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Messaggi - sgiombo

#1531
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
04 Ottobre 2018, 08:07:44 AM
Citazione di: Socrate78 il 03 Ottobre 2018, 20:43:06 PM
Potrebbe benissimo essere che la realtà in cui viviamo provenga come origine dal Bene, ma abbia perso o allentato il legame con la sua fonte e origine, al punto da abbruttirsi. In fondo anche all'inferno, ammettendo che esso esistesse, Dio sarebbe comunque presente (è ovunque), ma la realtà sarebbe talmente corrotta da annullare gli effetti della presenza stessa del bene.

Non vorrei rilanciare una discussione vecchia di secoli e già ripetutamente ripresa nel forum, ma l' inferno (e ingenerale il male) é logicamente incompatibile con (l' esistenza di) un Dio (che sia) onnipotente e immensamente buono.
#1532
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
04 Ottobre 2018, 08:03:20 AM
Citazione di: Ipazia il 03 Ottobre 2018, 19:24:31 PMli. Peraltro il principio del suffragio universale, attuato quasi ovunque, è fondato proprio su un principio egualitario. Quindi mi pare che tutta questa supremazia del disegualitarismo non ci sia, nè in teoria nè in pratica.

Ma con leggi elettorali che credo quasi dovunque (per lo meno, se non proprio dovunque) conferiscono un ben diverso potere di eleggere i rappresentanti ai votanti e impongono d fatto gli accuratamente limitati "voti utili", e cioé di "scegliere liberamente fra zuppa e pan bagnato" (compresa quella pseudoproprzionale con sbarramento della Germania).

(Non mi aspetto certo che condividerai la mia convinzione, che comunque esprimo:) In una società divisa in classi antagonistiche solo rapporti di forza relativamente favorevoli (o meno fortemente sfavorevoli) alle classi escluse dal potere reale possono imporre una relativa limitata democrazia (come succedeva nella nostra "prima repubblica", ove infatti vigeva una legge elettorale "quasi proporzionale").
Inoltre ritengo che il potere reale stia altrove che nei parlamenti eletti a suffragio più meno universale, con leggi elettorali più o meno truffaldine.
#1533
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
03 Ottobre 2018, 09:05:03 AM
Citazione di: bobmax il 02 Ottobre 2018, 22:55:11 PM
@Socrate78

La vicenda che proponi descrive una situazione tragica, dove nessuna scelta potrà mai essere davvero "giusta".
Questa è la nostra normale situazione di vita: non abbiamo quasi mai la certezza di quale sia la buona scelta da fare.

La logica non può dare alcun aiuto, perché è solo uno strumento.

Ciò che conta nella vita non ha mai a che fare con la logica. Il pensiero logico/razionale ci permette solo di orientarci, di chiarire i termini della situazione.
Il valore da attribuire, la scelta da fare spetta sempre e solo all'etica.
CitazioneNon sottovaluterei l' importanza anche della logica, del raziocinio; anche perché non é conseguentemente etico, non é un comportamento etico conseguente, fino in fondo, limitarsi a proporsi uno scopo buono e giusto trascurando di impegnarsi (spesso faticosamente) a conoscere i modi necessari a realizzarlo effettivamente.

inoltre logica e raziocinio sono indispensabili (oltre, ribadisco, a trovare i mezzi efficaci per realizzare il bene) anche per valutare le alternative realistiche chi si propongono al comportamento umano.
Perché il bene assoluto non esiste e non é umanamente realizzabile e solo il bene relativo può essere perseguito e (in ulteriormente limitata misura) realizzato effettivamente; e spesso ciò finisce per identificarsi con la ricerca del male minore.
E logica e raziocinio (ma anche forza d' animo e coraggio) servono per cercare di valutare per quanto possibile ciò di buono cui é preferibile rinunciare per realizzare un bene maggiore, il massimo di bene realisticamente possibile. 

Nell' esempio proposto da Bobmax si impone la difficilissima valutazione se il comportamento migliore realisticamente possibile sia non uccidere (V° comandamento) nessuno o uccidere una parte dei passeggeri per salvarne almeno un' altra parte, limitando il numero delle morti "premature".
E qui raziocinio e logica servono non meno che sentimenti e scale di valori.
Personalmente, con qualche dubbio tormentosamente ineliminabile, credo che opterei, dopo una analisi razionale il più possibile fredda e ponderata, senza cedere al "primo impulso emotivo", alla propensione più immediatamente e prepotentemente avvertita, per la seconda opzione (che richiede anche non poco coraggio e forza d' animo per essere eseguita).


Tutta la realtà, esiste soltanto a causa del Bene, che in ogni istante fa sì che essa sia.
CitazioneMI sembra che questo sarebbe tutto da dimostrare (e invero indimostrabile: non vedi quanto male, quanta terribile, ingiusta sofferenza ci circonda?)
#1534
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
03 Ottobre 2018, 08:46:12 AM
Citazione di: paul11 il 02 Ottobre 2018, 22:15:19 PM


farlo).
Intendo dire che il concetto di "bene" forse esige edonismo utilitarista (oppure utilitarismo edonista) anche se ha le sue radici nella trascendenza di una divinità

CitazioneIn che senso?
"Storico di fatto"?
Cioé nel senso che di fatto le più antiche morali si fondavano si "comandamenti" dettati dalle divinità?
Ho qualche dubbio anche su questo, in quanto penso che già prima dell' invenzione delle religioni, ai tempi remotissimi del "passaggio dalla storia naturale -la specie umana primitivissima non ancora dotata di linguaggio e di autocoscienza- alla storia umana", esistesse qualche "elemento comportamentale di moralità" o per lo meno e per così dire di "pre-moralità" (come ne esistono in varie specie di mammiferi e uccelli, certamente non fondati su alcuna credenza in divinità).
Ancor meno credo che il concetto di "bene" abbia "di diritto" nella divinità le sue "radici fondative" o "probative", le ragioni che lo giustificano o che lo impongono tendenzialmente alla coscienza e al comportamento umano (mi scuso per l' inelegantissimo abuso delle virgolette, ma si tratta di concetti molto difficili da definire)

: se nel piano metafisico vige la legge causale, la divinità reagirà in base alla nostra condotta, facendoci a sua volta del bene o del male (almeno secondo il nostro punto di vista) e sapendo questo possiamo quindi volgerci verso ciò che la divinità ci ha suggerito come "bene", perché ci sarà utile a ricevere il piacere della ricompensa.
Se usciamo dal piano metafisico, in fondo, ciò che cambia è solo il tipo di utilità (esclusivamente terrena) e/o di piacere (sensoriale o psicologico o altro).

CitazioneDissento dall' avverbio "solo".
per me c' é una differenza enorme fra l' edonistico-utilitaristico (sia pure, se così lo vogliamo chiamare) piacere psicologico di riuscire a truffare un onesto concittadino e l' edonistico-utilitaristico (sia pure, se così lo vogliamo chiamare) piacere psicologico di aiutare chi ne ha bisogno, o di compiere diligentemente quello che si sente come il proprio dovere (per obiettare a quanto scrivi più sotto), e quello di sacrificarsi -in qualche misura- per il bene degli altri o magari dell' umanità intera.

Un terzo movente per il bene potrebbe essere il "senso del dovere" (a prescindere dall'utile e dal piacevole), tuttavia ciò significherebbe incentrare il bene sul proprio, per dirlo con Freud, "super-io" (generato da influenze parentali, culturali, etc.) e quindi si spalancherebbero le porte alla contingenza, al relativismo, etc. lasciando il concetto di "bene" alla mercé del pluralismo de-ontologizzante (salvo interpretare tale "senso del dovere" come richiamo mistico-interiore ad un Bene trascendentale, come se ci fosse sopra la nostra spalla il piccolo angioletto che ci bisbiglia all'orecchio, in perenne competizione con l'inquilino dell'altra spalla...).


La morale non può fondarsi sul'istinto premio/castigo.
Sostengo che la morale è un fondamento codificante sociale, non ha nulla a che fare con le teorie delle scelte o dei giochi utilizzati in economia.Il diritto come è venuto a costituirsi storicamente è proprio togliere la parte umana intrinseca ed esporre invece la parte materiale delle transazioni economiche  e dei rapporti interpersonali e sociali
CitazioneConcordo.

#1535
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
02 Ottobre 2018, 21:26:20 PM
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2018, 21:07:26 PMGrazie per i chiarimenti; tuttavia c'è ancora qualcosa che non ho capito:
Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
CitazioneNon si tratta di 'appagare' la mente con una sensazione estranea ad essa e che si ricerca

Eppure, andando nel concreto, nel momento in cui devo compiere una scelta di tipo etico, l'interazione con l'esterno della mente è inevitabile (pur non essendo cercata). Certo, la gioia viene esperita "dentro la mente", ma la causa è "fuori" ed è la scelta che compio (oltre alle sue conseguenze...): se oriento la scelta verso il bene, con quali criteri lo scelgo? Perché è "bene"? Se lo è perché mi dà gioia, questa è, per me, una forma di edonismo.
CitazioneE se invece mi da gioia perché é bene questa é, per me, una sorta di comportamento eticamente buono.






Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
CitazioneQuindi secondo me ti sbagli quando lo paragoni all'edonismo, perché l'edonismo essenzialmente identifica la morale col piacere, mentre qui c'è gioia spontanea (premio a se stessa) nel fare il bene.

Se mi trovo a dover fare una scelta (in cui è coinvolto qualcun'altro) e scelgo la gioia spontanea del fare il "bene", uso come criterio di scelta proprio la previsione che ciò mi darà spontaneamente gioia (questo intendo per "edonismo"!): se so (per esperienza vissuta) che fare ciò che reputo "bene" mi rende spontaneamente contento, ad ogni scelta cercherò di fare il bene (perché ciò mi renderà piacevolmente contento...).
Oppure opterò per ciò che la mia "mente compassionevole" mi spinge a fare (questo intendo come "senso del dovere", in questo caso dovuto magari al mio "lavoro spirituale" su me stesso) oppure ciò che mi sembra utile fare (per eventuali scopi personali). Per ora, non vedo alternative...
CitazioneIl fatto é che i desideri, le aspirazioni sono molti e (questa é l' insuperabile drammaticità della condizione umana; altrimenti sarebbe una condizione "divina") spesso inconciliabili gli uni con gli altri: si deve cercare di valutare quale "combinazione ragionevolmente possibile" di aspirazioni é più appagante. 

(Per chi usi i vocaboli nel significato che ad essi attribuisco io) Trovare più appagante, fonte di maggior felicità rendere generosamente il più possibile felici gli altri significa "essere buoni"; invece trovare più appagante, fonte di maggior felicità fare egoisticamente i miei gretti e meschini interessi fregandomene degli altri significa "essere malvagi".





Citazione da: Sariputra - Oggi alle 17:20:49
Citazionenon fare il male, fare il bene , purificare la mente, questo è il Buddhismo 

I tre precetti universali non sono "non fare il male, fare il bene, aiutare tutti gli esseri"? La domanda è: perché (non "se") indicano il "bene"?
Se faccio "il bene" per rispettare tali precetti (che me lo indicano) è una forma di utilitarismo (con conseguenze propizie: cessazione delle rinascite, karma positivo, etc.); se lo faccio perché ho introiettato tali precetti, è "senso del dovere" (dimentico persino i precetti perché fanno ormai parte della mia spontaneità); se lo faccio perché so che il bene (mi) comporta il piacere della gioia, è edonismo (secondo me).
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 17:20:49 PMSe invece trovo il piacere della gioia perché faccio il bene, secondo me é "magnanimità", "generosità", "bontà", ecc.
#1536
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
02 Ottobre 2018, 21:07:53 PM
Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2018, 19:24:03 PM
@Bobmax: Io non credo affatto che sia l'etica che sorregga la logica. Ciò che è logico può anche essere errato per la morale, e viceversa. Immagina, per fare un esempio estremo, di essere il comandante di una nave in viaggio da lungo tempo che per una bonaccia si è quasi bloccata e sta perdendo le scorte di cibo, con il rischio che l'equipaggiamento muoia di fame: allora il comandante decide ripetutamente di uccidere buttando in mare alcuni uomini ed ecco che grazie a questa soluzione estrema la nave alla fine raggiunge il porto senza che ci sia altra gente che muoia. Ora, la soluzione del comandante è logica? La risposta è SI, è una soluzione razionale che sacrifica alcune persone per evitare una strage nell'equipaggio, la ragione dice che meno persone ci sono tanto più le scorte di cibo basteranno. Ma questa decisione è anche etica? Non direi, visto che non rispetta il valore di ogni singola vita umana, anzi, la calpesta.


Questione drammaticissimamente difficile da risolversi (fortunatamente non si dovrebbe porre troppo di frequente).

Confesso che dubito che potesse trattarsi perfino di una decisione eticamente buona (se equa, ovviamente: fra l' altro il comandante -a meno che non fosse insostituibile nel portare la nave in porto: ulteriore drammaticissima questione!!!- dovrebbe far tirare a sorte chi sacrificare, includendo se stesso alla pari di tutti gli altri fra i "candidati"; salvo eventuali eroici volontari che contribuirebbero potentissimamente alla soluzione).
E ne dubito perfino se oltre ad ucciderli servissero come viveri per gli auspicabili superstiti, se ragionevolmente ritenuto necessario (non so se in tale deprecabilissima circostanza personalmente mi sentirei di mangiarli; come non so se avrei il coraggio e la forza d' animo di offrirmi "volontario"; so che di ciò, ***se ci riuscissi*** sarei estremamente fiero e felice).
#1537
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
02 Ottobre 2018, 20:58:34 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2018, 19:12:04 PMConcordo. La coerenza è un enorme problema dell'uomo ( avendo ben presente che, per il solo fatto di esisetre in questo mondo condizionato, la coerenza assoluta è illusione...) e dove s'incontrano le più grandi difficoltà, qualunque strada di 'bene' s'intenda perseguire...Personalmente lavoro molto su questa, non senza amari insuccessi... :(

Molto vero anche secondo me.

Credo che se ne debba (dovrebbe?) far conseguire una certa indulgenza (non illimitata, naturalmente, non eccessiva: come tutto ciò che é bene, in generale, non dovrebbe presentare "eccessi"), una certa attitudine e disponibilità al perdono (di chi sia autenticamente pentito; e dunque non pretenda "sconti di pena" ma casomai sia disponibile a eventuali inasprimenti); che é ciò che di buono mi sembra di poter "salvare" nel cristianesimo che mi fu insegnato da bambino e poi abbandonai.

A proposito di "sconti di pena", che se pretesi escludono secondo me un autentico pentimento, credo invece che il concetto di "espiazione" (oltre che ovviamente quello di "riparazione per quanto possibile"), anzi la disponibilità a prestarvisi, sia intrinseco al pentimento (autentico) stesso. 
Ovviamente nel rispetto del principio per il quale tutto ciò che é bene, in generale, non dovrebbe presentare "eccessi".
Non ho nostalgia di quando ero credente (ma casomai di quando ero giovane e anche bambino, anche se le due cose di fatto coincidono) e non ho dubbi circa il mio ateismo, ma ricordo che del sacramento della "confessione", o "pentimento" che dir si voglia, era parte integrante (oltre ovviamente ai buoni propositi per il futuro, anche) la "penitenza".
#1538
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
02 Ottobre 2018, 17:59:16 PM
Citazione di: viator il 02 Ottobre 2018, 17:25:22 PM
Il BENE è unicamente ciò che ci giova, quindi che ci piace. Quindi è concetto AFFERMATIVO.
Il MALE è unicamente ciò che non ci giova, quindi che non ci piace. Quindi è concetto NEGATIVO.

Queste sono le definizioni non di "bene" e di "male" ma invece di "soddisfazione (appagamento, piacere, gioia, felicità, ecc.)" e di "insoddisfazione (frustrazione, dolore, pena, tristezza, infelicità, ecc.)".

Si può essere soddisfatti, felici, ecc. se si riesce a fare il bene desiderato o anche -allo stesso modo- se si riesce a fare il male desiderato (a seconda che si sia buoni o cattivi).
Ed esattamente nello stesso senso si può essere insoddisfatti, infelici, ecc. se non si riesce a fare il bene desiderato o anche se non si riesce a fare il male desiderato (a seconda che si sia buoni o cattivi).

Altrimenti si sprofonda nell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere".
Per esempio non si coglie alcuna differenza fra il "fatto A" costituito della soddisfazione del mafioso che delinque efficacemente e proficuamente e il "fatto B" costituito dalla per certi versi similissima" -licenza "poetica"- soddisfazione del generoso che dona o magari il "fatto C" costituito dalla per certi versi similissima" -a-ri-licenza "poetica"- soddisfazione dell' eroe che si sacrifica per il bene altrui: fatti la "differenza qualitativa" fra i quali é quanto di più "enormemente evidente"(per chi non sia così cieco da non vederla, ovviamente)!
#1539
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Ottobre 2018, 20:14:11 PM
A questa eccellente risposta di Ipazia aggiungerei che lo sport (chiaramente parlo di sport praticato) insegna non
solo la costanza, la tenacia, la capacità di soffrire; ma anche la consapevolezza dei propri limiti e il valore
dell'avversario.
In un mondo in cui stoltamente si insegna che: "con la volontà si ottiene tutto", la pratica sportiva ci ricorda
che la volontà ci può portare al limite, sì: il NOSTRO limite, che non coincide certo con il "tutto".
Il più grande sportivo è colui che, sconfitto, si complimenta con il vincitore (cioè sono io, visto che non vinco
mai... :)
saluti

Anch' io per lo stesso motivo.

Concordo in tutto con Ipazia e Oxdeadbeef.
E aggiungerei il corollario che ben diverso é lo sport professionistico, tanto più oggi, che infatti comporta cose come scorrettezze "alla Valentino-Fenati" (tanto per intenderci), simulazioni di falli frequentissime sui campi di calcio, l' onnipresente doping e l' "antidoping" (che é ancor peggio del doping, in quanto si applica solo a chi "deve perdere": di solito Russi e Cinesi; e quasi mai a chi "deve vincere": di solito occidentali, soprattutto Americani).
#1540
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Ottobre 2018, 23:43:03 PM
Cit. CARLO
Bravo! La matematica pura non è fisica ma è meta-fisica. Quindi ogni operazione matematica è un processo astratto, metafisico.


SGIOMBO
Astrazione = riconoscimento di ciò che é comune a più elementi concreti; può operarsi di elementi concreti fisici (come é la proposta di leggi scientifiche) o anche al limite di concetti metafisici (dai concetti metafisici concreti di "Dio", "Angelo Gabriele", "angelo Raffaele" e "anima umana di Carlo Pierini" e "anima umana di Tizio De Cais" si può astrarre il concetto metafisico astratto di "spirito").


CARLO
Bravo. "Astrazione" non è un fenomeno fisico, ma un processo di pensiero. Una legge scientifica non la osserviamo, ma la astraiamo. E tutto ciò che non fa parte della fisica, per definizione, è metafisica (meta=oltre).
Il termine "metafisica" fa parte del linguaggio umano da più di due millenni e nessuno ha mai scoperto nulla che ne vanifichi il significato.
CitazioneSi. ma qualcuno lo stravolge completamente.

Per esempio CarloPierini.
Che cade in un paralogismo:

"Diverso" =/= "situato altre".

Ovvero non tutto ciò che non é fisica é oltre la ficia (= é metafisica): potrebbe anche essere "al di qua", di "lato" sopra" o "sotto" per restare nella metafora topologica; fuor di metafora, il diverso da qualcosa (contrariamente al contrario: "diverso" =/= "contrario") può essere moltelice, anche numerosamente molteplice, e diversificato "al suo interno", non é necessariamente univoco. 




CARLO
Se non capisci che i numeri non sono entità fisiche, ma archetipi metafisici (come sostenevano anche Pitagora e Galilei), io non lo ripeterò più.

CitazioneHo capito.
Sei un realista degli universali (dovevo aspettarmelo).

Dunque, siccome sono un realista, concordo che (anche) sugli universali c' é poco o nulla da discutere (bisognerebbe in teoria "partire dai principi più elementari").



Senti cosa dice Jung degli archetipi, e poi confrontalo con ciò che scrive il logico matematico G. Frege:

<<Le idee che conquistano, le idee cosiddette vere, gli archetipi, hanno in sé un che di particolare: sorgono da una regione atemporale, da un essere-sempre-esistite, da un terreno psichico primordiale su cui lo spirito effimero del singolo individuo cresce come una pianta. [...] Esse provengono da un qualcosa che è più grande della persona singola. Non siamo noi a produrre idee, sono piuttosto le idee che formano noi>>.  [JUNG: Contrasto tra Freud e Jung - pg.211] 

<<La Logica è una scienza delle leggi più generali dell'esser vero. (...) E' come un'isola deserta fra i ghiacciai: è là molto tempo prima di essere scoperta; così anche le leggi matematiche valgono già da prima della loro scoperta. Cosicché i pensieri veri, non solo sono indipendenti dal nostro riconoscerli tali, ma sono indipendenti anche dal nostro pensarli. Essi non appartengono a coloro che li pensano, bensì si presentano nello stesso modo e come gli stessi pensieri a tutti coloro che li concepiscono. (...) 
Un TERZO REGNO va riconosciuto. Ciò che vi appartiene concorda da un lato con le rappresentazioni, perché non può venir percepito con i sensi, e d'altro lato con le cose, perché non ha bisogno di alcun portatore ai contenuti della cui coscienza appartenere. (...) E' vero non soltanto a partire dal momento in cui è stato scoperto; proprio come un pianeta è in un rapporto di azione reciproca con altri pianeti già prima che lo si scopra>>. [G. FREGE, tratto da: "La filosofia di Gottlob Frege", di C. BIANCHI - pg. 150]
CitazioneFarneticazioni idealistiche (e -infatti- confusione fra pensiero e realtà, fra conoscenza della realtà e e realtà, fra giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori).



CARLO
Con i giochi di parole non si fanno camminare i treni. <<Ciò>> equivale a <<qualcosa>>, non al nulla; e <<si>> equivale a <<noi>>, non a nessuno. La frase significa: <<La percezione è qualcosa di cui noi siamo immediatamente consapevoli>>.
CitazioneBravo, mi hai tolto le parole di bocca:

Con i giochi di parole non si fanno camminare i treni.

"ciò" in quella frase significa "la percezione" (senza necessariamente soggetto ed oggetto) e "si" é un pronome impersonale, non indica alcuna persona agente o subente.



SGIOMBO
si può benissimo esprimere anche con una costruzione verbale impersonale: "fa caldo", "ci si vede bene", "si sentì un gran rumore", ecc,), allora ci dovrebbe per forza essere una persona facente la parte del "soggetto".

CARLO
"Fa caldo" non esprime una percezione soggettiva, ma un dato oggettivo (= "la temperatura è alta").

CitazioneTant' é vero che un esquimese probabilmente dirà soggettivamente "fa caldo" nentre un congolese dirà soggettivamente "fa freddo" entrambi trovandosi insieme alla medesima temperatura oggettiva di 15° centigradi!



Invece, "ci si vede bene" significa "noi vediamo bene le cose".
Queste sono questioni da asilo infantile, non da forum di filosofia.
CitazioneInfatti, Queste sono questioni da asilo infantile, non da forum di filosofia.

Affermare che <<
"ci si vede bene" significa "noi vediamo bene le cose">> significa (a sua volta; mi spiace per il gioco di parole) dare per scontato quello che sarebbe da dimostrare, ovvero la realtà anche di un soggetto e di oggetti delle sensazioni, oltre alle sensazioni stesse.



SGIOMBO:
Infatti - checché tu dica o non dica - le allucinazioni sono percezioni di niente di reale (ma solo di immaginario) per definizione.

CARLO
Certo, anche le nevrosi depressive sono percezioni "immaginarie", ma il loro <<essere niente>> può condurre persino al suicidio.
Il problema è che, se sei totalmente ignaro di quali e quanti sono gli eventi psichici che hanno resa necessaria in psicologia la formulazione del concetto di inconscio, dovresti informarti, perché io non posso certo riassumerlo in poche righe. Posso solo proporti - a scopo indicativo - qualche citazione di Jung:

<<L'inconscio, anche per l'uomo civile, si rivela come qualcosa di obiettivo che, entro determinati limiti, si sottrae alla nostra volontà cosciente: non possiamo reprimere tutte le nostre emozioni, né mutare in buon'umore il cattivo umore, né sognare a volontà. Anche il più intelligente degli uomini può talora essere dominato da pensieri da cui, per quanti sforzi faccia, non si può liberare>>.   [JUNG: Realtà dell'anima - pg.19]

CitazioneChe c' entra il fatto (del tutto evidente, banalissimo) che "non possiamo reprimere tutte le nostre emozioni, né mutare in buon'umore il cattivo umore, né sognare a volontà. Anche il più intelligente degli uomini può talora essere dominato da pensieri da cui, per quanti sforzi faccia, non si può liberare" con l' esistenza del fantomatico "inconscio".

L' irrazionalità umana é autentica quanto la razionalità (sono complementari; absit iniuria -idealistica jungiana- verbis), ma non é ' "inconscio": quando non riesco a reprimere la mia voglia di mangiare troppo mi rendo perfettamente conto (sono consapevolissimo) di non riuscire 
a reprimere la mia voglia di mangiare troppo che mi fa male alla salute.



CARLO
Appunto: una allucinazione è l'irruzione temporanea di un contenuto inconscio talmente intenso e "oggettivamente altro" dalla coscienza che viene proiettato all'esterno come se si trattasse di una presenza fisica.
CitazioneFarneticazione idealistica: non c' é bisogno di alcun "contenuto inconscio" (se si sottintende "della coscienza" si tratta di una contraddizione in termini) perché l' allucinazione accada: basta che nella corteccia del cervello corrispondente alla coscienza di cui si tratta accadano determinati eventi  neurofisiologici identici a quelli che accadono anche durante una sensazione autentica, ma provocati non da stimoli sensoriali esogeni bensì da altri eventi neurofisiologici endogeni (cerebrali).



CARLO
Sono ancora in attesa che tu mi faccia un esempio reale di percezione senza soggetto e senza oggetto.
CitazioneCome al solito (ho perso il conto delle volte) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto e gli oggetti di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!

#1541
Citazione di: green demetr il 01 Ottobre 2018, 21:36:31 PM


Gli universali sono il semplice apparato segnico che accompagna le loro malsane idee. Fino ai deliri del nominalismo. E con qualche eccezione come il buon Duns Scoto.


Al di là di una divergenza di fondo (palesemente non nuova fra noi!), dato che sono nominalista sugli universali (e ora capisco alcuni dei deliri di CarloPierini: lui é realista!), non comprendo il tuo considerare Platone è il male, anzi "il male assoluto" e allo stesso tempo il tuo scagliarti contro il nominalismo (ho sempre ritenuto Platone un po' il "fondatore" del realismo circa gli universali).
#1542
CONTINUAZIONE

CARLO
Hume non ha mostrato un bel niente se non ha spiegato le ragioni per le quali le leggi della logica dovrebbero essere più immutabili delle leggi della fisica
Sgiombo:
Non c' é peggior cieco e sordo di fronte a quanto ci ha insegnato Hume di chi non voglia vedere e sentire.
Peraltro conosco bene Hume, e non ricordo che abbia mai affermato che le leggi –ma credo che casomai avrebbe parlato di "regole"- della logica debbano esser più immutabili di quelle della fisica (che sono assunte indimostrabilmente essere immutabili; è la loro conoscenza, ciò che se ne sa, che in linea di principio potrebbe sempre mutare).



CARLOAltro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;SGIOMBOE chi lo dice? Platone? Jung?CARLONo, me lo devi dire tu. Cosa intendi per "percezione"?
SGIOMBO
E' tutto ciò di cui si ha immediata consapevolezza
CARLO
Apppunto: <<ciò>> e <<si>> sono rispettivamente l'oggetto e il soggetto della <<...Immediata consapevolezza>>.

Sgiombo:
Appunto un corno: <<ciò>> di cui [e] <<si>> ha immediata consapevolezza sono le percezioni; oltre alle quali potrebbe benissimo non darsi realmente alcunché: né soggetto, né oggetto.

Ma tu continui ad essere prigioniero dei pregiudizi del più vieto senso comune, per il quale, poiché solitamente si descrive una percezione in prima persona (notazione meramente grammaticale; si può benissimo esprimere anche con una costruzione verbale impersonale: "fa caldo", "ci si vede bene", "si sentì un gran rumore", ecc,), allora ci dovrebbe per forza essere una persona facente la parte del "soggetto".



SGIOMBO
A parte il fatto che "percezione che appartiene alla sfera inconscia" é una contraddizione in termini,
CARLO
L'inconscio è come l'atomo (o come la "cosa in sé"): non è immediatamente osservabile, ma è causa di fenomeni che coinvolgono o alterano la coscienza o si manifestano ad essa secondo modalità tipiche (sia sane che patologiche).

Sgiombo:
Qui mi sono sbagliato, saltando nella citazione delle tue parole la precisazione "proiezione di un contenuto che appartiene": é vero che é possibile (ma che sarebbe certo, é tutto un altro discorso!) che qualcosa di inconscio si riveli alla coscienza indirettamente per il tramite di percezioni coscienti.

Ma era una considerazione del tutto marginale alla diatriba: le allucinazioni sono ritenute (per una serie di ragioni che non sto ad illustrare) percezioni reali (se realmente accadono) di nulla di reale (la loro realtà é limitata alle percezioni stesse e a nient' altro, cosa che potrebbe ben darsi, non essendo dimostrabile il contrario, di tutte le percezioni, anche di quelle non allucinatorie od oniriche, che per una serie di ragioni che non sto ad illustrare sono comunemente ritenute percezioni reali di qualcosa di reale; "qualcosa" che comunque, per non cadere in una spettacolarissima contraddizione, deve essere da esse diverso, non apparente alla coscienza: cosa in sé o noumeno).



SGIOMBO
E' coerente, logicamente corretta, l'ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).
CARLO
Se rileggi meglio, capirai che io non ho detto che le allucinazioni e le proiezioni siano <<percezioni di niente>>.Pertanto fammi un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>.

Sgiombo:
Infatti -checché tu dica o non dica- le allucinazioni sono percezioni di niente di reale (ma solo di immaginario) per definizione.

Sei tu che hai l' onere di provare che non può darsi percezione senza nessun soggetto (né oggetti), perché sei tu che fai questa affermazione, mentre io mi limito ad affermare che non é certo che sia vera, e dunque non ho onere di prova alcuno...




SGIOMBO
Dunque per te se uno in un deserto ha l'allucinazione di "qualcosa" come un'oasi, l'oasi da costui vista (la cui visione da parte sua <<non é percezione di niente>> di reale) é qualcosa di reale e non invece niente di reale?
CARLO
Hai mai sentito parlare di quel tipo di rifrazione ottica in prossimità del suolo che crea l'effetto "specchio d'acqua"? Ecco, non si tratta di una percezione del nulla, ma della percezione di luce rifratta. 

Sgiombo:
L' ho sentita, ma una allucinazione (o un sogno) é un' altra cosa.
E anche in caso di miraggio si vede qualcosa che non c é la dove lo si vede, si vede per esempio un' oasi dove non c' é alcuna oasi.



SGIOMBO
Come al solito (é almeno al terza volta in quest' ultimo intervento!) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!
CARLO
Ma non dire eresie! Solo tu puoi avere il coraggio di parlare di percezioni senza un soggetto che percepisce né un oggetto percepito.

Sgiombo:

No, caro mio.
Può farlo chiunque sottoponga a critica razionale i pregiudizi del senso comune.
Però, bellissima come "argomentazione" (si fa per dire!) "Ma non dire eresie! Solo tu puoi avere il coraggio di parlare" di qualcosa!
Complimenti! 



Ovviamente ho risposto solo ad argomentazioni nuove che non avevo già adeguatamente criticato.E così farò anche le prossima volta (il che significa che in caso di ripetizione ulteriore solamente di affermazioni già confutate più che a sufficienza non riponderò proprio, con l' ovvia precisazione -repetita iuvant- che anche in questo caso chi tace non acconsente).Ho già perso troppo tempo a ripetere inutilmente un' infinità di volte le stesse argomentazioni.
#1543
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Ottobre 2018, 00:28:51 AM
CARLO
1 - Le regole del calcolo matematico non sono affatto arbitrarie, così come non è arbitrario affermare che sono necessarie 10 mele se voglio darne 2 per ciascuno a 5 ragazzi.

SGIOMBO
Ah sì? E allora come le dimostri?
O da quali osservazioni empiriche le ricavi?

CARLO
Lo dimostro contando empiricamente le mele che hanno in mano i ragazzi dopo la distribuzione.
...E tu vorresti dimostrare la verità di una teoria mente-cervello, senza nemmeno sapere come si dimostra la validità di una moltiplicazione?
Citazione
E infatti io lo so.

Sei tu che la ignori e confondi la constatazione empirica della divisione in parti uguali di oggetti concreti (facendo al massimo della matematica applicata; molto elementare) con la divisione come operazione astratta della matematica pura.

O credi forse che chiunque debba dividere -che ne so?-  3 500 744 : 17 si procuri 3 500 744 oggetti concreti fra loro simili (contandoli!) e proceda a separarli in 17 gruppi ugualmente numerosi ("questo al primo gruppo, questo al secondo, questo al terzo -omissis- questo al diciassettesimo, questo al primo, ecc., ecc., ecc.) e poi conti quelli di ciascun gruppo?



SGIOMBO
. E lo é per le regole (gli assiomi e postulati) dell'aritmetica e per le definizioni dei numeri e delle operazioni arbitrariamente stabilite.

CARLO
Non sai distinguere la validità di una operazione matematica dalla verità che essa esprime in una applicazione pratica. L'espressione 10/5=2 è sempre matematicamente valida; invece è sempre vero che servono 10 mele per distribuirne 2 per ciascuno a 5 ragazzi, e che serve una forza di 10 Nw affinché una massa di 5 Kg assuma una accelerazione di 2 m/sec2. Insomma, le regole della logica non sono né arbitrarie né fini a se stesse, ma esprimono l'ordine a cui il linguaggio deve obbedire affinché rispecchi fedelmente gli eventi oggettivi che deve rappresentare.
I numeri, cioè, non sono caduti dal cielo, ma sono astrazioni soggettive derivate dall'osservazione della realtà. Come dice Russell:

<<Devono esserci voluti secoli e secoli per scoprire che una coppia di fagiani e un paio di giorni hanno in comune il numero due>>. [B. RUSSELL: Introduzione alla filosofia Matematica - pg.20]
Citazione
La confusione fra matematica pura e matematica applicata la fai solo e unicamente tu, non io!

Così come tu confondi anche "la storia" della matematica pura, le vicende concrete che hanno portato alla sua elaborazione e sviluppo (cui Russell accenna nella citazione da te riportata del tutto a sproposito) con la fondazione assiomatica, la giustificazione teorica di essa.
 
Le regole della logica e della matematica pure possono ben essere applicate alle scienze naturali (e non solo); ma ciò non toglie che siano arbitrariamente stabilite per definizioni, assiomi e postulati  (e infatti non me le hai dimostrate logicamente, né me le hai mostrate empiricamente; ne hai solo fatto qualche banale applicazione pratica.
 
Non é affatto vero che sempre 10/2 = 5 perché servono 10 mele per distribuirne 2 per ciascuno a 5 ragazzi, ma al contrario é vero che servono 10 mele per distribuirne 2 per ciascuno a 5 ragazzi perché sempre 10/2 = 5.



Cit. CARLO
2 - Resta il fatto che non puoi dimostrare che domani le <<regole di inferenza logica>> saranno le stesse di oggi; e ciò nulla toglie alla loro piena validità. Pertanto, se ritieni assolutamente certe queste regole non ci sono motivi per pensare che, se oggi è valida l'equazione matematica E=mc2, domani non lo sarà più. In futuro potrà cambiare l'interpretazione di questa formula, oppure potremo restringere il suo dominio di validità - com'è successo alla dinamica newtoniana -, ma nell'ambito del dominio che le è proprio, essa resterà valida finché saranno valide le regole della matematica che la esprimono. Non esiste alcun motivo per credere che le leggi della logica siano più certe delle leggi della fisica.
Citazione
Ulteriore plateale, ridicolissima confusione fra due ben diverse cose: le inferenze logiche, che sono giudizi analitici a priori e un giudizio sintetico a posteriori come e = mcc (le prime sono certe ma conoscitivamente sterili, le seconde sono conoscitivamente fertili ma dubbie).
Le regole della logica (ma forse intendevi i teoremi, le inferenze rese possibili utilizzando le regole della logica) non solo sono più certe delle leggi naturali, ma anzi sono unicamente certe, mentre le leggi naturali non lo sono proprio.
 
Quanto alle modificazioni delle leggi di natura,
 
il fatto che da universalmente valide siano poi considerate valide relativamente "entro certi limiti" == le leggi modificate erano false in assoluto (vere relativamente a quello che successivamente viene identificato con il loro limitato campo di applicazione).



SGIOMBO
L' eventuale falsificazione, in un domani, di E = mc2 non avverrà per il mutare della logica ma per (nuove; o meglio considerate) osservazioni empiriche.

CARLO
Non è affatto detto. Potrebbe trattarsi di una autentica legge della natura e, come tale, immutabile. Esistono centinaia di verità scientifiche che sono definitive e inconfutabili.
Citazione
No, guarda che in linea di principio nessuna legge di natura é definitiva e inconfutabile, ma invece tutte sono sempre falsificabili in linea di principio (come di fatto tante volte già accaduto anche di fatto).

Credo che nemmeno gli scientisti più baldanzosi e acritici si sentirebbero di sostenere una tale sciocchezza.



SGIOMBO
Poiché oggi la scienza afferma che sono valide sempre e comunque (illimitatamente), se domani si stabilirà che sono valide solo limitatamente a determinati ambiti, allora vuol dire che si sarà appurato che qualcosa di falso (oltre a qualcosa di vero, ovviamente) oggi la scienza dice.

CARLO
Parli a vanvera. La scienza presuppone che le leggi della natura siano immutabili come lo sono le leggi della matematica;

Citazione
Altra clamorosa confusione (e via andare ! ! ! ).

Che fa parlare a vanvera te, non me!

Quella fra postulata (e indimostrabile: Hume!) universalità e costanza (immutabilità oggettiva, ontologica) delle leggi di natura (che qualche scienziato filosoficamente poco fondato e qualche filosofo irrazionalista vegano; il che implicherebbe, perché possa darsi conoscenza scientifica, l'esistenza di "metaleggi" immutabili regolanti il mutare delle -pseudo- "leggi") e il mutare della conoscenza (soggettiva, gnoseologica) di esse, la loro correzione o al limite il superamento "integrale" di esse da parte di tutt' altre leggi, che mai può essere escluso in linea di principio.



ma sa bene che a volte ciò che appare come legge generale può rivelarsi come un caso particolare di una legge più generale. Ma in quel dominio particolare la legge continua ad essere valida. Tant'è che, per esempio, la Nasa usa le leggi di Newton per spedire le sonde nello spazio, sebbene esse si siano rivelate come casi particolari della Relatività einsteiniana. Quindi la Relatività non ha falsificato la dinamica classica, ma ne ha limitato il dominio di validità;

Citazione
Poiché oggi la scienza afferma che sono valide sempre e comunque (illimitatamente), se domani si stabilirà che sono valide solo limitatamente a determinati ambiti, allora vuol dire che si sarà appurato che qualcosa di falso (oltre a qualcosa di vero, ovviamente) oggi la scienza dice.


La relatività, limitando il dominio di validità della meccanica classica, che si presumeva illimitato l' ha falsificata in senso assoluto (in assoluto ciò che diceva era falso) anche se correggendola (=emendandola dai suoi errori; in particolare quello di essere considerata di precisione assoluta -contrariamente alle sue applicazioni a fatti concreti sempre inevitabilmente approssimativa: cerca di non confondere le cose almeno stavolta!- ed estendibile illimitatamente alla realtà, compresi i moti a velocità prossime a quella della luce), cioè falsificandola in assoluto, ne ha confermati la relativa validità (applicabilità "con buona approssimazione" ad ambiti limitati della realtà fisica.
 
(Preciso che non ho intenzione di perdere altro tempo per cercare di farti capire che "correzione" = falsificazione assoluta (falsificazione in assoluto), compatibile con una conferma limitata, relativa: se nella tua replica dimostrerai, come temo fortemente, di non averla capita: chi tace non acconsente ! ! !)



CARLO
Se la conoscenza scientifica è costituita dall'unione complementare di metafisica e fisica, cioè, di logica/matematica e fenomeni fisici, è naturale che né la logica/matematica da sola, né i fenomeni fisici da soli possono essere considerati conoscenza.

SGIOMBO
Prescindendo dal senso in cui la matematica pura può essere considerata conoscenza e scienza (conoscenza scientifica; ed é certa), diverso da quello proprio delle scienze naturali, non capisco il senso della (presunta) obiezione: non ho mai sostenuto quanto qui neghi, ma invece sostenuto l' incertezza insuperabile in linea di principio della conoscenza scientifica nel senso delle scienze naturali: (delle leggi del divenire naturale).

CARLO
Sai leggere quello che scrivi?: hai detto che la matematica <<"paga" inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà>>.
Citazione
Infatti confermo (precisando -ma non sarebbe affatto necessario- che parlavo della matematica pura): 5 x 8 = 40 non ci dice né che ci sono 5 gruppi di 8 mele, né che non ci sono, né che ci sono 5 gruppi di 8 pere né che non ci sono, ecc.: non ci dice proprio nulla su ciò che c' é e ciò che non c' é.
 
Ma tu invece sai leggere quello che scrivo?



Cit. CARLO
Prima rifiuti il dualismo-interazionismo perché sei certo che le leggi della fisica non possono essere MAI violate, e poi te ne esci con questa cazzata della <<mela a mezz'aria>>? Che fine hanno fatto le tue <<regole di inferenza logica>>?
La probabilità che una mela resti sospesa a mezz'aria è la stessa che 8/2 dia come risultato 82. E non è un caso che sia proprio un'equazione matematica (a=F/m) la garante della caduta della mela.

SGIOMBO
Qui confondi la dubitabilità o incertezza in linea teorica, di principio delle leggi di natura con la loro negazione (mai avvenuta da parte mia!): ho sempre chiarissimamente affermato che se la conoscenza scientifica é vera (cosa indimostrabile; che credo arbitrariamente, per fede), allora é necessaria la chiusura causale del mondo fisico; ergo: un dualismo pensiero-materia di tipo interazionista non é possibile.

CARLO
Solo tu puoi fare affermazioni tanto contorte e ambigue. E' necessaria, o non è necessaria la chiusura causale? Non lo sai nemmeno tu. E non puoi saperlo, perché in fisica non esiste una cosa subdola e indefinita come un "principio di chiusura causale", ma esistono leggi e principi ben definiti che il dualismo non viola affatto. Quindi le tue sono solo elucubrazioni prive di fondamento.
Citazione
Sol tu puoi non capire concetti tanto chiari e lineari.

E sparare colossali sciocchezze come "in fisica non esiste una cosa subdola e indefinita come un "principio di chiusura causale", ma esistono leggi e principi ben definiti che il dualismo [interazionistico, N.d.R] non viola affatto".



SGIOMBO
Un numero considerato astrattamente é matematica pura e non scienze naturali.

CARLO
Bravo! La matematica pura non è fisica ma è meta-fisica. Quindi ogni operazione matematica è un processo astratto, metafisico.
Citazione
Bravo un corno!


La matematica pura é metafisica come Cicciolina é vergine!
 
Astrazione =/= metafisica


Astrazione == riconoscimento di ciò che é comune a più elementi concreti; può operarsi di elementi concreti fisici (come é la proposta di leggi scientifiche) o anche al limite di concetti metafisici (dai concetti metafisici concreti di "Dio", "Angelo Gabriele", "angelo Raffaele" e "anima umana di Carlo Pierini" e "anima umana di Tizio De Cais" si può astrarre il concetto metafisico astratto di "spirito").



SGIOMBO
Nelle scienza naturali tantissimi numeri rilevati dalla osservazione dei fatti concreti (dalla costante gravitazionale, alla lunghezza di Plank, alle masse delle particelle "elementari", alla velocità della luce, ecc., ecc., ecc.) sono grandezze fisiche (e non affatto "metafisiche"!!!).

CARLO
Bravo! La metafisica dei numeri applicata complementariamente ai fenomeni fisici si trasforma in quegli elementi di conoscenza scientifica chiamati "velocità della luce", "costante di Plank", costante gravitazionale, ecc..
Citazione
E bravissimo, ulteriore confusione ! ! !
Fra matematica e metafisica (ho perso il conto delle confusioni).

Gli "elementi di conoscenza scientifica" di cui parli (parliamo) sono puramente e semplicemente grandezze fisiche (ovvero aspetti quantitativi della realtà naturale espresse da numeri.

 
(Anche a questo proposito preciso che non ho intenzione di perdere inutilmente altro tempo per cercare di farti capire le differenze fra matematica, astrazione e metafisica, se nella tua replica dimostrerai, come temo fortemente, di non averla capita: chi tacerà non acconsentirà ! ! !)


CONTINUA
#1544
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
30 Settembre 2018, 20:54:08 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Settembre 2018, 11:49:44 AMCit. CARLO

CARLO
1 - Le regole del calcolo matematico non sono affatto arbitrarie, così come non è arbitrario affermare che sono necessarie 10 mele se voglio darne 2 per ciascuno a 5 ragazzi.

CitazioneAh sì? E allora come le dimostri?
O da quali osservazioni empiriche le ricavi?
Oppure su quali "tavole della legge" scritte da quale Dio o in quale testo da lui dettato a quale profeta le leggi?
 
10/5 (é sempre) = 2 indipendentemente da qualsiasi osservazione di mele, pere o quant' altro. E lo é per le regole (gli assiomi e postulati) dell' aritmetica e per le definizioni dei numeri e delle operazioni arbitrariamente stabilite.

2 - Resta il fatto che non puoi dimostrare che domani le <<regole di inferenza logica>> saranno le stesse di oggi; e ciò nulla toglie alla loro piena validità. Pertanto, se ritieni assolutamente certe queste regole non ci sono motivi per pensare che, se oggi è valida l'equazione matematica E=mc2, domani non lo sarà più. In futuro potrà cambiare l'interpretazione di questa formula, oppure potremo restringere il suo dominio di validità - com'è successo alla dinamica newtoniana -, ma nell'ambito del dominio che le è proprio, essa resterà valida finché saranno valide le regole della matematica che la esprimono. Non esiste alcun motivo per credere che le leggi della logica siano più certe delle leggi della fisica.
CitazioneIdem per le regole di inferenza logica: si stabiliscono, non si dimostrano né si osservano empiricamente (casomai empiricamente si potranno compiere osservazioni alle quali applicarle (come si applicano anche le regole dell' aritmetica per dividere equamente dieci mele o pere o quant' altro fra cinque ragazzi o a cinque altre persone o animali).
 
L' eventuale falsificazione, in un domani, di e = mcc non avverrà per il mutare della logica ma per (nuove; o meglio considerate) osservazioni empiriche.
Poiché oggi la scienza afferma che sono valide sempre e comunque (illimitatamente), se domani si stabilirà che sono  valide solo limitatamente a determinati ambiti, allora vuol dire che si sarà appurato che qualcosa di falso (oltre a qualcosa di vero, ovviamente) oggi la scienza dice.
 
Le regole (non: leggi) della logica sono assolutamente certe in quanto dipendono solo dalla loro arbitraria stipulazione; le leggi della fisica non lo sono in ultima analisi perché sempre teoricamente falsificabili in linea di principio da nuove osservazioni empiriche (o in teoria anche da migliori valutazioni di osservazioni empiriche già disponibili).



SGIOMBO
[L'aritmetica] però "paga" inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà (né che ci sono nella realtà 40 ladroni né che non ci sono; di nessun tipo di ente od evento ci dice se ve ne sono 40 o meno, né, nel caso ce ne fossero, se sarebbero divisi in 8 gruppi di 5 o viceversa oppure no). Invece quelli delle scienze naturali sono giudizi sintetici a posteriori, conoscitivamente fecondi (ci dicono per esempio che i corpi massivi si attraggono), che tuttavia "pagano" la loro fecondità conoscitiva con un' insuperabile incertezza teorica.

CARLO
Se la conoscenza scientifica è costituita dall'unione complementare di metafisica e fisica, cioè, di logica/matematica e fenomeni fisici, è naturale che né la logica/matematica da sola, né i fenomeni fisici da soli possono essere considerati conoscenza.
CitazionePrescindendo dal senso in cui la matematica pura può essere considerata conoscenza e scienza (conoscenza scientifica; ed é certa), diverso da quello proprio delle scienze naturali, non capisco il senso della (presunta) obiezione: non ho mai sostenuto quanto qui neghi, ma invece sostenuto l' incertezza insuperabile in linea di principio della conoscenza scientifica nel senso delle scienze naturali: (delle leggi del divenire naturale).



CARLO
Prima rifiuti il dualismo-interazionismo perché sei certo che le leggi della fisica non possono essere MAI violate, e poi te ne esci con questa cazzata della <<mela a mezz'aria>>? Che fine hanno fatto le tue <<regole di inferenza logica>>?
La probabilità che una mela resti sospesa a mezz'aria è la stessa che 8/2 dia come risultato 82. E non è un caso che sia proprio un'equazione matematica (a=F/m) la garante della caduta della mela.
CitazioneQui confondi la dubitabilità o incertezza in linea teorica, di principio delle leggi di natura con la loro negazione (maiavvenuta da parte mia!): ho sempre chiarissimamente affermato che se la conoscenza scientifica é vera (cosa indimostrabile; che credo arbitrariamente, per fede), allora é necessaria la chiusura causale del mondo fisico; ergo: un dualismo pensiero-materia di tipo interazionista non é possibile.
Le regole di inferenza logica c' entrano come i cavoli a merenda (se si prescinde dal fatto ovvio che le applico, spero correttamente, nei miei ragionamenti).
E c' é una differenza "qualitativa", incommensurabile fra la certezza che 8/2 =/= 82 e la certezza in ultima analisi non sussistente (é credibile per fede ma non dimostrabile né empiricamente rilevabile) della seconda legge della dinamica di Newton (f = ma).
Però la certezza della logica e della matematica pura (giudizi analitici apriori) si paga ineluttabilmente con la loro "sterilità conoscitiva (di come é o non é la realtà)", così come la fecondità conoscitiva delle leggi fisiche si paga con la loro ineluttabile incertezza.



SGIOMBO
Il processo di astrazione non é affatto metafisico ma semplicemente mentale, cogitativo, cognitivo (e le scienze naturali lo applicano all' osservazione del mondo fisico, materiale, naturale: nulla di "metafisico").

CARLO
Quando mi avrai dimostrato che un numero è una grandezza fisica, ne riparleremo.
CitazioneUn numero considerato astrattamente é matematica pura e non scienze naturali.
Nelle scienza naturali tantissimi numeri rilevati dalla osservazione dei fatti concreti (dalla costante gravitazionale, alla lunghezza di Plank, alle masse delle particelle "elementari", alla velocità della luce, ecc., ecc., ecc.) sono grandezze fisiche (e non affatto "metafisiche"!!!).



SGIOMBO
Le leggi fisiche sono aspetti generali astratti (rilevati costantemente, "sempre finora", in determinate osservazioni concrete in numero finito e postulati arbitrariamente, indimostrabilmente -Hume!- essere universali e costanti, validi per qualsiasi osservazione passata, presente e futura, "all' infinito nel tempo e nello spazio") del divenire naturale; aspetti astratti dal pensiero (umano) dai casi concreti particolari osservabili (e discernibili, nelle osservazioni di cui sono parte integrante, dagli aspetti particolari concreti pure appartenenti alle osservazioni stesse: aspetti generali astratti di quanto di fisico-naturale si osserva; niente di metafisico, niente che abbia qualcosa a che vedere con farneticazioni idealistiche infondate razionalmente come le idee platoniche o gli archetipi junghiani).

CARLO
Sì, la conosco questa filastrocca dell'indimostrabilità di qualunque cosa. Peccato che sia anch'essa indimostrabile. ...Oppure vuoi dire che è dimostrabile solo quello che scrivi tu e nient'altro?
CitazioneInfatti é indimostrabile anche l' indimostrabilità delle leggi fisiche (quando mai l' avrei negato? Ho sempre affermato che il grandissimo David Hume ce l' ha "mostrato" o "insegnato", nel senso che é il primo che se ne é reso conto -a prescindere dall' impossibile certezza o meno dl fatto stesso- evitando sempre accuratamente di scrivere che ce l' avrebbe "dimostrato").
 
Ma l' onere della prova spetta a chi afferma presunte certezze, non a chi avanza dei dubbi (sospende il giudizio; che é la definizione dello scetticismo; mentre non la é invece affatto la contraddittoria affermazione della falsità di ogni credenza).



SGIOMBO
Le specie viventi e gli istinti animali non sono "modelli" (non li fa creati un Dio seguendo un progetto, alla maniera in cui i "modelli" di auto, di vestisti, di edifici, ecc. sono costruiti da soggetti intenzionali umani: antropomorfismo superatissimo dalla scienza moderna) e non hanno proprio nulla di "misterioso".

Invece le "strutture archetipiche" non sono che (spesso forzate, in varia misura arbitrarie ed errate; talora interessanti e con elementi di verità) astrazioni nell'ambito delle credenze presenti nelle varie culture, razionalmente riconducibili in ultima analisi ai caratteri generali, etologici (almeno in arte non esclusivamente umani) del comportamento umano, così come sono, in maggiore o minor misura a seconda dei casi, "culturalmente declinati".
E l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, è del tutto campata in aria e arbitrariamente proposta senza alcun fondamento razionale, sulla base di mere analogie superficiali e non criticamente fondate.


CARLO
Chiacchiere! Definiscimi il termine "modello", e poi ne riparliamo.
CitazioneNo, scusa, ma fino a prova contraria sei tu che affermi le teorie "modellistiche o archetipiche platonico-jungiane".
Comunque che cosa sono, se non una definizione, le mie parole di cui sopra <<Invece le "strutture archetipiche" non sono che (spesso forzate, in varia misura arbitrarie ed errate; talora interessanti e con elementi di verità) astrazioni nell'ambito delle credenze presenti nelle varie culture, razionalmente riconducibili in ultima analisi ai caratteri generali, etologici (almeno in arte non esclusivamente umani) del comportamento umano, così come sono, in maggiore o minor misura a seconda dei casi, "culturalmente declinati">>?



Cit. CARLO
Altro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;


SGIOMBO
E chi lo dice? Platone? Jung?

CARLO
No, me lo devi dire tu. Cosa intendi per "percezione"?
CitazioneNo guarda che di solito l' onere della prova spetta a chi afferma con certezza, non a chi mette in dubbio.
 
Le percezioni sono ciò di cui meno che di qualsiasi altra "cosa" (ente o evento) é possibile dubitare: tutto ciò di cui si ha immediata consapevolezza (allorché sono reali, accadono; e ***se*** hanno realmente oggetti e un soggetto, questi -che si presume siano reali anche indipendentemente da esse, anche se e quando esse non lo sono- sono "altro", diversi enti e/o eventi che esse: negare questa affermazione sarebbe cadere in una platealissima contraddizione!).



Cit. CARLO
2 - un soggetto può avere una falsa percezione (allucinazione o proiezione), cioè può percepire come reale e concreto qualcosa che invece è solo la proiezione di un contenuto che appartiene alla sua sfera inconscia. Ergo, la percezione è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva del soggetto.
CitazioneA parte il fatto che "percezione che appartiene alla sfera inconscia" é una contraddizione in termini, qui porti acqua al mio mulino: se la percezione può benissimo essere solo la proiezione di un contenuto soggettivo, senza oggetto, allora gli oggetti delle percezioni non sono certi essere reali, potrebbero benissimo non esserlo (come anche il soggetto, peraltro).
 
La conseguenza inevitabile delle tue considerazioni sulle allucinazioni é che casomai la realtà dell' oggetto della percezione, da essa diverso, e non la percezione stessa, è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva [e veritiera, N.d.R.] del soggetto: se l' allucinazione accade, essa é realmente una percezione (allucinatoria); sono invece i suoi pretesi oggetti a non essere reali!



SGIOMBO
E' coerente, logicamente corretta, l'ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).

CARLO
Se rileggi meglio, capirai che io non ho detto che le allucinazioni e le proiezioni siano <<percezioni di niente>>.
Pertanto fammi un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>.
CitazioneA sì?
Dunque per te se uno in un deserto ha l' allucinazione di "qualcosa" come un' oasi, l' oasi da costui vista (la cui visione da parte sua <<non é percezione di niente>> di reale) é qualcosa di reale e non invece niente di reale?

Come al solito (é almeno al terza volta in quest' ultimo intervento!) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!



CARLO
Se prima non mi fai un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>, tutto quello che hai scritto qui è impossibile da interpretare.
CitazioneVedi sopra.


VERDI: Mercè dilette amiche, op. Vespri siciliani
https://youtu.be/gbOM1WZv8gE
#1545
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
30 Settembre 2018, 09:44:36 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Settembre 2018, 14:01:25 PM
Ignorate, come mi ero ripromesso le cazzate già trite e ritrite, e i soliti tuoi fraintendimenti reiterati già tantissime volte che con tutta evidenza non riesci a superare mie modeste tesi (oltre che di Hume, Kant e probabilmente altri grandi che al momento non mi sovvengono), vengo ad alcune tue affermazioni errate nuove (o almeno che mi risultano tali; potrei non averle notate, se già esposte nel forum).



Citazione
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Settembre 2018, 14:01:25 PMCARLO
Non si può dimostrare nemmeno che domani 5x8 sarà ancora uguale a 40, cioè, che l'ordine logico che oggi governa il mondo domani non sarà più lo stesso. Ma se questo fosse un motivo sufficiente per affermare che anche la logica è un'ingannevole "apparenza", allora dovremmo considerare "apparenza" anche gli insegnamenti di Hume che su questa stessa logica si fondano. Pertanto, se vuoi pensare che Hume abbia ragione, allora devi anche pensare che l'indimostrabilità dell'eternità delle leggi di natura nulla toglie alla loro piena validità attuale, altrimenti seghi il ramo sul quale sei seduto.
In altre parole, gli insegnamenti di Hume sono aria fritta, così come lo è il suo "esse est percipi". Perché se fosse vero che <<nulla può essere dimostrato>> e che dunque <<non esistono verità indubitabili>>, allora anche queste affermazioni sarebbero indimostrabili e dunque dubitabili, prive di significato. Torniamo a quello che io considero il primo principio della logica: <<la verità non può essere negata>>.

Citazione
Confondi i giudizi sintetici a posteriori con quelli analitici a priori.
5 x 8 farà sempre 40 nell' aritmetica corrente, e contrariamente alle conoscenze delle scienze naturali é assolutamente certo per il semplice fatto che si tratta di un giudizio sintetico a priori che applica regole di inferenza logica (in particolare di calcolo in questo caso) arbitrariamente stabilite a concetti arbitrariamente considerati.
"Paga" però inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà (né che ci sono nella realtà 40 ladroni né che non ci sono; di nessun tipo di ente od evento ci dice se ve ne sono 40 o meno, né, nel caso ce ne fossero, se sarebbero divisi in 8 gruppi di 5 o viceversa oppure no).
Invece quelli delle scienze naturali sono giudizi sintetici a posteriori, conoscitivamente fecondi (ci dicono per esempio che i corpi massivi si attraggono), che tuttavia "pagano" la loro fecondità conoscitiva con un' insuperabile incertezza (teorica, in linea di principio: nulla ci garantisce che alla prossima osservazione la mela staccatasi dal ramo anziché cadere a terra non salirà in cielo o non resterà sospesa a mezz' aria, per quante siano le osservazioni che finora puntualmente, immancabilmente hanno rilevato la caduta a terra; il che ovviamente non toglie che sia "ragionevole" credere infondatamente che siano certe e comportarsi in patica come se lo fossero).
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CARLO
Intanto, <<fisiche>> sono le grandezze sensibili, quantificabili, osservabili, non quei modelli metafisici che ordinano le loro relazioni e che noi chiamiamo "leggi della natura", le quali non sono osservabili, ma è possibile risalire ad esse solo attraverso un processo metafisico di astrazione. 
In secondo luogo, queste stesse leggi naturali (di cui tu neghi o affermi l'esistenza a seconda di come ti fa comodo) sono ben lungi dal giustificare la comparsa, per esempio, di quei complessi e misteriosi modelli biologici che chiamiamo "specie viventi"; né spiegano la presenza in ciascuna specie di quei modelli tipici di comportamento che chiamiamo istinti; né spiegano l'esistenza di quei modelli di significato universalmente diffusi nella cultura umana (non riducibili a cause storico-contingenti) che la Storia comparata della cultura ha messo in luce nel proprio dominio di ricerca e che ha chiamato "strutture archetipiche".
Pertanto, l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, non è campata in aria come lo è l'ipotesi della "cosa in sé", ma è una necessità logica fondata sull'osservazione dei fatti.
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Citazione
Il processo di astrazione non é affatto metafisico ma semplicemente mentale, cogitativo, cognitivo (e le scienze naturali lo applicano all' osservazione del mondo fisico, materiale, naturale: nulla di "metafisico").
 
E le leggi fisiche sono aspetti generali astratti (rilevati costantemente, "sempre finora", in determinate osservazioni concrete in numero finito e postulati arbitrariamente, indimostrabilmente -Hume!- essere universali e costanti, validi per qualsiasi osservazione passata, presente e futura, "all' infinito nel tempo e nello spazio") del divenire naturale; aspetti astratti dal pensiero (umano) dai casi concreti particolari osservabili (e discernibili, nelle osservazioni di cui sono parte integrante, dagli aspetti particolari concreti pure appartenenti alle osservazioni stesse: aspetti generali astratti di quanto di fisico-naturale si osserva; niente di metafisico, niente che abbia qualcosa a che vedere con farneticazioni idealistiche infondate razionalmente come le idee platoniche o gli archetipi jungiani).
 
 
Le specie viventi e gli istinti animali non sono "modelli" (non li fa creati un Dio seguendo un progetto, alla maniera in cui i "modelli" di auto, di vestisti, di edifici, ecc. sono costruiti da soggetti intenzionali umani: antropomorfismo superatissimo dalla scienza moderna) e non hanno proprio nulla di "misterioso".
Invece le "strutture archetipiche" non sono che (spesso forzate, in varia misura arbitrarie ed errate; talora interessanti e con elementi di verità) astrazioni nell' ambito delle credenze presenti nelle varie culture, razionalmente riconducibili in ultima analisi ai caratteri generali, etologici (almeno in arte non esclusivamente umani) del comportamento umano, così come sono, in maggiore o minor misura a seconda dei casi, "culturalmente declinati".
E l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, è del tutto campata in aria e arbitrariamente proposta senza alcun fondamento razionale, sulla base di mere analogie superficiali e non criticamente fondate.
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CARLO
Altro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;

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Citazione
E chi lo dice? Platone? Jung?
Non é affatto autocontraddittorio, insensato immaginare, ipotizzare che tutto ciò che accade (che é constatato con certezza assolutamente indubitabile) sia limitato agli eventi "percezioni coscienti" e nient' altro.
Ergo fino a prova contraria (alla constatazione empirica -logicamente impossibile, per definizione- o a una dimostrazione logica che qualcosa d' altro oltre agli eventi "percezioni coscienti" esiste-accade realmente la totalità del reale di cui possa aversi certezza non eccede queste ultime.
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2 - un soggetto può avere una falsa percezione (allucinazione o proiezione), cioè può percepire come reale e concreto qualcosa che invece è solo la proiezione di un contenuto che appartiene alla sua sfera inconscia.
Ergo, la percezione è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva del soggetto.

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Citazione
A parte la pretesa dell' inconsapevolezza ("inconscio"), le allucinazioni mostrano che l' oggetto é l' "ultima cosa da considerare certa"; ma lo é parimenti anche il soggetto, non essendo autocontraddittoria, essendo coerente, logicamente corretta, l' ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).
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Cit. CARLO
Lo vedi che cominciamo a capirci? La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno) che è implicita nell'affermazione abusata dei kantiani: <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>.
Cominci a capire cioè che è proprio la cosa in sé la causa dei fenomeni e che dunque non è impossibile risalire gradualmente da essi alla causa.
 Ecco, Platone aggiunge solo una "piccola" considerazione in più; lui dice che quella "cosa in sé" che conosceremo grazie alle sue molteplici manifestazioni fenomeniche corrisponderà con il modello metafisico originario da cui essa discende: il vero noumeno, la causa prima della "cosa in sé", ...in termini analoghi a quelli secondo cui ad ogni creazione umana corrisponde l'idea che l'ha forgiata, il progetto (la causa prima) da cui essa discende.


SGIOMBO
E' ovvio (e l' ho sostenuto un' infinità di volte) che La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno); ma tantomeno c' é quell' identità che pretenderebbe il senso comune:
"essere in sé (indipendentemente da eventuali manifestazioni di sé)" =/= "manifestarsi" ! ! !

CARLO
Se la cosa in sé è la causa dei fenomeni, se i fenomeni sono conoscibili, e se la scienza è stata capace centinaia di volte di risalire dai fenomeni (osservabili) alla causa che li produce (inosservabile), io non vedo alcun motivo (che non sia un dogma puro) per porre dei limiti alla conoscenza della "cosa in sé". E la negazione di questi limiti di conoscenza non significa affatto affermare l'identità tra fenomeni e cosa in sé, perché il passaggio dall'effetto alla causa non è immediato, ma è il frutto di un corretto processo di interpretazione-astrazione dei fenomeni, proprio come Newton riuscì a ricavare il suo principio gravitazionale attraverso l'interpretazione in chiave dinamica delle tre leggi cinematiche di Keplero.
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Citazione
Qui purtroppo sono costretto a perdere tempo (inutilmente di certo) per precisare che nella precedente risposta alla tua affermazione, sperando di spiegarmi in breve, avevo lasciato correre un' imprecisione inerente il concetto (da te allora usato) di "noumeno come causa dei fenomeni".-
Come ho già scritto altre volte nel forum (in particolare in risposta ad Apeiron) di "causazione" in senso proprio, cioè come conseguenza calcolabile di leggi del divenire esprimibili attraverso equazioni matematiche (per l' appunto applicabili a procedimenti di calcolo) si può parlare unicamente nell' ambito dei fenomeni materiali, per la loro misurabilità (per esempio fenomeni non ancora osservati ma osservabili in linea di principio possono causare altri fenomeni direttamente osservati, come nel caso di Nettuno, e dunque essere calcolati come cause di essi in senso stretto).
Il rapporto fra noumeno e fenomeni é solo in senso lato e non del tutto proprio considerabile di "causazione", coì come in seno lato e non del tutto proprio si può parlare di "causazione" nell' ambito dei fenomeni mentali.
Comunque anche considerando il concetto di "causazione" in questo senso lato, gli eventi fenomenici (direttamente osservabili o calcolabili) che sono cause fenomeniche di altri eventi fenomenici (i loro effetti) non esulano dai fenomeni dei quali l' "esse est percipi" (Berkeley e Hume), reali unicamente come insiemi - successioni di percezioni se, quando, fintanto che accadono come tali; mentre invece se qualcosa é reale anche allorché i fenomeni non lo sono, onde spiegare le "puntuali" ricomparse-riaccadimenti reali dei fenomeni stessi nelle opportune condizioni di osservazione in quanto loro "casa in senso lato", per non cadere in plateale contraddizione deve trattarsi di qualcosa d' altro, qualcosa di da esse ben diverso: non apparente (non fenomeno" ma casomai congetturabile (noumeno).
 
 
 
N.B.: Poiché non dubito che ripeterai ancora una volta le solite obiezioni alle mie tesi (più o meno fraintese), preciso che anche stavolta eviterò di reiterare (inutilmente) argomentazioni già ripetutamente svolte, con la precisazione che in questo caso "ci tace non acconsente affatto"; mi limiterò anche stavolta a risposte ad (eventuali, improbabili) affermazioni nuove da parte tua e non alle solite reiterazioni.
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VERDI - Vieni t'affretta, op. Macbeth
https://youtu.be/ddr0dwPlYVM

TESTO:
(Lady Macbeth istiga Macbeth al regicidio)
...Vieni t'affretta! Accendere
Ti vo' quel freddo core!
L'audace impresa a compiere
Io ti darò valore;
Di Scozia a te promettono
Le profetesse il trono...
Che tardi? Accetta il dono,
Ascendivi a regnar).
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