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Messaggi - Loris Bagnara

#151
Sgiombo ha scritto:
CitazioneNon sono d' accordo: se si deve assumere la realtà dell' "io sono" (pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.), allora allo stesso identico modo si deve assumere anche la realtà degli oggetti materiali (il nostro corpo, altri corpi umani e animali, oggetti materiali naturali o più o meno artificialmente realizzati.
Infatti l' uno e gli altri sono esattamente allo stesso modo, con lo stesso grado di certezza sentiti, avvertiti nell' ambito della propria esperienza cosciente.
Io credo invece che ci sia una differenza.

Innanzitutto l'io-sono (nel significato che gli ho dato io) non è da intendersi come pensieri, ragionamenti etc: quelli sono i contenuti, che ho chiamato soggettivi, e che tu giustamente definisci fenomeni al pari di quelli percettivi oggettivi (e anche i contenuti soggettivi potrebbero essere illusori).
L'io-sono per come l'ho voluto definire è, ribadisco, il puro osservatore: cioè quel che resta quando hai del tutto svuotato la mente (ci si riesce, in meditazione) e che ti fa dire, appunto, io-sono. Null'altro.
Questo io-sono, così inteso, è "atomico", irriducibile, inosservabile.
E' e basta, perché se fosse osservabile dovremmo ammettere un altro osservatore, più profondo, che osserva il primo.

Ma c'è un altro motivo per cui insisto sulla differenza.
Io posso avere, per una sorta di sogno o allucinazione, la visione di un tavolo che non esiste: il tavolo allora sarebbe nella mia mente, ma non avrebbe un'esistenza oggettiva.
Invece, io non posso avere l'allucinazione di esistere: il fatto stesso di avere un'allucinazione implica l'esistere come io-sono. Se non esistessi come io-sono, è ovvio, non potrei nemmeno avere alcuna allucinazione, tanto meno quella di esistere.

Il fatto è che quel chiamiamo spazio, tempo, ricordi etc, può essere tutta un'allucinazione: possiamo spingere il dubbio radicale all'estremo e pensare che in effetti potremmo non avere un passato. Potrei addirittura essere stato creato nel preciso istante in cui digito questa parola, con un bagaglio di falsi ricordi che mi danno l'illusione di avere un passato. Ogni secondo che mi sembra passare, potrebbe essere un'illusione, perché in effetti io potrei essere stato creato adesso, oppure adesso, oppure ancora adesso, no adesso, adesso... e così via. Che fine fanno, allora, il tempo, lo spazio, gli oggetti che vedo? Tutto potrebbe essere falso, ma veramente tutto. Tranne l'io-sono, unica cosa certa in mezzo ad un oceano di realtà incerte.

Non voglio dire che tutto sia falso. E' solo per rimarcare quella sottile differenza...
#152
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AM
Io riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale?
Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:

CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante.
[il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.
La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà.
[...]
Sulla base della riflessione sopra riportata, ritengo si possa affermare quanto segue:
1) la realtà dell'io-sono si deve assumere;
2) la realtà del mondo materiale si può assumere.
Vorrei ora sviluppare alcune ulteriori considerazioni.

Come si presentano i contenuti mentali all'osservazione dell'io-sono?
Direi che possiamo distinguere tali contenuti in due categorie.
La prima categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, liberamente determinati da se stesso (ad esempio, quelle che definiamo volizioni).
La seconda categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, non determinati da se stesso e con la caratteristica della necessità (ad esempio, quelle che definiamo "percezioni").
Il senso comune definisce soggettivi i contenuti della prima categoria, e oggettivi quelli della seconda categoria. Cioè, il carattere di necessità (ossia di ineluttabilità) con cui questi ultimi si presentano, induce l'io-sono a proiettare quei contenuti all'esterno da sé, o meglio, induce l'io-sono a postulare una realtà esterna che, interagendo con se stesso, produrrebbe quei contenuti.

Cosa esattamente sia questa realtà esterna l'io-sono non ha alcun modo di stabilirlo, poiché egli come detto non ne viene a diretto contatto: l'io-sono ha solo esperienza delle rappresentazioni mentali che tale realtà produce in lui.
Il senso comune chiama questa realtà esterna "mondo materiale", ma il significato di questa espressione non è ulteriormente definibile. L'unica cosa che si può dire è che il cosiddetto mondo materiale rappresenta i limiti al libero volere dell'io-sono: l'io-sono non può riempirsi di contenuti a piacere, ma ve ne sono alcuni che egli deve necessariamente accettare senza poterli respingere.

Ma se questa è la caratteristica fondamentale del cosiddetto mondo materiale, cioè di costituire il limite al libero volere dell'io-sono, non è indispensabile attribuire al mondo materiale un piano ontologico diverso da quello dell'io-sono: si può infatti pensare all'esistenza di un'altra realtà di natura mentale che sia tale da condizionare e limitare l'io-sono.
Per fare un esempio, si può immaginare la realtà virtuale di Matrix: il mondo virtuale creato da Matrix si presenta agli individui con il carattere della necessità, benché sia semplicemente una rappresentazione mentale.

Matrix, naturalmente, equivale al demone malvagio e ingannatore di Cartesio.
In India per la stessa cosa si usa il termine di maya, ad indicare che la realtà è illusione, ma senza alcuna connotazione negativa o malvagia, come invece l'immagine del demone cartesiano potrebbe far pensare.
#153
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AMIo riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale? Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:
CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante. [il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto. La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà.
Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo": 1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza; 2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia; 3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari. La seconda premessa è quella apparentemente più naturale, ma la prima è quella più logica come dimostra il dubbio radicale cartesiano. La terza, invece, a mio avviso, presenta difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero. In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente: in definitiva ci si riconduce ad una impostazione monista dove vi è una realtà in sé da cui promanano due realtà contingenti, la cui reciproca coerenza è garantita appunto dalla realtà in sé. In conclusione, ripeto la mia domanda: possiamo logicamente dimostrare l'esistenza del mondo materiale?


Trovo che si possa formulare un'ulteriore ipotesi:
4) Nessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.
Coscienza senza materia non può essere data. Materia senza coscienza non può essere esperita. Ergo nessuna delle due è fondata in se stessa. Quindi nessuna delle due è la realtà ultima. Che cosa le accomuna? Proprio l'essere Vuote di esistenza in se stesse e per se stesse.
Coscienza non esiste senza linguaggio. Linguaggio è dato dall'esperienza della materia. Se fosse prodotto dalla coscienza stessa non si spiegherebbe perchè ha bisogno di essere imparato.
Materia può esistere senza coscienza, ma senza alcuno che la esperisce di fatto sarebbe come non esistesse.
Coscienza e Materia sono interdipendenti. Non sono Uno e non sono nemmeno Due. Materia è il contenuto della coscienza, la coscienza è contenuta nella materia. Nessuna fusione tra i due. Cielo e Terra soltanto. Nient'altro. Un grande vuoto. Uno spazio illimitato.
Certamente: vuoto, o sunyata, o parabrahman che dir si voglia: l'Assoluto immanifesto e inconoscibile che precede ogni manifestazione.
Ma la mia riflessione, naturalmente, si colloca già all'interno della manifestazione (e non può essere diversamente...).
Il riconoscimento di se stesso come essere cosciente è la premessa di ogni atto conoscitivo.
Questo, in risposta anche a HollyFabius:
CitazioneCredo che la questione non sia così semplice.
Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale.
Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio.
Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze.
Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.
Quel che tu dici è certamente vero, sono tutte possibili concezioni, ma che vengono dopo il riconoscimento di se stesso come essere cosciente. E' su questo primo atto che intendevo focalizzare l'attenzione.
E dopo questo primo atto può seguire quel che dice giustamente Sariputra:
CitazioneE' la giungla del teorizzare. Il groviglio delle teorie. Il rendere complesse le cose semplici. Il discutere sulla pennellata e non vedere l'opera. L'autoerotismo del pensiero. Il compiacersi di se stesso.
Dopo, solo dopo il primo atto conoscitivo può seguire "l'autoerotismo del pensiero", che ciascuno di noi soddisfa come crede: con Schopenhauer, con Nietzsche, con Severino...

Purtroppo però, è vero che il pensiero occidentale tende a complicare le cose, a compiere analisi dove sarebbe meglio fare sintesi, a vedere distinzioni dove si potrebbe cogliere l'unità, a vedere difficili cose che sono semplici.
Dice Acquario69:
Citazionepenso che la coscienza non sia qualcosa di rigidamente definibile
E sembra ribadire paul11
CitazioneDipende da cosa si intende per coscienza, come la si vuole definire.
In realtà non c'è nulla da definire, perché non c'è nulla di più semplice della coscienza, come ben sa chi pratica appena un po' di meditazione.
La coscienza è un atomo irriducibile, a cui si può arrivare per sottrazione, non per addizione.
La coscienza è il silente testimone dei mutevoli processi psichici che attraversano la nostra mente.
La coscienza è il silente spettatore di un film, dove le immagini del film corrispondono ai processi psichici e lo schermo al cervello.
La coscienza non ha alcun attributo che la possa qualificare come mia o tua o di chiunque altro. Essendo priva di contenuti e fuori dal tempo, è uguale per tutti e uguale alla sorgente della coscienza da cui è derivata. Un elettrone è indistinguibile da un altro. Una coscienza è indistinguibile dall'altra; quel che cambia, è il film a cui assiste.
#154
Io riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale?
Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:

CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante.
[il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.
La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà

Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo":

1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza;
2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia;
3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari.

La seconda premessa è quella apparentemente più naturale, ma la prima è quella più logica come dimostra il dubbio radicale cartesiano.
La terza, invece, a mio avviso, presenta difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero. In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente: in definitiva ci si riconduce ad una impostazione monista dove vi è una realtà in sé da cui promanano due realtà contingenti, la cui reciproca coerenza è garantita appunto dalla realtà in sé.

In conclusione, ripeto la mia domanda: possiamo logicamente dimostrare l'esistenza del mondo materiale?
#155
Citazione da Sgiombo:
Citazionein realtà le mie o tue presunte vite precedenti, assolutamente, integralmente dimenticate "starebbero (ammesso e non concesso) rispettivamente con la mia e la tua vita (reale) attuale come la tua vita attuale sta alla mia vita attuale e viceversa" (e così  le nostre presunte vite o "reincarnazioni" future con le nostre reali vite attuali): in un rapporto di totale separatezza e alterità!
Secondo la dottrina del karma tutte le innumerevoli vite sono legate causalmente l'una all'altra. Il fatto di non ricordarsele è una necessità, per poter affrontare ogni singola vita come se fosse unica e senza il fardello dei ricordi. Del resto, quanto effettivamente ricordiamo della nostra presente vita? L'uno per cento? Vuol forse dire che ciò che non ricordiamo non è esistito?

Citazione da Sgiombo:
CitazioneDa dove salterebbe fuori questa "differenza fra l'"essere manifesto" e l'"essere immanifesto" di cui non hai mai finora parlato?
E' un concetto filosofico fondamentale, a cui ho implicitamente accennato in altri post, e che do per scontato in questo genere di discussione.
Leggi la risposta #121 di Acquario69: lui ha capito perfettamente.
Queste cose si "vedono" con l'intuizione, non si spiegano come si spiega un teorema matematico, l'unica cosa che si può fare è tentare di evocarne l'intuizione attraverso metafore.
Ecco un'altra metafora, allora.
Pensate al cappello del mago.
Ne possono uscire tante cose: un coniglio, oppure una colomba, oppure un mazzo di carte, oppure un foulard...
Pensate ora all'interno vuoto del cappello...
Basta, è tutto qui.

Ha ragione maral, siamo o.o.t, mi scuso.
(Smetto di scrivere su questo 3D)
#156
CitazioneSe constato empiricamente due piani ontologici diversi e non reciprocamente interferenti ed entrambi in mutamento più o meno continuo non posso certo appellarmi (indebitamente) al rasoio di Ockam per eliminarne uno o entrambi!
Mica sono ipotesi, sono realtà empiricamente constate!
"Realtà empiricamente constatate"?
Tu avresti constatato che la res extensa e la res cogitans sono "due piani ontologici diversi e non reciprocamente interferenti etc"?
E sarei io il folle visionario e irrazionalista, quando dico di credere alle facoltà psi, e questo in virtù di una mole impressionante di dati raccolti anche da scienziati peraltro degni di fiducia?
Non ti seguo più, e mi pare che la qualità delle risposte sia alquanto scaduta.
Questa, ad esempio, non la comprendo proprio:
CitazioneInfatti sei tu che alla mia domanda "Credi forse di essere al mondo (così come sei) per tua libera scelta antecedente alla tua esistenza stessa" mi hai risposto che le cose stanno proprio cosi!
La coerenza logica di una conclusione la si valuta relativamente (é relativa) alle sue premesse, di chiunque siano (come puoi ben constatare ho fatto io in questa discussione).
Mi hai forse dimostrato che nella mia concezione la reincarnazione e il karma sono incoerenti con quel che ho detto, e cioè che l'individuo progetta la propria vita prima di incarnarsi? E invece la reincarnazione e il karma dicono proprio questo...

Oppure quest'altra risposta:
CitazioneIo ho impiegato il concetto di "tutto" nel suo significato letterale, quale si può trovare nei comuni vocabolari (non svuotandolo di esso)!
Vogliamo fare filosofia col vocabolario? Oppure possiamo farcela ad andare un po' oltre?

Oppure ancora quest'altra:
CitazioneInfatti ovviamente se l' universo contiene la vita intelligente non c' é bisogno di alcun presunto "principio antropico" perché debba essere fatto in modo da contenere la vita intelligente: é già logicamente necessario in quanto tautologico.
Universo = "tutto ciò che é reale" ovvero "oltre al quale non esiste null' altro (con cui si possa confrontarlo)": dunque "confrontarlo" non ha senso.
E' evidente, qui, che ti sfugge la differenza fra l'"essere manifesto" e l'"essere immanifesto". E non sono deboli in filosofia quegli scienziati che vedono nel principio antropico una questione importante, soprattutto se congiunta alla possibilità del multiverso come sembrerebbe emergere in alcune interpretazioni della meccanica quantistica, e nella stessa teoria delle stringhe (o almeno in alcune sue varianti).

Questa infine le batte tutte:
CitazioneIo (non una mente cosciente qualsiasi, ma: io) sono comparso qui e ora: e perché mai sarei dovuto comparire là e allora?!?!?!
Purtroppo il senso dell'assurdo non si può spiegare: o lo si sente, o non c'è niente da fare. E qui non c'è niente da fare. 

Anch'io un tempo mi dilettavo con i sofismi, con le trappole verbali, con i depistaggi del pensiero; poi ho smesso, perché mi sono reso conto che è come masturbarsi, però fermandosi prima dell'orgasmo.
Ho scoperto che smontare il senso non dà gusto: c'è più gusto a costruirlo.
#157
maral ha scritto:
CitazioneL'io infatti non è una cosa con una sua permanenza oggettiva, ma il modo di darsi di una relazione che accade ripetendosi nel mondo in rapporto a ciò che non sono.
Si cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante.
Come si può affermare che l'io non ha una "permanenza oggettiva"? E' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.

La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà. E invece la mente materialista ribalta la situazione, affermando la realtà della materia e l'inconsistenza dell'io, e costruisce su questa base l'edificio della scienza... Una base che si fonda su un postulato arbitrario e contrario all'esperienza soggettiva. Straordinaria esempio di logica e coerenza. E poi per arrivare a cosa? A non spiegare nulla di rilevante. Ad alzare le mani di fronte ad ogni domanda che non sia un "come" o un "quanto".

Non è fede, questa? E in virtù di cosa si crede all'esistenza degli elettroni, dei protoni, degli atomi e di tutto il resto? Ciascuno di noi li ha personalmente verificati? Ha costruito gli strumenti necessari? Ha elaborato gli strumenti matematici e le teorie necessarie per interpretare i dati? Certamente no. Ci si fida del lavoro di altri ritenuti degni di fiducia, e anche gli scienziati lo fanno: qual è lo scienziato che ha personalmente verificato tutto il "materiale" che gli serve per portare il suo piccolo contributo alla conoscenza? Nessuno, ovviamente: non basterebbero cento vite. La scienza procede perché vi è una comunità di persone ritenute degne di fiducia che convalida risultati ritenuti degni di ficucia.

Ma se applichiamo questo principio ad altri aspetti della realtà, scopriamo di poter espandere la nostra visione della realtà stessa.
Dovremmo prendere atto che da quando esiste l'uomo vi sono stati migliaia, forse milioni di individui che hanno dichiarato di poter vedere una realtà "sottile", esattamente con la stessa certezza con cui ciascuno di noi vede la realtà "grossolana". E fra queste persone, evidentemente dotate di qualche facoltà superiore alla media, esattamente come qualcuno è più intelligente di altri, vi erano e vi sono persone spiritualmente straordinarie, maestri spirituali il cui unico scopo nella vita era ed è aiutare gli altri; persone straordinarie, attorniate da cerchie di persone animate dallo stesso spirito e che hanno portato diretta testimonianza dei loro maestri. Non faccio nomi, ce n'è un'infinità, grandi e piccoli, noti e meno noti. E quel che dicono tutte queste persone, riguardo alla realtà "sottile", è esattamente la stessa cosa. Tutti descrivono in essenza la stessa realtà, con una concordia che non si ritrova neanche nella comunità scientifica.
Perché allora non prestare a queste persone - che non hanno mai mostrato di voler ingannare, anzi il contrario - la stessa fiducia che accordiamo alla comunità scientifica? (Per inciso, è questo ciò che intendevo con "rivelazione", quando ne ho accennato in un post precedente.)

La risposta è semplice: farlo significherebbe minare alla radice la mente materialista, a cui evidentemente si è tanto affezionati.
Ne Il paese dei chiechi, Wells illustra bene come sia impossibile convincere un cieco che esiste una realtà che lui non riesce vedere; e colui che vede, è solo un pazzo.
#158
Citazioni da Sgiombo:
CitazioneMa questa è solo una banale tautologia: il tutto è tutto.
Bella scoperta!
Ma non vedo come possa costituire la (pretesa) risposta alla (pretesa) domanda (senza senso) sul senso della totalità del reale.
La tautologia è tutta e solo in quella frase, in cui il concetto di TUTTO è stato svuotato (intenzionalmente) di ogni significato.
Eppure è un concetto antico quanto la filosofia: il finito è contingente, solo l'infinito è assoluto.
Evidentemente non lo si è compreso. Nel Kybalion si dice:
"Non appena l'allievo sarà pronto per la Verità, questo libro giungerà a lui."

CitazioneIl principio antropico l' ho sempre ritenuto una bufala irrazionalistica, tipica espressione della totale impreparazione filosofica di tantissimi scienziati che vanno per la maggiore: dal momento che la vita intelligente c' è nell' universo, allora è banalissimamente ovvio che l' universo non poteva non essere fatto (da nessuno: non poteva non avere le caratteristiche che ha) che in modo tale che la vita intelligente ci fosse.
Questa sì che è una tautologia: si afferma che "l'universo è così perché è così". E questo vale non solo col "perché", ma anche col "come" e col "quanto". Ha senso chiedersi com'è o quant'è l'universo, se l'universo è quel che è e non poteva essere diversamente, e non ci sono nemmeno termini di riferimento per confrontarlo?

CitazionePer quel che ci è possibile ragionevolmente arguire in proposito credo proprio che in assenza di un cervello vivo e funzionante (per lo meno potenzialmente e di solito di fatto indirettamente) nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti (dunque prima della nascita e dopo a morte) non possa darsi mente cosciente.
Non vedo come considerare un piano ontologico mentale diverso da quello materiale sia contraddittorio con il considerare le menti coscienti mortali (aventi durata temporale finita, con un inizio e una fine).
E con questo si compie l'apoteosi dell'insensatezza. Abbiamo il noumeno, una realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, da cui dipendono due precari piani ontologici che non sussistono di per sé, che non sono nemmeno in grado di interagire l'uno con l'altro, e i cui contenuti fluttuano nell'impermanenza. La mente cosciente sorge dal nulla e sparisce nel nulla, senza spiegare come avvenga il mistero dell'individuazione, cioè come avvenga che io (non una mente cosciente qualsiasi, ma: io) sia apparso "qui e ora", e non in un altro qualsiasi "qui e ora". Dov'è l'incoerenza? Non era necessario postulare un piano ontologico proprio per la coscienza: se la l'idea che la mente cosciente è comunque legata all'esistenza corporea, tanto vale risolvere il problema restando nel piano ontologico della materia (e risparmio un piano: rasoio di Occam). Quanto alla realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, sembra proprio avere tutte le prerogative di Dio, senza però che lo si possa nominare tale: l'ideologia materialista non lo consente.

CitazioneMa certamente uno che ritiene "razionale" l' affermazione che "E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto" [evidentemente prima di esserci] ha dei concetti di "coerenza logica" e di "contraddizione" molto personali, per così dire...
La coerenza logica delle concezioni altrui di solito la si verifica partendo dalle premesse altrui, non dalle proprie.
Io ho fatto così con le concezioni di altri, ma non ho visto fare altrettanto con le mie.
#159
Una questione tira l'altra...
Cito ancora qua e là da Sgiombo, e commento.

CitazioneE' logicamente impossibile (non c'è possibile scelta di "impostazione" che tenga!) attribuire un senso alla realtà in toto (non esistendo per definizione alcunché d' altro oltre di essa, dunque in particolare "qualcosa che ne possa costituire il "senso");
Infatti, sono d'accordo. Proprio perché è vero quel che dici, l'unica soluzione logicamente sensata è che la totalità del reale sia il TUTTO: il TUTTO è ciò che include in sé tutte le possibili cause, tutti i possibili effetti e tutti i possibili sensi. Gli universi manifestati sono solo espressioni contingenti del TUTTO.

CitazioneSemplicemente si é constatato che per credere vero ciò che ci dice la conoscenza scientifica (e per contunuare a fare ricerca scientifica) é necessario postulare che Dio, se anche c' é, non interferisca (da dopo la creazione fino all' apocalissi) col divenire naturale, così come nient' altro di non naturale: bisgna che il divenire naturale sia regolato secondo modalità universali e costanti e questo non consente l' irrompere in esso di elementi di disordine, che falsificherebbe ogni e qualsiasi legge fisica conosciuta o immaginabile; [...]
Ora ho finalmente capito cos'è che disturba tanto nell'idea del disegno intelligente. Se si intende la versione riportata da Sgiombo, sono perfettamente d'accordo anch'io: un Dio "interventista" è qualcosa che mi fa letteralmente ribrezzo. Questa sì che è una visione superata, ma superata non solo dalla scienza, anche dalla filosofia. Superata e ingenua.
Quel che si deve intendere, quando si parla di disegno intelligente, è qualcosa di più sottile.

Supponiamo che Dio esista. Se esiste, e se decide di creare un universo, ha naturalmente carta bianca: può stabilire le leggi fisiche che crede e bilanciarle come crede; ha a disposizione tutta la materia che vuole, materia da lavorare come più gli aggrada; ha tutto lo spazio che serve per sistemare quella materia e ha anche tutto il tempo necessario da dare a quell'universo per evolvere. Giusto? Ora, però, converrete che se Dio decide di creare un universo, non lo fa tanto per fare, ma per uno scopo, giusto?

E allora immaginiamo Dio come il più felice degli ingegneri che può progettare una macchina industriale avendo completa carta bianca su tutto, dalle leggi fisiche ai materiali. Non penserete certo che quell'ingegnere realizzerà una macchina insensata che non produce nulla? Assurdo, no? Quell'ingegnere realizzerà certamente un macchina che, una volta avviata, produrrà esattamente quello che l'ingegnere si prefigge, senza alcun bisogno di interventi straordinari.

La concezione, più seria, del disegno intelligente è questa: il disegno intelligente è intessuto nelle fibre stesse dell'universo, senza alcuna necessità di interventi straordinari da parte di Dio. E lo scienziato può indagare l'universo proprio come se Dio non esistesse. Semmai, potrebbe restare stupito della straordinaria finezza della sua regolazione, tanto che se il cosmo fosse regolato diversamente, anche di pochissimo, lui non sarebbe lì a stupirsi di tanta meraviglia... E' il principio antropico: l'universo sembra essere regolato per poter dare luogo alla vita e alla vita intelligente.

CitazioneL' entanglement quantistico non ha nulla di "misterioso", é una regolarità del divenire naturale come le altre, solo "un po' inaspettata" al momento in cui é stata scoperta.
Infatti io non invoco nulla di misterioso. Tutto ciò che accade nell'universo è naturale. Anche i fenomeni psi, come la telepatia, che potrebbero trovare una spiegazione nel fenomeno dell'entanglement.

Concludo chiedendo a Sgiombo una cosa che mi sono dimenticato di chiedere prima.
Nella tua concezione, la mente cosciente è mortale o immortale? Esiste prima di congiungersi al corpo materiale? Se sì, qual è la sua condizione? E dopo la morte del corpo materiale, continua a esistere la mente cosciente? E se sì, qual è la sua condizione?
Visto che colleghi la mente cosciente al piano ontologico della res cogitans, mi viene da pensare, per coerenza, che tu la ritenga immortale.
#160
Sgiombo, replico solo a un paio di cose del tuo ultimo messaggio.
Per il resto ho compreso la tua concezione, quel tanto che basta per starne alla larga (detto con simpatia  ;)).

CitazionePerché invece tu credi forse di essere venuto al mondo per tua libera scelta, con le caratteristiche (che ti ritrovi) che tu liberamente ti sei scelto prima di esistere?
Assurdo! autocontraddittorio!
E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto.
Reincarnazione e karma, questi sono i concetti chiave. L'evoluzione della vita è un processo letteralmente infinito che porta ogni atomo a divenire un Dio (concetto che sarebbe da chiarire...), e a sua volta un creatore di universi.
E' questo lo scopo per cui siamo qui.

CitazioneDi esoterismo sono completamente digiuno (sono razionalista).
L'esoterismo e la teosofia sono assolutamente razionali, benché includano anche la comprensione di stati di coscienza sovra-razionali, che non contraddicono la mente razionale, ma si elevano dove essa non può giungere.
C'è molta più razionalità nella concezione teosofica che nella tua, dove ravvedo (ma è una mia opinione) una razionalità fredda, artificiosa, inutilmente complicata, un po' sofistica, troppo disinteressata alle vere domande che l'uomo si pone. E dove l'amore e la fratellanza umana sembrano quasi parole prive di senso.
(Sempre con simpatia, mi raccomando...  ;D)
#161
Segue qualche commento al precedente post di maral
[questo --> Citazione da: maral - Tue Apr 26 2016 22:27:42 GMT+0200]
Ne riporto solo i passi rilevanti.

Citazione[...] l'idea del disegno intelligente era definita entro i confini di una visione precedente che è stata superata in relazione alle sue trascendenti indefinibili implicazioni che non ne permettono alcuna valutazione scientifica, poiché qualsiasi osservatore che volesse dire qualcosa sul disegno intelligente sarebbe un elemento di quello stesso disegno che pretende di definire. 
Non mi pare si possa dire che l'ipotesi del "disegno intelligente" sia stata superata, nel senso di "verificata e poi accantonata": è stata semplicemente accantonata, questo sì, ma per ragioni ideologiche, cioè filosofiche, in nome di una visione del mondo autosufficiente rispetto a quel Dio che era il cardine delle precedenti concezioni. Ad un certo punto si è stabilito che dovesse valere quella che Sgiombo ben definisce la "chiusura causale": i fenomeni dell'universo si devono poter spiegare con cause che restano all'interno dell'universo. Ma lo si è stabilito "a tavolino", come assioma. Un assioma che ti porta all'arcinota contraddizione della causa prima: ossia, dopo aver risalito la catena delle cause fino all'origine (diciamo fino al Big Bang), qui la catena si deve interrompere, perché prima non c'era l'universo e quindi non c'era una causa a cui far attribuire l'inizio dell'universo stesso. Oppure bisogna postulare la causa incausata, l'aristotelico motore immobile... concetto poco scientifico, no?

No, nessuno ha verificato l'ipotesi del disegno intelligente... Benché la moderna fisica quantistica sia arrivata a concepire un universo dove non esistono parti (che sono illusioni), ma solo un TUTTO strettamente interrelato. in questo senso la fisica quantistica è arrivata a capire quello che la philosophia perennis dice da sempre (migliaia e migliaia d'anni). Il fenomeno dell'entanglement è la base su cui avviare una nuova comprensione dell'universo come l'antica Anima Mundi.

E poi, chi l'ha detto che il disegno intelligente non si può conoscere perché noi ne siamo dentro? E se chi l'ha concepito, quel disegno intelligente (perché qualcuno lo deve aver concepito), semplicemente ce lo rivelasse? Rivelazione - termine passato di moda, vero? - Certo, nei limiti della nostra comprensione, ma sempre meglio che il non-senso del nulla.
Comunque non procedo oltre col disegno intelligente, perché non è propriamente la soluzione a cui io penso. E' solo per far comprendere che vi è una preclusione ideologica nei suoi confronti.

CitazioneMa è proprio alla luce di questa unità che non ha senso considerare la materia separata dalla coscienza o la coscienza come una sorta di spiritualità del tutto immateriale che dal di fuori ordina la materia.
Infatti, sono d'accordo. Io sono un assoluto monista. Lo spirito e la materia sono i due poli di una stessa sostanza non-manifesta (Para Brahman può essere uno dei suoi nomi). Però io credo che questa sostanza non manifesta emani da se stessa l'aspetto materia (Prakrti) come veicolo e strumento dell'aspetto spirito (Purusha), anch'esso emanato dalla sostanza non-manifesta.

CitazioneC'è tutto un filone di ricerca che tenta di definire la coscienza nei termini di funzionamento interattivo dei neuroni. Uno degli esponenti più interessanti è Damasio che vede il fenomeno coscienza come una interazione continua tra i neuroni del midollo allungato e quelli dell'area neocorticale, in stretta polemica con l'idea cartesiana di una res cogitans. La psiche è materia non intesa come cosa, ma come relazione, non una sostanza ineffabile che sta oltre la materia vivente.
Io intendevo dire che il fenomeno della coscienza non viene oggi inteso come parte attiva nell'universo, né pertanto indagato come tale. Viene inteso riduttivamente nel modo che hai detto tu. Io, sinceramente, provo quasi compassione per questi tentativi, per queste menti peraltro brillanti che credono di poter spiegare l'origine della coscienza in questo modo. In poche righe si può dimostrare che la coscienza non può venire fuori in quel modo.

Vi è un esperienza interiore che tutti possono fare, ed è quella del proprio perdurare come io-sono aldilà dei mutevoli contenuti che attraversano l'io-sono.
Ora, se l'io-sono perdura costantemente, e se è vero che esso è generato dal corpo, si deve trovare qualcosa nel corpo che perdura.
Ma vi è qualcosa nel corpo che perdura? Assolutamente no. Perfino nel cervello non c'è nulla che sia immutabile: i neuroni (benché propriamente non muoiano) comunque scambiano molecole, energia, cambiano potenziale elettrico etc.
Non c'è nulla che resti uguale a se stesso nel corpo umano, e dunque nulla a cui agganciare quell'io-sono che noi sentiamo indubitabilmente essere sempre uguale a se stesso.
#162
Segue qualche commento al precedente post di Sgiombo
[questo --> Citazione da: sgiombo - Thu Apr 28 2016 12:56:12 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)]
Ne riporto solo i passi rilevanti.

Citazione[...] salvo l' affermazione "cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo" [...]
Per come io intendevo il senso delle mie parole, la volontà dell'individuo è un'espressione della mente cosciente, ma tu sembri non pensarla così.
Cosa intendi dunque per "volontà dell'individuo"?

Citazione[...] il corpo materiale e il cervello sarebbero  orpelli perfettamente inutili rispetto alla mente cosciente, dato che essa diviene altrettanto autonomamente secondo i modi sui propri [...]
Qui si spalancherebbe un mondo di domande... Se il corpo e il cervello sono orpelli inutili per la mente cosciente, dato che questa diviene nel suo mondo e per conto suo, per quale motivo la mente cosciente si trova ad essere "innestata", "legata" ad un pezzo di materia che non le fornisce nulla di utile per la sua evoluzione, e di cui potrebbe fare a meno? La mia è una richiesta di senso, lo so come rispondi alle mie richieste di senso, ma questa non è una domanda che riguarda il senso complessivo dell'universo, riguarda il senso di un porzione molto piccola dell'universo, di una porzione molto piccola di materia-pensiero... Se si sfugge anche in questo caso alla richiesta di senso, allora si può sfuggirne sempre, in ogni occasione e per qualunque fenomeno grande o piccolo dell'universo. Le ragioni stesse dell'atto conoscitivo verrebbero meno.
Inoltre, tu dici che la mente cosciente evolve nel suo piano. Ora, ciò che evolve, evolve da una condizione verso un'altra condizione. Nel caso della mente cosciente, qual è la condizione iniziale da cui parte e qual è la condizione finale (oppure la prossima condizione a cui arriverà, in una serie di condizioni infinite)? Ancora: è un'evoluzione che è un progresso, o è un vano girare in tondo senza meta? Naturalmente vorrei anche chiederti "perché?", ma evito...

Citazione[...] (le cui componenti "cogitantes" non sono misurabili nè intersoggettivamente verificabili, e conseguentemente non sono conoscibili scientificamente, per lo meno in senso "stretto" o "proprio").
Dici che la res cogitans non può essere oggetto di conoscenza scientifica perché non è misurabile né verificabile intersoggettivamente. Ma la misurabilità e la verificabilità intersoggettiva della res extensa avviene attraverso la mente cosciente, non per conto suo. Come mai, chiedo, la res cogitans non può compiere sul suo piano quella verifica intersoggettiva che compie sul piano della res extensa? Questa domanda è legata ad un altra: qual è il rapporto fra tutte le menti coscienti che esistono nel piano della res cogitans? Sono in relazione fra loro, nel loro piano? Oppure sono monadi incomunicabili?

CitazioneL' assioma della chiusura causale del mondo fisico é imprescindibile perché possa darsene conoscenza scientifica (e infatti nessun "disegno intelligente" che non sia naturalmente tale, cioé dovuto ad esempio all' uomo, é compatibile con la conoscenza scientifica).
Perché darsi tanta pena per garantire la conoscibilità del piano materiale, se il prezzo da pagare è la totale inconoscibilità del res extensa, e una assoluta mancanza di senso?
Tanto più che questa insensatezza non è una necessità, ma una precisa scelta dell'impostazione assunta: con altre impostazioni, si può dare una risposta alla richiesta di senso, senza rinunciare in nulla alla conoscibilità del tutto.

CitazioneNon vedo alcuna "schiavitù" (concetto antropomorfo, non applicabile a mio avviso, se non in senso meramemnte metaforico, alla realtà extraumana), ma solo un determinismo (ovvero ordine del divenire), che per lo meno in una forma "debole", statistica - probabilistica é presupposto necessario (e indimostrabile: Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (in particolare della res extensa); e secondo me anche della valutabilità in termini di etica dell' agire umano.
Puoi anche non chiamarla schiavitù, ma nella tua concezione la mente cosciente scende in un corpo che non controlla, assiste ad un film che non ha deciso di vedere (cioè tutte le esperienze percettive della vita) e subisce anche le eventuali conseguenze negative (punizioni) di comportamenti assunti dal corpo che la ospita. Quanto all'etica, semplicemente sparisce: se l'agire umano è deterministicamente stabilito (o anche probabilisticamente stabilito), se il libero arbitrio non esiste... be', non c'è responsabilità morale: quel che accade, accade perché deve accadere.

CitazioneLe cose secondo me stanno in questi termini semplicemente perché stanno in questi termini.
Allora tanto valeva che il primo uomo che si è chiesto "Perché piove?", prendesse per buona la risposta del suo compagno: "Piove perché piove". L'uomo sarebbe ancora lì, a scheggiare pezzi di selce e a masticare pelli.

CitazioneChiedersi il perché dalla totalità del reale non ha senso perché oltre ad essa non ci può essere altro [...]
La "totalità del reale" è un'espressione fuorviante: cosa intendi, il nostro universo osservabile?
Allora, non sappiamo se il nostro universo è la totalità del reale: è la totalità dell'osservabile, ma è una cosa ben diversa.
Potrebbero esserci altri universi, e il nostro universo potrebbe essere semplicemente una parte di una totalità maggiore, un fenomeno anch'esso. E se è un fenomeno, non vedo perché non possa chiedermi le ragioni di quel fenomeno, esattamente come per tutti gli altri fenomeni.
E poi, dire che una certa domanda non si può porre perché ti porta al di fuori della "totalità del reale", significa che tu conosci già i limiti della totalità del reale, oppure che li dai per scontati... E invece proprio l'espandersi della conoscenza potrebbe portare a ridefinire i limiti della totalità del reale.
(L'unica totalità rispetto a cui non ci può essere altro è la totalità di tutti i possibili "universi"... ma questo è il TUTTO di cui parla l'esoterismo, ad esempio il Kybalion.)
#163
Sgiombo ha scritto:

CitazioneIn proposito è anche mia convinzione che nonesiste solo ciò che è esplorabile dalla scienza e che non è vero che ciò che non è esplorabile, non esiste.
Ma (non essendo monista, contrariamente a te) credo che comunque nell'ambito materiale naturale della realtà esiste (e diviene) solo ciò che è esplorabile dalla scienza: la materia.
Secondo me la mente cosciente è reale su un altro "piano ontologico" e non interferisce con la res extensa: esplorando la natura materiale non la si incontra come sua componente o parte integrante (assumendo l' atteggiamento di dubbio metodico cartesiano non si può non ammettere che alcuni o anche tutti gli uomini e animali che ciascuno di noi percepisce, con i loro comportamenti più o meno intelligenti, potrebbero anche essere dei meri zombi privi di coscienza senza che nulla cambi nel mondo naturale materiale, senza alcuna possibilità di accorgercene).

Vorrei approfondire le implicazioni di quanto affermi.

Se è vero che la mente cosciente non interferisce con la res extensa, cioè con il piano materiale, allora le azioni che un individuo compie non dipendono dalla mente cosciente, cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo. Il nostro corpo, allora, agirebbe e si muoverebbe solo per conseguenza di altre cause che stanno nel piano materiale. Il libero arbitrio non esisterebbe. In altri termini, la mente cosciente dell'essere umano sarebbe solo il prigioniero testimone di un robot biologico, vivendo nell'illusione di poterne controllare (almeno in parte) le azioni.
Ne segue anche questa riflessione: la mente cosciente sarebbe un orpello perfettamente inutile, dato che il corpo agisce autonomamente in virtù di cause materiali.

Anche altrove hai parlato di "chiusura causale " del piano materiale: cioè, secondo tale assioma, tutto quanto avviene sul piano materiale ha una causa che sta nello stesso piano. E' l'assioma che porterebbe ad escludere ogni "disegno intelligente".

La mia conclusione, ovviamente, è una domanda: perché la mente cosciente dovrebbe scendere sul piano materiale ed essere sottoposta a questa sorta di impotente, ingannevole schiavitù?
Qualunque risposta è accettabile, tranne "la domanda è mal posta"...  ;)
#164
Dopo un centinaio di post in questo 3D, vorrei fare il punto della situazione.

La questione iniziale era: la moderna sintesi dell'evoluzione, o neodarwinismo, è davvero in grado di spiegare tutto? È una teoria scientifica sufficientemente comprovata? Oppure no, e allora criticarla non è retrogrado, ma semmai un'operazione necessaria e costruttiva?
In base alle informazioni che ho potuto leggere qui, e altrove sul web, mi pare si possa dire quanto segue.

A) Nell'ambito della micro-evoluzione, la teoria è convincente e comprovata (anche se magari migliorabile, come tutte le teorie), come dimostrano numerosissimi esperimenti in laboratorio.

B) Nell'ambito della macro-evoluzione, dove non è possibile evidentemente condurre esperimenti di laboratorio, la situazione è ben diversa, e una parte non disprezzabile della comunità scientifica ravvede numerosi problemi irrisolti. La paleontologia offre una documentazione relativamente scarsa, e ovviamente non replicabile in laboratorio. Le ricostruzioni filogenetiche, pertanto, si basano su pochi e controversi elementi, e le lacune sono integrate con abbondante wishful thinking; così come, del resto, la descrizione dei meccanismi che produrrebbero la macro-evoluzione. Non esistono modellazioni matematiche che supportino i meccanismi evolutivi invocati; peraltro si rileva, nei sostenitori della teoria, una sostanziale insensibilità al problema della verosimiglianza dei meccanismi invocati, tanto che il problema di una seria e rigorosa verifica matematica e statistica è poco (o per nulla) sentito. Si ha l'impressione che, per i sostenitori della teoria, la verifica matematica non sia necessaria, forse perché si ritiene esauriente la descrizione dei meccanismi, oppure perché la teoria non può che essere vera (poiché non ve ne sono altre accettabili), e prima o poi le prove arriveranno.

Stando così le cose, le due "fazioni" hanno ben poco da discutere. La sensibilità alla verosimiglianza non si può imporre, né si può rimuovere da chi la avverte. Solo elementi nuovi potrebbero riavviare fruttuosamente la discussione. In mancanza di questi, io personalmente mi astengo da ulteriori interventi sul tema specifico (sul piano filosofico, invece, si può dire ancora molto).

In conclusione, l'opinione non solo mia, ma anche di una parte della comunità scientifica, è che il neodarwinismo sia in parte comprovato, ma in parte no; e per quest'ultima parte, il neodarwinismo è solo un'ipotesi come altre ipotesi da verificare. Non sembra motivata, quindi, alcuna forma di preclusione e di chiusura (ai limiti dell'anatema...) nei confronti di altre ipotesi.
#165
Sgiombo ha scritto:
CitazioneQuesto a parte il fatto che, come ho già risposto a Loris Bagnara, quello del rapporto cervello/coscienza non é un problema scientidfico e non ha nulla a che vedere con l' evoluzione bologica: qualcuno o tutti gli animali (uomini compresi) che si osservano e sono comparsi per l' evoluzione biologica potrebbe anche essere in teoria uno zombi privo di coscienza e comportarsi esattamente allo stesso modo di come si comporta essendo dotato di coscienza, e non sarebbe assolutamente possibile accorgersene in alcun modo; e l' evoluzione biologica non sarebbe mutata di una virgola!
Questo si può affermare solo al prezzo di trascurare il fatto incontrovertibile che l'intera evoluzione della specie umana è la storia di un progressivo trasferimento di funzioni dal corpo alla mente, tanto che se oggi riducessimo l'intelligenza umana a quella dei nostri cugini antropoidi, la specie umana sparirebbe nel giro di poche settimane.
L'uomo ha "rinunciato" al pelo e ha perduto gran parte della sua resistenza naturale alle intemperie, perché ha imparato a vestirsi e a riscaldarsi. Ha perduto forza fisica, denti e artigli perché ha imparato a costruirsi strumenti e armi. Ha modificato la laringe per poter parlare e comunicare, divenendo così l'unico animale che può soffocare mangiando.
E la lista potrebbe continuare a lungo.

L'evoluzione umana è la prova che la coscienza e l'intelligenza non possono essere escluse dalla evoluzione biologica nella sua globalità.
A meno che non si voglia porre una distinzione fra "comportamento intelligente" e "intelligenza autocosciente" vera e propria: anche uno zombi biologico potrebbe comportarsi in maniera apparentemente intelligente, pur essendo privo di reale autocoscienza. Quindi, si potrebbe in teoria affermare che l'evoluzione biologica potrebbe aver prodotto il comportamento intelligente nella specie umana, ma che l'intelligenza autocosciente comunque proverrebbe da un'altra dimensione e si sovrapporrebbe all'intelligenza "biologica", aderendovi perfettamente... Chi è soddisfatto di una soluzione del genere, alzi la mano (io però non lo sono...).