Ho letto -e anche frettolosamente - solo i primi tre interventi di questo filone, ma voglio provare ad aggiungere qualcosa, sperando non l'abbiano detto altri.
Sono d'accordo col professor Panebianco: "Dunque, il burkini, non va messo fuori legge. Ma ciò non significa che lo si debba anche approvare". Mettendolo fuori legge si dà agli islamici la scusa di accusarci di mancanza di libertà. Vorrei qui sottolineare che nei paesi islamici vige una concezione della libertà molto diversa da quella sviluppatasi in Europa. Ci sono le libertà costituzionali, sancite dalla legge, e c'è la libertà intesa come libera scelta nella vita privata. Sono due cose diverse. Gli islamici capiscono molto bene la prima ma non la seconda, per cui molti di loro - forse in buona fede o forse in altri casi no - credono che portare il burkina faso (come qualcuno l'ha scherzosamente chiamato in un quotidiano) sia una scelta "libera" delle donne. Credo che su questo punto non ci si possa capire (forse non lo capiscono neppure molti europei).
Il burkina è orrendo, mi sembra nessuno l'abbia detto nella stampa in questi giorni, e anche ridicolo ai nostri occhi, nonchè manca di funzionalità per il nuoto. Ma non si può stigmatizzare una persona o una comunità prchè indossa abiti orrendi o ridicoli. Possiamo fare commenti tra di noi stando attenti a non farci sentire dai nostri compatrioti musulmani
. In conclusione credo che tutto il polverone sucitato dall'ordinanza del sindaco di Nizza sia stata una manovra mal scelta e mal pensata. Capisco che la Francia ora voglia mostrare il muso duro agli islamici dopo i massacri che ci sono stati, ma ha ottenuto il contrario di quello che sperava.
Personalmente io direi alla stilista australiana Aheda Zanetti (di origine italiana?) che ha dichiarato che l'ha ideato per permettere alle donne musulmane di praticare lo sport senza infrangere le loro regole, che lo sport è un concetto e una pratica pagana e come tale non-islamica (mi pare che l'ISIS l'abbia pribito). Non credo che queste donne a casa loro siano mai andate al mare, o siano appassionate di nuoto. Del resto anche nei paesi del sud italia dove io abito, fino ad una cinquantina di anni fa nessuno andava al mare, o se ci andavano restavano vestiti. La moda della balneazione, il nuoto e l'abbronzatura, sono tutte pratiche nate nel tardo romanticismo tra le classi medio-alte europee, e poi si sono diffuse a tutte le altre classi ma non nei paesi extraeuropei dove era una pratica sconosciuta sino all'avvento recente del turismo. Quindi è una moda molto europea che ora queste donne islamiche vogliono imitare... ma con le loro limitazioni... un po' come lo Stato Islamico che usa i dollari americani come valuta. Una contraddizione di fondo.
"È solo desiderio di distinguersi dalle occidentali, quindi è espressione di apartheid."
Ogni modo diverso o particolare di vestirsi crea divisione e di fatto apartheid. Succede con gli ebrei ultraortodossi (che tra l'altro sono fonte di problemi dovunque vivano), succede con gli Amish in America che vivono appartati da tutti gli altri. Credo sia inevitabile che succederà anche con i musulmani che vogliono mantenersi attaccati ai loro usi e costumi.
Sono d'accordo col professor Panebianco: "Dunque, il burkini, non va messo fuori legge. Ma ciò non significa che lo si debba anche approvare". Mettendolo fuori legge si dà agli islamici la scusa di accusarci di mancanza di libertà. Vorrei qui sottolineare che nei paesi islamici vige una concezione della libertà molto diversa da quella sviluppatasi in Europa. Ci sono le libertà costituzionali, sancite dalla legge, e c'è la libertà intesa come libera scelta nella vita privata. Sono due cose diverse. Gli islamici capiscono molto bene la prima ma non la seconda, per cui molti di loro - forse in buona fede o forse in altri casi no - credono che portare il burkina faso (come qualcuno l'ha scherzosamente chiamato in un quotidiano) sia una scelta "libera" delle donne. Credo che su questo punto non ci si possa capire (forse non lo capiscono neppure molti europei).
Il burkina è orrendo, mi sembra nessuno l'abbia detto nella stampa in questi giorni, e anche ridicolo ai nostri occhi, nonchè manca di funzionalità per il nuoto. Ma non si può stigmatizzare una persona o una comunità prchè indossa abiti orrendi o ridicoli. Possiamo fare commenti tra di noi stando attenti a non farci sentire dai nostri compatrioti musulmani

Personalmente io direi alla stilista australiana Aheda Zanetti (di origine italiana?) che ha dichiarato che l'ha ideato per permettere alle donne musulmane di praticare lo sport senza infrangere le loro regole, che lo sport è un concetto e una pratica pagana e come tale non-islamica (mi pare che l'ISIS l'abbia pribito). Non credo che queste donne a casa loro siano mai andate al mare, o siano appassionate di nuoto. Del resto anche nei paesi del sud italia dove io abito, fino ad una cinquantina di anni fa nessuno andava al mare, o se ci andavano restavano vestiti. La moda della balneazione, il nuoto e l'abbronzatura, sono tutte pratiche nate nel tardo romanticismo tra le classi medio-alte europee, e poi si sono diffuse a tutte le altre classi ma non nei paesi extraeuropei dove era una pratica sconosciuta sino all'avvento recente del turismo. Quindi è una moda molto europea che ora queste donne islamiche vogliono imitare... ma con le loro limitazioni... un po' come lo Stato Islamico che usa i dollari americani come valuta. Una contraddizione di fondo.
"È solo desiderio di distinguersi dalle occidentali, quindi è espressione di apartheid."
Ogni modo diverso o particolare di vestirsi crea divisione e di fatto apartheid. Succede con gli ebrei ultraortodossi (che tra l'altro sono fonte di problemi dovunque vivano), succede con gli Amish in America che vivono appartati da tutti gli altri. Credo sia inevitabile che succederà anche con i musulmani che vogliono mantenersi attaccati ai loro usi e costumi.