Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - daniele22

#1531
Ciao Alexander, ti avevo citato con risposta ancora qualche giorno fa, o non hai letto, o non hai ritenuto influente la mia opinione. Te ne offro un'altra. Il senso della vita collettivo sta nelle produzioni linguistiche umane (Letteratura, poesia, testi sacri, filosofici, scientifici, spettacoli televisivi etc). Quello individuale nel poter campare meglio che si può. Le due cose si compenetrano ineluttabilmente. Dai più valore alle produzioni linguistiche nelle tue scelte di vita interiore o dai più valore alla tua esperienza? Personalmente non ho fede in Dio, ma nemmeno nell'ateismo. Per me il senso della vita è quello di contenermi nel rispetto di ciò che è altro da me, senza però mortificarmi. Pertanto la ricerca di un'umiltà non ideologica è il mio senso della vita. Ma è solo una mia scelta mediata tra l'esperienza personale e l'analisi (limitata per forza di cose) delle produzioni linguistiche
#1532
Citazione di: Alexander il 26 Ottobre 2021, 01:01:53 AM
Naturalmente rifiutando l'immagine ingenua e stereotipata del credente che avete, obietto che  il cercare nella filigrana della storia la presenza del divino non toglie nulla alla scoperta, giorno per giorno, del divenire storico. Il credente semmai sente un compito più pressante del non credente: dare ragione della propria fede attraverso e malgrado il senso di vanità della storia umana che avverte. Leggere una eventuale storia nascosta che scorre assieme a quella ordinaria che tutti viviamo. Compito arduo perché l'inganno è sempre in agguato. L'inganno però gioca con ognuno di noi, credente o non. Il credente non conosce l'epilogo della storia, certo non più del non credente. L'unica differenza sta nelle fede in un autore e che questi sappia quello che fa. Riprendendo l'esempio del bambino che ascolta una storia, si dirà allora che il credente ha fiducia che ci sia un narratore che conosca l'epilogo. Attende allora la scoperta di questo epilogo. E questo è un atto di fede. La storia nel suo divenire allora lo interpella e vaglia la sua fede, perché è là, nella mancanza di senso, che può trovare o rifiutare il Dio/ autore, diventando così, con la sua scelta di ascoltare o meno, un custode oppure un imbrattatore del racconto. Frumento da granaio o pula.

Buongiorno a tutti: estraggo due parti di discorsi sentiti

Ipazia:"Il concetto di "vanità" è assai labile e soggettivo. Ciascuno lo applica ai valori dell'altro senza vederlo nei propri."
Kobayashy: "Alexander ha sottolineato la necessità di distinguere il racconto della propria vicenda privata dalla storia collettiva. Ciò che manca non sono le favole con cui intrattenersi nello spazio privato o attraverso cui decifrare i fatti della propria vita. Ciò che manca è un senso da assegnare all'avventura collettiva, che pretende verità, oggettività, universalità."


Chiedo perdono Alexander, comunque ho detto che la maggior parte dei credenti sarebbero per me dei superstiziosi, non tutti i credenti. D'altra parte ci sarà pur un motivo per cui si dice che Dio è morto.
Vanità? A cosa debba riferirsi il senso di vanità di cui narra Calvino? La mia sensazione, ovvero la mia opinione, è che morto un Dio se ne farà un altro, anzi, si fa da sè. Come può essere che Dio sia morto? E' morto poiché è arrivata pian pianino la ola dello spirito ateo. Sappiamo da dove e da quanto tempo è partita questa marea, almeno in occidente. L'io non vuole più Dio e comincia a spingere e lo fa sempre più, con una forza simile a quella fatta a suo tempo dall'idea di Dio, ma in tempi più brevi se vediamo la cosa rispetto all'idea generale di un culto all'oltre vita. Vedi qualche nuovo Dio all'orizzonte? Dovrebbe esserci in giro da qualche parte. Lì sta il nuovo Dio e lì dovrebbe evidenziarsi l'epilogo della storia umana. Forse Calvino rappresentò nel suo personaggio il senso di vanità riferendosi all'inefficacia dell'agire umano per uscire dal cerchio degli dei. Questa sfida (intellettuale), se uno ci crede e sempre ammessa l'esistenza di qualche candidato a Dio in giro per le strade, potrebbe pure costituire un dar senso alla vita.


Finché scrivevo Ipazia ha prodotto un post su Nietzche, che purtroppo non conosco

#1533
Buonasera. D'accordo col fatto che non abbia molto senso parlare di storia umana. Se si cerca il senso della storia senza Dio, si dovrebbe desumerla immagino dal senso della storia riferendola al termine io. "Da dove viene il termine Dio?" chiede Iano. Evidentemente dall'io che l'ha prodotto. La storia umana di un individuo è una storia di ordini di attenzione verbalmente espressi più o meno permanenti generati da altri io, naturalmente in concomitanza con l'accadere di cose a cui l'io si riferisce quando genera qualcosa. Naturalmente non occorre che tutti capiscano quanto si è prodotto, occorre comunque un certo numero. Anche l'io di Parmenide generò qualcosa di assimilabile a una idea di Dio. E' però difficile sapere la quantità di credenza in Dio presente mediamente nell'individuo dell'anno mille. Quel che viene infine a mancare dalla scena odierna della storia di un superstizioso (mi rifiuto di credere che la mayoria dei credenti di oggi non appartenga a tale categoria) è il premio in cielo, e a cagion di questo, forse, chiedo, non riesce più a dare un senso alla morte e si getta nel nichilismo. Buona nottolata a questo punto


PS per JE: citandoti: "Nietzsche si era accorto del buco che la scomparsa del fondamento religioso avrebbe lasciato nella cultura europea e tentando di ideare un rimedio culturale per quando il tempo fosse venuto, aldilà di termini quasi markettari come oltreuomo, l'idea era buona: separare l'istinto razionale (causa finale) dall'istinto vitale (causa prima), il "pull" secondario dal "push" originario per cosi dire; comprendere che il primo viene dal secondo, e saperne ricavare nuove direzioni."

Aveva la vista lunga quel Nietsche ... dove si sarà mai arenato
#1534

Buona serata.
Un piccolo inciso. Viator, un diritto non deriva necessariamente da un negoziato vero e proprio, questo volevo dire. Dopodiché, non credo tout court alle mie sensazioni. Credo che le mie sensazioni, una volta individuatene la causa e analizzate, siano ciò che costituiscono il mio senso di realtà, che è individuale e coincide con la mia coscienza che è infine la risultante delle proiezioni delle mie preoccupazioni. Contrapponendo cioè detta coscienza a quella che pretenderebbe di indagare liberamente una presunta realtà oggettiva che però bisogna interpretare.

Non ci si bagna due volte nello stesso fiume diceva qualcuno. Dismetto la veste dell'anarchico e faccio finta di essere un democratico, anche per il fatto che sono sempre stato e continuo ad essere nei miei comportamenti un democratico, con qualche leggero sbandamento. L'anarchia è per me un azzardo mentale che richiede un discreto sforzo di preparazione all'auto limitazione dei propri impulsi più interiori e che dovrebbe vedere, al termine di tale percorso, l'essere umano riuscire a rinunciare spontaneamente alla sopraffazione alimentata dal mero gusto di sentirsi più potente dell'altro senza dirlo, e che all'oggi va molto di moda. Poi si sa, la storia è sempre chella, c'è chi nasce petra e chi 'na stella, e la sopraffazione è in certa misura endemica nel gioco della vita e della morte. Democraticamente allora dico che non si può mettere un datore di lavoro nelle condizioni di ritenere un suo dipendente uguale alla merce. La competizione non è sana dove si bara sempre di più. I genitori non devono andare a protestare per il nove negato al loro figlio, siano semmai i figli stessi a farlo, ma questi son sempre più rimbambiti (sembra! aspettiamo a vedere i loro calcoli quando cresceranno). Alla partitella tra adolescenti i genitori non dovrebbero gridare al figlio in campo "rompigli le gambe!", oppure insultarlo fino all'umiliazione per la propria incapacità. La giustizia non riesce a svolgere efficaciemente il suo lavoro. La burocrazia in generale nemmeno, anzi ci opprime causa pure le innumerabili leggi. Si potrebbe andare avanti per un po' circa gli stili di vita a cui si assiste quotidianamente e ammessi pacificamente nel nostro sistema. O debbono considerarsi "rumore di fondo"? Ho profondo rispetto per l'imprenditore che ama il proprio lavoro e che cerca di farlo a regola d'arte ed è giusto che ne sia gratificato. Forse un lavoratore non qualificato non amerà mai il proprio lavoro, dovremmo gratificarlo anche per questo. Allora ... Cosa, oppure chi? C'è un maggior responsabile di tutto lo scempio che vedo? Certo è che le cose le fanno gli individui, ma quanto contribuisce l'ambiente in cui si nasce?. E in questo ambiente cos'è che secondo voi possiede maggior peso nel far apparire certe oscenità? Sono i poteri forti? E' l'apparato statale? Quello mediatico? le teorie economiche? le religioni? l'incomprensione, ovvero i vari livelli di consapevolezza individuali? O che altro? Dai! che poi si parte tutti in crociera con la nave di anthonyi, guida lui, e ci dirigiamo a trovare paul 11 nel mar delle molucche a vedere i movimenti delle flotte
#1535
Citazione di: anthonyi il 22 Ottobre 2021, 03:11:57 AM
Ciao Paul, il problema della rivoluzione è che spesso risponde ad esigenze emotive interiori. Chi fa la rivoluzione non ragiona, è non ha gli strumenti razionali per ragionare in termini di convenienza e di obiettivi.
Questo non toglie che chi gestisce la rivoluzione possa avere quegli strumenti. Non a caso differenziamo tra rivoluzioni borghesi e rivoluzioni di popolo, e differenziamo anche tra approccio rivoluzionario e approccio riformista, laddove l'approccio riformista da il segno di una maggiore presa di coscienza razionale delle complessità del mondo.
E questa presa di coscienza ci dice che l'approccio riformista è un approccio concreto, perché operato da chi sa cosa vuole, e sa cosa può ottenere.
L'approccio liberale e un approccio tipicamente riformatore, e non mi sembra sia universalmente contrario ai diritti, anzi è un forte assertore della necessità della certezza del diritto.
Sicuramente è contrario ai diritti socialmente dannosi.
Il tuo compagno daniele, con approccio rivoluzionario, è contrario al diritto di proprietà, e poi rimane stupito se la gente lo guarda come fosse un pazzo, io mi stupirei del contrario, il 90 % delle persone hanno qualcosa di proprietà, anche se è poco, e non hanno certo piacere che qualcuno lo metta in discussione.
Ipazia contesta il fatto che l'economia abbia il primato sul diritto, ma la razio economica è l'unica fonte affidabile del diritto che possiamo concepire.
Non esistono diritti che non siano economicamente sostenibili, e qualsiasi diritto va valutato per la sua efficienza economica.
Ammesso e non concesso che il sistema economico nel quale siamo sia ingiusto, il problema è capire se in un sistema economico giusto i lavoratori ai quali tieni starebbero meglio?
Se così non fosse (e così non é ) tu ti troveresti a voler fare una rivoluzione promettendo ai lavoratori un miglioramento che non puoi mantenere, la tua condanna morale della ricchezza conterebbe assai poco a confronto con l'interesse materiale di ogni singolo lavoratore a stare meglio.



Buondì Anthonyi, grazie per l'idiozia del rivoluzionario. Personalmente ritengo di avere gli strumenti per ragionare in termini di convenienza e di obiettivi, solo che detti strumenti li pongo in atto a valle di esigenze che appartengono alla sfera emotiva. Basterebbe questo tuo esordio per farmi pensare che siate voi a usare male tali strumenti raziocinanti.
Tra le altre cose non è che io mi stupisca che le persone rifiutino un'abrogazione del diritto di proprietà, ne prendo solo atto.
Come disse mi sembra Ipazia, il transatlantico abbisogna più che altro di buoni tecnici che di un gestore: il gestore semmai è colui che traccia la via, ma se trova chi gli rema contro la famosa efficienza ne risentirà. In fondo ti capisco Anthonyi, poiché un presunto anarchico come me risulterebbe essere infine un liberale che procede senza l'ausilio del diritto alla proprietà. L'unica differenza che c'è tra me e te sarebbe questo avallo che voi concedete mentre io e altri no. E' vero che il diritto si perde nella notte dei tempi, ma l'origine del diritto non è altrettanto chiara. Il diritto dovrebbe poi manifestarsi a fronte di una concessione ... da dove arriva tale concessione? Arriva a noi dalle tavole della legge date a Mosè? Non desiderare la donna d'altri (pensa un po'!) ?, non desiderare la roba d'altri? E' lì che devo cercare la chiave del diritto? Ma se metto in discussione l'idea di Dio, potrò ben discutere anche sui suoi rigidi e troppo cristallini ordini. Non so di quali armi disponga il capitalismo, ma per me è arrivato alla frutta ... troppa gente rema contro in segreto boicottaggio (svogliatezza, disillusione, menefreghismo), purtroppo lo fa ancora sui disastrosi binari del riformismo poiché l'llusione è dura a cadere. Vediamo dunque fino a quando il pensiero dominante riuscirà a non usare metodologie altamente poliziesche per detenere il primato. Un saluto
#1536
Citazione di: anthonyi il 21 Ottobre 2021, 18:12:12 PM
Ciao Paul, io poi tutto questo desiderio di rivoluzione che caratterizza voialtri non lo concepisco proprio. Soprattutto perché vedo che avete le idee poco chiare sul dopo.
Non domandarti se la rivoluzione è possibile, domandati cosa succede dopo la rivoluzione. Il mondo che vedi è già un mondo post rivoluzionario, perché rivoluzioni nel mondo ce ne sono state tante.


Ciao anthonyi, il mio desiderio rivoluzionario poggia nell'esser convinto che la proprietà privata di qualcosa (a fini diversi dall'uso) sia un'ingiustizia e contribuisca inoltre a grandi conflitti, oltre a quelli che già ci sono per altri motivi. Per certo contribuisce ad accelerare l'evoluzione tecnologica. Trascurando i secondi altri motivi, i primi arrecano pure grande disturbo alla mia sfera privata. Ovviamente ti do perfettamente ragione sulle idee poco chiare sul come affrontare il dopo rivoluzione. Ma il guaio più grosso è che le idee sono poco chiare anche sui contenuti della rivoluzione, tant'è che quando io dico in giro che per me la proprietà privata, oltre che ad essere ingiusta è pure quasi inconcepibile, la maggior parte della gente mi guarda come fossi un alieno. Tanto che ultimamente mi vien quasi da spacciarmi per liberale. Eppure, quella è la rivoluzione possibile, tutto il resto è chiacchiera ideologica e favoreggiamenti vari ed arbitrari. Alla fine è solo questione di avere i numeri, ma se questi ci fossero forse salterebbe fuori anche qualche idea, sicuramente innescante meccanismi scientificamente reputati meno efficienti. Un saluto a te che stai nel mondo dei più e che forse percepisci diverse quelle che io chiamo ingiustizie
#1537
Buon giovedì a tutti ... Oh iano, mi sfugge il senso degli ideogrammi, ma penso non abbia molta rilevanza. Citandoti:"Rispondendo a Daniele, la soluzione non è rinunciare alla sovranità personale, ma il problema è che vi abbiamo rinunciato da un pezzo. Abbiamo perso l'orgoglio di crescere come individui. Di progettare per il futuro dei figli."


Volevo infatti dire rinunciare alla sovranità delle nostre convinzioni, o ideologie, tramite le quali si formano alleanze senza alcuna consistenza che non sia quella responsabile di farle combattere tra loro. Quindi non intendevo che si debba rinunciare alla sovranità di quello che a livelli emotivi e in modi più umili percepiamo nell'ambiente più prossimo, distinguendolo in certa misura dall'ambiente squisitamente razional-linguistico. L'arduo compito, o solo non voluto, sarebbe quello di estendere tale sovranità emotiva anche a ciò che è meno prossimo, ovvero il mondo razional linguistico, il mondo di cui si sente parlare, il mondo che non si conosce


Ancora a margine sulla proprietà privata: E' fuor di dubbio per mio conto che il diritto alla proprietà privata abbia contribuito perlomeno al perdurare di teologie e di ideologie, ed è altrettanto fuor di dubbio che sia doveroso, almeno da parte mia, contestarlo in toto



#1538
Saluti a tutti ... Complimenti a Paul11, un'ottima analisi in senso generale. Concordo, pur essendo ignorante di certe particolarità presenti all'interno del discorso. Ma noi?, poveri arrabattati nelle nostre contraddizioni di cui neppure ci rendiamo profondamente conto ... A noi poveri umanisti resta "una salus victis, nullam sperare salutem". Oppure ci vorrebbe uno sforzo verso noi stessi e cominciare a rinunciare alla propria sovranità individuale, sia in termini di convinzioni che di pratiche, rendendoci finalmente conto che non sono più di tanto necessari tutti quei muri che si sono eretti. Nè più nè meno di ciò che dovrebbero fare le nazioni. Del resto, come potrebbe essere se non così? Sembra però che questa sia pura utopìa


A parte, sulla proprietà privata: d'accordo con Ipazia direi che una proprietà d'uso è spontanea e universale, mentre una proprietà a fini di lucro o di immagine non è universalmente spontanea
#1539
Storia / Riforma e Controriforma
18 Ottobre 2021, 22:07:26 PM
Citazione di: viator il 16 Ottobre 2021, 18:15:48 PM
Salve. Se (diciamo verso il 1700) si fossero scontrati gli eserciti dei Paesi luterani con quelli dei Paesi cattolici.........secondo voi chi avrebbe vinto........e soprattutto perchè ?.


Buona serata viator, dopo aver letto quanto si dice, tutte cose sensate, mi sorge però una risposta sul nulla fondata e di sicuro insensata che non risponde però alla tua domanda ... secondo me questo topic che hai aperto è come definirla ... tutta una fagianata. Dai pure tu il senso a cosa possa essere una fagianata. Felice nottata pure
#1540
Citazione di: anthonyi il 14 Ottobre 2021, 17:08:12 PM
Ciao Daniele, purtroppo lo slogan in questione ha poco rapporto con la realtà. Io rispetto quel sentimento solidaristico che c'è dietro l'idea di una socializzazione del lavoro, ma devo rappresentare il pericolo che questo venga lacerato dall'opportunismo di chi, molto semplicemente, vuole o pensa di avere qualcosa facendo poco sforzo, oppure semplicemente si disperda nell'inconcludenza di un sentimento puramente utopistico.

Troppo spesso i discorsi ideologici parlano di distribuzione della ricchezza senza porsi il problema della produzione di quella stessa ricchezza. Le ideologie non di mercato, in particolare, tendono sempre a sottovalutare l'enorme complessità dell'organizzazione dei processi economici, organizzazione per la quale ci vuole tanta razionalità.


Ma è proprio il senso di solidarietà di cui parli anthonyi il legame con la realtà sottesa dallo slogan. Si tratta di empatia e non di buonismo. Non mi parlare poi di opportunisti, perché di quelli ne trovi ovunque e delle peggiori specie. Molti tra questi si nascondono tra il mercato. Ecché vuoi farci? Dico semplicemente che non ha per me grande importanza l'esistenza del cosiddetto mercato. Nel senso che non vorrei subordinare la mia vita al mercato, anzi che la mia vita sia così già così subordinata al mercato, e quindi sono solidale con i disoccupati che cercano lavoro. Non so se sia lo slogan nudo e crudo la via, ma se si volesse perseguire una linea in tal senso la si trova. Semmai il mercato si adatterà. Tutto il resto sono chiacchiere. Il dialogo sembra arenatosi ormai, altri temi son già sulla graticola. Buona serata Anthonyi
#1541


Citazione da antonhyi: "Ciao Daniele, hai detto bene, si tratta di uno slogan, cioè di un'affermazione che ha uno scarso rapporto con la realtà.
Un qualcosa che cattura emozionalmente, e che spinge l'emozione contro la ragione. Il fondamento di tutte le truffe, a partire dall'albero dei soldi che il gatto e la volpe fanno credere possibile a Pinocchio.
Sulla cooperazione io sono sempre stato d'accordo, si tratta di una forma con la quale si può realizzare il socialismo all'interno di un sistema di mercato.
Sai chi sono i campioni di questo tipo di socialismo? Gli ebrei, con i kibbutz. Ed è significativo che un popolo che è campione nel capitalismo, riuscendo assai spesso ad acquisire ruoli di alto livello nella società, è anche campione nel socialismo.
L'alta moralità, che è caratteristica della cultura ebrea, fa funzionare sia il mercato, sia il sociale."






Ciao a tutti e ad antonhyi ... Il tuo discorso Anthonyi mi sembra fino ad un certo punto quello di un parroco di paese o di città ... Certo che ho detto che è uno slogan, ma non dico che uno slogan corrisponda ad un'affermazione con scarso rapporto con la realtà. Inoltre, l'emozione, il sentimento può essere la fonte per truffe altamente razionali escogitate da altri ai miei danni ... vedi campagne elettorali, mediatiche e via dicendo. Quindi, tornando al punto, se io percepisco un sentimento, un'affinità, debbo o dovrei abbandonare la visione robotizzata del mio benessere ... vedi tutti gli specchietti per le allodole di cui è cosparso il pianeta ... e perseguire ciò che dovrebbe essere predisposto per assecondare i sentimenti.


Sai ben anthonyi che la mia visione è la destinazione anarchica, quindi altre forme di Stato possono rappresentare dei gradini intermedi.


Per quel che riguarda gli ebrei, non ne conosco al punto di dialogare con essi e non sono mai stato in Israele. Non mi piacciono molto gli ebrei, non mi piace il loro sentirsi popolo eletto, non mi piace tutta la faccenda della Palestina, ma dopo sai, se ne conosci uno i metri di misura si ampliano.
Buona serata
#1542
Citazione di: anthonyi il 12 Ottobre 2021, 21:56:34 PM
Ciao Daniele, si tratta di una scelta collettiva, per cui il problema sarebbe capire il sentimento di chi, tra i tanti chiamati in causa, dovrebbe guidare queste scelte?
La ragione, invece, è più oggettiva, un criterio ragionevole dovrebbe essere tale per tutti coloro che accettano la ragione stessa.


Ciao Anthonyi, certo non esiste un 100% di persone che accetterebbero di buon grado lo slogan che titola questo topic. Per quel che mi riguarda, nel mio solipsismo anarcoide penso che l'altruismo sia qualcosa che contribuisca attivamente pure al mio benessere, oltre che a quello dell'altro. Non sono affatto convinto che "lavorare meno, lavorare tutti" possa essere una scelta sostenibile nel periodo culturale che stiamo vivendo. Forse, come hai già detto, e come lascia intendere pure JE, si finirebbe solo coll'essere tutti poveri.
Chi dovrebbe guidare chiedi dunque. La sinistra dovrebbe promuovere se non il "lavorare meno, lavorare tutti", politiche più cooperativistiche che guardino ad una cultura che risulti essere trasparentemente inclusiva. Dovrebbe però scuotere le coscienze, non scomodare la ragione, per vedere se siano strade percorribili. Non mi sembra però che i rappresentanti attuali della sx si muovano in tal senso. Da ultimo, ribadisco il concetto che nell'etica, la ragione debba essere a disposizione del sentimento ... nel senso che se uno vuole, desidera qualcosa, la ragione gli sarà d'aiuto a trovare la via (con i suoi limiti). Sarebbero di conseguenza i contrastanti sentimenti a fornire materia di discussione per scelte che in seguito dovrebbero essere ragionevolmente pianificate. Ma forse c'è gente che si vergogna a manifestare i propri sentimenti. Ed è proprio per questo che io non sono un antifascista (come la costituzione si aspetterebbe), e se qualcuno si sente fascista lo esprima tranquillamente ché non sarò certo io a censurarlo, almeno nelle sue idee.


Carissimo viator, oltre che cosparso di candore mi dipingi pure buonista e tiranno. No comment. Quando diventerò imperatore del mondo ti investirò sicuramente di qualche ruolo adeguato. Veramente spassosa, tra l'altro, la battuta sugli esclusi e i reclusi, quasi viatorica direi
#1543
Buona serata ... "Lavorare meno, lavorare tutti" ... mi suona come slogan mosso, e andrebbe bene così, più dal sentimento che dalla ragione. Come detto in altri termini anche da Ipazia troverei quindi fuorviante il parlarne in termini di "ragionevoli calcoli", prò o contro, anche perché chi è contrario parte avvantaggiato grazie allo stato in cui funzionano oggi le cose, bella roba tra l'altro. Lo stile di vita dev'essere guidato dalla ragione o dal sentimento?
#1544
Tematiche Spirituali / Fuga dalla libertà
12 Ottobre 2021, 12:32:07 PM
Ciao a tutti ... letto più o meno quel che si dice ... direi pure, in seno a quel che intendo per libertà o meglio sensazione di libertà, che non ce l'ha mica ordinato il dottore di attaccarci come mosche a tutto ciò che noi siamo usi a chiamare "beni"(ivi compresi desideri e bisogni). Peso della libertà, fuga dalla libertà, ma "libertà" che si riferisce a cosa? Libertà di usare? di usare oggetti, idee, persone, animali, ovvero di usare tutto ciò che percepiamo ad libitum? Come ha detto già qualcuno sembra una strada ardua. Oppure si parla di una libertà che si riferisce ad una maggiore o minore libertà rispetto ad altri, senza sapere poi che quella libertà che noi magari prendiamo in esame è risultata da costrizioni che non prendiamo nemmeno in considerazione? Al di là delle cose che si fanno spontaneamente è difficile pensare che i prodotti dell'immaginazione siano scevri da costrizioni qualora li si voglia perseguire. Fintanto che vi è il problema del bisogno, del desiderio, della scelta, la libertà non esiste. E' certo invece che puoi dire finché vuoi di esserti preso la libertà di fare un giro nello spazio, o di esserti drogato oltre ogni limite
#1545
Tematiche Spirituali / Fuga dalla libertà
11 Ottobre 2021, 11:30:18 AM
Citazione di: ricercatore il 04 Ottobre 2021, 12:59:37 PM


Eppure, una volta ottenuta la tanto desiderata libertà si scopre che questa pesa come un macigno.

Finché c'è un "oppressore", questi è anche una guida: è vero che mi toglie la libertà, ma comunque mi dice che strada devo prendere, cosa devo fare e quale sarà il mio futuro. E' vero che sono in gabbia, ma lì dentro mi sento protetto e al sicuro.
Caduto l'oppressore, conquistata la libertà, l'animo è invaso da ansia ed insicurezza.
Ho mille possibilità davanti a me, quale scelgo ora? Dove vado? Cosa faccio?

Questa sensazione spiacevole e spesso intollerabile, ci predispone nuovamente a nuove sottomissioni: andiamo alla ricerca di nuovi "padroni" che possano ridarci sicurezza ed identità, oppure ci "droghiamo" con qualcosa (distrazioni, "oppi" e altre fughe).

Secondo voi, come si può sostenere in maniera sana il peso della libertà? Ci riuscite? (personalmente no  ;D )


Buongiorno a tutti ... Il peso della mia libertà sarebbe in ultima analisi determinato dalla mia volontà che non è capace di smettere di volere o di desiderare qualcosa o qualcuno. Il mio problema è pertanto dato dalla mia volontà a determinare in qualche misura il tempo non ancora manifestato (il futuro). Stanotte l'oppressore era una zanzara. Fatti i dovuti calcoli ho stabilito che se la zanzara fosse stata una sola zanzara (grande azzardo!!!) le sarebbe restata un'altra sola puntura, avendomi già punto tre volte (secondo me una zanzara non ti punge più di tre o quattro volte nell'arco di una notte). Ho deciso quindi di lasciarla fare e mi è andata bene, dato che non mi ha nemmeno punto per la quarta volta. In questo caso avrei sostenuto il peso della libertà non essendomi adoperato a perdere tempo nel cercare di ammazzarla. Stamattina l'ho intercettata casualmente e l'ho ammazzata e confesso che ero molto soddisfatto (il cielo mi perdoni!). Bene, l'oppressore è caduto, ma non è che per questo io mi senta pervaso dall'ansia o dall'insicurezza. Son certo infatti che prima o poi, anche oggi stesso, si farà vivo qualche nuovo oppressore ... Alla fine mi sento di dire che non sono io a indagare i fatti che mi opprimono, ma sono i fatti che indagano il mio senso di libertà