Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - donquixote

#16
Tematiche Filosofiche / Re:Miscredenti e biscredenti
05 Aprile 2021, 21:28:11 PM
Citazione di: viator il 05 Aprile 2021, 20:45:06 PM



L'oggetto di ciò che è dubitativo sarà certamente non dimostrabile, appunto perchè se ne dubita, ma la eventuale dubitatività dell'oggetto (cioè l'attributo dell'oggetto, la categoria logica od ontologica cui appartiene l'oggetto) potrà ben essere dimostrata nel caso risulti impossibile dimostrarne sia l'esistenza che l'inesistenza. Saluti.
Non direi proprio: il dubbio (o, come preferisci dire, "la eventuale dubitatività dell'oggetto") non è affatto un attributo dell'oggetto stesso nè tantomeno una categoria al quale appartiene. Il dubbio è un atteggiamento (e dunque un attributo) soggettivo, non oggettivo, di colui che si pone di fronte ad un fenomeno (o un concetto, o qualsiasi altro "oggetto") con l'intenzione di esprimere un giudizio sul medesimo. Due soggetti che si ponessero in atteggiamento dubbioso di fronte al medesimo fenomeno, dopo un percorso conoscitivo potrebbero giungere alle medesime certezze, oppure a certezze diverse, oppure rimanere "nel dubbio": ma qualunque siano le conclusioni non cambierebbero in alcun modo gli attributi dell'oggetto, che rimarrebbero in ogni caso i medesimi, ma solo eventualmente il nostro giudizio su di esso.
Essendo un attributo del soggetto e quindi non "oggettivo" il dubbio non si può dimostrare in alcun modo, semmai si può condividere (che è cosa ben diversa). Se qualcuno afferma di dubitare che vi siano extraterrestri simil-umani in un determinato pianeta di una determinata galassia di cui non possiamo sapere ancora nulla si può condividere certamente tale dubbio, ma questo significa solo che con i nostri strumenti attuali di conoscenza non possiamo fugarlo, e dunque è un problema nostro e non certo degli eventuali extraterrestri che se ci sono avranno sicuramente la certezza di esserci e se ne fregheranno bellamente dei nostri "dubbi"
#17
Tematiche Filosofiche / Re:Miscredenti e biscredenti
05 Aprile 2021, 19:08:03 PM
Citazione di: viator il 05 Aprile 2021, 18:29:27 PM
Salve donquixote. Citandoti : "Si può tranquillamente dimostrare la fallacia sia della prima che della seconda affermazione".

Secondo me all'interno di tale tua osservazione il termine "fallacia" andrebbe sostotuito con "dubitatività".

"E se per avventura non si potesse farlo significherebbe solo che non si può dimostrare nulla, e qualunque affermazione sarebbe pertanto sia vera che falsa, a piacere, e il concetto di "dimostrazione" perderebbe di significato".

Vedasi quanto appena scritto ad altri poco qui sopra. Saluti.
Confermo la correttezza del termine "fallacia". La "dubitatività" non si può certamente dimostrare, dato che il dubbio è semplicemente il punto di partenza necessario per indagare (e dimostrare) qualsiasi cosa. Qualcosa che rimane "in dubbio" è semplicemente qualcosa che non si conosce, o perchè non è ancora umanamente possibile (esistono gli extraterrestri?) oppure perchè il portatore del dubbio getta la spugna durante il necessario percorso di conoscenza e decide di rimanere "dubbioso". Qualsiasi affermazione però, una volta dimostrata, si trasforma in "certezza" e dunque il dubbio necessariamente scompare.
Il "profondissimo senso esistenziale" che attribuisci al "tuo" motto può essere più o meno condivisibile, ma essenzialmente non è molto diverso da qualsiasi altro "profondissimo senso esistenziale" che ognuno possa attribuire a qualunque altra affermazione, vera o falsa, sensata o insensata, fantasiosa o realistica che sia. D'altronde se non esistono certezze...
#18
Tematiche Filosofiche / Miscredenti e biscredenti
05 Aprile 2021, 17:42:41 PM
Citazione di: viator il 31 Marzo 2021, 22:01:23 PM


Tale motto recita (lo ripeto qui) : "Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza".

La riflessione di Viator è molto semplice : Egli può certo dichiararsi miscredente ("colui che non crede") dal momento che è convintissimo della correttezza del secondo postulato..........ma può anche – altrettanto correttamente – dichiararsi credente perchè egualmente convintissimo anche circa il primo postulato !.


Anzi.............dal momento che egli crede in entrambi i postulati (e nessuno può dimostrarne la falsità), si può tranquillamente affermare che egli risulti contemporaneamente MISCREDENTE e DOPPIAMENTE CREDENTE (quindi BIS-CREDENTE) !


Il bello poi sarebbe che entrambe le condizioni (credente e biscredente) non risultano affatto in contraddizione tra di loro, dal momento che risulta impossibile dimostrare la fallacia sia del primo postulato che del secondo (e ciò -ancora – al di fuori del fatto che le affermazioni date come postulati risultino intrisecamente esenti dalla necessità della loro dimostrabilità).




Si può tranquillamente dimostrare la fallacia sia della prima che della seconda affermazione. E se per avventura non si potesse farlo significherebbe solo che non si può dimostrare nulla, e qualunque affermazione sarebbe pertanto sia vera che falsa, a piacere, e il concetto di "dimostrazione" perderebbe di significato.
#19
Attualità / Wallstreet bets e la rivolta di reddit
28 Gennaio 2021, 18:33:58 PM
https://gaming.hwupgrade.it/news/videogames/il-caso-gamestop-internet-ha-sfidato-wall-street-ecco-punto-per-punto-cosa-e-successo_95119.html

Apparentemente sembra la rivolta dei tanti Davide contro i pochi Golia della finanza, ma al di là del fatto che qualcuno vorrà prima o poi intascare i "dividendi" e quindi la maggioranza di quelli che sono entrati  in questo "affare" (gli "ultimi", che non saranno affatto "beati" in questo caso) perderanno quattrini la cosa culturalmente interessante è la reazione che ha avuto il "gotha" finanziario e politico. Il gruppo di reddit da cui è partito tutto è stato bloccato (non si sa per quale ragione), i politici americani sono preoccupati e la Casa Bianca ha "attenzionato" la situazione (ma il libero mercato vale solo quando a guadagnare sono i loro amici?), i media demonizzano i redditers per frasi "sessiste, razziste e omofobe" presenti nel gruppo (che c'entrano?) e addirittura il CEO del Nasdaq afferma di voler sospendere le contrattazioni affinchè i grandi fondi abbiano tempo di riposizionarsi rispetto al titolo Gamestop. A questo proposito si è mai sentito di un titolo di stato che è stato sospeso dalle contrattazioni perchè in quella nazione la speculazione faceva chiudere scuole, ospedali e aziende? Si è mai sentita una richiesta del genere per salvare, ad esempio, la Grecia? Però per salvare gli squali di Wall Street (e poco conta che questi gestiscano i soldi dei "poveri pensionati" americani) si parla anche di questa ipotesi.

A quanto pare la democrazia va bene finchè vincono quelli che piacciono a "lorsignori"; la "libertà di pensiero" va bene finchè non si dice qualcosa che disturba "lorsignori"; il "libero mercato" va bene se a guadagnare sono solo "lorsignori". Nella favola bastava un bambino che ingenuamente gridava "il Re è nudo" per svegliare un popolo, nella realtà odierna neanche una distesa infinita di altoparlanti sarebbe sufficiente a convincerci, dato il livello di degenerazione e di decadenza che abbiamo raggiunto.
#20
Citazione di: niko il 09 Gennaio 2021, 14:09:15 PM



Quello che hanno in comune il cristianesimo e il socialismo (quello reale, o comunismo storico novecentesco) è la costruzione di una metafisica della storia e quindi una visione escatologica del tempo, questo davvero non si può negare, in Marx c'è il comunismo primitivo e un comunismo futuro che è il punto di arrivo di tutto, la fine della storia, come quello primitivo ne è stato l'inizio, nell'apocalisse Dio dice "io sono l'alfa e l'omega" c'è il riapparire dell'albero della vita che stava nell'eden e dunque nella Genesi, la Gerusalemme celeste che sostituisce la Gerusalemme reale distrutta eccetera.



Per quanto il tuo messaggio contenga spunti interessanti (sia pur non tutti "razionali" e dunque difficili da discutere sul piano filosofico) ti rispondo brevemente poichè non è questo l'argomento del 3d e io lo avevo affrontato per ricollegarlo all'egoismo, tema in discussione.
Se è vero che nel marxismo vi è una visione escatologica del tempo e della storia nel Cristianesimo (checchè ne dica Galimberti che condivide le idee, sbagliate, di Durkheim e dei positivisti ottocenteschi) non è così, perchè se l'obiettivo è la realizzazione del "regno di Dio" questo è al medesimo tempo al di fuori dal tempo e dalla storia («Il mio regno non è di questo mondo») e tuttavia riscontrabile nel presente («Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!») e quindi, un'altra volta, astorico. Non sono quindi due metafisiche della storia ma due modi completamente diversi di rapportarsi con il mondo, ove il cristianesimo è un modo intellettuale, filosofico (appartenente a quella serie di dottrine che rimandano a quella che Leibniz chiamava "philosophia perennis"), spirituale, mentre il marxismo un modo "pratico", materialista (per quanto guidato da una filosofia). Il Cristianesimo presuppone un'escatologia dell'individuo, di ogni individuo considerato singolarmente, il marxismo quella dell'umanità come specie; il Cristianesimo è una "dottrina dei tempi ultimi", una dottrina apocalittica che profetizza "la fine del mondo" sulla terra, il marxismo ne profetizza invece l'inizio. Non proseguo oltre per non alimentare l'off-topic.
#21
Citazione di: niko il 07 Gennaio 2021, 14:02:48 PM

Io vedo il cristianesimo e il socialismo come mediazioni, come pensieri dell'equità e dell'equanimità tra individuo e specie,
Accomunare socialismo e cristianesimo, in qualunque modo lo si faccia, è un errore logico e filosofico perché sono idealmente contrapposti e quando la Chiesa, pur degenerata, lo era un po' meno di adesso definiva il socialismo (o comunismo, a piacere) un'ideologia satanica e scomunicava automaticamente i cristiani che vi aderivano. Solo una totale superficialità di giudizio può ritenere che queste dottrine siano sia pur parzialmente sovrapponibili o intercambiabili, e le eventuali somiglianze fra loro sono esclusivamente formali.

Innanzitutto la famosa frase di Marx "da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni" è tratta, sia pur non letteralmente ma sostanzialmente, da un brano degli Atti degli Apostoli (At 4, 32-35) e dunque non è invenzione di Marx o Engels. La questione principale da considerare è che quella frase assume valenze molto diverse nel cristianesimo e nel socialismo. Se nel Cristianesimo quel comportamento non è un "principio", un postulato dottrinale, un dogma, uno scopo, ma una semplice deduzione dalla dottrina, una logica applicazione nella prassi di un insegnamento (e poi di una morale) che realizza innanzitutto una solidissima unità spirituale in quella comunità, nel socialismo invece quello è il punto di partenza, lo scopo sociale, è in pratica sia l'inizio che la fine di tutta la dottrina. Lo dimostrano le parole di Marx ed Engels che, nel tanto celebrato "Manifesto del Partito Comunista" scrivono: "Tutto ciò che è istituito, tutto ciò che sta in piedi evapora, tutto ciò che è sacro viene sconsacrato, e gli uomini sono finalmente costretti a considerare con sobrietà il loro posto nella vita, i loro rapporti reciproci." Negando pertanto ogni valore non solo spirituale ma anche, se così si può dire, sentimentale e innalzando un inno al nichilismo più spinto per tracciare il programma di una società basata sul nulla, che per realizzarsi ha la necessità che gli uomini che la compongono siano solo esseri biologicamente considerati, privi di quelle caratteristiche che determinano la loro "umanità" ovvero privi di valori che superino la mera sopravvivenza fisica. Ma siccome gli uomini non sono così, e a quanto pare non serve tentare di farli diventare tali con la violenza, alcune caratteristiche tipicamente umane come, fra le altre, l'avidità e l'egoismo che il capitalismo ha esaltato ai propri fini, rimangono presenti.

Oltre ad avere in comune con il capitalismo liberale innumerevoli altre idee mutuate dalle "rivoluzioni borghesi" del '700, le idee di Marx  esaltano soprattutto il fondamento su cui le idee moderne in generale si basano: il materialismo. Se si considera la materia come l'unico elemento esistente (o comunque l'unico che abbia senso) allora la felicità umana deve di necessità essere basata su di essa, ovvero sul suo possesso e il suo sfruttamento. Il capitalismo, basando appunto il raggiungimento della "felicità" sulla ricchezza materiale (e quel che ne consegue in termini di fama, successo, potere) ed esaltando a tal fine la competitività, l'avidità, l'egoismo e il cosiddetto "american dream" ha fatto proprio questo, oltre a creare strumenti consolatori più o meno validi per quelli che "non ce la fanno". Il socialismo invece non mi risulta abbia fatto altrettanto, e nemmeno ha fornito valori alternativi a quelli del materialismo capitalista, se non la ridicola idolatria dei suoi fondatori e dei suoi capi dopo aver distrutto idealmente e filosoficamente tutte le, per usare il gergo di Marx, "sovrastrutture" fra cui lo stato, la patria, la religione eccetera. La frase citata ha un senso non di per sé, perché è ambigua e si tratta di decidere quali sono le "possibilità" e i "bisogni" di ciascuno, ma solo se inserita in un sistema di pensiero che asseconda le caratteristiche umane (dell'uomo "reale", ovviamente, non di quello "ideale" sognato e immaginato da tutte le utopie della storia) per agevolare quelle positive e tenere sotto controllo quelle negative.



Per questo può aver senso solo nel cristianesimo (o in altre dottrine analoghe) che innanzitutto insegna agli uomini che la felicità (o, meglio, beatitudine) risiede nella ricerca e nell'acquisizione dei beni spirituali: questi sono per definizione eterni, dunque fuori dal tempo, incorruttibili, dunque rimangono inalterati per sempre, e infiniti dunque non hanno limiti; questo significa che anche se uno li possedesse tutti nella massima misura questo non impedirebbe ad altri di possederli a loro volta tutti nella massima misura. Al contrario dei beni materiali che essendo limitati e corruttibili (invecchiano, passano di moda, si deteriorano etc.) non potranno mai essere posseduti da tutti in massima misura e se per ipotesi uno solo li possedesse tutti, a tutti gli altri non rimarrebbe nulla. L'avidità e l'egoismo applicati ai beni spirituali sono prima di tutto superflui ai fini della loro acquisizione (non basta desiderarli per ottenerli e nemmeno si possono ottenere per gentile concessione di qualcuno) e in secondo luogo anche se potessero essere utili allo scopo questo non recherebbe danno ad alcuno ma solo beneficio a se stessi, innescando un circolo virtuoso. Le stesse pulsioni applicate invece ai beni materiali saranno ovviamente esaltate dato che risultano essere indispensabili alla bisogna ("non è bene accontentarsi di quel che si ha" diceva l'economista liberale Ludwig Von Mises), ma anche causa di conflitti permanenti perché chiunque voglia legittimamente aumentare la propria "felicità" possedendo più beni materiali si scontrerà inevitabilmente con il diritto alla "ricerca della felicità" altrui che a sua volta cercherà di sottrarre tali beni a quante più persone possibile. E in un mondo sempre più affamato di "felicità" (e "libertà", considerata ormai anch'essa un bene acquisibile con il denaro come qualsiasi altro bene materiale) come è possibile, come auspicherebbe quella frase declinata dal socialismo, convincere la gente ad accontentarsi di meno di quel che ha ora se quel che ha ora non è mai abbastanza?
"Da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni" è quindi applicabile solo ad una comunità (com'erano quelle dei primi cristiani descritte negli Atti degli Apostoli) che privilegia i beni spirituali,  utilizzando quelli materiali solo al fine di soddisfare i bisogni necessari alla mera sopravvivenza fisica, per cui il loro ammontare necessario sarà sempre alquanto limitato ed equivalente per tutti.   

#22
Citazione di: InVerno il 06 Gennaio 2021, 09:55:36 AM
Citazione di: donquixote il 05 Gennaio 2021, 20:29:33 PM
Una delle opere che ha suscitato più polemiche nel XIX secolo fu "L'unico e la sua proprietè" di Max Stirner, uno scritto che esaltava L'individualismo moderno allora ormai dilagante, l' "homo homini lupus" di antica memoria, e lo faceva in modo alquanto spudorato. Quello esaltato da Stirner è l'egoismo attuale, quello "malato", animato dalla volontà di accaparramento a danno altrui, quello che vuole imporsi comunque a scapito degli altri, quello del potere per il potere, l'egoismo quantitativo e materialistico che punta all'accumulo di beni e al soddisfacimento di bisogni, reali o fittizi che siano, in funzione di una mera affermazione del proprio "unico" ego.
Secondo me una contrapposizione letteraria più ficcante sarebbe quella tra l'egoismo di Ayn Rand e quello nicciano, anche se il mio parere non è del tutto formato essendo che ho abbandonato "La rivolta di Atlante" prematuramente, essendo a mio avviso un indigeribile chiasso linguistico..ma è talmente lungo che sono quasi certo che l'autrice è stata capace di condensarvi tutte le possibili sfacettature dell'egoismo "malato", portando a maturazione molti temi di Stirner, di cui era ammiratrice e avida lettrice.
In effetti ci avevo pensato, ma mi creava da un lato qualche problema citare pensieri complessi come quelli della Rand mentre con Stirner le cose erano più semplici, dall'altro le elaborazioni della Rand che addolcivano i concetti di Stirner inventandosi locuzioni come "egoismo etico" confondevano solo le idee.
#23
Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2021, 17:24:02 PM
Citazione di: Alexander il 05 Gennaio 2021, 15:15:48 PM
questa privazione contro volontà della possibilità di scelta si definisce (in qualche modo dobbiamo definirla) come la mancanza di una libertà. [...] Sembra quasi che sia il termine stesso "libertà" che ti scoccia, ma se non lo usassimo per descrivere la costrizione estrinseca che s'impone alla volontà, con che cosa lo sostituiamo?  Dovremmo dire:mi manca la condizione per esercitare la mia volontà?
Evitando di "interpretare radiografie" (quindi di capire la causa del dolore o valutare la guarigione), trascurando dunque l'irrisolta questione filosofica del fondamento della libertà (concetto tanto diffuso ed utile quanto discutibile, come molti altri tipici della tradizione metafisica di cui siamo impregnati) e passando al piano più strettamente linguistico, direi che non c'è necessità di un (ulteriore) concetto per descrivere la situazione in cui «manca la condizione per esercitare la mia volontà»(cit.), perché esiste già il concetto di «possibilità».
Da notare, rispetto a quanto affermi sopra, che la libertà non ha un nesso necessario con la volontà: posso essere "libero" di compiere azioni che non voglio fare, etc. (sempre se ci rifiutiamo di mettere in discussione il fondamento di tale "libertà", dandola per scontata). Oltre a dire «non sono libero di», si può dire semplicemente «non posso»; in entrambi i casi potrò poi spiegare perché, qual è l'ostacolo, etc.. Pensa anche alla "libertà di espressione" (che poi, come tutte le "libertà", si scopre essere condizionata, piena di precondizioni, vincoli, etc.): "possibilità di espressione" suona certo meno aulica ed enfatica, ma il senso è pressoché lo stesso (anzi, se provi a sostituire «possibilità» a «libertà» in molti aforismi e discorsi, ti accorgerai come tale sostituzione ti costringa a chiarificarne il senso, rendendoli meno vaghi).
La «possibilità» mi pare un concetto meno ambiguo, più "fattuale" e constatabile della libertà, sia perché non è tenuta ad emanciparsi (seppur solo parzialmente) da innegabili ed oggettivi condizionamenti, sia perché non produce ambiziosi ideali che non si riesce poi a radicare facilmente su un terreno solido (certo, ormai è "tardi" per riscrivere codici della legge, poesie, categorie della forma mentis comune, etc. ma forse non è tardi per provare a capire, fenomenologicamente e criticamente, l'effettiva validità onto-logica e linguistica del concetto di «libertà»).

P.s.
Nulla di personale contro la libertà (magari indagherei con pari curiosità un altro concetto), avrei voluto solo collaudarne i fondamenti in un "allenamento maieutico".
In un altro 3d citavo alcune frasi tratte da "L'uno e la sua proprietà" di Stirner: una di queste era: "Non rivendico diritti; perciò non ne devo riconoscere alcuno. Ciò che posso prendere con la forza, con la forza lo prendo; a quello che non posso ottenere con la forza non ho nessun diritto, e non mi dò arie, né mi consolo parlando dei miei imperscrutabili diritti... Non m'interessa se ho diritto o no a una data cosa, se sono autorizzato o no a fare questo o quello; quando ho il potere, diritti e autorizzazioni me li prendo da solo, e non ho bisogno che me li riconosca un altro." Se i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire sono irrilevanti (e quindi non giudicabili sotto nessun profilo) e contano solo quelli esterni all'agente allora la "libertà di scelta", che ovviamente io ritengo concetto ben più complesso della semplice possibilità (ma questo non conta) è assimilabile a "potere": se si ha il potere si è liberi, se non lo si ha non lo si è. Il potere dunque, economico, politico, militare, dialettico, intellettuale o di qualunque altro genere è la misura della libertà, e dato che chiunque nel mondo ritiene la libertà un concetto positivo tanto da auspicarne una sempre maggiore "quantità" chiunque eserciti il potere, dunque la libertà, in qualunque modo lo faccia diventa non solo questione non sindacabile, ma anzi auspicabile dato che se la "libertà di scelta" non sceglie, non viene espressa, non si concretizza in azioni nel mondo non ha più nemmeno senso. Appare superfluo fare esempi di come il "libero potere" si sia espresso in tante occasioni, è importante però sottolineare che chiunque ritenga che la libertà sia questa cosa qui,  non si permetta più di criticare qualunque "uomo libero" (dunque "uomo di potere") per le scelte che fa o le azioni che compie in nome della sua pura e semplice libertà di compierle. E non vale nemmeno citare quella sciocca frase senza senso attribuita a Bentham che afferma "La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri", per il semplice fatto che la libertà degli altri risiede nel limite del loro potere di esercitarla, ma se il mio maggior potere mi permette di conculcarla potrò "liberamente" farlo, incluso impedir loro di lamentarsi perchè tali lamentele mi provocano un fastidioso ronzio alle orecchie. In definitiva la libertà "storicamente determinata" dalle società illuministe e progressiste è una mera lotta di potere ammantata di stucchevole "poesia".
#24
Citazione di: Freedom il 05 Gennaio 2021, 13:36:20 PM

Puoi gentilmente spiegare cosa intendi per egoismo sano e altruismo sano? Quello che intendo io, forse sbaglio, è che l'egoismo privilegia il proprio interesse su quello degli altri. L'altruismo il suo contrario.

Una delle opere che ha suscitato più polemiche nel XIX secolo fu "L'unico e la sua proprietè" di Max Stirner, uno scritto che esaltava L'individualismo moderno allora ormai dilagante, l' "homo homini lupus" di antica memoria, e lo faceva in modo alquanto spudorato. Quello esaltato da Stirner è l'egoismo attuale, quello "malato", animato dalla volontà di accaparramento a danno altrui, quello che vuole imporsi comunque a scapito degli altri, quello del potere per il potere, l'egoismo quantitativo e materialistico che punta all'accumulo di beni e al soddisfacimento di bisogni, reali o fittizi che siano, in funzione di una mera affermazione del proprio "unico" ego.

Stirner diceva ; "Io faccio derivare ogni diritto e ogni legittimità da me stesso; io sono legittimato a fare tutto ciò che ho il potere di fare. Io sono legittimato a rovesciare Zeus, Yahweh, Dio, ecc., se sono capace di farlo; altrimenti, questi dèi avranno sempre più diritto e più potere di me."; "Egoistico è non attribuire a nessuna cosa un valore proprio o "assoluto", ma cercare sempre in me il suo valore"; "Non rivendico diritti; perciò non ne devo riconoscere alcuno. Ciò che posso prendere con la forza, con la forza lo prendo; a quello che non posso ottenere con la forza non ho nessun diritto, e non mi dò arie, né mi consolo parlando dei miei imperscrutabili diritti... Non m'interessa se ho diritto o no a una data cosa, se sono autorizzato o no a fare questo o quello; quando ho il potere, diritti e autorizzazioni me li prendo da solo, e non ho bisogno che me li riconosca un altro." Indubbiamente però era intellettualmente onesto poiché non ipotizzava di rivolgersi a forze esteriori (meno che mai alle istituzioni statali) per ottenere ciò che non poteva in prima persona, anche se giustificava ovviamente la sottomissione di altri uomini alla soddisfazione delle proprie esigenze e tutto ciò che il "potere" può garantire.

Se Stirner dunque diceva "Tu hai il diritto di essere ciò che hai il potere di essere" dall'altra parte troviamo Nietzsche, profeta dell'egoismo sano, che invece, pur con altre parole, diceva "Tu hai il diritto di essere ciò che hai il dovere di essere". "Diventa ciò che sei!" è il motto principale di Nietzsche tratto da Pindaro; "Diventa ciò che puoi!" è quello di Stirner che come si vede è completamente differente. L'egoismo niciano, l'egoismo sano,  è un individualismo mistico, di colui che come Zarathustra, come Buddha, come Gesù, si ritira sull'alto monte o nel deserto per ottemperare al famoso monito "conosci te stesso", per non far dipendere il proprio essere da tutte le indefinite suggestioni e condizionamenti veicolati da quella che lui definiva la "plebaglia", da tutto ciò che è più bassamente umano, e lo afferma chiaramente svariate volte come in questo passo: «Voi costringete tutte le cose a venire a voi e dentro di voi, perché riscaturiscano dalla vostra sorgente come doni del vostro amore. In verità, un predone di tutti i valori deve diventare questo amore che dona; ma io dico sacrosanto questo egoismo. Vi è anche un altro egoismo, troppo povero, affamato, che vuol sempre rubare, l'egoismo dei malati, l'egoismo malato. Con occhio di ladro esso guarda a tutto quanto luccica; con l'avidità della fame conta i bocconi a chi ha da mangiare in abbondanza; e sempre si insinua alla tavola di coloro che donano»; e ancora: «In alto va il nostro cammino, dalla specie si avvia verso la sovra-specie. Ma un orrore è per noi la mente degenerata che dice: "Tutto per me"» Il primo egoismo, che rifiuta tutti i valori dati per farsi esso stesso creatore di valori e manifestarli attraverso la volontà di potenza è quello di Nietzsche; il secondo quello di Stirner.


Nietzsche afferma inoltre: «Medico aiuta te stesso, così aiuterai anche i tuoi malati. Questo sia il tuo aiuto migliore: che egli guarisca guardando con gli occhi colui che risana se stesso». Qui è del tutto evidente la mancanza di volontà prevaricatrice, che Stirner avrebbe espresso con "Medico aiuta i tuoi malati, così essi dipenderanno da te e tu acquisirai potere su di loro" (esempio di altruismo malato che alimenta l'egoismo malato), mentre in Nietzsche prevale l'esempio del migliore che "egoisticamente" pensa innanzitutto a "guarire" se stesso e quindi, mostrando le proprie virtù, dando l'esempio, aiuterà anche gli altri a riconoscere e manifestare le loro, a camminare nella vita con le proprie gambe, a non essere costretto a sottomettersi alla "generosità" o allo sfruttamento degli Stirner di turno. L'altruismo malato è infatti quello che in qualche modo costringe gli altri ad essere dipendenti dalla volontà di qualcuno, sia esso un filantropo che elargisce "generosamente" dei beni solo per alimentare la propria vanità o un imprenditore che "crea posti di lavoro" facendo passare per buona azione quella che è solo la sua mera convenienza.

Un famoso detto confuciano recita: se vuoi sfamare un uomo per un giorno regalagli un pesce, se vuoi sfamarlo per tutta la vita insegnagli a pescare. Questa è la differenza fra l'altruismo malato, quello di colui che regala il pesce, e quello sano, di colui che ti insegna a pescare: nel primo caso si rendono gli uomini pigri e dipendenti dalla generosità, dalla volontà e quindi dall'arbitrio di altri uomini che decideranno della loro sorte quando a loro farà comodo; nel secondo li si rende indipendenti, capaci di badare a se stessi e quindi più liberi.

E' il medesimo insegnamento della parabola del buon samaritano, che racconta di colui che aiuta il prossimo non per mestiere, non per vanità, non per ricompensa (terrestre o celeste che sia), ma perchè in quel dato momento ha trovato sulla sua strada una persona in difficoltà; immediatamente dopo però continua per la sua strada e lascia andare il pellegrino per la sua, non lo mantiene per il resto dei suoi giorni e nemmeno cerca la sua riconoscenza, come del resto chi è stato aiutato non si sentirà in debito con il samaritano, ma farà lo stesso con qualcun altro qualora dovesse trovarsi nella situazione opposta. Altruismo sano è lasciare che gli altri siano quello che sono, e se dovesse capitare di aiutarli, farlo in modo temporaneo, limitato, tale da incidere il meno possibile sulla loro condizione e tale da dargli la possibilità di non avere più bisogno d'aiuto.
#25
 
Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM


L'idea di scrivere questo thread la devo all'amico Viator che, commentando il thread "E' una questione di percezione" cita l'egoismo naturale in questi termini: l'individuo - per natura - tende a privilegiare anzitutto la propria esistenza, poi - se avanzano tempo[/color] e risorse, l'esistenza degli altri. Questo si chiama appunto "egoismo naturale".[/font]
Sembra la cosa, scusate il gioco di parole, più naturale del mondo. Non voglio certo negarne la veridicità tuttavia mi sento di poter affermare che è la causa prima del male del mondo. Perlomeno di quello che dipende dal'umanità.

Caro Freedom, è la mancanza di egoismo (o, detto diversamente, l'altruismo), così aumentata negli ultimi secoli,  una delle cause principali del male nell'umanità. Non esiste un solo modo per definire egoismo e altruismo ma esistono un egoismo e un altruismo "sani" così come esistono un egoismo e un altruismo "malati". Ovviamente come in tante altre occasioni l'umanità attuale, sbagliando per l'ennesima volta il bersaglio, si riferisce ai secondi pensando di curare un male con uno ancora peggiore.

Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM
Non è forse ciò contro cui si è battuta una delle più grandi utopie della storia dell'umanità, il comunismo? Individuandone, implicitamente, il motivo principale dei problemi del mondo?

Il comunismo si è battuto contro l'uomo, sia praticamente che soprattutto filosoficamente. Hanno un bel dire quelli che "ma non era il 'vero' comunismo", perchè qualunque versione del medesimo, da Cuba alla Corea del nord, dalla Cina (anche quello è comunismo, non solo di nome) alla filosofia di Marx e Engels nega le caratteristiche dell'uomo reale per postularne di ideali. In pratica è una filosofia totalmente nichilistica pensata per un uomo che non è mai esistito, adatta per un uomo-macchina senza cultura, senza morale, senza spirito, senz'anima, in pratica senza umanità, programmabile e resettabile come un moderno computer.


Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM
Non afferma la stessa cosa, ma più compiutamente e dunque a raggio ancor più vasto, la religione cristiana quando sostiene che bisogna amare gli altri più di sè stessi?

È sicuramente probabile che qualcuno nell'ambito del Cristianesimo abbia detto che "bisogna amare gli altri più di se stessi" ma non fu certamente Gesù Cristo alle cui parole riportate nei Vangeli si dovrebbe, in caso di contrasto dottrinale, fare riferimento. La Chiesa Cattolica non sa più leggere correttamente le parole dei Vangeli e interpreta in modo del tutto distorto i suoi insegnamenti, a cominciare in questo caso dai comandamenti più importanti enunciati da Gesù e dalla parabola del Buon Samaritano.

Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM
Ma al netto di quello che oggi non si può considerare un successo non rimane forse valida l'opzione che è solo, in una parola, l'altruismo che può salvare l'umanità?
Per un cristiano può essere solo la Grazia di Dio a salvare l'uomo, a patto che comprenda che cosa si intende con questa espressione, mentre una persona che non si esprime secondo canoni teologici e non sa nemmeno descrivere razionalmente gli stessi concetti si affiderà semplicemente a se stesso e a tutta una serie di fallimentari utopie, e in attesa dell' "isola che non c'è" continuerà a piangere sui disastri che hanno determinato i suoi innumerevoli tentativi falliti di costruire il "paradiso terrestre". E l'umanità si salva solo partendo dalla salvezza di ogni singolo uomo, individualmente, come ogni viaggio inizia sempre con un piccolo passo. Tutti coloro che propongono "salvezze di massa" affidandosi a ideologie, filosofie o modelli sociali più o meno utopici hanno sempre fatto fare una brutta fine a quelli che a loro si sono affidati.

Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM
Ah, ma la natura umana lo impedisce! Direbbe Viator e non solo lui.
Ad impedirlo sono le degenerazioni che la natura umana ha subito e che la Bibbia racconta a partire dal peccato originale: la cultura è nata per sopperire a queste degenerazioni, ma se questa a sua volta degenera e fa confusione fra egoismo e altruismo "sani" e "malati" allora le speranze continuano a diminuire.

Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM
Ma la natura umana, sotto questo punto di vista, è sbagliata e va superata.
È assai strano che un cristiano affermi una cosa del genere. Se la Bibbia, dopo aver descritto la creazione dell'uomo, afferma che Dio "vide che era cosa molto buona" forse bisognerebbe domandarsi come mai. La tua considerazione è proprio quella che hanno fatto tutti coloro che non essendo in grado di comprendere i concetti espressi nei libri sacri li hanno semplicemente rifiutati, come la volpe con l'uva. Kant diceva infatti che l'uomo è un "legno storto", e tanti come lui fecero lo stesso. Poi però erano anche i primi umanisti, e affermavano che solo l'uomo può salvare se stesso (e addirittura il mondo). Quelli che pensano queste cose (e sono purtroppo tantissimi) sono come quelli che tentano di sollevare se stessi aggrappandosi con le mani alla cintura dei pantaloni e tirando.

Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM
Pensate, anche solo per un momento, se ognuno di noi si occupasse solo della felicità altrui e ignorasse completamente la propria.
Al di là di quel che ha detto Viator, che nella sostanza condivido, vorrei chiosare sul fatto che se così fosse nessuno sarebbe più felice dato che anche se tanti si occupassero della nostra felicità non avremmo più tempo per godercela visto che dobbiamo occuparci di quella degli altri. Diverso sarebbe dire che si può trovare la propria felicità nell'occuparsi di quella degli altri, ma questo spesso già accade, ma se lo si ponesse come principio si ipostatizzerebbe l'idea secondo la quale gli egoisti diventerebbero ipso facto altruisti dato che consentirebbero in tal modo a tante persone (coloro che servono e alimentano il loro egoismo) di essere felici, arrivando al paradosso che all'aumento del loro egoismo corrisponderebbe un aumento dell'altruismo perché sempre più persone potrebbero essere felici.


p.s. mi accorgo adesso che il messaggio di Viator è sparito: spero sia stato un disguido dato che l'ho visto scritto in rosso e con caratteri molto grandi. Mi auguro che riappaia o che Viator lo posti di nuovo
 
#26
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
04 Gennaio 2021, 22:57:40 PM
Citazione di: Jacopus il 04 Gennaio 2021, 01:09:44 AM

Noto, nel tuo discorso, dei punti che mi sembrano non coerenti. Infatti inizi il tuo commento paragonando l'indole leonina che si afferma "leoninamente" a quella umana, che dovrebbe affermarsi "umanamente".
Sembra però che ad un certo punto, le istituzioni, la storia, la società, abbiano ingabbiato l'uomo rendendolo meno libero ora, di quando vi era la schiavitù. Sia ben chiaro, il discorso lo conosco ed ha in Rousseau il suo primo archetipo. Ma la domanda è: le istituzioni, la storia, le società sono in qualche modo l'indole dell'uomo che si afferma, oppure vi è stato qualche ingranaggio che si è inceppato e l'uomo è stato alienato dalla sua condizione di libertà?
Una differenza fra l'uomo e le altre specie sta nel fatto che l'uomo, almeno negli ultimi millenni ovvero dal cosiddetto neolitico in poi, non accetta più la propria natura, rifiuta la sua condizione con la pretesa di elevarsi al livello di Dio e sostituirsi a Lui, di diventare padrone della terra in attesa di poter essere anche quello del cielo. In tal modo non solo obbliga se stesso a farsi sempre diverso da quel che è inseguendo utopie sociali ed individuali sempre nuove, ma obbliga anche i propri discendenti a rincorrere una pretesa "evoluzione" che nessuno sa più dove dovrebbe portare. In questo modo ogni uomo sarà sempre meno libero perchè i condizionamenti non proverranno solo dalle regole sociali ma soprattutto da innumerevoli modelli utopici, veicolati con ogni mezzo, che costringeranno le persone a cambiare costantemente, ad essere sempre diverse da ciò che sono: è l'uomo stesso che ha rinunciato alla sua libertà per sostituirla con uno o più "ideali", individuali e sociali.
Citazione di: Jacopus il 04 Gennaio 2021, 01:09:44 AM
Quello che mi preme dire, concludendo il discorso, è che la tua visione è molto radicale e nega positività a tutto il processo di civilizzazione dell'occidente da Omero in poi, ma di questo credo che tu sia consapevole.
Non nego a priori la (o meglio le) positività del processo di civilizzazione (anche se è molto difficile valutare i pro e i contro di tale processo e non è argomento di discussione qui), mi limito a tentare di spiegare per quale ragione questo processo ha necessariamente sacrificato la libertà dell'uomo, e forse non è del tutto casuale che mai come negli ultimi secoli si sia parlato e scritto sulla libertà e sul desiderio della medesima tanto da inventarsi una filosofia ad essa ispirata, fare guerre in suo nome e porla al primo posto degli ideali auspicabili: se davvero la libertà fosse aumentata esponenzialmente, come mai l'uomo di oggi ne sente tanto la mancanza da evocarla in ogni occasione?
#27
Citazione di: bobmax il 03 Gennaio 2021, 17:47:56 PM
Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.

In che senso è libero?
Nel senso che, al pari degli altri esseri, gode della libertà tipica della sua natura, che ovviamente non può essere assoluta dato che la sua natura è quella di un essere limitato, finito, e dunque la sua libertà sarà limitata appunto dalla sua natura umana come ad esempio la libertà di un leone sarà limitata dalla sua natura leonina. La libertà infatti altro non è, essenzialmente, che la possibilità di ogni ente di poter essere ciò che è, di poter esprimere la propria natura.
Se questo è il punto di partenza il passo successivo è affermare che l'uomo, che nasce libero, nel corso della vita diminuisce questa sua libertà, e in seguito che l'uomo occidentale moderno è il meno libero che sia apparso nella storia, anche se paradossalmente afferma il contrario. Se infatti l'uomo è, come è, un animale sociale, dovrà innanzitutto adattarsi alle regole vigenti nella società in cui vive, che sono a tutti gli effetti delle "gabbie" da cui non può uscire pena l'alienazione sociale, che ovviamente limitano ulteriormente la sua libertà. Se le regole sono poche e semplici la libertà degli individui è maggiore, ma se le regole sono tante e complicate allora anche la libertà individuale diminuirà proporzionalmente: nelle società cosiddette "complesse" le norme sono pressoché infinite e costantemente variabili, per cui è facile trarne le conseguenze. Se il primo aspetto riguarda l'ambiente sociale in cui si vive che condiziona e quindi limita la libertà degli individui, ovvero la famosa "libertà da" (e sia detto en passant a me pare assai ridicola la polemica "democrazia/dittatura", come se avere o meno la possibilità di criticare, o magari insultare, gli uomini di potere fosse chissà quale "libertà"), il secondo  aspetto riguarda invece la cosiddetta "libertà di" ovvero quel che si intende con la locuzione "libero arbitrio".
La volontà razionale in questo caso, ovvero l'arbitrio, è sempre mossa da qualche condizionamento, e spinge l'uomo all'azione rispondendo ad una esigenza, un bisogno, un desiderio o una tentazione che proviene dall'interno dell'uomo stesso, oppure alla re-azione sollecitata da un condizionamento esterno al medesimo; in entrambi i casi la volontà si attiva sulla base di condizionamenti e quindi non certo per un mero anelito di libertà. Parlare di "libero arbitrio" è dunque contradditorio perché la volontà, l'arbitrio, non sarà mai "libero". La cosiddetta "libertà di scelta" non esiste per il semplice fatto che ogni scelta volontaria e consapevole, per il solo fatto di essere volontaria e consapevole,  non sarà mai "libera" da condizionamenti. A maggior ragione poi se si aggiunge l'aggettivo "responsabile" alle decisioni che uno prende o alle scelte che uno fa: la responsabilità, mai disgiunta di questi tempi dalla libertà, inserisce ulteriori condizionamenti per cui la percentuale di libertà diminuirà ulteriormente.
Per questo Theodor Adorno diceva che "la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta", ed è così perché ogni scelta, ovvero ogni affermazione della propria volontà, è dipendente da qualche condizionamento, esterno o interno all'uomo, mentre la libertà è semplicemente l'assenza di condizionamenti. Si tende di questi tempi a pensare che più opportunità, più possibilità vi siano fra cui scegliere e più aumenti la libertà, mentre invece è il contrario perché la libertà aumenta per sottrazione: ogni possibilità è un potenziale condizionamento, e quanto più queste saranno tanto meno libertà sarà disponibile, poiché nessuno sarà più in grado di resistere a tutti.
#28
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.
#29
Tematiche Filosofiche / Re:I postulanti dell'Assoluto
16 Novembre 2020, 23:26:06 PM
Citazione di: viator il 16 Novembre 2020, 12:44:38 PM
Salve donquixote. Hai completamente ragione dal punto di vista logico-formale.

Dal punto di vista fattuale Zeus è unicamente un concetto (non certamente un Dio, una persona, un agente).

I concetti secondo te esistono ? Secondo me esistono e consistono in forme immateriali temporanee, frutto dell'attività bioenergetica di un sistema nervoso sufficientemente complesso dall'aver generato una coscienza ed una mente.

Per stabilire esistenza od inesistenza di un ente (materiale od immateriale che esso sia) dovrebbe essere sufficiente spostarsi dalla "impossibilità della sua compiuta identificazione" alla osservazione della sua appartenenza (o meno) ad una catena di cause ed effetti.

Conveniamo allora che tutto ciò che è generato da una causa e/o produca degli effetti sia da considerare come esistente, che ne dici ?. Saluti.

Ovviamente i concetti esistono, conformemente al fatto che non si può affermare a rigor di logica che qualcosa non esiste, anche se non sono affatto d'accordo sulla descrizione che ne dai. Ogni parola "definita" dal vocabolario di un determinato linguaggio è, nei fatti, un concetto, una convenzione, una elaborazione mentale condivisa con chiunque parli il medesimo linguaggio: la mela non è una mela in sé, ma un concetto condiviso che permette a tutti quelli che parlano la stessa lingua di identificare una "cosa" particolare.
Se ogni "cosa" è dunque un concetto si tratta allora di vedere a quale piano di realtà si riferiscono queste "cose": quello materiale, quello psicologico, quello spirituale, quello dell'immaginazione eccetera. Qui le cose si complicano perchè se è vero che chiunque veda una mela la riconosce come tale i concetti a cui non corrisponde una immediata esperienza sensoriale sono più difficili da comunicare e condividere: forse che tutti hanno in mente la stessa cosa quando si parla dell'amore? o della libertà? o del bene? o della democrazia? o della coscienza? o della giustizia? o della bellezza? o dello spirito? Parlando semplicisticamente si dovrebbe dire che "non esistono", ma chi avrebbe il coraggio di affermarlo?
Ogni parte della realtà, anche quelle più assurde generate dalla fantasia umana (e forse soprattutto quelle), hanno una causa (la fantasia umana, appunto, in questo caso) e producono degli effetti: Un libro di fantascienza di successo, ad esempio, o un horror, permette all'autore di sopravvivere e stimola l'immaginazione e i sentimenti dei lettori che ne traggono soddisfazione. Come si fa a dire che quel che è stato raccontato "non esiste"?
Riflettendo un attimo si può notare che le "cose" che più incidono sulla realtà umana concreta sono proprio quelle che si possono definire "non esistenti". Si sono fatte guerre e ci sono stati martiri in nome della patria, della gloria, dell'onore, della libertà, dell'indipendenza, della giustizia, della democrazia e di tante altre ragioni più o meno nobili, che pur essendo basate su cose "inesistenti" sono molto più cogenti, nell'animo umano, rispetto a quelle "esistenti" e concrete.
Proviamo a prendere in considerazione i cosiddetti "diritti umani universali": esistono? Concretamente non esistono, sono solo una convenzione assai recente fra gruppi di nazioni, eppure quasi tutta l'umanita conforma i propri pensieri, le proprie azioni e i propri codici a tale convenzione. Una cosa "inesistente" dunque ha effetti sulla quasi interezza degli esseri umani: com'è possibile?
E perchè mai non dovrebbe accadere lo stesso per Zeus? La personificazione degli dei è cosa antica, ma anche questa è una semplice convenzione necessaria all'uomo per permettergli di esprimersi e di farsi capire da altri uomini. Certo è che se nessuno più conosce i concetti ai quali uno "Zeus" rimanda e che li sintetizza nella sua "persona" più che parlare di "inesistenza" bisognerebbe parlare di incomprensione.  Mi pare curioso, ad esempio, che nessuno metta in dubbio il fatto che la personificazione di Dike con la bilancia in mano sia solamente un simbolo che rimanda al concetto di giustizia, ma poi c'è chi è salito sull'Olimpo a cercare l'abitazione di Zeus, o quella di Efesto.
#30
Tematiche Filosofiche / Re:I postulanti dell'Assoluto
16 Novembre 2020, 00:50:30 AM
Citazione di: Aumkaara il 15 Novembre 2020, 22:43:11 PM
di un qualcosa non si dovrebbe dimostrare che esiste, ma che non esiste: e quindi gli enti possono essere senza fine, mettere un limite alla loro possibilità di esistere è un atto nostro dettato dai nostri, di limiti (o che consideriamo nostri).
Voler dimostrare che qualcosa non esiste (come anche che esiste) è una contraddizione logica, quindi un'assurdità. Prima di dimostrare che qualcosa non esiste dovremmo innanzitutto definirlo, sapere che cosa è. Ma per sapere che cosa è un "qualcosa" bisogna che questo esista, perchè se non esistesse non potremmo saperne assolutamente niente. Appare dunque totalmente insensata qualunque affermazione o qualunque domanda sull'esistenza o l'inesistenza sic et simpliciter di qualcosa, poichè tutto ciò di cui possiamo parlare o che possiamo pensare è necessariamente esistente.