Propongo la mia versione dei fatti, che parte da una logica immanente. La credenza di inferno e paradiso è stata probabilmente una credenza funzionale ad una società che proveniva da un livello di violenza difficilmente immaginabile al giorno d'oggi. Le società primitive normalmente passano alle vie di fatto quando trovano sulla loro strada degli estranei. Al giorno d'oggi è strabiliante il livello di sopportazione e tolleranza che sperimentiamo fra sconosciuti. Una credenza che ha contribuito a creare il mondo simbolico inaugurato qualche tempo prima nelle grotte di Lascaux. Che sia un simbolismo potente lo dimostra che sia ancora vivo dopo millenni da quando è stato inventato.
Ma alla luce delle conoscenze attuali è inevitabilmente una credenza che semplifica la complessità degli esseri umani. Personalmente non ho mai conosciuto nessuno che fosse solo malvagio e nessuno che fosse solo santo. Siamo una sinfonia di comportamenti, stati mentali e azioni più o meno virtuose la cui origine è, a sua volta condizionata da fattori extra ed intrapsichici estremamente plastici e talvolta anche casuali. Voler attribuire l'etichetta di malvagio e dannato a dei soggetti ha in realtà un valore proiettivo, per sradicare da noi quell'ombra malvagia che ognuno di noi coltiva nel suo giardinetto con le proprie specifiche attitudini, chi con l'ipocrisia, chi con la rabbia, chi con il narcisismo. Potrei dire che il bene è un percorso educativo che va coltivato nella società, nelle famiglie, dalla politica, dalle strutture lavorative dove vive l'uomo. Bisognerebbe avere una visione olistica e responsabile del bene e solo in questo modo potrebbe finire questa polarizzazione fra buoni e cattivi, che dopo Apocalypse now non è valida neppure per Hollywood.
Questi argomenti del resto non sono neppure sconosciuti alla religione cristiana, che ha il merito di rimettere in discussione la polarizzazione traumatica e netta fra bene e male (chi è senza peccato scagli la prima pietra...).
Ma alla luce delle conoscenze attuali è inevitabilmente una credenza che semplifica la complessità degli esseri umani. Personalmente non ho mai conosciuto nessuno che fosse solo malvagio e nessuno che fosse solo santo. Siamo una sinfonia di comportamenti, stati mentali e azioni più o meno virtuose la cui origine è, a sua volta condizionata da fattori extra ed intrapsichici estremamente plastici e talvolta anche casuali. Voler attribuire l'etichetta di malvagio e dannato a dei soggetti ha in realtà un valore proiettivo, per sradicare da noi quell'ombra malvagia che ognuno di noi coltiva nel suo giardinetto con le proprie specifiche attitudini, chi con l'ipocrisia, chi con la rabbia, chi con il narcisismo. Potrei dire che il bene è un percorso educativo che va coltivato nella società, nelle famiglie, dalla politica, dalle strutture lavorative dove vive l'uomo. Bisognerebbe avere una visione olistica e responsabile del bene e solo in questo modo potrebbe finire questa polarizzazione fra buoni e cattivi, che dopo Apocalypse now non è valida neppure per Hollywood.
Questi argomenti del resto non sono neppure sconosciuti alla religione cristiana, che ha il merito di rimettere in discussione la polarizzazione traumatica e netta fra bene e male (chi è senza peccato scagli la prima pietra...).