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Messaggi - and1972rea

#16
Citazione di: baylham il 30 Novembre 2020, 15:56:09 PM



Il "noi", il "soggetto", la "categoria", lo "specchio", "le "spalle" non sono la coscienza, sono quindi distinti dalla coscienza.

Oltre al soggetto coscienza esiste allora l'oggetto della coscienza, oltre al contenitore esiste il contenuto della coscienza: oggetto o contenuto che sono distinti dal soggetto o contenitore. In caso contrario la coscienza è un nulla in quanto esistono solo gli oggetti, i contenuti della coscienza, ma non la coscienza.

Perciò il soggetto coscienza può avere come contenuto l'oggetto coscienza, ma il soggetto coscienza non può avere come contenuto sé stesso: il pensiero, ciò che è pensato dalla coscienza, non è la coscienza, ciò che pensa.

L'auto-coscienza, l'autoreferenzialità della coscienza, perciò non esiste, perché impossibile.
L'errore logico è quello di  descrivere la coscienza nel termine di "soggetto"o "contenitore" proprio mentre la si considera oggettivamente; non ci si può astrarre da essa, analizzarla dal di fuori ed affermare che dal di fuori essa non può auto riferirsi a sé stessa, e anche questa stessa affermazione diverrebbe logicamente indicibile; nel momento in cui mi estraggo da me per dire qualsiasi cosa riguardo a me stesso , quello che vedo non sono più Io, ma la mia proiezione di Me, ed anche questa stessa inferenza diverrebbe impronunciabile. Semplicemente, nulla si può dire di logico riguardo alle proprietà dell'auto-coscienza in termini di soggetto e oggetto.
#17
Citazione di: Jacopus il 29 Novembre 2020, 19:19:51 PM
Per and1972rea. Hai una visione piuttosto ingegneristica delle neuroscienze. In realtà vi sono posizioni molto diversificate al suo interno  ma nessuno credo, è così riduttivo da identificare la coscienza con il cervello (tranne la Churchland e i suoi proseliti).
Se fosse come dici Tu  , se la relazione cervello coscienza fosse indagata oltre l'evidenza fenomenica della sola materia estesa, si dovrebbero poter contare numerose le ricerche medico scientifiche sulla sopravvivenza della coscienza oltre il venir meno , il disfacimento  fenomenico delle reti neurali; invece, presupponendo tale relazione come imprescindibile dalla ricerca medica, è chiaro che simili ricerche e chi le compie siano ancora piuttosto ostracizzati dalla comunità scientifica.
#18
Citazione di: Jacopus il 28 Novembre 2020, 21:52:08 PM

Ovviamente portare all'estremo la teoria del multiverso, confermerebbe nuovamente la teoria di and1972rea, ma a me preme sottolineare come gran parte degli studi neuroscientifici siano tutt,'altro che fisicalistici.


L'espediente del gemello materiale dimostra che è fenomenicamente, e quindi  materialmente ,riproducibile tutto e solo ciò che di razionalmente astraibile appare nell'originale, fuorché l'autocoscienza, la quale non può essere astratta dalla materia per poi essere riprodotta nuovamente in essa ; le neuroscienze studiano e cercano correlazioni fra mente e cervello un po' come l'elettrauto cerca correlazioni fra il comportamento apparente  della macchina ed i gangli elettronici della centralina; ma l'intera automobile si trova già astratta nella mente dell'elettrauto ancor prima che egli la veda, ed egli scova correlazioni che riguardano più egli stesso e le proprie astrazioni che l'oggetto vero e reale del proprio studio. Quando il guidatore sale e mette in moto, l'elettrauto potrà aver contezza di tutto ciò che accade in quella macchina, fino alla mano che gira la chiave, ed un neuroscienziato potrà in linea ipotetica procedere con il correlare ogni segnale elettrochimico che da quella mano si genera per modificare un particolare tipo di neurone piuttosto che un altro, fino a giungere alla vera origine insondabile di quel gesto, che risiede in una forma del reale la quale non può essere in alcun modo astratta da esso, ma che in esso risiede oltre le forme ipotetiche ed apparenti dello spazio e del tempo, del soggetto e dell'oggetto, della causa e dell'effetto. Fin da bambini, qui nel cosiddetto "Occidente" platonico , il gioco di astrarre dal mondo quel che di esso appare utile a costruirne uno tutto nostro, ci ha portato contro ogni logica del raziocinio a credere erroneamente nel mito apparente della materia estesa e dell'anima immortale a tal punto da autoconvincerci che l'intero nostro essere ,se non confinato dentro qualche etto di carne per un certo tempo e annullato in qualche kilo di atomi per il resto dell'eternità, non possa che essere condannato a vivere eternamente astratto nell'idea fantasiosa di un' anima immortale. Procedendo da ipotesi razionalmente solide ,anche Cartesio sembra approdare ,purtroppo, a questo tipo di esiti platonici; a mio avviso ,però, quella "RES" di cui Egli parla mantiene  , suggestivamente ,la coscienza del Sé dentro il mondo insondabile delle cose, e non fuori di esse.
#19
Citazione di: viator il 28 Novembre 2020, 20:56:46 PM
Salve and1972rea. Sai che mi diverto moderatamente nel continuare a trattare di un assunto (l'esistenza di copie identiche ad un originale) palesemente assurdo ?.Comunque, citando dal tuo ultimo intervento : ".........poiché ogni particella che Marco possiede ha almeno una seppur minima probabilità di poter trovare copia di sé stessa nella stessa fisica relazione con la copia di tutte le altre componenti di Marco ; come a dire che non vi è bisogno della fisica per dimostrare la riproducibilità materiale (e solo quella materiale ) di Marco, ma basterebbe attendere i tempi lunghi dell'universo perché Marco possa scorgere dentro alla copia identica dei propri occhi........".
.........purtroppo - appunto - le copie identiche non possono esistere. Dal momento che ogni luogo ed ogni materialità (meglio ancora....ogni fisicità, categoria che - oltre alla materia - dovrebbe giustamente contenere pure l'energia).............sono soggetti alla risultante ("locale" o "individuale") di tutte le forze (pensiamo anche solo alla gravità) agenti all'interno dell'universo............in ogni punto dello stesso universo e su ciascuno dei suoi contenuti si rileverà una risultante diversa (non importa di quanto) di forze che stanno agendo su distanze in ogni caso sempre diverse. Con ciò escludendo ogni e qualsiasi criterio probabilistico circa la possibile realizzazione di supposte identicità di enti diversi. Saluti.
Per trovare il proprio gemello basterà , allora, che Marco pazienti quanto basta affinché la probabilistica giostra immensa dell'universo torni a presentare perfetta simmetria di ogni suo punto rispetto ad ogni altro  e le rispettive distanze risulteranno così per sé stesse sempre le medesime .
#20
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2020, 01:59:45 AM



L'autocoscienza non è spiegabile proprio perché non c'è l'autoreferenzialità della coscienza. Tale impossibilità, dell'auto-coscienza, spiega l'errore del monismo e del dualismo di tipo cartesiano.

La non  autoreferenzialità  dell'autocoscienza sembra molto intuitiva ,ma purtroppo essa  è logicamente impronunciabile attraverso una qualsiasi proposizione;  affermare l'impossibilità senza uno specchio di potersi guardare le spalle presuppone il conoscere a priori in modo oggettivo la forma del proprio corpo e la posizione dei nostri occhi rispetto ad esso, ma sulla coscienza del sé noi non possiamo fare alcuna inferenza che tratti tale conoscenza come una relazione fra un soggetto ed un oggetto; noi ci autopercepiamo al di là della categoria soggetto-oggetto.




#21
Citazione di: viator il 23 Novembre 2020, 12:20:44 PM
Salve and1972rea. Quello di indeterminatezza è principio logico-filosofico evidente per chiunque non sia mentalmente minorato e abbia avuto la possibilità - in qualche momento della propria vita - di riflettere al di fuori delle occupazioni e preoccupazioni quotidiane.

Il principio di indeterminazione altro non è che l'istituzionalizzazione in veste matematica del concetto di indeterminatezza.

Circa infine la possibilità di misurare ("apprezzare fisicamente") oggetti e fenomeni rinunciando ad osservarli, mi sembra che tu stia sognando di un mondo dal quale si sia riusciti a bandire il soggetto pur riuscendo a conservarvi gli oggetti (ai quali sai che frega il riuscire a misurarsi da sè !). Saluti.

Già, evidentemente molti tendono ad accomunare il concetto di indeterminatezza a quello di indeterminazione, ritenendoli termini del tutto vicarianti ; Io, invece ( ma credo di essere in buonissima compagnia), intendo per indeterminatezza l'assoluta ,intrinseca mancanza di determinazione riferita ad un qualsiasi tipo di concetto , compreso quello logico-matematico; ora, il fatto che posizione e quantità di moto di alcuni enti fisico-matematici non riescano ad essere determinati entrambi con qualsivoglia precisione nello stesso momento attraverso il classico linguaggio della fisica, non significa che questi enti non possano occupare una ben determinata posizione nel loro spazio in ogni qualsivoglia piccolo istante del loro tempo mentre sono in moto relativamente a chi tenta di guardarli e di dire "matematicamente" rispetto al proprio ritaglio spaziotemporale dove essi si trovano; ed è qui che diventa difficile per la scienza(e Tu hai ragione) fare di Marco un fenomeno fisicamente riproducibile, ma non per la Natura che questa scienza statisticamente studia , poiché ogni particella che Marco possiede ha almeno una seppur minima probabilità di poter trovare copia di sé stessa nella stessa fisica relazione con la copia di tutte le altre componenti di Marco ; come a dire che non vi è bisogno della fisica per dimostrare la riproducibilità materiale (e solo quella materiale ) di Marco, ma basterebbe attendere i tempi lunghi dell'universo perché Marco possa scorgere dentro alla copia identica dei propri occhi un'alterità diversa dal proprio Sé.
P.s. :  "misurare senza intervenire su di essi guardandoli" non significa rinunciare ad osservare, ma semplicemente misurare senza guardare; non esiste una misura fisica oggettiva senza completa fusione di identità fra oggetto e soggetto, puoi avvicinare due figure geometriche quanto vuoi , ma fino a quando esse , e quindi Tu stesso, non saranno completamente sovrapposte in un tutt'uno non avrai  compiuto altro che una misura soggettiva.
#22
Citazione di: viator il 22 Novembre 2020, 17:28:00 PM
Salve and1972rea. Citandoti : "infatti, se si tenterà (in linea ipotetica) di scansionare Marco nel profondo di ogni suo aspetto fisicamente conoscibile per riprodurlo , si otterrà un' altra apparenza fenomenicamente identica a Marco  ,ma che Marco non è ( e questo Marco lo sa)".

Senz'altro tu sottintendi il fatto che il Marco "originale" consista anche in qualcosa di non scansionabile. Ovvero che dalla scansione mancherebbero attributi squisitamente qualitativi non fisicamente riproducibili.
A questo punto sarei imbarazzato perchè da una parte dovrei dirmi d'accordo con te, dall'altra sarei costretto a darti torto.Marco non è riproducibile non perchè egli abbia contenuti intrinsecamente non riproducibi (analizzabili, quantificabili) per via fisicistica.

Marco non è riproducibile per il semplice intervenire degli effetti del "principio di indeterminazione" il quale fa in modo che il Marco del momento inziale del tentativo di riprodurlo........cambi senza soluzione di continuità anche durante il tempo necessario alla scansione (minimo a piacere ma comunque sempre sostanziale)..........quindi il risultato finale non potrà risultare temporalmente congruo con l'"originale" al termine della scansione.

Ciò che cercavo di copiare, mentre lo copio, diventa altro da ciò che credo di star copiando. Saluti.
Non sono un fisico , ma a me pare che Il principio di indeterminazione non coincida evidentemente un principio di indeterminatezza , esso ci dice, cioè  ,quello che apparentemente non siamo in grado di fare, non quello che non è possibile in assoluto fare , per esempio ,quando si riuscirà a misurare gli oggetti fisici senza per forza dover intervenire su di essi guardandoli ;allo stesso modo di come avviene la copia di un mutamento dello stato fisico da un certo sistema ad un altro immediatamente  ,non mediatamente, attraverso un passaggio di informazione istantaneo.
#23
Citazione di: Jacopus il 15 Novembre 2020, 18:10:14 PM
Per and. E quindi? La scienza, il suo fondamento, è il metodo. Ed il metodo presuppone che le leggi su cui si fonda possano cambiare, se se ne trovano di più corrette. Ma non si tratta di files che vengono sovraincisi, come se niente fosse. Senza Newton, Einstein non sarebbe potuto esistere, e senza Galilei non sarebbe esistito Newton ( forse senza il Dio monoteistico, non potremmo parlare di scienza moderna). In ciò, la cultura scientifica non è dissimile alla cultura in genere, ma ha l'ambizione prometeica di cambiare il mondo, "a nostra immagine e somiglianza".
Sembra quasi che la tua critica consista nel  condannare queste leggi eteree, che cambiano, mai fisse, una volta per tutte. Ma la fisica stessa non ha leggi fisse. È probabile che dentro un buco nero le leggi fisiche che noi conosciamo siano inapplicabili. Così come in altre galassie, sottoposte a forze materiali diverse da quelle che conosciamo presenti nel "braccio locale" della galassia che abitiamo. Immagina in campo medico, o in campo sociale, come sia ancora più arduo applicare metodi scientifici.
La scienza, però, non è dogmatica, altrimenti non sarebbe scienza, ma questo non significa che racconti frottole. Questo rovesciamento interpretativo è illogico e confutato da ciò che la scienza (applicata) ci ha permesso di fare. Non sto a ripetere come la scienza moderna sia attrezzata con appositi meccanismi, affinché non racconti frottole. Si può accedere ad internet per avere risposte molto accurate in proposito.
Le frottole hanno un rapporto con la verità che è molto  profondo e che la scienza per sua natura non può avere; esse riescono a negare il Vero proprio perchè nel fare ciò non possono far altro che considerarlo avendoci a che vedere. Invece ,la scienza procede per ipotesi astratte e del tutto avulse dall'oggettività del reale , e produce congetture che nient'affatto sono più o meno corrette rispetto ad un oggetto reale che da esse non è sondabile , ma che sono intrinsecamente più o meno confutabili rispetto all'interpretabile gioco delle apparenze ;tali congetture ci spiegano il mondo nello stesso modo in cui noi potremmo comprendere un album dei "The Doors" misurando il diametro di un vinile o giocandoci a frisbee. Voler scorgere un nesso di continuità evolutiva fra una congettura scientifica e l'altra  pare , quindi ,azzardato: Einstein nella sua opera non avrebbe potuto fare a meno di Newton ,così come Dante della metrica dell'endecasillabo e dell'alfabeto latino, ma questo non significa certo dire che un mezzo possa diventare evoluzione e perfezionamento di un fine. Le ipotesi astratte della scienza nascono all'intuito e da un salto noetico del raziocinio , esse non ci dicono che quei 2 fenomeni sono due atomi di Elio, ma che in apparenza, quel poco che di quelle due misteriose entità traspare  sembra comportarsi come l'atomo di Elio che si trova soltanto nella nostra" testa"; non ci dicono che Marco e Andrea sono due insiemi di molecole in equilibrio dinamico con un mondo di particelle elementari attorno a loro, ma che il misterioso mondo dell'essere genera 2 entità fenomeniche che per qualche loro aspetto sembrano in accordo con il disegno atomicamente tratteggiato che abbiamo fatto della natura (anche l'album dei The Doors potrebbe presentarsi fenomenicamente somigliante ad un frisbee); la riprova del fatto che Marco non è una frammentaria apparenza di un disegno inventato, ma è molto di più, e non è nemmeno quello stesso disegno, è che egli non è un fenomeno scientificamente riproducibile; infatti, se si tenterà (in linea ipotetica) di scansionare Marco nel profondo di ogni suo aspetto fisicamente conoscibile per riprodurlo , si otterrà un' altra apparenza fenomenicamente identica a Marco  ,ma che Marco non è ( e questo Marco lo sa).
#24
Citazione di: viator il 08 Novembre 2020, 12:59:18 PM


Infatti il primato della scienza, lentamente e controvertibilmente conquistato, si genera attraverso la fornitura - alla nostra visione del mondo- di illusioni via via meno precarie rispetto a quelle che le hanno precedute. Saluti.





A fine '800 i miti della fisica classica sembrava non avessero ormai più quasi nulla di nuovo da dire intorno al mondo dei fenomeni naturali,  "gli addetti ai lavori " sconsigliavano a un giovane fisico di intraprendere la carriera di ricercatore, non vi era dubbio alcuno che tutto fosse finalmente  spiegabile attraverso i teoremi della meccanica newtoniana; soltanto qualche trascurabile osservazione empirica non collimava con le previsioni teoriche, dettagli marginali nella testa degli "addetti ai lavori", che sicuramente sarebbero stati ricondotti in breve tempo alle stabili e inossidabili leggi di Newton; ...per questo non fu un fisico accademico , ma un ingegnere, un anonimo impiegatuccolo all'ufficio federale dei brevetti di Berna a sconfiggere il pregiudizio granitico che vedeva le ipotesi della scienza evolvere ciecamente su sé stesse in modo sempre meno precario e sempre più inoppugnabile; questo omino scapigliato scardinò così le vecchie mitiche ,stabili e tranquillizzanti ipotesi di Newton e le ridusse a casi particolari di nuove e ancor più astratte favole che oggi ci raccontano come fare le cose del tutto diversamente da come ce lo raccontava Newton, ma che già adesso, nonostante la loro utilità nel farci trovare il distributore aperto più vicino, mostrano la loro precarietà quando si va ad osservare ciò che appare nell'ambito del microcosmo. Lungi dall'avvicendarsi in modo sempre meno precario, al contrario , quindi , le ipotesi che formula la scienza si susseguono sconfessandosi fra di loro in modo radicale, raccontando il mondo che credono di vedere attraverso miti sempre più profondamente differenti fra di loro, ma sempre più utili a ricostruire ad arte il mondo in cui ci illudiamo di vivere. Ma quanto c'è di vero in questi racconti che la scienza fa del mondo? Determinare la distanza che separa ognuna di queste storie ipotetiche del mondo fenomenico che appare dal mondo ontologicamente reale che è, è come calcolare  distanze che separano viaggiatori da  destinazioni che essi non conoscono e che noi stessi non conosciamo; semplicemente, non ci è dato di saperlo e sembra pure insensato chiederselo.
#25
Citazione di: davintro il 02 Novembre 2020, 01:23:55 AM



Precisazione importante: nel mio messaggio cercavo di riferirmi, pensando di stare nello spirito del topic aperto, alla questione della natura spirituale/materiale dell'Io, questione distinta da quella dell'eventuale indipendenza, nel senso di sopravvivenza, dell'Io rispetto alla morte corporea (l'elettroencefalogramma piatto), che aprirebbe il problema dell'anima immortale, che è collegato a quello dell'Io, ma ha una sua autonomia. Riconoscere, e in ciò concordo, una natura spirituale all'Io, alla luce della sua inoggettivabilità, non implica l'idea di un'Io, o meglio, a questo punto, di un'anima, che continuerebbe a vivere slegata dal corpo. Il fatto che l'Io non sia riducibile a oggetto materiale non comporta necessariamente che per il suo attuarsi non sia necessario il corpo inteso come strumento, o per meglio dire, supporto: un conto è ammettere l'insufficienza della materia a render ragione dell'atto soggettivo dell'Io (il punto che ho provato ad argomentare), un altro è ricavare da tale insufficienza anche una non-necessità di un supporto materiale, cerebrale per il vivere e l'esistere di tale Io



La cifra che, a mio avviso, distingue il dualismo cartesiano rispetto a quello platonico di anima e corpo è la logica con cui Cartesio giunge a comprendere la non comprensibilità dell'autocoscienza del sé all'interno della categoria dello spazio. L'"IO" , quindi, inteso non come perfetta idea astratta e incarnata nel corpo imperfetto, ineffabile, mutevole, ma come "cosa" anch'essa concreta ,"non estesa", come "corpo" esso stesso  di un mondo fisico esteso al di là del limitato concetto geometrico di estensione spaziale.
Uno spunto essenziale questo per poter comprendere ,oggi, come il non voler ridurre l"IO" alla materia descritta dalla scienza in termini spaziotemporali non significa per forza volerlo platonicamente astrarre dal mondo dei corpi imperfetti perché idealmente incomprensibili, ma significa voler ammettere una valenza materiale dell'"IO" oltre le ipotesi geometriche con cui la scienza guardava il mondo fino a ieri.
l"IO" ,quindi, oltre il soggetto e l'oggetto, forse, è un fenomeno più profondamente materiale di quanto la scienza ancora riesca a descriverlo.
#26
Citazione di: viator il 05 Novembre 2020, 22:10:52 PM

Ora, tu sai che esistono teorie che asseriscono cose che si verificano continuamente, monotonamente, ogni volta che si riproducono determinate condizioni contenute nelle teorie stesse e nella loro applicazione pratica.

Tu queste non le chiamerai mai dimostrazioni, e secondo te resteranno per sempre delle SEMPRE PIU' CURIOSE ED INSPIEGABILI SEQUENZE DI COINCIDENZE. Saluti.





La triste storia del tacchino induttivista di Russell e Popper potrebbe,   a mio avviso , aiutarti a schiarire qualcuna delle mie così ostiche idee. Questo povero tacchino si illuse di essere diventato il prediletto del padrone, e per moltissimi giorni poté così prevedere con profitto e precisione il pasto delle  9.00, e così fu ... fino alla Vigilia del Natale. Con questo non metto affatto in discussione l'utilità delle provvisorie inferenze della scienza,  ma la pretesa di questa di voler spiegare e addirittura "comprendere" l'Uomo attraverso le ormai fragili e provvisorie categorie, nemmeno più fra loro tanto distinte, di spazio e tempo.




#27
Citazione di: viator il 01 Novembre 2020, 21:28:47 PM
Salve and1972rea, Citandoti : "non è sufficiente per spiegare razionalmente l'impossibilità da parte della scienza  di poter  dichiarare L"IO"  clinicamente morto leggendo un elettroencefalogramma piatto".
Solo una capziosa precisazione che ti prego voler sopportare : Se la scienza dichiara clinicamente morto un qualcosa/qualcuno lo potrà fare a proposito dell'individuo (dell'Io si occupano, con scarsa pertinenza, psicologia, psichiatria, psicoterapia ("scienze comportamentali" perciò non soggette al metodo scientifico, quindi complessivamente da considerare come dottrine "non scientifiche")).

Ovvio che la scienza non dimostrerà mai nulla a chi creda a dei fondamenti spiritualistici, fideistici, metafisici od esoterici del nostro esistere. Saluti.


La scienza si occupa di spiegare i fenomeni riconducendoli di continuo a sempre nuove  , provvisorie e iperuraniche ipotesi (chiamate di solito" teorie"), essa  non dimostra mai nulla. In questo senso la scienza cerca di spiegare anche l'"IO" come fenomeno materiale  ,tentando di ricondurre questa "coscienza del sé" agli elementari costituenti ideali , nei quali attualmente essa fa consistere la materia fenomenica . Non esiste disciplina più metafisica della fisica stessa ,quindi   ,perché l'idea che essa si fa di come funziona la natura apparente del mondo non appartiene a questo mondo , né da quello scaturisce  ; tutto ciò che essa immagina o favoleggia intorno al reale non è sostenuto da alcuna dimostrazione  , ma solo da prove che per loro natura devono essere e rimanere confutabili.
#28
Citazione di: davintro il 25 Ottobre 2020, 19:23:07 PM
Il che non vuol dire affatto squalificare i risultati delle neuroscienze, ma delimitarne la validità all'interno di un livello antropologico parziale, quello materiale, che non si sovrappone e non si sostituisce al livello più interiore ed essenziale, la componente formale del soggetto che pone l'Io, che è quello propriamente filosofico e metafisico, che procede sulla base di una razionalità ad hoc, non empirica nel senso del verificazionismo positivista, ma fenomenologico e poi deduttivo/speculativo
Riconoscersi allo specchio ,riconoscendosi soltanto nel proprio Sé fisicamente corporeo , per molti potrebbe voler dire identificarsi in tutto e solo ciò che la scienza può dire riguardo al corpo inteso come entità spaziotemporale; e le conseguenze sul piano antropologico di questo atteggiamento , ormai piuttosto generalizzato, sono significative e diffuse; la verità "relativa" ma ormai egemone delle scienze rischia oggi di ridurre gli uomini ed i loro corpi ad un insieme di atomiche entità platoniche fraintese come essenziali e di calare le loro esistenze in altrettanti modelli disegnati  dalla ragione. Definire L'IO (ma è logicamente troppo anche il solo poterlo "definire") come soggetto e agente assoluto, come lampada da scrivania che non può auto illuminarsi, non "oggettivizzabile", e quindi non trattabile da alcuna indagine che studia i fenomeni come oggetti, a mio avviso,  non è sufficiente per spiegare razionalmente l'impossibilità da parte della scienza  di poter  dichiarare L"IO"  clinicamente morto leggendo un elettroencefalogramma piatto.
#29



Il dualismo cartesiano, a mio avviso,  è chiaramente attuale oggi più che mai. Cerco di riproporre l'esperimento mentale che, a mio avviso ,lo riconferma insuperabile razionalmente dalle neuroscienze in forma, forse, più intuitiva;
Consideriamo due persone fisicamente identiche per ciascuno dei loro elementari costituenti fisici e per ognuna delle irriducibili relazioni in cui questi loro elementi si trovano fisicamente connessi; queste due siffatte, distinte ,presunte autocoscienze materiali si trovano in una stanza isolata , ciascuna per sé stessa autocosciente del proprio sé. In questa situazione non vi è alcun modo logico-razionale di poterle distinguere fisicamente ,al di fuori del loro sentirsi per sé stesse tali , se non attraverso la loro posizione spaziale rispetto a chi dovesse entrare nella stanza per osservarle materialmente; ma questo osservatore, una volta uscito dalla stanza e rientrato senza aver potuto mantenere traccia del sistema di riferimento originario , non sarà più in grado con la sola logica razionale associata all'indagine fisica, di ricondurre con logica certezza a ciascuna delle due entità autocoscienti la propria precedente osservazione fatta; le  due entità, dal canto loro  , rimarranno   ciascuna per sé stessa le sole a mantenere evidente certezza della loro distinta  ,cosciente e ben individuabile alterità. Inoltre, se una delle due materiali autocoscienze venisse ipoteticamente disintegrata ,cioè nullificata ,e quindi nuovamente ristabilita come la stessa entità spazio-materiale preesistente  , non vi sarebbe modo alcuno di conoscere se in ciò che si è ristabilito nella stessa forma spaziale risieda anche la medesima originaria autocoscienza; e questo ,perché , supponendo ,anziché la nullificazione ,la creazione di una terza nuova  ulteriore identica alterità fisica oltre alle due già presenti nella stanza ,  è logico che detta alterità consisterà in una per sé stessa ulteriore autocoscienza distinta dalle due gemelle a confronto . È evidente , quindi ,a mio avviso, come da questo genere di esperimenti mentali emerga l'attuale inequivocabile impossibilità da parte della logica razionale materialista , su cui sono fondate le teorie neuroscientifiche ,di superare o glissare il dualismo cartesiano fra il concetto fisico di estensione spaziale ( e temporale  ,aggiungerei) e quello ineffabile e irrazionale di autocoscienza del sé.
#30
Citazione
... quale potrà generare gli stessi "composti" aventi la stessa forma, la medesima struttura, uguale utilizzo e proprietà ma consisteranno in una certa quantità di atomi e molecole in qualche modo difformi dai loro pretesi "originali" perchè appunto "altri" da essi.



E concordo con te nel dire che in quel "qualche modo difformi" risiede , quindi, la non riproducibilità e l'ineffabile  misteriosa unicità di qualsiasi fenomeno fisico. Ma il tecnicismo scientifico, invece, è costretto a costruire su entità elementari monoliticamente identiche ed in modo astratto perfettamente irriducibili i propri modelli del mondo, costringendo un quanto di energia  od un bosone a non essere per nulla difforme da alcun altro suo gemello, insieme a tutte le possibili loro identiche relazioni; giungendo al punto di poter ammettere in linea teorica la perfetta corrispondenza fisica di fenomeni naturali fra loro spaziotemporalmente distinti. Come a dire che ,se i costituenti elementari della natura non differiscono fra loro per ciò che di loro appare o si può conoscere,  allo stesso modo tutto ciò che da essi è fatto potrebbe logicamente condurre a fenomeni del tutto identici fra loro. Questo perché   , se non fosse permessa in linea di principio la perfetta  riproducibilità elementare  non sarebbe tecnicamente permessa nemmeno quella operativa e leggermente difforme