Ciao Claudia K.

In primo luogo ti ringrazio per essere intervenuta anche in questo TOPIC; anche se temo che tu lo abbia fatto un po' di "controvoglia", solo per una forma di cortesia nei miei confronti.
Comunque, in ordine alle tue sempre "intelligenti" ed "acute" osservazioni, questa volta in buona parte "condivisibili", osservo quanto segue:
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1)
Come ho già scritto, l'art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110 impone l'obbligo ai possessori a qualsiasi titolo delle armi di cui agli artt. 1 e 2 della stessa legge (armi e munizioni da guerra ed armi e munizioni comuni da sparo) di "custodirle con ogni diligenza" ai fini della sicurezza pubblica.
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Però, come ben chiarito dalle circolari del Ministero dell'Interno e dalla conforme Giurisprudenza, "l'obbligo di massima diligenza e sicurezza nella conservazione delle armi va considerato sempre in senso relativo"; cioè, in relazione alla situazione concreta in cui esse devono essere conservate.
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Tale obbligo, infatti, riguarda precipuamente la coabitazione:
- con persone prive del "porto d'armi";
- soprattutto se si tratta di bambini, o di persone che non siano perfettamente capaci di intendere e di volere.
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Se, invece, la coabitazione è con persone munite anch'esse del porto d'armi, soprattutto se appartenenti anch'esse alle forze armate o di polizia, tale obbligo, quando sono entrambe sole nel loro domicilio, non sussiste minimamente; tale obbligo sussiste solo quando sono presenti altre persone oltre a loro, ovvero quando escono dal loro domicilio "fuori servizio", lasciando le loro armi abbandonate in casa (nel qual caso devono osservare le cautele da me descritte).
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Per cui, in una casa in cui non vivono bambini, ma solo due coniugi entrambi appartenenti alle Forze dell'Ordine, le rispettive armi d'ordinanza possono essere poggiate, non solo "umanamente", ma anche del tutto "legalmente" , tra un turno e l'altro, su un qualunque mobiletto di casa.
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2)
Poi tu scrivi, molto ragionevolmente: "Mi sembra molto più determinante, ai fini istruttori, la geolocalizzazione di entrambi i coniugi al momento dell'invio dei messaggi con foto da lei a lui, il giorno prima, piuttosto che altro. Nello specifico, e sempre stando a quanto da te riferito, trovo assai poco credibile che il marito possa aver violato il cellulare di lei, con tanto di invio di messaggi con foto e commenti, senza che lei potesse avvedersene nella giornata successiva. Ma soprattutto...se in una delle foto da lei inviate si vede addirittura il di lei piede proteso verso lo strapiombo della scogliera...non vedo proprio come questo possa corrispondere ad una lugubre coreografia di lui. In ogni caso ripeto : era perfettamente possibile geolocalizzare i cellulari di lei di lui all'ora dell'invio dei fotomessaggi, così come mi risulta sia possibile risalire anche alla data di creazione delle foto inviate in quei fotomessaggi..."
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Al riguardo, in effetti, anche io, come te, trovo "possibile", ma poco "probabile" che il marito possa aver violato il cellulare di lei, con tanto di invio di messaggi con foto e commenti; ed infatti avevo anche scritto che il marito avrebbe potuto "prendere la palla al balzo" in base ad autentici messaggi della moglie.
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Comunque:
a)
La geolocalizzazione di entrambi i coniugi al momento dell'invio dei messaggi, rivela che:
- il cellulare di Licia Gioia si trovava presso la scogliera;
- il cellulare di Francesco Ferrari si trovava in casa.
Però, più o meno in quell'orario, dei testimoni hanno visto Francesco Ferrari, da solo, presso la scogliera, mentre nessuno ha visto in quei pressi Licia Gioia; per cui, pur essendo secondo me poco "probabile", non è affatto "impossibile" che, lasciando a casa il suo cellulare, Francesco Ferrari si sia impossessato di nascosto sia del cellulare della moglie (che era in casa), sia di una sua scarpa per inscenare tutta la "coreografia" sulla scogliera.
Ed infatti, a voler essere precisi, non si vede affatto "il di lei piede proteso verso lo strapiombo della scogliera", bensì soltanto "la di lei scarpa protesa verso lo strapiombo della scogliera"; anzi, solo la metà di una scarpa.
b)
I messaggi sono stati inviati alle ore 17,54 del 27 Febbraio ed alle ore 18,02 del 27 Febbraio e Licia Gioia è morta alle ore 0,30 del 28 Febbraio; per cui, in meno di sette ore, è possibilissimo che Licia Gioia non abbia controllato la sua messaggistica WHATSAPP.
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3)
Poi tu scrivi, molto ragionevolmente: "In mancanza di figli, e con moglie assolutamente autonoma quanto lui sul piano finanziario...non c'era proprio ragione neanche lurido-ragionieristica per accoppare una moglie (magari esasperante) e rischiarci pure la carriera, quando esiste la santa e benedetta separazione legale."; anzi, ancor meglio, io aggiungerei "...e rischiarci pure la galera!"
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Il che è GIUSTISSIMO!
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Però non sappiamo se in caso di abbandono da parte del marito, lei avrebbe potuto vendicarsi rivelando degli "scheletri" nascosti nel suo armadio; che, essendo lui un ispettore di polizia, potevano risultare molto "pericolosi".
Ed infatti (quasi) tutti i coniugi sono al corrente di segreti, più o meno "compromettenti", dell'altro coniuge!
Questo lo dico per "esperienza divorzistica", perchè, purtroppo, ho assistito a vari casi di mariti finiti in galera (alcuni appartenenti proprio alle forze dell'ordine), a seguito di rivelazioni della moglie divorziata; a volte, anche quando era stata lei ad abbandonare il marito per un altro uomo.
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Però, anche secondo me, queste sono soltanto delle "congetture"; del tutto inadeguate (da sole) a far condannare Francesco Ferrari!
Su questo siamo perfettamente d'accordo!
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4)
Ma io non ritengo di certo il marito colpevole di omicidio, in base alle sole congetture riguardanti le "fotografie" ed il "movente"; le sole che tu hai preso in considerazione, e che, giustamente, non ritieni affatto sufficienti per una condanna del marito.
Ed io neanche!
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Ed infatti io lo ritengo colpevole in base alla "meccanica dell'evento" e all'"autopsia"; cose che, invece, tu hai completamente ignorato.
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Ed infatti:
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A)
La "prima regola" che viene impartita agli agenti di polizia di tutto il mondo in casi del genere è di "NON CERCARE <<MAI>> DI DISARMARE UNA PERSONA CHE MINACCIA DI SUICIDARSI CON UNA PISTOLA!"
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Ed infatti, i casi sono tre:
a)
O la persona in questione è realmente decisa a suicidarsi, ed allora è "tecnicamente" impossibile riuscire a saltarle addosso per impedirglielo, perchè nessun essere umano è più veloce di una pallottola (a parte quello che si vede nei film).
b)
Oppure la persona in questione è ancora indecisa se suicidarsi o meno, ed allora è proprio una colluttazione che potrebbe provocare la sua morte; o quella di chi cerca di disarmarla.
c)
Discorso analogo a b), vale se il presunto aspirante suicida sta soltanto "bluffando".
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In tutti e tre i casi l'unico modo di "ingaggiare" qualcuno che minaccia di suicidarsi con una pistola, è quello di "PARLARGLI", cercando di convincerlo a desistere; agli agenti di polizia vengono insegnate delle apposite tecniche di dissuasione, al riguardo (anche se non risultano sempre molto efficaci), ma "MAI" di saltargli addosso per cercare di impedirglielo con la forza!
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Per cui:
- o Francesco Ferrari è un ispettore di polizia che non conosce minimamente il suo mestiere;
- oppure Francesco Ferrari mente "per la gola" (come io sono fermamente convinto).
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B)
Francesco Ferrari, comunque, ""sicuramente mente per la gola", quando dichiara a verbale, che, dopo aver cercato vanamente di impedire che partisse il primo colpo dalla mano di sua moglie (che avrebbe sparato in una posizione da vera contorsionista), "... subito dopo, sarà passato mezzo secondo, un tempo molto ristretto, io ho cercato di togliere la pistola dalle mani di mia moglie portandola via dalla testa e in quel momento è partito il secondo colpo che ha colpito me e alla gamba mia moglie."
Il che non è possibile per due motivi:
a)
La "seconda regola" che viene impartita agli agenti di polizia di tutto il mondo, quando si lotta con qualcuno per disarmarlo di una pistola semiautomatica, come la BERETTA FS PARABELLUM, è che NON VA MAI AFFERRATA LA MANO DELL'AVVERSARIO, BENSI' ESCLUSIVAMENTE IL CARRELLO DELLA SUA PISTOLA, COL POLLICE SUL CANE.
E, questo, per tre motivi;
- se il cane è ancora abbassato, ci cerca di evitare che si alzi (tentativo, peraltro, molto difficile);
- se se il cane è già alzato, ci cerca di evitare che si abbassi (tentativo anch'esso molto difficile);
- in ogni caso, se non si riesce ad evitare che la pistola spari un primo colpo, come accade nella maggior parte dei casi, si evita "con certezza" che ne parta subito un secondo.
Ed infatti, afferrando il carrello nel modo previsto dalle "regole d'ingaggio", una volta partito il primo colpo, l'"espulsore" e l'"estrattore" della pistola non riescono ad espellere il bossolo, perchè la sua fuoriuscita è impedita dalle dita della mano; per cui LA PISTOLA SI INCEPPA, e, di sicuro, non può essere disinceppata mentre prosegue la colluttazione.
Per cui, se Francesco Ferrari ha seguito tale tecnica, in uso preso tutte le polizie del mondo, è materialmente impossibile che "subito dopo, sarà passato mezzo secondo....è partito il secondo colpo!"
E' un'evidente bugia!
b)
Tale bugia, comunque, è eclatantemente confermata dall'autopsia, dalla quale risulta "testualmente" che il secondo colpo "...sicuramente non è stato esploso nell'immediato dopo il primo, in quanto è trascorso del tempo; anche se è difficile ipotizzare con certezza quanto tempo dopo".
c)
Inoltre, sempre secondo l'autopsia, Francesco Ferrari senz'altro mente anche quando, riguardo al secondo colpo, dice testualmente "...ritengo che materialmente a spingere il grilletto sia stato il dito di mia moglie".
Ed infatti dalla perizia medica risulta "categoricamente" che la ferita alla coscia di Licia Gioia: "...è stata prodotta sulla paziente già morta"; per cui, quel secondo colpo, non lo avrebbe mai potuto sparare Licia Gioia.
Per cui, visto che in casa non c'era nessun altro, è evidente che lo ha sparato, su di lei già morta, Francesco Ferrari; per i motivi che spiegherò più avanti.
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C)
Infine, quanto al fatto che il colpo non sia stato esploso a bruciapelo, ma da circa 25 cm di distanza, questo, più che ad una colluttazione, fa pensare senz'altro ad un omicidio; ed infatti, se si tenta di evitare che qualcuno si suicidi, non si cerca di "allontanare" la pistola dalla sua testa (a 25 o a 30 centimetri), bensì si cerca semplicemente di "deviare" la direzione di tiro della pistola dalla sua testa, spostandone la direzione della canna con la mano che fa leva sul carrello (cosa che, invece, non è avvenuta).
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Inoltre:
a)
Occorre tenere presente che, visto che dalla perizia medica il colpo risulta sparato dalla distanza di 25 cm (dalla "bocca" della pistola), poichè la Beretta caibro 9 mm Parabellum è lunga esattamente 20 cm, questo vuol dire che la mano che impugnava la pistola era a circa 40/45 cm dietro la testa della vittima; una posizione davvero improbabile per la mano di Licia Gioia, visto che il colpo è stato sparato da 40/45 cm DIETRO la sua testa .
b)
Ed infatti tale posizione risulta ancora più improbabile per la mano di Licia Gioia, in quanto la pallottola è penetrata dietro l'orecchio destro della donna, fuoriuscendo dalla parte opposta; cioè nella parte anteriore del volto a sinistra.
c)
Per cui, essendo difficile che qualcuno si suicidi in tal modo, anche nel corso di una colluttazione, l'anatomopatologo, nella perizia, osserva che il suicidio sarebbe "in astratto ed in <<ipotesi remota>> compatibile, ma la posizione del corpo è innaturale e inusuale per tale ipotesi, considerata la notevole flessione del rachide cervicale e del tronco".
Ed infatti la traiettoria del proiettile (A, indicata in rosso), è compatibile con qualcuno che abbia sparato alla vittima stando alle sue spalle; se, invece, anche contorcendosi, fosse stata questa a sparare il colpo, la traiettoria sarebbe stata ben diversa (cioè tra B e C, indicate in nero).
d)
Per cui il medico legale afferma, nero su bianco, che "l'ipotesi più probabile è che la donna abbia cercato di sfuggire a qualcuno!".
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