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Messaggi - davintro

#16
Pensare che, qualora Dio esistesse, dovrebbe essere visto con i 5 sensi corporei, vuol dire non tenere conto della distinzione tra piano spirituale e materiale, intelligibile e sensibile, e ciò che sovrintende a questa distinzione è la filosofia. Confondere i piani epistemici dunque è la conseguenza di una lacuna filosofica, non scientifica, dato che l'epistemologia è una branca della filosofia, non della scienza. Non spetta alla scienza porsi il problema dei suoi limiti e possibilità, e di conseguenza dei suoi rapporti con la metafisica, perché non è logicamente possibile che, restando all'interno di un certo sapere specifico (scienza) ci si possa rendere conto dei propri limiti.
#17
Citazione di: Socrate78 il 02 Aprile 2023, 12:47:45 PMGuardate che quando appaiono i titoli sui giornali riguardo ai depressi e ai malati mentali che compiono atti come l'omicidio o il suicidio si scopre sistematicamente che erano già IN CURA  anche da tempo, quindi che cosa significa? Significa evidentemente che la cura non ha avuto effetto o che ha addirittura slatentizzato le pulsioni violenti e antisociali di tali malati.

Da profano di conoscenze specialistiche mi sento di dire qualcosa su questo punto. Dedurre dall'esito finale di una situazione (suicidio, fallimento della terapia), una presunta inefficacia, se non nocività, in generale di un certo fattore causale (terapia), è una fallacia logica. La complessità della realtà dell'essere umano comporta che ci siano ordini di cause molteplici a determinare la risultante di un processo, per cui non si può caricare su una singola causa, la terapia farmacologica, tutta la responsabilità dell'effetto finale, effetto che invece è la conseguenza di diversi varianti che incidono sulla realtà in questione. Un certo fattore causale può avere un'influenza benefica senza che per questo ci si debba aspettare il raggiungimento dell'obiettivo verso cui quel fattore è orientato, perché poi la sua azione può essere contrastata e vinta da altri fattori che nel loro complesso determinano un'influenza più forte. Si dovrà riconoscere che la causa benefica non si sia rivelata a posteriori sufficiente per il buon esito finale, ma non che non abbia, nei suoi limiti, concorso per quell'obiettivo. Altrimenti, sarebbe come dire che la legge di gravità cessa di essere in vigore nel momento in cui lancio un sasso in aria, per poi magicamente tornare attiva, quando il sasso comincia a ricadere verso il basso. Il fatto che al momento dell'ascensione l'effetto sia contrario alla direzione verso cui la legge di gravità è orientata (il sasso sale verso l'alto, anziché scendere verso il basso), non vuol dire che la legge non sia più attiva, ma solo che è al momento contrastata da un principio causale più forte, la spinta del mio braccio, spinta che, quando perde la sua efficacia, lascia la gravità come unico fattore in campo, "libera" di esercitare senza più ostacoli la sua potenza. Ma in ogni momento la gravità è sempre rimasta attiva a esprimere la sua potenza, indipendentemente dalla valutazione della risultante provvisoria delle molteplici forze in campo.
#18
Citazione di: Claudia K il 01 Aprile 2023, 21:25:20 PMIn effetti : da qualche parte nelle ultime 24h ascoltavo Odifreddi sul punto, il quale riferiva : "spiegate all'IA le regole del GO (antichissimo gioco da tavolo cinese, considerato il più complesso in assoluto al mondo), essa ha giocato per quattro ore con se stessa e poi ha surclassato il campione del mondo di Go!" .
Il che non però non ha niente a che fare con la coscienza e il desiderio di ribellarsi a un programma. Uno schiavo può diventare straordinariamente efficiente, infinitamente più abile nel svolgere le sue mansioni del padrone (che del resto se fosse capace da solo di svolgerle non avrebbe bisogno di schiavi), così come, ribadisco l'esempio, una calcolatrice svolge i calcoli in modo infinitamente più veloce di ogni mente, ma questo non implica in nessun modo l'attribuire ad esso un autonomo senso morale e libero arbitrio.  Libertà e abilità/efficienza sono aspetti che si muovono su binari del tutto distinti.
#19
Citazione di: iano il 01 Aprile 2023, 19:38:49 PML'errore è credere di poter sapere tutto ciò che dobbiamo aspettarci,
e questo vale per le macchine quanto per noi.
Tu sai già cosa aspettarti dalla tua intelligenza?
Credo di no, e se la tua intelligenza produce qualcosa di inatteso per te, non perciò dirai che è fallace.
Se sapessimo già cosa produrranno ogni volta le intelligenze non ne avremmo bisogno, che siano naturali o artificiali.

Un conto è riconoscere i nostri limiti riguardo al corso futuro di cose come può essere l'evoluzione della tecnologia, un altro pensare che la realtà sia totalmente imprevedibile, al punto di pensare che una certa cosa possa pervenire a cambiamenti del tutto antitetici nei confronti della propria natura. Non c'è nessuna presunzione intellettuale nell'avere la certezza che A non potrà mai diventare non-A, e la stessa cosa vale per l'idea che qualcosa che coincide INTERAMENTE con un programma progettato dall'esterno, l'intelligenza artificiale, possa arrivare a contestare valorialmente quel programma. Siamo a un livello di certezza di tipo logico, come dire 2 più 2 fa quattro o non esistono triangoli tondi, non si tratta di "impossibilità" empiriche del tipo, non ho mai visto un cavallo volare, ma non posso escludere che un giorno non accadrà, si tratta di un assurdo legato a un'incompatibilità di un'ipotesi con la definizione dell'oggetto in questione, un'impossibilità apriori. Non confondiamo una sana umiltà con derive relativistiche del tipo "tutto è possibile, non possiamo escludere nulla". Non è vero che tutto è possibile, le possibilità del divenire di qualcosa rientrano sempre nei limiti che la sua essenza ammette.
#20
Mi pare logicamente assurda ogni ipotesi sul fatto che una macchina possa elaborare una coscienza autonoma, un libero arbitrio, la possibilità di ribellarsi al programma progettato per essa. Il presupposto necessario da cui partire è "non vi è nulla nell'effetto, che non sia già nella causa". Questo è un principio a priori di verità, che nessuna esperienza a posteriori potrà mai contestare. Perché le macchine assumano un libero arbitrio sarebbe necessario che nella loro "interiorità", diciamo software nel loro caso, fossero già annidati dei meccanismi psicologici motivazionali originariamente attinenti al loro essere, mentre per definizione il loro essere artificiali, indica che la loro "mente" è totalmente prodotta e progettata dall'esterno dalla volontà umana. Io sono libero nella misura in cui la causa del mio agire è interiore, insita nella mia essenza originaria, in una natura. Ciò che è artificiale, in quanto manca di natura, manca di un'originarietà, di un principio autodeterminante, non può avere la libertà, Non può ribellarsi al programma, perché per farlo dovrebbe avere già in sé dei fattori esterni al programma a partire da cui motivare la contrapposizione ad esso, mentre, dato che la sua interiorità coincide in tutto e per tutto col programma, non può opporsi ad esso, sarebbe come dire che A è non-A, un assurdo logico. I casi di chat gp che danno risposte diverse da quelle che gli utenti si aspettano, credo possano tranquillamente essere spiegati con malfunzionamenti, errori di progettazione che nulla hanno a che fare con una cosciente volontà di ribellarsi, un proprio sistema di valori autonomo rispetto all'uomo. Da un punto di vista logico sarebbe più sensato immaginarsi una pianta che si mette a sbraitare contro l'uomo che in casa la trascura, non la innaffia ecc. più che un computer che si ribelli all'uomo, perché la pianta, pur non avendo una coscienza umana in senso stretto, ha comunque, come organismo dotato di vita, un principio di autoformazione (cioè un'anima, per Aristotele anima vegetativa, ma pur sempre anima), quello che una macchina progettata "da zero" non può avere.

Non bisogna lasciarsi traviare dal pensiero "siccome si tratta di una tecnologia in evoluzione non possiamo da oggi prevedere o escludere esiti", perché l'evoluzione non è mai qualcosa di impazzito o indeterminato che può procedere con indifferenza in qualunque direzione, ma un movimento sempre delimitato e regolato dalla natura del soggetto in questione. Possiamo immaginare futuri straordinari progressi dell'intelligenza artificiale, ma mai al punto di contravvenire al significato della definizione in oggetto. Si tratterà pur sempre di progressi di efficienza quantitativi, ma sempre interni alle possibilità indicate dalla condizione di artificialità, cosa ben diversa dal salto qualitativo e ontologico che comporterebbe il passaggio da una mero sistema di applicazione di un programma progettato dall'esterno, a una vera e propria autonomia di coscienza e di sentimento morale. Da nessun livello evolutivo che il primo può raggiungere se ne ricava la seconda. Già oggi una calcolatrice fa i conti con una rapidità estremamente superiore alla mente umana, e un motore di ricerca google elabora dati e informazioni con una rapidità e precisione superiore rispetto ad essa, senza che nessuno si sogni di attribuirle una vera e propria coscienza. Non vedo perché chat gp dovrebbe suggerire considerazioni diverse.

#21
Citazione di: daniele22 il 31 Marzo 2023, 21:07:13 PM
Ciao, premesso che nulla so di psicologia mi trovo il linea col tuo pensiero, a parte qualche descrizione che dai del sogno in particolare del ragionamento. Mi piace pure la posizione filosofica di Husserl per quel poco che di lui conosco. Comunque, quando parli dell'errore che secondo te compie Freud mi chiedo come Freud abbia tracciato questa dicotomia. Nel senso che, partendo dall'impronta genetica come polo dell'inconscio, accadrebbero in successione la gestazione, il parto, e la strutturazione dell'io. In questo intervallo mi vien da dire ingenuamente che vi sarebbe una evidente commistione tra conscio e inconscio. Una curiosità, che tu sappia, secondo la psicologia, o Freud, qual è il metro per definire se un bambino possiede un io completo? Un saluto

Riguardo la psicologia, sarebbe un piano troppo generale per poter dare un giudizio. Su Freud non saprei dire, quel poco che ho letto non riguardava il tema della pedagogia. Mi pare indicasse diverse fasi per lo sviluppo normale del bambino, che corrispondono a diverse localizzazioni corporee del piacere sessuale, dalla fase orale, a quella anale a quella genitale, fino al complesso di edipo per gli uomini e l'invidia del pene per le donne. Non credo che per la psicanalisi freudiana alcun bambino in quanto tale possa mai identificarsi con un "Io completo". La completezza dell'Io passa, questo lo ricordo dall'Introduzione alla Psicanalisi, per la progressiva consapevolezza da parte della psicanalisi dell'inconscio, di modo da allargare sempre di più i confini della coscienza, e sottoporre i "territori" dell'inconscio sotto il controllo dell'Io razionale (ad esempio su questo ci sono sfumature diverse in Jung) ed è evidente che ciò è possibile solo per un individuo in età matura. Si può parlare di normale corso di crescita attraverso varie fasi, ma non di un Io completo per un bambino, quello è un obiettivo alla portata di adulti. Non so quanto sia riuscito a risponderti.
#22
Citazione di: Ipazia il 31 Marzo 2023, 12:20:36 PMDifficile falsificare l'inconscio senza falsificare i sogni. Possiamo dire che l'interpretazione freudiana non è esaustiva, ma la distinzione tra vita cosciente e onirica non è stata risolta da alcuna diversa teoria. Freud ci ha riflettuto e lavorato sopra.
Perché non considerare i sogni una manifestazione di un livello di coscienza, per quanto più profondo e sfuggente per l'Io riflettente e "razionale"? Dopotutto, se intendiamo fenomenologicamente per coscienza il complesso degli atti di esperienza entro cui diamo un significato a dei contenuti fenomenici, allora il sogno rientra in questo tipo di esperienza. Nei sogni speriamo, abbiamo paura, ragioniamo, c'è un livello di coscienza intenzionale entro cui i contenuti percepiti hanno un senso per noi. Inoltre i sogni possono essere ricordati, e questo non sarebbe possibile se i loro contenuti non restassero una risorsa disponibile per la nostra mente, seppur spesso richiamabili alla memoria con un certo sforzo ed esercizio, invece che considerati in una dimensione separata rispetto alla coscienza. E la stessa interpretazione dei sogni è possibile nella misura in cui la memoria (facoltà della coscienza) li trattiene, cioè interpretiamo qualcosa a condizione che i contenuti rientrino nella coscienza. Non solo i contenuti, ma anche il soggetto interpretante: l'interpretazione è comunque sempre un atteggiamento analitico producibile da un soggetto cosciente. Chi interpreta i sogni non lo fa mentre dorme o è in trance, è vigile e cosciente e i risultati dell'interpretazione rientrano all'interno delle possibilità di una coscienza, dell'uso delle categorie della coscienza. La mia impressione, per quel poco che ho letto di Freud, è che il suo errore sia stato che nel tracciare la dicotomia inconscio-conscio abbia presupposto un'accezione della coscienza troppo ristretta, limitata alla razionalità, a ciò entro cui giudichiamo la realtà per come è (principio di realtà). In questo senso nei sogni, in cui riteniamo reali cose che non lo sono, fuoriuscirebbero dai limiti di coscienza. Ma questa è una definizione di coscienza che forse poteva in parte essere accettabile per un razionalista alla Cartesio, ma già non per un Husserl. Nella fenomenologia la coscienza è ciò che emerge proprio nel momento in cui smetto di pormi il problema di giudicare la realtà nei suoi aspetti di realtà, limitandomi ad avvertire e descrivere i fenomeni per come appaiono, mettendo tra parentesi il giudizio di corrispondenza o non-corrispondenza con la realtà extra-mentale. Allora la coscienza comprenderà tra i suoi vissuti anche atti come ricordi, empatia, percezioni, potenziali allucinazioni, tutto ciò a cui attribuisco un senso indipendentemente dal ritenere reali i loro contenuti. Ed ecco che allora anche i sogni rientreranno a pieno titolo in essa. 
#23
Citazione di: Socrate78 il 28 Marzo 2023, 20:47:51 PMDel resto, se l'inconscio è appunto INCONSAPEVOLE, come si può pretendere di dire che cosa si trova in esso? Non sarebbe più inconscio, ma diventerebbe conscio! La psicologia stessa, introducendo l'idea che si possa far breccia nell'inconscio, va contro il principio logico di non contraddizione. Si dovrebbe avere invece dire con Wittgenstein che su ciò che per definizione non si può sapere occorre tacere e l'inconscio è proprio una realtà simile.
Su questo punto concordo molto, è un pensiero che ho sempre avuto anch'io. L'uso della categoria dell'inconscio, perlomeno preso nel senso più letterale del termine, condanna la psicologia a cadere nell'infalsificabilità, nell'arbitrarietà logica che deriva dall'attribuire delle proprietà a qualcosa che, proprio per definizione, non può essere conosciuto, perché fuori dai limiti del conscio. Tutto ciò non implica affatto che l'inconscio non esista, che non esistano zone oscure psichiche nelle quali l'autocoscienza non possa penetrare, ma solo che ci si dovrebbe limitare a considerare l'inconscio come un'idea limite regolativa, un pò alla stregua del noumeno kantiano. Sappiamo che c'è una zona d'ombra, l'inconscio, ma possiamo tematizzarla solo in negativo, trattandola per quel che non è, "semplicemente" ciò che sta oltre il piano di consapevolezza della nostra interiorità. Ragion per cui reputo preferibile un modello interpretativo della psiche non rigidamente dualistico dicotomico conscio-inconscio in cui si attribuiscano caratteristiche a entrambe le dimensioni, bensì "stratificato" in cui il discorso psicologico si sviluppi entro diversi livelli di coscienza più o meno luminosa, più o meno oscura, in base a quanto si scenda in profondità e quanto si renda difficile farsi attraversare dai raggi di attenzione e riflessione dell'Io, sempre ancorato in gran parte, per i bisogni pratici e materiali, a orientare l'interesse al mondo esterno e dunque limitato nell'autoconsapevolezza. Quello che la psicanalisi freudiana attribuirebbe all'inconscio, potrebbe in questo modello rientrare pur sempre nell'ambito della coscienza (altrimenti come potrei esserne consapevole?), ma a dei livelli di oscurità e profondità che li rendono più difficilmente (ma mai al punto di un'assoluta impossibilità) attraversabili dalla luce riflessa dell'Io. Insomma, distinguere il piano della coscienza inteso come complesso di contenuti potenzialmente a disposizione della nostra conoscenza da quello più ristretto dell'attenzione e della riflessione esplicita attuale prodotti dell'Io, livello molto più limitato.
#24
Nella maggior parte dei casi credo che l'antipatia sia più un'apparenza secondaria che nasconde un'altra verità, cioè una nascosta invidia nei confronti delle persone con un livello culturale più alto del nostro, che alimenta un senso di inferiorità e di insicurezza, a cui si reagisce con frustrazione, capovolgendo il piano di valori, squalificando il valore di qualcosa che avvertiamo fuoriescire dai nostri limiti, come può essere la cultura, per sentirci più in pace con noi stessi, sminuendo i nostri punti deboli.

Personalmente noto anche un fenomeno simile ma distinto (in quanto cultura non è necessariamente sempre sinonimo di intelligenza e profondità), l'antipatia nei confronti delle persone aventi un carattere più portato alla prudenza e alla riflessione, di contro a una certa simpatia che invece sembrano trasmettere le persone più impulsive. C'è tutta una retorica, specie cinematografica, che mi irrita molto, che presenta come eroe positive, le persone che risolvono una situazione, come nei film d'azione, buttandosi senza prima aver ragionato e pianificato, mentre i personaggi che cercano di richiamare alla cautela, a ragionare, vengono in generale presentati come antipatiche palle al piede che fanno solo perdere tempo perché il messaggio è, sono le emozioni, il coraggio e l'istinto che rendono una persona di valore, la razionalità, l'analisi, la prudenza sono cose brutte e fredde. Oppure si potrebbero citare l'esaltazione continua degli animali e dei bambini, che appaiono simpatici più degli esseri umani adulti, proprio perché visti come esseri istintivi e "immediati", con scarso controllo razionale. L'errore di fondo è quello di confondere l'idea di spontaneità con quella di istinto, etichettando le persone con un carattere riflessivo e analitico come "artificiose", poco spontanee, se non false e inautentiche. In realtà spontaneo e impulsivo, a ben vedere, non sono affatto sinonimi: spontaneità per me vuol dire coerenza con la propria natura autentica, col proprio carattere, chi ha un carattere riflessivo sarà dunque spontaneamente portato alla riflessione, come chi ha un carattere impulsivo lo sarà ad agire in modo rapido e senza calcoli. Si può dunque essere assolutamente riflessivi in modo spontaneo e forzatamente impulsivi, così come un carattere impulsivo si sentirà forzato a essere costretto a ragionare per lungo tempo, così un carattere riflessivo si sentirà in certe situazioni d'emergenza forzato a dover agire in modo rapido e ad affidarsi alle prime intuizioni per come appaiono. Ed io che sono uno che odia far le cose di fretta, ne so qualcosa dell'ansia che vivo in situazioni dove bisogna essere pronti e reattivi in poco tempo, specie nelle cose pratiche della vita, conosco la sensazione di disagio che si prova.
#25
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Hitler artista
28 Marzo 2023, 16:12:50 PM
Mi verrebbe di fare una battuta che avevo letto anni fa da un comico che gestisce una pagina fb e che trovavo geniale nel suo cinismo: "ho visto i dipinti giovanili di Hitler. Meno male che poi ha cambiato mestiere".
#26
Citazione di: Claudia K il 27 Marzo 2023, 12:42:31 PMHai espresso splendidamente quello che, nella mia lettura, è sia il complesso della metafisica di essere surclassata dalla fisica, e sia - peggio, e perfettamente incarnato dal complottismo - il tentativo assai poco filosofico di ristabilire un "primato" della metafisica  mistificando piani , in applicazione di quel tentativo di screditamento random dell'avversario che è l'ABC dell'eristica e che culmina in modo intellettualmente inconcepibile (e tipico del complottismo) di far propri ALCUNI risultati della scienza ed usarli artatamente per (tentare di) screditarla in toto.



Da convinto sostenitore della metafisica non posso essere dell'idea che la confusione dei piani sia un fenomeno culturale orientato in favore di un  primato della metafisica o comunque di qualcosa che della metafisica farebbe il gioco. La confusione epistemica fisica-metafisica fa danni a entrambi, alla ricerca scientifica perché la inquina applicando criteri che non possono essere verificati dal metodo scientifico, alla metafisica perché di fatto, nel momento in cui la categoria di studiosi, i filosofi, ad essa attinenti, il  tempo ed energia che impiegano a googlare da dilettanti allo sbaraglio in cerca di no vax da citare nelle trasmissioni televisive dai siti come Byoublu è tempo ed energia tolta al loro campo di studi di pertinenza, la ricerca teoretica, che viene così trascurata creando una falla culturale. La metafisica è definita dai temi che la costituiscono, non dalle persone che si definiscono tali e poi spostano la forma mentis da quei temi ad altri che non le competono. La metafisica non è cattiva scienza, chi usava i testi sacri per contrastare in campo scientifico Galilei e Copernico non stava facendo metafisica, perché non sono i temi scientifici che la riguardano. Sarebbe anche interessante notare che i classici nomi dei filosofi più impegnati sul tema Covid, Fusaro, Agamben, Cacciari, non sono certo ascrivili alle correnti più interessati alla riproposizione dei temi della metafisica classica, ma rientrano piuttosto, in forme diverse in quel filone ermeneutico novecentesco che ritiene superata la metafisica. Cioè non stiamo parlando di un Vittorio Possenti, che si occupa di ontologia scolastica o di una Ales Bello da sempre impegnata nell'ambito di una fenomenologia di ispirazione cristiana, per fare due nomi di pensatori viventi che ancora tengono vivo in Italia il pensiero metafisico. La metafisica vera non ha alcun interesse a combattere la scienza o a impicciarsi di questioni scientifiche nel senso di entrare nel merito dei risultati della ricerca (l'epistemologia è cosa diversa), proprio perché ha il senso della trascendenza del suo piano di indagine rispetto a quello fisico.  
#27
Citazione di: Ipazia il 27 Marzo 2023, 11:56:14 AMCacciari e Fusaro fanno politica e non entrano nel merito della ricerca scientifica, ma delle panzane spacciate per scienza. La covidemia ne ha spacciate di così grossolane che si sbufalavano da sole in tempo quasi reale. Non mi pare che nessuno di loro sia entrato negli aspetti più tecnici di tali panzane, passando la parola a virologi, epidemiologi, biologi, endocrinologi, oncologi,... indipendenti, la trattazione delle bufale rivelabili nelle propalate cause seconde, terze, ecc. da parte della comunità scientifica politicamente "corretta" (vedi eloquio Speranza-Brusaferro).



Pensare di potersi sostituire alla comunità scientifica nell'applicazione dei criteri di attribuzione di autorità accademica, valutando determinati virologi come più attendibili di altri solo in quanto strumentalizzabili per portare acqua al mulino delle loro visioni ideologico-complottiste, dal mio punto di vista vuol dire eccome "entrare nel merito della ricerca scientifica". Come potrebbe mai uno che ha l'umiltà di non considerarsi esperto in un settore presumere di individuare quali sarebbero gli esperti a cui affidarsi? Gli esperti possono razionalmente riconoscersi solo fra loro. Sarebbe come se un totale ignorante di filosofia o storia della filosofia pretendesse di dar torto a Platone, per fare un esempio, citando a casaccio pensatori antiplatonici mai letti o studiati, conosciuti solo per sentito dire, senza alcuna considerazione delle differenze di spessore argomentativo e culturale, senza la quale è impossibile stabilire torti e ragioni. Tutto questo non ha nulla a che fare con una sana filosofia della scienza, che si limita a indagare il fenomeno "scienza" nei suoi tratti più generali ed essenzialistici, senza alcuna pretesa di entrare in concorrenza con gli specialistici che il metodo scientifico lo applicano nel concreto giovandosi di tutte le strutture del caso.
#28
Citazione di: Ipazia il 27 Marzo 2023, 00:20:25 AMMi pare un modo riduttivo di intendere la filosofia. Sarebbe come limitare la critica delle religioni ai testi sacri senza potersi occupare del tipo di organizzazioni religiose che da quei testi sono nate, spesso discordanti tra loro per motivi che oltrepassano la sfera teorica.

Con la scienza scientistizzata la critica filosofica è ancor più costretta ad entrare nei meandri del funzionamento delle singole discipline, se non altro per motivi etici, di fronte ad una scienza medica o sociale che vuole imporre alla filosofia la sua visione del mondo. Piacerebbe anche a me un mondo di politici che fanno i politici e scienziati che fanno solo ricerca, ma mi trovo invece politici e scienziati che pretendono di legiferare in campo etico e quindi, quantomeno, mi devo chiedere con quale legittimazione lo fanno. I risultati delle scienze, e di alcune in particolare, cambiano i modi di vita e i contesti valoriali ben oltre l'ambito specialistico di cui si occupano e talvolta lo fanno con arroganza, propria di un'ideologia totalitaria che non fa prigionieri.

Abbiamo interlocutori per i quali non esistono piani di realtà oltre il limite della scienza stessa e quindi non resta che difendere i propri spazi vitali, anche teoretici, o soccombere.
Meglio avere un'idea riduttiva, ma ben chiara e delimitata, della filosofia piuttosto che esasperarne l'allargamento di prospettiva al punto da arrivare a considerare i filosofi come degli aspiranti tuttologi che presumono di potere entrare in concorrenza nella valutazione dei risultati specifici delle scienze con i ricercatori con anni di studio ed esperienza alle spalle, non tenendo conto  dei confini epistemici. Se tanta gente, purtroppo, si forma una cattiva immagine dei filosofi, è anche per colpa degli atteggiamenti di alcuni di questi, alla Cacciari o Fusaro, che vanno in tv e invece di occuparsi dei temi specificatamente attinenti alla filosofia (metafisica), pretendono di parlare di vaccini o entrare nel merito degli studi scientifici pensando di saperne più degli scienziati stessi. Questa è solo pessima pubblicità per la filosofia, che viene presentata come un atteggiamento supponente che, partendo da una prospettiva astratta e generica, pretende di poter parlare di tutto senza rispetto per le specializzazioni. Di fronte a questo scenario quello che va fatto che per far cessare il conflitto tra scienza e filosofia è quello di ribadire con forza la distinzione dei campi d'indagine, ribadire che la filosofia non si occupa di "tutto" (semmai di "totalità", che è una cosa diversa), ma, come ogni altra forma di sapere, ha un proprio contenuto specifico, la sfera del sovrasensibile e dei princìpi primi dell'Essere, lasciando alle scienze naturali la piena legittimità sulle cause seconde, terze ecc. 
#29
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2023, 19:17:41 PM@davintro

Affermare le pretese metafisiche dello scientismo e la divinizzazione della Scienza non comporta una automatica condivisione di tale processo, bensì la necessità di confrontarsi con esso in tutte le situazioni, sempre più opprimenti, in cui tale feticcio viene (im)posto. La critica filosofica ha un nuovo, ingombrante, soggetto metafisico con cui confrontarsi, oltre il soggetto trascendente della tradizione filosofico-religiosa.

La metafisica ha aperto il suo raggio d'azione e non può ignorare le velleità metafisiche della numificata Scienza.
Penso sia opportuna una distinzione fondamentale e cercare di superare forse un equivoco. Quando io contesto il portare argomenti tratti dai risultati delle scienze naturali per discutere in sede filosofica, non sto affatto contestando la legittimità filosofica di critica e riflessione sulla scienza intesa nella sua generalità. La riflessione sulla scienza, sui suoi limiti e possibilità è un classico tema della filosofia, e non c'è da aspettare Galilei o Kant, sin dai tempi dell'egemonia della metafisica classica i filosofi hanno dibattuto sul problema dei rapporti tra piano sensibile e intelligibile della conoscenza, del rapporto fisica-metafisica ecc. Ma un conto è riflettere sulla scienza a partire dalla comprensione del senso essenziale, generale del suo metodo, dei propri contenuti di sapere per valutarne i limiti e le possibilità, le relazioni col piano della vita umana nel suo complesso, un altro entrare nel merito dei risultati scientifici, conseguenti all'applicazione del metodo stesso. La filosofia necessita della prima cosa, non della seconda (se non questa, come interessante stimolo a focalizzare l'attenzione del filosofo su determinati temi). Non necessita di conoscere i risultati delle scienze per individuare l'essenza dell'oggetto attorno cui esse delimitano il loro ambito di ricerca, e del metodo a partire da cui poter riconoscere i confini epistemici del campo entro cui quella scienza particolare può presumere di indagare in modo razionale la verità. Questo lavoro di mappatura, di trascrizione dei confini dei singoli ambiti di sapere è compito peculiare del filosofo, vedi il progetto husserliano fenomenologico di tracciare ontologie regionali, di far emergere il senso universale delle tipologie di realtà a cui le varie scienze sono riferite. Il filosofo può fare questo nella stessa misura in cui chiunque, pur non essendo avvocato o dentista, senza possedere le specifiche competenze del mestiere, può comprendere il senso generale di questi mestieri per la società al punto da rendersi conto che quando ha mal di denti è dal dentista che bisogna andare, e se si ha un problema legale dall'avvocato. E anzi, è proprio restando nelle argomentazioni dei risultati scientifici che sarebbe invece impossibile rendersi conto dei limiti e delle possibilità delle scienze stesse, per il semplice motivo che il riconoscimento dei limiti della scienza presuppone il riconoscimento di un piano di realtà oltre il limite della scienza stessa, e ciò presuppone l'intuizione di tale piano di realtà, dunque un punto di vista sovra-scientifico, vale a dire filosofico.
#30
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2023, 16:21:02 PMDa quando Essere, Dio, anima e trascendente sono diventati Scienza, diciamo da Kant in poi, la filosofia, se vuole sopravvivere come sapere attivo, non antiquario, deve confrontarsi con questa nuova, totalizzante e sussuntrice, categoria metafisica.

Questioni come il fideismo scientista e l'anatema (anti)complottista non riguardano l'epistemologia, ma la visione del mondo, e quindi vanno affrontate in sede filosofica.

Perché la covidemia ? Perché è la parte ideologica della epidemia influenzale e la ferita maggiore che essa ha inferto alle coscienze è di tipo metafisico, non fisico. Nel quale ultimo aspetto, apparentemente più "scientifico", ha scontato tutti i pregiudizi e orrori dell'ideologia che ha cercato di imporre, violando fondamenti della dignità umana attinenti all'etica ed in particolare alla bioetica, argomenti squisitamente filosofici.

Rimane comunque la sezione spirituale, in cui è possibile, senza interferenze, che sarebbero di cattivo gusto, confrontarsi sui temi trascendenti della metafisica "tradizionale".

Kant non ha mai preteso di sostituire la metafisica con la "Scienza". La sua critica gnoseologica mirava (erroneamente secondo me) a squalificare la metafisica come discorso razionale, limitandolo a una fede che poi restava peraltro necessaria a supportare la morale nei suoi postulati, cosa ben diversa dal negare in generale le sue pretese di verità sostituendole con quelle delle scienze. Sostenere l'impossibilità di fondare le verità della metafisica su base razionale non implica affatto negarle in assoluto come verità. Il tentativo di sostituzione della filosofia con la scienza è successivo, riguarda il Positivismo ottocentesco, che per farlo però finisce (di fatto auto-contraddicendosi) a utilizzare categorie metafisiche come una visione totalizzante della storia, come in Comte, per cui si ritiene l'uomo capace di poter immaginare tutto il corso della storia e prevederne gli esiti sulla base di un'idea di progresso lineare in cui la scienza (sociologia in particolare) avrebbe, eliminando via via gli "errori" della religione e della metafisica, prodotto un'epoca di piena felicità e realizzazione per l'umanità, col calendario degli scienziati che sostituisce quello dei santi. Evidente come una concezione della storia di tal genere presupponga uno sguardo che la osserva dall'esterno, per poterla cogliere nelle sue tendenze complessive, e questo sguardo dall'esterno, cioè metafisico, non è altro che la riproposizione del paradigma provvidenzialista cristiano (seppur secolarizzato), di modo che, nell'assumere un punto di vista religioso e metafisico sulla storia, e contemporaneamente, rigettando la religione e metafisica in favore della scienza, il positivismo cade necessariamente nell'invalidare i suoi stessi presupposti.

Ho sempre considerato la sezione "spiritualità" del forum come lo spazio dove discutere del fenomeno religioso/spirituale nei suoi aspetti più strettamente fideistici e sentimentali, e dunque ben distinti dalla metafisica, che invece approccia i contenuti teologici in chiave di argomentazione razionale, e per questo perfettamente in linea all'interno della sezione filosofica. E nel riconoscere la netta differenza tra una concezione filosofica di Dio come può essere quella di Cartesio o argomentata con prove alla Tommaso d'Aquino e la religione come fede nei miracoli, veggenti, apparizioni ecc. non è nemmeno necessario essere credenti. Proprio stamattina vedevo su Youtube un video di Piergiorgio Odifreddi, ateo convinto e militante, che interpellato sul fenomeno di una statua della Madonna che sembrerebbe piangere, ribadiva la necessità di separare un livello nobile, intellettuale, filosofico della religione (elitario, avendo probabilmente in testa tra gli altri il suo amico Ratzinger) e la religiosità popolare che necessita di fede in fatti come miracoli, riconosceva l'impossibilità di ridurre la religione a fenomeni di superstizione e credulità popolare, di ridurre, parole sue "la spiritualità con lo spiritismo"(anche perché, aggiunta mia, è puro materialismo ritenere che entità extra-mondane come Dio o anime dei morti possano rendersi visibili ai 5 sensi del corpo umano, anziché rispettare la spiritualità per quel che è, dimensione di cui avere un'esperienza puramente interiore e intelligibile, e non corporea, con modalità ben distinte da quelle fisiche a cui invece il veggente la riporta). Se uno che, a modo suo, ha sempre combattuto culturalmente la religione, ne riconosce la complessità tale da non poterla ridurre a un fideismo superstizioso, direi che forse ci si può fidare...