Per me e' abbastanza semplice: determinismo vince su libero arbitrio e caso, perche' all'infinito, in uno spazio di combinazioni possibili finite, tutte le possibilita' si realizzano.
Esiste solo l'infinito, combinato con altri infiniti in grado maggiore o minore, e tutto a questo mondo e' ritmo (e quindi in senso psicologico e' anticipazione o attesa): se lancio un dado a sei facce, devo aspettare, relativamente meno tempo, meno lanci, perche' mi esca un qualsiasi numero pari, e relativamente piu' tempo, e piu' lanci, perche' mi esca proprio il numero sei. E cosi' sono, almeno secondo me, tutte le cose possibili e reali dell'universo, tanti cuori o tanti orologi che battono a ritmo diverso... con le cose, e le configurazioni di cose, improbabili, che battono a ritmo lento, e le cose, probabili che battono a ritmo veloce. Ma ognuno batte all'infinito in un tempo infinito. Tanti orologi in un certo senso tutti diversi, in un altro tutti uguali.
Noi ci siamo inventati il concetto di "caso" perche' ci sono cose di cui non campiamo abbastanza a lungo per vedere la ripetizione, prima tra tutte, la nostra stessa vita, cioe', in altre parole ci siamo inventati il concettl di "caso", perche' alcuni orologi, tra quelli che ci circondano, non sono orologi per noi: battono a ritmo troppo lento, e cosi' facendo, producono l'illusione dell'eccezionale e dell'unico. Pochi vincono la lotteria di capodanno, nessuno la vince due volte di seguito, allora, noi diciamo che la lotteria, come fenomeno, non e' un orologio tra gli orologi; e' qualcosa di strano, di eccezionale, di bizzarro, di speciale; piu' propriamente, dovremmo dire che la lotteria, non e' un orologio tra gli orologi per noi. A me appare piu' che evidente, che all'infinito, invece, lo sia, e pure che la natura, in quanto grande sfondo cosmico, in quanto luogo in cui realmente abitiamo e siamo se ne infischi, di quello che sia, o non sia, un orologio per noi. Da cui, l'inessenzialita' del caso rispetto al determinismo.
Sull'inessenzialita' del libero arbitrio non mi soffermo nemmeno: perche' ci sia veramente, e fondamentalmente il libero arbitrio, ci dovrebbe essere un effetto senza cause, insomma un "essere" e una realta' di qualche tipo che nasca e si generi dal nulla, esattamente come per il caso.
La vera e unica dignita' filosofica del libero arbitrio, e' che esso, per chl veramente lo comprende, e' un pensiero abissale che contempla la possibilita', in generale per l'uomo o per un essere senziente, di scegliere il male per il male.
Di sbagliare a informazioni corrette e a corretta prevedibilita' delle conseguenze. La ribellione luciferina eccetera eccetera.
Libero arbitrio, non e' quando scegli frivolamente qualcosa in generale, tipo scegliere una nuova marca di tonno da comprare o un nuovo partito politico da votare nello scaffale elettoralistico/consumistico; e' quando, nella vita, scegli assurdamente la cosa per te sbagliata, nella correttezza e nell'esaustivita' delle "informazioni" in senso lato (quindi anche: sensazioni, sentimenti eccetera) che ti avrebbero dovuto portare, invece, a scegliere quella per te giusta. Insomma c'e' alla base di tutto cio' una affermazione originariamente teologica volta a sostenere che quella diretta e consapevole tra il bene e il male per l'uomo sia una vera, e possibile, scelta, e non sia scontata, nell'esito, inevitabile verso il bene. Che non basti, all'uomo, la completezza e la correttezza delle informazioni in merito a un certo argomento, a scegliere il bene e a dare per scontato che sara' scelto il bene in merito a quello stesso argomento.
Il vero mistero, e' come una roba del genere, una ipotesi del genere, in realta' abbastanza inquietante, possa essere (sistematicamente!) fraintesa in chiave ottimistica, radiosa, positiva.
"Menomale che abbiamo il libero arbitrio!".
Cioe' menomale che crediamo cosi' fermamente che l'oggetto della volonta', di chiunque, in generale e come legge generale sia (sempre) il (suo, quantomeno attuale) bene, da continuare a crederlo, che lo sia, anche quando l'oggetto della volonta', di qualcuno, e specialmente nostro, e', palesemente e a informazioni corrette, il male. Il peccatore dannato all'inferno, ottiene la soddisfazione, della sua volonta'. Cioe' non il male assoluto egli ottiene, ma un bene minore nella scala e nella gerarchia dei beni. Se, per assurdo, quello stesso dannato all'inferno non avesse avuto informazioni complete, comprensibili corrette, al momento di scegliere tra il bene e il male, la colpa, di tutti i suoi peccati, sarebbe stata di Dio. E lui, sarebbe all'inferno ingiustamente.
Detto questo, potete anche scegliere quale colore di scarpe mettervi una bella mattina o quale squadra tifare; quello che e' importante che capiate, e' che una scelta che non sia, almeno remotamente, di natura edonistica, programmatica, strumentale o etica, cioe' tra un "bene" e un "male" variamente intesi, e' assolutamente irrilevante ai fini del libero arbitrio. Che non e' un discorso sulla liberta' in generale, ma sulla liberta' di scegliere il male per il male.
Il che poi e' abbastanza ovvio: l'uomo non e' tormentato al pensiero della liberta' in generale, e' tormentato al pensiero della liberta' nell'ambito di quelle scelte, che siano in qualche modo significative per lui.
Ed e' assurdo, premiare o punire scelte dettate dal libero arbitrio, esattamente come sarebbe assurdo, premiare o punire scelte dettate dal (cieco) determinismo. il libero arbitrio e' scelta diretta e consapevole tra bene e male, quindi, per definizione, il libero arbitrio e' (gia') premio e punizione a se stesso.
Chi fa scelte "arbitrarie", proprio per il fatto che quelle scelte sono arbitrarie nel senso visto prima, dunque prescindenti dalla completezza delle informazioni nel senso, che la implicano sempre, tale completezza, come ragione necessaria ma non mai, anche, sufficiente, se ci pensate un attimo, si e' gia', autopunito o autopremiato. A monte. Ogni giustizia a posteriori e' impotente, e' un suggello su una volonta' gia' espressa e quindi, nella migliore delle ipotesi un ulteriore compimento, di quella stessa volonta'.
Si e' gia' scelto, il bene per il bene, o il male per il male. E' gia', tutto compiuto. Il premio, o la punizione, esteriori, o esterni, nel senso di imposti o concessi allo scegliente ad opera di qualcun altro, se pensiamo e premettiamo che una scelta del genere, la scelta "arbitraria" appunto, sia filosoficamente possibile e che qualcuno realmente la faccia, non giungono, mai "imprevisti", realmente "esterni" alla sogettivita' dello scegliente. E quindi, essi, proprio in quanto premi o punizioni necessariamente "a posteriori" sono neutralizzati, completamente procedurali, non aggiungono niente, alla volonta' e al discernimento originario presso cui si sono gia', paventati e prodotti.
In parole molto piu' semplici, premio di un libero arbitrio che abbia portato, nell'arbitrio stesso, a scegliere il bene non puo' che essere la, eventuale, coscienza di aver fatto la cosa giusta, punizione di uno orientato verso il male, non puo' che essere, l'eventuale, rimorso. Con tutte le medaglie al valore, premianti, e le prigioni, punitive del mondo, si andrebbe a premiare o punire, semmai, qualcosa di ulteriore, che con la scelta "arbitraria" originale non c'entra e non c'entrarebbe. Niente di niente. E niente ci potrebbe entrare.
Esiste solo l'infinito, combinato con altri infiniti in grado maggiore o minore, e tutto a questo mondo e' ritmo (e quindi in senso psicologico e' anticipazione o attesa): se lancio un dado a sei facce, devo aspettare, relativamente meno tempo, meno lanci, perche' mi esca un qualsiasi numero pari, e relativamente piu' tempo, e piu' lanci, perche' mi esca proprio il numero sei. E cosi' sono, almeno secondo me, tutte le cose possibili e reali dell'universo, tanti cuori o tanti orologi che battono a ritmo diverso... con le cose, e le configurazioni di cose, improbabili, che battono a ritmo lento, e le cose, probabili che battono a ritmo veloce. Ma ognuno batte all'infinito in un tempo infinito. Tanti orologi in un certo senso tutti diversi, in un altro tutti uguali.
Noi ci siamo inventati il concetto di "caso" perche' ci sono cose di cui non campiamo abbastanza a lungo per vedere la ripetizione, prima tra tutte, la nostra stessa vita, cioe', in altre parole ci siamo inventati il concettl di "caso", perche' alcuni orologi, tra quelli che ci circondano, non sono orologi per noi: battono a ritmo troppo lento, e cosi' facendo, producono l'illusione dell'eccezionale e dell'unico. Pochi vincono la lotteria di capodanno, nessuno la vince due volte di seguito, allora, noi diciamo che la lotteria, come fenomeno, non e' un orologio tra gli orologi; e' qualcosa di strano, di eccezionale, di bizzarro, di speciale; piu' propriamente, dovremmo dire che la lotteria, non e' un orologio tra gli orologi per noi. A me appare piu' che evidente, che all'infinito, invece, lo sia, e pure che la natura, in quanto grande sfondo cosmico, in quanto luogo in cui realmente abitiamo e siamo se ne infischi, di quello che sia, o non sia, un orologio per noi. Da cui, l'inessenzialita' del caso rispetto al determinismo.
Sull'inessenzialita' del libero arbitrio non mi soffermo nemmeno: perche' ci sia veramente, e fondamentalmente il libero arbitrio, ci dovrebbe essere un effetto senza cause, insomma un "essere" e una realta' di qualche tipo che nasca e si generi dal nulla, esattamente come per il caso.
La vera e unica dignita' filosofica del libero arbitrio, e' che esso, per chl veramente lo comprende, e' un pensiero abissale che contempla la possibilita', in generale per l'uomo o per un essere senziente, di scegliere il male per il male.
Di sbagliare a informazioni corrette e a corretta prevedibilita' delle conseguenze. La ribellione luciferina eccetera eccetera.
Libero arbitrio, non e' quando scegli frivolamente qualcosa in generale, tipo scegliere una nuova marca di tonno da comprare o un nuovo partito politico da votare nello scaffale elettoralistico/consumistico; e' quando, nella vita, scegli assurdamente la cosa per te sbagliata, nella correttezza e nell'esaustivita' delle "informazioni" in senso lato (quindi anche: sensazioni, sentimenti eccetera) che ti avrebbero dovuto portare, invece, a scegliere quella per te giusta. Insomma c'e' alla base di tutto cio' una affermazione originariamente teologica volta a sostenere che quella diretta e consapevole tra il bene e il male per l'uomo sia una vera, e possibile, scelta, e non sia scontata, nell'esito, inevitabile verso il bene. Che non basti, all'uomo, la completezza e la correttezza delle informazioni in merito a un certo argomento, a scegliere il bene e a dare per scontato che sara' scelto il bene in merito a quello stesso argomento.
Il vero mistero, e' come una roba del genere, una ipotesi del genere, in realta' abbastanza inquietante, possa essere (sistematicamente!) fraintesa in chiave ottimistica, radiosa, positiva.
"Menomale che abbiamo il libero arbitrio!".
Cioe' menomale che crediamo cosi' fermamente che l'oggetto della volonta', di chiunque, in generale e come legge generale sia (sempre) il (suo, quantomeno attuale) bene, da continuare a crederlo, che lo sia, anche quando l'oggetto della volonta', di qualcuno, e specialmente nostro, e', palesemente e a informazioni corrette, il male. Il peccatore dannato all'inferno, ottiene la soddisfazione, della sua volonta'. Cioe' non il male assoluto egli ottiene, ma un bene minore nella scala e nella gerarchia dei beni. Se, per assurdo, quello stesso dannato all'inferno non avesse avuto informazioni complete, comprensibili corrette, al momento di scegliere tra il bene e il male, la colpa, di tutti i suoi peccati, sarebbe stata di Dio. E lui, sarebbe all'inferno ingiustamente.
Detto questo, potete anche scegliere quale colore di scarpe mettervi una bella mattina o quale squadra tifare; quello che e' importante che capiate, e' che una scelta che non sia, almeno remotamente, di natura edonistica, programmatica, strumentale o etica, cioe' tra un "bene" e un "male" variamente intesi, e' assolutamente irrilevante ai fini del libero arbitrio. Che non e' un discorso sulla liberta' in generale, ma sulla liberta' di scegliere il male per il male.
Il che poi e' abbastanza ovvio: l'uomo non e' tormentato al pensiero della liberta' in generale, e' tormentato al pensiero della liberta' nell'ambito di quelle scelte, che siano in qualche modo significative per lui.
Ed e' assurdo, premiare o punire scelte dettate dal libero arbitrio, esattamente come sarebbe assurdo, premiare o punire scelte dettate dal (cieco) determinismo. il libero arbitrio e' scelta diretta e consapevole tra bene e male, quindi, per definizione, il libero arbitrio e' (gia') premio e punizione a se stesso.
Chi fa scelte "arbitrarie", proprio per il fatto che quelle scelte sono arbitrarie nel senso visto prima, dunque prescindenti dalla completezza delle informazioni nel senso, che la implicano sempre, tale completezza, come ragione necessaria ma non mai, anche, sufficiente, se ci pensate un attimo, si e' gia', autopunito o autopremiato. A monte. Ogni giustizia a posteriori e' impotente, e' un suggello su una volonta' gia' espressa e quindi, nella migliore delle ipotesi un ulteriore compimento, di quella stessa volonta'.
Si e' gia' scelto, il bene per il bene, o il male per il male. E' gia', tutto compiuto. Il premio, o la punizione, esteriori, o esterni, nel senso di imposti o concessi allo scegliente ad opera di qualcun altro, se pensiamo e premettiamo che una scelta del genere, la scelta "arbitraria" appunto, sia filosoficamente possibile e che qualcuno realmente la faccia, non giungono, mai "imprevisti", realmente "esterni" alla sogettivita' dello scegliente. E quindi, essi, proprio in quanto premi o punizioni necessariamente "a posteriori" sono neutralizzati, completamente procedurali, non aggiungono niente, alla volonta' e al discernimento originario presso cui si sono gia', paventati e prodotti.
In parole molto piu' semplici, premio di un libero arbitrio che abbia portato, nell'arbitrio stesso, a scegliere il bene non puo' che essere la, eventuale, coscienza di aver fatto la cosa giusta, punizione di uno orientato verso il male, non puo' che essere, l'eventuale, rimorso. Con tutte le medaglie al valore, premianti, e le prigioni, punitive del mondo, si andrebbe a premiare o punire, semmai, qualcosa di ulteriore, che con la scelta "arbitraria" originale non c'entra e non c'entrarebbe. Niente di niente. E niente ci potrebbe entrare.