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Messaggi - Sariputra

#1516
Citazione di: Duc in altum! il 23 Novembre 2016, 10:06:24 AM** scritto da Sariputra:
CitazioneA parer mio la visione di un'etica calata dall'alto, esterna al nostro sentire, è errata. Questa concezione dell'etica può portare alla violenza e ai conflitti, se pretende di imporsi agli altri.
Infatti è quello che succede a chi pensa che l'etica egoista, ossia calata prettamente dall'interno del nostro sentire, sia la giusta visione. Basta osservare la società odierna come è sempre maggiormente ammaestrata e destinata, eticamente, alla religione dell'autodeterminazione a tutti i costi, il desiderio personale da soddisfare in qualsiasi modo, la libertà è fare quel che mi piace comunque sia.
CitazioneMa che dire di un'etica che nasce spontaneamente ( quindi non imposta dall'esterno e nemmeno dal nostro ego) in un animo privo di brama, di avversione e di illusioni?
Quindi sperare di essere fortunato, e godere di questa etica paradisiaca spontanea, visto che poi affermi questo:
CitazioneIl ruolo delle religioni appare inevitabile e necessario alla coesistenza e su questo terreno sono sorte...troppo violento l'essere umano per esser lasciato a briglia sciolta. E' una bestia troppo pericolosa e ignorante...i recinti sono necessari per proteggerlo prima di tutto da se stesso..
...e si ritorna al punto: chi decide i recinti?

I recinti, per gli esseri umani non interessati a scoprire se un'etica reale possa nascere nel proprio cuore, devono essere imposti ( Stato, leggi, religioni assolvono da sempre a questo scopo... ;D).
Io adoro i recinti costruiti dalle religioni ( quando non vengono imposti s'intende...) perché, pur vincolando al pascolo "dentro" il recinto, se ben comprese indicano sempre la porta per uscire... ;)

P.S: Non è che uno nasce fortunato e si ritrova un "etica paradisiaca" addosso. La deve trovare attraverso il dolore della rinuncia ( all'egoismo, all'odio e all'illusione).
#1517
Attualità / Re:"Te absolvo"
23 Novembre 2016, 10:07:44 AM
Citazione di: donquixote il 22 Novembre 2016, 18:54:06 PM
Citazione di: altamarea il 22 Novembre 2016, 14:53:09 PM"Te absolvo": con il titolo di questo topic alludo alla recente lettera apostolica "Misericordia et misera" di papa Francesco riguardante la concessione pontificia ai sacerdoti cattolici di assolvere in confessione i responsabili del peccato di aborto, compresi i medici e gli infermieri. Tale concessione era stata provvisoriamente concessa durante l'anno giubilare appena concluso. Ora la facoltà di assolvere questo peccato è definitiva. Francesco ribadisce che l'aborto è un grave peccato ma, afferma, "non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere". Il nuovo documento papale prende l'avvio dalle due parole "misericordia e misera", che Agostino, vescovo di Ippona, utilizza per raccontare l'incontro tra Gesù e l'adultera passibile di lapidazione, secondo la legge mosaica, ma la donna viene invece perdonata. Il papa evidenzia che in questo episodio evangelico "non c'è la legge e la giustizia legale, ma l'amore di Dio". Perciò ai preti confessori chiede di essere accoglienti con tutti e solleciti nell'aiutare a riflettere sul male commesso. La Chiesa cattolica anche se lenta nel prendere decisioni, nel tempo prende atto delle istanze nella società laicizzata. Infatti dopo anni di polemiche tra integralisti e liberali, le democrazie occidentali hanno cancellato il reato di interruzione volontaria della gravidanza (in Italia con la cosiddetta Legge n. 194) e lo hanno sostituito con leggi che ne legalizzano le modalità di esecuzione, restituendo alle donne il diritto di decidere quel che riguarda il loro corpo. Parallelamente, se pure con le sue regole, la Chiesa di Papa Francesco è arrivata allo stesso risultato. Dopo l'apertura agli omosessuali, dopo la visita agli ex preti sposati, la Chiesa cattolica di papa Francesco si differenzia dall'arcigno monito che Pio XII rivolse negli anni '50 dello scorso secolo alle ostetriche italiane riguardo l'aborto. Il pontefice ha ben presente che nei continenti extraeuropei, in particolare nell'America latina e in Africa, l'aborto è largamente praticato a causa della povertà, delle malattie e il mancato controllo delle nascite. Aver preso atto che non si potevano lasciare fuori dalla Chiesa da peccatrici milioni di povere donne che abortiscono, non è una decisione teologica-dottrinaria ma un'abile scelta di politica religiosa rivolta alle masse. Come ho scritto ieri sera in un mio post (che poi ho eliminato perché off topic nella sezione "spiritualità"), la Chiesa riesce a sopravvivere nei secoli perché si adatta ai tempi. Perdona e condanna i suoi fedeli secondo le circostanze, con "il bastone e la carota". Allora è meglio essere infedeli. In questa sezione dedicata all'attualità e non alla spiritualità lo posso dire ?
Come mi era già capitato di scrivere nel vecchio forum, l'attuale Pontefice ha una particolare predisposizione ad esprimere pensieri ed assumere decisioni nettamente contrarie alla dottrina che da secoli guida la Chiesa che dirige, e per comprenderlo senza conoscere le scritture e le varie esegesi che si sono susseguite nei secoli basta confrontare le sue affermazioni e i suoi comportamenti con l'enciclica apostolica "Quanta cura" e l'allegato "sillabo" che elenca gli "errori della modernità" secondo la Chiesa Cattolica e la sua dottrina. Il documento in questione, di Papa Pio IX, è di soli 150 anni fa, non 1.500, in un periodo iperrazionalista, positivista e anticlericale quale mai si era visto in precedenza (e neanche dopo). In seguito si è verificato un crollo verticale dell'interpretazione della dottrina della Chiesa in un senso sempre più prometeico che è culminato con i documenti emessi dal Concilio Vaticano II, e da allora si assiste alla progressiva decomposizione di un "corpo mistico" che si può ormai tranquillamente chiamare "cadavere mistico". L'ultima uscita sui sacerdoti che possono sempre assolvere chi pratica e procura l'aborto, lungi dall'avere qualche fondamento nella dottrina o negli scritti dei padri e dei dottori della Chiesa, è invece del tutto funzionale alle esigenze degli stati (in particolare di quello italiano) che si lamentano dell'aumentato ricorso all'obiezione di coscienza fra i medici e gli assistenti che dovrebbero eseguire le interruzioni di gravidanza, con la conseguenza che è sempre più difficile trovare negli ospedali medici disponibili a queste pratiche. Ora i medici "obiettori" potranno praticare un aborto al mattino, poi pentirsi al pomeriggio e confessarsi ottenendo l'assoluzione alla sera, per essere pronti ad un'altra interruzione di gravidanza il mattino successivo, con la coscienza tranquilla e la benedizione di Dio. Mi torna alla mente un libretto scritto svariati anni fa da Andrea Camilleri intitolato "La bolla di componenda"; descriveva come in molte chiese delle sue parti, in Sicilia, fosse stato in vigore fino a pochi decenni prima della seconda guerra mondiale una sorta di "tariffario" per i reati (o i "peccati" per parlare in un linguaggio più consono): tale tariffario (la "bolla di componenda", appunto) prevedeva per per la commissione di ogni azione peccaminosa una penitenza che variava a seconda della gravità: il furto di bestiame necessitava di duecento "Ave Maria" per essere perdonato, mentre per l'omicidio servivano 500 "Ave Maria", 200 "Pater Noster" e 100 "Gloria" (ovviamente i numeri li ho messi a caso poichè vado a memoria, ma il senso è quello) e così via per le più varie fattispecie. Quello di Papa Francesco è dunque l'ennesimo, simoniaco escamotage per piegare la dottrina alle esigenze di una società moderna e secolarizzata tentando di mantenere il consenso intorno alla sua Chiesa, ma se il prezzo da pagare è quello di distruggere completamente, pezzo per pezzo, tutte le basi dottrinali su cui è fondata per salvaguardare la più vuota forma e la più bieca ipocrisia allora è davvero molto meglio dichiararsi "infedeli". L'infedeltà a questa Chiesa è certamente la migliore dimostrazione di fedeltà al suo fondatore e ispiratore.

In questi ultimi anni ci troviamo di fronte ad un evento mai successo in 2.000 anni di storia della chiesa cattolica romana. Sul soglio di Pietro coesistono due papi, Bergoglio e Ratzinger. Abbiamo avuto altri periodi storici in cui si sono visti due pontefici, ma erano sempre in lotta tra loro e reciprocamente scomunicati. Ora invece , queste due autorità religiose, convivono "serenamente" all'interno dello stesso piccolo stato pontificio, si ritrovano, si scambiano gli auguri, si consigliano, ecc. Infatti, come penso pochi sanno ( non è chiaramente mai stato spiegato nei dettagli dalla stessa sede apostolica...) Benedetto XVI  si è solo dimesso dalla funzione di papa , ma non dalla carica stessa. E infatti ha riservato per se stesso il termine di papa emerito. Cito lo stesso Ratzinger:
"La mia decisione di rinunciare all'esercizio attivo del ministero, non revoca questo".
Infatti, lo stesso segretario personale di Ratzinger, mons. Gaenswein, afferma chiaramente che "Il papa emerito ritiene che questo titolo corrisponda alla realtà".
Così si assiste alla necessità della presenza del papa dimissionario/to in ogni atto che implica la giurisdizione pontificia.
Sappiamo bene che la motivazione della rinuncia ( le forze che venivano meno e i problemi di salute...) è piuttosto evanescente visto che, lo stesso Gaenswein, poco tempo fa, ha rivelato che le condizioni del papa emerito, a tre anni dalla rinuncia, sono "buone e la sua mente è formidabile".
Per quale reale motivo si è dimesso, o è stato spinto a dimettersi, Joseph Ratzinger?  Si parla sempre di complotti, di trame oscure, ecc. Per natura non sono un complottista ma certo che la situazione mi era  apparsa strana già quel giorno famoso dell'abbandono e il tempo trascorso non ha dissipato i dubbi visto che , lo stesso Avvenire, il 7 gennaio 2015 pubblicava una lettera dove si puntava il dito contro "ambienti che, per i soliti motivi di potere e sopraffazione, hanno tradito e congiurato per eliminare papa Ratzinger, pur riconosciuto 'fine teologo', e l'hanno spinto alla rinuncia".
Nella tradizione della Chiesa la rinuncia per invecchiamento non è mai avvenuta e anzi è gravata da un giudizio morale molto negativo. Come può aver rinunciato, per semplice "invecchiamento, un uomo che dichiarava:" Non sono solo, chi crede non è mai solo...Dio mi sostiene e mi porta"? e "Il Dio dei cristiani si compiace di vincere la forza del mondo con l'apparente debolezza dei suoi apostoli"?
Ratzinger era considerato anti-modernista... forse gli si imputava lo svuotamento delle chiese ( e delle oblazioni...) a causa del suo rigore teologico e dottrinale? C'era bisogno di qualcuno che attirasse di nuovo il cristiano relativista moderno? E chi più indicato di Bergoglio? In tuti i settori della Chiesa si nota una progressiva riduzione del sacrum e sembra che sia più lo "spirito del mondo" che lo Spirito santo a guidare i pastori.
www.aldomariavalli.it/.../ratzinger-schmitt-e-lo-stato-di-eccezione/
Di fatto la chiesa è attualmente governata da due papi. Uno ha funzione attiva e l'altro contemplativa. Una cosa eccezionale .
Personalmente trovo che la cosa più sconcertante di questa storia sia il fatto che il papa ( Ratzinger) che ha fatto della battaglia contro il relativismo ( anche all'interno della Chiesa stessa...) la bandiera del suo pontificato...alla fine relativizzi la posizione stessa del papa! ??? ??? ???   
#1518
Citazione di: Angelo Cannata il 23 Novembre 2016, 05:37:29 AM
Citazione di: Apeiron il 22 Novembre 2016, 23:15:49 PMOra però anche se non voglio imporre il mio pensiero comunque dico che secondo me è giusto. E se dico che è giusto "voglio" dire una cosa oggettiva, altrimenti perchè mai la dico e non la tengo per me (che senso ha un'educazione morale?).
Se decidi di considerare una cosa giusta e nello stesso tempo non imporla agli altri, come minimo stai decidendo di imporla a te stesso. Imporla a te stesso significa voler togliere a se stessi la libertà di metterla in discussione. Infatti la discussione, con la sua capacità di critica su tutto, è in grado di mettere in crisi tutto, compresa qualsiasi cosa che ci possa sembrare giusta. Non esistono in questo mondo affermazioni, argomentazioni, in grado di resistere a qualsiasi critica, qualsiasi mettere in discussione. A che serve togliere a se stessi la libertà di mettere in discussione tutto? Io trovo che questo sia semplicemente un vizio mentale mentale di tanta filosofia, cioè il desiderio di poter individuare delle affermazioni una volta per tutte, in modo da poter smettere di cercare all'infinito e finalmente approdare a qualche spiaggia. Ma appena la filosofia si rende conto di questo, non può fare altro che ammettere la discutibilità di questo modo di fare filosofia, questo andare in cerca della fine del cercare.
Citazione di: Apeiron il 22 Novembre 2016, 23:15:49 PMDetto questo così come c'è un regolamento nelle leggi della natura posso anche pensare che ci sia nell'etica. ... Pensa alla scienza: che questa o quella teoria siano esatte possiamo non essere d'accordo ma sull'assunzione che la realtà abbia regolarità (anche non totalmente conoscibili) non possiamo non esserlo "pena" la scienza non sarebbe possibile (o almeno non potremmo considerarla un processo conoscitivo della realtà).
La scienza non ha mai affermato che esistano leggi o regolarità in natura. La scienza (cioè noi umani) cerca di individuarne alcune come strumento mentale di comodo per poter conoscere alcuni fenomeni la natura. Ma per ogni legge di natura individuata, la scienza sa che esiste anche qualche fenomeno naturale che la smentisce. Pensi che esistano regolarità nei numeri? Prova a fare la radice quadrata di due; oppure la radice quadrata di un numero negativo; o prova ad individuare il pi greco. Per esprimere certe entità matematiche, la matematica è costretta a parlare di numeri irrazionali e numeri immaginari. Le leggi di natura cominciano a non funzionare più se cominciamo ad applicarle a oggetti infinitamente grandi o infinitamente piccoli. Pensa alla relatività di Einstein, oppure al principio di indeterminazione di Heisenberg. L'idea di regolarità è una nostra invenzione indimostrabile. Così come in questo mondo nessuno ha mai visto cose ferme, se non per illusioni ottiche, allo stesso modo nessuno ha mai visto cose regolari. Vogliamo pensare ai princìpi della termodinamica? E chi li ha mai dimostrati? Si è solo osservato che finora funziona così; ma nulla dimostra che domani non si potrà scoprire un fenomeno che non li rispetta. Altrimenti cadiamo nell'errore del tacchino induttivista.

E' indimostrabile anche l'affermazione che tutto sia indimostrabile.
#1519
A parer mio la visione di un'etica calata dall'alto, esterna al nostro sentire, è errata. Questa concezione dell'etica può portare alla violenza e ai conflitti, se pretende di imporsi agli altri. Ma nello stesso modo un'etica che nasca semplicemente dal nostro desiderio di avere un'etica è ugualmente errata, perché inevitabilmente anche questa, anche se non imposta agli altri, porta a divisione e conflitto. L'etica diventa semplicemente una manifestazione del nostro egoismo e della nostra avversione verso ciò che non ci soddisfa, che non ci dà piacere. L'errore nasce dalla volontà di adeguare lo "spirito" ( animo, psiche, sono solo termini...) ad un'etica che è sostanzialmente un'ideale, nulla di concreto. Ma che dire di un'etica che nasce spontaneamente ( quindi non imposta dall'esterno e nemmeno dal nostro ego) in un'animo privo di brama, di avversione e di illusioni? Ecco un'etica fondata su ciò che non porta conflitto, avversione, dolore, ma che è invece una radice salutare, benevola, compassionevole. Quest'etica raggiunta "per noi stessi" rifulge all'esterno, dà ristoro e pace. Nulla deve essere imposto a nessuno, solo vivere come esempio si può essere, così che la gente, vedendo quella persona, sia colpita dalla sua serenità e la confronti con la propria inquietudine, con i propri ossessivi desideri, con i propri odi, con il proprio vivere sentito come insoddisfacente.
Una simile persona non si dà pena di convincere e costringere nessuno, perchè non dispone di un'etica da insegnare ma è esso stesso l'etica.
Questo parlando di spiritualità. Per la massa che calpesta il mondo un'etica il più possibile comune è necessaria, anche solo per scopo egoistico. Se ognuno di noi agisse secondo una propria personale etica fondata sull'ego e sul desiderio dovremmo, tutti noi, passare la vita a difenderci da tutti ( e in parte , infatti, già lo facciamo...) e la cosa non appare per nulla confortevole...
Il ruolo delle religioni appare inevitabile e necessario alla coesistenza e su questo terreno sono sorte...troppo violento l'essere umano per esser lasciato a briglia sciolta. E' una bestia troppo pericolosa e ignorante...i recinti sono necessari per proteggerlo prima di tutto da se stesso... :'( :'( :'(   
E' giusto dubitare e mettere tutto in discussione, ma non bisogna nemmeno fermarsi al dubbio...bisogna arrivare a dubitare anche del dubbio, per vedere se a volte nasconda dei semplici sofismi.
#1520
Citazione di: Apeiron il 22 Novembre 2016, 18:33:22 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Novembre 2016, 16:47:00 PM
Citazione di: Apeiron il 22 Novembre 2016, 13:57:29 PMNon vorrei che si approdasse al relativismo se è quello che intendi. Ad esempio secondo me è sbagliata la tortura e non perchè lo "dico io", ma proprio perchè è sbagliato.
La tortura è sbagliata per noi umani che abbiamo un certo cervello, un certa cultura, un certo DNA. In natura non esistono cose giuste e cose sbagliate. Se fosse certo, chiaro e scontato che la tortura è sbagliata, essa non avrebbe mai dovuto esistere in questo mondo. Se sono esistite, e pure esistono nel presente, persone che l'hanno praticata e la praticano, come fai a stabilire che la tortura è sbagliata, in un senso che, a quanto fai capire, dovrebbe essere valido per tutti? Non esistono obiezioni in grado di demolire il relativismo; tutt'al più possono esistere persone che lo rifiutano, persone che stabiliscono che il loro pensiero è quello giusto e chi non lo segue è in malafede, oppure ha la mente oscurata; insomma, è possibile criticare il relativismo solo chiudendosi al dialogo con esso. Nel momento in cui tu pretendi di stabilire che la tortura è sbagliata, come verità valida per tutti, stai automaticamente tentando di individuare uno strumento che ti dia potere sugli altri, un riferimento che ti permetta di imporre il tuo pensiero ad altri. Partendo dal fatto che tu stabilisci che la tortura è oggettivamente sbagliata, come valutare chi pensa che invece, anche solo in certi casi, possa essere giusta? Diremo che si tratta di persone cattive? O malate mentali, o in malafede, o ignoranti? E in base a quale criterio? Secondo me un'etica (visto che sembri concentrato nella ricerca di un'etica) può essere seguita, ma la via per farlo non è certo quella di tentare di individuare delle verità valide per tutti: per me verità (intesa in senso oggettivo) è sinonimo di potere, violenza, oppressione, qualunque verità essa sia.
Citazione di: Apeiron il 22 Novembre 2016, 13:57:29 PMAltrimenti come si dice "senza Dio tutto è permesso"!
Difatti, se guardiamo la storia del mondo o della natura, non possiamo negare che sia gli uomini che la natura si sono sempre permessi tutto, nonostante il tentativo di alcuni di imporre ad altri o a se stessi dei limiti. Già con le tue parole lasci intendere una funzione negativa di Dio: limitare l'uomo, limitare le sue possibilità, ciò che gli è permesso.
Wow questo è nichilismo. Tu davanti hai un uomo che è colpevole di stupro: tu gli dici: "PER ME" (o per la società) è sbagliato? Questo è il classico problema essere- dover essere che è la radice di tutto il problema. Prendi il caso del buddhismo (o del taoismo) così mettiamo "da parte" il Dio cristiano (una volta tanto vorrei che non si facesse entrare il discorso cristianesimo...): loro credono che "creare sofferenza è sbagliato" e per questo motivo POSTULANO l'esistenza del karma. Ebbene loro sono convinti che le azioni malvagie verranno punite "grazie" all'ordine "morale" del mondo. Tale ordine è oggettivo. Poi ad esempio se abbracci il buddismo devi concordare che "mettere a fine la sofferenza" sia un bene, solo se hai questa convinzione puoi aspirare al nirvana. Ho usato il buddismo per mostrarti che un'etica si deve per forza fondare su assunzioni, che però non possono essere arbitrarie. Prendi la tua "nessun etica è assoluta": che ti piaccia o no è anche questo un assolutismo. Visto che del karma non ci sono prove allora mi pare abbastanza ovvio che come dici tu "per la natura" nulla è giusto o sbagliato. Ma non vedi quanto è insoddisfacente questa visione? Cioè vuoi dirmi che per te ad esempio uno stupratore seriale ha un'etica diversa da quella ad esempio di un non-violento e non peggiore? Poi eh non puoi nemmeno dirmi che la sola conoscenza della nostra umanità ci "fa ricavare" l'etica (come si dovrebbe vivere) visto che uno magari può conoscere l'etica (magari dalla ricerca scientifica) e comunque dire "me ne frego, faccio quello che mi pare". Il relativismo ammazza la coscienza morale (perfino ripeto nella religione atea del buddismo ci sono i concetti di "hiri" e "ottapa") Sul discorso specifico della tortura: Art 5: Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti (dichiarazione dei diritti dell'uomo). Secondo te chi ha scritto questa dichiarazione era profondamento convinto che l'etica è solo convenzionale? Chiaramente non è possibile fare una vita perfetta (ad esempio in guerra si deve uccidere in certi casi) MA non seguire principi morali è impossibile. Uno si impegna a non essere violento solo se è convinto che la violenza sia un male. A mio giudizio se uno non parte con questa convinzione (che ci siano azioni permesse e azioni non permesse) è impossibile vivere virtuosamente (ciò era vero anche per gli stoici e Socrate che non erano religiosi). Mi sta bene che tu dica "l'etica che un uomo dovrebbe seguire è questa visto che "glorifica" la sua natura" ma devi anche ammettere che nuovamente l'etica non si basa sull'esperienza (così come la scienza non si basa SOLO sull'esperienza, vedi il celebre tacchino di Russell, tant'è che uno deve essere convinto che la natura sia regolare per asserire che la scienza ci dica qualcosa di "profondo" sulla natura e non meramente accidentale/descrittivo...). Non mi sta bene che tu dica "è un modo per imporre la propria etica sugli altri" visto che tu dicendomelo senza renderti conto lo stai già facendo. Se credi che dire "sparare alla prima persona che passa" non sia oggettivamente sbagliato e se dico ciò io sto esercitando il mio potere, allora ti dirò che a questo punto io sono anche contento di esercitare il mio potere e di imporre questa mia volontà sul mondo. Non mi vorrai mica dire che tutti gli atti e i desdieri sono sullo stesso piano?

Credo che le parole di cannata si commentino da sole e screditano tutto il suo pensiero!
Credo che Apeiron abbia colto nel segno. Quando si rifiuta ogni imposizione esterna, definendola una volontà di potenza, s'intende che si vuole imporre la propria interna, ossia la propria volontà di potenza. E infatti dire che tutto è relativo è un dogmatismo, un assolutismo.
#1521
@ inVerno
Condivido molte delle tue riflessioni, salvo ovviamente la concezione di essenziale come inattingibile dall'uomo. Uno dei più grandi problemi che si incontrano sulla strada verso l'essenziale è quello di ritenerlo qualcosa di "meraviglioso", un'esperienza sovrannaturale, un'estasi della mente e dei sensi. Molti ( quasi tutti...) praticano meditazione per far sorgere questi stati dentro di sé; quando poi , a volte e occasionalmente, vi riescono ritengono di aver raggiunto la "verità"...Quando poi  questi  stati svaniscono, essendo impermanenti, piombano nella delusione, nel rifiuto, nella rabbia verso qualunque forma di spiritualità e...scappano con le suore! ;D Questo è appunto un effetto del fidarsi dell'autorità di qualcuno, dei segni da seguire, da studiare e interpretare. Nessuno però ci insegna, essendo tutti noi sfiduciati nelle possibilità della ricerca, ad investigare , a cercare e soprattutto ad osservare. Al contrario tutti ci dicono che è addirittura inutile iniziare qualunque cammino, che non è cosa per noi e...ci mettono in mano un libro dicendoci: "Leggi attentamente.Troverai la risposta alle tue domande". Altri invece diranno:"Solo la scienza può dare delle risposte: Aspetta un...duemila anni e sapremo senz'altro cos'è la verità"...e ci mettono, pure loro, in mano un altro libro pieno di formule. Ma il poveraccio si legge tutti i libri di scienza e tutti i libri che parlano di spiritualità e non trova la "verità"...Perbacco si dice tra sé e sè, vuoi vedere che hanno ragione quelli che dicono che non c'è alcuna "verità". Le formule matematiche che ho studiato e le preghiere che ho imparato non mi danno alcuna pace...andiamo ad ubriacarci! :'(
Però dovremmo considerare che invece  c'è la possibilità che stiamo semplicemente cercando , pieni di pregiudizi come siamo, nella direzione sbagliata. Intanto dovremmo mettere a fuoco il problema essenziale che sta alla base del successo o dell'insuccesso: si tratta di acquisire come base assolutamente necessaria, uno stile di vita e non una dottrina o una teoria speculativa. Qualunque ricerca naufraga di fronte alle contraddizioni e alla miseria della propria vita e in particolare della nostra schiavitù verso le cose che riteniamo appartenerci ( le nostre idee, le nostre passioni, le nostre riserve di cibo e di denaro, ecc.). E' l'attaccamento alle cose il primo, l'ultimo e l'insormontabile problema che ci fa desistere, che ci fa dire:"Ma chi ce lo fa fare...". Si può perfino arrivare ad azzuffarsi per una scodella delle elemosine un pò più grande...
Ecco che arriva un "nobile", un uomo che dice di aver visto la verità e, guardandoci fisso, ci dice:" Abbandona tutto e forse la potrai scorgere..."
Noi tutti, come il giovane ricco, lentamente indietreggiamo. Non è l'essenziale che non esiste e che non può essere trovato...siamo noi che non esistiamo e che  non vogliamo trovarlo visto che questo significherebbe disfarci di quello che esiste al posto nostro...cioè il nostro attaccamento alla pseudo-realtà...
Allora, dopo che il nobile è passato, e dopo esser ben sicuri che è scomparso all'orizzonte ci mettiamo ad adorare la bisaccia vuota che ha abbandonato, dichiariamo sacro il suolo calpestato , erigiamo un tempio e...intoniamo un canto in onore del nobile ( sperando che non torni indietro ...). Tanto ci basta...cosa pretendere di più ? Il più dotto tra noi poi dirà: "Ci scriverò un bel libro sopra, così che tutti possano conoscere la grandezza di quel nobile che è passato e costruire tanti templi per adorarlo come noi ( sempre sperando che non si faccia più vedere...).  E' meraviglioso cantare il suo nome. Ci si sente tanto bene , tanto in pace...Ci sembra quasi che , proprio quand'era arrivato all'orizzonte ce l'abbia detto:-fate qualcosa perdiana!- Sicuramente intendeva proprio questo..."
Siamo disposti a disfarci di tutto e cercare l'essenziale in assoluta nudità ? No...non siamo disposti. Il resto ne consegue...

« La mente umana è pericolosa
le sue tendenze interiori portano all'errore ed al misfatto
e la sua affinità con il Tao è limitata. »


Chu Shing
#1522
Citazione di: jsebastianB il 22 Novembre 2016, 11:01:29 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Novembre 2016, 19:40:15 PMun assoluto assunto per fede è assoluto per chi ha scelto quella fede, non è assoluto per tutti. Cioè, non penso che sia fruttuoso mettersi in testa di trovare qualcosa che risulti convincente per il mondo intero: non sarebbe altro che una pretesa di dominio sul mondo, più o meno consapevole.
Infatti - ma quanto è costato il riconoscere questo principio - che hai brillantemente postato? Se fosse stato per le gerarchie religiose saremmo ancora succubi.. totalmente sottomessi alla loro supponenza / spacciata come verita' assoluta. Pensa alla santa ekklesia di Roma, che NON si rassegnava a perdere meta' del suo "regno" ( non ti dice nulla la guerra dei 30 anni )? Ben scrivevano i teologhi ( dissidenti ed invisi al corpo mistico di Roma: - Eugenio Drewerman e Hans Kueng ), l' Illuminismo è stato uno dei colpi piu' devastanti e che hanno lasciato il "segno" ( dopo Guetenberg, la Riforma, Galileo e C. Darwin ). Rimarcava Kueng che proprio la cultura, lo scambio delle idee.. rappresentavano, per la santa ekklesia, la vera "peste" che minacciava il santo corpo mistico.... - H. Kueng / Credo _ la fede e l' uomo contemporaneo / Rizzoli ( pag. 17/18 ) - - E. Drewerman / G. Bruno _ il filosofo arso vivo per la liberta' dello spirito / Rizzoli -

La "verità" è sempre il risultato di un cercare per se stessi e diventa una convinzione propria, il più delle volte non comunicabile agli altri, se non con l'esempio della propria vita. E' l'istituzione che tende a servirsene per scopi che spesso non sono "spirituali". Ma esiste anche una "verità" che passa attraverso l'esempio e non attraverso le parole. Mi viene in mente quando Sariputra , in cerca della famosa "verità" delle cose, s'imbattè casualmente in Assaji, giovane mendicante del Sangha buddhista: tranquillo e compìto nel camminare, con il viso sereno, i sensi privi di desiderio, le sue vesti ben ordinate. Sariputra, che si trovava nel parco, vedendolo e vedendo quanto fosse perfetto il suo modo di camminare e quanta modestia, insieme con la calma e la sicurezza, ci fosse nei suoi modi, gli si avvicinò per interrogarlo sulla dottrina...la religione nasce anche dall'incontro, dallo specchiarsi nell'altro, nel riconoscere nell'altro.
#1523
"Due cose esistono, il bene e ciò che deve diventarlo: la realtà e la pseudorealtà. C'è Allah e c'è l'uomo.
Se un uomo cerca la verità, dev'essere eligibile alla ricezione della verità. Questo egli non lo sa. Di conseguenza, convinto che la verità esiste desume che per ciò stesso egli è in grado di percepirla.
Questo non concorda con l'esperienza, tuttavia si continua a crederlo.
Passato il mio tempo, per esempio, la gente continuerà a servirsi di una parte di quanto è stato attentamente armonizzato come mezzo per entrare in contatto con la verità, usandone come di una sorta di incantesimo e talismano che apra un cancello. Suoneranno ed ascolteranno musica, staranno a contemplare segni scritti, si riuniranno, solo perché hanno visto fare così.
Ma l'arte sta nella giusta combinazione degli elementi che aiutano l'uomo a diventare degno di un rapporto diretto con la vera Verità, non sta in una pallida imitazione di quegli elementi.
Ricordate sempre che la scienza (ilm) che permette di gettare un ponte fra ciò che è esteriore e ciò che è interiore è rara e concessa solo a pochi. Vi saranno inevitabilmente molti che preferiranno convincersi della realtà di un'esperienza minore invece di trovare l'essenziale.
                                                                                        Hadrat Muinudin Chishti

Questo passo interessante offre molti spunti di riflessione. Intanto si parte con un apparente dualismo: c'è una realtà e una pseudo-realtà, c'è Dio e c'è l'uomo. Dio/Allah è reale e l'uomo è pseudo-reale.
Il reale è bene, lo pseudo-reale deve diventare bene.
Poi si passa a delimitare chi può attingere al reale: bisogna esserne degni, eligibili ( la concezione moderna della spiritualità rifiuta questa enunciazione, in nome di una sorta di "socialismo spirituale"...)
L'uomo però non conosce questa necessità di esserne degno e pensa che basti credere che la realtà (Dio/Allah/Brahman,ecc.) esiste per poterla percepire , per essere adeguati a questo.
Anche accorgendosi, nella propria vita, che questo non avviene, che non concorda con tutto ciò di cui facciamo esperienza, si continua lo stesso a crederlo ( fede cieca).
Allora si passa all'uso dei segni ( canti, testi sacri, istituzioni religiose,ecc.) e si pensa che siano delle specie di talismani magici che aprono le porte della realtà. Ci si riunisce nelle chiese, nei templi, nelle moschee e si canta insieme, si leggono testi, si celebrano complessi rituali per evocare la potenza del talismano magico.
Però l'autore sottolinea un passo decisivo: l'arte che permette di entrare in rapporto con la realtà ( e diventare perciò reali...) è una giusta combinazione ( combinazione di elementi, come combinazione di farmaci adeguati a curare una grave malattia) e non una pallida, sfuocata imitazione di strade già percorse da altri. Però quest'arte è concessa solo a pochi ( con buona pace di ogni pensiero di relativizzazione), devi essere un "nobile", un valoroso, un degno guerriero dello spirito ( Guerriero come simbolo di colui che combatte la buona guerra...).
La maggior parte delle persone preferiranno accontentarsi di esperienze minori, convincendosi che queste cose relative siano reali.
Interessante anche il concetto di "essenziale". E' un termine in disuso in una società che fa del relativo e dell'effimero e passeggero la sua bandiera. L'arte spirituale è un'arte di ponte verso l'essenziale. L'essenziale è la meta. L'essenziale è reale; le molteplici esperienze minori sono pseudo-reali , non creano un legame con il reale, ma hanno funzione consolatoria, appagante.
Tutta la spiritualità attuale, da Oriente ad Occidente, tende alla consolazione e all'appagamento, ne fa i propri valori, è pseudo-reale. L'essenziale è Solo....
#1524
Il grande mistico cristiano Maestro Eckhart disse una volta in un suo sermone:

"Vale più un maestro di vita che mille professori; ma fare il professore e vivere in Dio, questo non è possibile a nessuno. Se dovessi cercare un professore di Sacra Scrittura , lo cercherei a Parigi, all'università, dove è la scienza più elevata. Ma se lo interrogassi sulla vita perfetta non saprebbe che dirmi. Dove recarmi allora? Da nessun'altra parte che in una natura nuda e libera; essa potrebbe rispondermi se le ponessi questa domanda. Brava gente, cosa cercate tra morte ossa? Perchè non cercate il santuario vivo che vi può dare la vita eterna? E se l'angelo dovesse cercare Dio in Dio, non potrebbe cercarlo altro che in una creatura nuda, libera, distaccata. Ogni perfezione sta in questo: che si accetti di soffrire povertà, miseria, vergogna e tutto quel che può capitarci sotto la pressione delle circostanze, volentieri, con gioia, liberamente, pacificamente, con amore, senza vacillare affatto, e permanere così fino alla morte, senza alcun perché.

Trovo in questo passo una notevole sintonia con l'insegnamento di Siddharta e poi , via via, di tutto il dispiegarsi dell'autentico Dharma. Il presupposto di ogni ricerca spirituale deve poggiare sulla nudità interiore, sulla libertà e sul distacco.
#1525
Riflessioni sull'Arte / C'è di più
17 Novembre 2016, 21:53:38 PM
 Questa sera ti ho fermata
e portavi una borsa di cuoio
che hai stretto per istinto.
Poi hai riso di te, di me,
e mi hai mostrato la tua vecchia auto.
-Lavori ancora al supermercato?-
-Sì, sì- e ridevi divertita,
il  perchè non lo so.
-E con Marco come va?-
-Boh!- E ti stringevi nelle spalle.
Non sapevamo che dire.
I tuoi occhi si posavano sulle vetrine
illuminate, ma non mi guardavi.
Io seguivo la luce pilota di un aereo
e mi chiedevo dove volava nella notte.
C'era sempre quel vento d'ottobre
che sarà l'ultima cosa che dimenticheremo
prima di addormentarci nella Madre.
-E tu?- Parlavi piano.
-Io corro ancora dietro ai sogni e studio
il colore delle stelle che portiamo nel cuore.-
-Sei matto!- Ridevi e adesso mi guardavi negli occhi.
Un velo di nebbia malinconica ti lambiva le nere pupille.
-Finirai male! Metti la testa a posto...- E ammiccavi.
Ridevo io allora guardando il tuo viso.
Eravamo imbarazzati.
-Fumi troppo come sempre?-
-No...è quando sono nervosa.-
-Ah! ...Sei nervosa adesso?-
Ridevamo insieme.
Non volevamo salutarci,
ma c'era da dire solo ciao.
-Ciao Sari, salutami...-
Ciao L., ci vediamo.-
E quando sei partita mi hai salutato
con la mano mentre mi stringevo
il colletto di jeans.

Sari di Sotto il Monte, 1 ottobre 1992
-
#1526
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 12:32:12 PMPer me il ricercare non è altro che un aspetto del divenire, il "tutto scorre" espresso da Eraclito. Cioè, che lo vogliamo o no, mi sembra che tutto si muove, si trasforma. In questo contesto, per me il ricercare è partecipare a questo divenire, che già è in natura, aggiungendoci la nostra partecipazione attiva, consapevole, critica. Per quanto riguarda l'approdo, per me ha senso cercarlo solo in un contesto di limitatezza umana, non in un qualche senso assoluto. Così, per me va bene ad esempio che una persona ricerchi perché vuole migliorare nella propria capacità di amare il prossimo; oppure nella propria formazione culturale, o nel saper suonare uno strumento. Sono scopi che mi vanno bene perché sono storici, adattati a quella persona specifica. Non esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo. Di conseguenza, se vogliamo parlare di ricerca in sé, indipendentemente da chi è la persona specifica di cui stiamo parlando, non è possibile definire alcun approdo. L'impossibilità di definire un approdo universale ha per me una conseguenza importante: una risposta a mio parere ottima che il tizio nella giungla potrebbe dare è questa: "Cerco perché per me cercare è vita, quale che sia ciò che si cerca, o anche senza alcun bisogno di avere qualcosa da cercare". Quante volte ci accade, durante una ricerca, di trovare qualcosa che non è ciò che stavamo cercando, eppure si rivela importante, a volte ancor più di ciò che cercavamo? Da ciò deduco che non c'è alcun motivo di considerare senza valore un cercare senza scopo. Anzi, proprio lo scopo potrebbe renderci ciechi: uno potrebbe fissarsi in mente di cercare per terra una monetina e non accorgersi di un diamante che gli passa sotto gli occhi, solo perché ormai tutta la sua mente si è fissata su quella monetina e non riesce ad accorgersi di nient'altro. In questo senso trovo molto valido cercare anche ciò che non esiste: può benissimo accadere che la mia ricerca mi riveli che ciò che pensavo inesistente invece esiste; oppure viene portato all'esistenza proprio dal mio cercare.

Quindi si tratta di un cercare relativo, in vista di risultati relativi e soggettivi, autogratificanti . E' questa soggettività della ricerca che trovo estremamente pericolosa perchè la nostra mente già indirizza la ricerca prima ancora che ci mettiamo in cammino. L'uomo nella giungla non troverà nulla se non quello che il suo desiderio vuole trovare. Pensare di districarsi nella giungla, senza una mappa tracciata da chi già conosce tutte le insidie della giungla, necessita di una capacità di controllo sulla mente tipica di un Buddha. Che si accetti o no il divenire non ha alcuna importanza in senso ultimo, in quanto si diviene inevitabilmente lo stesso al di là di qualunque posizione filosofica sul divenire stesso. Un cercare senza scopo non è senza valore o senza senso, è solo un cercare assurdo ( è questo il motivo della mia obiezione). Viene semplicemente a mancare lo scopo del cercare stesso se non ottenere, per l'appunto, piccole , effimere, passeggere autogratificazioni. A questo punto , anzichè perdersi in una ricerca che si ritiene già relativa e che non porterà che a parziali, a volte insignificanti, obiettivi, tanto vale librare alto i calici, bere in compagnia e goderci la vita con giovani fanciulle, ché il tempo è breve e presto , delle nostre piccole ricerche "spirituali", l'abile vasaio farà vasi impastandole con l'argilla... ;D
Ma se a te basta, non ho alcuna obiezione... ;D ;D
#1527
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 11:31:08 AM
Citazione di: Sariputra il 17 Novembre 2016, 10:59:20 AMSe non c'é alcun approdo non ha senso alcuna ricerca.
Perché una ricerca dovrebbe aver bisogno di approdo per avere senso? E perché una cosa qualsiasi, per poter esistere, dovrebbe avere un senso? Il mondo esiste da un sacco di tempo e non sembra affatto chiaro che abbia un approdo o un senso, eppure questo mondo esiste. Approdo, senso, mi sembrano più che altro bisogni di menti abituate ad essere vincolate a certi modi di pensare popolari. Volendoci riflettere criticamente, avere un senso significa essere schiavi di quel senso, non poter esistere se non in funzione di quel senso; e quel senso in base a cosa esiste? In base a un altro senso ancora, e così all'infinito? Se poniamo l'approdo come scopo della ricerca, significa porre come scopo della ricerca lo smettere di ricercare. Ma per raggiungere questo scopo non c'è bisogno di cercare affatto: basta smettere subito, oppure non partire affatto, ed eccoci già arrivati allo scopo. Sono d'accordo con l'idea di approdi provvisori, sensi provvisori. Ma se non sono provvisori, per me sono soltanto morte. Molti anni fa vidi in TV una brevissima intervista ad Alberto Moravia, di cui purtroppo non sono mai riuscito a trovare riscontri. L'intervistatore chiese a Moravia quale fosse per lui il senso della vita. Moravia rispose: "Con tutte le sventure che nella vita già ci sono, ci mancherebbe solo di aggiungere quest'altra, che essa abbia un senso".

Io non ho parlato di senso, ho parlato di "approdo", sono due cose diverse. Ma non hai risposto alla domanda: "ricercare" per che cosa se premetti già che non c'è alcun approdo? Per migliorare, maturare "che cosa"? Il cercare dà benessere interiore? Ma quella è solo autogratificazione, illusione.Per me i casi sono due: O rifiuti la ricerca spirituale perchè ritieni, coerentemente, che non c'è alcun approdo e non porta da nessuna parte, o accetti la ricerca spirituale in vista di un approdo. Cosa diresti di uno che vaga per la giungla in cerca di qualcosa e, alla domanda: "Che cosa stai cercando?", ti rispondesse "Cerco qualcosa che so che non esiste". E' assurdo.
Se sei completamente appiattito sulla "vita" ( termine assai vago di cui ognuno di noi ha un'opinione diversa...) è naturale pensare che non abbia alcun senso e che esista "Perché esiste". Ma questa è una definizione a priori dell'esistenza. ed è dogmatismo, né più né meno del dogmatismo di qualunque pensiero religioso. E' come costruirsi un recinto e dirsi: "Che bella la ricerca all'interno di questo recinto!".
#1528
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 10:25:51 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Novembre 2016, 14:31:15 PMquello che sto cercando è una dottrina che sia perfetta (non si mette in dubbio) oppure una dottrina in cui sia chiaro che qualcosa è davvero inconoscibile. In sostanza anche lo scetticismo mi andrebbe bene se solo fosse la fine della filosofia.
A quanto pare, sembra che tu sia in cerca di un punto d'arrivo, qualche punto definitivo, qualche spiaggia a cui finalmente approdare. A mio parere porsi questa meta, questo scopo, è distruttivo, per diversi motivi. Provo ad elencarne alcuni: - secondo Eraclito "tutto scorre": nessuno in questo mondo ha mai visto cose ferme, se non per qualche inganno dei sensi o della mente; - cercare punti fermi significa voler smettere di cercare, ma smettere di cercare significa smettere di crescere, di progredire, di migliorare; - approdare a un punto fermo equivale ad approdare ad una verità oggettiva; ma verità oggettiva significa pretesa di aver trovato qualcosa a cui tutti siano costretti ad adeguarsi; insomma, aver trovato un motivo per opprimere la libertà di se stessi e degli altri. È anche vero che un cercare troppo frustrato, un camminare senza mai umanamente sostare, può essere scoraggiante, umanamente insopportabile; ma credo che il giusto criterio sia quello che implicitamente ho appena detto: sostare va bene; fermarsi senza più ripartire no, significherebbe morire. D'altra parte, non tutti hanno le stesse capacità di non sostare troppo o di affrontare la crisi inerente ad ogni ricerca. Uno spirito principiante è giusto che abbia molte soste e riceva sostegni confortanti; spiriti più avanzati possono permettersi di vivere in crisi continue e affrontare ogni giorno la morte, faccia a faccia. Credo che ognuno di noi, da questo punto di vista, faccia bene a gestire le proprie crisi e le proprie necessarie soste, per il proprio miglior camminare. Ma come criterio di fondo credo che sia importante mantenere come scopo il camminare, crescere, non fermarsi mai, esattamente il contrario di andare a caccia di punti definitivi, di una dottrina che sia perfetta: non sarebbe altro che la pretesa, a mio parere suicida, di quella che in passato è stata chiamata "philosophia perennis": non esistono cose perenni; e aggiungo: per fortuna.

Se non c'é alcun approdo non ha senso alcuna ricerca.
Ricercare per migliorare cosa, se tutto è vuoto e in perenne mutamento? Un "miglioramento di un vuoto" è qualcosa di diverso di un semplice vuoto? Spirito principiante, spirito maturo, spirito esperto di ricerche, spirito saggio, spirito di principiante hanno senso se riferiti ad un approdo verso cui questo maturare tende. Se non c'è approdo non hanno, in essenza, alcun significato. Semplici maschere con cui coprire il volto del nostro dolore.
#1529
Attualità / Re:Un Trump per l'Italia
16 Novembre 2016, 11:56:30 AM
Citazione di: baylham il 16 Novembre 2016, 10:49:42 AMGalli della Loggia e il Corriere sono parte della cultura dominante che ha guidato, gestito la politica in Italia e nel mondo da lustri. Sarebbe istruttivo andarsi a rileggere gli editoriali di questi intellettuali degli anni scorsi. Classe potente, la grande imprenditoria capitalistica, camaleontica, che si adatta e resta a galla, dominante in qualunque sistema capitalistico, di mercato. Sono la classe ricca cui aspira di far parte la maggioranza dei membri delle altre classi (operai, impiegati, piccoli imprenditori), cosa che il marxismo non ha mai capito. Nei tempi di crisi emerge il solito egoismo di gruppo, in questo caso di nazione. L'esito prevedibile è la concorrenza tra stati, il protezionismo, il peggioramento complessivo dell'economia internazionale e gli inevitabili conflitti e guerre. Contro il politicamente corretto si scagliano i razzisti, xenofobi, ignoranti, fascisti, integralisti, per essere liberi di manifestare il proprio odio, sdoganati da opportunisti politici come Trump. I prodomi dell'ennesima tragedia umana.

Sono totalmente d'accordo. Nubi molto scure si stanno addensando all'orizzonte dell'umanità. L'ombra sta dilagando...raggiungerà anche la Contea?
#1530
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Novembre 2016, 23:45:04 PMIl fuoco non brucia il roveto ardente, cioè non brucia le idee astratte, oppure un Dio che non condivide in se stesso la sofferenza umana: non è difficile alla fine trovare risposte intellettuali al problema del male. Il fatto è che il fuoco ha però incenerito milioni di Ebrei. Quando uno vive il male sulla sua pelle, non c'è spiegazione logica che tenga: bisogna togliere quel male e subito, perché la persona sta soffrendo. Il problema della teodicea non è un problema filosofico, né spirituale, è un problema di carne umana e la carne non capisce spiegazioni di sorta. Ciò significa che qualsiasi discussione sul problema del male deve risultare mirata all'azione, altrimenti è solo un autocompiacimento salottiero. Da questo punto di vista, mi sembra intelligente la risposta fondamentale del Cristianesimo, costituita dalla morte di Gesù in croce: essa non è una risposta filosofica, ma fondamentalmente una resa: di fronte al problema del male, della teodicea, Dio non sa rispondere, è sconfitto, muore, ed è ciò che è successo a Gesù. Con tutta la sua sapienza, di cui abbiamo traccia nei vangeli, avrebbe avuto di che morire in una saggia impassibilità; al contrario, i vangeli lo descrivono turbato, fragile, vinto. Una qualsiasi risposta al male che non sia condivisione della sofferenza sarà sempre una risposta buona solo per chi la dà, il quale potrà autocompiacersi dei volteggi della propria mente, ma non sarà buona per il sofferente che la riceve, il quale rimane nella sua sofferenza.

Non sono un grande esperto di Cristianesimo però mi sembra di ravvisare delle contraddizioni, sempre basandomi su quel poco di catechismo  che so. Sarebbe una resa di Dio di fronte al male se non ci fosse la Pasqua di resurrezione. La Resurrezione del Cristo annienta la caducità, la presenza del male, dopo averlo assunto in sé, dopo averlo attraversato fino agli inferi ( per dire che nessun luogo è fuori da Dio). Yahweh si fa Yeoshwa, per il messaggio evangelico, proprio per fare propria l'esperienza umana del soffrire. Diventa l'Emmanuele, il Dio con noi. Questo Emmanuele è con Dio da sempre, dall'inizio di ogni cosa e ogni cosa sarebbe stata pensata da Dio proprio per l'Emmanuele. Facendosi uno come noi in tutto, e soprattutto nella sofferenza, ci rende figli e quindi partecipi della stessa divinità di Yeoshwa. Quindi ogni cosa appare pensata da Yhwhe al fine di farci come Lui, di partecipare della comunione trinitaria con lui. Quel che tu definisci come dramma è, parafrasando D.M.Turoldo, "Dio stesso". Ho sempre pensato che la coppia amore-dolore sia inscindibile, ché non ci può essere vero amore senza una dose di dolore ( il famoso "sconforto" di cui parla Miyazawa Kenji...) e non c'è un dolore, per quanto grande, che non chiami ad alta voce l'amore. Ora...questo , dalla nostra prospettiva, capisco sia duro da digerire ( non per niente ho lanciato il topic "Ma Dio è buono o cattivo?). Personalmente produce Molto sconforto la constatazione di questa presenza e del carattere che sembra onnipervasivo del dolore, ma qualunque forma di spiritualità ne mette in dubbio la sostanzialità, persino il buddhismo che lo mette come prima verità , nello stesso momento, ne dichiara la verità della cessazione. Il Cristianesimo ritiene che l'umano soffrire non sia fine a se stesso ma in vista di un Bene superiore, di una pienezza di Bene ( dolore come catarsi?...) e in più Yeoshwa ci fa intendere che i derelitti di questo mondo, i cerebrolesi, gli handicappati, i dileggiati, gli ultimi di tutti...sono i primi per Lui ( ossia sono quelli che ci prenderanno sacrosantemente a calci in culo nel Regno...quelli che , al banchetto, ci diranno:" Amico, smamma, questi posti sono per noi"). Rovesciando tutti i valori umani, quelli basati sull'intelligenza, la salute, il benessere,la forza, ecc. ( e facendosi odiare da molti filosofi che aspirano, e si sentono, ovviamente ai primi posti...) Yahweh/Yeoshwa dimostrerebbe, per me, proprio il suo spirito artistico ( e questo naturalmente mi piace... :) ). Sul fatto che non sia una risposta adeguata all'urgenza del soffrire...beh, non è ancora apparso nessuno con una risposta adeguata a questa urgenza, all'impedire qui e ora la sofferenza ( la scienza offre molti antidolorifici, morfine e cure palliative varie...ma onestamente fanno fin là, purtroppo!)...