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Messaggi - HollyFabius

#151
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 22:09:30 PM
Non essendo un concetto della mente come potrei  definire il vuoto ? La vacuità delle cose è essenzialmente un'esperienza intuitiva, non riproducibile in una frase, in un concetto, in un'idea. E' come voler descrivere un leone ad una persona che non l'ha mai visto e che conosce solo cavalli e tartarughe. Come puoi fare se non dire  "non è questo e non è neppure quello"? Non è un essere e neppure un non-essere. Il pensiero occidentale è profondamento influenzato dall'idea dell'essere e dall'idea della sua negazione e dal pensiero cristiano, che è l'apoteosi, a mio modesto parere, del concetto di essere.
Se osservo un tavolo, per usare l'es., noto che è composto da un'infinità di elementi non-tavolo (il legno, la colla, la vernice,il lavoro del falegname, i feltrini,ecc.). Ora l'essere (tavolo) si può definire o no la somma di infiniti elementi di non-tavolo? E senza gli elementi non-tavolo dove possiamo trovare l'essenza del tavolo? E' la sua funzione, il suo utilizzo l'essenza del tavolo? Ma qual'è la sua funzione che ne può definire l'essenza? Può servire per mangiare , ma me lo posso mettere sopra la testa per proteggermi dalla pioggia. Analizzando così ogni cosa, la troviamo dipendente da un'infinità di altre cose. Ora convenzionalmente si parla di tavolo, ma analizzandolo in profondità vediamo che è composto da non-tavolo. E così ogni cosa. Ma non è un'illusione nel senso che tu intendi o un nulla. C'è ben presente la funzione tavolo, l'idea di tavolo, il concetto di tavolo e l'immagine di tavolo. Infatti se tu e io parliamo di un tavolo, immaginiamo entrambi, con variazioni personali, un bel tavolo con quattro gambe. In questo senso il tavolo esiste. Ora estendo lo stesso vedere alla coscienza. Se abbiamo un pò di pratica introspettiva osserviamo che quello che definiamo" Io sono" è composto da un'infinità di stati mentali che appaiono e scompaiono incessantemente, di pensieri che sorgono e, prima ancora di svanire, sorgono nuovamente, di pulsioni e desideri consci e inconsci. Qual'è l'essere o essenza di questo processo ? L'esser consapevoli di questo andirivieni ? Nemmeno la consapevolezza è stabile; sorge e svanisce di continuo, esattamente come tutti gli altri stati mentali. Quando sorge diciamo "Ecco, io sono", ma poi svanisce e allora non siamo più consapevoli di tutti i nostri processi interiori ( per es. agiamo d'istinto, inconsapevolmente, svaniamo nel sonno profondo,ecc.).
Assumere l'idea che la somma di infiniti non tavolo sia veramente un tavolo è, sempre a mio modesto parere, un errore del pensiero. Assumere l'idea che la somma di infiniti non-coscienza sia una coscienza è ancora un errore del pensiero. Per questo si parla di vacuità di ogni cosa. Nessuna essenza da trovare quindi nessuna illusione che ci sia un'essenza da trovare.
Proprio perchè non c'è un "tavolo" costruiamo tavoli meravigliosi.
Attenzione però a voler trascendere con il pensare questo semplice, veramente semplice, ordinario "vedere" le cose.  La vacuità ( o vuoto) non va intesa come l'assoluto, il Reale o l'essenza ultima di ogni cosa. Così facendo ripiombiamo di nuovo nel concetto di essere o in quello di non-essere. Il reale trascende il pensiero? Per essere coerente dovrei rispondere: "Al mattino bevo il caffè...".
La cosa che non mi convince è proprio nella premessa, io vedo il vuoto come un concetto della mente.
Un primo punto di riflessione credo che sia su come considerare l'intuizione, essa anticipa la ragione o viene dopo un minimo di processo sensibile e quindi derivato dal fenomeno?  L'idea intuitiva del vuoto prescinde dalla conoscenza sensoriale della realtà? Io credo di no, viene dopo, come assenza di questa conoscenza.
Tu hai esemplificato su l'essere tavolo, ovvero usando un 'oggetto' esperienziale del quale abbiamo una esperienza sensoriale (tattile, visiva, ecc.) ma la stessa cosa non potresti farla con il numero 5, o con la cosa ancora più astratta del numero x. In questo caso l'essere numero x del numero x non dipende da altro che da se stesso. L'intuizione mentale pura (di un generico numero non definito) non è liberata dall'esperienza dei sensi perché nella nostra mente sappiamo che esiste una relazione fenomenica tra questa immagine e (per esempio) l'atto del contare sino a x, ma sappiamo decidere se l'intuizione del generico numero x è derivata, razionale o immediata, irrazionale?
La vacuità delle cose è un concetto utilizzabile per il numero x?
L'infinito è un concetto di cui ho intuizione, ma ho certezza della sua esistenza? Posso veramente realizzare una elaborazione intellettuale in grado di dare ragione all'infinito? Non è esso stesso nulla? Oppure posso considerare il nulla una infinita sottrazione di oggettualità? Ma in questo caso come mi pongo con la constatazione che non sono in condizione di dare ragione all'infinito?
Insomma attorno al nulla dovrò pur costruire un sistema di categorie che ne diano valenza intuitiva. L'assenza di questo sistema, di qualunque sistema non realizza il nulla, lo nega.


#152
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 15:45:57 PM"L'essere è e non può non essere" e "il non-essere non è, e non può essere". (Parmenide)
Niente di più lontano da quello che maldestramente intendo dire. L'essere, nel mio intendere, è reale ma vuoto di esistenza intrinseca, in quanto dipendente da una moltitudine di fattori che sono non-essere. Di più, al di là di  questa moltitudine di fattori di non-essere non è dato trovare alcun essere. "L'essere è " dice Parmenide al che mi vien da domandargli "Sì...ma dov'è?" E per spiegarmi cosa intende per essere sarà costretto ad usare termini che sono non-essere. E "il non-essere non è" al che di nuovo verrebbe da dirgli:" Ma guardati intorno...è dappertutto!". Essere e non essere sono una dualità necessaria al pensiero.  Il reale trascende entrambi. Il reale è non-duale ed è vuoto di essere e di non-essere. Nessuna posizione. Aria libera. Finestrini abbassati.

Dobbiamo considerare il fatto che la riflessione ontologica di Parmenide è precristiana, non esistono per lui la categoria del fenomeno e del noumeno, non esiste il divenire. Il suo interrogarsi sull'essere è interrogarsi sul essere tavolo del tavolo, sull'essere uno dell'uno, sull'essere cento del cento e contemporaneamente è interrogarsi sul non-essere del tavolo prima che sia tavolo in assenza di un chiara esposizione del divenire, probabilmente anche un interrogarsi sulla essenza del cento in un contesto immanente. Per questo sospetto che la tua esposizione della negazione dell'essere sia vicina alla sua. Tu stesso infatti parli di essere e di non essere come dualità interna al pensiero ma poi usi il vuoto nel reale che assomiglia tanto al non essere nel mondo del pensiero precristiano. La tua convinzione che la realtà non sia duale e che non possa riprodursi nel pensiero in un modello duale fallisce quando tu stesso parli di vuoto e di reale (non è un parlare di vuoto contrapposto al reale?). Per quanto tu voglia togliere al reale ogni categoria del pensiero è un fatto evidente che nel reale esistano delle 'qualità', delle 'cose', delle 'essenze', delle 'non-essenze' differenti da luogo a luogo o da tempo a tempo. Il tuo reale diventa nulla, illusione, solo nel pensiero. Il nulla non esiste, non è, non ha consistenza nella realtà.
#153
Citazione di: Duc in altum! il 03 Maggio 2016, 11:56:23 AM
E' anche vero che il tuo proporre un Dio che esiste solo un po' o un Dio che sia esistito ma non esiste più, lascia i tempo che trova;  giacché in ultima analisi sincera o Dio c'è o siamo figli della sorte.

Commento solo questo. Il mio non era un proporre era un elencare per far capire l'ambiguità del termine probabilità e l'uso che ne è stato fatto in diversi post. A me pare che la morte di Dio sia una tesi filosofia piuttosto rilevante della filosofia contemporanea, diciamo da Nietzsche in poi. Il punto è che possiamo essere figli di una sorte irrazionale che è oltre la nostra comprensione o figli di una mente razionale afferrabile dalla nostra mente. In quest'ultimo caso non abbiamo certezza che questa mente sia ancora esistente o meno. Non è un mio proporre è semplicemente una lista di possibilità (che non è detto sia completa) sulla quale riflettere.
#154
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 11:43:01 AM
Io parlo di Vuoto e non di Nulla. Sono cose diverse. Proprio perchè vuota una bottiglia può contenere il vino. Il vuoto della bottiglia però non è nulla: è uno spazio, una possibilità, una utilità. Ora questo vuoto è grande e il reale vi trova casa. Il vuoto non è una cosa, ma tutte le cose necessitano del vuoto per essere. Come potrebbe darsi altrimenti? Proprio perchè intrinsecamente vuote tutte le cose possono cambiare, trasformarsi, nascere e perire. Se la loro natura non fosse vuota come potrebbero divenire? Se la loro natura fosse in se stessa data, non necessiterebbe di alcun mutamento. Tutto resterebbe fisso e immutabile. Però, visto che non è dato trovare nessuna cosa, nè interiore nè esteriore, che esista indipendentemente da altre si parla di vuoto. Vuoto di esistenza inerente alla cosa in sé. La vacuità delle cose è la porta dell'Infinito.

Nel tuo discorso si parla di non essere e di divenire. Il tuo vuoto è il non essere Parmenideo. Mi sembra che sia ben lontano dal non prendere posizione.
#155
Citazione di: Duc in altum! il 03 Maggio 2016, 09:09:26 AM
Belle parole, ma la realtà su cui indaga la riflessione di questa discussione non cambia: la verità che Dio esista ha le stesse probabilità della verità che Dio non esiste. Quindi credere, cosa inevitabile, ad una di queste due premesse non è altro che una scommessa con uguali condizioni di vincere o di perdere, visto che l'una annulla completamente l'altra.

Messa in questi termini la questione cambia di prospettiva, l'uso che fai della probabilità non è quello disambiguo dell'ambito scientifico.
In questo caso ti dico che comunque sei in errore perché la questione è così ambigua che possono esistere anche la possibilità che Dio esista solo un po', che Dio sia esistito ma non esista più, che Dio esiste e non esista contemporaneamente e magari se ne possono trovare anche altre. Siamo nell'ambito del sofismo. Se non diamo al termine Dio dei valori qualitativi (Dio è razionale o irrazionale, Dio è buono o non buono, Dio è onnipresente, onnipotente, immortale o è locale, impotente, mortale, Dio soffre o non soffre, Dio vede o non vede) stiamo parlando del nulla. E parlando di nullità tutte le probabilità sono equivalenti, sino ad accertamento ulteriore.
#156
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 23:13:59 PM
Visioni coerenti e visioni incoerenti sono una dualità. Mortalità e immortalità sono una dualità. Coscienza e materia sembrano anch'esse  una dualità. Solo se non prendiamo posizione per una o per l'altra possiamo sedere sulla sedia vuota del senza-posizione. Da un grande vuoto non si può cadere. Senza opinione non si può essere contraddetti. Posso riempire la casa di tutto, c'è un grande spazio. Tutto funziona a meraviglia. Niente da capire.

Anche il nulla è una dualità. Il nulla vive nella negazione del tutto.
Puoi sederti davanti ad uno specchio e interrogarti sul nulla, facendolo cadi dalla tua assenza di posizione. Non hai bisogno di venire contraddetto, non hai bisogno di essere contraddetto. La non opinione non si può contraddire ma il nulla è assenza di sapore, di tatto, di vista, di suono, di gusto, di cuore. Guardati allo specchio e questo rifletterà il nulla. Il nulla funziona come il tutto, manca la meraviglia del capire.
#157
Citazione di: Mario Barbella il 01 Maggio 2016, 21:27:46 PM
Citazione di: Freedom il 01 Aprile 2016, 16:11:34 PM
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.

Qual è la vostra opinione?

Lo sviluppo è questo:
http://www.riflessioni.it/forum/spiritualita/14736-credere-o-non-credere-sono-due-ipotesi-con-uguale-probabilita-ma-di-segno-contrario.html

La direzione verso la quale mi piacerebbe approfondire è quella indicata dall'amico Giuseppe dove "il credere" è qualcosa di più di una idea, qualcosa di più di un convincimento....
Scrive Giuseppe:
Che dire?
Da quando mi sono registrato sto dicendo che per credere occorre avere lo Spirito, che la fede non è un sapere ma un sentire, che chi non crede non crede perché non può credere, che al credere non si arriva attraverso i libri, che la dimora della fede non è il cervello ma il cuore, che la fede alla quale si arriva con il ragionamento è fede mentale cioè non stabile ecc...., ma ancora argomentiamo su l'esistenza del Signore Dio facendo ricorso al metodo scientifico, razionale ecc.
A riguardo delle probabilità di concludere che il Signore Dio esista o no, che in ogni caso non ha nessuna relazione con Fede vera o con la non fede trattandosi solo di elucubrazione mentale, non è un fatto probatorio di tipo incondizionato, ma è una conclusione che dipende dallo stato psicospirituale della persona.
Il credere/la fede è come l'appetito chi è vivo lo sente chi non è vivo non può sentirlo.
Chi non può sentire si diletta a produrre tesi che non stanno ne in cielo ne in terra.
La fede è come l'amore, anzi è l'amore, che non si spiega, ma si sente.
Ciao a tutti - Giuseppe


Questa è semplicemente una posizione intrisa di superbia. Da questa posizione la capacità di credere è dovuta ad una qualche qualità presente in chi crede e assente in chi non crede.
Si può avere una simile posizione di superbia anche dal lato di chi non crede, perché potrebbe sostenere che possiede la qualità di dubitare assente in chi crede.
Non credo che si possa partire da questo per un dialogo di qualunque tipo.
In ogni caso ho già scritto il mio pensiero che qui ribadisco, quando si parla di probabilità si intende una cosa che ha un significato non ambiguo e una sua valenza solo nell'ambito della misurazione sperimentale di eventi. La probabilità di avere ragione sostenendo una qualunque tesi è una domanda poco sana. La probabilità nell'ambito scientifico nel quale viene usato questo termine è calcolabile, la probabilità è legata ad una scienza che è la statistica e che offre metodi e supporto al concetto, il termine probabilità usato in un ambito diverso lontano dai metodi di calcoli legato agli eventi dei quali si vuole stabilire la probabilità stessa perde il suo senso originale, anzi probabilmente :) perde proprio di senso. 
#158
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PM
Non c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?

Non è così, esistono delle visione coerenti e delle visioni incoerenti. La riflessione tende ad escludere queste ultime. Per esempio "Nessuna posizione: Non vi è coscienza né materia ma solo un grande Vuoto." è equivalente a sostenere che visto che non riusciamo a concordare su cosa sia la morte siamo immortali.
#159
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 11:52:16 AM
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 11:40:19 AMCredo che la questione non sia così semplice. Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale. Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio. Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze. Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.

E' la giungla del teorizzare. Il groviglio delle teorie. Il rendere complesse le cose semplici. Il discutere sulla pennellata e non vedere l'opera. L'autoerotismo del pensiero. Il compiacersi di se stesso.

Ho citato apposta dei pensatori piuttosto noti ed importanti proprio per far capire che quando si parla di queste cose la semplicità non è Regina. Cerchiamo di entrare nel merito e poi giudicare e non giudicare senza entrare nel merito. Grazie
#160
Credo che la questione non sia così semplice.
Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale.
Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio.
Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze.
Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.
#161
Tematiche Filosofiche / Re:Sul disegno intelligente
29 Aprile 2016, 20:13:37 PM
Citazione di: maral il 29 Aprile 2016, 16:08:37 PM
.
Viene però da chiedersi come la conoscenza potrebbe porsi come fine per l'onnisciente Creatore universale: non conosce forse Egli già tutto? Dunque perché crea e distrugge? Forse perché al contrario ritira la Sua conoscenza affinché qualcosa da conoscere possa esistere?
Ma poi davvero gli enti entrano ed escono dal nulla? Come è mai possibile una simile contraddizione? Come può il nulla essere mai qualcosa e qualcosa essere mai nulla, o anche solo quel qualcosa diventare davvero ciò che quel qualcosa non è? Quello che vediamo con fenomenologica certezza è solo l'apparire e scomparire di ogni altro ente dal nostro orizzonte e chiamiamo questo sorgere e tramontare evento. L'evento è ciò che si presenta al nostro sguardo ed evento è il solo modo che abbiamo per concepire noi stessi e riconoscerci, ma gli eventi non dipendono da noi, bensì da una necessità che definire "intelligente" non ha senso, perché il senso siamo solo noi a sentirlo o meno leggendolo nel fluire immane di che viene accadendo in ogni istante e che continuamente ci riflette per ciò che siamo, ripetuti da una miriade di eventi che incontriamo, ci accompagnano e prima o poi ci lasciano, oltre l'ultimo orizzonte che possiamo scorgere.
L'onnisciente creatore implica alcune contraddizioni logiche vecchie come la filosofia.
La discussione su essere e nulla è piuttosto elaborata, direi che possiamo riferirci a quanto scrive Severino (che peraltro riporta il pensiero di Parmenide sull'argomento).
http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/in_222.htm
Sugli eventi magari ci torniamo, per ora non mi è chiaro in cosa differirebbe la percezione dell'evento dalla più generica percezione dell'essere, ma ci rifletto.
#162
Tematiche Filosofiche / Re:Sul disegno intelligente
29 Aprile 2016, 20:04:39 PM
Citazione di: anthonyi il 29 Aprile 2016, 17:52:42 PM
Vorrei dire a Hollyfabius, ma perché un creatore dovrebbe uccidere la sua creatura, e poi perché per conoscenza, se l'ha creata è evidente che la conosce già, direi anzi che l'atto della creazione svela un approccio costruttivo che è l'esatto opposto dell'approccio distruttivo di chi uccide.

E perché non dovrebbe? La conoscenza totale di un oggetto implica la conoscenza del comportamento pieno e completo in risposta agli stimoli. Creare poi non implica la conoscenza completa di quello che si sta creando, lo vediamo nel nostro piccolo in ogni creazione che realizziamo. Inoltre ogni creazione comporta la distruzione di qualcosa, se creo un tavolo distruggo un albero, se creo piatto alle verdure trituro le verdure. Creazione implica trasformazione, trasformazione implica distruzione.
#163
Tematiche Filosofiche / Sul disegno intelligente
29 Aprile 2016, 09:04:05 AM
Ogni uomo nasce, cresce e si sviluppa e poi muore, se è fortunato invecchia e poi si spegne senza soffrire.
L'idea che ogni cosa abbia un inizio, uno sviluppo e poi una fine è radicata nella cultura occidentale, gli enti escono dal nulla, diventano e poi nel nulla ritornano.
Però ogni uomo sa che prima di lui altri uomini esistevano, sa che la sua esistenza è effetto dell'esistenza di altri uomini (e donne), sa che dopo di lui esisteranno altri uomini.
E insieme a questo osserva che le cose uscite dal nulla al nulla tornano ma trasformandosi.
Queste osservazioni naturali offrono lo spazio per una sensazione individuale di dolore (le cose tornano al nulla, l'uomo muore) che si trasforma nel terrore della morte collettiva (ogni cosa finisce nel nulla, l'umanità si estingue) alla quale occorre trovare un rimedio.
Le forme tradizionali di rimedio offrono un contesto razionale al quale appoggiarsi, la vita dopo la morte, la rinascita in un'altra vita, la congiunzione spirituale con un'entità superiore.
Il dubbio però è stato instillato dalla stessa filosofia occidentale, l'entità suprema non è più (Dio è morto), la morte individuale non ha uno scopo, la morte collettiva è una possibilità.
Mitigazione e reazione sono le strade per controllare l'ignoto, mitigo la forza dell'ignoto e se non riesco ad evitare gli accadimenti non desiderati, costruisco un modello di reazione.
Le forme di rimedio tradizionali, negando la morte assoluta, tendono ad mitizzare l'immortalità: delle forze universali, dello spirito umano, dello spirito di ognuno di noi.
Sono modelli di reazione: non posso evitare le mia morte, ma la contestualizzo in un disegno più grande dove arrivo ad accettarla, accettando posso poi proseguire la mia vita.
Oggi la forma di rimedio più potente è fornito dalla scienza, il momento della morte viene allontanato, la medicina, la tecnologia sostitutiva di organi e arti tendono a prospettare una mitigazione tanto forte da far apparire
una nuova prospettiva: l'immortalità del corpo. L'uomo razionalmente intravede la capacità di contrastare la forza del divenire, quel tornare nulla che è principio del terrore.
Una nuova e più radicale forma di terrore però avanza nell'uomo contemporaneo, la scienza, la tecnica fornisce una cornice razionale al possibile raggiungimento della immortalità e contemporaneamente mostra la sua forza distruttiva, in grado essa stessa di porre fine al singolo uomo e all'umanità intera.
La distruzione del pianeta, l'esaurimento delle risorse naturali, la potenziale creazione di strumenti di sterminio mostrano come la ricerca di immortalità porti con se il rischio della estinzione.
La speranza di un disegno intelligente, di una ratio dietro al divenire sono il lato di una medaglia che offre sull'altro lato la morte di Dio di Nietzsche e l'irrazionalità della realtà di Schopenhauer.
Esiste però uno scenario ancora più inquietante.
Osserviamo che per conoscere completamente un oggetto, per dominarlo in tutte le sue sfaccettature occorre darsi dei completi modelli di creazione, di sviluppo in tutte le diramazioni possibili e di distruzione dello stesso.
Conosci veramente un oggetto sottoposto ad analisi se lo sai creare, se ne sai prevedere ogni comportamento e conformazione e se sai poi distruggerlo.
Per provare questa tua conoscenza dovrai realizzare, spostare dal piano teorico a quello pratico: realizzare renderlo reale e poi verificare il tuo modello osservando ogni comportamento, infine distruggere, acquisendo così la competenza per ricreare a volontà.
Per la cosa non vi è scopo, ragione, se non quello della conoscenza del creatore che per ottenere il suo scopo dovrà anche distruggerla.
Ecco il limite del disegno intelligente, se esiste un essere con un scopo, che ha configurato la realtà per quella che è, il suo obiettivo finale razionale e conseguente può essere ragionevolmente quello di uccidere ciò che ha creato, per pura sete di conoscenza, per diletto.
#164
Citazione di: Marco Dolivo il 28 Aprile 2016, 17:37:34 PM
"La fisica quantistica non ha rivoluzionato le leggi di base della fisica classica, ha semplicemente messo a disposizione un metodo matematico statistico più preciso dei modelli precedenti per predire il comportamento delle particelle, non dice che la materia non è isolabile ma dice che non è possibile determinare contemporaneamente posizione e quantità di moto."
Non sono un fisico, ma o hai ragione tu o hanno ragione i fisici.
https://www.youtube.com/watch?v=FP0-iLfFFN0

Guarda che puoi arrivare ad essere un fisico delle particelle senza avere la benché minima cultura filosofica. L'essere fisico non è garanzia di comprensione dell'ontologia sottostante la disciplina.

#165
Citazione di: Marco Dolivo il 28 Aprile 2016, 14:26:52 PM
Scusate, ho letto qualche risposta ma non tutte e quindi, forse, sarò ripetitivo.
A prescindere dal fatto che la consapevolezza spirituale, chi non la ha è ben lontano dal valutare qualcosa di invisibile e apparentemente insensato com la figura di DIO, vorrei sottolineare il fatto che ultimamente qualcosa è cambiato. Visto che chi ha la capacità di sentire Dio non ha bisogno delle mie parole cercherò di parlare a chi non sente in se questa abilità.
Dicevo, ultimamente la scienza e per la precisione la fisica quantistica ha fatto delle scoperte rivoluzionarie. Ovviamente se qualcosa esiste per d'avvero, una traccia di se deve pur lasciarla, o quantomeno una parvenza di plausibilità.
La fisica quantistica, rivoluzionando le leggi di base che riguardano la fisica classica, ci dice in contrasto con essa, che la materia non è isolabile. Che le particelle che compongono il nostro corpo sono tutte collegate tra loro tramite il vuoto quantistico e quindi ogni particella essendo circondata dal vuoto è in relazione tramite il vuoto stesso con tutte le altre particelle. La fisica quantistica, ci dice inoltre che il vuoto ha la capacità di mettere in fase o per meglio dire, ha la capacità far risuonare alcune molecole tra loro, ovvero di far si che più molecole inizino ad oscillare con la stessa frequenza. Quindi il vuoto è un veicolo tramite il quale si possono inviare comandi a determinate molecole. Cosi facendo, queste molecole tra loro risonanti creano un dominio di coerenza. Ciò, vuol dire che un gruppo definito di particelle si muovono o vibrano tra loro allo stesso ritmo e in quel momento vibrando alla stessa frequenza, sono coerenti tra loro.
Faccio un esempio grossolano e sicuramente sbagliato nel suo principio, ma che da l'idea di quello che voglio dire. Immaginate di avere una piastra piana attaccata ad uno strumento che gli trasmette vibrazione. Questo strumento che trasmette vibrazione è a sua volta collegato ad un computer che ha la capacità di selezionare una singola frequenza per volta. Adesso immaginate di mettere su questo piano del sale grosso, che essendo leggero si adatta bene allo scopo. Ad una certa frequenza selezionata con il computer, anche il piatto metallico vibra a quella frequenza. Si potrà notare che i chicchi di sale appoggiati casualmente sulla superfice si predisporranno assumendo una specifica forma fisica.
Cambiando frequenza anche la predisposizione quindi il disegno formato dai chicchi di sale cambia, dando forma ad un nuovo e diverso disegno. Questo esperimento è reale e potrete trovare qualche video in rete. Anche se come premesso, il principio scientifico di questo esperimento non calza alla perfezione con il vuoto quantistico, perché il sale si predispone in base ai punti di vibrazione del piano, questo serve a farci immaginare visivamente come una frequenza possa servire a creare agglomerati di particelle.
Ovviamente quello che succede nel nostro organismo è molto molto più complesso perché ad una certo comando, devono unirsi determinate particelle in una specifica sequenza non casuale ad un determinato punto del corpo per dare luogo ad una specifica reazione. In pratica, ballando allo stesso ritmo, le particelle come anche gli atomi che le compongono, si uniscono a svolgere un determinato compito che può servire per esempio a farci grattarci il naso come diceva Emilio del Giudice, oppure possono portare il cervello ad elaborare o a memorizzare una specifica informazione.
La fisica quantistica, ci da l'assoluta certezza che può esistere qualcosa che non si può ne misurare e ne pesare, questo è il vuoto quantistico.
Ma il vuoto quantico è solo uno strumento per portare alle particelle un comando. Questo vuol dire, e qui troviamo il nocciolo del discorso, che dietro il vuoto quantico c'è qualcuno che comanda. Che c'è un coordinatore, un direttore d'orchestra che fa in modo che il suono di ogni singolo elemento dell'orchestra risuonando con gli altri orchestrali dia luogo ad un suono disciplinato che trasforma il rumore in un tipo di musica piuttosto che in un'altra. Dove questo tipo di musica è funzionale ad una azione.
Parlando di domini di coerenza, si ha la certezza che esistono degli agglomerati di particelle risuonanti che a loro volta possono risuonare con altri domini di coerenza in una gerarchia verticale. Per esempio il polmone è un dominio di coerenza all'interno di un corpo con cui deve essere coerente. Se vediamo il polmone non troviamo una molecola che inspira e una che espira e una che sta senza fare nulla. Tutte seguono uno schema che gli permette di essere considerato un singolo organo. Quindi troviamo un dominio che forma il polmone che è all'interno di un individuo che è a sua volta un dominio coerente.  
Ma chi comanda questo dominio coerente? La Spiritualità da una sua risposta, ma badate bene, anche la psicologia da una sua risposta e se credete che parlino di due cose diverse vi sbagliate. Ora sarebbe troppo lungo approfondire il discorso quindi sorvoliamo.
La nostra coscienza, che è la parte di noi che trae esperienza dalla vita, è influenzata da una coscienza collettiva. Cosa vuol dire. Ognuno di noi nasce in un determinato ambiente, e le persone o coscienze che compongono questo ambiente crea uno specifico dominio risonante e da questo il soggetto ne può essere influenzato. Un individuo che nasce nella periferia di Roma per esempio, potrà avere un  imprinting diverso da chi nasce in un quartiere bene. Ma comunque è sempre Romano che è differente da un Milanese e quindi Roma diventa un dominio superiore che ingloba entrambi. Ma poi, tutti e due, Milanese e Romano sono Italiani che sono diversi dai Tedeschi e quindi L'Italia diventa anch'essa un ambiente risuonante più alto. Poi l'Italiano e il Tedesco sono europei che sono simili dagli Asiatici. Ma poi tutti e due sono terrestri che sicuramente saranno diversi dagli Extra terrestri.
A questo punto e concludo, si può presupporre che anche se non ne siamo coscienti, nella stessa maniera di come una singola cellula non è in grado di definire un corpo umano, che ci possano essere dei domini di coerenza più alti a governare i domini sottostanti. A questo punto DIO diventa plausibile.

Scusa la franchezza ma a me questo pare un discorso poco chiaro e con alcuni salti logici mancanti.
La fisica quantistica non ha rivoluzionato le leggi di base della fisica classica, ha semplicemente messo a disposizione un metodo matematico statistico più preciso dei modelli precedenti per predire il comportamento delle particelle, non dice che la materia non è isolabile ma dice che non è possibile determinare contemporaneamente posizione e quantità di moto.
Ti chiedi chi comanda il dominio coerente dando per scontato che il dominio coerente debba venire comandato, cosa tutt'altro che scontata: la risposta in questo caso è già nella domanda.
La sensazione è che il senso del tuo discorso sia equipollente al secondo principio della termodinamica.
L'idea che esistano gerarchie nella realtà non implica che vi sia una divinità razionale (come punta più alta della gerarchia).
Se la questione logica fosse così semplice non esisterebbe una tradizione filosofica millenaria (l'ontologia) che discute di questi argomenti.
Certo questa è anch'essa una affermazione non dimostrata ma insomma io preferisco non presupporre un passato collettivo di incapacità di afferrare principi decisivi ma semplicissimi.