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Messaggi - Jacopus

#1531
Buongiorno a tutti. Ripeto quello che ho già scritto, per replicare ad Alexander. Non credo che serva Dio per superare  "l'ideologia individualista". Il marxismo, a livello teorico, professa lo stesso superamento. La differenza fra i due tipi di "comunitarismo" è situato nella preminenza all'educazione in un caso e alla gestione dell'economia nell'altro, come radice di ogni cambiamento possibile. Per ridare fiato al principio della fratellanza si può fare ritorno al "Padre", ma in questo viaggio "a rebour" colgo il fallimento eventuale dell'intera cultura occidentale, il cui segno originale è il divenire storico, il viaggio del cambiamento. Quel segno originale ha dato vita all'ellenismo, alla tradizione giuridica romana, al pensiero scientifico, al capitalismo e all'illuminismo. Il monoteismo in questo viaggio che ci riguarda l'ho sempre considerato un corpo estraneo, proveniente da una cultura asiatica, lontana da quella europea.
Ma è anche vero che quel viaggio occidentale ha creato oggi i presupposti della mancanza di senso e della caduta di quella vicinanza di comunità. Pertanto la domanda è come riuscire a recuperare nella tradizione occidentale il senso della storia, senza dover rassegnarsi alle "vogliuzze" individualiste, da un lato, e neppure a un ritorno ad un Dio paternalistico, che ci rende tutti eterni minorenni, alla mercé di ogni dominio teocratico?
La mia risposta temporanea la sto cercando nei processi culturali, nella capacità della società di trasmettere un modello diverso di convivenza sociale, che dovrebbe avere come riferimenti il pensiero ecologista, quello anticolonialista e femminista insieme alle tracce recuperabili del marxismo, epurato di ogni velleità da "elettrificazione". La domanda che mi pongo, in tempo reale, è: "esiste la possibilità di uno sviluppo equo, magari anche ridotto rispetto a quello odierno, ma che accolga l'idea dello scambio, della tolleranza e della fratellanza. Chi di noi può davvero dire di aver pensato al suo vicino o ad un passante come ad un fratello? E se questo è stato scritto nei Vangeli, non significa necessariamente che bisogna prendere tutto il pacchetto religioso, così come sarebbe errato prendere tutto il pacchetto del marxismo o del liberismo. Nuove forme di pensiero dovrebbero essere liberate in una sorta di neo-illuminismo. E da questo processo vedo la possibilità di trovare un senso alla vita umana, che trascende il singolo individuo, senza per questo diversi trasfigurare in una vita eterna, che detto fra noi, non è altro che una forma distillata e mistica di un feroce individualismo.
#1532
Percorsi ed Esperienze / La Grotta
29 Ottobre 2021, 23:02:24 PM
Preso da un impeto masochista, ho letto il dibattito fra Inverno e Phil su "squid game". Il tema accarezzato da Phil al post 230 ha particolarmente attivato la mia attenzione. Ovvero la conclamata distanza fra messaggi della cultura di massa (e Netflix ne ha attualmente la leadership) e reazioni pratiche, o in altri termini, l'eventuale "potere, (nel senso tedesco di Macht), che quei messaggi modifichino la stessa struttura della società."
Questo potere, fino ai grandi totalitarismi dello scorso secolo, era evidente. Che fosse il Vangelo, o mein Kampf, o Das Kapital, poco importava . Da quei messaggi, sgocciolavano gerarchicamente, storie di beati, giornali parrocchiali, o quadri proletari e romanzi approvati dal Soviet. Il messaggio riferiva qualcosa che doveva avvenire nel mondo e nella storia. Poi, cioè dall'avvento dell'american way of life, il messaggio si è disancorato da un significato esterno, valido nella praxis. McLuhan aveva intuito qualcosa del processo, ma si era limitato a considerare medium = messaggio. È il mezzo tecnico ad essere messaggio. Nulla di esterno ad esso può incrinare il mondo della Praxis. Intuizione notevole, che sarebbe potuta piacere a Severino, ma forse, oggi siamo andati oltre perché l'equazione corretta è intrattenimento = messaggio. È ormai possibile inneggiare anche alla più feroce dittatura del popolo o dei rettiliani, ciò che conta saranno le interpretazioni, l'attesa per il sequel, i commenti sui social e i risultati al botteghino. Ecco, è questa "virtualizzazione" dei messaggi ad essere impressionante e a far sorgere la certezza della cristallizzazione delle strutture sociali dominanti, a causa dell'impossibilità di ogni critica "reale", perché ogni critica reale viene assorbita da una macchina virtuale che intrattiene ed incassa, divaricando così ogni nesso fra opera del pensiero ed azione politica.
Sia chiaro, esprimo più o meno la stessa tesi dichiarata da Inverno. La allargo solamente da Squid Game a tutto il materiale artistico (artistico?) prodotto e producibile nel mondo attuale.
#1533
Alla tua ultima domanda rispondo sinteticamente: "l'intersoggettivitá". Ognuno di noi è se stesso fino ad un certo punto. Solo riscoprendo il significato della parola " fratellanza" in senso laico, è possibile dare un senso all'esistenza umana, senza cadere addosso alla Scilla oscurantista delle religioni e neppure verso la Cariddi del pensiero individualista tardocapitalistico. Questo è ciò che penso.
#1534
Alexander. In realtà è la religione, sopratutto quelle della tradizione monoteistica a pensare di avere tutte le risposte. La scienza non è madre, è un metodo, il cui primo principio è proprio di non sapere nulla. Che il senso comune sia scientifico è tutto da dimostrare e, dal mio punto di vista, sarebbe un grande passo avanti per l'umanità. Pensare scientificamente non significa non poter godere di un tramonto o di chiedersi spiritualmente il senso della vita. La scienza, a differenza delle religioni (soprattutto le monoteistiche) non si arroga la presunzione di avere una risposta ad ogni quesito. Se vuole rispondere ad una domanda, cerca di rispondere con delle prove "reali" e non con " tradizioni tramandate".
Infine, la cura del proprio giardino ha un significato non solo individualista in Voltaire, ma un senso collettivo. Banalmente se io guardo un giardino ben curato da qualcun altro, ne trarrò giovamento io stesso, estemporaneo osservatore di quel giardino.
#1535
Il problema Alexander consiste anche nella trama della storia. Una trama caotica, se si vuole credere in Dio e contemporaneamente alle scoperte della paleontologia e dell'astrofisica. Infatti che senso avrebbe far dominare la vita a semplici batteri per diversi miliardi di anni, poi creare i crotosauri, che si estinguono quasi completamente e vengono sostituiti da altre forme di vita, fino all'avvento dei dinosauri, anche loro estinti per via dell'impatto di un meteorite sullo Yucatàn. Vi sono state in tutto cinque o sei estinzioni di massa sulla terra e già questa circostanza rende dubbia l'arca  di Noè. I dinosauri sopravvissuti evolvono in uccelli e da piccoli roditori evolve l'uomo. La vita sulla terra è stata resa possibile da un impatto iniziale con un altro pianeta, Theia, i cui resti hanno formato la luna. L'acqua, indispensabile alla vita, è giunta attraverso il bombardamento iniziale di meteoriti. Per qualche milione di anni la terra è stata ricoperta completamente da centinaia di metri di ghiaccio, in epoche differenti scorreva la lava a fiumi. Se c'è un architetto autore  di tutto ciò, ha scelto un tipo di architettura che potremmo definire "quantistico/caotica".
Pertanto il " discrimine" è abbandonare ogni tesi consolatoria e affrontare la realtà, per la quale sono stati trovati molti " sensi" possibili, uno dei quali è proprio la "ricerca" della verità, passando da Ulisse, fino a Galilei e Freud, anche quando la verità fa male. Parafrasando Voltaire, il senso della vita sta nella cura che ognuno di noi deve dedicare al proprio giardino.
#1536
Eutidemo. Difficile risponderti puntualmente. Hai scritto una specie di breve saggio. ;D .
Colgo qualche spunto qua e là. Intanto il cervello umano ha questa peculiarità, ovvero che è estremamente plastico e apprende dall'ambiente più di ogni altro essere vivente conosciuto. Meglio di noi fa solo Alien, ma è un frutto della fantasia e quindi non vale. Questo per dire che se insegni ad una donna ad essere mascolina, quella diventerà mascolina. Il ruolo degli ormoni e dei neurotrasmettitori ha una sua incidenza, ma si tratta di un condizionamento molto meno forte di tutti gli aspetti culturali che ci circondano. L'apprendimento ai ruoli maschio/femmina inizia in tenera età e prosegue lungo tutto l'arco della vita di un uomo e di una donna. Il fatto che gli uomini non piangano e non si commuovano non significa che hanno ghiandole lacrimali sterili, oppure che il testosterone impedisce loro di piangere, ma è stato insegnato loro in molte maniere che piangere e da "femminucce". Siamo molto più culturalmente influenzabili rispetto a quanto può influenzarci la nostra fisiologia. Almeno rispetto ai ruoli sociali. Non si comprende altrimenti come mai le donne oggi riescono a fare le astronaute, le fisiche, le manager e ogni altro ruolo precedentemente ricoperto solo dagli uomini. O vi è stata una evoluzione ormonale sconosciuta alla comunità scientifica, oppure potenzialmente le donne sono in tutto e per tutto simili agli uomini rispetto alle potenzialità e ai ruoli possibili.


Citazione
Nel complesso i risultati, suggeriscono, come affermano i ricercatori, che i cervelli maschili si strutturano in modo tale da facilitare la connettività (cioè il dialogo) tra la percezione e le azioni coordinate "spazio-temporalmente", mentre i cervelli femminili sono strutturati in modo tale da favorire o prediligere la comunicazione tra processi analitici e intuitivi.

Questo passaggio invece è particolarmente interessante. Sostanzialmente questi risultati affermano che le donne sono superiori agli uomini poichè sono in grado di integrare le parti affettive ed emotive a quelle razionali e analitiche, tipiche dell'emisfero sinistro. Insomma riescono a vedere l'esistenza umana in tutta la sua complessità. In realtà suppongo che anche gli autori di queste ricerche siano stati condizionati dagli stereotipi di genere. Del resto è anche vero che se compri una bambola ad una bambina, quella bambola dovrà farla giocare in un campo di relazioni, mentre il bambino, con la sua macchinina dovrà dimostrare di essere competente e correre senza doversi eventualmente rapportare con gli altri, se non in un regime di gara e di competizione, a differenza delle bambole che non si sfidano nella lotta e neppure si sparano giocando alla seconda guerra mondiale.

Con tutto ciò non intendo neppure affermare che siamo uguali, ma le differenze sono molto meno evidenti ed importanti rispetto a quello che una tradizione di molti millenni, avvalorata da sacre scritture, da leggi non scritte, da insegnamenti, da prassi, ha tentato e tenta tuttora di imporre in molte parti del mondo. Del resto la vera uguaglianza della donna rispetto all'uomo, dal punto di vista culturale, è una conquista degli ultimi 70 anni nel mondo occidentale e non sono certo che sia dappertutto davvero raggiunta, in Occidente. Lasciamo stare quello che accade ad est della Vistola e a sud di Pantelleria.

Un ultimo appunto. Nella parte della psicologia ti attieni esclusivamente ai condizionamenti dati dalla neotenia e dagli ormoni. In realtà la psicologia è molto più variegata e in questa "sezione" dovrebbe essere dato spazio soprattutto alla psicologia sociale, ovvero a quella disciplina che fa comunicare il nostro "foro interiore" con il "foro interiore" ed "esteriore" della società. Come tu hai ben detto, la questione è davvero molto complessa. Sempre in questa parte fai riferimento al testosterone come possibile "agente" della creatività. In realtà anche qui, le tracce da seguire sono tantissime. Ti basti sapere che la disciplina della traumatologia psicologica (quelli per intenderci che studiano e curano il PTSD, ovvero il Post traumatic stress disorder) fa risalire a traumi di tipo violento, lo spegnimento di ogni creatività da parte dell'essere umano. E pertanto bisognerebbe piuttosto considerare questo aspetto sulla creatività e volitività delle donne e anche degli uomini. In questo siamo identici. Sia gli uomini che le donne traumatizzate difficilmente diverranno artisti/e (salvo casi eclatanti come Dostoevskij, Proust, Kafka, Woody Allen, Primo Levi, E. Allan Poe... ).
In realtà sarebbe interessante capire come il trauma incide nella creatività. Visto che più ci penso e più la comunità degli artisti traumatizzati aumenta. Ma questa è un'altra storia, o un'altra discussione.
#1537
Anthonyi. È possibile. L'economia non è il mio campo. Almeno a livello di lettura di testi. È anche vero che la cultura di provenienza USA non è così facilmente riconducibile ad un'unica anima malvagia e accaparratrice. Da profano, mi sento più vicino ad un modello di sviluppo europeo, nel quale vi è stato sicuramente un maggiore bilianciamento fra esigenze di libertà economica ed esigenze di giustizia  economica. Quello che si nota e per cui non servono titoli accademici è il processo di liberalizzazione a tratti selvaggia, intervenuta prima con il reaganesimo e poi con la caduta dell'URSS. Gli indizi sono molteplici e credo che siano evidenti anche a te.
Il mio pensiero è indirizzato al salvataggio del pensiero borghese occidentale non al suo superamento, ma la prassi capitalistica negli ultimi 40 anni si sta impegnando a fondo per non salvarsi. Per quanto riguarda la Cina, non faccio alcuna differenza, se non che almeno in Europa c'è ancora libertà di pensiero. In Cina vivono in un sistema capitalistico con molte garanzie sociali in più ma senza libertà. Quello che mi domando è: è possibile avere un sistema liberale che mantenga delle garanzie di equità, senza sfociare pertanto nè nell'autoritarismo, nè nel selvaggio far west degli "animal spirits", looking for gold?
#1538
Bisognerebbe aggiungere che le dottrine economico-politiche nel loro svolgimento storico concreto, hanno avuto una propria evoluzione e pertanto le società liberal-capitalistiche di 300 anni fa ( a quel tempo la sola Gran Bretagna), sono diverse da quelle di 200 anni fa e così via. Quello a cui oggi assistiamo è una concentrazione del potere economico nelle mani di una èlite sempre più rarefatta, apparentemente incapace di redistribuire la ricchezza. Contemporaneamente il cambiamento climatico sta rendendo e renderà progressivamente precarie le condizioni di vita di un numero sbalorditivo di persone. La prima conseguenza di questa distanza delle élite e del cambiamento climatico, sarà l'aumento della violenza e delle sommosse, la destrutturazione degli stati nazionali, ridotti ad entità tribali e lo spostamento di masse di uomini mai sperimentato prima. Non sarà un fenomeno epocale o rivoluzionario ma una dinamica che si distillerà nel corso magari di 100 anni, ma la direzione è quella. Già ora vi sono stati nazionali che non lo sono più, almeno come li intendiamo noi tradizionalmente. Libia, Somalia, Irak, Siria sono entità statali solo in piccole zone della loro territorio, ma anche in Italia, in dimensioni più contenute, avviene lo stesso identico fenomeno, in molte zone del meridione.
Il potere socioeconomico attuale ha alcuni vantaggi di breve periodo, come l'assenza di una coscienza di classe, essendo possibile spostare immediatamente i centri di produzione ed essendo diventato preponderante il settore terziario, mentre nel primario lavorano macchine ed iloti.
Ma la miopia di fondo è comunque spaventosa. Si continua a pensare in termini di " capitani coraggiosi d'impresa" pronti a scaricare le incongruenze altrove. Ma il mondo inizia ad essere " finito" al di là dei giochi di prestigio e delle costruzioni ideologiche " fai tanti sacrifici e domani sarai ricco". Una sfida ulteriore è data da un livello del pensiero e della cultura che si sta progressivamente abbassando, mentre la complessità necessita di un suo continuo innalzamento.
Il pensiero liberale ha preso, a mio parere, una via senza ritorno, quella del massimo profitto, dell'individualismo sfrenato, del mors tua/vita mea, dell'idea di doversi vergognare per essere poveri. Non tutte le epoche borghesi sono state però così. L'attuale trend è dovuto sostanzialmente all'egemonia della cultura degli USA sul resto del mondo liberale. Se qualcosa non cambia, le conseguenze potrebbero essere devastanti.
#1539
Anthonyi. In ogni caso il contrasto fra principio del "migliore" ed ereditarietà continua ad esistere, a meno che non debba interpretare la tua ultima frase come "l'oligopolismo, creando economie di scala è più efficiente di una redistribuzione della ricchezza più equa". In realtà non sono neppure contrario ai diritti di ereditarietà. Ma dovrebbero essere solo pesantemente tassati, proprio per garantire un "parziale" ritorno ai nastri di partenza e vinca il migliore. Ma in questo, come in moltissimi altri casi, il pensiero borghese e liberale è bifronte. Il che non è detto che sia solo negativo. Tutto sta nella quantità dei vizi e delle virtù. In medio stat virtus. Oggi come nella Atene di Pericle.
#1540
Dio è stato importante nella storia dell'umanità. Pensare Dio e la divinità in generale ha significato pensare oltre e organizzare il futuro. Dio ha anche significato cercare un senso della giustizia che altrimenti sfociava nell'insensato e nella protervia umana e naturale, spiegata bene dal Candido. La divinità è stato un segnale polisemantico, esso stesso con una sua filosofia della storia, visto che dai riti animistici siamo passati alla mitologia ellenistica e da quella al monoteismo e nel monoteismo siamo passati dall'ebraismo dell'AT al calvinismo.
Ora dovremmo essere ancora in cammino verso un diverso tipo di spiritualità, che lasci andare Dio e la divinità, evitando allo stesso tempo di divinizzare l'uomo o le sue torri di Babele in versione ultra-scientifica. Non so se saremo in grado, ma sono abbastanza certo che parte della nostra libertà ed emancipazione passa da questa via.
#1541
Per smentire la teoria liberale basti pensare all'incompatibilità fra il principio della migliore allocazione delle risorse attraverso la competizione e la premiazione dei migliori (sulla qual cosa, entro certi limiti, sono d'accordo), con la difesa con il coltello fra i denti dei diritti ereditari, possibilmente con poca o nessuna tassazione. Evidentemente il liberalismo, come l'ancien regime pensa che le qualità individuali passino attraverso la trasmissione del lignaggio.
#1542
Storia / Riforma e Controriforma
18 Ottobre 2021, 13:55:45 PM
Viator. Gli inglesi li ho considerati, specificando che ufficialmente non sono luterani. Mi sono attenuto alla tua domanda. Nella realtà storica è vero che gli inglesi sono intervenuti nelle guerre di religione, sopratutto in Francia, e non a caso i protestanti francesi migrarono in massa in Gran Bretagna, compresi gli avi di Simon Le Bon, cantante dei Duran Duran nei mitici anni '80. Ma ad essere più centrati storicamente va anche detto che una guerra di religione fra protestanti e cattolici non era più possibile nel 700, visto che il concetto di sovranità era sostanzialmente cambiato dal 1648, anno della stipula della pace di Westfalia, con conseguente mutamento dei rapporti di potere fra stato e istituzioni universali come la Chiesa e l'impero.
#1543
Storia / Riforma e Controriforma
18 Ottobre 2021, 00:10:44 AM
Immaginando una coalizione fra i paesi luterani e una coalizione fra i paesi cattolici, nel 1700, la vittoria sarebbe stata sicuramente dei paesi cattolici, che potevano schierare gli eserciti di Spagna, Francia, Absburgo, che erano i detentori di quello che restava del Sacro Romano Impero, Italia e Polonia. Di fronte avrebbero avuto Svezia, Prussia, Danimarca, Islanda, Norvegia e molti stati del nord della Germania. Sicuramente Svezia e Prussia avevano due eserciti temibili, ma sul lungo periodo non avrebbero potuto fare nulla contro gli altri eserciti, ammesso che la guerra fosse potuta durare abbastanza a lungo. E' noto che le guerre di quell'epoca, venivano interrotte in inverno, che spesso le truppe disertavano, diventando bande di predoni. In ogni caso Francia e Spagna non avevano alcun interesse ad una guerra del genere nel 1700, visto che la prima era uscita da sanguinosissime guerre di religione due secoli prima e la seconda non avrebbe avuto alcuna ricompensa territoriale, dopo aver perduto l'Olanda, ed essendo i suoi territori, nel 1700, limitati alla Spagna continentale e alle colonie extraeuropee. L'Italia ovviamente avrebbe partecipato solo per obblighi e possibili intrighi di corte, visto che non c'era una potenza nazionale, ma vari stati regionali, nel '700, sotto l'influsso diretto o indiretto degli Absburgo (Questo grazie alla chiesa cattolica, poichè altrimenti l'unificazione in Italia sarebbe avvenuto già nel '500, per mano della Repubblica di Venezia).
Insomma, tanto per fantasticare, valutando le dimensioni degli eserciti e le retrostanti economie e società, i paesi cattolici le avrebbero suonate ai luterani, salvo considerare le motivazioni a combattere e l'unità degli eserciti. Da un punto di vista strettamente quantitativo i paesi cattolici erano più forti. Non ho considerato la Gran Bretagna perchè lì vigeva un culto diverso, l'anglicanesimo.
#1544
L'arte si fonda su una ambiguità che ne determina lo statuto e l'accostamento con il meretricio non è così peregrino. L'arte la considero una sfida dell'uomo: in un mondo finito, pieno di male e di dolore, di insensatezza e domande a cui non si può rispondere, l'artista decide di costruire qualcosa che lenisca questa sofferenza. L'arte è allora una cura. Un sollievo, una indicazione fragile che esiste qualcosa che va oltre "la necessità" e che ci  permette di riconoscerci nel valore universale della bellezza. L'arte è quindi un attestato di comunanza e di condivisione fra gli esseri umani, in grado di superare le diversità e gli odi delle fazioni. È l'anima vera e terrena dell'umanità e del suo dire: "No!" alla risposta che Sileno da a Re Mida. In questa grandiosità eroica, l'artista non è un lavoratore ma qualcosa di infinitamente superiore.
D'altro canto, l'artista ha uno stomaco e funzioni intestinali identiche ai lavoratori e spesso anche un brutto carattere. Il mondo attuale, inoltre, non si spreca in futili chiacchiere accademiche: l'arte, oltre a questi discorsi pomposi, è una merce, dotata di un valore di scambio e priva di quell'aura magica, antecedente alla sua "riproducibilità tecnica". Nell'artista convive quindi, in proporzioni diverse, una parte eroica e di sfida all'ineluttabilità di un mondo indifferente e distruttivo e una parte pragmatica, che deve fare i conti con le bollette da pagare. Entrambe le dimensioni sono vere, fatti salvi casi eclatanti (come Emily Dikinson, che non uscì mai dalla sua stanza) e  ciò rende l'arte un lavoro ma con una missione che non è riducibile al lavoro, anche se intimamente connessa con esso, poiché in un mondo dove l'arte ha spazio, ha spazio anche il lavoro innovativo e la creatività, che si ciba proprio al desco dell'arte.
#1545
https://www.corriere.it/salute/11_aprile_21/dossier-psicologia-sogni-necessari_30eb0cf4-6c21-11e0-be5d-e6326a5dea49.shtml


L'arte la paragono ai sogni. L'arte è un sogno ad occhi aperti. Un reticolo che unisce i rizomi della nostra vita. Che fornisce nuovi significati al mondo e ad ognuno di noi. I primi graffiti sulle rocce, le prime collane di conchiglie hanno aperto all'uomo il mondo del simbolico, ovvero la civiltà, e di tappa in tappa, ha consentito il codice binario e l'età dell'informatica. Quindi direi che l'arte è lavoro, visto che ha trasformato il mondo, e il lavoro, prometeicamente è trasformazione del mondo a misura d'uomo. Quindi se è necessario sognare, come da articolo linkato, è necessaria anche l'arte, tranne per i cuori aridi dei bottegai. Per loro " tutto quello che non strozza, ingrassa".