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Messaggi - giopap

#151
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
14 Maggio 2020, 09:17:00 AM

Citazione di: iano il 14 Maggio 2020, 00:35:34 AM[/size]
Prendiamo ad esempio la sequenza dei numeri primi.


È casuale oppure no? Ovviamente dipende da cosa intendiamo per casuale.Correntemente si intende che essa si dimostrerà non casuale se troveremo una formula che genera la sequenza , e finché non troviamo quella formula o non dimostriamo che è impossibile trovarla , la questione rimane sospesa.Ora è evidente che la sequenza dei numeri primi non è nota del tutto, perché seppure sappiamo come fare a scriverla , un numero primo dopo l'altro ( metodo del crivello di Eratostene) , non l'abbiamo però mai scritta per intero e mai lo faremo , ovviamente.Cosa cambia se troviamo la formula che genera i numeri primi?Diremo secondo la definizione corrente che essa è ordinata.Ma a cosa serve questa formula?A generare i numeri primi ,cioè a fare in modo diverso ciò che sapevamo già fare.Ora , secondo il mio punto di vista alternativo , se io sono in grado di generare con certezza ogni termine della sequenza , non importa con che mezzo , allora ciò mi garantisce che quella sequenza è ordinata.Questa a te Giopap può sembrare una inutile tautologia.Uno dei problemi della scienza , che perfetta non è, è appunto quello di mettere in atto delle tautologie ,senza accorgersene.Andare alla ricerca di queste tautologie , laddove si annidano , non sembra dunque cosa oziosa.La sequenza dei numeri primi non è casuale , secondo il mio punto di vista alternativo, perché noi sappiamo come fare a determinarla.Se è determinabile non è casuale.Ma correntemente si dice la questione essere sospesa.


I numeri primi sono concetti matematici, contenuti di pensiero, non aspetti della realtà.


Non é di questi che si sta parlando ma della realtà, della questione se sia realmente dimostrabile o meno che la realtà é ordinata o che é disordinata.


Invece rapporti fra i concetti logico - matematici sono necessariamente ordinati, "regolati" per definizione, perché qualsiasi discorso (circa come la realtà é o meno; oppure a prescindere dalla realtà, come nel caso di quelli logico - matematici), per essere sensato, per essere un' autentico discorso e non una mera sequenza insignificante di caratteri tipografici o di fonemi, deve seguire determinate regole (per esempio il principio di non contraddizione) e non invece constare di concetti caoticamente messi in sequenza senza ordine e regola alcuna.


In matematica pura, che é (realmente, com' é ovvio -tautologico- se realmente qualcuno ci pensa; ma il reale pensare la matematica, diversamente dalla la matematica e come tutto ciò che é reale, non si può dimostrare se sia casuale o meno) un insieme di assiomi, definizioni e teoremi, cioé di giudizi analitici a priori che nulla dicono circa come é o non é la realtà, che é altra cosa che la realtà fisica, ci sono teoremi determinati e dimostrabili nella loro necessità (ma é una necessità logica, un requisito necessario per i pensieri perché siano, autenticamente, sensatamente tali, e non in quanto fatti reali che non sono; può invece essere un fatto reale, ben diversamente, il fatto che li si pensi, ma si tratta di ben altro; se non riuscite a capire vi lascio ai vostri reiterati malintesi perché la mia pazienza ha raggiunto i suoi limiti).



Citazione di: iano il 14 Maggio 2020, 00:35:34 AM
@Giopap.
Gli eventi accadono nel tempo .
Io ho sempre parlato di sequenze attuali .
Io non ho negato il valore discriminante della tua definizione, alla quale nulla aggiunge il fatto di essere corrente , posto che lo sia.
Ma non mi pare che siamo qui per ribadire cose correnti , ma semmai per cercare di sviare un po' il gregge dei pensieri.
Siamo qui per cercare di immaginare punti di vista diversi da quelli correnti , per arricchirli , non per confermarli o smentirli.
Una volta che possiedi un nuovo punto di vista puoi rivedere ogni cosa solita in modo diverso , come fosse nuova.


Bene.
Mi sono proprio stufata i cercare di farti capire e ti lascio volentieri alle tue acrobatiche arrampicate sugli specchi per cercare di sostenere l' inutilissima tautologia (tua personale, e non di alcuna scienza) per la quale "tutto é necessariamente ordinato e non esiste caso", intendendosi per "ordine ovvero inesistenza del caso" il "divenire reale in qualsiasi modo, regolato o meno, si svolga".


Resto disponibile per eventuali altre discussioni e non per ulteriori confutazioni sempre delle stesse errate affermazioni.

#152
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
14 Maggio 2020, 08:45:53 AM
Citazione di: viator il 13 Maggio 2020, 22:43:44 PM
Salve giopap :citandoti : "Inoltre ho dimostrato che non é dimostrabile né che in realtà esiste ordine (nell' unico senso che consente di distinguere ordine da caso; che altrimenti si fanno ciance inutili) né che esiste caso".
Interessante conclusione della quale mi permetto di far parafrasi utilizzando liberamente sia la logica che la semantica :
"Inoltre ho affermato nei fatti (=dimostrare) che non è dimostrabile nel fatti (=che è impossibile affermare nei fatti) e neppure che in realtà esiste (=neppure che nei fatti reali, cioè realtà) esiste ordine (nell'unico senso che consente di distinguere ordine da caso (ma che c'entra l'ordine (assenza di caos e di disordine) con il caso (assenza di intenzione o di necessità) ??); che altrimenti si fanno ciance inutili) nè che esiste caso(=nè che esiste l'assenza di intenzione o di necessità)".
Secondo me il caso sarà presente od assente, ma il casino c'è eccome!. Gli argomenti come questo sono quelli che io chiamo "spasmi filosofici". Saluti



No, guarda Viator che il casino, e grosso, c' é solo nella tua mente, nella tua incapacità di comprendere e nella tua pretesa, strampalata "parafrasi".

Io (nei fatti; precisazione pleonastica) ho solo affermato e inoltre (é un' altra cosa) dimostrato che é impossibile dimostrare: sia che l' ordine (=determinismo, per lo meno debole, probabilistico - statistico) é nei fatti (nel divenire reale del mondo materiale), sia che non vi é (=nei fatti vi é il caos o disordine o indeterminismo forte).

E non affatto che nella realtà non esiste ordine, che é la ben diversa cosa (che non é altro che una tua farneticazione delirante):

"inesistenza" =/= "impossibilità di dimostrare l' esistenza"

ed

"esistenza" =/= "dimostrabilità dell' esistenza".

Il caso é assenza di cause (di concatenazioni causa-effetto stabilite da leggi che regolano, che per parlare antropomorficamente "conferiscono un ordine" al divenire), ovvero assenza di regole, di ordine del divenire.

La necessità e non casualità del susseguirsi degli eventi é quanto l' ordine impone ai predicati circa il susseguirsi degli eventi (se si vuole che siano predicati veri e non falsi): in caso di ordine é falso dire che possono darsi più casi reciprocamente alternativi (più determinati casi singoli o più determinati insiemi di casi a seconda di determinismo forte o debole), vero dire che deve darsi un' unica sequenza di casi.

La presenza o meno di intenzione c' entra come i cavoli a merenda.

I tuoi, strapienissimi di gran casino, sono quelli che chiamo "spasmi da terribile incapacità di ragionare correttamente".
#153
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
13 Maggio 2020, 21:23:02 PM
iano:
@ Giopap
Non solo non ho capito la tua critica , ma neanche le ragioni della tua critica.
Tu hai dato una chiara definizione di ordine e io ne ho dato una alternativa altrettanto chiara.
Nessuna delle due è giusta o sbagliata .
Entrambe sono legittime . (Significa che abbiamo in testa due concetti diversi di ordine.)

Ne abbiamo tratto anche le logiche conseguenze che mi sembrano corrette.
Nel mio caso che non esistono sequenze casuali.
Nel tuo caso che esistono.
La conclusione è stata che non siamo in disaccordo , ma che stiamo parlando di cose diverse , anche se gli diamo lo stesso nome.


Giopap:
Quella corrente che seguo anch' io consente di distinguere sequenze di eventi regolari da sequenze disordinate, la tua personale no: son tutte per definizione indiscriminatamente ordinate.

La tua non serve a nulla.

L' altra serve a qualcosa (fare distinzioni, discriminare nella realtà).

Inoltre ho dimostrato che non é dimostrabile né che in realtà esiste ordine (nell' unico senso che consente di distinguere ordine da caso; che altrimenti si fanno ciance inutili) né che esiste caso.
#154
Davintro:
ciò che della scienza di cui si è chiamati a stabilire i limiti e le condizioni di validità l'epistemologo è tenuto a conoscere è il metodo e i termini generali dell'oggetto a cui la scienza in questione fa riferimento, mentre non si è affatto tenuti a tener conto dei risultati. Un epistemologo/gnoseologo che tenesse conto dei risultati della scienza che sottopone a vaglio critico finirebbe con l'autoimpedirsi di valutare la validità dei criteri di verità a cui la scienza fa capo con i conseguenti limiti. Per mettere in discussione qualcosa è necessario partire da criteri distinti da quelli che ciò di  cui si deve discutere applica, altrimenti l'oggetto della critica finirebbe con l'essere assolutizzato, dato che i criteri della critica coinciderebbero con quelli della scienza di cui la critica è chiamata a discutere (appunto, i suoi risultati), cosicché tale scienza finirebbe con l'essere dogmatizzata, con l'impossibilità di riconoscerne i limiti costitutivi. Ecco perché vincolare l'epistemologia ai risultati delle scienze che sottopone a vaglio critico esprime il modello scientista che dogmatizza l'ambito delle scienze naturali, impedendo alla filosofia di poter lavorare su presupposti distinti da essi, sulla base dei quali riconoscere il limite della scienza. Il compito dell'epistemologo non è discutere i risultati di una scienza entro i limiti in cui quel risultato sia legittimo in relazione al campo di attinenza della scienza in questione, ma quello di delimitare il campo entro cui un certo metodo è legittimato e un altro no. L'epistemologo è come un arbitro neutrale che deve far rispettare le regole del gioco, e che può farlo senza alcuna necessità di conoscere le qualità dei singoli giocatori, i risultati e tifare per una squadra contro un'altra. Il suo compito finisce nel momento in cui ha individuato la correlazione tra una certa metodologia scientifica e la natura dell'oggetto a cui la metodologia è adeguata, fissando i limiti entro cui la scienza applicante quella metodologia è legittimata, in termini generali, a formulare le teorie, senza bisogno di entrare nel merito sull'effettiva verità della teoria, gli basta avere gli strumenti per riconoscerne la potenziale legittimità, legittimità sulla base del metodo inteso nei suoi aspetti essenziali, cioè astraendo dal particolare livello di abilità dell'applicazione dei singoli scienziati. Per individuare la correlazione è sufficiente conoscere in termini formali e generali il metodo delle scienze e la natura del campo oggettivo corrispondente, oltre ad un'ontologia generale dell'Essere, cioè una visione generale entro cui i singoli campi scientifici (regioni dell'essere, direbbe Husserl) mostrano i loro confini e dunque i loro limiti.

giopap:
Fin qui sono perfettamente d' accordo.
Ma la filosofia non é solo epistemologia (e più in generale gnoseologgia).
E' anche ontologia, considerazione della realtà in generale, complessivamente intesa, nelle sue componenti scientificamente conoscibili e in quelle non scientificamente conoscibili.
E in quanto tale non può permettersi di ignorare la conoscenza scientifica della componente della realtà che ad essa é accessibile, quella fenomenica materiale, in quanto se la negasse ne verrebbe automaticamente falsificata (la critica epistemologica della conoscenza scientifica valuta ed evidenzia i limiti, anche di certezza, della conoscenza scientifica, ma in campo naturale materiale -fenomenico- non può trovare conoscenze più saldamente fondate di quelle scientifiche, che dunque in tale limitato ambito deve considerare come il cosiddetto "gold standard" e rispettare per non cadere nell' errore e nel falso).
Per esempio se un ontologia implicasse (in ambito fenomenico materiale) il sistema cosmologico geocentrico, automaticamente per ciò stesso sarebbe falsificata, se una filosofia della mente (parte dell' ontologia) implicasse effetti di una sostanza immateriale sulla sostanza materiale del cervello (attraverso la ghiandola pineale o suoi surrogati) sarebbe ipso facto falsificata.




Davintro:
Tutta questa tipologia di conoscenza rientra nell'ambito della visione d'essenza, cioè la visione che coglie le cose negli aspetti universalistici, sovratemporali e spaziali, per questo l'epistemologia è a tutti gli effetti una ramificazione della metafisica (cioè, della filosofia), è indipendente dalle scienze naturali, e proprio questa indipendenza le consente di non assolutizzarle, mettere in discussione i loro presupposti, e delimitarne il campo di legittimità

giopap:
Malgrado concordi che tutto, per definizione, rientra in quella che piuttosto che "metafisica" chiamerei "ontologia" (la realtà in toto complessivamente intesa, compresa la materia fisica fenomenica, oltre che il pensiero -res cogitans, psiche- fenomenico, ciò che é metafisico e ciò che é metapsichico), quindi anche la conoscenza della realtà e la sua critica razionale, credo non solo che la epistemologia debba criticare e "fondare" se possibile e nei limiti del possibile le scienze naturali e non viceversa, ma anche che l' ontlogia non possa -pena il cadere nel falso- contraddire nulla di ciò che la realtà é, in tutte le sue varie componenti, compresa quella fenomenica materiale sulla quale le scienze naturali fanno testo (pur con tutti i limiti che l' epistemologia rileva).




Davintro:
per quanto riguarda la definizione di"buona filosofia"... che si parli del platonismo come "pessima filosofia", mi rincuora un pò, perché ispirandomi in gran parte a quel modello (ovviamente, con una distanza di anni luce rispetto alla grandezza di Platone e di chi in misura maggiore o minore lo ha poi nella storia recuperato), sarei in ottima compagnia all'interno del recinto della "pessima filosofia", che però sarebbe invece del tutto rispettabile, sulla base di un diverso punto di vista.

giopap:
Immagino che a tua volta ritenga "pessimi" altri filosofi secondo me di grandezza non inferiore a Platone, come Democrtio, Epicuro, Hume, Russell e tanti altri.
E non vedo perché mai dovremmo farci attanagliare da un ipocrita irenico rispetto filosoficamente corretto nell' esprimere le nostre profonde convinzioni, del tutto"legittime" per severe che siano e per grandi e "popolari" che ne siano gli oggetti.
#155
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2020, 11:01:24 AM
Citazione di: giopap il 13 Maggio 2020, 09:46:10 AM
La scienza non può pretendere di risolvere problemi ontologici generali (non solo quelli etici!), come quello dei rapporti materia-coscienza, dal momento che implicano fra l' altro la realtà mentale, di pensiero che non fa parte del mondo (fenomenico) materiale naturale che delle scienze naturali é il terreno di indagine e conoscenza (conoscenza da criticare razionalmente da parte della filosofia: gnoseologia, in particolare epistemologia).

E chi altro può risolverli ? Sulla base di quali postulati e paradigmi ? Cos'è una "realtà mentale" e qual'è la sua eziologia ?


Sono questioni di ontologia generale, filosofiche; non scientifiche.

Faccio appello a una grande pazienza da parte tua, e ovviamente anche di auspicabili altri interessati, nel seguirmi perché devo fare ragionamenti lunghi e non semplicissimi; sperando da parte mia di non abusare troppo delle parentesi.
Sempre che vi interessi ragionare criticamente sulla realtà in cui viviamo in generale e su noi stessi, dal momento che solo chi abbia interessi filosofici potrebbe trovarli interessanti. Magari per criticarli; cosa che però ovviamente richiede un preliminare sforzo di comprensione: chissà se qualcuno ritiene che ne valga la pena? Pur essendo questo un forum dichiaratamente "di filosofia", ho qualche dubbio in proposito.
Ma tentar non nuoce...


Le scienza naturali ricercano la conoscenza nell' ambito della realtà fenomenica materiale, presupponendo (ne siano consapevoli o meno i suoi cultori e fruitori; lo rileva una critica razionale filosofica, gnoseologica delle scienze naturali stesse) alcune conditiones sine qua non della verità delle su affermazioni in proposito.
Che dunque non possono essere dimostrate dalla scienza stessa (sarebbe una petizione di principio), ma analizzate e criticate razionalmente dalla filosofia.

In particolare:

1 l' esistenza, oltre alla propria immediatamente esperita, anche di altre esperienze fenomeniche coscienti.

2 L' intersoggettività della componente materiale delle varie esperienze fenomeniche coscienti, cioé la verificabilità degli eventi costituenti questa componente, ed in particolare dei rapporti quantitativi numericamente esprimibili (ovvero delle misure) nel suo ambito, da parte di chiunque, di qualsiasi soggetto di esse "che si collochi nelle opportune condizioni di osservazione" (componente materiale delle esperienze fenomeniche coscienti che non é l' unica, essendoci anche una componente mentale non intersoggetiva e non misurabile, come ci dice, sempre in ambito filosofico, di ontologia, un' analisi critica razionale dell' esperienza cosciente propria, l' unica immediatamente constatabile empiricamente: oltre a vedere e altrimenti sentire il nostro corpo e gli oggetti che ci circondano, con la medesima, identica certezza di constatazioni immediate malgrado la loro non-intersoggettività, sentiamo desideri, soddisfazioni, insoddisfazioni, ricordi, immaginazioni, pensieri, ragionamenti, ecc.).

3 Il divenire ordinato, secondo modalità o leggi universali e costanti generali astratte (astraibili da parte del pensiero dagli eventi particolari concreti), della medesima componete materiale delle esperienze fenomeniche coscienti (che per questi due ultimi motivi, rispondendo a queste due ultime conditiones sine qua non, sono scientificamente conoscibili, contrariamente a quelle mentali o di pensiero).

La critica razionale filosofica ci dice anche che queste conditiones sine qua non della conoscenza scientifica dei fenomeni materiali (naturali) non sono né dimostrabili logicamente né provabili empiricamente; si possono credere vere, e lo si deve fare se si vuole credere alla verità delle conoscenze scientifiche (delle scienze naturali) e non cadere (negandole) in una contraddizione logica, solo arbitrariamente, letteralmente "per fede".

La realtà mentale, esattamente come quella materiale (entrambe fenomeniche! Costituite solo e unicamente di sensazioni reali esclusivamente in quanto -se e quando- accadono come tali: "contenuti o eventi di coscienza") é immediatamente data, puramente e semplicemente (si constata empiricamente che) accade.

Sulla loro "eziologia" é innanzitutto doveroso precisare che il termine può essere qui usato solo in un senso (leggermente?) diverso da quello delle scienze naturali, in quanto non riferito alle modalità di un divenire ordinato e intersoggettivamente verificabile di eventi misurabili; divenire postulato essere ordinato secondo leggi generali astratte (ed esprimibili mediante equazioni matematiche), cosa possibile solo nell' ambito dei fenomeni materiali e non estensibile, per lo meno nel suo preciso significato letterale, a quelli mentali, né alle eventuali "eziologie" (ai fattori eziologici) di ciascuno di essi (le cause essendo diverse cose che gli effetti).
Qui siamo sempre sul terreno filosofico dell' ontologia (generale; e non su quello scientifico o naturale o fisico della realtà fenomenica materiale); e non si possono compiere verifiche sperimentali (valide, nel solo mondo naturale o fisico ed esclusivamente alla condizione indimostrabile della verità delle suddette condizioni indimostrabili).

Io proporrei alcune ipotesi esplicative non dimostrabili; ma nemmeno rasabili con Ockam (anche ammesso, cosa che propendo peraltro a fare, che il suo celebre rasoio sia applicable anche all' ontologia generale e non solo alle scienze naturali), per il fatto che sono necessarie a spiegare le relazioni fra fenomeni inclusi in determinate esperienze coscienti ed esperienze coscienti "attribuibili" o "correlabili" a determinati cervelli nel loro ambito: "entia non multplicanda sunt preter necessitatem".

In particolare, in necessario accordo con le conoscenze scientifiche (neurofisiologiche; come da me energicamente affermato contro Davintro), credo che si ossa ipotizzare (in ambito filosofico, ontologico; in particolare metafisico e anche metapsichico) l' esistenza di un' ulteriore realtà in sé o noumeno, correlatamente al divenire di determinate "entità" nell' ambito della quale (soggetti di esperienza cosciente) accadano determinate esperienze coscienti; per l' appunto "loro proprie" (proprie di tali entità in sé soggetti di esperienza).
E che nel caso in cui una di queste peculiari entità reali in sé (che sono) soggetti di coscienza si trova in determinate circostanze, allora nell' ambito della sua propria esperienza cosciente accadono determinati fenomeni; e precisamente: determinati fenomeni materiali dipendentemente dalle relazioni "estrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con altre da loro diverse entità o eventualità reali in sé, che sono in questi casi gli oggetti di tale esperienza cosciente (di qui la loro intersoggettività; non dimostrabile ma postulabile); e determinati fenomeni mentali dipendentemente dalle relazioni "intrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con se stessi, in qualità riflessivamente anche di oggetti, oltre che di soggetti della loro esperienza fenomenica cosciente in questi ultimi determinati casi (di qui la mera soggettività e non postulabile intersoggettività di quest' ultimo tipo, mentale, di fenomeni).

Così quando qualcuno esperisse (di fatto quasi sempre indirettamente) determinati eventi neurofisiologici in un determinato cervello sarebbe perché questo qualcuno, e cioé il soggetto (reale in sé) di queste sensazioni empiriche (della constatazione empirica di questo cervello), si trova in determinate relazioni "estrinseche" con un analogo ma diverso, con un altro, soggetto reale in sé di coscienza; il quale ultimo si trova a sua volta in determinate relazioni "estrinseche" con altre cose in sé e/o "intrinseche" con se stesso, alle quali corrispondono gli eventi fenomenici della sua propria esperienza cosciente (non di quell' altra che é propria dell' osservatore del suo cervello); ed é ben per questa corrispondenza biunivoca di entrambi i gruppi di fenomeni considerati con i medesimi enti ed eventi in sé (accadenti, nell' ambito del noumeno o realtà in sé, al secondo dei soggetti in sé di esperienza fenomenica cosciente considerati, l' osservato e non l' osservatore del cervello in questione) che -transitivamente- gli eventi neurofisiologici del cervello considerato (eventi coscienti di osservatori) corrispondono biunivocamente agli eventi di coscienza del suo per così dire "titolare" (osservato).
Gli stessi, medesimi, unici eventi in sé si "manifestano fenomenicamente" estrinsecamente come determinati eventi neurofisiologici cerebrali nelle esperienze coscienti di osservatori (soggetti reali in sé) da essi diversi; e inoltre come ulteriore, diversa esperienza cosciente (materiale estrinseca e/o mentale intrinseca) a tali eventi neurofisiologici cerebrali biunivocamente corrispondente.
In perfetta armonia con quanto ci dicono le neuroscienze: se qualcuno osservasse il mio cervello mentre ho determinate esperienze coscienti e non altre vi rileverebbe necessariamente determinati eventi neurofisiologici e non altri; che sono due ben diversi insiemi - successioni di "cose fenomeniche", anche se corrispondenti alle (o "manifestazioni delle") medesime "cose in sé".


Mi scuso, ma più succinta e chiara nell' esposizione non sono riuscita ad essere.
E ringrazio di cuore tutti coloro (-?- A volte il mio sfrenato ottimismo della volontà mi stupisce!) che, come me non ritenendo pregiudizialmente che la filosofia consti necessariamente di banali chiacchiere astruse buone solo a passare onanisticamente il tempo in mancanza di meglio, avessero compiuto l' encomiabile (almeno da parte mia) sforzo di seguirmi fin qui.
#156
Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2020, 14:03:37 PM
Una filosofia che pretenda di competere con la scienza sul piano ontologico naturale è destinata alla disfatta. Anche sui principi astratti generali, le scienze umane - logica, semantica, psicologia -, hanno più argomenti nella loro faretra. La filosofia può fare epistemologia, pressando la scienza sulla congruità e fallacia dei suoi assunti. Ma bisogna saperne molto di scienza per fare buona epistemologia. E può infine spaziare nel vasto mondo dell'etica e delle scienze morali e giuridiche che rientrano nello spazio semantico etico. E' l'unico dominio in cui la scienza ha poco da dire, ma quel poco assai importante, perchè costituisce il fondamento epistemico imprescindibile su cui il discorso etico misura se stesso: fattualmente e controfattualmente. Nel quale ultimo caso la filosofia morale gioca la sua partita più importante.


Nessuna buona filosofia razionalistica si potrebbe proporre di far concorrenza con le scienze naturali sul terreno proprio di queste, ma invece di sottoporre a "spietata" critica razionale (anche) le scienze naturali (cioé di fare epistemologia; che però non ne é certo l' unico argomento di indagine. Infatti i buoni filosofi, per lo meno quelli che si occupano di gnoseologia, sanno molto e bene di scienze naturali; purtroppo per loro oggi é difficile poter dire il reciproco della stragrande maggioranza degli scienziati).
La scienza non può vincere battaglie che non accadano realmente.
Potrebbe eventualmente solo ridicolmente vantarsi di vincere battaglie immaginarie (contro buone filosofie razionalistiche che non si sono mai sognate di combatterle); o battaglie autenticamente reali, ma solo ma contro nemici debolissimi e superatissimi quali filosofie irrazionalistiche e idealistiche: vittorie contro autentiche "schiappe".


Lo stesso dicasi delle scienze umane (quelle diverse dalla filosofia).


La scienza non può pretendere di risolvere problemi ontologici generali (non solo quelli etici!), come quello dei rapporti materia-coscienza, dal momento che implicano fra l' altro la realtà mentale, di pensiero che non fa parte del mondo (fenomenico) materiale naturale che delle scienze naturali é il terreno di indagine e conoscenza (conoscenza da criticare razionalmente da parte della filosofia: gnoseologia, in particolare epistemologia).
#157
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
13 Maggio 2020, 09:22:38 AM
Caro Iano,

Veramente io non ho trovato da parte tua nessuna dimostrazione che l' ordine o determinismo é necessario e disordine o casualità impossibili nella realtà.
Ho solo trovato la arbitraria, pregiudiziale pretesa che tutto ciò che é reale é necessariamente ordinato per definizione (dunque nell' ambito del linguaggio che eventualmente può descrivere la realtà o meno).
E questa definizione é corretta se per "ordinato" si intende un mero perfetto sinonimo di "reale" come che sia, fosse pure disordinato come la sequenza di eventi "1" ed eventi "0" da me proposta ad esempio; il che significa dire con altre parole (un linguaggio tuo personale, diverso dalla lingua italiana corrente) che realmente può benissimo darsi (anche) quello che in italiano corrente si traduce come "disordine".

Credo che ad aspirare ad un linguaggio matematico rigorosamente logico e inequivocabile fosse Leibniz.

Le definizioni (arbitrariamente stabilite) non hanno conseguenze sulla realtà (per lo meno dirette, immediate; tralasciando il fatto di potere più o meno agevolare o ingarbugliare i ragionamenti e conseguentemente i comportamenti di chi li svolge), ma solo sui modi "tecnici" di parlarne, di descriverla.
Per esempio la tua personalissima, che non distingue fra reale ordinato e reale disordinato ma li include nell' unico concetto di "reale ovvero ordinato" anche in assenza di regole di descrizione (che consentano una descrizione succinta, operata con meno informazioni), impone poi ulteriori definizioni per distinguere fra loro cose come la sequenze di eventi 0 1 0 1 0 1 0 1 0 1 0 1 e la sequenza 1 1 1 0 1 1 0 0 1 0 0 0 1 0 1 0 1 1 0 1 1 0 0 1 0 0 0 1 0 1 1 0 1 0 0.

Non vedo proprio cosa ci sarebbe di male nel fatto che la sequenza 0 1 ricada nel concetto di casuale: del tutto ovviamente un eventuale ordine si può trovare o meno tanto più quanto più numerosi sono gli eventi; al limite un solo evento (per esempio la totalità dell' universo reale complessivamente considerata) non può che essere casuale in quanto non inquadrabile in alcuna -inesistente!- sequenza regolata da una legge del divenire (come si può invece fare -o meno a seconda dei casi- per le sue "parti" o gli eventi "non universali-totali" e dunque non unici "al suo interno").

Io cerco di non "andare ad intuito" ma "a ragionamento".

La tua é una tautologia anche nel caso di sequenze di eventi infinite, a meno che, con un' ulteriore tuo personalissimo arbitrario criterio definitorio, la limitassi a sequenze di eventi finite; ma allora dire che quelle infinite non sarebbero necessariamente ordinate sarebbe un' altra inutilissima, oziosa tautologia.

Qualsiasi possibile definizione in generale, data la sua arbitrarietà, si equivale a qualsiasi altra nel fatto di non avere alcuna conseguenza sulla realtà, di cui si limita a parlare, che si limita a descrivere, senza affatto interferirvi attivamente in alcun modo causalmente, senza minimamente alterarla; può avere conseguenze solamente sul modo di parlare (correttamente; sulle regole del discorso) della realtà (salvo del tutto ovviamente il banalissimo fatto che se realmente si parla della realtà, allora il parlarne in un modo o in un altro significa che la realtà sia-divenga in una modo o in un altro, che é un altra banalissima tautologia).
#158
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
12 Maggio 2020, 19:38:22 PM
Citazione di: viator il 12 Maggio 2020, 18:56:36 PM
Infatti una delle teste conteneva il concetto di "caso", notoriamente inesistente al di fuori delle teste umane (come bene ha detto IANO), nonostante esso concetto cerchi continuamente di usurpare il mio trono. Perciò la prima testa la sentivo floscia.

Siamo sempre pazientemente in attesa della dimostrazione che il caso sarebbe inesistente al di fuori delle teste umane (penso intenda dire del pensiero umano: nelle teste -vive- ci sono soltanto cervelli, non pensieri!).

Quindi quando ci avrai dimostrato che sei proprio una certa "verità", ti faremo entrare a fare la semplice spettatrice e di quello che in tal caso (per assurdo, ammesso e non concesso, esisterebbe solo nelle nostre teste.
Intanto ricambiamo il rispettoso saluto.
#159
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
12 Maggio 2020, 19:30:09 PM
Citazione di: iano il 12 Maggio 2020, 16:38:02 PM
Ciao Federico.
Stai dicendo  il numero di leggi che presiedono ad un evento , note e ignote ,a volte di fatto si annullano fra loro ,di modo che si possa considerare l'evento come casuale.
Questo però non dimostra che il caso esiste , ma che può essere conveniente comportarsi come esistesse , e questo è il motivo che giustifica il parlarne.
Quelle tante cause ,note e ignote ,che a volte sembrano elidersi a vicenda ,agiscono sempre , anche sulla mela che cade.
Quindi è una semplificazione ragionevole affermare che la mela cada perché soggetta a gravità , come è una semplificazione ragionevole usare il caso come causa.
Il caso in termini rigorosi non esiste e le leggi della fisica , anche le più consuete ,sono vere fino a prova contraria.


Scusa Iano, ma essendo tu che sostieni che, dato il divenire (una successioni di eventi), un ordine sempre necessariamente vi deve essere, allora l' onere della prova dell' ordine presunto necessario spetta a te (peraltro ti ho mostrato empiricamente -esemplificato in astratto- la possibilità dell' esistenza di sequenze finite di eventi disordinate).


La verità delle leggi fisiche non é dimostrabile (a scanso di spiacevoli equivoci: io ci credo, ma arbitrariamente, letteralmente "per fede") perché presupporrebbe necessariamente, come una conditio sine qua non, la verità dell' induzione, che non é in alcun modo dimostrabile: per quante siano le volte nelle quali finora ad un determinato evento "A" é seguito sempre puntualmente un determinato evento "B" non é contraddittorio ipotizzare (= può darsi) che la prossima volta vi seguirà invece un diverso evento "C".
#160
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
12 Maggio 2020, 19:19:52 PM
Citazione di: iano il 12 Maggio 2020, 14:38:37 PM
Eccola.
In una sequenza di zero e di uno, come quella che tu hai postato come esempio, finita attuale, possono trovarsi diversi ordinii , e siamo certi di trovare almeno un ordine , se conveniamo ( non è obbligatorio aderire ) che la sequenza stessa coincida con uno di questi ordini , cioè ne sia la sua stessa descrizione.
Detto in altri termini , nel caso più sfortunato , per esporre quell'ordine devi usare una quantità di informazione che coincide con la quantità di informazione contenuta nella sequenza.
Tu mi hai chiesto di trovare un ordine nella tua sequenza.
Io l'ho trovato.
Ti convince? Non ti convince?


Scusa, ma questi presunti "diversi tipi di ordine" che si troverebbero nella sequenza (disordinata!) di due reciprocamente alternativi eventi da me esemplificata non devi limitarti ad enunciare pregiudizialmente che ci sono, ma invece mostrarceli.


Se per esporre quell' ordine devi usare una quantità di informazione che coincide con la quantità di informazione contenuta nella sequenza, allora per definizione si tratta di una sequenza disordinata, non presentante alcun ordine (che consenta con una formula succinta di descriverla in toto senza pedissequamente riferire ciascun singolo evento, ma consentendo, se lo si vuole, di calcolarlo, di dedurlo e non di necessariamente constatarlo empiricamente).

Tu hai semplicemente definito come ordinata una qualsiasi sequenza di eventi "a prescindere" (anche quelle senza alcuna regola del succedersi stesso degli eventi), e poi hai tautologicamente affermato che é ordinata.


Ovvio che la tua tautologia non mi convinca.


Per convincermi, conformemente alla definizione di "divenire ordinato" dovresti ricavarne una regola stratta di successione con la quale calcolare qualsiasi successivo o precedente evento a partire da un qualsiasi evento da esso diverso e assunto come "iniziale".


Per esempio la sequenza finita 0 1 0 1 0 1 0 1 0 1  é ordinata in quanto esprimibile con la regola succinta "0 - 1 x n" ("n" essendo il numero d' ordine nella serie di uno qualsiasi di tali 10 eventi ("gli eventi alternativi si succedono in modo che il successivo sia sempre diverso dal precedente").
#161
Citazione di: davintro il 12 Maggio 2020, 10:52:47 AM
Giopap scrive:


"Una buona filosofia (come, senza falsa modestia é la mia) non ignora la scienza, ma non può certamente limitarsi a pretendere erroneamente di cercare soluzioni scientifiche a problemi ontologici generali o metafisici, né esimersi da sottoporre a serrata critica razionale (anche) le conoscenze scientifiche."





Al di là del fatto che la filosofia è di per sé una scienza, solo che a differenza delle scienze naturali, non si occupa della realtà fisica, contingente, ma dei princìpi primi, delle verità universali, a cui il sapere empirico non può accedere, e che dunque penso avrebbe senso raffrontarla con le scienze naturali, ma non con la "scienza" in generale, dato che, intendendo per scienza qualunque discorso suffragato da argomenti razionali, la filosofia rientrerebbe al massimo livello, troverei più sensato dire che, eventualmente, non si condivide un certo modo di fare filosofia che ritenga di fare a meno della scienza, ma non di porre tale modo come "non buono" (stando alla lingua italiana, sotto il livello "buono" ci sarebbero i mediocri e gli incompetenti...) Sarebbe del tutto legittimo non condividere l'idea spiritualista, di matrice prima di tutto platonica, della filosofia come sapere che ricerca il puro intelligibile astraendo dal condizionamento dell'esperienza sensibile, e dunque ponendola come indipendente dalle scienze, sulla base della distinzione dei piani di indagine, ma non credo lo sia etichettare tutti i filosofi che si ispirano a questo modello, i vari Agostino, Cartesio, Rosmini, Gentile, come pensatori mediocri e incompetenti. Oppure pensiamo a esistenzialisti cristiani alla Kierkegaard, tutti protesi all'indagine sull'interiorità personale, dove il richiamo alle scienze naturali sembra assente o quasi. Ripeto, si può non condividerli argomentando nel merito i punti di dissenso, ma non negandone la grandezza o la significanza degli stimoli apportati alla riflessione. Vincolando la "buona filosofia" alla dipendenza con i risultati delle scienze naturali, in pratica la si limiterebbe all'empirismo e alla varie forme di materialismo positivista, il che mi sembrerebbe molto sminuente. Sono decisamente critico verso molte tendenze filosofiche, ma personalmente preferisco sempre limitarmi a parlare di dissenso teorico, ma non a considerarle come espressioni di "cattiva filosofia", perché i dissensi non precludono la possibilità di scorgervi un certo grado di acutezza e anche, limitatamente, possibili punti di accordo


Quello di chiamare "scienza" anche la filosofia" (ma precisando in che cosa si differenzia dalle scienze naturali) o di affermare che non é una scienza (nel senso di quelle naturali; e per quali ragioni) é un' arbitraria scelta semantica.
Ciò che conta é stabilire che cosa ha in comune e che cosa la differenzia dalle scienze naturali.

Ma una buona filosofia che contraddica quanto la scienza conosce (per esempio che affermasse la terra essere al centro dell' universo) per me non può essere una buona filosofia (ovviamente altri possono avere in proposito opinioni diverse dalla mia, che non per questo altrettanto ovviamente non é del tutto "legittima").

E nemmeno può ignorarla quando tratta questioni come quelle dei rapporti materia-coscienza (ovvero la "filosofia della mente"), dal momento che deve stabilire relazioni fra la coscienza (in generale; e in particolare la mente) e la materia (il "mondo fisico"), sulla quale la scienza ha l' ultima parola (é per esempio del tutto evidente -secondo me di un' evidenza lapalissiana- che non possono essere considerate "buona filosofia" delle filosofie della mente che ignorino i correlati -ben altra cosa che una pretesa, inesistente identità!- fra dati di coscienza ed eventi neurofisiologici cerebrali; conoscere i quali ovviamente non basta a risolvere il problema eminentemente filosofico, ontologico e non scientifico).
Il che non vuol dire che tutti quei filosofi che citi (in particolare secondo me per niente affatto Cartesio) siano pessimi filosofi (ma almeno in qualche misura buona parte di loro per me sì che lo sono).
Per parte mia vincolo necessariamente alla scienza una filosofia che possa dirsi "buona" allorché, come nel caso tratti della filosofia della mente, necessita di conoscere anche (non solo!) aspetti e caratteristiche del mondo fisico materiale. Il che non significa affatto limitare la buona filosofia all' empirismo, al materialismo (e infatti io sono fieramente dualista!) e men che meno al positivismo o scientismo, contro i quali non smetto mai di polemizzare aspramente ritenendoli pessime filosofie irrazionalistiche.
Ritengo peraltro buona cosa, che non può che giovare, in generale il conoscere le scienze naturali per la filosofia, esattamente come il conoscere la filosofia per le scienze naturali.

Non mi piace il buonismo filosoficamente (oltre che quello politicamente) corretto e non esito a prendermi la licenza di dichiarare apertis verbis che considero pessimi filosofi come Platone o Nietzche.
#162
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
12 Maggio 2020, 12:55:23 PM
Citazione di: iano il 12 Maggio 2020, 11:06:34 AM


Dare una definizione , seppur soggettiva , di cosa si intenda per ordine in una successione come quella proposta ad esempio da Giopap non è una grande impresa.
Una definizione di caso è cosa più impegnativa.


Se é così facile cosa aspetti ad esporla?
#163
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
12 Maggio 2020, 12:53:04 PM
bobmax:
@ giopap
Il caso non può essere dimostrato!

giopap:

Perché io cos' altro avrei mai affermato (e anche dimostrato)?




bobmax:
Per la semplice ragione che ogni possibile dimostrazione si fonda sulla necessità.

Il caso è la negazione della necessità. Punto.

Non è altro che questo.

Chi afferma che un certo evento è davvero casuale non sa cosa sta dicendo.

giopap:
Assoluto non sequitur.
Dal momento che il caso (come caratteristica del mutamento reale) non può essere dimostrato (ma nemmeno può essere dimostrata la negazione del caso, ovvero il determinismo!) non consegue affatto che sia insensato parlare di caso (per esempio ipotizzandolo come possibile accanto e altrettanto della necessità ovvero determinismo ovvero ordine); e nemmeno di determinismo.
Mica si può sensatamente parlare solo di ciò che si é dimostrato (o che può essere dimostrato) essere vero o di ciò che si é dimostrato (o può essere dimostrato) essere falso: anche parlare ipoteticamente e sospendere il giudizio può ben essere sensatissimo!




bobmax:
Se poi ritiene di averlo dimostrato, non sa neppure in cosa consista una dimostrazione.

giopap:
Se poi si ritiene che io abbia dimostrato la necessità o anche il caso, dal momento che invece ho dimostrato l' impossibilità di dimostrare tanto l' una quanto l' altro, allora non si sa neanche di cosa si stia parlando.






bobmax:
Sono intervenuto sull'argomento nel vedere Iano alle prese con chi non ha evidentemente alcuna idea di cosa lui stia dicendo.

E poiché è altrettanto evidente che non vi sia alcuna volontà di cercare di capirlo, mi fermo qui.

giopap:
Qui a non avere evidentemente alcuna idea di ciò di cui si sta parlando sei proprio tu, caro bobmax.
#164
Ipazia:
Volendo uscire dal chiacchericcio para-metafisico

giopap:
"Chiacchiericcio" é casomai la ripetizione acritica di verità scientifiche e soprattutto la pretesa di dare soluzioni scientifiche a problemi ontologici generali e/o metafisici, non certo il trattamento razionale di tali problemi.




Ipazia:
la rete offre abbondante materiale via youtube che tratta di mente, coscienza, cognitività,...
Ieri mi sono imbattuta in questo video del CIMeC di Rovereto (UniTrento Centro Interdipartimentale Mente Cervello):

https://www.youtube.com/watch?v=SaeessXvyKs che riporta come presentazione:


Titolo: Spazio per pensare. La geometria nascosta della mente, dai primi passi alla coscienza
Relatore: Roberto Bottini
Abstract: È possibile che il primo sistema nervoso si sia sviluppato per permettere il movimento nello spazio. Il tulipano di mare, un animale che possiede un rudimentale sistema nervoso, lo usa in giovane età per trovare una roccia o un ramo di corallo a cui attaccarsi per tutta la vita. Una volta trovato casa, non avendo più bisogno del suo cervello, se lo mangia. Dal tulipano di mare ai mammiferi, l'evoluzione ha fatto passi da gigante nel produrre un sistema nervoso che sia in grado di organizzare e navigare il mondo in modo sofisticato. In questa chiacchierata esploreremo l'ipotesi che i meccanismi cerebrali evoluti per navigare e organizzare lo spazio siano stati riciclati per navigare la nostra memoria e organizzare il nostro pensiero, fino forse a permettere ciò che chiamiamo coscienza.

giopap:
La coscienza non ha nulla a che vedere (se non il fatto di coesistervi, ma senza punto interferirvi) con il comportamento degli animali; il quale ultimo é regolato ai rispettivi sistemi nervosi, più o meno complessi (e conseguentemente più o meno complesso é il comportamento animale) in conseguenza delle mutazioni genetiche casuali e della selezione naturale.
Tutti i comportamenti animali e i sistemi nervosi che li dirigono potrebbero infatti benissimo accadere senza che li accompagni alcuna esperienza cosciente: qualcuno o in teoria anche tutti gli animali oltre a ciascuno di noi potrebbero benissimo essere delle specie di zombi privi di coscienza e nulla nel mondo materiale naturale cambierebbe, e non ci sarebbe alcun modo di accorgersene, "nemmeno (per parlare antropomorficamente) da parte della selezione naturale".




Ipazia:
Pare che all'inizio non fosse il Verbo, bensì la Mappa. Essenziale per un animale che vive in uno spazio tridimensionale. La lezione percorre molto linearmente le strutture cerebrali e le specifiche cellule neuroniche deputate alla mappatura dello spazio (monitorate via Risonanza Magnetica). Spazio che sempre più si è concettualizzato migrando in altri ricettacoli cerebrali, sviluppando le capacità astrattive che permettono l'ordinamento del pensiero in strutture logiche utili anche all'elaborazione del discorso filosofico.

giopap:
Pare che in nessun sistema nervoso di alcun animale, per quanto complesso, si sia mai trovato alcun concetto, più o meno astratto, né alcun pensiero o elaborazione filosofica; ma invece solo neuroni, sinapsi (e -per Iano- formazioni di nuovi neuroni e nuove sinapsi, oltre ovviamente all' eliminazione di altri).




Ipazia:
Quando parlo di aumento della complessità è a questo che mi riferisco, cioè alla cpu del vivente, non alle specifiche attitudini fisiologiche che sono molto differenziate da specie a specie permettendo ad alcuni di volare, respirare con le branchie, fare salti impensabili per gli umani, ecc. La nostra superiorità evolutiva in termini di complessità è strettamente correlata al nostro cervello. E' grazie ai suoi miliardi di cellule neuroniche ultraspecializzate e versatili che siamo riusciti a volare, solcare le profondità abissali e colonizzare non solo il pianeta, ma pure lo spazio vicino, più di qualsiasi altra forma vivente, esclusi i virus, avendo pure, a differenza di loro, l'autocoscienza di ciò che stiamo facendo, oltre alla capacità di preservare la nostra specie in una integrità non solo fisiologica e genetica, ma pure culturale.

giopap:
In natura (contrariamente che nelle teologie e religioni e altre filosofie irrazionalistiche e soggettivisticamente antropocentriche) non esiste alcuna "superiorità" o "inferiorità" evolutiva; solo diversità (anche la cultura umana nè é espressione, ne é un caso particolare fra gli atlri, almeno per chi non creda che Dio ha creato il mondo per noi).




Ipazia:
In rete si trovano anche contributi di specialisti su approcci più filosofici all'universo psichico umano, ma nessuno di essi che abbia un minimo di scientificità può prescindere dalle ricerche neuropsicoscientifiche, così come non è da una base terrapiattista che si possono progettare viaggi spaziali.

Consiglio la visione fino in fondo di questo video per capire quanta poca hybris scientistica vi sia in tale tipo di ricerche e come la filosofia stessa non possa fare a meno di questi contributi per mantenersi nel campo elettivo dell'episteme.


giopap:
Mi sembra del tutto evidente che le mie convinzioni qui esposte non prescindono affatto dalle ricerche neuropsicoscientifiche, che anzi ben comprendono e spiegano, così come che "terrapiattista" sarà casomai qualcun altro che non me.

Una buona filosofia (come, senza falsa modestia é la mia) non ignora la scienza, ma non può certamente limitarsi a pretendere erroneamente di cercare soluzioni scientifiche a problemi ontologici generali o metafisici, né esimersi da sottoporre a serrata critica razionale (anche) le conoscenze scientifiche.


Peraltro la filosofia, pur non essendole necessaria in assoluto, di fatto é molto utile e di gran giovamento, se coltivata con umile rispetto, anche alla ricerca scientifica.
#165
Citazione di: iano il 12 Maggio 2020, 02:00:54 AM
Citazione di: giopap il 11 Maggio 2020, 22:05:04 PM
Citazione di: iano il 11 Maggio 2020, 17:36:21 PM

Il cervello cambia continuamente , istante per istante , la sua struttura.
Non sto dicendo nulla di nuovo , se non per sottolineare la sua estrema mutabilità.
Esso si conforma continuamente a specchio della esperienza con estrema plasticità.
Il rischio è quindi di cercare la coscienza nella struttura statica del cervello invece che nella sua dinamica .
Per le caratteristiche troppo intime e personali della coscienza l'unica speranza di comprenderla è trovare uno specchio in cui possa riflettersi.
Nella coscienza ci mettiamo la faccia, per vedere la quale occorre uno specchio, altro da noi.


La dinamica del cervello é fatta unicamente di potenziali d' azione, eccitazioni e/o inibizioni trans-sinaptiche e altri fatti metabolici più aspecifici: nulla di identificabile con le esperienze fenomeniche coscienti che si attribuiscono al soggetto "titolare del cervello stesso".
Inoltre é il cervello stesso in questione, con le sue funzioni dinamiche, ad essere nella coscienza di chi lo osservi (e non alcuna coscienza in alcun cervello).
Non unicamente dai potenziali di azione  , ma anche dalla creazione di sempre nuovi neuroni e nuovi collegamenti fra essi con una velocità tale che azzardavo dire la struttura del cervello essere una immagine in tempo reale della nostra esperienza.
Suggerivo quindi che se qualcuno volesse cercare la coscienza nella dinamica del cervello di considerare questa in modo esteso.


Ovvio che se ci sono neuroni, neuroni si devono essere formati (la formazione di nuovi neuroni, ma soprattutto il variare di numero e di "forza" delle sinapsi, sia nel senso di un incremento, sia di una diminuzione, é fra ciò che accade nei cervelli).


Ma ciò non significa affatto che la "struttura dinamica" (la dinamicità propria) del cervello, solo per essere dinamica come é dinamica anche la nostra coscienza (e tantissime altre cose che non c' entrano per niente; il comune dinamismo non consente di certo un' identificazione!), consenta di ricercarvi e men che meno di trovarvi la coscienza, dal momento che invece sono i cervelli, con la loro dinamica, a trovarsi nelle coscienze.