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Messaggi - Jacopus

#1531
CitazioneLe sciemmie, come ogni altro animale selvatico , agiscono per impulsi istintuali, tutti gli impulsi istintuali di un animale selvatico sono congeniati in modo da volgersi infine a vantaggio suo e della specie a cui appartiene. Nello spazio vitale di un animale selvatico non esiste conflitto fra le sue inclinazione e un certo "dovere" , tutti gli impulsi interiori, cioè, sono "buoni" . Per l uomo è andata perduta questa armonia paradisiaca, e le funzioni specificamente umane , come il linguaggio e il pensiero concettuale , hanno permesso la l accumolazione e la trasmissione di un sapere comune. Di consegnuenza, l'evoluzione storico culturale dell umanità segue un ritmo enormemente più veloce dell evoluzione puramente organica, filogenetica,di tutti gli altri esseri viventi. Però gli istinti, cioè le modalità innate di azione e di reazione, rimangono legati anche nell uomo al ritmo evolutivo degli organi , che è molto più lento, e non riescono a tenere il passo con la sua evoluzione storico culturale .Quindi le tendenze naturali non sono più perfettamente sincronizzate con le condizioni di civiltà in cui l 'uomo è venuto a trovarsi ad opera delle sue attività mentali. Questa è la differenza fra noi e le scimmie. Secondo me

Alberto. Scrivi una cosa su cui sono molto d'accordo ed una invece che, secondo me, non è vera. Partiamo dal disaccordo. Ovvero sul fatto che in natura le scimmie e specialmente quelle che vengono definite "ominine", proprio per sottolineare la vicinanza specistica con homo sapiens, non sono assolutamente solo istintuali. Hanno una individualità e un carattere, che puoi notare in mammiferi molto più semplici degli scimpanzè e dei gorilla, come i cani ed i gatti. Sono portatori di quelle stesse emozioni che abbiamo noi, emozioni che condividiamo non solo con i mammiferi ma anche con gli uccelli e probabilmente anche con i pesci (su mammiferi e uccelli vi è una letteratura ormai solida, sulla presenza delle emozioni). La differenza quindi fra noi e il mondo animale più vicino a noi (non parliamo di protozoi o funghi ovviamente) è una differenza quantitativa non qualitativa. Un senso del dovere lo hanno anche gli scimpanzè e laddove si palesano soggetti crudeli, prepotenti, sono documentate alleanze fra i soggetti meno forti proprio per scacciare o mettere al suo posto il soggetto prepotente (queste dinamiche sono state registrate sulle scimmie bonobo, ad esempio). Ma che dire di alcune specie di scimmie che sono state osservate mentre fingevano il richiamo di allarme per la presenza di predatori, solo per mangiare senza dover dividere il cibo con gli altri membri del suo gruppo? Non ci vedi già una configurazione di certi comportamenti umani? Per non parlare degli omicidi intraspecifici ancora fra gli scimpanzè, ma anche fra i felini o i pesci tropicali. La natura non è un luogo paradisiaco.

https://it.wikipedia.org/wiki/Leucochloridium_paradoxum

Questo è un esempio famoso proprio per non considerare la natura un idillio.

Invece sono d'accordo che il nostro sapere tecnico-culturale ha creato uno scompenso fra quello siamo in grado di fare e la capacità di controllare questo immenso potere, proprio perchè a livello profondo ancora rispondiamo a comportamenti di vantaggio a breve termine, a favore di noi stessi, della nostra famiglia e della nostra tribù, visto che per millenni abbiamo vissuto in gruppi di massimo 50-100 componenti. La filosofia, in realtà, probabilmente, è proprio un modo per affrontare questo problema.
#1532
L'uomo inteso come "homo sapiens" è egoista oppure no? Individualista o collettivista? A guardare la storia di ognuno di noi ed anche quella che si studia a scuola, direi entrambe. In realtà credo che il successo biologico di homo sapiens ( un dato oggettivo) derivi più dalla sua socievolezza che dal suo individualismo, che non ha a che fare con l'istinto di sopravvivenza, visto che si sopravvive sicuramente di più se agiamo in modo cooperativo.
Partirei però da più lontano ovvero da qui:

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Apocrita

L'ordine degli insetti "apocrita", come si può constatare è uno degli ordini con più specie del regno animale. Si è diversificato da una vespa arcaica e annovera fra i suoi discendenti tutti quegli insetti con il "vitino di vespa". La cosa interessante è che 50 milioni di anni fa, questa vespa ancestrale era estremamente individualista e parassitaria. Infilava le sue uova dentro il corpo di un altro insetto e le uova diventavano altre vespe mangiando il corpo dell'insetto ospitante. Esistono ancora vespe del genere. Ma la cosa interessante è che, nel corso di questi 50 milioni di anni, si sono sviluppate da quella vespa altre specie estremamente "prosociali" come le api, le formiche o le termiti. Un progenitore comune per specie individualiste e collettiviste. Per questa evoluzione sono però serviti 50 milioni di anni. Inoltre vi è un altro limite. Se a una vespa parassita venisse in mente di diventare altruista, non avrebbe vita facile. Idem per una eventuale ape egoista. La loro vita è infatti strutturata in modo molto netto da modelli comportamentali genetici che possono essere modificati (come appunto è avvenuto) solo nel corso di milioni di anni e attraverso evoluzioni di nuove specie.
L'uomo invece, come dice Viator, ha voluto la bicicletta...e la bicicletta consiste nella possibilità di agire in modo non strettamente genetico. Il SNC dell'uomo con circa 100 miliardi di neuroni è unico ed è il prerequisito da cui partire per comprendere come mai l'uomo può essere demone, angelo o semplice impiegato di banca. Questa complessità neurologica si sviluppa, specularmente, nella complessità delle scelte possibili da parte dell'uomo. Senza giungere all'uomo moderno, sono state studiate tribù amazzoniche ferocissime, nelle quali chi aveva ammazzato più uomini è al massimo gradino della stima altrui e tribù inuit che offrono allo straniero la loro moglie in segno di ospitalità ed altruismo. Pertanto, discutere di egoismo innato dell'uomo è stupido, allo stesso modo di affermare, alla Rousseau, che l'uomo è buono ma poi sono arrivate le società a rovinare tutto. In realtà sono vere entrambe le definizioni.
Detto in altri modi, l'uomo è una scimmia, la scimmia più intelligente possibile e cosa fanno le scimmie? Apprendono ed imitano. Se vivrete fra le tribù degli Yamoami sarà per voi un onore spaccare teste e adornarvi con collane fatte con i denti delle vostre vittime. Lo avete appreso. Siete un Inuit da quando siete nati. Allora la stessa felicità la proverete donando vostra moglie al primo straniero di passaggio.
Questo è il quadro biologico e neuroscientifico più oggettivo possibile, che spiega anche perché i nostri mutamenti comportamentali avvengono nell'arco di poche generazioni, senza bisogno di mutamenti genetici.
A questo quadro però va aggiunto un ulteriore rumore di fondo che è la struttura di potere esistente nelle varie società umane, la quale avrà tutto l'interesse per esaltare il lato egoistico dell'uomo piuttosto che quello solidaristico. Ed è questa la scelta fatta generalmente, con le dovute eccezioni, dal capitalismo (comprensivo di Putin e Cina, detto per inciso, il capitalismo ormai è un pensiero unico). Invece, a mio parere, basterebbero una mezza dozzina di generazioni educate alla solidarietà per cambiare radicalmente il mondo delle relazioni umane. Finché questo non avverrà continueremo a vivere in questa "terra di mezzo", stregati sia dalla voce di Sauron che da quella di Gandalf.

#1533
Presentazione nuovi iscritti / Re: Saluto
18 Marzo 2022, 15:13:51 PM
Buongiorno a te Davintro. Sarebbe un piacere ricondividere con te pensieri e riflessioni.
#1534
Tematiche Filosofiche / Re: Cosa vuol dire Logos?
18 Marzo 2022, 09:09:57 AM
Le parole nascono da due organi umani o insiemi di organi. Il primo è il sistema laringe, bocca, palato o sistema oro-laringeo. Il secondo è il cervello. Se non avessimo la laringe e la bocca fatta in un certo modo, non saremmo in grado di parlare con la complessità che ci contraddistingue. Una complessità simile è stata scoperta solo fra certi cetacei come le orche, che attraverso i loro fischi sottomarini hanno creato un vocabolario molto articolato e addirittura suddivisibile in vari idiomi, per cui è possibile identificare un orca come appartenente ad un gruppo in base al tipo di fischi che emette, come per gli esseri umani. La specie umana però ha affinato l'uso delle parole in virtù di dell'ingombrante contenuto della ns scatola cranica. Dai primi grugniti che avvisavano del pericolo o coordinavano la caccia di gruppo, ad un certo punto e progressivamente abbiamo iniziato a nominare le cose e gli animali, esattamente come fa Dio in Genesi. La domanda quindi diventa in realtà: "perché abbiamo, come specie, sentito il bisogno di nominare il mondo?". Continuerò il discorso appena possibile.
#1535
Tematiche Filosofiche / Re: Cosa vuol dire Logos?
14 Marzo 2022, 19:47:39 PM
Per Mariano: "tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile ma non semplice". Questa frase (deliziosa) di Einstein può aiutarci ad inquadrare il problema. Siamo di fronte ad una parola che ha attraversato i secoli, che si è caricata di significati disparati diventando polisemantica. Probabilmente la sua interpretazione serve più per interpretare il tempo degli esegeti che la parola in sè. Eppure il fascino è tutto lì. Una parola che concentra dentro di sè una specie di distillato della conoscenza e della riflessione filosofica. Le parole dell'antica Grecia hanno ancora questo potere, basti pensare a Kratos o a psiche. Solo il tedesco, fra le lingue che conosco, si prende così sul serio come il greco antico.
Insomma affrontare il termine logos con semplicità senza farla semplice mi sembra il metodo adatto a contrastare questi tempi dove la semplicità diventa il terreno adatto per l'appiattimento e la semplificazione analfabetizzante. Essere semplici è un processo a cui serve un enorme mole di complessità.
#1536
Tematiche Filosofiche / Re: Cosa vuol dire Logos?
14 Marzo 2022, 08:33:06 AM
Risponderò secondo la mia chiave di lettura, che ovviamente non ne esclude altre e che mi sembra avere anche delle sostanziali similitudini con altre precedenti interpretazioni. Il logos è un continuum che è attribuibile a tutti gli esseri viventi, dal batterio ad homo sapiens. La distinzione non è qualitativa fra le varie forme viventi, ma semplicemente quantitativa. Se si sviluppano aree calde e fredde sul vetrino di una colonia di batteri, i batteri si sposteranno verso le aree migliori per la loro sopravvivenza. Vi è già in questa azione "razionale" del logos? Forse sì, forse la ricerca della sopravvivenza fu il primo motore, l'archè di ogni processo successivo. Facendo un salto di qualche miliardo di anni, i grugniti dei primi homo sapiens per coordinare le loro azioni erano logos? E la costruzione dei primi strumenti litici, i primi archi, i primi riti di sepoltura, che celebravano anche i Neanderthal? Come sono connesse le emozioni umane al logos? Sarebbe possibile il logos senza le forme di cura mammaliane che ci distinguono, o senza quel processo tipico dell'uomo che si chiama pianto?
Per quanto il cervello/cultura umana è un sistema che non ha precedenti nella storia del pianeta terra, esso affonda le sue radici in strutture biologiche e processi che ci accomunano a tutte le specie viventi. La stessa relazionalità, posta come elemento fondante del logos, è condivisa da migliaia di specie viventi, dalle api ai lupi.
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".
#1537
Varie / Re: Mai dire mai, tuttavia…
08 Marzo 2022, 19:31:12 PM
Hai toccato un punto importante Bobmax. Ho anch'io spesso avuto la sensazione, in tanti topic aperti, di un colloquio fra sordi. Colloqui che in realtà erano monologhi. In altre occasioni, invece, puoi osservare che il colloquio e la reciproca esposizione di fatti, pensieri ed opinioni si è svolta nel reciproco rispetto, e con reciproca soddisfazione. Sono sicuramente meno frequenti questi confronti costruttivi, ma ci sono.
Ma vi è anche un secondo atteggiamento negativo che spesso affiora, oltre all'effetto monologo evidenziato da Bobmax. Un atteggiamento comunque in qualche modo connesso con l'incapacità a dialogare.
Infatti, in altre situazioni noto che vi è l'accanimento narcisistico contro coloro che non la pensano come noi. Avviene una sorta di duello, dove ognuno dei duellanti deve colpire ed uccidere l'avversario con argomenti più lucidi, razionali, oggettivi e quant'altro. Manca una sorta di "gentlemans agreement" per cui al di là delle diverse opinioni resta un fondamento di rispetto fra esseri umani che discettano di cose che spesso non conoscono neppure lontanamente. Anzi il "gentlemans agreement" viene ridicolizzato come un rimasuglio di una mentalità borghesuccia, mentre in realtà sarebbe meglio, per questa weltaschaung, essere cafoni, offensivi, iconoclasti. Per restare in tema, mi verrebbe da dire, proprio per "epater le bourgeois", senza considerare però che il  bourgeois italico difficilmente si scandalizza, essendo più che un bourgeois, un bottegaio.
#1538
@ Green. Non credo che debba essere ritenuto il caos come condizione normale. Ciò che deve essere considerato normale è l'accettazione della sua esistenza e, contemporaneamente, la lotta contro di esso. Il caos può sorgere dentro di noi in qualunque momento, una psicosi, un trauma, una malattia fisica può aprirci in qualunque momento all'abisso del caos. E senza giungere agli eventi straordinari, basta talvolta una inquietudine, una paura per il futuro, un sentimento di rabbia a distoglierci dall'armonia che pensavamo di aver ottenuto in un dato momento. Accanto a questo caos, fisiologico, che bussa ogni istante alla nostra porta, vi sono altri caos, che derivano dalla nostra condizione umana, storicizzata.
Sono quindi d'accordo con te, la spiritualità può essere un "lavoro" per disciplinare la nostra "singola essenza umana" ad affrontare l'inevitabile arrivo del caos, che non è solo la morte, ma quella che potremmo definire "la morte sociale", che avviene quando siamo ancora in vita.

Un lavoro che può essere svolto stoicamente e filosoficamente anche al di fuori del "religo" e della "spiritualità". E questo lavoro consiste nel conciliare il nostro essere individuale, diverso dall'Altro, con il nostro essere identico all'altro. E' un lavoro difficilissimo. Provate a farlo in metropolitana, quando osservate i vostri vicini. Vi sentite davvero così simili a loro? Anche a quel tossico cinquantenne pieno di tatuaggi? O a quel sudamericano con la mascherina abbassata che ascolta reggaeton?
Il caos allora non è forse questa distanza, in parte inevitabile, fra di noi, ma che il modo di vivere "moderno" ha amplificato in modo così doloroso? E per superare questo caos, che si somma al caos della decadenza fisica, dei terremoti, delle guerre, cosa serve?
#1539
Nessuno di noi è mai completamente solo. Anche chi vive in solitudine, può ricavare dentro di sè una moltitudine di interlocutori. L'unico essere veramente solo potrebbe essere chi non è mai stato accudito da nessuno, che non ha mai conosciuto la relazionalità con il prossimo, una sorta di uomo della foresta, un rettile piuttosto che un mammifero. Oltre questo estremo esistono i più diversi accomodamenti e compromessi, ben descritti dalla metafora degli istrici di Schopenhauer. Il problema nasce invece da una situazione di costrizione allorquando il nostro desiderio di più o meno socialità è frustrato da bassa o alta socialità attorno a noi. Quindi direi che non si tratta nè di destino e neppure di scelta ma di un mix di variabili molto difficili da controllare.
#1540
Iano. L'autorevolezza delle persone non è minimizzato dal metodo scientifico, ma è democratizzato e fondato sui fatti. Affinché una teoria scientifica venga validata occorrono diversi passaggi, uno dei quali è l'esame "peer rewiewed", ovvero il giudizio degli esperti riconosciuti in quel campo. Non è detto che la loro risposta sia unanime nè che sia esatta, ma è un dato che riconduce inevitabilmente all'autorevolezza delle persone. Autorevolezza che si è costituita tramite "fatti", ovvero esperimenti, scoperte, o semplicemente divulgazione di quel campo. L'autorevolezza delle persone, quando il metodo scientifico non era ancora in auge, dipendeva esclusivamente dall'ortodossia della tradizione, al punto di cancellare i fatti se questi contraddicevano l'ipse dixit.
#1541
Kuhn a mio giudizio si muove esattamente nel solco della scienza, visto che evidenzia come ogni momento della storia condiziona "potenzialmente" lo stesso discorso scientifico. Il che deriva dal nostro essere finiti. La scienza infatti non può dispiegarsi verso ogni campo dello scibile. Già la stessa selezione di ciò che è importante modella il paradigma. Ma questo non diminuisce certo la potenza del metodo scientifico. Lo pone correttamente in un'ottica umana, mettendo in guardia dalle possibili divinizzazioni della scienza. Anche in questo caso siamo ben lontani dalla religione (se non addirittura agli antipodi).
#1542
Buonasera Iano. L'autorevolezza della scienza deriva da un metodo. L'autorevolezza della religione dalla tradizione, non importa se tradizione di una rivelazione o di una genealogia o di un mito. La scienza si può confutare e lo fa ampiamente da Galileo in poi, ed anzi la confutazione viene incoraggiata come passaggio verso una conoscenza migliore. La religione quando confuta crea scismi e guerre, non essendo modificabile, se non a prezzo della perdita della sua tradizione, ovvero della sua identità. La religione è un racconto del mondo non modificabile, la scienza è un metodo che promuove il cambiamento di interpretazioni e spiegazioni, per raccontare il mondo e per creare il mondo. Mi sembrano due livelli di autorevolezza diversi.
#1543
Problemi utilizzo forum / Re: Aggiornamenti forum
01 Marzo 2022, 19:06:45 PM
Sì, li vedo. 8)
#1544
Problemi utilizzo forum / Re: Aggiornamenti forum
26 Febbraio 2022, 16:22:05 PM
Sullo smartphone va benissimo.
#1545
"Io moltiplicheró grandemente le tue pene, con dolore partorirai i figli e i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". In Genesi 3:16, così Dio si rivolge ad Eva.
Il dolore da parto è sempre stato ben visibile a tutti gli esseri umani ed è stato probabilmente anche una giustificazione della differenza fra umanità ed animali, i quali non davano segno di tutta questa sofferenza. In realtà la sofferenza del parto delle donne è una delle conseguenze del bipedismo. Per essere efficienti nella camminata su due arti, è stato necessario restringere il bacino (operazione che è durata qualche milione di anni) e questo ha comportato un restringimento delle ossa del circolo pelvico, che hanno iniziato a creare delle difficoltà. Difficoltà che comunque condividiamo con tutti i grandi primati come noi, bipedi e senza coda (scimpanzé,
Gorilla, orangu-tang). Poi, a partire d homo heidelbergensis, si è sommata una seconda causa di dolore, ovvero l'aumento del cranio, necessario per ospitare il correlativo aumento dimensionale del cervello, che i paleontologi chiamano "encefalizzazione". E a questo punto siamo rimasti soli. Solo la femmina di homo sapiens soffre dei dolori da parto così acuti dovuti al bipedismo e alla encefalizzazione. I limiti strutturali del bacino umano sono tali che il neonato nasce non ancora del tutto formato, al punto che si è teorizzato che una gravidanza completa dovrebbe in realtà durare almeno 15 mesi. Se ciò tutelerebbe di più il neonato è però reso impossibile dalla postura eretta di homo sapiens.
Tutto ciò lo scrivo per confutare una antica costruzione narrativa biblica, che parte da una errata spiegazione per giungere ad una impostazione di dominio.
Una situazione che si ripete nella storia dell'uomo innumerevoli volte.
A chi si lamenta della scienza provate a fare questo esempio, come modello dell' emancipazione che si sviluppa dalla scienza.