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Messaggi - doxa

#16
Ultimo libro letto / Re: L'importanza di non piacere
15 Ottobre 2025, 17:06:51 PM
L'autore del libro continua dicendo che piacere  agli altri ci fa sentire degni di essere amati ! 
                                                                                                     
Ci sono persone che si sentono "normali" solo se ricevono complimenti, il gradimento effimero da chi si ha davanti, e trascorrono la vita a cercare persone che possano in qualche modo confermare quel tratto che li rende tali e involontariamente placano il dubbio costante, ripetitivo, ingombrante di non essere abbastanza.  Abbastanza cosa ? Abbastanza tutto: abbastanza capaci, abbastanza attraenti, abbastanza forti, ecc.. 

In tal caso conviene riconoscere subito il cappio per evitarlo.

Ci sono persone che hanno l'ansia della ricerca di chi possa farle sentire amate, speranzose che ci sia qualcuno in grado di comprenderle e accoglierle. Pensano: "forse sono proprio io ad essere sbagliato, non merito l'amore di nessuno". Questa spirale negativa può indurre pensieri come: "sono quello che mi merito. Gli altri sono felici e hanno tutto, io non ho nulla e mi trovo sempre a cercare qualcosa che nemmeno so bene cosa sia, so solo che mi manca".

E' vero. Ogni persona ha per noi un valore x. Quando la conosciamo siamo indotti a valutarla e po decidere se vale la pena perdere del tempo con lui/lei ?

Questo significa che siamo abituati a mettere noi stessi e le nostre esigenze al centro, ma in modo dipendente dal parere esterno. Siamo individualisti. L'individualismo afferma l'autonomia, il valore preminente dell'individuo e i suoi diritti rispetto alla collettività di cui fa parte.

L'amore per noi stessi è l'energia che ci fa muovere.

Ma come facciamo ad amare noi stessi se non ci conosciamo ? Non possiamo amarci solo perché esistiamo, dice Leoncini, ma dobbiamo cominciare ad amarci perché stiamo mettendo in atto ciò per cui siamo venuti al mondo: diventare noi stessi !

E' necessario comprendere che non dobbiamo amarci perché siamo perfetti, ma perché stiamo diventando ciò che per nostra natura siamo destinati a diventare.

Molte persone scoprono alla fine della loro esistenza che hanno trascorso gli anni a tentare  di diventare qualcun altro da loro stesse. Per conformismo ? Per piacere a qualcuno ? Perché la famiglia voleva questo ? Poco importa. Si può solo constatare che è così.
#17
Ultimo libro letto / L'importanza di non piacere
15 Ottobre 2025, 16:06:43 PM
Il titolo del topic è anche il titolo di un libro dello scrittore  e psicologo Thomas Leoncini, autore poco conosciuto.
Sottotitolo: "Liberarsi dalle aspettative altrui e trasformare la fragilità in salvezza".

Leoncini dice che molte persone per non sentirsi escluse, per  timore del giudizio degli altri su di loro cercano di  essere gradite da tutti.  Invece, secondo l'autore,  è sbagliato.  L'individuo deve essere sé stesso, deve liberarsi dalla dipendenza verso gli altri. 

Non bisogna  vivere la vita che gli altri vorrebbero per noi e ci rende infelici  ma  fare ciò che si vuole, senza danneggiare nessuno.

Ciò di cui abbiamo bisogno per stare bene lo troviamo soltanto in noi. E chi ci accetterà per ciò che siamo potrà camminare al nostro fianco.

Un aforisma attribuito allo psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung dice che  "Chiunque cerchi di adattarsi al gruppo e nello stesso tempo seguire il suo fine individuale, diventa nevrotico. L'incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c'è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati".

Infatti nella vita tutti abbiamo incontrato persone che ci hanno intimamente lasciato una traccia indelebile, non soltanto coloro che da quell'incontro sono usciti innamorati l'uno dell'altra, ma anche come amico o nemico. Dagli incontri significativi non si esce indenni ma con una scia nell'anima.

#18
Varie / Violenza
13 Ottobre 2025, 09:56:43 AM
Dicono che il piccione sia un animale crudele. Quando "duella" con un altro piccione si avventa su di lui finché non muore.

Piccione e colombo appartengono alla stessa specie, ma hanno colorazioni, carattere e habitat differenti.
Vengono detti colombi quelli domestici, piccioni quelli selvatici o urbani.

La differenza tra i colombi e i piccioni è nel colore del loro manto.

Generalmente il piccione ha un manto colorato dai colori dalle tonalità sul grigio con macchie e striature di colori differenti. Invece i colombi hanno il manto bianco perciò fin dall'antichità la colomba è scelta come simbolo  sia di pace sia religioso, rappresenta la spiritualità.

La colomba è divenuta l'emblema della pace sulla scia del racconto biblico del diluvio. Quando le acque si ritirarono, essa tornò nell'arca di Noè, "reggendo nel becco una tenera foglia d'ulivo" (Genesi 8, 11).

Ma anche  nell'apparente mitezza della colomba c'è l'oscura pulsione aggressiva istintiva. Ogni animale rimane nella sua specie e nel suo comportamento. Invece l'umano usa il dono della libertà per travalicare il confine e  diventare  feroce.

La cronaca giornalmente ci informa che persone apparentemente "normali" diventano belve umane.  Il dominio di sé è un esercizio severo, soprattutto contro il veleno dell'odio.

La cosiddetta "guerra delle due rose" (nota in inglese come Wars of the Roses) fu una sanguinosa lotta dinastica combattuta in Inghilterra tra il 1455 e il 1485 (1487 per una parte della storiografia inglese) tra due diversi rami della casa regnante dei  Plantageneti: i Lancaster e gli York.

La guerra provocò l'estinzione delle linee maschili di entrambi i casati e si concluse con l'affermazione di una nuova dinastia, i  Tudor, di ascendenza lancasteriana, ma in cui confluivano anche gli York, tramite il matrimonio della loro ultima rappresentante, la principessa Elisabetta, con il nuovo re, Enrico VII Tudor.

William Shakespeare  nel dramma teatrale "Riccardo III" (The Life and Death of King Richard III, Vita e morte di re Riccardo III) quando al re viene rimproverata la sua crudeltà,  egli cinicamente risponde: "anche le bestie hanno pietà, ma io non sono una bestia e quindi non la provo". Il paradosso, volutamente feroce, rovescia l'argomento morale e mostra la sua disumanità.

Il dramma ha inizio col famoso elogio che Riccardo tributa al fratello maggiore, Edoardo IV,  appena divenuto re d'Inghilterra.

"Ormai l'inverno del nostro scontento /
s'è fatto estate radiosa ai raggi di questo sole di York".


In realtà dalle parole di Riccardo emerge l'invidia nei confronti di Edoardo, aitante e giusto; Riccardo descrive invece sé stesso come

"plasmato da rozzi stampi" e "deforme, monco", privo della minima attrattiva per "far lo sdilinquito bellimbusto davanti all'ancheggiar d'una ninfa".

Egli risponde all'angoscia della sua condizione affermando la sua volontà:

"Ho deciso di fare il delinquente e odiare gli oziosi passatempi di questa nostra età".
#19
Percorsi ed Esperienze / Re: Significato della vita
12 Ottobre 2025, 16:42:57 PM


Raccontarsi e raccontare fa bene alla salute mentale. Infatti la psicoterapia è anche esercizio immaginativo che forma la storia della propria vita. 

La narrazione può divenire cura di sé non solo per consentire al soggetto narrante di riconciliarsi con la propria storia, ma soprattutto per integrare la propria esistenza attorno a un nucleo significativo: raccontare e raccontarsi non serve solo per scoprire il senso della vita e del vissuto, ma anche per dargliene uno nuovo.

Raccontarsi  è il modo attraverso il quale ognuno di noi ha traccia di sé, della propria vita, della propria storia,  in tal modo può autodefinirsi, avere un'identità, perciò si dice che narrarsi, raccontarsi e scrivere di sé ha potere terapeutico. E' "kosmos nel caos del proprio vissuto".

Nella mitologia greca Kosmos fa riferimento alla ricerca di ordine, significato, armonia, anche all'interno dell'esperienza personale, spesso percepita caotica,  indeterminata, conflittuale.

"Kosmos nel caos del proprio vissuto": questa frase indica un processo di auto-organizzazione e di costruzione di significati, di dare unità e struttura coerente  alle proprie vicende personali.

Ci auto-comprendiamo tramite le storie che ci raccontiamo e nelle quali siamo il personaggio principale.
Quando il racconto di quel che abbiamo fatto, amato, sofferto, inizia a prendere forma diventa scrittura di sé e alimenta il desiderio di voler lasciare  la propria traccia nel passaggio sulla Terra a chi verrà dopo di noi  o a chi ci è vicino.

L'autobiografia può divenire cura di sé, consente al soggetto narrante di riconciliarsi con la propria storia, ma soprattutto per integrare la propria esistenza attorno a un nucleo significativo: raccontare e raccontarsi non serve solo per scoprire il senso della vita e del vissuto, ma anche per dargliene uno nuovo. Amen !  :D
#20
Percorsi ed Esperienze / Re: Significato della vita
12 Ottobre 2025, 15:16:46 PM


autobiografia

Autodefinirsi  e descriversi è difficile. Un breve esempio che riguarda me stesso. Come ho già scritto in passato nel forum, da alcuni anni  i miei interessi culturali sono eclettici e mobili. Mi piace frequentare le mostre d'arte, i musei, le pinacoteche, le chiese, vado nelle "case-museo" di noti personaggi del passato.

Parte del tempo libero lo dedico a capire ed osservare le varie forme d'arte e all'archeologia. Insieme ad altri partecipo alle visite guidate da docenti universitari, archeologi, guide locali. La loro cultura suscita ammirazione.

Essi, con piacere, condividono con gli altri il loro pensiero e sapere. Hanno la capacità di rendere la loro competenza  lineare e fruibile dal maggior numero di persone: sono divulgatori che in modo piacevole attirano l'attenzione  dell'ascoltatore e gli fanno germogliare la voglia di saperne di più.

Ma ci sono anche individui  con straordinaria erudizione (intesa come insieme di  conoscenze e competenze in uno o più settori del sapere) che sembrano vivere la loro identità personale manifestando in modo ossessivo la loro cognizione, con l'autocompiacimento della cripticità consapevolmente cercata, per avere una presunta superiorità intellettuale. Cercano applausi e non la condivisione, con antipatici effetti di estraniamento di molte persone nella "platea". Infatti la saccenza da erudizione è antipatica e respingente.

Lo psicologo statunitense  Jerome Seymour Bruner, studioso della psicologia cognitiva, della psicologia culturale e della psicologia dell'educazione, scrisse: "Alla fine il processo culturale, cognitivo e linguistico che guida l'auto-narrazione della nostra vita acquista il potere di strutturare l'esperienza della percezione, di organizzare la memoria, di segmentare e di attribuire finalità agli eventi della vita. Così noi diventiamo la stessa autobiografia attraverso la quale raccontiamo delle nostre vite" ("Life as narrative". Social Research, 1987, 54, pp. 11-32).
#21
Percorsi ed Esperienze / Re: Significato della vita
12 Ottobre 2025, 15:11:49 PM
Abbiamo bisogno di un racconto nel quale ci rappresentiamo come degni di lode anche se non lodati da nessuno.

Il valore di sé è valore nei confronti della propria coscienza.

La costruzione di un racconto personale che riesce rispondere a questi bisogni fondamentali è a un'operazione capace di attribuire senso all'esistenza, anche attraverso gli avvenimenti dolorosi, travagliati.

Il processo di costruzione di senso attraverso la narrazione è importante per il modo in cui ciascuno di noi vive e affronta gli eventi negativi e le oggettive difficoltà che la vita spesso ci presenta. Essere capaci di dare significato alle cose, anche agli eventi più traumatici e difficili, ha come conseguenza una migliore salute psicologica.

La capacità di raccontarsi una storia significativa rispetto alle avversità della vita è un procedimento efficace attraverso il quale impariamo a gestire delusioni, conflitti e sofferenze.

Questo processo narrativo non è esente da rischi. C'è, per esempio, la patologia dell'autoinganno sempre in agguato, l'eccesso di fiducia e di ottimismo, così come l'opposto, invincibile insoddisfazione.

C'è, infine, un altro aspetto da considerare che va sotto il nome di "riflessività". Una caratteristica determinante del processo di costruzione narrativa del senso della nostra vita è l'interazione tra le nostre storie personali e la "grande storia" del nostro tempo.

La "grande storia" rappresenta lo sfondo delle nostre storie individuali, come un canovaccio corale rispetto ai ruoli dei personaggi in commedia. Ma, allo stesso tempo, i personaggi non sono passivi esecutori del ruolo assegnato loro dall'autore, ma, a loro volta, attivi co-sceneggiatori della storia.

Molto, dunque, nella costruzione del racconto delle nostre vite, impattano le storie che collettivamente ci stiamo raccontando circa la nostra società, la politica, l'economia, il futuro. E come in quella letteraria, anche in questa "grande storia", osserviamo bei racconti e pessime narrazioni, lavori di qualità e altri scontati e banali. Racconti avvincenti, portatori di verità profonde e illuminanti e altri, invece, che ingannano con la loro superficialità e mancata comprensione delle dinamiche dell'animo umano.

Che storie ci stiamo raccontando ? Non si tratta solo di distinguere le notizie vere da quelle false o di renderci meno vulnerabili alle manipolazioni mediatiche. Si tratta di capire se la cornice culturale nella quale ci muoviamo possieda o meno tutti gli strumenti necessari a consentirci di dare senso, individualmente e collettivamente, all'esperienza delle nostre esistenze.

Le scienze cognitive definiscono come "ipo-cognizione", un'insufficienza a questo riguardo. Si tratta della mancanza di quelle idee di cui si ha bisogno per cogliere il significato di eventi importanti per l'esistenza di ciascuno di noi: la sofferenza, l'assenza, la rottura, il mancato riconoscimento, l'avversità, la sconfitta, l'abbandono.

E ritorna la domanda: in quale canovaccio ci troviamo coinvolti?
#22
Percorsi ed Esperienze / Re: Significato della vita
12 Ottobre 2025, 12:50:34 PM

L'immagine raffigura un libro aperto da cui prendono vita personaggi e scenari: un pirata con un forziere del tesoro e una nave a vela, evocano il potere della narrazione  e della lettura, di trasportare il lettore in mondi fantastici e avventurosi.

Secondo lo psicologo sociale Roy Baumeister i quattro bisogni fondamentali cui il racconto di una esistenza deve dare soddisfazione per produrre una visione significativa e compiuta, sono:

la finalità. Gli eventi che viviamo e le azioni che mettiamo in atto acquistano un significato nel tempo e nello spazio solo nel momento in cui riusciamo ad attribuirgli una finalità capace di unire ciò che abbiamo fatto, ciò che siamo stati e ciò che oggi viviamo.
Gli ideali della vita, i sogni della giovinezza, i progetti e le passioni, ma anche le svolte dolorose che ci aprono nuove strade o che ci bloccano il cammino.
La finalità genera significato in quanto inserisce gli eventi e le nostre scelte in una catena intellegibile di causalità, in una sequenza di cause ed effetti attraverso la quale possiamo provare a dar conto del nostro vissuto. Ma la finalità non basta. Occorre che il nostro personale racconto abbia la capacità di giustificare ciò che descrive:giustificare ciò che ci capita e ciò che facciamo. Uno schema che ci consenta di attribuire la valenza di "giusto" o "sbagliato" a eventi e azioni. Mentre la finalità genera significato inserendo gli eventi un una catena di cause ed effetti, la giustificazione lo fa situando i fatti dell'esistenza all'interno di un codice morale personale.

La terza necessità è quella dell' efficacia. La possibilità di leggere le nostre azioni come capaci di "fare la differenza", di avere un impatto su ciò che riteniamo buono e di modificare la probabilità che ciò che desideriamo si avveri.

La quarta necessità che la narrazione deve soddisfare per poter generare  significato fa riferimento all'idea di valore di sé (self-worth). Nella storia della nostra esistenza ci è necessario trovare ragioni per descriverci come degni di valore e apprezzamento.

Aveva colto l'importanza di questo aspetto già Adam Smith nella sua "Teoria dei sentimenti morali", quando sottolineava che: 'L'individuo desidera naturalmente non solo di essere amato, ma di essere amabile, ovvero di essere un naturale e appropriato oggetto d'amore [...] Non desidera solo la lode, desidera esserne degno, cioè desidera essere oggetto naturale e appropriato di lode, anche se non lodato da nessuno'."
#23
Percorsi ed Esperienze / Significato della vita
12 Ottobre 2025, 12:32:41 PM

Ronald Gower, Amleto, 1888. La statua in bronzo è al  William Shakespeare Memorial, Bancroft Gardens di Stratford Upon Avon, Warwickshire,  Regno Unito.
Amleto , contempla lo scheletro di un cranio e s'interroga sul significato  della vita.

Nella filosofia, psicologia, letteratura e poesia la domanda sul senso della vita è un tema ricorrente.

A proposito di questa, ho rinvenuto tra le mie carte sparse un  vecchio articolo del 9 – 8 – 2020 pubblicato sull'inserto settimanale "Domenica" del "Il Sole 24 Ore e scritto dal prof. Vittorio Pelligra, docente di politica economica e comportamentale nell'Università di Cagliari.

Pelligra si chiede "In che modo tentare di cogliere il significato della propria esistenza ?
'Dare un senso' (= significato)  vuol dire raccontare la propria storia, evidenziare  la trama della nostra vita, i suoi protagonisti principali e i comprimari, gli antefatti, le svolte, i colpi di scena.

Se qualcuno ci chiedesse di descriverci e come le esperienze che abbiamo vissuto ci hanno reso ciò che siamo o ciò che crediamo di essere.

La risposta alla domanda 'chi sono io?' non può che essere data in forma di narrazione, di un racconto capace di integrare nella sua struttura ciò che pensiamo ci definisca in maniera univoca: i nostri valori, le nostre capacità, la nostra storia passata, i nostri successi, gli sbagli, le giustificazioni, e poi il presente e ciò che ci aspettiamo e desideriamo per il futuro, nostro e delle persone a cui teniamo di più.

Una storia ben raccontata è capace di mettere ordine nella caotica confusione della vita, del nostro microcosmo.

Lo studio della personalità  è  capire che ciò che siamo dipende da ciò che ci raccontiamo di essere. Il nostro sviluppo e la nostra crescita individuale dipendono in maniera cruciale da questo continuo gioco di rimandi tra la realtà e il modo in cui rappresentiamo tale realtà, modo che, a sua volta, plasma e determina quella stessa realtà, per il semplice fatto di descriverla. Questo processo di costruzione di significato (sense-making) che raccontiamo risponde ad uno dei bisogni dell'essere umano: la comprensione del proprio io. E, per rispondere in maniera adeguata a questo bisogno, il racconto della nostra storia deve condurci a soddisfare alcuni bisogni specifici che, insieme, danno struttura e forma al racconto.

segue
#24
Cinema, Serie TV e Teatro / Re: Mephisto
06 Ottobre 2025, 17:56:48 PM
Torniamo all'Inferno dove ci attende Mephisto per dirci che ispirò il compositore padovano Arrigo Boito per l'elaborazione dell'opera lirica  "Mefistofele", che condensa il dramma in versi  del "Faust", di Johann Wolfgang von Goethe, pubblicato nel 1808.  Questo poema racconta il patto tra Faust e Mefistofele e il loro viaggio alla scoperta dei piaceri e delle bellezze del mondo.

Brevemente vi racconto l'edificante storia.

Durante le celebrazioni della domenica della Pasqua, fra parate militari,  cori e danze dei popolani,
Faust s'interroga sull'amore di Dio verso l'umanità  e incontra il Frate Grigio, alias Mefistofele, al quale concede l'anima in cambio della sapienza e della giovinezza.

Nella seconda scena Mefistofele va con Faust sul monte Brocken per mostrargli una versione romantica del sabba: stregoni e streghe ballano e cantano per onorare Mephisto.

Anche nel quarto atto Mefistofele mostra a Faust un sabba notturno nella versione "classica".

Nel melodramma ci sono fra gli altri falangi celesti, il chorus mysticus, i cherubini, villici e popolane, mentre  coretidi e ninfe rendono omaggio alla bella Elèna di Troia.

Nell'epilogo c'è il "colpo di scena": Faust ormai anziano e morente  non vuole più concedere l'anima a Mefistofele. Compaiono le schiere angeliche che distolgono Faust dal diavolo. Mefistofele cerca di ipnotizzarlo, ma Faust, davanti alle visioni celesti e la previsione della beatitudine eterna sceglie questa anziché il piacere terreno previsto dagli accordi tra i due. Inoltre una penitente celeste intercede per Faust presso Dio,  mentre risuonano i canti delle schiere angeliche che avevano aperto l'opera: l'anima di Faust è salva, Mefistofele sprofonda nella terra, irradiato dalla luce dei cherubini.

Debbo dirvi che tra il Mefistofele di Boito e il romanzo  "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde, preferisco quest'ultimo,  ambientato  nel XIX secolo a Londra in epoca vittoriana.

La storia è collegata a un quadro con il ritratto  di Dorian Gray, dipinto da Basil Hallward, amico di Dorian.

Tramite Basil, Dorian incontra Lord Henry Wotton e rimane affascinato dalla visione edonistica del mondo enunciata dall'aristocratico, secondo il quale la bellezza e l'appagamento sensuale sono le uniche cose che valgano la pena di perseguire nella vita.

Comprendendo che la propria giovinezza e  bellezza svanirà, Dorian afferma che avrebbe dato qualsiasi cosa, anche la sua anima, per rimanere eternamente giovane e bello. Il suo  desiderio viene esaudito,  da chissà quale diavolo,  Mephisto ?

Con il passare del tempo  il quadro con l'immagine  di Gray mostra i segni della decadenza fisica mentre lui rimane giovane e persegue una vita gaudente.

Dorian non rivela a nessuno l'esistenza del quadro, che ha nascosto in soffitta e spesso va a guardarlo e schernirlo perché l'immagine ritratta invecchia e si imbruttisce.

In seguito, in  preda alla follia,  uccide il pittore Hallward perché lo criticava.

Stanco della sua malvagia vita, Dorian  lacera il quadro con lo stesso coltello con cui aveva ucciso Hallward. Questo atto fa tornare il quadro alla bellezza originaria, mentre Dorian, ora con le fattezze di un vecchio,  giace a terra, morto, con il coltello conficcato nel petto.
#25
Cinema, Serie TV e Teatro / Re: Mephisto
05 Ottobre 2025, 19:03:34 PM


"Il Paradiso può attendere", famoso film del 1978, diretto  dai registi Warren Beatty e Buck Henry. E' un  remake del film del 1941.

"L'inafferrabile signor Jordan" diretto da Alexander Hall con protagonista Robert Montgomery; il tutto cambiandone l'ambiente dal mondo del pugilato al ben più apprezzato – specialmente negli anni '70 – football americano.

"Il Paradiso può attendere" racconta le vicende di Joe Pendleton, un amato campione di football, spericolato al volante, che muore  a causa di un incidente d'auto e si ritrova in Paradiso, dove deve interagire con il signor Jordan, il "boss". Questo stravagante personaggio scopre che la morte di Joe è un errore legato all'inesperienza di un angelo custode che lo ha prelevato troppo presto, in quanto nel destino del quarterback non era scritto che morisse durante quell'incidente ma 50 anni dopo.

Per rimediare all'errore, al malcapitato atleta viene trovato un corpo, quello di un miliardario, che però viene ucciso dalla propria moglie.

Un altro angelo trova un nuovo corpo (di un altro calciatore) e questa volta è quello buono. Per andare in paradiso c'è ancora tempo.

Nel cast di "Il Paradiso può attendere" ci sono  lo stesso regista Warren Beatty, affiancato da una bravissima Julie Christie (che interpreta il personaggio di Betty Logan), da James Mason nel ruolo  del signor Jordan e da Jack Warden nel ruolo di Max Corkle.  A questo film, alcuni anni dopo, seguì l'ulteriore remake "Ritorno in Paradiso".

Julie Christie
, l'attrice da me immaginata come mia fidanzata.  ::)



Andai due volte al cinema per vederla nel film: "Il dottor Zivago",, sceneggiatura tratta dall'omonimo romanzo di Boris Pasternak.

Nel film il suo nome è Larisa,  Lara Antipova,  figlia  diciassettenne di una modista mantenuta da Viktor Ippolitovič Komarovskij, un uomo privo di scrupoli, che non esita ad abusare di lei.

Il film è ambientato negli anni tra la prima guerra  mondiale e la Rivoluzione russa del 1917. Altri attori Omar Shariff e Geraldine Chaplin.
#26
Cinema, Serie TV e Teatro / Mephisto
05 Ottobre 2025, 18:58:47 PM
Mephisto, detto anche Mephistophilus o  Mephistopheles, è un diavolo presente anche nella cultura folcloristica tedesca. 

Mephisto è  il nome con cui viene chiamato il demonio nel mito di Faust.

Il Dottor Faust o Dottor Faustus, è il protagonista di un racconto popolare tedesco.  E' un alchimista, impegnato nella ricerca di conoscenze avanzate o proibite. Egli invoca il diavolo, rappresentato da Mefistofele, che si offre di servirlo per un periodo di tempo, 24 anni. Gli consentirà la conoscenza assoluta ma  in cambio vuole la sua anima.

"Sua eccellenza" il diavolo Mephisto viene considerato dallo scrittore, regista e attore tedesco naturalizzato statunitense Ernst Lubitsch (1892 – 1947) nel film  da lui diretto "Heaven can wait" (= Il cielo può attendere) del 1943, un addetto alla reception degli Inferi, come San Pietro lo è alla porta del Paradiso.

Questo film è basato  sulla commedia teatrale "Birthday",  di Leslie Bush-Fekete. Narra, con ironia, il racconto di tutta la vita di un impenitente "dongiovanni" che si trova, dopo morto e alle soglie dell'Inferno, a sottoporre la sua vita al giudizio dell'aldilà.

Da Internet la trama: Un uomo anziano, di nome Henry Van Cleve, giunge all'ingresso dell'inferno, dove è ricevuto personalmente da Sua Eccellenza Mephistopheles.

L'uomo è convinto che quello sia il luogo destinato al suo aldilà, ma il padrone di casa, prima di farlo entrare, preferisce ascoltare direttamente da lui le ragioni di questo convincimento.

Comincia così, in flashback  il racconto di tutta la vita di Henry Van Cleve, dalla culla fino ai 70 anni. Henry nasce nel 1872 da una ricchissima famiglia di New York.  Figlio unico e un po' viziato, vive della rivalità con il cugino Albert, di poco più grande di lui e perfetto in tutto, e cresce sotto l'ala protettrice del nonno Hugo, caratterialmente molto più simile a lui di quanto non lo siano i genitori.

Sempre in cerca di avventure amorose, all'età di 26 anni sembra voler "mettere la testa a posto" quando si innamora di una ragazza conosciuta incidentalmente per strada, ma che lo ha colpito come nessuna prima, e non solo per la bellezza.
Segue la ragazza in libreria, dove si finge commesso per poterla corteggiare e le sconsiglia di acquistare il libro che lei voleva comprare: "How to make your husband happy".

Al ricevimento per il suo compleanno scopre che la ragazza sconosciuta è Martha Strable, la figlia del magnate della carne bovina statunitense, giunta lì con i genitori per presentarsi ufficialmente ai Van Cleve in vista del prossimo matrimonio con il cugino Albert.

Henry, sicuro del fatto suo, appartatosi con Martha le chiede se lei ami suo cugino o lui. Avuta la risposta che attendeva fuggono per sposarsi,  destando un enorme scandalo che determina anche la rottura definitiva dei rapporti tra gli Strables e la loro figlia.



Dieci anni più tardi la coppia ha avuto un figlio e Martha, seppure amata, è stufa degli atteggiamenti di Henry che non ha mai smesso di corteggiare altre donne, e così torna a casa dai suoi. Questi, dopo tanto tempo, la riaccolgono a braccia aperte, convinti anche di aver avuto sempre ragione sull'errore fatto dalla figlia. Questa invece, raggiunta dal marito e dal vecchio nonno che ha architettato tutto, si riconcilia con Henry e fugge una seconda volta con lui.

Quindici anni più tardi Henry si preoccupa per le continue sbandate del figlio che corre dietro a soubrette e ballerine di teatro, e Martha gli fa notare quanto questo sia inutile, e quanto in fondo il figlio non faccia nulla di diverso da quanto abbia fatto lui da giovane.

Poco dopo l'amata Martha muore ed Henry, seppure afflitto, non abbandona la sua vita da dongiovanni; il figlio però lo spinge a mettere la testa a posto. A 70 anni, a letto e malato, una notte, assistito da una bellissima infermiera, Henry muore senza ben capire se l'ultima immagine della sua vita sia stato un sogno o reale.

Ascoltato il racconto della vita di Henry Van Cleve, "sua eccellenza" Mephisto non ritiene di dover ospitarlo "giù", ma anzi lo indirizza verso i piani superiori dove forse dovrà fare un po' di anticamera in Purgatorio, e dove potranno intercedere per lui le tante persone che lì si trovano, che lui ha amato e che non l'hanno dimenticato, soprattutto le tante donne che lui ha corteggiato tutta la vita, non ultima l'amata Martha.

Nell'ultima sequenza (censurata) della versione originale, Henry, entrato in ascensore, si imbatte in una bella signora che si deve fermare in Purgatorio, e la segue (da cui il titolo originale "Heaven Can Wait", cioè "Il Paradiso può aspettare").

segue
#27
Enrico ha scritto
CitazioneIl silenzio si sta inesorabilmente estinguendo e mio malgrado, anch'io ne sono uno degli artefici.
Tuo malgrado ? Mi sembra invece che sei molto soddisfatto di "parlarti addosso" come si suol dire.
Se brami al silenzio, comincia a scrivere nel forum usando i normali caratteri e non questi giganti che simbolicamente significano gridare. E i moderatori sono fin troppo moderati a non richiamarti al dovere.

Hai scritto
CitazioneTerreno vergine, un labirinto invisibile brulicante di possibilità inesplorate, un oceano profondissimo ed abbagliante dove le domande si accoppiavano e moltiplicavano, generando infinite domande di possibilità. Soffocato non da una violenza improvvisa, ma dall'insidiosa pressione del suo stesso potenziale generativo.
Spiegaci cosa significa quell'ammasso di parole che hai scritto che nulla hanno a che fare con il silenzio ma con il tuo compiacimento nel rileggerti ciò che scrivi e ti dici: "quanto sono bravo"; ma non pensi al giudizio negativo che susciti negli eventuali lettori del tuo post ?

CitazioneTaccio quel poco di silenzio che ancor mi appartiene.

Addirittura ti lodi per aver saputo tacere !!! Altrimenti cosa avresti detto di peggio ?

"Per carità di patria" mi fermo qui nel giudicare il resto di ciò che hai scritto, anche perché è una perdita di tempo.
#28
Riflessioni sull'Arte / Re: Magna Mater - Cibele
17 Settembre 2025, 13:15:39 PM
Il difficile  periodo della seconda guerra punica (218 – 202 a C.) fu un conflitto decisivo tra Roma e Cartagine, caratterizzato dall'invasione delle truppe di Annibale nella nostra penisola.

Il senato romano per avere il favore degli dei fece consultare i libri sibillini  e dopo, secondo la tradizione, il 4 aprile del  204 a. C. da Pessinunte fu importata a Roma la pietra nera che simboleggiava la dea Magna Mater - Cibele, temporaneamente collocata nel tempio della vittoria, sul colle Palatino.

Quella pietra era considerata uno dei sette "pignora imperii", cioè uno degli oggetti che secondo le credenze dell'epoca garantiva il potere dell'impero.

Il nuovo tempio dedicato alla Magna Mater  venne costruito sullo stesso colle. Concluso nel 191 a. C., fu consacrato l'11 aprile dello stesso anno. In onore della dea furono istituiti i "Ludi Megalenses" (o Megalesie)  e organizzati spettacoli teatrali.

Nel tempio  oltre al  culto pubblico veniva officiato quello privato tramite sacerdoti frigi.



Per due volte il tempio fu distrutto dal fuoco,  nel 111 a.C. e nel 3 d.C.. Fu fatto ricostruire per l'ultima volta dall'imperatore  Augusto.


In questa scultura è raffigurato il tempio durante l'imperium di Claudio. E' in stile corinzio, esastilo (sei colonne sul fronte anteriore) e prostilo (non aveva colonne sui lati),  con alta scalinata. Il pannello è conservato a Villa Medici, a Roma.



I victimarii conducono un bue  al tempio della Magna Mater sul Palatino. Questa lastra marmorea forse era nell'Ara Gentis Iuliae, E' conservata a Villa Medici, a Roma.
#29
Riflessioni sull'Arte / Re: Magna Mater - Cibele
17 Settembre 2025, 13:13:42 PM

Venere di Willendorf, Austria, XXII millennio a. C. circa

Il culto della Grande Madre risale al Neolitico,  forse  al Paleolitico  se si considerano le numerose figure femminili steatopigie.

Steatopigia è una parola composta di origine greca, formata da "stéar-" (= grasso) +  "pygḗ" (= natica). Indica la tendenza ad accumulare adipe sui glutei e sulle cosce.

La steatopigia è tipica delle donne di alcune etnie africane




Sono numerose le antiche  immagini femminili scolpite nel Paleolitico superiore e nel Neolitico denominate "veneri steatopigie" o "Grande Madre",  rinvenute in Europa e risalenti al periodo dal 35.000 a. C, circa al II millennio a. C..

La "Grande Madre", anche detta "Grande Dea" o "Dea Madre" è una divinità femminile primordiale. Simboleggia la maternità, la madre-matrice cosmica, la creatività del grembo materno. Ad essa, Grande dea e Madre della natura, è attribuito il più antico culto.

Nel corso del tempo alle personificazioni della Grande Madre vennero attribuite connotazioni e  mansioni diverse, anche i nomi diversi, a seconda delle zone, per esempio:  Ishtar, Astarte, Afrodite, Cibele, Gaia, Demetra, Rea.

Nel V secolo a.C. lo storico greco Erodoto stabilì un parallelismo tra l'egiziana  dea Iside e le dee Demetra-Persefone.

Nelle feste e nei  misteri in onore di Demetra/Cerere – Persefone/Proserpina il culto della Dea Madre segnava il volgere delle  stagioni,  ma anche la richiesta universale degli esseri umani di poter rinascere proprio come il seme risorge dalla terra.

Col tempo, la simbologia degli dei del cielo si sovrappose a quella delle dee della terra, che vennero marginalizzate. Comunque continuarono ad essere presenti nelle  nuove forme di religiosità. Infatti con il cristianesimo il culto della Grande Madre è perpetuato nella venerazione di "Maria, Mater Dei", la cui immagine iconografica col Bambino in braccio  evoca quella di Iside col neonato Horus.

Nell'Antico Testamento un'analoga figura che evoca la Grande Madre è la mitica Eva, progenitrice del genere umano.

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#30
Riflessioni sull'Arte / Magna Mater - Cibele
17 Settembre 2025, 13:11:52 PM
Il forum langue, allora vi offro un argomento come lettura. :asd:

A Roma, fino al 5 novembre 2025, il Parco archeologico del Colosseo ospita la mostra Magna Mater tra Roma e Zama, un progetto espositivo internazionale che intreccia archeologia, mito e cooperazione culturale tra Italia e Tunisia.

Zama, antica località della Numidia, nell'attuale Tunisia, famosa  per la battaglia decisiva della Seconda guerra punica (202 a.C.) tra Cartagine e Roma.

La mostra è articolata  in sei sedi tra Foro romano e Palatino.

La Magna Mater (la Grande Madre) antica divinità dalle molteplici identità, venerata in Anatolia, Grecia e Roma.

L'esposizione ne ripercorre origini e trasformazioni, dal culto frigio all'adozione di quel culto a Roma nel 204 a.C., quando – secondo il responso dei Libri Sibillini – la sua immagine aniconica fu trasferita da Pessinunte (antica città  dell'Anatolia, in Turchia) a Roma, in un tempio a lei dedicato.

La mostra racconta le origini del culto, la sua diffusione nel mondo greco e romano e in tutto il Mediterraneo antico.


Resti dell'antico tempio dedicato alla Magna Mater-Cibele sul colle Palatino a Roma



statua acefala della Magna Mater, rinvenuta nel 1872 alla sommità della gradinata del tempio a lei dedicato sul colle Palatino.

Nella residuale facciata di quel che fu il tempio c'è iscrizione: M(ater) D(eum) M(agna) I(daea).

In questo sito la mostra accoglie la memoria dell'evento che ha segnato la romanizzazione della dea: il trasferimento della pietra nera, aniconica, da Pessinunte, nella Frigia, a Roma



L'allestimento di una parte della mostra  in quel che era il Tempio di Romolo. Sono esposti reperti di notevole interesse storico e qualitativo che testimoniano il culto della Magna Mater nel Nord Africa. Furono rinvenuti in campagne di scavi archeologici a Zama, oggi Henchir Jama (Tunisia), dove si svolse la celebre battaglia che concluse la seconda guerra punica.


La Curia Iulia amplia la prospettiva alle province dell'Impero romano: dall'Egitto alle Gallie, dalla Tracia alla Britannia, con la diffusione  dei culti di Magna Mater associati a quelli per Attis, e la successiva trasformazione del culto in epoca tardoantica.

Nel colle Palatino, alle Uccelliere Farnesiane, i visitatori possono esplorare le radici orientali della dea e la loro trasmissione nel mondo greco ed ellenistico, con un focus particolare sul carattere misterico del culto, il  mito di Attis, giovane pastore che si evirò per amore e divenne simbolo di rinascita vegetativa.
L'autoimmolazione di Attis non è sacrificio fine a sé stesso, ma rito di passaggio, la simbolizzazione mitica del ciclo vegetale, ma anche della trascendenza del principio maschile nell'unità originaria del femminile sacro.

In quel che rimane del Tempio della Magna Mater c'è sezione dedicata all'introduzione del culto a Roma durante la Seconda guerra punica, che mette in evidenza i significati politici e storici dell'evento.

Nel Ninfeo della Pioggia il culto viene considerato nella sua dimensione sonora e cinetica. I tamburi (tympana), le urla rituali, i suoni fanno  idealmente rivivere la forza performativa del rito. Qui l'archeologia si apre all'esperienza sensoriale, riconoscendo che il sacro antico non era mai solo oggetto, ma esperienza vissuta, trasformativa, corporale. Non si adorava con lo sguardo, ma anche con il corpo e con l'intera coscienza.

Infine l'ultima sezione, al Museo del Foro Romano, la mostra si chiude con una selezione di opere d'arte che illustrano la fortuna iconografica, letteraria e filosofica della dea tra Rinascimento e Seicento. La figura della Magna Mater viene riletta in chiave allegorica, talvolta demonizzata, più spesso celata dietro simboli della regalità celeste.

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