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Messaggi - Phil

#1546
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
Il relativismo etico si fonda sul nulla
Se la constatazione storiografica e l'antropologia (culturale-medica-filosofica) sono «nulla», forse «non conosci il tuo nemico» (e te lo segnalo in amicizia  :) ).

Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica.
Per quanto, a parer mio, il concetto di «evoluzione etica» abbia una "massa teoretica" così densa (per implosione?) che meriterebbe un topic a parte.

P.s.
Ricambio i saluti ad Apeiron  ;)


@Sariputra
Aggiungo che come sviluppo dei principi di Sun Tzu (e del suo erede Sun Pin), nel XV secolo in Cina vennero redatte anche le apposite contromisure (ma non solo): le cosiddette «Cento strategie non ortodosse» (Baizhan qilue; consiglio il libro).
#1547
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:44:12 PM
Insomma, non mi sembra che laddove si parli di "oppressione nell'uomo post-moderno" (quindi implicitamente
facendo un confronto con uomini di altre epoche), poi si possa dire di limitarsi alla attualità sincronica.
Ma è tutto sommato una quisquiglia.
Parlando dell'uomo «(post)moderno» non intendevo implicitamente confrontarlo agli uomini di altre epoche, ma solo evidenziare il suo stato attuale (siamo nella postmodernità); se sia molto o poco diverso dalle epoche precedenti, onestamente non lo so: la questione di tale confronto è di una trasversalità proibitiva per le mie esigue conoscenze, anche perché richiederebbe adattamenti di categorie e scale di giudizio piuttosto cervellotiche (e, detto fra noi, anche piuttosto sterili: la storia è maestra, ma non consolazione  :)  ).
#1548
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.
Benvenga il momento in cui i bisogni primari, reclamando la loro primogenitura, si fondono coi diritti in una miscela socialmente esplosiva.
Non ho scritto che è la coppia bisogni-primari/diritti ad essere esplosiva, ma quella politica/etologia (alludevo all'eugenetica non al welfare). Il rapporto bisogni primari/diritti è di quelli che mi auspico  :)
Una società esplosa rischia di regredire ad un quasi stato di natura, cancellando proprio quei diritti che hanno innescato l'esplosione e lasciando solo gli incancellabili bisogni primari... proprio come per il nucleare: molta potenza in gioco, ma non sempre si produce energia benefica.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Ma significa che in essa, e non in qualche metafisico arbitrio, essi si radicano e, quindi, legittimano. Ammetto che il concetto "diritto naturale" può essere fuorviante, ma il ponte di passaggio tra bisogni primari e diritto è assai stretto per cui quei diritti (fondamentali, inalienalibili,...) sono in risonanza con la loro matrice naturale.
Per me (ma ho capito che non concordi) i diritti, in quanto convenzionali e non naturali, non possono andare oltre il metafisico arbitrio (e quindi l'autolegittimazione camuffata da "natura"), che ogni ideologia conficca nello sterminato campo dell'Assoluto e della Verità (ed ecco spiegate guerre, terrorismo, etc.), con la stessa enfasi epocale e destinale con cui ogni nazione poteva conficcare fieramente la sua bandiera sulla luna (non sono sicuro sia ancora possibile  ;D ).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Radicando i diritti nei bisogni primari si crea una gerarchia trasparente di valori difficilmente confutabile. [...] resta sempre aperta la questione dei "falsi assoluti". Ma la si chiude solo trovando, con grande prudenza, quelli "veri"
Sempre secondo me, «valori veri» e/o «assoluti veri» sono un altro non senso che mischia due piani teoretici (come «diritto naturale», «libero arbitrio» e, probabilmente altri modi di dire squisitamente metafisici e metaforici). Questione di vocabolari, come sempre  ;)

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Direi che la necessità è un'ottima pietra di paragone per questa ricerca, tale da escludere l'arbitrio.
Sulla problematica della necessità (concetto molto "sdrucciolevole") individuale rapportata a quella collettiva ci si potrebbe riempire una biblioteca; se la usiamo come «pietra di paragone» non potremmo dunque che farlo in modo parziale e ideologico (e rieccoci al punto di partenza dei tanti assoluti che confliggono e si autolegittimano; historia docet).
#1549
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo.
Intendi i bisogni primari? Se la risposta è «no», tale irreversibilità appartiene alla sfera del naturale oppure a quella sociale-culturale (quindi è inserita nelle convenzioni sociali che diamo ormai per inalienabili, ma restano, stando alla storia, convenzioni arbitrarie)?

Se la risposta è "sì" ?
Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Mi sovviene il sospetto che per "istinto" si spacci in certe correnti di pensiero quello che i pregiudizi meccanicistici nascondono. Laddove vi sono cure parentali e assetti sociali non vi è mero meccanicismo biologico.
Certo, vi è anche un vincolante e lampante contesto culturale e sociale; che tuttavia distinguerei dal meccanicismo biologico (proprio perché, secondo me, natura e diritto sono parenti, ma non così stretti come può sembrare).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Per tal motivo cerco di ancorare i miei blocchi di partenza ideologici a solidi argomenti naturali che mi permettano di discriminare l'arbitrario dal necessario. Senza farmi condizionare troppo dalle imperfezioni dell'agire umano e dalla urticante eterogenesi dei fini, che va analizzata e corretta.
Non ne dubito; suggerivo solo una distinzione fra argomenti naturali e argomenti culturali (distizione di cui non ho certo la peternità): osservare la natura dell'uomo nel suo agire in società, significa osservarne sempre anche la cultura (ammetto che qui il «sempre» mi piace  ;D ).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Neppure io spaccio tutto il diritto per naturale. Ma ci tengo a fissare i paletti etici e giuridici nella natura
Mi concederai che così facendo non diventano naturali... il fatto stesso che vadano fissati nella natura, significa che non vengono raccolti da essa.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
contrastare iperboli come il valore sub specie capitalis: se tutto è arbitrario lo è anche la vita di un umano.
Preventivo colpo di pedale del freno: chi ha detto che «tutto è arbitrario»? Deve essere lo stesso burlone impostore che (oltre a scrivere i biglietti dei Baci Perugina) ha detto «il relativismo dice che tutto è relativo», condannando il relativismo ad essere la barzelletta di se stesso (e nemico giurato di tutti, dal Papa ai filosofi, dai forumisti agli "speleologi").
Il mio suggerimento era proprio di distinguere l'arbitrario dal naturale: la vita umana, la morte, i bisogni primari, etc. non sono arbitrari (devo essere davvero uno scrittore poco chiaro...).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM
Era in risposta alla tesi di phil che un'etica non relativistica potesse essere basata solo su una metafisica teistica
Non scommetterei di aver usato quel «solo»; comunque, anche il pensiero laico può di certo ipostatizzare i suoi assoluti (notato il paradosso?  ;) ); le ideologie sono infatti piene di valori "assoluti" e la storia umana è costellata di lotte fra tali "assoluti" (chiaramente sono "falsi assoluti" sempre quelli altrui... ironico, proprio come succede nelle religioni  ;) ).
#1550
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 13:14:42 PM
Mi sembra che in un precedente intervento tu abbia affermato: "la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito
è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per
«oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui".
Perdonami ma trovo che le tue ultime affermazioni siano in netto contrasto con queste.
Per risolvere l'apparente contrasto, la chiave di lettura sono quello «spesso» e quel «talvolta», che non valgono «sempre».
Talvolta oppressione e diseguaglianza vanno a braccetto, non sempre; spesso, si considera per oppressione ciò che non le è, ma non sempre (speravo gli esempi aiutassero...).
Cerc(av)o di lasciare il discorso aperto anche alle differenze presenti nel tema, soppresse le quali, ne deriva una lettura parziale e generalista; ridurre tutto a «si» e «no» oppure a «sempre» e «mai», non fa per la mia logica "debole"  :)
#1551
Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2018, 23:09:28 PM
se gli altri uomini che possono fare le leggi, fanno leggi oppressive e disumane? Si può continuare ad applicarle?
Qui la mia opinione non conta; la storia insegna e dice di sì (fermo restando che si parla del «si può», non del «si deve»).

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2018, 23:09:28 PM
E se vengono disattese sulla base di quale principio possono essere disattese?
Sulla base di altri principi (giuridici o morali) e il fatto stesso che esistano altri principi, persino contraddittori ai principi che contrastano, dimostra l'arbitrarietà dei principi del diritto (a differenza di quelli della natura, né contraddittori né arbitrari).

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2018, 23:09:28 PM
Per questo motivo il diritto dovrà sempre fare i conti con una istanza esterna ad esso, diritto naturale o opinione pubblica o Grundnorm, o fondamenti costituzionali, o lineamenti filosofici o etico-religiosi o quant'altro.
Certo, e tale istanza esterna si è dimostrata storicamente mutevole, culturale, relativa... in una parola «arbitraria» (se fosse istanza assoluta, non essendo naturale, dovremmo riappellarci alla legge divina; tutta da dimostrare o, nel "migliore" dei casi, da interpretare e attualizzare... e, come la teologia vaticana dimostra, non è sempre impresa facile  ;) ).
#1552
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo.
Intendi i bisogni primari? Se la risposta è «no», tale irreversibilità appartiene alla sfera del naturale oppure a quella sociale-culturale (quindi è inserita nelle convenzioni sociali che diamo ormai per inalienabili, ma restano, stando alla storia, convenzioni arbitrarie)?

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
In natura il branco difende e fornisce risorse di sopravvivenza ai suoi componenti e ai suoi piccoli indifesi. Si chiama diritto naturale
Credo si chiami piuttosto «istinto» (quasi il contrario del diritto); l'esemplare di lupo adulto non disserta su questioni di diritto, prima di agire in branco, così come la lupa non allatta i figli perché ritiene fermamente sia loro diritto essere nutriti. «Diritto naturale» è per me un ossimoro, che confonde biologia e cultura (antropomorfizzare le dinamiche naturali è sempre un gesto interpretativo, un ulteriore passo indietro dalla presunta "oggettività").

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:49:23 PM
Le diseguaglianze derivanti da scelte personali non sono di tipo oppressivo. Ma quelle derivanti da diseguaglianza dei fatidici blocchi di partenza sono sempre inique.
L'iniquità dipende dai «blocchi di partenza» della propria interpretazione del mondo (e ammetto di essere un po' allergico ai «sempre»  ;) ). Personalmente, mi limito al «no, grazie» allo scenario che l'abbandono di tale "iniquità" mi suggerisce («oppressione congiunta fra un totalitarismo già visto e una distopica neuroprogrammazione di massa»... spero comunque di sbagliarmi).

P.s.
Nessuna idiosincrasia verso il diritto (anzi, per fortuna che c'è!), tuttavia non me la sento di ossequiarlo fino a spacciarlo per «naturale»; accettare che non venga né dai numi né dalla natura, ma semplicemente da altri uomini, non mi imbarazza affatto.
#1553
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Dicembre 2018, 10:19:15 AM
Von Mises (o era Von Hayek?) diceva che l'operaio moderno vive fra lussi e comodità sconosciute al Faraone
d'Egitto...
Aveva ragione? Beh, sì e no; ritengo che il discorso inquadrato in questi termini sia semplicemente inquadrato
male. Come penso sia inquadrato male il tuo...
Il Von che hai citato confrontava epoche differenti, con buona pace delle peculiarità contestuali; nel mio piccolo, resto invece sull'attualità sincronica, ma non certo per negare l'innegabile disuguaglianza (l'esistenza di pensioni misere, di lavoratori precati, etc.), piuttosto per interrogare su fino a che punto essa sia funzionale e quando diventi invece oppressione: il pensionato povero è diseguale dai pensionati ricchi, ma è anche oppresso?
Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secodo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 11:01:15 AM
1) L'uguale è lo stato di natura coi suoi bisogni certamente non arbitrari, ma neppure banali: aria salubre, cibo in quantità e qualità, tana confortevole, soddisfazione affettiva. Su questa base naturale si fondano il diritto alla vita, salute e affettività. Qui l'arbitrario non si dà (morte, fame, malattia, inaffettività ?). Oppure si dà ma come patologia sociale.
Secondo me l'arbitrario si dà proprio qui: il momento in cui il bisogno naturale viene convenzionalmente promosso a diritto sociale, coincide con il primo vagito dell'arbitrarietà (del diritto). La natura, per quel che ne so, non è fatta di diritti, ma solo di bisogni, istinti, vita/morte, causa/effetto, etc.

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 11:01:15 AM
2) Su questo substrato antropologico si innestano diritti meta-naturali a garanzia di quelli naturali: istruzione, lavoro, sicurezza sociale. Anche qui credo che di arbitrario ci sia poco (analfabetismo, miseria, violenza ? Assenza, esclusione, no, off ?).
Senza arbitrarie convenzioni, il lavoro, la sicurezza sociale, etc. su cosa si fondano? Ad esempio, il denaro, le sovrastrutture varie, sono entità naturali?
Marx scuote la barba nella tomba  ;D

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 11:01:15 AM
3) la parte arbitraria, libera, dell'universo antropologico, l'inclinazione personale, il gusto. Articolati nella sfera professionale, artistica, erotica, alimentare, hobbistica, spirituale...
«Arbitrario» non significa solo «soggettivo», ma anche «deciso a prescindere dalla norma»; in questo caso, la norma della natura (che propone una generica uguaglianza biologica di partenza fra gli uomini), quindi lo intendo come «discrezionale», ciò che viene deciso dalla discrezione dell'uomo (proprio perché non risulta naturale).
#1554
Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 23:28:24 PM
Tematizziamo pure: l'iniquità di Berlusconi e un esodato senza redditi é trasparente.
Non decifro se intendi che quei due esempi sono una tematizzazione (un po' sintetica; esemplificare non è tematizzare  ;) ) oppure se mi inviti a tematizzare l'iniquità e l'assenza di redditi altrui (confesso: preferisco badare alla mia iniquità e gioire della mia iniqua presenza di reddito  ;D ).

Nel mio domandare, mi riferisco alla non necessità (logica ed empirica) di identificare sempre diseguaglianza e oppressione, senza negare l'evidenza che le due possano anche "collaborare" fra loro (come ho esplicitamente scritto sopra).

Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 23:28:24 PM
In un contesto di uguaglianza sociale non esisterebbe neppure.
Se si parla di «origine della diseguaglianza», l'utopia della "società giusta" senza iniqui né privi di reddito, è un tema filosofico letterario collaterale, che mi fa venire in mente lo scenario di un'oppressione congiunta fra un totalitarismo già visto e una distopica neuroprogrammazione di massa; così al volo, direi... no, grazie (ma potrei sempre cambiare idea).


P.s.
Auguri a tutti (una volta per tutte!  :) ).
#1555
Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 16:01:31 PM
Citazione di: Phil il 24 Dicembre 2018, 15:07:04 PM
disuguaglianza (sociale) significa necessariamente oppressione?
Almeno per quel che mi riguarda, vedi molto bene quando vedi "aleggiare" l'assunto: disuguaglianza sociale
significa oppressione...
Non necessariamente, ma in possibilità sì, senz'altro. Non che la diseguaglianza sia solo e sempre perniciosa;
lo è quando è eccessiva,
[corsivi miei] La questione che ponevo era proprio su quel «necessariamente»: distinguerei infatti fra la diseguaglianza come condizione necessaria ma non sufficiente per l'oppressione (ovvero la diseguaglianza funzionale al sistema non oppressivo) dalla diseguaglianza come risultato dell'oppressione (ovvero la diseguaglianza come fondamento dell'ordine oppressivo del sistema).

Anche le diseguaglianze andrebbero, a parer mio, contestualizzate: la diseguaglianza economica, in sé, non comporta sempre oppressione (che il mio Isee non sia quello di Berlusconi, di fatto, non mi opprime economicamente, ho persino agevolazioni per reddito che lui non ha  ;D ); parimenti, la disuguaglianza sociale in sé, non comporta sempre oppressione (che non abbia diritto a concorrere per un alloggio popolare o non goda di immunità parlamentare, non mi opprime socialmente perché è conseguenza, che trovo ragionevole, del mio status sociale, ovvero né indigente né parlamentare).

Ugualmente, l'«oppressione» andrebbe tematizzata adeguatamente, distinguendola in tutte le sue declinazioni; soprattutto considerando che la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per «oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui), la pressione fiscale (comprendente il pagare le tasse, che per alcuni sono opprimenti a priori), la soppressione di libertà che si consideravano inalienabili (come l'essere liberi di poter fumare ovunque) e la repressione di ciò che viene considerato inopportuno dalla maggioranza (per qualcuno è opprimente avere da rispettare regole sociali che non condivide, seppur approvate dalla maggioranza).
In fondo, l'incontrare una ob-pressione dipende da verso quale direzione si fa pressione... a ciascuno le sue impressioni (e "pressanti" auguri di buon Natale  :) ).
#1556
Magari mi sbaglio, ma fra le righe di alcune considerazioni mi pare di veder aleggiare un fazioso assunto implicito, che condiziona il discorso senza che il discorso lo abbia messo in discussione (non me ne voglia Godel  ;) ): disuguaglianza (sociale) significa necessariamente oppressione?

Anche nelle "esemplari" civiltà citate (Sparta, società guerriere, etc.) sono pronto a scommettere che ci fosse disuguaglianza sociale (fra sessi, classi, etc.), essendo questa (per quel che ci insegna la storia dell'uomo) funzionale e necessaria alla strutturazione organizzativa di una società popolosa. Il che non significa che debba sempre e per forza tradursi con oppressione e "ingiustizia" (uso le virgolette perché è una parola opinabile il cui approfondimento devierebbe il discorso; per quanto anche «oppressione» si presti a personalizzazioni piuttosto divergenti: magari chi ha conosciuto l'oppressione di una dittatura fa fatica a sentirsi oppresso dalla tecnologia imperante...). 


Per le questioni "di nascita" e di contesto, mi allineo a 0xdeadbeef e baylham; per sapere in cosa consiste l'uguaglianza fra membri di una specie, bisogna rivolgersi alla loro natura (e solo fino ad un certo grado di generalità); per le diseguaglianze, basta considerare la particolarità biologiche e tutto il contesto di "branco" in cui l'individuo interagisce. 
Come scrivo sempre, non è necessaria una convenzione "universale" redatta a tavolino da uomini per stabilire la necessità uguale per tutti di respirare, bere, etc. per restare vivi; tale convenzione è invece necessaria per fornire parametri arbitrari e funzionali, volti ad una coabitazione del pianeta sostenibile per la maggioranza di individui (e non sono affatto sicuro che, metaforicamente, il pianeta stesso la sottoscriverebbe...).
#1557
Tematiche Spirituali / Re:Ciò che Dio vuole da noi
24 Dicembre 2018, 00:49:28 AM
@Socrate78

Consentimi una precisazione: l'insieme degli atei si basa su un criterio negativo (non credenza in qualcosa), quindi dedurne denominatori comuni affermativi, è sempre molto rischioso e spesso fuorviante. 
L'ateismo non ha comandamenti; per dirla altrimenti, il non praticare sport non è comunque una forma di sport; oppure, il non ascoltare musica classica non comporta sempre e necessariamente l'ascoltare rock... si tratta solo di rispondere «no» ad una domanda, tuttavia è a cosa si risponde «si» che delinea un'identità precisa (fermo restando che non tutti i «no», sono uguali).

Infatti, non tutti gli atei sono 
Citazione di: Socrate78 il 24 Dicembre 2018, 00:02:14 AMconvintissimi che non ci sia assolutamente nulla dopo questo brevissimo (rispetto alla vita della Terra un nulla....) percorso terreno. 
poiché alcuni atei scommettono (anti-pascalianamente) sul «no», sebbene non siano «convintissimi» che sia la risposta esatta, essendo non ancora verificabile (né falsificabile il contrario).
Parimenti non tutti gli atei considerano ovvio 
Citazione di: Socrate78 il 24 Dicembre 2018, 00:02:14 AM
che la morte [...] sia uno sprofondare in quel nulla in cui eravamo prima di nascere, 
perché per alcuni è una metafora metafisica che nel loro orizzonte non ha senso (quindi non è né vera né falsa, ma piuttosto insensata): prima di nascere non eravamo e dopo la morte plausibilmente non sprofonderemo nel Nulla, al massimo sotto terra, ma non saremo più "noi".
Alcuni atei concorderanno con te sul fatto che
Citazione di: Socrate78 il 24 Dicembre 2018, 00:02:14 AM
La nostra ragione è limitata e non è in grado di sondare una realtà trascendente.
E ci sono altre differenze interne all'insieme degli atei che lo rendono difficilmente riconducibile "ad un solo fascio" (ad eccezione di quel «no» in comune, seppur con differenti sfumature).
#1558
Tematiche Culturali e Sociali / Re:L'istinto paterno.
22 Dicembre 2018, 16:42:24 PM
Secondo me (da profano in materia) l'istinto biologico, sia maschile che femminile, è innegabilmente rivolto all'accoppiamento, ma non necessariamente alla riproduzione: anche se umanamente (transculturalmente, archetipicamente, etc.) i due aspetti sono stati da sempre ritenuti collegati (presentando il secondo come auspicabile finalità del primo), credo che l'istinto biologico non sia di essere padre, né madre (e qui forse mi farò delle nemiche  ;D ), quanto piuttosto di copulare (il romanticismo non è infatti istintivo; per quanto, dopo adeguato allenamento, se dotati di "inclinazione", possa diventare spontaneo quasi come un istinto).

Sicuramente di fronte al figlio/bambino, nella madre/donna (in generale) si innescano istinti (biologici, neurologici, etc.) di cura, ma il figlio potrebbe essere anche solo causa di tali reazioni istintive, non effetto a sua volta di un istinto della procreazione.
Banalizzando con un esempio: se mi trovo davanti una tigre, l'istinto mi dice di scappare, ma non è l'istinto a farmi cercare una tigre da cui scappare. Detto altrimenti, se lasciassimo una coppia maschio/femmina in un'isola deserta, sono certo che, raggiunta la pubertà, in entrambi si risveglierebbe l'istinto all'accoppiamento, ma non sono altrettanto certo che uno dei due (o entrambi) sentirebbe un giorno il bisogno istintivo di generare un terzo essere da crescere ed accudire (il che non toglie che all'arrivo, magari inatteso, del terzo umano, non scattino poi meccanismi di genitorialità, protezione, etc.).

Suppongo che agli albori dell'homo sapiens neanche si sapesse perché nascessero i bambini, ma quando ciò accadeva era istintivo per la madre (semper certa) prendersene cura; tuttavia, lei sentiva già prima l'istinto di diventare madre? Questo ci aiuterebbe a discernere quanto sia rilevante l'impatto della cultura sulla genitorialità e quanto ci sia invece di istintivo; purtroppo, temo che non potremo intervistare "Madame Sapiens"...  
Che l'istinto conscio all'accoppiamento celi un istinto inconscio alla riproduzione della specie? Schopenhauer direbbe di sì  ;)

Probabilmente è uno di quei temi in cui il confine (e l'influenza biunivoca) fra cultura e biologia è davvero difficile da focalizzare e, nel dubbio, ci rassicura pensare che la nostra cultura sia di matrice biologica e che le nostre reazioni acquisite culturalmente siano di fondo istintive (nonostante, se non erro, la bibliografia clinica e antropologica dimostri come l'esperienza del proprio esser-figli si proietti sulle modalità del proprio esser-genitori, al punto che l'unico istinto non indotto è quello dell'atto che precede la procreazione, mentre le modalità della genitorialità che ne consegue sono eredità cultural-psicologiche più che istintivo-biologiche).
#1559
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
20 Dicembre 2018, 19:03:30 PM
Citazione di: viator il 19 Dicembre 2018, 17:44:48 PM
Mi incuriosiva conoscere se secondo voi a questo mondo, dalla comparsa dell'uomo, qualcuno ha mai compiuto un atto od una scelta interiore che non rispondessero alla sua intenzione di procurarsi una utilità, un piacere, una tutela o una soddisfazione.
Utilità e piacere (a cui fanno eco tutela e soddisfazione) sono indubbiamente i principali moventi della volontà (e dell'istinto umano); quindi in generale sono i criteri dominanti con cui si compiono scelte ed atti.

Citazione di: viator il 19 Dicembre 2018, 17:44:48 PM
In altre parole, è mai esistito un altruismo deliberato e scevro da conseguenze positive (non importa se solo sperate) per chi lo ha espresso ?
Volendo proprio trovare un'eccezione (poco filosofica), ma non nell'altruismo, semmai nel suo contrario (mi scuso se ribalto un po' la domanda :) ): ho un amico (si dice così, no? ;D ) che quando un mendicante gli chiede un po' di spicci, lui (quasi sempre) rifiuta, e mi dice che comunque non lo trova piacevole (spesso chiede formalmente scusa), né soddisfa un suo bisogno (non avverte come bisogno quello di tenersi tre centesimi in tasca, pur non essendo milionario), né fa qualcosa di utile (non evita di donare quei pochi centesimi perché sa che gli torneranno utili; più probabilmente li perderà prima o poi salendo in auto o tirando fuori il fazzoletto), né sente che così facendo tutela la sua persona, la sua identità sociale o la sua integrità morale («anzi...» direbbe qualcuno); eppure, decide di non darli e prosegue la passeggiata.

Cosa ha «intenzione di procurarsi»(semicit.) non dando quei tre centesimi: utilità, piacere, tutela o soddisfazione? Qualunque finalità si procuri, le (poche) volte che invece dà i pochi centesimi, perché cambia tale finalità? Questione di volubilità, di umore, di reazioni cognitive contingenti?

In questi piccoli gesti gratuiti e spensierati (improvvisati) nel quotidiano, quelli di cui se ci viene chiesto il perché, rispondiamo con «non so, mi è venuto spontaneo», forse in questi piccoli eventi (azzardo l'ipotesi) possiamo trovare esempi di eccezioni ai suddetti moventi-guida della nostra volontà.
Almeno finché non facciamo supposizioni che sconfinino nell'inconscio che, come al solito, si confermerebbe saccente "guastafeste".
#1560
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
19 Dicembre 2018, 23:07:47 PM
Non ti trovo affatto prolisso, anzi (mi) risulti chiaro e ben misurato (senza voler sminuire i lunghi corridoi e le lunghe notti, presto innevate, della Villa  ;) ).
Tuttavia, proprio quello che non hai commentato del mio post, è forse ciò che mi lascia più perplesso del rapporto fra Istruzione (buddista, e non solo) ed Etica:
Citazione di: Phil il 19 Dicembre 2018, 12:11:57 PMD'altronde, se invece mi metto d'impegno e d'intenzione a dare attente martellate al marmo, non potrò diventare pittore, semmai diverrò "spontaneo" scultore...
oppure, riprendendo la tua metafora dell'orto: se semino pomodori, non nascerà insalata... ovvero, almeno a quanto pare (guardandosi intorno), ogni culto-cultura può essere interiorizzato-a al punto da diventare "spontaneo-a" (anche quelli-e meno favorevoli al prossimo...).

P.s.
Nondimeno, ci siamo già spiegati in precedenza sulle rispettive differenti vedute sulla "naturale" indole umana; non voglio ripetere l'impasse  :)