Ciao Paul,
).
Ciò non toglie che si dovrebbe comunque aspirare a cercare di essere quanto più consistenti e chiari possibile.
).
D'altra parte, Nietzsche era fortemente contrario a questa reazione. Concordava con Schopenhauer che sì, c'era un aspetto tragico nell'esistenza. E che sì questo processo di indigenza e (ricerca di) sazietà era soggetto a frustrazione e ad essere rinnovato in continuazione. Ma Nietzsche riteneva che la giusta 'reazione' fosse di segno completamente opposto e infatti arrivava ad 'affermare', fino al punto di 'venerare' in un certo senso questa 'attività', questo sforzo.
Riguardo al tema della sofferenza peunso che due frammenti di Eraclito siano molto interessanti anche per la filosofia di Nietzsche (nel senso che secondo me spiegano le ragioni che stanno dietro a diverse considerazioni di FN):"La malattia rende piacevole la salute, la fatica il riposo, la fame la sazietà." (B111)
"Per gli uomini non è meglio che tutto accada come desiderano" (B110)Concordo con Eraclito che possiamo imparare molto 'attraverso' le 'esperienze negative'. Dico 'attraverso' perché è vero secondo me che, per esempio, una lunga malattia ci può far apprezzare di più la salute. Ma non è che dobbiamo 'sperare' di vivere le 'esperienze negative', perché altrimenti quelle positive non potrebbero veramente 'essere apprezzate'. Il problema è che si arriva ad una sorta di 'dolorismo' dove la sofferenza, il dolore viene visto come qualcosa che 'dobbiamo' per forza sperimentare in modo da 'vivere veramente'. Quindi se da un lato è vero secondo me che 'attraverso' esperienze negative possiamo imparare molto, possiamo 'crescere' e così via perché possono far 'scattare' in noi qualcosa che ci fa andare in quella direzione, dall'altro lato non credo che ciò sia sufficiente a farcele considerare come qualcosa di 'positivo'. Ritengo che, in realtà, rimangono 'negative' anche se come effetto 'collaterale' può portare ad una 'crescita', un maggiore apprezzamento delle cose 'positive' e così via. Idem nel caso della 'lotta'. Concordo che il 'lottare' (in vari sensi) ci può far apprezzare meglio la calma, la pace ecc. Tuttavia, questo non ci deve far pensare che la 'lotta' sia qualcosa di 'positivo'. Oppure, per fare un altro esempio. Un'esperienza di frustrazione ci può sì far 'scattare' in noi qualcosa che ci induce a cambiare un determinato comportamento che causa in noi molta sofferenza, ma questo non toglie che la frustrazione è un'esperienza 'negativa'.
Questo è un motivo per cui dicevo che pur pensando che Schopenhauer sia 'estremo', sono in un certo senso più vicino a lui rispetto che Nietzsche.
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AMCiao Aperion,Penso anche io che siamo per lo più d'accordo. L'aporia infatti è sì un segnale che c'è un errore nel nostro ragionamento, però come dici tu l'aporia è un segnale di complessità. Essere consapevoli dell'aporia e quindi della limitatezza a fronte di una complessità, è una sorta di 'dotta ignoranza' (a proposito di armonia di opposti
nella logica formale si può argomentare senza contraddizione rispettando il risultato che danno i connettivi logici, ma definendo e dichiarando "fesserie" tautologiche; mentre a mio parere più propriamente è un'aporia, un blocco argomentativo filosofico, ma può sostanziarsi anche in una teoria scientifica incompleta. Ed è la norma, diversamente tutto sarebbe perfettamente spiegabile e conoscibile.
Comunque sono d'accordo con te.

Ciò non toglie che si dovrebbe comunque aspirare a cercare di essere quanto più consistenti e chiari possibile.
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AMSì bene o male concordo nuovamente con te. Schopenhauer riteneva che questo 'processo', questo 'fuoco' di 'indigenza e sazietà' fosse l'essenza del mondo fenomenico e del soggetto conoscente. Tuttavia, questo 'sforzo' non mirava a niente - o meglio era in continuazione rinnovato perché nessun soddisfacimento riusciva ad essere 'completo' e quindi alla fine si tornava all'indigenza. Da qui il 'pessimismo', visto che questo 'sforzo' era continuamente rinnovato se si riusciva a trovare soddisfazione oppure era soggetto a frustrazione, in caso di fallimento - e questa 'visione' per Schopenhauer portava quanto meno ad una 'moderazione' della 'volontà', per arrivare perfino alla mortificazione. (Vero poi che Schopenhauer si era rivolto alla filosofia e alla spiritualità induista e buddhista, trovando molte affinità con il suo pensiero ci sono chiaramene anche molte differenze, ma direi che non è il 'luogo' adatto per discuterne
Questa brama, questa volontà era stata a suo tempo trovata da Schopenhauer come paradigma originario di tutto il sistema universale, nato per una volontà e declinato nel mondo in volontà di esistere, di vita; solo che per Schopenhauer la risposta è un pessimismo totale per la condizione umana, quasi ad annuire all'epitaffio del sileno sul destino umano, per cui si rivolge alla contemplazione buddista, attraendo le ira funeste di Nietzsche che pensa ad una volontà come motore anche come risposta come ottimismo, se così si può contrapporre al pessimismo di Schopenhauer.
...

D'altra parte, Nietzsche era fortemente contrario a questa reazione. Concordava con Schopenhauer che sì, c'era un aspetto tragico nell'esistenza. E che sì questo processo di indigenza e (ricerca di) sazietà era soggetto a frustrazione e ad essere rinnovato in continuazione. Ma Nietzsche riteneva che la giusta 'reazione' fosse di segno completamente opposto e infatti arrivava ad 'affermare', fino al punto di 'venerare' in un certo senso questa 'attività', questo sforzo.
Riguardo al tema della sofferenza peunso che due frammenti di Eraclito siano molto interessanti anche per la filosofia di Nietzsche (nel senso che secondo me spiegano le ragioni che stanno dietro a diverse considerazioni di FN):"La malattia rende piacevole la salute, la fatica il riposo, la fame la sazietà." (B111)
"Per gli uomini non è meglio che tutto accada come desiderano" (B110)Concordo con Eraclito che possiamo imparare molto 'attraverso' le 'esperienze negative'. Dico 'attraverso' perché è vero secondo me che, per esempio, una lunga malattia ci può far apprezzare di più la salute. Ma non è che dobbiamo 'sperare' di vivere le 'esperienze negative', perché altrimenti quelle positive non potrebbero veramente 'essere apprezzate'. Il problema è che si arriva ad una sorta di 'dolorismo' dove la sofferenza, il dolore viene visto come qualcosa che 'dobbiamo' per forza sperimentare in modo da 'vivere veramente'. Quindi se da un lato è vero secondo me che 'attraverso' esperienze negative possiamo imparare molto, possiamo 'crescere' e così via perché possono far 'scattare' in noi qualcosa che ci fa andare in quella direzione, dall'altro lato non credo che ciò sia sufficiente a farcele considerare come qualcosa di 'positivo'. Ritengo che, in realtà, rimangono 'negative' anche se come effetto 'collaterale' può portare ad una 'crescita', un maggiore apprezzamento delle cose 'positive' e così via. Idem nel caso della 'lotta'. Concordo che il 'lottare' (in vari sensi) ci può far apprezzare meglio la calma, la pace ecc. Tuttavia, questo non ci deve far pensare che la 'lotta' sia qualcosa di 'positivo'. Oppure, per fare un altro esempio. Un'esperienza di frustrazione ci può sì far 'scattare' in noi qualcosa che ci induce a cambiare un determinato comportamento che causa in noi molta sofferenza, ma questo non toglie che la frustrazione è un'esperienza 'negativa'.
Questo è un motivo per cui dicevo che pur pensando che Schopenhauer sia 'estremo', sono in un certo senso più vicino a lui rispetto che Nietzsche.
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AMLa mia impressione attuale su Nietzsche è che crede ad uno spontaneismo naturale umano tendente ad una positività, ma forse mi sbaglio......Se crede che tolte le condizioni per lui di schiavitù spirituale sul divino, si possa aprire la strada del nuovo fanciullo superuomo........è ottimista. Con tutte le contraddizioni del caso, sempre a mio parere...che ammetto deficitario in quanto incompleto.Nì, nel senso che sono d'accordo che Nietzsche voleva 'eliminare' i vincoli alla 'volontà' per renderla spontanea, ma non credo che tenda necessariamente ad una 'positività' (ma potrei averti frainteso...). Infatti, la mia impressione è che FN voleva 'liberare' la 'volontà' accettando tutte le conseguenze del caso. E in effetti Nietzsche sembrava ammirare (pur non risparmiandoli dalle critiche) un po' tutti coloro che avevano avuto un 'grande impatto' sulla storia. Per esempio, aveva una certa ammirazione sia per Goethe che per Napoleone anche se, chiaramente, 'esprimevano' la 'volontà' in modo diverso. Ed è qui appunto che arriva un grosso problema della filosofia di Nietzsche. Il suo rifiutarsi di 'mettere delle regole' all'espressione della 'volontà' (se non forse che si deve evitare di farla esprimere in modo che si auto-limiti)...
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AMGìà, questo secondo me questo è un grosso errore di Nietzsche...
Altro, sempre a mio parere, è costruire sopra questa verità naturale un pensiero costruttivo umano