio. Il suo pensiero è rigidamente dominato dalla Necessità, come quello di Parmenide, e mi sembra che l'unico modo di pensare l'eternità dell'essere sia il "pensiero abissale" di Nietzsche, l'eterno ritorno dell'identico. Ma non ho letto il libro in cui parla di questa convergenza. Altrove ho letto che sottolinea delle differenze, che però mi sembrano poco convincenti.
#22
Citazione di: davintro il 20 Aprile 2019, 15:55:44 PM
Citazione di: Menandro il 19 Aprile 2019, 19:48:56 PM@davintro Provo a dare il mio contributo: secondo Severino, da un lato Aristotele ha il merito di enunciare il principio di non contraddizione, che respinge immediatamente il proprio negativo, dall'altro però intende temporalmente questo principio, quando nel Liber de Interpretatione scrive: "E' necessario che l'essere sia, quando è, e che il non essere non sia, quando non è; tuttavia non è necessario che tutto l'essere sia, né che tutto il non essere non sia". Nell'inciso "quando è" è pensata la contraddizione, cioè la possibilità che l'essere non sia. Questa contraddizione "nascosta" avrebbe per Severino un ruolo nello sviluppo nichilistico del pensiero occidentale.
credo qua sarebbe opportuno chiarire il contesto concettuale in cui in quest'opera, che confesso non ho letto, Aristotele utilizza la nozione di "essere". Nel caso fosse intesa nell'accezione parmenidea, l'Essere come idea generale, comprendente in modo indifferenziato la totalità degli enti, escludente il Nulla al di fuori di sé, emergerebbe la contraddizione di cui stiamo parlando. L'Essere perderebbe la sua eternità, restando soggetto a subire l'azione distruttiva di un agente causale esterno ad esso, vale a dire il Nulla, che verrebbe assurdamente presentato come causalità positiva efficiente, in quanto fattore di nullificazione dell'essere. Se invece, come penso sarebbe più lineare e coerente con lo spirito dell'ontologia aristotelica nel suo complesso, non si intende "essere" in generale, ma "essere" inteso come essere dei singoli enti mutevoli, allora la contraddizione dell'essere che si annulla, verrebbe superata nella distinzione di un livello della cosa essenziale, al di là del divenire, e di quello accidentale, che soggiace al divenire. L'essere della singola cosa non si ridurrebbe al primo livello, ma, comprendendo anche gli accidenti, comprenderebbe il divenire, e dunque si porrebbe come non-necessario, in riferimento al suo esistere. Ma la contingenza e la mutabilità riguarderebbe l'esistenza, non l'essenza, che invece, necessariamente ed eternamente, continuerebbe a imporre alla cosa una regola delimitante le sue possibilità di sviluppo, sulla base della suo significato logico sovratemporale, indipendentemente dal fatto che l'attualizzazione della cosa come esistente resterebbe contingente. Sarebbe contingente il passaggio all'esistenza, ma non la regola, che, nel caso la cosa esistesse, l'essenza ad essa imporrebbe. E dato che anche l'essenza è compresa nell' "essere", la nullificazione dell'esistenza della singola, non sarebbe, contraddittoriamente, la nullificazione dell'essere in generale, che nella sua dimensione essenziale e formale, continuerebbe ad avere un senso positivo, e altro rispetto al nulla. Il nulla sopprimerebbe nel divenire le componenti accidentali della cosa, non quelle essenziali, cosicché l'essere resta costante presenza nella cosa

Penso che il senso del discorso di Aristotele sia proprio quello che hai indicato: tenendo ferma l'evidenza del divenire, si può distinguere tra l'essere degli enti, e l'essere al suo livello essenziale. Ma Severino contesta proprio che sia lecito fare questa distinzione, sostiene che l'essere non può essere qualcosa di accidentale, perché l'opposizione al nulla non è una proprietà, ma il senso stesso dell'essere. Parmenide ha enunciato "la verità dell'essere" (cioè l'opposizione assoluta di essere e non essere), ma poi ha tenuto separato l'essere dalla molteplicità delle determinazioni, che per lui sono soltanto "nomi". Per Severino invece "l'essere non è la totalità vuota delle determinazioni del molteplice (Parmenide), ma è la totalità delle differenze, l'area al di fuori della quale non resta nulla, ossia non resta alcunché di cui si possa dire che non è un nulla. L'essere è l'intero del positivo [...] Ogni determinazione è una positività determinata, un determinato imporsi sul nulla: essere determinato (ente)." Quando noi diciamo che un determinato ente non è più, diciamo che quell'essere determinato è diventato nulla, ma secondo Severino il nulla può essere predicato solo del nulla, "non è" si può dire solo del nulla.
#23
@davintro

Provo a dare il mio contributo: secondo Severino, da un lato Aristotele ha il merito di enunciare il principio di non contraddizione, che respinge immediatamente il proprio negativo, dall'altro però intende temporalmente questo principio, quando nel Liber de Interpretatione scrive: "E' necessario che l'essere sia, quando è, e che il non essere non sia, quando non è; tuttavia non è necessario che tutto l'essere sia, né che tutto il non essere non sia". Nell'inciso "quando è" è pensata la contraddizione, cioè la possibilità che l'essere non sia. Questa contraddizione "nascosta" avrebbe per Severino un ruolo nello sviluppo nichilistico del pensiero occidentale.
#24
Scusa Viator, ma quello che mi attribuisci non è un mio pensiero, probabilmente ti sei confuso.
#25
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 11:41:00 AM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2019, 08:14:32 AMPremetto ancora una volta che su Kant, dati i miei limiti culturali, potrei sbagliarmi. Ma indipendentemente da qualsiasi pretesa di fedeltà al konigsbegese (ragiono "a ruota libera", sulla questione, non allo scopo di capire Kant ma di cercare di capire la realtà in cui vivo), mi sembra chiaramente sensato e intelligibile intendere il noumeno o cosa in sé come non apparente sensibilmente alla coscienza (non-fenomeno, letteralmente) ma pensabile, immaginabile: ciò (qualcosa di in qualche inevitabilmente oscuro modo o senso reale) che continuerebbe ad esistere anche in assenza di percezione fenomenica dei fenomeni coscienti (che potrebbe includere il soggetto e gli oggetti di essi; ma essendo per definizione non osservabile potrebbe essere "di tutto e di più", ivi compreso eventualmente "il nulla", dal momento che é -per me; senza pretendere di fare una corretta esegesi di Kant- indimostrabile, oltre che ovviamente non empiricamente constatabile, -ma solo ipotizzabile: potrebbe anche non esserci realmente).

Anche a me sembra sensata l'idea che continui ad esistere ciò che non appare attualmente alla coscienza. Ma per come ho capito io - magari sbagliando, devo leggere con attenzione la citazione riportata da @Lou - per Kant il noumeno non è l'attualmente non noto, bensì un livello ulteriore della realtà a noi precluso (ulteriore rispetto al fenomeno).
#26
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 11:37:18 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Marzo 2019, 10:00:46 AMCiao Menandro Ti "ri-cito" Gentile: "l'oggetto, in quanto pensato, non può essere una realtà indipendente dal soggetto che lo pensa". Questo vuol chiaramente dire che la "cosa in sé", in quanto pensata, è un fenomeno... Certo, è così, e per comprendere questa (apparente) contraddizione è necessario tornare al concetto di "intuizione immediata", concetto di radice stoica poi ripreso soprattutto dalla filosofia anglosassone (come illustro sinteticamente in altri dei miei ultimi interventi). Visto che quel che è in discussione è l'intero "sguardo sul mondo" occidentale (perchè è questo che Levinas dice), è necessario tornare almeno un attimo alla radice "assoluta" (che, come dice Levinas, è la "fusione" platonica di soggetto e oggetto - sono costretto a rimandarti ai precedenti interventi). Questa "fusione" (evidentissima in S.Agostino, che dice: "ogni conoscenza deriva insieme dal conoscente e dal conosciuto"), nello Stoicismo, non avviene. Nello Stoicismo soggetto e oggetto (conoscente e conosciuto) rimangono nettamente distinti, e l'oggetto, percepito in maniera "evidente ed immediata", rimane appunto "altro" dal soggetto che ne viene a conoscenza. Ora, chiaramente di acqua sotto i ponti ne passa parecchia prima di arrivare ai nostri giorni. Diciamo che questi due "filoni" di pensiero sopravvivono appunto fino all'Idealismo, che sotto certi aspetti fa piazza pulita perfino dell'empirismo anglosassone classicamente inteso (che ancora distingueva il soggetto dall'oggetto). Un Idealismo che, si badi bene, anche per Levinas non dice certo sciocchezze (quella di Gentile non è certo una sciocchezza), ma porta a conclusione (appunto nella "ontologia dell'io" contemporanea) quella "fusione" che per Levinas parte già con Parmenide. Ora, il discorso è, ovviamente, molto complesso me ne rendo conto). Ma per capirlo occorre a mio parere andare "là" dove l'oggetto "scompare" NEL soggetto. e questo luogo è "fra" Kant e Fichte. saluti

L'affermazione di Gentile "l'oggetto, in quanto pensato, non può essere una realtà indipendente dal soggetto che lo pensa" che sia vera o meno non è contraddittoria. E' contraddittorio, una volta che ci siamo posti da un punto di vista idealistico, continuare a parlare di cosa in sé. Per Gentile la cosa in sé non esiste, perché tutto appare all'interno del pensiero. Quindi, se Gentile ha ragione, Levinas ha torto, perché non c'è più niente che non sia riducibile al soggetto pensante. Quello che non ho capito è chi dei due secondo te ha ragione.
Chiedo scusa se mi esprimo sbrigativamente, non è un tono polemico, ma sto facendo due cose alla volta... mi rendo conto che per le mie capacità è un azzardo :)
#27
Citazione di: viator il 28 Marzo 2019, 22:09:14 PMIn questo modo tutto il bene sta dalla parte di Dio e tutto il male risulta di radice umana. E questo non sarebbe manicheismo ?
Hai ragione, ma io pensavo al manicheismo storico, che considerava anche il male come principio eterno, in opposizione assoluta al bene.
#28
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 22:02:01 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Marzo 2019, 20:41:18 PMMa perchè mai non si potrebbe conoscere se "c'è" o se "non c'è"? Se, come dici, la conoscenza fenomenica deve derivare da qualcosa che fenomeno non è (o, detta nei termini della semiotica, al "segno" deve corrispondere la cosa che il segno indica), allora perchè mai, secondo logica, la "cosa in sé" non sarebbe conoscibile nella sua mera esistenza?

la "cosa in sé" è da Kant intesa come un qualcosa che il "nous", l'intelletto, può "afferrare" (nota il concetto di chiara dericazione stoica) fermo restando, ed è ovvio, l'inconoscibilità.

Salve 0xdeadbeef,
hai citato Gentile e Severino: in questo caso alla tua domanda Severino risponderebbe che il concetto di cosa in sé è contraddittorio, cioè secondo logica se l'intelletto la può afferrare, la cosa non è più "in sé", ma aperta al conoscere. Se anche solo la sua esistenza è manifesta, l'inconoscibilità non sussiste.
#29
Il cattolicesimo non è manicheo, perché propende per la non sostanzialità del male (come ti hanno detto i frati).
Le religioni dualistiche e in generale le religioni che vedevano il mondo divino come pluralità e complessità potevano spiegare più facilmente l'esistenza del male.
Ma per gli antichi ebrei, che credevano in un Dio unico, il male era privo di un patrono divino, quindi inspiegabile. Se Dio è sorgente del bene, da dove viene il male? Per salvare il Dio unico dal sospetto di essere anche sorgente del male, ne scaricarono la responsabilità sull'uomo. Se esiste il male è colpa vostra. Il cristianesimo è cresciuto su questo terreno, da qui la risposta che ti hanno dato i frati. Su questo punto il cattolicesimo va anche oltre l'ebraismo e l'ortodossia, affermando che l'uomo nasce colpevole, gravato dal peccato. Così Dio non è responsabile nemmeno della sofferenza degli infanti.
#30
Citazione di: Lou il 12 Marzo 2019, 00:03:18 AMEh, diciamo che il congiuntivo da corso alla prospettiva di una filosofia trascendentale, che è, per l'appunto una possibilità.
Non dev'essere un caso se questo tipo di filosofia si è sviluppata storicamente in Grecia e in India, dove erano parlate lingue estremamente complesse e ricche di potenzialità già a livello morfologico. Questa complessità, particolarmente evidente nel sistema verbale, testimonia la complessità di pensiero degli uomini, remotissimi nel tempo, che elaborarono le varietà indoeuropee del greco e del sanscrito. Solo molto più tardi, nella filosofia, si manifestarono le potenzialità in un certo senso già implicite nella lingua. O almeno, sono relativamente recenti le testimonianze (scritte) che noi ne abbiamo.