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Messaggi - daniele22

#1516
Tematiche Filosofiche / Re:Sentire e capire
17 Novembre 2021, 16:25:56 PM

Salve viator, ti piace la polemica allo stato puro forse. Visto che ti piace la polemica ... Sono andato in realtà a cercare la definizione di "sensazione" solo perché mi sembrava alquanto bizzarra la tua. Cmq definizioni praticamente uguali si trovano anche su altri dizionari. Per quel che riguarda la coscienza che per tua bocca ... "Coscienza, ente che io mi guardo bene dallo scomodare poichè tale termine, all'interno della cultura umana, risulta tuttora perfettamente nebuloso, inspiegabile, non enciclopedizzabile, non treccanizzabile, non wikipedizzabile......... per chiunque, biologi, filosofi e teologi inclusi. Per cui pregherei te e la Treccani di lasciar perdere ciò che non siete in grado di definire."
Per quel che attiene alla coscienza appunto ti rimando a questa risposta che tu mi desti sopra ad un mio intevento
"Il diritto è concetto e fatto esclusivamente umano, sorto e maturato all'interno della nostra specie in "parallelo" e quale diretta SOCIALE conseguenza del nostro aver sviluppato una COSCIENZA.
L'uomo che fosse sempre vissuto solitariamente (benchè magari dotato di piena coscienza) non avrebbe mai potuto-voluto generare un concetto ed un costruzione di diritto. Che mai se ne sarebbe fatto ?"
Vedo dunque che le mani sporche con la coscienza ce l'hai pure tu ... Ah già, forse tu volevi usare il termine in altro senso. Viator! basta prendermi in giro por favor

#1517
Qualcuno la vedrebbe di sicuro diversa da te. Per quel che mi riguarda sottoscrivo la tua veduta. Tra l'altro mi piace molto l'immagine "Il diritto alla sopraffazione del perdente". Come dire: era già stato sopraffatto, era necessario andare oltre? Il culto al dominio permanente, ideologia dell'egoismo ... lo svuotamento delle energie vitali dei perdenti fino a mantenerli in una specie di vivarella. Una volta però si diceva almeno boikot Jaffa ... ma la Palestina era distante. Come mai oggi i perdenti non dicono boikot amazon, o facebook, o la macchina nuova ogni quattro o cinque anni etc.etc.? Perché la gente non posa penna o martello? In fondo, oggi non ti sparano mica addosso. Questa è la complicità del perdente di cui parlo, complicità che si esprime a livelli minimi se vuoi, ma non per questo si può escluderla come fondamentale all'alimentazione del regime vigente
#1518
Citazione di: Ipazia il 14 Novembre 2021, 15:52:34 PM
Spostandosi la discussione verso l'irrazionalità della storia umana, inviterei a dare a Cesare quel che è di Cesare e a Tizio quel che è di Tizio. Dubito che Tizio smaniasse per andare a morire nella selva di Teutoburgo e Efisio agognasse tanto per la conquista dei quattro sassi del Carso.

Chiamare a correo l'intero genere umano per una storia che è sempre stata scritta da oligarchi e loro servitori lungo complesse trame di dominio, è profondamente falsificante.

La stessa evoluzione scientifica è stata sempre diretta dalle classi dominanti che l'hanno indirizzata non a fantasiose "magnifiche sorti e progressive" dell'intera umanità,  bensì della propria classe.

Semmai bisognerebbe chiedersi: com'è possibile che pochi abbiano sottomesso molti ? La storia dell'arte di dominio è lunga come la storia umana e il logos, con le sue appendici culturali e religiose, è parte essenziale di tale storia, legittimando e santificando la trasmissione di eredità da una generazione di dominanti all'altra, fenomeno assente in natura, con esclusione dei buoni geni trasmessi, però da riconfermare sul campo senza sconto alcuno.

La storia millenaria di dominazione dell'uomo sull'uomo ci ha portato ad una situazione aberrante in cui i costi economici, sociali e ambientali, delle scelte di governo non sono pagati da chi ha attivamente prodotto il danno, ma da chi lo subisce essendone coinvolto in una passività coatta.

C'è, per quanto perfida, razionalità in questa storia, da parte di chi ha sempre soggiornato all'apice della piramide sociale. Pensare di fare un forfait di senso tra chi sta al vertice e chi sta alla base della piramide non ha alcun senso.


E' vero quel che dici che bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Sono i Cesari a fare i danni maggiori. Però, a mio giudizio, un po' di correità c'è, e il motivo della mia opinione al riguardo deve ricercarsi sulla domanda che ti fai "Com'è possibile che pochi abbiano sottomesso molti?" Sapessi quante volte mi son chiesto la stessa cosa. Beh, di sicuro ricorderai quando le br o prima linea gambizzavano i capireparto. Non penso che colpissero a caso, e in quelle dinamiche andrebbe ricercata la risposta. Sono poi d'accordo che possa esserci della perfida razionalità in chi soggiorna nelle alte sfere e gestisce cose che riguardano molti, ma queste sono illazioni che andrebbero pure supportate da indizi di una certa rilevanza

#1519
Tematiche Filosofiche / Sentire e capire
16 Novembre 2021, 22:33:27 PM
Salve illustre viator. Volevo rispondere al tuo post di oggi sul tema della storia umana, ma mi dicevo che andavamo troppo fuori tema. Mi era pertanto venuta l'idea di aprire un topic su "percorsi ed esperienze personali" dal titolo (visto che dici di non capire una mazza) "incontro tra due capre al fine di ridurre a distillato un'insanabile contrasto, oppure solo una reciproca incomprensione di natura razionale. Che ne dici? Sarebbe un gioco nuovo.
In ogni caso, dato che hai aperto un argomento simile, mi produco citandoti e iniziando così la mia risposta: 
"Sensazione" (credo tu intendessi parlare di senzazione INTERIORE) : "stato d'animo (o condizione psichica) generati dall'ingresso nel nostro animo (per chi lo chiama così) o nella nostra psiche (per chi chiama l'anima in tal modo) di segnali provenienti dall' esterno (le situazioni esterne al nostro corpo) o previamente esistenti in noi, ma comunque aggregati ed elaborati dal nostro spirito (per chi lo chiama così) o dalla nostra memoria psichica non consapevole (per chi la chiama così).
La tua definizione di "sensazione" non è quella a cui mi riferisco. Io l'ho sempre intesa come da Treccani:
Sensazióne s. f. [dal lat. tardo sensatio -onis, der. di sensus -us «senso»]. – 1. Ogni stato di coscienza in quanto sia avvertito come prodotto da uno stimolo esterno o interno al soggetto: s. tattile, visiva, auditiva, olfattiva, gustativa; s. esterne, interne, secondo la provenienza degli stimoli.

Naturalmente separo emozione da sensazione, anche se considero sinonimi sensazione e percezione (avvalorata tal sinonimia pure da Treccani).
Per quel che riguarda la psiche forse ho parlato un pò a vanvera (anche se non ho usato spesso questo termine). Intendo cmq di parlare circa gli stati consapevoli. "Sensazione" insomma come da Treccani. Fin qui ci siamo? Poi vedi tu ... se vuoi io mi prendo l'onere di aprire il topic, visto che che tu avrai già da fare con questo. Felice notte


#1520


Buon martedì, questo post è senz'altro per tutti, ma voglio dedicarlo in particolare a quel gran simpaticone di Viator.  Vado pertanto a citare un finale di pensiero che hai esposto a Jacopus ... "Se poi l'interlocutore nega che logica e raziocinio siano funzioni mentali, oppure che le menti non esistano, oppure che esistono ma - dialetticamente - devono restarsene subordinate ad una psiche, a dei sentimenti oppure ad uno spirito.........beh, si conferma che ciascuno si contenta di ciò in cui gli piace credere."

Sentendomi indirettamente chiamato in causa, penso che la ragione sia l'unico mezzo che si abbia per cercare di comporre i nostri dissidi. Tu ti affidi ai sensi per delineare i fatti, mentre io mi affido alla sensazione, fermo restando che i sensi debbano validarla.

Ti faccio ora un esempio di quello a cui "io credo", consapevole che la mia credenza sia subordinata alla mia sensibilità: Quando stai vivendo all'interno di una scena, i sensi assorbono una quantità di informazioni incomparabilmente più grande di quello che tu ritagli dalla scena e chiami fatto. E' vero che tu ritagli un fatto, ma forse altri ritagliano altri fatti da quella medesima scena, escludendo il tuo o mettendolo in secondo piano, oppure anche, ritagliano lo stesso fatto che vedi tu, ma se divergono dal modo in cui lo esponi, lo accentuano in modo razionalmente diverso, grazie al fatto che un fatto non puoi esaminarlo estrapolato dall'ambiente in cui si è prodotto.

Proseguendo, è a mio giudizio spontaneo che un organismo (ciascuno secondo le proprie facoltà) memorizzi le conseguenze e le cause che hanno prodotto il fatto. Nel caso umano però, vattela a sapere dove ciascun individuo riesca spaziando nel tempo passato ad individuare cause plausibili (sempre assecondando la propria sensibilità) ed eventuali effetti in previsione, generando grande pòlemos nel riconoscere quantitativi di veridicità delle varie cause ed effetti messi sul piatto per un determinato fatto. Siccome a mio giudizio questa faccenda sarebbe insanabile data una certa mancanza di oggettività del reale, compito della ragione umana (ragione che funziona benissimo per quel che gli compete) è quello di rendersene conto e, solo successivamente, ricercare razionalmente soluzioni

#1521

Chissà quando qualcuno parlò per la prima volta di "storia umana", dando così un minimo di esistenza a tale cosa.

Rispondo invece alla domanda che avevo lasciato in sospeso nell'ultimo intervento. Diversamente da Ipazia la prendo da un altro lato cercando di tener unite specie umana e altre specie: Ciò che darebbe valore alla propria vita deriverebbe dalla relazione che ogni individuo intrattiene, provandola sulla propria pelle e psiche (laddove vi sia), con la sensazione di bene e di male. All'interno di tale relazione può succedere di tutto, ma anche nulla. Si darebbe però, nel caso umano, grazie proprio alla nostra ragione spesso zoppa in taluni casi, che tale relazione possa rivelarsi distorta al punto di indurci ad una malattia mentale inconsapevole (tanti sarebbero gli ammalati da non distinguersi essendo la malattia divenuta norma).
Saremmo dunque ammalati?
Sì, se è vero che ci stiamo quasi ammazzando pensando fino a ieri di aver vissuto correttamente, senza quindi renderci conto che i nostri comportamenti ci stessero portando a punti quasi catastrofici.
Sì, siamo ammalati se l'uso durevole di psicofarmaci o droghe di vario tipo fosse abbastanza elevato tra gli umani come sembra essere.
Sì, siamo ancora ammalati se non ci rendiamo conto che coi nostri comportamenti (mi riferisco soprattutto a vari tipi di escalation che pervadono le nostre pratiche umane) stiamo travalicando in dismisura (e lo facciamo da mo') proprio quella relazione succitata che fonderebbe il valore incontrovertibile della "propria vita". Detta relazione, in modo più consono e più simile alle altre specie, dovrebbe manifestarsi naturalmente più contenuta. Dico questo alla faccia di certe tesi sull'evoluzione che proclamano una visione distorta della sopravvivenza di una specie, e, all'interno di questa, di un individuo. E' dunque la ragione a dar senso e a guidarci in questa avventura umana? Bei risultati! E senza guardarci tanto in giro basta guardare il nostro forum, dove il novantasei per cento delle volte le persone abbandonano i topic più per stanchezza che per esser giunti ad ampia condivisione, o netta separazione. Questi sono i risultati del nostro ragionare. Ma noi (del forum) siamo forse più scarsi in materia di pensiero di Draghi, o di Biden, o di chi altri? Da qui forse, il senso di vanità che a volte può pervarderci. Vanità letta quindi non come mancanza di senso, o inefficacia, bensì come mancanza di senno. Opinione naturalmente personale
#1522
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2021, 21:45:06 PM
Altrove ho definito la (sua) vita il valore assoluto incontrovertibile di ogni vivente. No life, no party. Valore materiale su cui fondare saldamente il valore etico ed una sensibilità coerente.

A questa "fallacia naturalistica" sono particolarmente affezionata e la uso come scudo contro gli strali relativisti. Avendo al contempo consapevolezza che tale convinzione va depurata dai riduzionismi naturalistici tipici dello scientismo e del darwinismo sociale. Così come di ottimismi d'antan a base di Orologiai e Architetti.

Mamma natura crea e impone la materia, ma spetta ai viventi gestirla al meglio delle loro possibilità.  Che, nel caso dell'etologia umana, includono anche la politica e la tecnoscienza, ulteriori fabbriche di segni materiali e problematiche etico-spirituali. Ovvero di significati.


Va bene Ipazia, ma rispetto a che? Vorrei cioè aggiungere: dov'è, o qual è la relazione tramite la quale si mette di fatto in scena l'importanza della "propria vita"? Rispetto a cosa noi proclamiamo il valore incontrovertibile della nostra propria vita? Infine, a cosa si riferiscono gli individui delle altre specie per proclamare il valore della propria vita?
#1523
Ciao Iano e a tutti, me infelice per aver scelto il termine ultraumano. In realtà intendevo qualcosa di estensibile ad altre specie viventi. Si perdoni l'ignoranza. La domanda che ponevo quindi può anche essere idiota (se i cosiddetti valori sono radicati nella vita, oppure se sono pura invenzione umana), ma a volte si scoprono cose che non sai. Essendo per la prima ipotesi, prima di depurare qualche fallacia di troppo come suggerisce Ipazia (cosa che può sembrare peraltro di buonsenso allo stato attuale delle cose), vorrei almeno sapere se a vostro giudizio c'è qualcosa nel fenomeno della vita in generale (e di cosa si tratta) che fondi, produca, emani, tutti i discorsi degli individui della specie umana sui valori, sulla vanità e sul senso della vita, con o senza Dio
#1524

Buon mercoledì in generale. Ipazia dice :"La storia, naturale o umana, è per definizione, coi suoi atti, una fabbrica instancabile di signi-ficati. Semmai la questione del "senso" riguarda il recettore; la sua sensibilità verso quei segni in senso biologico e culturale.".
Poi dice che bisogna addentrarci nel terreno dei valori ... assai minato e conteso.
Giusto. Chiedo però: questi valori, quotidianamente espressi in termini razionali dalla specie umana, sono ultraumani, oppure sono un'invenzione di una presunta libera mente umana?


Io opto per la prima, ma mi sembra che non tutti siano d'accordo







#1525

Considerando l'intervento di Phil, quel che vorrei proporre sarebbe che per ricercare il senso della storia umana si dovrebbe considerare, come suggerisce Bobmax, da dove provenga l'esigenza di darne un senso.
Al di là delle simbologie del capro espiatorio, resta il fatto che in presenza del Dio giudaico il capro (innocente) si carica delle colpe della comunità liberandola delle sue colpe (non dimentichiamo cmq che la comunità di allora era già fornita del braccio secolare della giustizia verso i malfattori). Venendo meno la presenza di Dio, sempre più la comunità si spoglia della colpa attribuitagli a suo tempo da Dio. Lo fa ergendosi essa stessa ad autorità senza colpa (sostituendosi cioè a Dio). L'autorità viene così ad esercitarsi da chi detiene potere trasferendo la colpa tutta sulle spalle dell'individuo che contrasta in qualche misura l'autorità. Rispondendo forse a Bobmax, il senso della storia umana nella sua globalità proverrebbe dal sentimento individuale (ciascuno a sua misura) e al tempo stesso collettivo, individuandosi in un sentimento di mancanza di giustizia nel mondo. Personalmente mi sono rassegnato a tale status e navigo per altre vie, anche se ancora chiacchiero di queste cose immaginando donchisciottescamente che le chiacchiere possano non esser vane a cambiare tale situazione
#1526
Oppure anche, senza tesi ed antitesi, scendendo un po' più in basso e guardando la storia umana in relazione ai comportamenti, si potrebbe parlare della costante presenza del capro espiatorio. Se ne potrà mai uscire?
#1527
Buon pomeriggio.
Come mi sembra abbia detto Ipazia, per vedere il senso della storia umana bisognerebbe vederlo contraddistinto dal precedente stato in cui ci si trovava. Il linguaggio consapevole dovrebbe tracciare una linea di demarcazione. Cos'ha prodotto nella storia fino ad oggi l'uso di tal linguaggio consapevole (almeno per quel che riguarda i massimi sistemi)?
Percorrendo l'unica via possibile indicata sempre da Ipazia, a mio giudizio, il senso della storia umana è questo: dalla notte dei tempi si è prodotta a livello mondiale una tesi: Dio. Si è poi prodotta un'antitesi: niente Dio. Sempre a mio giudizio, ad oggi mancherebbe la sintesi, che in qualche misura dovrebbe render conto delle due produzioni precedenti
#1528
Buona giornata.
Vano: vuoto o anche privo di efficacia.
La nostra vita di singoli individui vive quotidianamente di gesti che si spera siano buoni a farci vivere.
Siamo pertanto invasi da un'abitudine mentale che rende spontaneo il vedere una finalità nel gesto che si compie.
Tutti sappiamo però che c'è la morte ad aspettarci, della quale nulla sappiamo.
In questo gravame mortifero, tra l'altro, le nostre produzioni linguistiche affascinanti l'umanità intera si sono rose senza successo ad affrontare vitalmente tale aspetto. Il senso comune della storia umana pertanto, e forse di qui il senso di vanità che si può percepire, risulterebbe dal rendersi conto che le nostre azioni, pur guidate dalla morte, sono finalisticamente rivolte alla vita. A 'sto punto mi chiedo. Perché non finalizzare la morte? Perché mi danno a vivere, anche se ne provo soddisfazione? Se la morte è tappa obbligata della vita tanto vale che mi ammazzi subito e vediamo poi che succede. Ma lo fanno in pochi. Il gelato è buono si sa, e come dice Ipazia le vie del senso sono infinite. Forse, al fine di vedere un senso comune della vita, basterebbe solo accontentarci di avere ben chiaro al punto di saperlo riconoscere in ogni istante che si vive quale possa essere l'attimo in cui si possa pure rischiare la morte. Ma lo fanno in pochi
#1529
Citazione di: daniele22 il 02 Novembre 2021, 17:02:41 PM



Ciao a tutti, continuo da Bobmax il mio pensiero


... occorrerà rimettersi alla ricerca dell'autentico senso, che non può trovarsi che in se stessi... per rivelare infine l'odierno indicibile massimo senso comune razionalizzabile in parole. Solo conoscendo profondamente se stessi si giunge infine a comprendere (almeno razionalmente) l'uguaglianza della razza umana a livello di specie, e non di etnie, nazioni, ideologie etc. E si comprende pure l'uguaglianza dell'individuo ... Vi risparmio commenti sullo stato attuale della comunità scientifica, la quale però dipende dallo stato attuale dell'individuo (che conosce poco se stesso)


A post riletto, devo ammettere che mi sono espresso male (mancano dei termini di riferimento e altre cose). D'altra parte oggi è la festa dei morti. Mi si scusi
#1530
Citazione di: bobmax il 01 Novembre 2021, 09:59:58 AM
L'autentico senso della vita lo può dare solo il singolo, traendolo dalla propria profondità.

Mettendo in gioco se stesso.
Perché quel senso è infatti la direzione in cui vuole andare.

Se non ci è alcun senso l'uomo è perduto. Una direzione vale l'altra.
Forte è allora la tentazione di gettarsi nell'ogni lasciata è persa, oppure di fare lo struzzo pur di non vedere l'orrore.

Ma un senso può pure provenire da "verità" rivelate, a cui ci si aggrappa pur di sfuggire all'angoscia esistenziale.
Come il credere in un Dio.

Ma essendo questa credenza strumentale, ossia non motivata dal semplice puro amore... occorrerà rimettersi alla ricerca dell'autentico senso, che non può trovarsi che in se stessi.


Ciao a tutti, continuo da Bobmax il mio pensiero


... occorrerà rimettersi alla ricerca dell'autentico senso, che non può trovarsi che in se stessi... per rivelare infine l'odierno indicibile massimo senso comune razionalizzabile in parole. Solo conoscendo profondamente se stessi si giunge infine a comprendere (almeno razionalmente) l'uguaglianza della razza umana a livello di specie, e non di etnie, nazioni, ideologie etc. E si comprende pure l'uguaglianza dell'individuo ... Vi risparmio commenti sullo stato attuale della comunità scientifica, la quale però dipende dallo stato attuale dell'individuo (che conosce poco se stesso)