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Messaggi - doxa

#151
Percorsi ed Esperienze / Re: Immagine di sé
09 Ottobre 2024, 08:15:26 AM
Nell'antica lingua greca l'immagine mentale era detta "eidolon" (= apparizione, fantasma), in seguito tale parola venne ampliata di significato per definire anche un tipo di immagine materiale, per esempio la statua che raffigura una divinità: l'idolo, da "eidos" (= simile a...).

Gli idoli erano rappresentazioni degli dei e agli idoli erano dedicate le pratiche religiose perché credevano che le immagini fossero compenetrate dalla potenza divina. Gli idoli venivano consacrati con complesse cerimonie, diventando contenitori della divinità.

Le immagini mentali possono esprimersi in dipinti, sculture, poesie, musica, danze, ecc.

Il pittore surrealista René Magritte realizzò il dipinto titolato "Il tradimento delle immagini": raffigura la pipa su uno sfondo uniforme e l'aggiunta della seguente frase:  "Questa non è una pipa".

E' vero non è un oggetto reale, ma solo la sua raffigurazione, che l'artista  belga ripropose più volte nei suoi dipinti.



René Magritte, Ceci n'est pas une pipe, dipinto a olio su tela, 1929,  Los Angeles County Museum of Art
#152
Percorsi ed Esperienze / Re: Immagine di sé
08 Ottobre 2024, 10:55:58 AM
Oggi vi "offro" il  potere dell'immaginazione, in lingua greca antica: "eikasia" =  rappresentazione mentale tramite immagine. 

Il filosofo e scrittore francese Michel de Montaigne nel saggio "Della forza dell'immaginazione" scrisse:  "Fortis imaginatio generat casum" (= Una forte immaginazione genera l'evento).

L'immaginario è un prodotto dell'immaginazione, che a sua volta produce l'immagine.

L'immaginazione è indipendente dalla vista ed è fondamentale per l'attività creativa. Inoltre, ci permette di intuire, di elaborare nuove idee, rappresentare con la fantasia cose, persone, e avvenimenti in forma di immagini. Per esempio lo scrittore Ludovico Ariosto nell'Orlando furioso immagina il duca Astolfo a cavallo dell'Ippogrifo  che vola verso la Luna  per recuperare la ragione di Orlando. Là ci sono tutte le cose che si perdono sulla Terra.



I bambini immaginano partecipare ad avventure, le considerano vere.

Se immagino il mare e il golfo che ho frequentato nell'infanzia e nell'adolescenza, mi sembra di vedere  quel mare, e all'orizzonte  il sole che pare emergere durante l'alba, oppure immergere al tramonto.  Oltre a ciò, mi piace immaginare  anche il mormorio delle onde, la brezza marina. Sono illusioni tramite l'immaginazione.


Tutti immaginiamo chi vorremmo essere o cosa vorremmo avere, immaginiamo  per cercare una momentanea fuga dalla realtà  in altri mondi e scenari.


La parola "immaginazione" viene spesso usata come sinonimo di "fantasia", dal latino  phantasia  (= "mostrare", "apparire"), ma la  psicologia cognitiva e le neuroscienze hanno introdotto una significativa differenziazione tra due processi mentali, denominati in inglese imagery e imagination.


Imagery è il processo di produzione di immagini mentali, generate  all'interno della mente senza una fonte esterna di stimolazione (che dà luogo invece a 'ciò che è percepito' o percetto).

L'aggettivo "mentale" viene usato per evidenziare  l'origine interna dell'immagine, consentendo di indicare prodotti che non hanno alcun riferimento a oggetti o stimoli della realtà esterna.

Imagination è invece il processo di combinazione creativa delle immagini, che spesso viene indicato in italiano con fantasia: un insieme di operazioni mentali implicate nella produzione artistica, ma anche in forme di attività mentale, come le fantasie infantili,  oppure le fantasie sessuali: sono immagini mentali sessualmente eccitanti.  Queste sono presenti anche nelle coppie che tendono alla monogamia. Capita che la loro mente vaghi alla ricerca di qualcosa di nuovo, di eccitante, anche con altri partner.

#153
Percorsi ed Esperienze / Re: Immagine di sé
07 Ottobre 2024, 16:34:36 PM
Nel precedente post ho citato il sostantivo immagine, che deriva dal latino "imago", e il mio pensiero vola a quando ero adolescente, alla costrizione di dover imparare a memoria le poesie, come quella titolata: 

"Alla sera"


Forse perchè della fatal quïete
Tu sei l'imago a me sì cara, vieni,
O sera! [...]

Per Foscolo la silenziosa  sera è come se offrisse un fermo immagine, tutto tace.  E medita il poeta sulla morte, considerata come "fatal quiete", il nulla eterno che libera l'individuo dai problemi quotidiani.


Niente tristezza, torno al tema.


Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, Narciso, olio su tela, 1597 – 1599,  Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma

Narciso è ritratto mentre si specchia nell'acqua di una fonte e cerca il contatto  fisico con il suo riflesso, di cui il fanciullo si è infatuato credendolo reale. In questo dipinto Caravaggio ritrae il momento che precede la scoperta dell'inganno: infatti, l'immagine che Narciso vede nella pozza d'acqua è la proiezione di sé stesso.

Il  ginocchio nudo fa da centro di attrazione visiva e l'ampia manica della bianca camicia accompagna lo sguardo dell'osservatore  verso la sua mano  sinistra immersa nell'acqua nel tentativo di abbracciare quella forma ingannevole di sé, come narrato da Ovidio nelle Metamorfosi.

Nelle fonti letterarie greche Narciso muore annegato nel tentativo di raggiungere l'altro (sé), invece nelle Metamorfosi di Ovidio (libro III, vv. 339 – 510) il giovane muore di dolore e il corpo sparisce, lasciando il posto al fiore che porta il suo nome: Narciso !

Dal  sostantivo "immagine" deriva il verbo  immaginare, il sostantivo immaginazione, l'aggettivo immaginario, l'aggettivo immaginifico (sarebbe meglio imaginifico).

Immaginare: significa "vedere",  rappresentare con la fantasia cose, persone e avvenimenti in forma di immagini.
Lo psicologo  Stephen M. Kosslyn ha  fatto ricerche sulla percezione ed ha scoperto che a livello neuro-cellulare l'immaginare visivamente delle cose non è differente dal vederle. Questo assunto è la base della pratica di immaginazione motoria che consiste in una simulazione mentale di azioni e viene usata in ambito sportivo, riabilitativo, psicoterapico.

Immaginazione: è la facoltà del pensiero di interpretare la realtà.
Come attività dell'intelletto è  considerata facoltà creatrice. Si pensi allo straordinario potere dell'immaginazione nella lettura di un libro.

L'immaginazione ci permette di visualizzare nella mente ricordi del passato o  eventi che potrebbero accadere nel futuro.
Artisti o scienziati hanno potuto creare con la loro immaginazione opere d'arte o nuovi modi di interpretare i fenomeni della realtà.
Nel bambino l'immaginazione, ed insieme ad essa il gioco, è la base per la formazione delle strutture psichiche di quello che sarà poi l'individuo adulto. Il gioco simbolico si basa infatti sulla possibilità di immaginare, di fare "come se", di costruire una realtà anche senza la realtà. Questo è il primo passo per la nascita del pensiero razionale e di un rapporto con il mondo.

Immaginario: che è effetto dell'immaginazione, che non esiste se non nell'immaginazione. 

Immaginifico (= creatore d'immagini)  fu detto Gabriele D'annunzio, che nel suo romanzo titolato "Il fuoco" usa questo attributo per definire il giovane e geniale poeta  Stelio Effrena, personaggio della narrazione col quale lo scrittore abruzzese dissimula sé stesso.
#154
Percorsi ed Esperienze / Immagine di sé
06 Ottobre 2024, 18:26:06 PM
Nell'antica filosofia cosiddetta "classica" il Sé corrispondeva all'anima.

In ambito psicologico l'immagine di sé si riferisce alla percezione che una persona ha di sé stessa e  su cui poggia il suo "senso di identità".

Tutti noi abbiamo un'immagine del tipo di persona che crediamo di essere. Ciò, in parte, riflette il modo in cui gli altri ci vedono. Ma il sé rappresenta una nostra creazione, frutto di pensiero riflessivo e capacità rappresentativa.

Il neuro-scienziato italiano Giorgio Vallortigara in un suo articolo titolato "Viaggio in una mente senza immaginazione", pubblicato  sul quotidiano Il Sole 24 Ore, del 22 settembre scorso, evidenzia che la mente umana è capace di  generare un insieme di dimensioni identitarie: immagina continuamente la realtà: è come se, sullo sfondo di quel che vede e comprende, essa immaginasse diverse versioni di realtà e le comparasse continuamente con la realtà vera, facendo aggiustamenti e percependo, in fondo, solo gli scostamenti. Questa capacità di immaginazione ha conseguenze importanti sul modo in cui viviamo. Infatti l'immagine di sé ha un ruolo determinante  nella vita di un individuo,  perché influisce sulle sue scelte e sulle relazioni interpersonali.

Nelle nostre interazioni quotidiane con gli altri quasi mai c'è la  consapevolezza di quanto la percezione di noi stessi vari nello spazio e nel tempo, risultando spesso in un compromesso tra visioni, aspettative e percezioni differenti.
Siamo diversi a seconda del ruolo e questo è spesso condizionato  dall'ambiente in cui ci troviamo.



Possiamo cambiare atteggiamento, capacità e persino mentalità quando siamo in circostanze diverse. Non si tratta di fingere o di mentire:  avere diverse identità secondo l'occasione è comune e "normale".

Lo spostamento tra i sé diventa più visibile nei momenti di passaggio: dal sé in vacanza al sé al lavoro, per esempio.
Siamo sempre la stessa persona ma la prospettiva lo  cambia, con conseguente cambiamento del nostro modo di comportarci e le sue conseguenze.
L'elaborazione avviene nella nostra mente, mentre le conseguenze in termini di scelte e comportamenti danno forma all'interazione con gli altri. 

Nel corso della nostra vita, abbiamo dovuto abbandonare delle idee di noi: di quel che avremmo voluto o potuto essere e non siamo diventati.

Sono i nostri possibili sé passati, che restano con noi sotto forma di rimpianto, desiderio, nostalgia di quel che avrebbe potuto essere, apparendoci a volte anche più vividi dei ricordi, perché nella nostra immaginazione non hanno dovuto confrontarsi con la realtà.

I nostri possibili sé passati sono compagni di viaggio che abbiamo frequentato solo nella nostra immaginazione: che abbiamo amato nel loro potenziale e poi, col senno di poi, abbiamo scoperto di aver perso.

Come ci fanno sentire, che cosa proviamo per quella parte di noi che "non è stata"?  Secondo Vallortigara fa differenza per il modo in cui vediamo noi stessi nel presente, se siamo in pace con quella parte della nostra identità, se vi dialoghiamo e se lo facciamo con una forma di tenerezza, se ci perdoniamo insomma per quel che abbiamo perso o mai raggiunto.

I possibili sé futuri. Forse non li abbiamo sempre in mente, ma sono una proiezione tipica dei momenti di transizione. Succede qualcosa nella nostra vita  e la nostra mente reagisce proiettando diverse possibilità di sé, della nostra identità in evoluzione che difficilmente diventeranno reali, ma che sono comunque importanti nel dare una direzione alla nostra vita.

Nei momenti difficili non riusciamo a immaginare chi diventeremo. Pensiamo che farlo sia una perdita di tempo, che tanto sarà il destino a decidere per noi.

I possibili sé futuri sono l'espressione della nostra percezione di libertà e auto determinazione: quando il contesto le riduce, anch'essi si riducono a delle ombre che riusciamo ad intuire.

I nostri possibili sé futuri sono dei compagni di viaggio con cui dialogare, pur sapendo che quelli di loro che diventeranno reali saranno ben diversi dal nostro immaginario: se abbiamo fatto pace con i possibili sé passati che non siamo stati, anche fallire i sé futuri ci farà meno paura e saremo più liberi di immaginarli.

Sono dimensioni identitarie di noi che convivono nella nostra mente, rendendo la nostra identità più ampia: alternandosi, scontrandosi, rigenerandosi a vicenda e influenzando il modo in cui vediamo, comprendiamo e diamo forma al nostro mondo. Possiamo ignorarle, rifuggirne la complessità, provare a ridurle a elementi monodimensionali apparentemente più facili da gestire e da inserire nei contenitori "semplici" di cui il mondo ci circonda, oppure possiamo riconoscerle e farcele amiche, e così facendo scoprire l'universo di possibilità che ci appartiene già... perché fa già parte della nostra vita.
#155
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Penelope
28 Settembre 2024, 07:44:06 AM
 
Gentile Sapa, per quanto riguarda il poeta Ungaretti condivido la tua opinione. Il suo modo di leggere poesie non era piacevole, né gradevole lui come aspetto. A volte i suoi occhi sembravano luciferini.

Il ciclope Polifemo, il gigante pastore con un solo occhio, bel tema, se capiterà l'occasione elaborerò un topic a lui dedicato.

Nel frattempo ti offro due immagini a lui riferite
 





#156
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Penelope
28 Settembre 2024, 07:37:16 AM
Buongiorno Daniele,

hai citato "Rashomon",  il titolo del film diretto dal regista giapponese Akira Kurosawa nel 1951. 

Mi hai incuriosito e tramite Internet ho letto la complicata storia che potrebbe anche evocare la riflessione circa la fedeltà o infedeltà di Penelope.  

Nel film nessuno degli interpreti mente, ma la verità  può avere diversi punti di vista ? 

Qual è la verità ?

Accade di essere in disaccordo con le esperienze condivise con altre persone. La propria versione  dei fatti non coincide con quelli degli altri. Allora ci si domanda se la verità è assoluta o relativa.

Nell'effetto Rashomon la soggettività induce i testimoni  a raccontare la stessa storia ma in modo diverso. Questo non significa che una delle versioni sia falsa, ma semplicemente che viene filtrata dalla percezione individuale.

Hai scritto:
CitazioneCon lazzi, prese in giro e ammiccamenti al pubblico, farebbe da canovaccio a questa tenzone una contesa verbale che trova radici tra vari contesti della vita quotidiana, anche quella politica

Docet il recente caso Sangiuliano – Boccia.  :) ???
#157
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Penelope
24 Settembre 2024, 18:26:15 PM
Quando penso a Penelope  me la raffiguro soltanto nelle sembianze dell'attrice greca Irene Papas (1926 – 2022), forse perché l'ho vista nel 1968  nell'Odissea,  film a colori e a  puntate  trasmesse dalla Rai. Secondo me la defunta Irene aveva il viso adatto per quel ruolo.

Il ruolo di Ulisse era interpretato dall'attore serbo-croato  Bekim Fehmiu


Bekim Fehmiu (Ulisse) e Irene Papas (Penelope)
Il poema omerico ci racconta del ritorno di Odisseo ad Itaca, della sua vendetta contro i Proci e del ricongiungimento con Penelope.
Invece la grecista Maria Grazia Ciani nel suo libro titolato "La morte di Penelope" ci propone una storia diversa. Essa infatti riprende quanto riportato da Apollodoro  di Atene nel libro "Biblioteca", nel quale racconta che la regina di Itaca fu sedotta da Antinoo e che Odisseo la rimandò  a Sparta da suo padre,  il re Icario.
Nell'antica Grecia le donne erano di proprietà dei padri e dei mariti. Odisseo sposò Penelope dopo essersela aggiudicata ad una gara di corsa indetta da Icario per scegliere un compagno per la figlia.
Nel testo della Ciani,   Ulisse tornato ad Itaca, si accorge della tresca tra Penelope ed Antinoo e uccide entrambi, riservando alla moglie l'ultima freccia del suo arco. In pratica uno scenario opposto a quello prospettato da Omero.
Dante Alighieri nella "Commedia", canto XXVI dell'Inferno, narra l'episodio post-omerico del viaggio di Ulisse. Il poeta fiorentino immagina che l'astuto re di Itaca, dopo aver concluso le sue avventure narrate nell'Odissea, intraprenda un'ultima fatale spedizione.
Ulisse, motivato dal desiderio di conoscenza e di esplorazione, persuade i suoi anziani compagni a navigare oltre le Colonne d'Ercole, confine tradizionale del mondo conosciuto, per scoprire ciò che giace oltre. Questo viaggio simboleggia la voglia di sapere dell'individuo,  ma anche la sua hybris, la presunzione di superare i limiti imposti dalla divinità, che nell'antichità era considerata una grave colpa.
L'audace viaggio di Ulisse si conclude con una severa punizione, che riflette la visione medievale della giustizia divina. Dopo un lungo viaggio, Ulisse e i suoi compagni scorgono una montagna imponente, che si rivela essere il monte del Purgatorio, ma prima che possano approdare, un vortice divino colpisce la loro nave, facendola naufragare. Questo epilogo tragico sottolinea il concetto di giustizia divina che pervade l'opera di Dante: nessun uomo può sfuggire al castigo se osa sfidare l'ordine stabilito da Dio.
#158
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Penelope
24 Settembre 2024, 18:20:26 PM

 
 

 
 Itaca: in lingua greca Ithaki. E'un'isola nel Mar Ionio, nota per essere stata la patria di Ulisse , antico re dell'isola.
 
 La piccola città portuale di Vathy è il capoluogo, con case in stile veneziano.
 
 L'isola è composta da una parte nord e una parte sud, collegate dall'istmo di Aetos largo appena 600 m nel punto più stretto.
 
 Gli scavi archeologici hanno rilevato che nel XXII sec. a. C. Itaca era già abitata.
 
 I Romani la occuparono nel II sec. a. C., in seguito divenne parte dell'impero bizantino.
 
 
 Itaca è anche il titolo della poesia scritta da Konstantinos Petrou Kavafis, noto in Italia come Costantino Kavafis. La scrisse nel 1911 pensando al viaggio di Ulisse-Odisseo. Il poeta afferma che non bisogna avere fretta di giungere a destinazione, l'importante è il viaggio non la meta, per vedere, conoscere, apprendere, fare esperienze durante il percorso. E se il punto di arrivo sarà deludente non si dovrà essere tristi, perché la metaforica Itaca ci ha motivati ad intraprendere il viaggio.
 
 
"Itaca"

Se cerchi la tua strada verso Itaca spera in un viaggio lungo, avventuroso e pieno di scoperte. I Lestrigoni e i Ciclopi non temerli, non temere l'ira di Poseidone. [...] Pensa a Itaca, sempre, il tuo destino ti ci porterà. Non hai bisogno di affrettare il viaggio; fa' che esso duri anni, bellissimi, e che tu arrivi all'isola ormai vecchio, ricco di insegnamenti appresi in via. Non sperare ti giungano ricchezze: il regalo di Itaca è il bel viaggio, senza di lei non lo avresti intrapreso. Di più non ha da darti. E se ti appare povera all'arrivo, non t'ha ingannato. Con la saggezza e l'esperienza avrai capito un'Itaca cos'è.
#159
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Penelope
22 Settembre 2024, 16:11:59 PM

Dante Gabriel Rossetti, Penelope, 1869  Andrew Lloyd Webber Collection

Penelope, figlia del re Icario di Sparta, come figura letteraria ha attraversato i secoli ed ha ispirato poeti e scrittori che hanno riscritto il suo mito.

L'epopea di Ulisse è anche quella di Penelope, segnata dalla speranza e dall'attesa di un ricongiungimento con la persona amata.

La moglie del protagonista viene presentata nell'Odissea come la sposa fedele e pudìca  che attende il ritorno del marito e trasforma il proprio letto in "una fortezza inespugnabile".

Omero nell'Odissea la definisce "sophrosyne" (= prudente).

Ovidio negli "Amores" sostiene che essa restò "incontaminata".  Nelle "Heroides" lo scrittore dà la parola a Penelope, che si strugge per l'assenza dell'amato consorte.

Invece nel manuale di mitografia titolato "Biblioteca", suddiviso in tre libri, attribuito ad Apollodoro di Atene (180 a. C. – 120 circa a. C.), convenzionalmente indicato con il nome di "Pseudo Apollodoro",  questo autore  riscrisse il finale dell'Odissea: Ulisse scopre Penelope insieme a uno dei Proci: Antinoo, il capo dei pretendenti, che viene ucciso per primo. 

Se Penelope fosse nata  nel nostro tempo  cosa direbbe lei stessa  delle versioni mitiche che la riguardano ?

Il mito, "demitizzato", evidenzia Penelope non come una donna sottomessa e passiva, infatti  riesce a governare Itaca  per vent'anni  e a tenere lontani dal trono 108 giovani pretendenti.

Nel poema omerico più volte compare  nei suoi confronti gli epiteti "perifron" (= scaltra) e "metis" (= astuta") come il marito. 



John William Waterhouse, Penelope e i corteggiatori,  olio su tela, 1912, Aberdeen Art Gallery & Museums, Regno Unito

Il dipinto raffigura alcuni corteggiatori; quello al centro tenta di offrirle un mazzo di fiori, ma lei, in compagnia delle sue ancelle,  continua a lavorare al telaio.  Quel suo voltare le spalle ai pretendenti evidenzia l'atteggiamento della donna nei loro confronti.
#160
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Penelope
22 Settembre 2024, 06:39:06 AM
Non tutte le versioni del mito sostengono la castità e la fedeltà di Penelope verso il marito.

Nell'Odissea la regina di Itaca ha un comportamento ambiguo nei confronti dei Proci.

Un'interpretazione vuole Penelope desiderosa di risposarsi  ma non prende questa decisione perché teme il giudizio del popolo.

Un'altra narrazione sostiene che lei cedette al proco Anfinomo; un'altra ancora la vuole amante del proco Antinoo.


Bernardino di Betto Betti, detto Pinturicchio (= "piccolo pintor"), soprannome derivante dalla sua piccola corporatura.

L'immagine rappresenta il "Ritorno di Ulisse":  è un affresco realizzato tra il 1508 e il 1509. Misura cm  125 x 152. Era a Siena su una parete nel salone del Palazzo del Magnifico, all'epoca Pandolfo Petrucci.  Il dipinto appartiene  alla National Gallery di Londra.

La scena: nella camera di  Penelope intenta a tessere la tela  entra Telemaco (in primo piano) seguito dai Proci e dal padre, Ulisse, ancora sulla soglia.

Sullo sfondo c'è una grande finestra dalla quale si vede il paesaggio esterno: sono accennate simbolicamente alcune peripezie del viaggio di  Ulisse. 

L'episodio è una metafora che allude alla vita politica  senese in quel tempo, con le insidie e i pericoli causati alla città  dalle truppe di Cesare Borgia in procinto di conquistarla. Ulisse simboleggia Pandolfo Petrucci, reduce dall'esilio nel 1503.

Omero nell'Odissea attribuisce ad Ulisse l'epiteto "polytropos" per definirlo di ingegno multiforme e astuto.

In quest'altra rappresentazione lo vediamo insieme a Penelope.


Francesco Primaticcio, Ulisse e Penelope, olio su tela, 1560 circa, Museo d'arte della città statunitense di Toledo (in inglese: Toledo Museum of Art), è un  istituto museale universitario d'arte internazionale situato nel quartiere Old West End.

La scena è ispirata dal XXIII canto dell'Odissea

[...]Ma ora vieni, sposa, moviamo al giaciglio, ché infine
possa trovar conforto nel dolce sopore del sonno.

E a lui queste parole rispose Penelope scaltra:

'Il letto pronto sempre per te sarà, quando lo brami,
ora che t'hanno i Numi d'Olimpo concesso il ritorno
alla tua casa bene costrutta, alla terra materna'
[...] (versi 244 - 249)

"Ora, poi ch'ebbero i due godute le gioie d'amore,
si giocondâr parlando, scambiando parole"
(versi 290 - 291)

Nel dipinto l'immagine di Ulisse e Penelope dopo il rapporto sessuale. La parte inferiore dei loro corpi è coperta da un drappo. Si guardano mentre la  mano dell'uomo carezza il volto della donna, che in questo caso ha i capelli biondi.

Nell'oscuro sfondo si vede sulla destra un'alta porta e due ancelle nella penombra che vigilano affinché nessuno possa disturbare l'intimità dei due amanti. 

Il dipinto è generalmente considerato uno dei bozzetti eseguiti da Primaticcio per la decorazione della "Galleria di Ulisse" nella reggia di Fontainebleau,  durante il regno di Francesco I, dal 1515 al 1547, anno della sua morte. 

Mecenate delle arti, il re di Francia chiamò nel castello di Chambord numerosi artisti italiani, tra i quali Leonardo da Vinci.
#161
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Penelope
21 Settembre 2024, 07:42:21 AM
Penelope attese per vent'anni il ritorno di Ulisse: dieci anni per la "guerra di Troia"  ed altri dieci anni  errabondo per il  ritorno a casa,  crescendo da sola il piccolo Telemaco, evitando di scegliere uno tra i Proci nobili pretendenti alla sua mano.

Odisseo voleva tornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo i dieci anni guerreschi a Troia,  ma l'odio verso di lui da parte del dio Poseidone  glielo impedì. Ulisse fu costretto da  varie peripezie a rimanere lontano da Itaca. Soltanto con l'aiuto della dea Atena riuscì a tornare a casa.

Penelope è il polo verso cui tende il racconto di Odisseo, e filo conduttore dell'intera Odissea, poiché tutte le avventure del marito sono motivate dalla volontà di tornare a Itaca. Il rapporto che lega Odisseo a Penelope è di integrazione, ma anche di distanziamento:

integrazione, perché durante gli anni d'assenza da casa non lo abbandona mai la nostalgia;

distanziamento perché a differenza di Penelope, lui non le resta fedele.

L'infedeltà di Odisseo, però, serve a far risaltare ancora di più il suo amore nei confronti della moglie nel momento in cui, per esempio, rifiuta da Calipso il dono dell'immortalità.



Skyphos (coppa per bere nella forma di un vaso attico con due anse orizzontali) a figure rosse, 440-435 a.C.,  prestato dal museo etrusco di Chiusi per la mostra nel parco archeologico del Colosseo.

in dettaglio:


Penelope è di fronte al figlio Telemaco. La donna siede accanto al telaio, la guancia poggiata sulla mano chiusa a pugno, lo sguardo dolente. E' una posa che allude alle virtù femminili, riprodotta in molti sigilli degli anelli nuziali di epoca ellenistica.

Le gambe incrociate, la postura che s'inclina verso il basso sono i segnali di una personalità chiusa in sé stessa, in protezione. E' la Penelope dolente che ricorre nella storia dell'arte, dalla statuaria e dai bassorilievi d'epoca romana.
#162
Tematiche Culturali e Sociali / Penelope
21 Settembre 2024, 06:14:06 AM
A Roma, dal 19 settembre al 12 gennaio 2025, nel Tempio di Romolo e Remo e nelle Uccellerie Farnesiane, all'interno del Parco Archeologico del Colosseo, c'è la mostra dedicata a Penelope, il personaggio omerico. Sono esposti dipinti, sculture e oggetti che ripercorrono l'iconografia e l'interpretazione della figura di Penelope nei secoli.

Questa esposizione è la prima di una trilogia sulle figure femminili, seguiranno quelle dedicate ad Antigone e a Saffo.

La mitologia greca narra di Penelope, moglie di Ulisse (Odisseo) e cugina di Elena di Troia, detta anche Elena di Sparta, per le città a cui è associata. Infatti  Elena è la moglie del re di Sparta, Menelao. Durante un'assenza di questo giunge a Sparta il principe troiano Paride, al quale la dea  Afrodite aveva promesso la più bella delle donne.

Elena cede al corteggiamento di Paride e con lui fugge a Troia, abbandonando Menelao e la piccola figlia Ermione.

Menelao convince il fratello Agamennone, re di Micene, a formare un imponente esercito per assediare la potente città di Troia e liberare Elena. Ed inizia  la guerra tra Greci e Troiani.

Dopo la vittoria della Grecia, Elena, icona della bellezza e della seduzione,  torna in patria con Menelao, però diventa  una figura disprezzata nel mondo antico per la sua infedeltà al marito.

Ma Elena  fu davvero "colpevole" dell'abbandono del "tetto coniugale"  ? Omero pone in rilievo il convincimento suscitato da Afrodite: è la dea dell'amore a spingerla tra le braccia del principe troiano.

Anche la poetessa greca Saffo (630 a.C. circa – 570 a.C. circa) sembra giustificare il suo comportamento: Afrodite la travolse, ed Elena scelse in Paride "la cosa più bella: ciò che si ama".


Elena e Paride. Particolare di un cratere del IV sec. a. C., Museo del Louvre, Parigi 

Il filosofo sofista Gorgia (V – IV sec. a. C.) scrisse "Encomio di Elena" per dimostrare la forza delle parole per ribaltare il convincimento popolare. Per discolparla presenta una serie di implicazioni logiche secondo le quali essa non è realmente colpevole del conflitto tra Greci e Troiani.

Dante Alighieri nella "Commedia" colloca Elena nel cerchio dei lussuriosi.


Elena e Penelope (?)

Invece Penelope, regina di Itaca,  simboleggia  la sposa fedele, anche se la parola fedeltà a lei riferita non c'è nell'Odissea.

La sua storia  è davvero una vicenda di fedeltà e di lungimirante conservazione del talamo coniugale ? Un'altra versione del mito la vuole lussuriosa, pronta a concedersi ai Proci che la vogliono insidiare. 

Francesco Petrarca considera Penelope la "casta mogliera";  anche lo scrittore Giovanni Boccaccio  non crede alle sue infedeltà e la inserisce tra le donne famose nel suo "De mulieribus claris".
#163
Tematiche Culturali e Sociali / "Aver cura di sé"
12 Settembre 2024, 17:26:09 PM
Nella cura di sé c'è l'essenza dell'essere umano.



La vita, incompleta nella sua essenza, necessita di dare forma al proprio esserci. In questo consiste l'aver cura di sé.

La cura è il nostro esserci, il nostro modo di stare nel mondo con gli altri, dice Luigina Mortari, docente di  Epistemologia della ricerca qualitativa presso la Scuola di Medicina e Chirurgia dell'Università di Verona e Fenomenologia della cura presso il dipartimento di Scienze umane della stessa università.

La Mortari,  nel suo libro titolato: "Aver cura di sé" (Raffaello Cortina editore) riflette sull'arte di esistere, intesa come capacità di dare significato al tempo  e alla conoscenza della propria interiorità, che si può raggiungere solo mediante il confronto con il mondo esterno.

Tutti hanno bisogno di essere oggetto di cura e di avere cura. L'essere umano necessita di essere accudito fin dalla nascita, poi deve di avere cura di sé e  degli altri  per costruire il significato nella sua esistenza.

Nella filosofia greca ci fu una fioritura di interpretazioni della cura di sé: Epicuro,  Epitteto, Crisippo, Plutarco,  Seneca, l'imperatore Marco Aurelio, per citare i riferimenti più importanti. Essi elaborarono  delle indicazioni. Epitteto esplicita precisi canoni in in un manuale, l'Enchiridion (= "oggetto che si tiene in mano"): è un testo di filosofia ed etica stoica, scritto da Arriano, discepolo del filosofo greco, alle cui lezioni aveva assistito, perciò l'opera è attribuita ad Epitteto.

Spesso le pratiche spirituali vengono indicate in forma di sintetiche regole, canoni, con i quali la mente dovrebbe familiarizzare al fine di renderli "strumenti" facilmente attuabili nella vita quotidiana, con l'obiettivo di trasformare la qualità del modo di esserci.

Sono esercizi ispirati a una visione della vita guidata da princìpi essenziali e semplicità. Queste pratiche hanno una potenzialità trasformativa, ma formulate come regole.

Diverse, invece, sono le pratiche spirituali presenti nella filosofia socratica che assume come direzione la cura dell'anima. A Socrate è importante far riferimento perché ha una diversa enunciazione delle pratiche, meno regolativa e più poetica, ed anche perché la cura del sé interiore è concepita in connessione con la cura della vita politica.

Nel nostro tempo si reputa necessario elaborare una filosofia dell'esistenza che sappia orientare e cercare una sapienza del vivere, che riguarda non solo la vita interiore ma anche la vita relazionale.
#164
Ultimo libro letto / "Ebreo errante"
12 Settembre 2024, 10:27:50 AM


L'ebreo errante è un personaggio della mitologia cristiana, protagonista di un racconto popolare che  ebbe numerose elaborazioni nelle letterature europee.

Tale racconto è basato su alcuni passi  evangelici, quello di Matteo (16, 28):  "In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell'uomo con il suo regno".

E  quello di Giovanni (21, 23): "Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto."[ ...].

Nei secoli successivi numerose furono le interpretazioni in merito.

La cronaca anonima di un monaco cistercense dell'abbazia di Santa Maria della Ferraria, a Vairano Patenora, in provincia di Caserta, riferisce che nel 1223 giunsero nella badia dei pellegrini europei. Questi testimoniarono d'aver incontrato, in Armenia  "quendam Judaeum" un ebreo che vagava da secoli per l'Europa.
Durante la Passione sulla strada che conduce al Calvario, Gesù  gli avrebbe detto: "ego vado et tu expectabis me donec revertar" (=  io vado e tu mi aspetterai fino al mio ritorno).

Le caratteristiche dell'errabondo variano a seconda delle differenti versioni del racconto leggendario. 

Anche allo scrittore e drammaturgo tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749 – 1832) venne l'idea di elaborare epicamente la storia dell'ebreo errante, ma questo dramma rimase incompiuto.
Il racconto  è collegato ad  una lettera  scritta in gioventù da Paul di Eitzen, divenuto poi vescovo di Schleswig, e pubblicata nel 1602, ma lo scritto originario è del 1542.

Nel periodo romantico al leggendario Assuero furono attribuiti significati simbolici: rappresentante del suo popolo, tenace e perseguitato; negatore di Dio, con cui si riconcilia dopo una lunga espiazione; oppure simbolo dell'interminabile cammino dell'umanità, anelante alla pace e alla giustizia.
#165
Cinema, Serie TV e Teatro / Re: Teatro e dintorni
10 Settembre 2024, 18:17:56 PM
Grazie Daniele per il tuo contributo.

Ti offro in regalo l'ultimo post in questo topic.  ;D


Nessuna maschera antica indossata dagli attori è giunta fino a noi, causa la deperibilità dei materiali usati per realizzarle, ma abbiamo numerose riproduzioni in terracotta o gesso, possiamo vederle  anche negli antichi affreschi,  nei mosaici, nei vasi dipinti.


 
Nel teatro latino le maschere erano simili a quelle usate nel teatro greco.


Affresco con attori, Casa di Casca Longus o dei Quadretti teatrali,  Pompei.
L'attore sulla sinistra indossa una tunica corta: la indossavano gli schiavi, legata alla vita da una cintura.

Il complesso edilizio  dove sono questi affreschi parietali è formato dall'unione di due case adiacenti del II sec. a.C.. Di ottimo livello sono le pitture nell'atrio: sostituirono in età augustea le precedenti decorazioni con scene teatrali ispirate dalle commedie di Menandro.

Su un lato dell'impluvio c'è il tavolo sorretto da tre sostegni marmorei a zampa leonina che recano inciso il nome dell'originario proprietario, Publius Servilius Casca Long(us), uno dei congiurati che a Roma uccisero Giulio Cesare nel 44 a.C..





I costumi di scena. Gli attori romani indossavano, con minime variazioni, sempre gli stessi abiti, con colori distintivi della categoria (sociale, anagrafica) cui appartenevano i loro personaggi. Gli eventuali cambi d'abito nei camerini dietro la "scenae frons" avvenivano in modo rapido.