Noto che c'è, come dire, parecchina carne al fuoco...
In questo magma caotico di pensieri non riesco, forse naturalmente per colpa mia, a focalizzare
l'argomento di cui si sta discutendo. Green, che avvia la discussione, ringrazia me e Paul
puntualizzando però: "sebbene non accetti il vostro fermarvi alle soglie della questione".
Quale questione? La questione è forse di definire l'"Essere"?
Mi sembra palese e persino banale dire che l'"Essere" di Severino è quello di Parmenide (e
perciò NON quello di Aristotele e Heidegger - e men che meno quello di Kant, che intende
l'essere come "reale" in contrapposizione al "dover essere" ideale).
Essendo, quello di Severino, l'Essere di Parmenide esso è SEMPRE identico a se stesso, non
potendovi essere momenti temporali nei quali l'identico non è identico a se stesso (come invece
è nel PDNC aristotelico).
Quello di Parmenide e Severino è un principio di non contraddizione radicalmente ontologico:
"l'Essere è e non può non essere" significa che tutto ciò che è lo è sempre stato e lo sarà
per sempre. Nessuna "sostanza"; nessun "indiveniente NEL divenire" vi è contemplato; PERCHE'
non vi è contemplato il tempo.
Quindi, Green, non vi è "substrato", o "sostanza", perchè questi concetti arriveranno solo
con Aristotele, il quale innesterà nel PNC parmenideo il tempo, ovvero il divenire.
Da quel momento (dal "parricidio") l'Essere sarà inteso appunto come ricerca di un fantomatico
"substrato delle cose", ed anche in Heidegger si manterrà tale, individuato prima nel tempo
come "possibilità dell'esser-ci di progettarsi nel futuro", poi, dopo la "svolta", nella
physis.
Completamente diverso è invece il discorso sul noumeno kantiano, che nulla ha a che fare con
il "substrato" che il pensiero, nella storia (dopo Parmenide, ovviamente), ha teorizzato
come l'"Essere".
saluti
In questo magma caotico di pensieri non riesco, forse naturalmente per colpa mia, a focalizzare
l'argomento di cui si sta discutendo. Green, che avvia la discussione, ringrazia me e Paul
puntualizzando però: "sebbene non accetti il vostro fermarvi alle soglie della questione".
Quale questione? La questione è forse di definire l'"Essere"?
Mi sembra palese e persino banale dire che l'"Essere" di Severino è quello di Parmenide (e
perciò NON quello di Aristotele e Heidegger - e men che meno quello di Kant, che intende
l'essere come "reale" in contrapposizione al "dover essere" ideale).
Essendo, quello di Severino, l'Essere di Parmenide esso è SEMPRE identico a se stesso, non
potendovi essere momenti temporali nei quali l'identico non è identico a se stesso (come invece
è nel PDNC aristotelico).
Quello di Parmenide e Severino è un principio di non contraddizione radicalmente ontologico:
"l'Essere è e non può non essere" significa che tutto ciò che è lo è sempre stato e lo sarà
per sempre. Nessuna "sostanza"; nessun "indiveniente NEL divenire" vi è contemplato; PERCHE'
non vi è contemplato il tempo.
Quindi, Green, non vi è "substrato", o "sostanza", perchè questi concetti arriveranno solo
con Aristotele, il quale innesterà nel PNC parmenideo il tempo, ovvero il divenire.
Da quel momento (dal "parricidio") l'Essere sarà inteso appunto come ricerca di un fantomatico
"substrato delle cose", ed anche in Heidegger si manterrà tale, individuato prima nel tempo
come "possibilità dell'esser-ci di progettarsi nel futuro", poi, dopo la "svolta", nella
physis.
Completamente diverso è invece il discorso sul noumeno kantiano, che nulla ha a che fare con
il "substrato" che il pensiero, nella storia (dopo Parmenide, ovviamente), ha teorizzato
come l'"Essere".
saluti