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Messaggi - Gibran

#16
Attualità / Re:Burkina
01 Settembre 2016, 20:19:07 PM
Ho letto -e anche frettolosamente - solo i primi tre interventi di questo filone, ma voglio provare ad aggiungere qualcosa, sperando non l'abbiano detto altri.

Sono d'accordo col professor Panebianco: "Dunque, il burkini, non va messo fuori legge. Ma ciò non significa che lo si debba anche approvare". Mettendolo fuori legge si dà agli islamici la scusa di accusarci di mancanza di libertà. Vorrei qui sottolineare che nei paesi islamici vige una concezione della libertà molto diversa da quella sviluppatasi in Europa. Ci sono le libertà costituzionali, sancite dalla legge, e c'è la libertà intesa come libera scelta nella vita privata. Sono due cose diverse. Gli islamici capiscono molto bene la prima ma non la seconda, per cui molti di loro - forse in buona fede o forse in altri casi no - credono che portare il burkina faso (come qualcuno l'ha scherzosamente chiamato in un quotidiano) sia una scelta "libera" delle donne. Credo che su questo punto non ci si possa capire (forse non lo capiscono neppure molti europei).


Il burkina è orrendo, mi sembra nessuno l'abbia detto nella stampa in questi giorni, e anche ridicolo ai nostri occhi, nonchè manca di funzionalità per il nuoto. Ma non si può stigmatizzare una persona o una comunità prchè indossa abiti orrendi o ridicoli. Possiamo fare commenti tra di noi stando attenti a non farci sentire dai nostri compatrioti musulmani  :) .  In conclusione credo che tutto il polverone sucitato dall'ordinanza del sindaco di Nizza sia stata una manovra mal scelta e mal pensata. Capisco che la Francia ora voglia mostrare il muso duro agli islamici dopo i massacri che ci sono stati, ma ha ottenuto il contrario di quello che sperava.

Personalmente io direi alla stilista australiana Aheda Zanetti (di origine italiana?) che ha dichiarato che l'ha ideato per permettere alle donne musulmane di praticare lo sport senza infrangere le loro regole, che lo sport è un concetto e una pratica pagana e come tale non-islamica (mi pare che l'ISIS l'abbia pribito). Non credo che queste donne a casa loro siano mai andate al mare, o siano appassionate di nuoto. Del resto anche nei paesi del sud italia dove io abito, fino ad una cinquantina di anni fa nessuno andava al mare, o se ci andavano restavano vestiti. La moda della balneazione, il nuoto e l'abbronzatura, sono tutte pratiche nate nel tardo romanticismo tra le classi medio-alte europee, e poi si sono diffuse a tutte le altre classi ma non nei paesi extraeuropei dove era una pratica sconosciuta sino all'avvento recente del turismo. Quindi è una moda molto europea che ora queste donne islamiche vogliono imitare... ma con le loro limitazioni... un po' come lo Stato Islamico che usa i dollari americani come valuta. Una contraddizione di fondo.

"È solo desiderio di distinguersi dalle occidentali, quindi è espressione di apartheid."

Ogni modo diverso o particolare di vestirsi crea divisione e di fatto apartheid. Succede con gli ebrei ultraortodossi (che tra l'altro sono fonte di problemi dovunque vivano), succede con gli Amish in America che vivono appartati da tutti gli altri. Credo sia inevitabile che succederà anche con i musulmani che vogliono mantenersi attaccati ai loro usi e costumi.
#17
Jacopus,

avrei preferito sentire la tua voce molto prima nel corso di questo dibattito, ma è ovvio che se manca l'interesse verso il tema in discussione questo non può essere forzato. Non posso fare a meno di notare però che l'interesse l'hai trovato ora per difendere i tuoi amici, cosa che parla di per sé e che mi ricorda il soccorso alpino. Spero che la decisione di intervenire l'abbia presa a ragion veduta e cioè dopo una attenta lettura di tutta la nostra discussione dall'inizio alla fine, in modo da formarti una opinione più precisa e obbiettiva sia dei fatti che della mia personalità controversa.

[Cit.] "ma dovrebbero essere critiche rispettose e mai giudicanti o altezzose, anche perché in questo modo si crea un muro invalicabile e la critica non cambia il modo di fare fotografie (o di pensare all'islam)."

Non posso escludere di aver commesso errori nell'esporre le mie idee o nel rispondere a qualcuno, quindi visto che – seppure in modo elegante - hai alluso a mie "critiche irrispettose o altezzose", ti prego di sobbarcarti l'ingrato lavoro di circostanziare l'accusa o l'allusione citando le frasi che secondo te hanno questa caratteristica. Visto che hai evocato l'immagine delle dea giustizia dovresti sapere che il giudice ha il dovere di redigere un atto d'accusa preciso e dettagliato in modo che l'imputato abbia la possibilità di difendersi. E visto che ti sei voluto accollare la parte di avvocato della parte lesa anche in questo caso è un dovere che ti spetta, non solo per correttezza procedurale ma anche per darmi la possibilità di comprendere i miei errori e farne ammenda.

In realtà questo atto sarebbe spettato ai miei passati interlocutori che invece come te si sono limitati a rivolgermi accuse generiche basate secondo me su false impressioni (due esempi eclatanti sono la mia recente conversazione con Sariputra e una vecchia conversazione con donquixote).

Ma se non te la sentissi di andare a spulciare la nostra voluminosa e forse per te noiosa conversazione non ti posso dare tutti i torti e sarei propenso a lascar perdere e a finire questa polemica qui. A questo proposito fammi fare una precisazione:
Per me questa discussione era conclusa da un pezzo. Avevo esposto la mia o le mie tesi, ricevuto contro-tesi e opinioni diverse, notato grosse diversità di mentalità, linguaggio, orizzonti culturali e spirituali e quindi era inutile continuare ad argomentare o contendere.

Quindi è entrata in scena Vedeidea e ho pensato che era educato risponderle. Le cose sarebbero finite lì.  Ma la mia risposta non è stata gradita e quindi ci sono stati ulteriori interventi, segno evidente di una volontà di continuare la tenzone. Ho fatto l'errore di rispondere a Phil, e quindi a Sariputra, credendo in un riavvicinamento possibile, ma non avevo tenuto conto dello stato d'animo degli interlocutori. Lascio a te la bilancia e non la spada per giudicare se – una vola letta la conversazione – questo stato d'animo fosse giustificato.

Infine ho scritto di getto e d'impulso la mia storia "fotografica" contraddicendo la mia precedente decisione di non intervenire più, e che come avrai capito voleva essere un congedo piuttosto brusco e categorico. Sei hai percepito quest'ultimo intervento come arrogante, beh qui devo darti ragione: mi arrogo il diritto di tirarmi fuori da una palude asfittica in modo deciso e irriguardoso. Non mi importa essere giudicato tale da chi vuole restare nella palude. Credo di sapere con "arrogante" certezza quando è il caso di cooperare ed essere elastici e quando invece è il caso di tagliare il nodo di Gordio con la spada.

Forse se fossi intervenuto prima non saremmo giunti a questo punto.
#18
[Cit.]  "quindi il punto fondamentale e'; chi sono io? una volta conosciuto questo,non ce più paura,perché non ce più la morte..."

Credo anch'io che sia così. La conoscenza di ciò che si è, profonda, interiore, fa scomparire la paura della morte...

Hai messo questa frase in corsivo quindi mi viene da pensare che sia una citazione. Se è così, posso sapere di chi?

Al momento sono in partenza, ma al mio ritorno frà qualche giorno magari riprendo il discorso.
#19
Citazione di: acquario69 il 16 Agosto 2016, 06:45:00 AM

sicuramente saro' strano io ma francamente non riesco a capirlo.


ma che cose' che spaventa così tanto,forse l'idea che dopo non vi sarà altro che il nulla?!


E se fosse la paura di perdere qualcosa?
#20
Cito una frase di Paul solo come aggancio ad una mia lunga disquisizione, ma le mie parole sono rivolte a tutti (almeno a chi avrà voglia di ascoltarmi).

"Le mie posizioni di metodo in qualunque tipo di discussione è che rispetto le persone e i loro pensieri, da voi agli islamici compresi, perchè credo nella dignità umana."

Devo fare un lungo racconto autobiografico. Spero di non annoiarvi.


In passato ho partecipato a diversi forum fotografici, forum cioè dove si giudicavano, criticavano e votavano le foto pubblicate. Ovviamente il giudizio o la critica era rivolta all'opera e non all'artista, ma nella pratica, nella realtà, spesso è impossibile separare l'uno dall'altro. L'artista è una creatura molto suscettibile che si indentifica con le sue creazioni e che sfrutta per ricevere plauso e quindi gratificazione psicologica. Questa è la motivazione di base che spinge gli artisti a pubblicare le proprie foto, a mostrarle agli altri: ricevere dagli altri lodi, apprezzamenti e quindi raggiungere fama e gloria. Se non ci fosse questa motivazione psicologica nessuno pubblicherebbe le proprie foto se non le persone che, senza pretese artistiche, vogliono semplicemente mostrarle agli amici e condividere viaggi o cose belle viste.

Il primo sito a cui mi iscrissi era stato creato con la precisa finalità della necessità di una vera critica fotografica ai fini didattici e cioè di miglioramento o avanzamento personale.

Contava migliaia di iscritti attivi (era un sito internazionale) e vi si potevano vedere foto di ogni tipo, da quelle orrende a quelle mediocri o eccelse. Ora va da sé che se presento le mie foto in questo sito vorrà dire che accetto implicitamente le sue regole e finalità e cioè dovrò accettare le critiche che verranno rivolte alle mie foto. Detto sinteticamente: quando espongo una mia opera mi espongo anche alle critiche. Credete però che tutti accettassero questa premessa? Al contrario, la maggioranza accettava solo le lodi e non le vere critiche. (E questa è una caratteristica insita nell'essere umano). C'erano persone che non avevano le minime conoscenze tecniche e presentavano foto sottoesposte, o sovraesposte, o sfuocate o con colori innaturali etc. ma non si rendevano minimamente conto di questi difetti evidenti e si offendevano se qualcuno glieli faceva notare. Stessa cosa quando si discuteva di composizione. E' vero che l'arte è questione anche di gusti, e non è politicamente corretto discutere o criticare i gusti altrui che ognuno considera sacrosanti, tuttavia un forum è un forum, cioè uno spazio, una arena dove ci si confronta e ci si critica a vicenda. Se non si vuole il confronto allora è meglio non partecipare a questi forum. Se vi partecipi e poi quando qualcuno critica le tuo foto lo interpreti come un attacco personale o una mancanza di rispetto allora stai contraddicendo la finalità del forum e lo stai trasformando in qualcosa di diverso. Nel caso fotografico, molti in realtà lo prendevano solo come una galleria personale da mostrare agli altri.

Quando iniziai a pubblicare le mie foto in quel sito, ero un principiante e queste avevano un sacco di difetti sia perché la mia fotocamera non era buona, ma anche perché mi mancavano importanti conoscenze tecniche. Ma mi iscrissi perché volevo imparare e avevo capito che quel sito mi avrebbe dato una preziosa opportunità di imparare proprio dal confronto con gli altri. Ebbi la fortuna di imbattermi in bravi fotografi che mi mostrarono impietosamente i difetti delle mie foto attraverso una analisi critica precisa. Ovviamente il primo impatto fu doloroso, ma volevo imparare e detti ascolto a quelle critiche e mi misi a studiare sia libri tecnici che le foto dei bravi fotografi presenti nel sito e così feci dei progressi enormi in tempi abbastanza brevi. Fu grazie a quelle critiche dolorose che questi progressi si resero possibili.

Dopo qualche anno il sito subì una lenta ma decisa trasformazione: i migliori fotografi, specialmente quelli che erano stati disponibili a scrivere vere critiche, andarono via. Quelli che rimasero smisero di scrivere critiche negative perché era sia faticoso che irritante doversi scontrare ogni volta con persone che non avevano nessuna intenzione di imparare e che consideravano un atteggiamento arrogante il criticare le proprie foto.

Il sito si trasformò in una specie di circolo "sociale" (scusate dovrei dire "social" per essere alla pari coi tempi, ma mi piace parlare italiano e non l'itanglese che è di moda oggi) che assolveva la funzione molto naturale delle persone di incontrarsi, chiacchierare e soprattutto gratificarsi a vicenda lodando sempre le foto degli altri, anche quelle palesemente orrende, perché in questo modo si riceveva a sua volta una lode alle proprie.

Dato che le foto venivano votate, si rese evidente un fenomeno strano: una quantità di foto mediocri o peggio, totalizzavano un punteggio enorme mentre altre bellissime prendevano votazioni basse. I più svegli scoprirono l'origine di questo fenomeno: il voto di scambio. Io do il massimo dei voti alla tua foto e tu in ritorno fai altrettanto con la mia. C'erano persone che passavano le giornate a votare centinaia se non migliaia di foto e quindi grazie al voto di scambio, ricevevano centinaia di voti per la propria, anche se era un cesso!

Ci fu quasi una sommossa e ovviamente i fotografi seri, quelli che capivano qualcosa di fotografia se ne andarono in massa. Il sito divenne una palude.

Anch'io me ne andai  e provai altri siti. Ma vidi che lo stesso fenomeno si ripeteva anche lì, era qualcosa che faceva parte della natura umana. Col tempo scoprii che i bravi fotografi se n'erano andati in siti più selettivi o esclusivi dove potevano confrontarsi con colleghi più o meno al loro livello. In alcuni di questi addirittura le foto che uno proponeva non venivano pubblicate se una apposita commissione non le giudicava abbastanza buone. Le mie per esempio furono rifiutate (e a ben ragione) in uno di questi siti che era composto da professionisti. Se consideriamo questo secondo la mentalità "politica" prevalente questo modo di fare ci apparirà ingiusto e arrogante. Chi sono queste persone per rifiutare le mie foto? Io ne so quanto loro o più di loro. Ma se ho un briciolo di intelligenza e sono realmente appassionato di fotografia, cioè mi interessa approfondire sempre più questo campo, riconoscerò che questa selezione è necessaria e invitabile. Le persone che non accettano il principio della selezione e quindi la critica negativa sono le persone che non vogliono imparare e in ultima analisi sono persone che non amano quello che fanno. Non c'è vera passione in loro. E quando non c'è passione allora si invoca il "rispetto". Se critichi le mie foto mi stai mancando di rispetto.


Oggi in politica e nella vita sociale vale il principio del relativismo e del buonismo. Ma sì, tutte le foto sono foto, ognuna ha la sua ragion d'essere – cosa che è vera sino ad un certo punto – e ogni artista ha diritto al rispetto, alla nostra considerazione, e quindi si mette al bando ogni giudizio di valore o estetico. Così si crede di fare tutti contenti, di amarsi e tollerarsi a vicenda, e si mette l'intelligenza a dormire assieme a tutto ciò di bello e di vero che c'è al mondo. La vita diventa una palude dove le cose non hanno più alcun senso e gli esseri umani diventano dei "sepolcri imbiancati". Tenetevela questa pseudo vita se vi piace vivere così, ma io non ci sto. Di gente che non vuole crescere e che non ha passione per la vita vera non so che farmene.
#21
Sariputra,


fai una prova: stampa questa pagina, aspetta 10 minuti, fatti un caffè o fumati una sigaretta seduto in poltrona: quindi leggila. Forse ci potrebbe essere maggiore possibilità a non saltare le righe. (E' stato dimstrato da ricercatori americani che la maggioranza delle persone saltano interi periodi nel leggere sullo schermo del computer.)


1)  Quando leggi tieni conto dei riferimenti?


[Cit.] "Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà. Se non sento che ci sono queste tre qualità allora divento scorbutico e mando a quel paese l'interlocutore come ho fatto con Sariputra (spero mi abbia perdonato (:-)) "


Questa frase io l'ho scritta in riferimento alla risposta di Phil dove lui osservava, giustamente, che la conversazione si incaglia sulle opinioni personali. Per rispondere a questa osservazione di Paul ho introdotto l'argomento su come bisognasse impostare la discussione in modo che il discorso non si incagliasse, cioè ho fatto un discorso sul metodo, che ho ribadito e precisato nei paragrafi successivi. Quindi – in riferimento a quanto sopra – ho detto:


"cominciamo da qui: rispondi come prima cosa a queste due domande e poi da lì procederemo. Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà."


Questo significa, se tieni conto del riferimento, che io considero franchezza, apertura e buona volontà quando uno in un dialogo risponde punto per punto alle domande dirette che gli vengono poste. E ho detto questo perché varie persone, tra cui recentemente lo stesso Phil, avevano evitato questo. Si può evitare una domanda perché la si considera superflua ma in un dialogo è sempre educato e opportuno rispondere alle domande di chi ti sta di fronte. Se non lo fai ti stai sottraendo alla discussione come qualche volta ha fatto Phil, cosa che per esempio anche Verdeidea ha notato e ha chiamato "avvitamento".  Tutto il dialogo tra me è Phil era improntato a una cordiale, pungente ma corretta ironia, cosa di cui Phil è maestro, e anch'io ho voluto rispondere sullo stesso tono. Mi dispiace ma tu sei prevenuto e hai completamente travisato questo tono.


La frase successiva è un esempio del mio tono ironico e scherzoso, nonchè conciliativo e autodileggiante: mi sono infatti chiamato scorbutico dando di me stesso una immagine negativa.


La frase che tu aggiungi sotto:


"Da uno che ha scelto come pseudonimo "Sariputra" mi aspettavo una conoscenza più approfondita del buddismo."


E' presa da un contesto completamente diverso e va intesa riferita a quel contesto. Era la risposta a questa tua frase:


 [cit.] "Se anche un solo muslim vivesse la sua vita  senza odio, egoismo e illusione e si attenesse ai precetti, riti e dogmi della sua [font=Garamond","serif]particolare[/font] religione, sarebbe sufficiente per affermare che quella religione può produrre del bene."

Quindi il significato di quella mia risposta che evidentemente ti ha urtato, è: il Buddha non ha mai affermato che i riti producano il bene, al contrario ha sempre sostenuto che sono inutili alla liberazione della mente. Dato il tuo presupposto, ho dato per scontato che tu fossi familiare con l'insegnamento buddista. Ma è evidente da quella tua affermazione precedente che le cose non stanno così. Se invece di reagire emotivamente avessi letto con calma la mia risposta forse avresti potuto capire che il miglior modo di rispondermi, se non eri d'accordo, era quello di mostrarmi, magari citando testi buddhisti, che invece il Budda sosteneva che i riti producano il bene. Quindi in conclusione anche questa tua risposta non è in realtà una risposta diretta ma un altro "avvitamento".


[Cit.] "Noi qui discutiamo le idee e non valutiamo le persone che discutono."


L'esempio di cui sopra mostra chiaramente come tu NON abbia discusso le idee, ma hai evitato di discutere se il Buddha avesse o no reputato utili al bene i riti.
La valutazione che ho dato di Phil era sempre nel tono scherzoso che si è instaurato tra noi, tono che la tua eccitazione emotiva ti impedisce di comprendere. Bisogna sapere sorridere di cose come: "Ti do 7 in logica e 3 in psicologia"


[Cit.] "Ti diamo continuamente risposte e tu continui a scrivere che non rispondiamo adeguatamente ( forse  perchè non rispondiamo come tu vorresti?)."


Ribadisco l'esempio di sopra per farti notare come tu non abbia risposto, in quel caso. Ma la cosa più in portante è che anche qua il riferimento era ad altre persone. Io ho detto molto chiaramente a Phil, che Paul non aveva mai risposto alle mie domande dirette. Se vuoi ti copio tutte le domande dirette che ho fatto a Paul (sono veramente molte!), e anche a qualcun altro, e così tu sarai in grado di spiegarmi se Paul abbia risposto o no.


[cit.] "Tu "senti" che manco di apertura, franchezza e buona volontà. Io invece "sento" che tu difetti di rispetto per l'interlocutore. Chi stabilisce quale "sentire" è più veritiero?"


Ancora una volta ti inventi cose he non ho mai detto e questo perché trascuri i riferimenti. Spero che abbia stampato la pagina come ti ho consigliato e che quindi riesca a leggere con più attenzione e meno emotività quello che scrivo.
#22
Sariputra,


oggi ho da fare e non il tempo di rispondere, e neppure nei giorni a venire, ma due cosette le devo proprio dire:


[Cit.] " mi accingo a rispondere sinteticamente ai quesiti:"

Quali quesiti? Non sai distinguere una affermazione da un quesito?

[cit] 1)Siete in grado di capire le mie argomentazioni che richiedono un'intelligenza media, nulla di eccezionale ? Sì, sono in grado di capirle e penso proprio di averle capite, nonostante sia tardo di comprendonio.


Ma quando mai ho fatto questa domanda? Ma non ti accorgi che ti sei inventato tutto?  Hai completamente frainteso, cioè capito al contrario una mia affermazione, e l'hai trasformata non capisco proprio perché in domanda. Meno male che "scripta manent".
Allora rileggiti cosa ho scritto:

"e in tutta sincerità le mie risposte mi sembrano all'altezza di persone di media cultura e di media intelligenza. Non credo che il livello culturale e intellettivo tuo o di Phil non vi permetta di capire le mie argomentazioni..."

Dire "NON credo che il tuo livello culturale e intellettivo NON vi permetta di capire" – vuol dire che io non vi reputi in grado di capire?


[Cit.] "2) Condividete le mie opinioni nonostante le vostre difficoltà intellettive , che mi deludono assai?"


Di nuovo: dove avrei fatto questa domanda?  Vedo che hai grandi capacità di immaginazione, e ti inventi cose che non ho mai detto.


[Cit.] "3) Credete possibile una pura intuizione solamente legata all'osservazione e svincolata da qualsiasi riferimento culturale, libro, tradizione, condizionamento, ecc.?"


Anche qui: mai fatto questa domanda.
E mi fermo qui dato che se non ci si intende su questo è perfettamente inutile andare avanti.
Buona giornata
#23
Phil stavo andando a letto quando ho visto la tua risposta.
Non ho termp ora  e forse neppure domani... poi parto e resto fuori due o tre giorni. quindi pausa.
Ma a una cosa voglio risponderti subito:

"Attenzione alle "inferenze selvagge (e fallaci)": il dizionario (ma ditemi voi se mi tocca fare l'"avvocato" dell'Islam e dei dizionari   !) è una convenzione ma non ha nulla a che fare con l'opinione della massa (non è la massa che scrive il dizionario... la massa lo usa, bene o male."

Scusa ma il "difensore o il citatore dei dizionari lo ha voluto fare tu, sin dagli esordi su questo filone, e abbiamo avuto delle discussioni su questo...

Allora, il dizionario non è ovviamente scritto dalle masse ma non fa altro che riportare ciò che le masse (che brutto termine che mi è venuto!) o meglio la maggior parte della gente di un paese pensa che sia una data cosa. Prima viene l'uso di una parola, poi viene riportata dal dizionario e spiegata secondo l'uso corrente. E' la gente comune che conia e usa le parole con un dato significato - a parte ovviamente le parole colte, letterarie e tecniche che sono coniate da specialisti che decidono anche il loro significato.

Ma a complicare le cose e a giustificare in parte la tua asserzione in Italia c'era in passato un'altra prassi derivata dal problema che l'Italiano è stata una lingua quasi costruita a tavolino e che gran parte del popolo, cioè delle classi inferiori nel secolo scorso e sin dopo la seconda guerra mondiale, ignorava l'italiano e continuava a parlare il dialetto della propria regione. C'era quindi la necessità di scrivere dei dizionari dove si trovasse la corretta dizione di una parola e quindi il suo vero significato. E così inizialmente i dizionari in Italia erano chiamati tecnicamente "prescrittivi", cioè si ricorreva a loro per sapere cosa fosse corretto dire e cosa no. C'erano uno stuolo di puristi e studiosi che rifiutavano le storpiature del popolo o di qulache giornalista. Ma da almeno trent'anni le cose non stanno più così, si dice che i dizionari sono diventati solo "descrittivi" cioè si limitano a registrare e descrivere ciò che la gente dice e pensa, e quindi è scomparso il purismo e tutto viene accettato e inserito nelle nuove edizioni non appena qualche bischero alla televisione usa una parola che poi diventa di moda (o virale, come si usa dire - che ti venga una influenza!  ;D ).

Conclusione: le convenzioni linguistiche, a parte come ho detto le parole colte, letterarie e tecniche, sono semplicemente ciò che la gente usa e pensa comunemente. Religione non è una parola né tecnica né colta ma di uso comune e non richiede quindi una formulazione particolarmente precisa, tutti sanno cosa è una religione, anche chi non ha studiato e anche se non sanno darne con precisione una definizione. E' scontato però che i dizionari come le enciclopedie debbano essere più precisi e quindi lo studioso creerà una definizione di religione che nè dà una descrizione abbastanza accurata (ma non necessariamente veritiera in tutto) e sopratutto non è "prescrittiva", dato che ognuno all'interno della propria cultura o comunità religiosa può formarsi una idea di religione difforme da quella ufficiale riportata nei dizionari. Insomma non siamo nella russia stalinista dove tutto veniva deciso dall'alto...  ;)
#24
Paul,


Voglio fare un altro tentativo per vedere se riusciamo veramente ad intenderci. Non ho molto tempo ora e prenderò in considerazione solo il tuo ultimo intervento.


Se hai letto l'ultima mia risposta a Phil, ho affrontato il tema del metodo con cui impostare la discussione. Il mio metodo, che poi non è il mio ma solo quello che viene attuato in ogni indagine scientifica, e da tutte le persone che vogliono realmente affrontare l'approfondimento di un problema. Il metodo consiste nel porsi e nel porre una serie di domande che da un lato ci introducono nel problema e dall'altro ci conducono alla risposta o alle possibili risposte. E' importante quindi porsi il più possibile domande che siano realmente funzionali alla ricerca della verità (non la verità assoluta intendiamoci ma solo piccole verità parziali sul tema che vogliamo discutere).


Né a scuola, né in chiesa o in famiglia nessuno ci ha insegnato o anche solo stimolato a fare domande. Anzi al contrario le domande venivano percepite come un fastidio e un disturbo, è questo uno dei limiti della nostra cultura, specialmente in Italia. Solo ponendosi domande si possono trovare risposte, perché la risposta è insita nella domanda. Quindi chi non si pone domande e non cerca di rispondere a quelle che gli vengono poste non ha la possibilità di essere la luce di se stesso. Probabilmente tu tutte queste cose le saprai già e mi perdonerai se le ripeto qui, ma forse potranno essere utili anche ad altri che leggeranno queste righe.


[Cit.] "Il primo problema se l'Islam fosse o meno una religione, mi pare pacifico che si sia risolta in un sì. lo è."


Scusami ma questa risposta l'abbiamo già data e considerata ampiamente. Tu, Phil, Sariputra, praticamente tutti salvo me e Verdeidea hanno risposto di sì, appellandosi alla definizione comune di religione. Questo è scontato e non può essere negato. Ufficialmente (o convenzionalmente) l'Islam è una religione e rispondendo sì, tu/voi vi allineate con la definizione ufficiale. Punto e a capo.


Ora giriamo pagina e chiediamoci: possiamo mettere da parte per un minuto la definizione ufficiale e considerare le cose da un altro puto di vista? Chiamate pure il mio punto di vista soggettivo, ma vi ho elencato tutta una serie di ragioni perché  io non voglio allinearmi con la definizione ufficiale. Avrei gradito sapere se le mie ragioni vi sembravano fondate, ma mi sembra che questo non sia avvenuto.  Punto e a capo. Questione chiusa.



Vi ho presentato una visione diversa, non pretendo che siate d'accordo ed è stato probabilmente utile discutere su questo tema. Quindi il punto è non stabilire chi abbia ragione ma solo se siamo capaci di cambiare il nostro punto di vista.


[Cit.] "Una volta chiarito adesso sì che, amio modesto parere, si pongono le contraddizioni nelle religioni ,soprattutto nell'Islam."


Mi fa piacere sentirtelo dire. Quando cominciamo a vedere contraddizioni vuol dire che cominciamo a usare la lampadina che madre natura ci ha fornito e non ci basiamo solo sulle opinioni degli eruditi.


[Cit.] "Però mi sembra  lecito e direi anche doveroso, porsi la domanda se esiste una jihad, chi e perchè è inserita nel sacro? E' dentro il testo sacro o è un'interpretazione di qualche divisione interna religiosa?"


Credo che tu possa trovare da solo la risposta a queste tue domande.



Ricordo e ti ricordo una cosa, se non ti offendi. All'inizio della nostra discussione ti dissi che Maometto aveva mosso guerra alla città della Mecca, i cui abitanti – pagani – non avevano voluto accettare la sua predicazione e anzi secondo il suo racconto l'avevano minacciato di morte perché era contrario alla venerazione e vendita degli idoli, e quindi era stato costretto a fuggire. Radunato un esercito, marciò contro la città e uccise coloro che non avevano voluto accettare la sua nuova religione. Dopo di questa guerra Maometto ne fece altre, non ricordo adesso quale e quante, ma basta consultare Wikipedia o altri siti internet per avere tutta la storia a portata di mano. Quindi abbiamo un capo religioso (o che si autodefinisce tale) che da un lato predica l'amore e la carità (e sappiamo che tali precetti potevano facilmente essere mutuati se non "rubati" dal cristianesimo con cui sicuramente era entrato in contatto), dall'altro muove guerra agli infedeli e li uccide. Ti chiesi se questa non fosse una grande contraddizione, e se non dimostrasse come sia Maometto che la religione da lui fondata non fossero violenti. Scusa se te lo faccio notare ma non hai mai risposto a questa mia domanda e hai continuato a dire che l'Islam non era una religione violenta e che solo una minoranza di terroristi era violento.


Allora da un lato sono contento che tu ti sia posto il dubbio. Mi sembra però che dubbi per questo episodio non se possa avere, è un episodio che lo stesso profeta racconta ed è citato da tutte le fonti musulmane. Come non si può avere dubbi sull'incitamento ad uccidere gli infedeli, compresi i cristiani (che vengono esplicitamente citati) che si può leggere nelle pagine del corano. Se vuoi ti cerco il passo. Quindi non sembra né una interpretazione di qualche divisione interna all'Islam, né tantomeno un passo inserito da altre persone nel testo sacro dato che il fondatore stesso in persona diede l'esempio di guerra santa. E come sai la guerra santa, l'uccidere gli infedeli solo perché non credono in quello che credi tu, è considerata normale, lecita e giusta da tutti i veri musulmani che non siano ipocriti. Allora gradirei sapere cosa ti dice il tuo buon senso su questo: L'Islam è violento o no?
#25
Phil,


[Cit.] "per dilettarmi nel cercare una "terza via": in questo caso, direi che c'è anche, come terza opzione, l'eventualità che si sia capita la posizione altrui ma non la si condivida (poi ci sarebbe la quarta: l'essere in errore, ma non è adeguata a questo contesto...)."


Ovvio, non mi dici nulla di nuovo o nulla che io non abbia preso in considerazione. Se vuoi c'è pure una quinta via: che io sia completamente fuori di testa (e/ o magari anche qualcuno di voi... (:-)


E come lo scoprirai? Come scopriremo se sono io in errore o tu?  Qual è il tuo criterio o la tua metodologia in merito?  Non è solo una domanda retorica, ma come molte altre che ho sempre fatte esige da te/voi delle risposte chiare e soprattutto nel merito e non avvitamenti come spesso fai.


Allora lasciami fare delle precisazioni:


1) Nel parlare di resistenze psicologiche o di mancanza di comprensione non mi riferivo a te in particolare o solo a te ma a una certa parte degli interlocutori che ho avuto qui.


Posso dire, senza cercare di lusingare e nemmeno di svalutare gli altri che tu sei stato uno di quelli che più ha saputo interloquire con me e per questo ti ho detto che con te mi sono divertito. Se ultimamente ti ho fatto l'appunto di non capire è perché tu non mi hai fatto capire di aver capito ma le tue risposte indicavano chiaramente che restavi arroccato sulle tue opinioni. Non obietto sull'avere opinioni, ci mancherebbe!  Obietto invece sul modo in cui hai gestito le risposte.


Faccio un esempio: se io dico: la religione ha un valore in sé per la maggior parte della gente, e quindi il definire l'Islam religione significa di fatto renderla autorevole e "venerabile (per usare un tuo termine), e tu invece non sei d'accordo su questo punto mi devi spiegare perché non ritieni la religione un valore in sé (e non lo hai fatto). Se invece continui a ripetere la stessa solfa che l'Islam ha tutto il diritto ad essere chiamata religione perché soddisfa la definizione del dizionario o dell'enciclopedia, e lo ripeti anche dopo che io ti ho detto che una definizione non prova che quella cosa sia realmente tale, allora ho tutte le ragioni per credere che tu stia eludendo il problema. Allora tu dovresti spiegarmi perché ritieni che una religione sia tale SOLO perché soddisfa la definizione del dizionario, e cioè perché dai così tanto valore alle convenzioni e alle opinioni delle masse. Questo non lo hai mai fatto come non hai mai detto chiaro, sì, questo che dici lo capisco e lo condivido. Quindi credo che per avere una discussione realmente utile ci debba essere più ordine e disciplina nel modo in cui impostiamo le risposte. In passato lo hai fatto abbastanza ed è stato un piacere discutere punto per punto le nostre tesi opposte.


2) Se lo hai notato io pongo molte domande, sono domande inquisitorie e cioè volte all'indagine, e quindi sono funzionali alla comprensione del tema in discussione. Ebbene a quante di queste domande hai risposto realmente negli ultimi interventi? Così non si crea un vero dialogo. Ho l'impressione che alcuni di voi, forse non tu, ma non so, siano infastiditi dalle mie domande che prendono come domande retoriche o peggio delle prese di posizione. Paul per esempio – parlo della prima parte delle nostre discussioni, non ha mai risposto a nessuna dico nessuna delle mie domande e ha sempre tirato dritto come un treno con le sue tesi. Come lo devo interpretare questo? (E anche questa non è una domanda retorica) la ritieni una metodologia o prassi utile e corretta questa?  Puoi essere così gentile da rispondere veramente almeno a queste ultime mie domande?


Io sono profondamente convinto che solo così il dialogo sia realmente un dialogo.


Quindi visto che le cose in discussione sono molte, facciamo un passo indietro e cominciamo da qui: rispondi come prima cosa a queste due domande e poi da lì procederemo. Questo io lo chiamo franchezza, apertura e buona volontà. Se non sento che ci sono queste tre qualità allora divento scorbutico e mando a quel paese l'interlocutore come ho fatto con Sariputra (spero mi abbia perdonato (:-)) 


[cit.] "per cui il comprendere non comporta necessariamente il concordare (e il non concordare non significa sempre il non aver compreso...)."


Come già ti dissi spesso dimostri una logica inoppugnabile e questo è uno di quei casi. (Come vedi io rispondo punto per punto e ti dico chiaramente quando il tuo ragionamento è corretto anche per me, e mi aspetto che anche gli altri facciano altrettanto).  Se comprendi ma non concordi, anche qui devi avere la bontà di spiegarmi perché. Per esempio nel caso del valore della religione in sé non me l'hai mai spiegato.


[Cit.] "Che sia sempre possibile, argomentando e commentando, trovare un accordo? Direi di no, certe posizioni opinabili sono inconciliabili fra loro... e quindi partendo da "E' ovvio che sia un mio giudizio personale" talvolta la conversazione si incaglia, più o meno serenamente, nell' "Allora tutto il discorso si riduce a "per me è così e per te è così"



Questo è inevitabile in molti casi e per me non è un problema. Ricordo però che all'inizio della nostra discussione tu avevi sbottato dicendo che:  "allora c'è il rischio di cadere in un opinionismo selvaggio". Questo mostra che reputavi necessario mettere un paletto alle opinioni e quindi trovare qualcosa di maggiormente oggettivo. Ti ho dato ragione ma ora vedo che anche tu sei approdato a questo opinionismo ed è per questo che ti ho chiesto: "come procedere da qui?  Mi sembra che non abbia risposto a questa mia domanda, almeno direttamente, o forse devo intendere che la tua risposta a come procedere sia: "non sempre si può trovare l'accordo.  Sono d'accordo che non sempre si può trovare l'accordo, ma come ho detto non è questo che mi interessa ma solo come impostiamo la discussione in modo che possa procedere anche quando non sia possibile l'accordo. E' contemporaneamente un problema di metodo ma anche di atteggiamento psicologico. Mi piacerebbe sapere la tua opinione su questo.
#26
Sariputra,


[Cit.] "Quindi, il fatto che tu non la consideri una religione, è un tuo giudizio personale ma che non può essere assunto a paradigma di quello che significa il termine religione."


E' ovvio che sia un mio giudizio personale, non l'ho mai negato, ed ho anche ampiamente spiegato perché. Non prenderla come una scortesia ma non ho proprio voglia di ripetere qui le ragioni dato che ritengo che quello che ho detto sia sufficientemente chiaro a far capire il mio punto di vista a chi abbia la buona volontà di ascoltare. Non so se tu abbia letto le mie risposte a Phil su questo punto,  se lo hai fatto e non hai capito allora dovresti essere così gentile e volenteroso di indicarmi quali punti del mio ragionamento secondo te sono fallaci o poco chiari. Credo che questo sia l'unico modo per chiarire questa discussione. Ma tieni conto che poi un discorso va anche capito nel suo insieme.


Ho riletto le mie risposte a Phil su questa questione, e in tutta sincerità le mie risposte mi sembrano all'altezza di persone di media cultura e di media intelligenza. Non credo che il livello culturale e intellettivo tuo o di Phil non vi permetta di capire le mie argomentazioni così posso solo ipotizzare che ci siano degli scudi mentali o delle resistenze che prevengano tale comprensione, oppure – ma non affrettarti ad inalberarti perché è solo una ipotesi - che tutta questa discussione sin dall'inizio abbia preso la piega di una contesa dove ognuno si preoccupa solo di far valere il proprio punto di vista e non tiene conto delle argomentazioni altrui. Se lo hai notato io prendo sempre in attenta considerazione le affermazioni fatte dai partecipanti qui e quando ho risposto ho analizzato punto per punto queste argomentazioni. Non sempre e non tutti hanno fatto altrettanto con me.


Facciamo un esempio:


[Cit.] ", io, Phil, Paul e altri non definire l'Islam una religione se vogliamo mantenere la definizione corretta attuale del termine."


Questa questione delle definizioni è già stata affrontata all'inizio di questo filone. Ci aveva particolarmente insistito Phil che poi l'ha ritirata in ballo anche recentemente. Scusa ma mi sembra di parlare con sordi.


Possibile che nessuno di voi riesca a concepire qualcosa di diverso da quello che tutti dicono e da quello che è scritto nei libri?  Questo è il punto principale e iniziale mio: dare una visione diversa delle cose. Facciamo uno stupido esempio: tutti sostengono che il cioccolato faccia bene: medici, dietologi, e ovviamente coloro a cui piace. Ci sono una infinità di testi che "provano" la sua bontà e le sue proprietà curative e antidepressive.
Vengo io e vi dico (è solo per fare un esempio): il cioccolato fa male, e vi spiego le ragioni perché la pensi così. Ma voi invece di prendere in esame le mie ragioni e di metterle alla prova nella vita reale, continuate a citare i testi canonici che dicono che il cioccolato faccia bene.
E nessuno di voi ha mai fatto un esame reale sul cioccolato ma semplicemente prendete per buono ciò che vi viene detto dai testi "autorevoli.".  Come mai potremmo incontrarci in questo modo?


"Definizione": cosa è una definizione? Solo ciò che convenzionalmente si ritiene sia quella cosa. (Fermati se non capisci e poi dimmi il punto che non capisci) – Convenzionalmente vuol dire che c'è un tacito accordo che le cose debbano essere così, e tutti quindi si rifanno a quella definizione presa come "vangelo" cioè verità assoluta.
In questo modo non ci potrà mai essere cambiamento, progresso o la scoperta di qualcosa di nuovo riguardo quella cosa, dato che sei attaccato alla definizione "corretta". Corretta bada bene solo perché convenzionalmente la si ritiene tale. Perciò ho detto a Phil che "una cosa non è qualcosa solo perché qualcuno la ritiene tale". Ma allora come facciamo a sapere cosa è quella cosa? Mettiamo da parte ciò che dicono le enciclopedie e facciamo una indagine di prima mano, e per fare una indagine seria e oggettiva devi mettere da parte ciò che già sai di quella cosa. In questo modo arrivi a capire da solo cosa hai davanti. Questo significa avere capacità autonoma di giudizio, di analisi. Cioè essere la luce di se stessi e non dipendere dalla luce degli altri. E' chiaro?


Al tempo di Galileo tutti i grandi sapientoni pensavano che il sole girasse intorno alla terra. Galileo prese il cannocchiale, guardò e VIDE, che era la terra a girare intorno al sole. Provò a dirlo e ci mancò poco che finisse al rogo. Il punto in comune con il mio discorso è che se si fosse attenuto alle conoscenze convenzionali (cioè accettate da tutti) del suo tempo non avrebbe potuto fare questa nuova scoperta. E' così difficile capire questo concetto?

Ora non vi chiedo di "credere" alle mie tesi, ma solo di prenderle in esame con un minimo di buona volontà e non con un rifiuto a priori. Se poi scoprite che non sono vere che ci perdete? Dimenticatele e tutto finisce lì.


[Cit.] "Tu sostieni che una "vera" religione debba nascere da un'autentica fonte d'intuizione spirituale e citi Cristo, Buddha e pochi altri.  Ma poi, giustamente, osservi che anche nel loro caso non possiamo essere certi della loro reale e pura intuizione spirituale in quanto i testi sacri redatti svariati o centinaia di anni dopo  contengono molto anche della personale interpretazione degli autori di questi testi stessi."


Scusa ma hai letto male: io non ho detto che "che anche nel loro caso non possiamo essere certi della loro reale e pura intuizione" ma che non potevamo essere certi delle fonti, nel caso del cristianesimo i vangeli. Sono due cose completamente diverse: ciò che ho detto è che l'intuizione nel caso di quelle persone citate, poteva essere giusta ma che noi non possiamo sapere con certezza quale fosse l'insegnamento esatto e completo di Gesù, dato che i Vangeli sono stati scritti da altre persone e non da lui, e per di più persone che non l'avevano mai conosciuto e che quindi potevano parlare solo per sentito dire. Cioè è come se io per sapere come tu la pensi andassi a chiederlo a Donquixote prendendo per oro colato ciò che lui ritiene tu abbia detto e pensato. E' chiaro questo?


Allora il problema è come faccio a supporre che l'intuizione di Cristo fosse giusta? Ovviamente in questo campo e data la frammentarietà dei testi in nostro possesso non possiamo mai essere sicuri al 100%, tuttavia se hai capito tu stesso cosa sia realmente il messaggio e la ricerca religiosa puoi trovare qui e la nei vangeli prove abbastanza sicure che Cristo aveva imboccato la strada giusta.


Come ben dici tu:


[Cit.] "Quindi torniamo al punto e a capo. Ossia: qual'è una "vera" religione , se non abbiamo certezze su nulla? "


Questo è un argomento che richiederebbe fiumi di inchiostro. Rispondo per approssimazioni e in modo sintetico e quindi zoppicando, lasciando ad un secondo momento l'opportunità di approfondire singoli punti se qualcuno è interessato.


E' la religione diversa, separata dalla vita?


Questa è la domanda che dobbiamo porci se vogliamo capire la religione in un contesto reale, concreto e non solo nel campo dei libri.
E la ricerca inizia solo rispondendo ora, da noi stessi, a questa domanda, e non aspettando che qualcun altro risponda per noi.  E questo significa che amiamo la vita e siamo curiosi di scoprire cosa sia questo miracolo. Allora se la nostra risposta (e sottolineo "se") sarà: no, la religione non è separata o diversa dalla vita, ne conseguirà che non abbiamo bisogno di leggere alcun libro per capire cos'è la religione, che infatti non si trova e non può trovarsi nei libri che (per convenzione) chiamiamo "sacri". Allora l'unico libro che vale la pena leggere e che dobbiamo imparare a leggere è la vita stessa. Essa ci darà le risposte che cerchiamo se sapremo fare le domande giuste e sappiamo realmente osservare come fece Galileo. E così, quando siamo in contatto con questa cosa viva, sempre mutevole, che è sia in noi che fuori di noi e che quindi non potrà mai essere contenuta in un libro, allora sapremo riconoscere quando un'altra persona ha fatto le nostre stesse scoperte. E chiaro? E' secondo questo criterio che affermo che persone come Gesù o il Budda avevano avuto intuizioni genuinamente religiose mentre Maometto assolutamente no.


Ma il problema è che molti di noi non sono interessati alla vita, che probabilmente ci fa paura e così ci rifugiamo nei libri perché ci dà sicurezza. E abbiamo lasciato atrofizzare le nostre capacità di osservazione e non vediamo o udiamo più nulla.


[Cit.] "Quindi  il preoccuparsi della verità o meno delle "rivelazioni" di un Cristo o di un Muhammad è un falso problema."


Certo, se non possiedi alcun strumento a parte l'interpretazione dei testi questa questione sarà mal posta, e infatti  tutte le religioni sono finite, morte, nel momento in cui sono state codificate e cioè si è preso il testo scritto come "rivelazione". Ma rivelazione di che? Nessuno potrà mai rivelarti cosa sei tu e perché vivi nel modo in cui vivi, con i tuoi conflitti, desideri, paure, etc. nemmeno Dio, se esiste una figura altamente antropizzata così... Devi osservarti e capire di prima mano, ed essere la luce di te stesso.


[Cit-] "C'è qualcosa , nella vita, nell'insegnamento e nella testimonianza dei frutti buoni che ogni [font=Garamond","serif]religio[/font] ha prodotto dal suo albero che può aiutarmi ad essere migliore, un frutto buono e fecondo di bontà sopra questa Terra piena di sofferenza? Buddha stesso, con le sue ultime parole (anche qui riportate e non sappiamo, nè potremo mai sapere, se dette veramente...) invita a seguire l'insegnamento e non la figura umana del fondatore."


E stringi stringi qual è insegnamento del Budda?  Liberati dai condizionamenti mentali che offuscano la tua percezione e potrai avere una percezione chiara delle cose e di te stesso. Ma i monaci buddisti sono pesantemente condizionati dalle loro tradizioni e anziché fare come il budda che rifiutò ogni tradizione passano il tempo a recitare come automi i sutra... e questo il buddismo secondo te?


E Cristo espresse lo stesso concetto quando disse: "Cercate la verità e la verità vi farà liberi". Ma chi tra i cristiani e i clero si mette mai a cercare la verità? Quello che cercano è solo la pseudo sicurezza che dà loro la parola scritta e non l'unica verità che non può essere imprigionata in una parola o in una idea e che può essere trovata solo nella vita stessa...

[cit.] "Se anche un solo muslim vivesse la sua vita  senza odio, egoismo e illusione e si attenesse ai precetti, riti e dogmi della sua particolare religione, sarebbe sufficiente per affermare che quella religione può produrre del bene."


Anche di questo ho già parlato ed è una assunzione o credenza fallace (come tutte le credenze). Non c'è alcun legame di causa ed effetto tra i precetti, riti e dogmi di una religione e il fare o come dici tu produrre il bene. Da uno che ha scelto come pseudonimo "Sariputra" mi aspettavo una conoscenza più approfondita del buddismo.


Quando mai i riti hanno prodotto il bene? Puoi scoprirlo da te? E quando e dove mai il Budda ha detto che il bene scaturisce dai riti?
E per quanto riguarda i precetti, credi che per fare il bene basti seguire un precetto, o un comandamento? Ma non ti sei mai guardato intorno o anche dentro di te?  Siamo almeno 2000 anni che cerchiamo di fare il bene seguendo precetti e guarda tu dove siamo arrivati... I precetti, le leggi, i dogmi, cioè la moralità imposta rendono ottusa la mente, la dividono nel controllore e la cosa da controllare e creano conflitti a dismisura in noi. E la persona chiamata comunemente "religiosa" è in realtà uno schizofrenico che ha creato innumerevoli divisioni nella propria mente. Questa è la strada che porta all'inferno e non al paradiso e religioni dogmatiche come l'Islam e il cristianesimo (ma non l'insegnamento originale di Cristo) sono trappole mortali che uccidono ogni vera spiritualità perché negano la libertà fondamentale che è necessaria per il risveglio dell'intelligenza e dell'amore, e solo con la chiara percezione ci potrà essere l'intelligenza (che non è l'intelligenza meccanica del pensiero) che produce il bene.


Sorvolo su le altre considerazioni che fai riguardo all'Islam in quanto credo che basti ciò che ti ho detto.


Per quanto riguarda Omar Khayyam hai visto tu stesso come i pareri delle "autorità" siano discordi. Cosa farai allora? Prenderai quello che più ti piace in base ai tuoi condizionamenti culturali? Ma la mia domanda su Khayyam voleva invitarti ad indagare col tuo buon senso e capire da te senza rifarti alle autorità su cosa lui fosse. Dato che non lo conosco io non ho nulla da dire.
#27
Verdeidea, il tuo ultimo intervento mi dà lo spunto di precisare alcune cose:


[Cit.] "Non credo che per Gibran (per me non lo è) sia un'analisi scaturita dagli avvenimenti del terrorismo che "si dice" di origine islamica."


Infatti non è così, ho capito cos'era l'islam e la cultura da cui è scaturito in occasione di due viaggi: il primo in Israele nel 1971 (molto prima quindi che scoppiasse il terrorismo islamico che conosciamo oggi, e molto prima che ci fosse il fenomeno degli immigrati) e l'altro in Pakistan e India nel 1985. Conoscere e parlare con musulmani, toccare con mano la loro mentalità e modo di vita credo mi abbia influenzato profondamente.
Ho viaggiato molto e conosciuto gente di tutti i paesi e solo nei musulmani ho notato certe caratteristiche... ed ho scoperto che sono in molti ad essersene accorti: dovunque vadano creano conflitti e ostilità. Islamofobia?


 [Cit.] "Lo so, sembra atroce dover ammettere che assurdità simili si possano trovare nell'insegnamento di una religione, ma è proprio questo il punto. Dobbiamo operare con un bisturi su due tessuti diversi di un organo e separare l'idea che abbiamo ormai di religione da quello che non è religione anche se dall'aspetto si assomigliano."


Ben detto. E' proprio il punto che non capisce Phil. Se si sa discernere, se si ha capacità di giudizio, si deve fare una operazione di bisturi e non dare credito ai valori di facciata.


[Cit.] "Perciò il fatto stesso di dare la connotazione di religione ad una organizzazione e qualunque cosa predichi, per ciò stesso acquisisce un valore reverenziale non indifferente, che, per chi possiede una visione più critica delle religioni ci può arrivare anche da solo a capire se si tratta di un farlocco...]


E così splendidamente semplice che ci vuole un'anima semplice per capirlo. Continuare a ripetere la solfa che l'islam ha tutto il diritto di essere considerata una religione a tutti gli effetti significa rifiutarsi di capire le implicazioni psicologiche di questo fatto (ed ecco perché ho dato a Phil 3 in psicologia).  E pur di difendere l'islam è arrivato a negare che il termine "religione" porti con se un "valore reverenziale" o di autorevolezza come io avevo detto, lui che ha sempre fatto analisi sociologiche nega il valore sociale della religione...


[Cit.] "in definitiva si illuderà di trovarvi il sacro, di trovarvi Dio, anche quando tutto l'impianto della cosiddetta religione ha poco o niente a che fare con Dio o col sacro. "


Esatto. Questa è proprio la caratteristica saliente dell'Islam: il loro concetto di sacro e di Dio è un concetto primitivo e infantile che poi deriva dalla cultura tribale in cui è vissuto Maometto. Come ho già detto nell'Islam Dio è semplicemente la fotocopia di un sultano, di qualcuno che ha il potere e la volontà di punirti e di premiarti, e il loro paradiso è semplicemente un luogo dove godere di piacere terreni. La coscienza araba non si è mai elevata al di sopra dei piaceri terreni e dell'acquisizione potere che consente di procurarli. E il rapporto che essi hanno con il loro "Dio" è quello di una transazione commerciale: io ti do' l'obbedienza (e la sottomissione che è il significato della parola islam) e tu mi dai ogni "bendidio"- ricchezza, cibo, donne, rolls-royce... intendiamoci è qualcosa che non si sono inventati loro, fa parte del DNA umano, e lo si ritrova in ogni religione, compresa quella cristiana. Ma almeno le religioni vere, quelle che sono scaturite da una vera percezione della dimensione sacra hanno ben altri messaggi da dare, molto più elevati e con una visione più ampia dell'universo religioso musulmano.  E il tirare in ballo che poi anche nell'ambito dell'Islam ci siano state figure che hanno raggiunto una certa statura spirituale non dimostra che sia stato a causa dell'Islam, ma malgrado esso.



Faccio un esempio. Molti appassionati di Jazz sostenevano che Charlie Parker, il grande sassofonista e innovatore del jazz, suonasse e componesse così bene perché si ubbriacava e si drogava. Davano cioè il merito della sua creatività all'alcol o alla droga – è un mito tanto diffuso quanto fallace. Ho letto un bellissimo articolo di uno dei massimi critici musicali americani che conosceva bene Parker e spiegava che Charlie era così bravo e ispirato che riusciva a suonare bene anche MALGRADO l'alcol, e infatti suonava meglio quando NON era ubbriaco. Questa è la mia tesi: che questi mistici (per esempio Sufi) o persone spirituali, siano diventati tali per merito delle loro intrinseche qualità e come risultato di una loro ricerca personale, malgrado fossero stati condizionati dall'Islam.


[Cit.] "Infatti le sette non sono definite religioni, non rientrano tra le religioni, eppure tutte le grandi religioni inizialmente erano considerate sette, lo fu anche il cristianesimo, anche l'islam. Tuttavia noi diamo una connotazione meno importante o più negativa a ciò che chiamiamo setta. "


Questo è un punto importante che vorrei ribadire. Mi fa piacere che anche tu sei approdata a questa importante scoperta.


Ma devo fare una premessa: io faccio un distinguo tra religioni istituzionalizzate (o strutturate come le ha chiamate Phil), che sono le grandi religioni che conosciamo oggi, e l'insegnamento religioso o spirituale delle persone che ha dato lo spunto per lo sviluppo di queste religioni. Ritengo che persone come Gesù, Sakyamuni (il Budda), forse anche Lao Tze, più due o tre altri maestri spirituali indiani meno conosciuti, fossero delle vere figure religiose nel senso proprio del termine e che avessero avuto una reale intuizione trascendente. Ma il problema che si è sempre posto è che la maggioranza delle persone che ascoltavano i loro insegnamenti non capivano la profondità di essi o la capivano parzialmente e quindi hanno creato una religione (o inizialmente una setta) sulla base di questa comprensione parziale e frammentaria e - ciò che è peggio- non abbandonando credenze precedenti che nulla avevano a che fare con l'insegnamento dei maestri. (Per esempio nel cristianesimo si trovano ampiamente residui di paganesimo – basta pensare alle processioni con la madonna e i santi...). Cioè io ritengo che le religioni istituzionalizzate siano la creazione dei fedeli e non del "maestro" e come tali sono una corruzione dell'insegnamento originario. Questa corruzione è inevitabile nel tempo dato che ad ogni generazione c'è sempre una falla nella trasmissione dei dati, gli errori si accumulano... e poi la lingua cambia e cambia anche il significato delle parole.  

Ho letto da qualche parte che il fenomeno della corruzione (posto che originalmente si possedesse il messaggio originale) incomincia già dopo 80-100 anni dalla morte del "fondatore". Per il buddhismo – vado a memoria – credo sia avvenuto dopo circa 300 anni, per varie ragioni storiche, politiche e culturali, anche se si possedevano testi scritti dell'insegnamento di Sakyamuni. Nel cristianesimo, a leggere la storia della chiesa e dei concili, deve essere avvenuto già intorno all'anno 80 D.C., cioè più o meno all'epoca dei primi concili, dove putacaso già si accapigliavano (e non solo verbalmente, ci furono delle vere e proprie risse) per come dovesse essere interpretato il messaggio di quel (povero) Cristo.


E poi c'è il grosso problema della fonte dei cosiddetti "testi sacri": dimentichiamo che Gesù non lasciò nulla di scritto di suo pugno, e che tre degli evangelisti non l'hanno mai conosciuto personalmente. Giovanni, il solo che incontrò il Cristo, lo fece a nove anni (dico: nove anni!), e scrisse il suo vangelo quando era già anziano... ditemi voi cosa può aver capito un bambino di nove anni e in ogni caso cosa può aver ricordato dopo così tanto tempo... e infatti mentre gli altri tre evangelisti (Marco, Matteo e Luca) detti sinottici, sono molto simili tra loro (e gli storici laici dicono che si sono copiati l'uno con l'altro) il vangelo di Giovanni presenta delle diversità abbastanza significative. Infine anche ammettendo che i vangeli riportino con esattezza le parole di Cristo, rimane il fatto che è un insegnamento frammentario che è stato integrato con dottrine prese dalla religione ebraica o dalla filosofia greca, più tutto l'esercito di teologi/interpreti... credo che Cristo rinascendo non riconoscerebbe la "propria" religione (:-).


Ma veniamo alle sette. Sì anche il cristianesimo inizialmente era una setta, e questo perché come nell'islam, ci fu una commistione con la politica e comunque per mancanza di reale comprensione di ciò che Cristo aveva insegnato. Era una setta di ebrei e agli ebrei non interessava il "regno dei cieli" ma crearsi un regno qui su questa terra – e infatti nell'aspettare il messia, aspettavano un leader politico/religioso che li liberasse dal giogo romano. Tutte le sette sono ossessionate dal potere... se fate un'indagine su Scientology potrete scoprire cose interessanti che vi faranno capire cosa è una setta. E come setta politica si inimicarono i romani che li percepirono (e credo a ragione) come sovversivi e come tali li perseguitarono. Noi oggi leggiamo la storia delle persecuzioni romane da fonte cristiana, cioè di una setta che ha vinto e ha preso il potere e possiamo solo intuire come siano andate veramente le cose. Il fatto centrale e che i romani mai avevano osteggiato una religione, anzi le avevano sempre accolte tutte ben volentieri considerandole " tutte false e tutte utili" (a far star buono il popolo). (Citazione a memoria di un filosofo latino, Marco Aurelio?)... quindi possiamo porre l'equazione: setta=conflitti.



L'islam è un'altra delle tante sette "vincenti" (e che per questo oggi sono diventate "rispettabili") – Ma sempre setta rimane per chi sa fare una attenta analisi.
#28
Sariputra,


ti devo fare i miei complimenti per questo bellissimo riassunto storico. Concordo pienamente con la tua conclusione:


"Dal mio punto di vista non può essere assolto nessuno dei contendenti. Le motivazioni iniziali furono difensive, presto però divennero offensive e di conquista. Viceversa , per i turchi, si trattò di passare dall'offensiva alla difensiva. Nessuno dei due ne uscì con una "bella immagine".


Questo dovrebbe servire a capire – se lo si volesse capire – l'inutilità di accusare una delle parti in causa di imperialismo e di atrocità. L'imperialismo o colonialismo, come l'avidità e la violenza sono un retaggio di tutta l'umanità e nessun popolo ne è mai stato esente (se qualche popolo non ha mai creato un impero è per mancanza di occasione e mezzi e non per mancanza di volontà). A me è sempre suonato ridicolo come gli arabi accusino gli europei di aver fatto le crociate e di essere stati imperialisti, quando lo sono stati a loro volta in misura eclatante... e ci sono fresconi sinistroidi qui da noi che credono a queste baggianate... e curioso anche come non hanno mai accusato di imperialismo i turchi che si sono formati un impero proprio a spese di quello arabo...


[Cit.] "Non so se Muhammad, il Profeta, scrisse veramente il Corano. Penso che venne aiutato da diversi eruditi arabi dell'epoca."


Non sono un esegeta dell'Islam e non credo ci sia bisogno di esserlo per poter dare un giudizio critico su questa pseudo religione. Del resto gli stessi esegeti musulmani non sono d'accordo tra loro... Comunque avevo letto da qualche parte che Maometto era entrato in contatto con ebrei e cristiani prima della sua "rivelazione" da parte dell'arcangelo Gabriele (figura di chiara derivazione ebraica) e che anzi aveva avuto come maestro o consigliere un monaco cristiano. Trovo ora su Wikipedia:


"Nei suoi viaggi fatti in Siria e Yemen con suo zio, Maometto potrebbe aver preso conoscenza dell'esistenza di comunità ebraiche e cristiane[23] e dell'incontro, che sarebbe avvenuto quando Maometto aveva 9 o 12 anni, col monaco cristiano siriano Bahīra –"


E sono in molti a dire che l'idea del monoteismo l'abbia presa proprio dall'ebraismo e dal cristianesimo (questo se non crediamo all'arcangelo Gabriele). E questo ovviamente vale anche per tutte le altre prescrizioni "amorevoli" che si trovano o nel corano o nella prassi dell'Islam.


Nessuno costruisce sul vuoto ed è logico e altamente probabile che M. abbia costruito la sua "religione" proprio a partire da quella già esistente e conosciuta dei suoi cugini ebrei (anch'essi come gli arabi discendenti dal patriarca Abramo a cui Dio aveva promesso dominio su tutto il mondo) e da quella cristiana che si stava rapidamente estendendo, riadattandola ad uso e consumo delle tribù arabe.


La ragione per cui io la considero una pseudo religione è che non credo alla rivelazione dell'angelo (come non credo che Dio abbia dato a Mosè le tavole della legge sul monte Sinai) e quindi per me una religione costruita "a tavolino" non può essere una vera religione. Checché ne dica Phil se viene a mancare il presupposto di base e cioè il fatto che il corano sia stato voluto proprio da Dio in persona, crolla anche la legittimazione di quella religione anche se milioni di persone ci credono. (E trovo infantile additare il numero degli adepti per dare autorevolezza a una cosa che non si regge in se stessa).


Inoltre a rafforzare la mia "opinione" è la connotazione fortemente politica dell'Islam e il fatto che nella sua prassi e nei suoi testi canonici ci siano precetti contradditori. Ovviamente non è l'unica religione con contraddizioni, ne troviamo anche nel cristianesimo, (e molte di queste in entrambe le religioni derivano dalla commistione con la politica)  ma nell'Islam queste contraddizioni invalidano proprio quella che dovrebbe essere la funzione di una religione (e non secondo me... ma questo richiederebbe una lunga esposizione). Una religione dovrebbe servire a liberare l'uomo dai suoi condizionamenti e conflitti, interni ed esterni, e non a renderlo schiavo di norme arbitrarie e che soffocano il fiorire della mente e dell'intelligenza. E quando un profeta predica la pace e l'amore e si mette a fare la guerra per stabilirla sta dimostrando ampiamente di non aver capito nulla di cosa sia la pace e l'amore. A Maometto si deve riconoscere il merito di aver unito le tribù nomadi arabe in lotta tra loro e aver dato la motivazione e quindi l'energia per conquistare un impero. Maometto è il vero costruttore della nazione araba così come Mosé fu il costruttore della nazione ebraica, entrambi emanciparono i loro popolo dall'esistenza anonima di tribù del deserto.


Ma cosa ha tutto ciò a che fare con la religione? Nulla se non usare la religione come spinta e giustificazione. Politica e religione non possono stare insieme e se studiate la storia vedrete tutti i guai prodotti in tutto il mondo e le culture da questa commistione.

[Cit.] "Questo libro, il Corano, oltre ad un'infinità di norme contiene però anche spunti di altissima intuizione filosofico-spirituale e molti sheikh suoi successori furono veri uomini di spiritualità."


Resta da vedere se sono delle reali "intuizioni" o semplicemente una copiatura o rimaneggiamento di opere altrui. Del resto anche Giovanni (l'evangelista) ha inglobato nel cristianesimo concetti presi dalla filosofia greca, cosa poi continuata da vari altri teologi posteriori.


Quanto poi al fatto che si trovino persone di "spiritualità"  (cosa che ti concedo con beneficio di inventario) questo non significa nulla e non prova la "bontà" di una religione. In tutte le religioni si trovano persone spirituali (per non parlare di miracoli...), sinceramente spirituali ma questo dimostra solo il merito dell'individuo e non quello della religione professata. Dovremo allora concludere che tutte le religioni sono valide? (Anche un ateo, al limite può essere molto spirituale, e per esempio Einstein lo era). Il fatto che ci siano preti buoni, non dimostra la bontà del cattolicesimo ma solo quella dell'individuo.


[Cit.] "E poi...come  si fa  a dire che non è una religione qualcosa che ha ispirato il sommo, l'inarrivabile poeta, mistico e ubriacone Omar Kayyam?..."


Mistico? Leggo su Wikipedia (confesso che conoscevo Kayyam solo di nome e di fama): "è stato un matematico, astronomo, poeta e filosofo persiano".


Uno che scrive:

"Bevi vino, ché vita eterna è questa vita mortale,"


Lo consideri ispirato dall'Islam? Ma andiamo!  Semmai da Bacco (perbacco!). (:-)


Titolo di un articolo: "Omar Khayyam, il poeta persiano censurato dagli ajatollah ..."
Perché dovrebbero censurarlo se è stato ispirato dall'Islam?


Non confondiamo cultura con religione, e la cultura persiana (attento persiana e non araba o musulmana) ha prodotto opere d'arte mirabili.
#29
Phil,


La questione di fondo è che un essere umano e un enciclopedia non possono dialogare.


Ti dò 7 in logica, 3 in psicologia e 0 in umanità. (E a che serve il "logos" se non c'è umanità?)


Il mio accenno all'ignavia sarebbe stato sufficiente a scuotere un essere umano ma ovviamente non una enciclopedia. E una enciclopedia non può rinsavire... non puoi farci nulla con una enciclopedia. Essendo lettera morta non risponde alla vita.


Che la religione sia un valore in sé lo capirebbe anche un bambino (ma non una enciclopedia) tanto è vero che la carta dei diritti umani sancisce implicitamente la sua importanza asserendo il diritto degli individui alla libertà di religione. Quindi non è solo il correligionario che dà importanza e autorevolezza al termine religione o religioso. E visto che sei bravo in logica dovresti capire che anche l'importanza negativa, cioè quella che per esempio L'ISIS dà alle altre religioni o figure religiose è SEMPRE importanza e quindi un giudizio di valore implicitamente positivo, dato che positivo e negativo in questo caso sono strettamente legati. Spiegazione per i non-umani: questo vuol dire che L'ISIS, come l'ONU, dà importanza e quindi un valore -anche se negativo- al papa in quanto figura religiosa e perché è considerato una "autorità" in quasi tutto il mondo anche dai non-cattolici (anche se per te o per me non lo è). Odiare qualcuno o qualcosa è dargli importanza. E la religione è un valore in sé anche per l'ateo che si affanna a combatterla o a deriderla. Non ci affanniamo per cose di nessuna importanza... e anche quando la nega lo fa proprio perché è consapevole che è accettata universalmente come cosa positiva. Tu dici che il termine "religioso" non è sempre sinonimo di autorevolezza, ma io non ho detto "sempre" ho solo detto "comunemente" o generalmente  lo si ritiene autorevole. Quindi mi spiace ma tutto il tuo ragionamento è privo di fondamento, sia da un punto di vista logico che sociologico. (:-)


Un'ulteriore esempio (se ce ne fosse bisogno): Per Mehmet Ali Ağca, il terrorista turco che nel 1981 preparò un attentato contro Giovanni Paolo II, il papa era importante e proprio per questo lo voleva eliminare. Nel volerlo uccidere manifesta implicitamente il valore, l'importanza che dà a questa persona e a ciò che rappresenta, e non era certamente cattolico!!! (:-)


[Cit.]"A proposito, vogliamo chiedere a lui se l'Islam è una religione? Magari, se fosse d'accordo con me, tenteresti di farlo "rinsavire"(cit.)... e forse hai più chances con lui che con me   "


Con questo dimostri di non aver capito il mio discorso, eppure ne abbiamo parlato ampiamente... "una cosa non è qualcosa solo perché qualcuno la ritiene tale" (Cito me stesso) (E viceversa: se non la ritiene tale). Tirando in ballo il papa con me caschi male dato che non sono cattolico e la sua parola per me (e bada bene che ho detto per me) non conta per stabilire la verità di qualcosa. (Conta invece come soggetto politico che grazie alla sua riconosciuta autorevolezza interferisce con la vita politica del mio paese).


[Cit.]"Per me "religione" è semplicemente una qualunque "tradizione strutturata" che affronta certi temi etico-esistenziali con un approccio dogmatico ed ha, o ha avuto, un gruppetto di credenti. Quando dico "religione", nel mio "vocabolario", non dico affatto "buono" o "meritevole" o "venerabile".


Cito questo solo per farti notare come qui hai cambiato le carte in tavola. E il cambiamento sta in quel "per me" e "nel mio vocabolario". Mentre prima controbattevi alle mie affermazioni argomentando in linea generale e teorica, ora con quel per me sei sceso a considerazioni strettamente personali  e quindi soggettive. Allora tutto il discorso si riduce a "per me è così e per te è così". Hai fatto bene a dirlo ma come procedere da qui?


Inoltre mi viene in mente ora che dicendo "nel mio vocabolario, non dico affatto buono", stai confermando la mia tesi che invece per il "vocabolario" comune – ma io direi per il senso comune – la religione è qualcosa di buono, meritevole e venerabile.


Vorrei farti notare anche che è curioso come un ateo dichiarato come tè si accalori tanto per riconoscere l'Islam come religione sacrosanta (e sottolineo sacrosanta- anche se tu non lo hai detto - dato che sono due attributi che comunemente e quasi universalmente – lasciando fuori le religioni del neolitico- sono associati alle religioni). Se io fossi in te lascerei questo compito ad una persona che alle religioni ci crede e le considera autorevoli, come mi pare si trovino su questo forum. Per uno che dice che per lui le religioni non hanno molta importanza, la tua difesa dell'Islam è sospetta e sfiora l'apologia (:-)
Non venirmi a dire che lo fai per amore della verità oggettiva dato che hai appena detto quel "per me"... (:-)


[Cit.] "diciamo che è "religione" ogni culto che ha almeno 2000 anni di storia, così lasciamo fuori quei cattivoni dell'Islam?"


Qui sei ritornato alle definizioni da vocabolario... ti ho già spiegato che le definizioni non sono la cosa e non dimostrano nulla se non esprimere ciò che la maggioranza delle persone pensano. Ma la verità delle cose non funziona secondo il modello democratico, e spesso la maggioranza si sbaglia e non solo in questioni religiose. E ti ho già spiegato anche perché io lasci fuori l'Islam. Il fatto che tu ripeta questa cosa mi fa pensare non ad una mancanza di intelligenza – cosa che non credo sia da te – ma a semplice cattiva volontà. E senza buona volontà ogni discussione è sterile. E quanta callosità e aridità di cuore c'è in quel "cattivoni"!


Possiamo ipotizzare due possibilità: 1) Hai ormai rinunciato ad essere un essere umano. Un essere cioè che riconosce l'importanza di cose che volenti o nolenti influenzano la sua vita. 2) Usi le argomentazioni pseudologiche per nascondere il tuo implicito appoggio ai crimini contro l'umanità, crimini non soltanto fisici ma anche e soprattutto psicologici, e manchi di coraggio per uscire allo scoperto.
In entrambi i casi il dialogo si interrompe.


[Cit.] "P.s. Tranquillo, non insisterò, credo di aver messo bene a fuoco le differenze di fondo..."


Se insisti per me non c'è problema. Io con te mi sono sempre divertito e continuerò a divertirmi fintantoché saprai portare argomenti realmente logici e che hanno un riscontro nella vita reale. Con le enciclopedie non mi diverto e le lascio al loro gioco. (:-)


P.S.
Precisazione per chi dovesse leggere questo forum senza aver seguito l'intera discussione: Equiparo Phil ad una enciclopedia perché solo nelle enciclopedie le religioni sono tutte poste sullo stesso piano e quindi hanno lo stesso valore. L'enciclopedia deve avere necessariamente questa impostazione imparziale. Ma per gli esseri umani in carne e ossa le cose non stanno così... e anche uno scettico/non-credente come Phil dovrebbe saperlo (:-)
#30
Phil,


ti rispondo solo perché malgrado le nostre divergenze tu mi sei ancora un po' simpatico, e spero che in un modo o nell'altro riesca a rinsavire (:-)


"Calma: i miei due criteri (affrontare certi temi in un certo modo, ed avere fedeli) denotano una religione in quanto tale, ma non esprimono giudizi di valore. Dico che per me l'Islam è una religione, non affermo affatto che essere cristiani o musulmani o buddisti è indifferente, ma solo che sono tutte e tre religioni."



Caro amico no, questa è un'altra contorsione logica: nel momento in cui le definisci tutte "religioni" in senso accademico stai implicitamente dandone un giudizio di valore: cioè per te sono tutte sullo stesso piano, cosa che secondo una logica più realistica non può essere. La imparzialità dello studioso è un mito: nessun accademico è imparziale se non diventando materia astratta lui stesso e dimenticando quindi di avere carne ed ossa. E spesso parlando con te o con altri qui ho avuto l'impressione di trovami di fronte più ad una enciclopedia che ad un essere umano... per un essere umano le religioni contano e non sono tutte sullo stesso piano, tanto che arriviamo ad ammazzarci l'un l'altro per esse o in nome di esse. Quindi ancora una volta ti chiedo, lascia la tua corazza di studioso fatta di argomenti teorici imbottiti di una logica arida e infruttuosa e scendi in campo come un essere umano che si sente coinvolto con la vita che lo circonda. Nel momento in cui credi di non esprimere un giudizio in realtà lo stai esprimendo e come... quando la casa brucia o scappi o ti dai da fare per spegnere l'incendio. Se stai lì a trovare argomentazione logiche sulla questione se il fuoco sia realmente un pericolo o no, stai in realtà mostrando tutta la tua ritrosia o incapacità ad agire.


"Non "giudico" in base al proselitismo, e spero che tu non abbia inteso il mio parlare di proselitismo in modo "qualitativo", come dire un "più proseliti hai, più sei bravo!", perchè non è affatto né quello che ho scritto né quello che intendevo... Ripescando il tuo esempio: se un partito ha proseliti, molti o pochi non conta, è di fatto un partito; tutto qui. Buono o cattivo non è certo una questione di numeri!"



Oh, mi fa piacere che almeno su questo tu sia d'accordo: "buono o cattivo non è certo questione di numeri". Ma anche qui ci vedo una questione di lana caprina: sì, io ho inteso il tuo parlare di proselitismo in modo qualitativo dato che questa valutazione qualitativa è implicita nel tuo discorso. E' vero che tu ti riferivi alla opportunità di chiamare religione l'Islam e non al fatto che possa essere buono o cattivo, ma non ti rendi conto che già il fatto di definirla religione è un giudizio qualitativo? Si presume ed è accettato universalmente che una religione sia qualcosa di rispettabile, di buono, di utile e di sommamente importante e quindi è ovvio che se io definisco religione un dato movimento sto di fatto ponendolo su un piedistallo al di sopra di cose più prosaiche o meno importanti come i partiti politici o il circolo del bridge. E ben sanno questo gli adepti di Scientology che inizialmente si sono presentati come una disciplina psicologica (ho avuto la "fortuna" di conoscere di prima mano Scientology al suo nascere) per poi autodefinirsi religione o chiesa per evitare di finire in prigione per plagio e per darsi una autorevolezza che non avevano inizialmente. E ben lo sapeva il nostro caro Maometto che ha voluto chiamarla religione per darle il crisma di Dio e procurare a se il carisma necessario a guidare e manipolare il suo popolo. Ed è proprio per questo che io mi rifiuto di considerarla una religione perché così facendo le diamo rispettabilità e giustificazione, cosa che non merita ne l'una ne l'altra. (E nota che non troverai questi argomenti nelle tue enciclopedie e che io sto parlando di religione nel senso comune dell'uomo della strada e non secondo una definizione teorica di una enciclopedia).


"quindi, dal mio umile punto di vista, non sono io a "dare un valore all'illusione"(cit.)."


Prima lanci il sasso e poi nascondi la mano. (:-) Nel dire che il Cristianesimo sarebbe comunque una religione anche se si scoprisse che Cristo non è mai esistito, significa accettare e dare valore a una cosa falsa e quindi ad una illusione. Forse tu non eri consapevole di dare questo valore all'illusione, perché prendi in esame solo una logica astratta, ma è palese se capisci il succo del mio discorso precedente e cioè che già nel  termine religione è implicito un giudizio di valore.


"Il paragone con la moglie mi sembra un po' mal costruito: il legame credenza/giustizia lo pongono i credenti."


Beh non è un paragone elegante, ma se sei disposto a sorvolare sulla forma e badare alla sostanza stavo parlando ancora dell'Islam e delle sue credenze. Prima ti formi una illusione, le dai un nome e la circondi di un aura di autorevolezza e sacralità. Quindi dando credito a questa auto creata illusione sancisci, come nella legge coranica, che i blasfemi debbano essere uccisi. Se dai valore all'illusione ti sentirai giustificato nel compiere questo atto di violenza che percepirai come giustizia. E' ovvio che questo legame credenza/giustizia lo pongono i credenti e non tu ma ti fai loro complice quando riconosci loro la rispettabilità di essere chiamati "religiosi". Se non sei d'accordo su questo perverso legame puoi dissociartene proprio evitando di chiamarli "religiosi".


"La fallibilità umana e gli errori della ragione credo siano piuttosto fattuali..."


Esatto ed era proprio a questo a cui io mi riferivo. Che fai mi rifai il verso? (:-)


"Ribadisco la distinzione fra: [font=Garamond","serif]individuare[/font] una religione (dico che l'Islam lo è) e [font=Garamond","serif]giudicarla[/font] (ho un giudizio negativo delle religioni violente, ma non per questo le ritengo non-religioni). Spero di essere risultato più chiaro..."


Chiarissimo, non è difficile capirlo, ma sinceramente stai cercando di spaccare il capello in due. Come ho spiegato più sopra: individuare (o definire) una religione è diverso dal giudicarla ma solo formalmente. Nella pratica corrente di tutti i giorni ascriverla in quella categoria è già un giudizio di valore. (Tanto per fare un esempio banale: è ovvio che la parola del papa conta per i giornali e per la gente comune più di quella di un semplice cittadino (i tuoi discorsi per esempio non verranno mai riportati sui quotidiani) e questo semplicemente perché il  papa è ritenuto e individuato come una autorità religiosa. Quindi usando la parola religione o religioso stai automaticamente dando valore a quella cosa o persona. Chiaro?


"onestamente non ricordo, non è che mi sono definito "scettico" [font=Garamond","serif]su una tematica in particolare[/font], e non "scettico in generale"? "


E' troppo lungo andare ora a ripescare la tua frase ma se non ricordo male l'avevi formulata in termini di battuta scherzosa, alludendo a Diogene. In realtà non ti sei mai voluto definire con precisione e hai sempre eluso i miei tentativi di farti uscire allo scoperto.