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Messaggi - Sariputra

#1546
Le nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia.
Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".
Sulla realtà ontologica di un supposto sé universale ( il mare soggiacente di cui i vari sé personali sono epifenomeni), faccio mio il famoso "silenzio" del Buddha. Perché mi sembra che sia una conclusione per inferenza non dimostrabile.
Mi è capitato una volta di assistere ad un fenomeno particolarmente agghiacciante. Mi trovavo per lavoro a Medjugorie ( al seguito dei famosi vecchiotti...) e, durante una preghiera, una donna di mezza età ha iniziato a parlare a voce alta. Il fatto terrificante era che parlava con tre voci completamente diverse: due mi sembravano le voci di bambini maschi e una la voce di una bambina. I tre sembrava che stessero giocando in non so quale tempo e in quale luogo dell'inconscio della donna...capelli ( pochi) ritti naturalmente!! Anzi penso sia stato il colpo di grazia per la mia restante capigliatura...adesso ne vedo uno solo sulla cima della zucca...è il monumento ai caduti!  ;D ;D ;D   
#1547
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
08 Novembre 2016, 00:51:58 AM
@ Phil
Mi sembra evidente che, se uno ritiene di non essere ammalato, non andrà certo in cerca di un dottore per guarire. Se uno sente la sua vita come soddisfacente, piena di gioia , appagante difficilmente volgerà la sua mente alla ricerca del Risveglio ( citando Yeoshwa:"E' più difficle per un ricco entrare...").  Se manca il presupposto dellla comprensione del carattere onnipervadente di dukkha, manca la base per accostarsi con profitto al Dharma ( qui inteso come Dottrina, Insegnamento dell'Illuminato e non come Legge universale nell'accezione induista del termine).
La tonalità autopiacevole dell'esistenza io la interpreto come un vivere nell'illusione ( una delle tre robuste radici del male e anche la più tenace da estirpare...). Come dei bimbi che giocano in una casa in fiamme. Presto o tardi la fiamme arrivano e niuno può sfuggire. Se poi intendi che uno può ritenere di godersi l'autopiacevolezza dell'esistere "anche" pagando lo scotto di finire abbrustolito...beh, credo che rientri nella libertà personale ( che poi è quello che, più o meno, tutti facciamo... :-\).
La compassione non è "salutare" perché ha come scopo di scongiurare una rinascita, ma perchè è, oltre che potente farmaco contro l'odio, una manifestazione della mente risvegliata.  Man mano che la radice dell'odio perde il suo appiglio in noi, cresce la compassione e la benevolenza verso tutte le creature che soffrono. Anche qui...non è che uno si dice:" Se non pratico la compassione, cosa che ritengo piuttosta fastidiosa, sarò punito con una pessima rinascita"...ma, man mano che la pratica del sentiero si rafforza, spontaneamente si è portati a provare compassione.
Se l'accettazione della prima Nobile Verità e la teoria del kamma fossero un dogma, Siddharta non avrebbe pronunciato quel "Che invita a venire e vedere..." riferendosi al suo insegnamento. Non è una cosa che bisogna semplicemente accettare, ma bensi "vedere" e sperimentare con la pratica e con la retta vita. Non dimentichiamoci che l'Insegnamento è paragonato ad una zattera. raggiunta l'altra sponda , ci si libera della zattera, non più necessaria. Nello stesso modo , raggiunta l'altra sponda, ci si libera anche dell'idea del Kamma e della rinascita, viste finalmente come vuote di esistenza intrinseca.
Che poi l'eremita , con una vita meno a contatto con radici nocive, abbia più possibilità di approfondire la pratica con beneficio ciò è ovvio. La solitudine ha sempre alimentato la spiritualità ( e anche la follia...).
Il discorso sull'etica buddhista , almeno nel buddhismo delle origini, non è particolarmente complesso, a parer mio. Sappiamo che il bikkhu (monaco) segue un modello di etica con lo scopo di giungere alla liberazione. L'azione "salutare" è necessaria come pratica per sconfiggere l'attaccamento alle tre radici che sono in noi  e realizzare lo stato di arahant ( venerando, degno di venerazione).  Per il devoto laico l'etica è strumento indispensabile per vivere con rettitudine ( ossia con minor brama, odio e illusione) in modo di proteggersi  e proteggendosi proteggere anche l'altro membro della società , il famoso prossimo del cristianesimo.Nello stesso modo, come ho già scritto, proteggendo l'altro ottengo di proteggere anche me stesso. Nei suoi limiti l'etica è strumento per vivere meglio, anche egoisticamente meglio. Infatti , in un mondo privo di etica e moralità, vigerebbe la legge della forza e della violenza , così connaturate alle tre radici del male da essere un tutt'uno con esse. Non sarebbe certo piacevole e rilassante passare la vita , come assediati dentro Fort Apache, a doversi difendere da tutti. Anche se fossi molto forte, alla fine troverei certamente chi mi mena...e non è piacevole.
E siccome tutto questo rappresenta dolore, un'etica necessaria appare "salutare" anche per il Buddha stesso.
Anche qui, la zattera dell'etica, giunti sull'altra sponda, si può lasciare vista come vuota di esistenza intrinseca e non più necessaria, in quanto, raggiunta la liberazione dalle radici del male, che senso avrebbe un'etica che mi dovrebbe proteggere dalle stesse, da ciò che ho abbandonato? Come Risvegliato non sono più un attore del non salutare, ma sono espressione spontanea di tutto ciò che è salutare/abile.
@ Apeiron
La "coscienza assoluta" di cui parli, appare come coscienza di assoluto vuoto ( di esistenza intrinseca), non come la Coscienza Assoluta di un Dio, per intenderci. Questa coscienza di Buddha comprende l'assoluta certezza di aver raggiunto la cessazione, che questo stato è duraturo e non passeggero, che non si è più legati all'impermanenza ( pur persistendo gli effetti residui degli atti che devono giungere a termine) e quindi al dolore, e la certezza che tutto è compiuto, che la vita santa è stata vissuta, che non ci sarà ulteriore nascita ( dell'io). Se affermiamo, come fanno i buddhisti, che la realizzazione della Cessazione è la "verità" più alta, ne consegue che, chi ha realizzato questo stato "è" nella realtà "assoluta", che non è la realtà come è pensata.
@ Green demetr
Non conosco a fondo l'induismo , anche se ho approfondito un pò la mistica Vishnuita, in relazione al mio/ nostro racconto "Sono un essere inadeguato", con i suoi avatar Rama e Krshna.
Il buddhismo, come sai, nasce come critica profonda al brahmanesimo, in primis socialmente con il suo rifiuto del complesso sistema ritualistico del "sacrificio" e delle caste ( chiunque poteva farsi bikkhu, al di là della casta di appartenenza) e poi come critica filosofica della visione atta vedica e upanishadica. Questi due sistemi, così filosoficamente lontani, però curiosamente attingono entrambi dallo yoga per le loro tecniche di introspezione e meditazione. Come dice Mircea Eliade ( che ha pure praticato yoga nelle foreste indiane negli anni trenta) lo Yoga è il grande utero da cui sono uscite le fondamenta di ogni pratica meditativa ( che sia anapanasati o vipassana). Lo yoga potrebbe quasi definirsi come la matrice :
...Dunque ho scoperto questa dimensione alquanto ignorata dagli orientalisti, ho scoperto che l'India ha conosciuto determinate tecniche psicofisiologiche grazie alle quali l'uomo può al tempo stesso godere della vita e dominarla. La vita può essere trasfigurata attraverso un'esperienza sacramentale...Si tratta di vedere che attraverso questa tecnica, ma anche attraverso altre vie e metodi, è possibile risantificare la vita, risantificare la natura...La seconda scoperta, il secondo insegnamento, è il senso del simbolo...
E sono rimasto molto colpito nel vedere che l'India affonda ancora le sue radici (qui però Eliade narra un'India di cinquant'anni fa...) profondissime non soltanto nell'eredità ariana o dravidica, ma altresì nell'humus asiatico, nella cultura aborigena...Era una cultura neolitica, fondata sull'agricoltura, ovvero sulla religione e la cultura che accompagnarono la scoperta dell'agricoltura, in particolare la visione del mondo della natura in quanto ciclo ininterrotto di vita, morte, risurrezione: ciclo specifico alla vegetazione, ma che governa altresì la vita umana e costituisce al tempo stesso un modello per la vita spirituale...(M.Eliade - Notti a Serampore).
E poi va avanti a spiegare come questo modello fondato sul mistero dell'agricoltura abbia radici ben più profonde di quel che si ritiene, ben più profonde del mondo greco o romano o anche mediterraneo, più profonde del Vicino oriente dell'antichità. Queste radici , secondo Eliade, ci rivelano l'unità fondamentale non soltanto dell'india, ma anche di tutto l'oekumène  che si stende dal Portogallo alla Cina e dalla Scandinavia allo Sri Lanka.  E precisamente contro questo si scaglieranno i profeti d'Israele...
Per quanto riguarda le difficoltà della pratica , Dasgupta soleva dire:" Per voi europei la pratica dello yoga è ancor più difficile che per noi hindù". E te credo... ;D
#1548
Io non penso mai a particolari scenari futuristici. Ho come la strana sensazione  che arriveremo prima all'estinzione...anche perché, se oltre ai probabili 15-20 miliardi di esseri umani, ci dovessimo stringere  per trovare spazio ad ulteriori 60-80 miliardi di copie-androidi ( quelle con noi riprodotti a 20-40-60 anni...) dovremmo prima considerare di scovare una tecnologia in grado di ridurci nelle dimensioni ( per l'appunto una "nanotecnologia" ;D ...).Si verificherebbero pure spiacevoli effetti collaterali. Immaginiamo che l'androide-me stesso a 20 anni ami una donna, che però incontra l'androide-me stesso a 40 anni che fa la spesa con un'altra, sarebbe oltremodo difficile convincere la donna di amarla veramente da parte dell'androide-me stesso ventenne. Lui stesso sarebbe in difficoltà perché potrebbe incontrare l'androide donna-amata in farmacia con un altro androide-lui stesso 20 enne...Un guazzabuglio terrificante! Nessuno saprebbe nemmeno chi o cosa "è". Si potrebbero creare due condizioni: o viene perduto ogni senso di identità personale, oppure , caso più probabile, ognuna delle copie, vivendo esperienze diverse dalle altre copie dopo il momento della duplicazione, ricreerebbe delle nuove identità personali. Si identificherebbe con il proprio pensare. Se però fosse collegata con gli altri se stesso in una rete esperienziale sorgerebbe una sorta di schizofrenia con un conflitto sul " chi deve fare/decidere qualcosa".
Per risolvere il conflitto penso, ma non me intendo se non come lontano appassaionato di fantascienza ( più fantasy che science a dire il vero...), che dovrebbero decidere dei programmatori con apposito algoritmo che, di volta in volta, scelga un'azione di un androide -copia rispetto ad un'altra...Ma allora non saremmo più esseri umani, saremmo semplici macchine biologiche.
Poi questo risponderebbe in pratica solo al desiderio umano di voler essere e continuare ad essere in eterno, ma come la mettiamo con il desiderio, anch'esso umano, di non voler essere, di non-essere?
#1549
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
06 Novembre 2016, 23:11:13 PM
L'Insegnamento autentico non è "al di là del bene e del male" e questo perchè è esso stesso bene( per meglio dire "salutare"...). Perché è bene ? Perchè aspira alla cessazione della brama, dell'odio e dell'illusione, che sono le tre robuste radici di ogni male. Perché la brama , l'odio e l'illusione sono male? Perchè ci legano al divenire nel kamma e impediscono la realizzazione dello stato di cessazione. 
La brama, l'odio (o rabbia) e l'illusione e i loro opposti l'assenza di brama, di odio e d'illusione sono le radici degli atti volontari (Kamma) nocivi e salutari, compiuti per mezzo di azioni, parole o pensieri.
Il termine "radice" (mula) , ha il significato di solido sostegno, causa, condizione e Produttore. Metaforicamente il termine suggerisce che le radici si possono considerare come i "veicoli" della "linfa nutritiva" di ciò che è salutare o nocivo. Esse trasportano la linfa ai fattori e alle funzioni mentali simultaneamente coesistenti e anche alle azioni salutari o nocive nelle quali risultano. Esse sono produttrici  in quanto producono la ri-nascita. I termini pali akusala e kusala indicano rispettivamente ciò che è nocivo e  quello che invece è salutare. Non si parla di "bene" o "male" ma di salutare e nocivo. Questi due termini vengono anche intesi come salutare=vantaggioso, abile; nocivo come= non vantaggioso, non abile. I termini "salutari" e "nocive" comprendono tutte le azioni volontarie che vincolano gli esseri senzienti al samsara, il ciclo della ri-nascita e quindi della sofferenza. Per questo motivo le azioni che hanno queste radici possono essere definire karmicamente salutari o dannose. Tutte le azioni salutari possono essere descritte come "abili", in quanto fanno progredire sul sentiero che conduce alla liberazione. Viceverse quelle dannose ci incatenano all'attaccamento e alla schiavitù e possono essere definite come "reazioni alla vita" prive di abilità. Sulla valenza etica del sentiero buddhista credo che non possiamo valutarlo, come mi sembra stiate facendo, sulla base della concezione di bene o male della tradizione giudaico-cristiana. Il "bene" è ciò che è salutare per la liberazione, il "male" è ciò che è "nocivo" per la stessa. Per es. Perché si deve praticare la compassione (karuna) ? Non certo per ingraziarsi qualche divinità o perché si tema qualche forma di castigo o di riprovazione sociale, ma perché l'amorevolezza, la bontà, la compassione sono antidoti alla potentissima radice dell'odio, la indeboliscono, ne mettono in evidenza il carattere dannoso, vincolante. L'odio ha la caratteristica  della ferocia, la sua funzione consiste nel diffondersi, nel propagarsi come un veleno, come un fuoco che brucia ciò che lo sostiene. La sua causa principale ,secondo i sutra, sta nei motivi di irritazione (aghata-vatthu). Cosa opporre agli effetti contagiosi e propagativi dell'odio? Qualcosa di altrettanto capace di diffondersi, di propagarsi, di indebolirlo: la compassione, l'amore, la benevolenza ( ritorno qui al concetto fondamentale di Buddha= Medico, essenziale per capire il Dharma...).IL buddhismo originario guarda ai fattori dell'esistenza in modo che appare "utilitaristico", che noi , permeati fino alle ossa dal cristianesimo ( anche quelli che lo rifiutano sono condizionati dalle sue definizioni di etica e morale) non riusciamo ad accettare, sentendolo come freddo, arido, tecnico. In realtà questa è solo la visione della "cura" somministrata al malato. Ma la guarigione cos'é ? Attenzione ancora a considerare la Cessazione, come Nulla. Questo è l'estremo del nichilismo, chiaramente rifiutato da Gautama. Domandiamoci: -Perché Siddharta, dopo il risveglio, incontrando i suoi vecchi compagni di ascetismo, predica la Dottrina? Perché mette in moto la ruota del Dharma ? Non poteva gustarsi tranquillamente , in solitudine, il Nibbana lungamente cercato? Perché, dice ancora il Murti:

La Sunyata e la Karuna sono i due aspetti principali del Bodhicitta. La Sunyata è prajna, intuizione. La karuna è il principio attivo della compassione ,che dà espressione concreta alla Sunyata nei fenomeni.
La Sunyata è lo stato potenziale, la Karuna è lo stato attualizzato. Non si pensi che il Bodhicitta sia lo stadio preliminare di un ideale ultramondano, privo di importanza per i problemi del mondo che ci circonda.Anche in questo mondo il suo influsso è molto grande; in quanto base di ogni forma di altruismo, essa promuove la solidarietà sociale e la felicità nei rapporti umani.

Prajna, sila ( moralità, virtù)  e  samadhi non sono atti separati e privi di un fine. Non vengono praticati solo per conformarsi alla tradizione o alla pressione sociale. Essi hanno un unico fine: preparare l'uomo alla conoscenza superiore. Conoscenza che una mente in preda alla brama, all'odio e all'illusione non può raggiungere.
Ritengo che ci troviamo di fronte ad un sistema altamente etico: "Proteggendo me stesso, proteggo gli altri. Proteggendo gli altri, proteggo me stesso".
Da cosa devio proteggermi proteggendomi e proteggendo gli altri? Dalla brama , dall'odio e dall'illusione, le tre robuste radici di ogni male/nocività.
#1550
Citazione di: Eutidemo il 06 Novembre 2016, 07:11:32 AM
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 23:31:16 PMLe autoautomobili... un altro di quegli effetti da baraccone delle meraviglie che la tecnologia è sempre ben felice di fornirci per fare soldi. Non vedo proprio quale utilità possano avere o quale bisogno soddisfare: se si voleva salire su un auto comunicando solo la destinazione per arrivarci, dopotutto ci sono già i taxi (per non parlare dei sistemi di trasporto collettivo come autobus e treni che un tempo facilitavano anche il contatto sociale, finché non sono stati inventati gli smartphone) con un autista a cui si può demandare ogni problema morale sulla guida confidando nel suo limbico agire umano che sicuramente crea molti meno problemi e sorprese di una morale programmate algoritmicamente a tavolino. Google comunque ci conta, proprio come ai suoi tempi il grande Barnum con il suo circo, e c'è davvero da contarci, la idiozia della clientela aumenta progressivamente con l'offerta tecnologica di cui non si finisce comunque con il non poterne fare a meno. per quanto demenziale inizialmente si presenti. L'aspetto della programmazione della morale resta forse l'unico aspetto interessante della questione, l'umanità farà da cavia per un'etica algoritmicamente evolutiva in fase sperimentale.
In effetti, anche io sono alquanto stordito e infastidito da questa "profluvie" di novità tecnologiche che ogni giorno ci sommergono sempre di più; le quali, tra l'altro, hanno spesso anche il dannoso effetto collaterale di aumentare la disoccupazione. Una volta adeguatamente commercializzate, infatti, le "autoautomobili" potrebbero mettere "fuori mercato" i tassisti; e gli autisti in generale...con il relativo indotto. Ma temo che sia inutile opporsi alle "magnifiche sorti e progressive" delle umane genti; i "lai" di quelli che Orazio chiamava "laudatores temporis acti", invero, non hanno mai sortito effetto alcuno. Tanto vale consolarsi pensando agli aspetti positivi: ed infatti, almeno, si potrà andare in giro con la propria automobile, anche se completamente sbronzi...senza il rischio che ci tolgano "punti patente". :D Già...ma una volta che le le "autoautomobili" avranno preso definitivamente piede, per "guidare" la patente non servirà più a niente: con conseguente chiusura anche delle autoscuole. :-\ Sono nato su un pianeta molto diverso da questo; ma credo che, tra non molto, mi toccherà morire su un altro ancora! :-[

E per fortuna, caro Eutidemo, che "ci toccherà morire"...pensa se dovessimo vivere in eterno sopra questo porcaio!... :'( :'(
#1551
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
05 Novembre 2016, 01:05:38 AM
Una delle cose interessanti da tenere in considerazione, quando si parla di Kamma e rinascita nell'accezione buddhista dei termini, è la conseguenzialità di ogni atto. Dal male non può nascere che male, e mai in nessun caso del bene; dal bene non può nascere che bene, e mai in nessun caso del male. Come da un albero di fichi mai si avranno delle mele, così l'azione virtuosa non può che produrre virtù; l'azione malvagia non può produrre che malvagità. Ma questa non è da intendersi come una legge morale che guida il processo di produzione condizionata. Il kamma non è morale, né immorale, è una necessità implicita proprio nel processo di costruzione e dissoluzione condizionata. Ma qui sorge la domanda: chi o che cosa decide che un'atto è virtuoso o malvagio? La risposta è: i suoi frutti. Tutto ciò che porta ad una diminuzione di dukkha è virtuoso, di giovamento ai nobili; Tutto ciò che aumenta dukkha è nocivo, da evitare per i saggi. Tutto molto concreto e pragmatico.  Tutto ciò che aumenta il nostro attaccamento è kamma negativo; tutto ciò che allenta il  nostro aggrapparci alla falsa idea di un Io sostanziale è kamma positivo. Abbiamo visto come il Buddha si tenga alla larga dai due estremi dell'idea di esistenza e di non-esistenza ( eternalismo e nichilismo vengono definiti nei sutra). Come non si nasce dal nulla, nello stesso modo non si muore svanendo nel nulla. I componenti fisici e mentali semplicemente proseguono il loro continuo flusso del divenire , di trasformazione. Questo flusso in divenire è determinato ( anche) dagli atti compiuti . Il Divenire stesso è il Kamma. Una mente che muore con poco dukkha darà origine, nel processo kammico indimostrabile empiricamente, a una nuova nascita con poco dukkha. Una mente attaccata all'esistenza ( e quindi con molto dukkha) darà origine ad una nuova nascita in un tipo di esistenza più "grossolana", ricolma di attaccamento e quindi di dukkha. Si pone una "continuita" in quella che si può definire come "qualità della via". Viene definita come una legge inflessibile proprio per il carattere condizionante della produzione di kamma. Se un albero di fico darà sempre, invariabilmente, come prodotto dei fichi e non mele, pere o altro, così un'azione malvagia darà sempre, invariabilmente, come frutto ( che può maturare ora , domani o tra innumerevoli esistenze nel divenire) sofferenza e non felicità, gioia, distacco.
Proprio per questo carattere di legge rigorosamente ineluttabile è possibile, come afferma Siddhatta , trovare la possibilità di uscita da questo flusso continuo del Divenire, sentito intimamente come doloroso e insoddisfacente, e questa uscita, questo affrancamento corrisponde alla terza Nobile Verità ( la Cessazione).

Vatsiputriya - Perchè il Buddha non dichiarò che "essere vivente" è un termine convenzionale per un gruppo di elementi in costante mutamento?
Vasubandhu -  Perché il suo interlocutore non era in grado di afferrare la teoria degli elementi...Questo metodo di insegnare in conformità alle capacità mentali di chi riceve l'insegnamento può essere visto chiaramente nelle parole rivolte dal Buddha ad Ananda, dopo che il Buddha aveva risposto col silenzio a Vatsagotra e quest'ultimo si era allontanato...Questo punto è stato così spiegato da Kumaralabha:"Il Buddha voleva costruire la sua dottrina riguardante gli elementi dell'esistenza con la massima cautela, come una tigre che tiene il piccolo fra i denti ( la sua presa non è troppo forte per non fargli del male; né è troppo debole per non  farlo cadere). Il Buddha vide i mali prodotti dal dente affilato del dogmatico ( credenza nell'eternità) da una parte, e dalla caduta di ogni responsabilità per le proprie azioni dall'altra (la legge kammica diventa efficace antidoto contro questa caduta di responsabilità che la concezione dell'anatman può provocare in menti non preparate; nota del Sari...), Se l'umanità accettasse l'idea di un'anima esistente , giacerebbe colpita dall'arma affilata del dogmatismo. ma se cessasse di credere nell'esistenza di un sé condizionato, il frutto dei suoi meriti morali perirebbe!" Lo stesso autore procede così:" Poiché l'essere vivente non esiste, il Buddha non dichiarò che esso è diverso dal corpo. Nè egli dichiarò che esso non esiste, temendo che ciò venisse inteso come negazione del sé empirico".
In "L'interpretazione abhidharmika degli avyakrta" del Murti
#1552
Citazione di: Sariputra il 04 Novembre 2016, 12:22:21 PM@ Duc Sono d'accordo con molto di quello che hai scritto. Secondo te a un'entità immateriale del forum, come siamo noi, che tipo di dignità potremmo assegnarli? Io non sono Sariputra, eppure c'è Sariputra. Tu non sei Duc in Altum, eppure c'è un'entità Duc in Altum. Sgiombo sembra che fosse Sgiombo realmente ( ma questo è un altro discorso...). E' chiaro che noi non siamo al 100% Sariputra, Sgiombo, Duc,Green, Jean ecc. eppure lo siamo in un certo senso. Queste entità immateriali, virtuali, hanno una dignità o bisogna sempre pensare alla dignità di chi scrive con quel nick? Ma quello che scrive non è al 100% l'entità virtuale. Si potrebbe postulare una dignità virtuale?
#1553
@ Eutidemo
 Grazie per la puntuale risposta. :)
Quindi, se ho ben compreso, il presidente del seggio di Sotto il Monte ha commesso due errori:
- non annullare la scheda
-lasciare che la inserissi nell'urna con la mia mano.
#1554
@ Duc
Sono d'accordo con molto di quello che hai scritto.
Secondo te a  un'entità immateriale del forum, come siamo noi, che tipo di dignità potremmo assegnarli? Io non sono Sariputra, eppure c'è Sariputra. Tu non sei Duc in Altum, eppure c'è un'entità Duc in Altum. Sgiombo sembra che fosse Sgiombo realmente ( ma questo è un altro discorso...). E' chiaro che noi non siamo al 100% Sariputra, Sgiombo, Duc,Green, Jean ecc. eppure lo siamo in un certo senso. Queste entità immateriali, virtuali, hanno una dignità o bisogna sempre pensare alla dignità di chi scrive con quel nick? Ma quello che scrive non è al 100% l'entità virtuale. Si potrebbe postulare una dignità virtuale?
#1555
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
04 Novembre 2016, 10:18:22 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2016, 10:13:53 AMKarma=azione. Da come la interpreto io è una sorta di "legge naturale" che produce buoni (cattivi) effetti a chi fa buone (cattive) azioni. Bisogna quindi vederlo come una sorta di premiazione del "merito" acquisito. Chiaramente tutto funziona finché qualcuno si prende i premi e le punizioni. Altrimenti che senso ha il merito se non c'è nessuno che ne beneficia? Tuttavia il Buddha notò che per quanto possiamo aspirare non saremo mai soddisfatti finchè cerchiamo un premio. Quindi per il Buddha bisogna per così dire "andare oltre" il concetto di merito. Per farlo, visto che è una "legge naturale", non possiamo far altro che bloccare il meccanismo dalla partenza, cioè dall'assunzione fondamentale, che ci sia "il portatore del merito e delle azioni" (potremo anche dire il portatore dell'etica...), o meglio che si possa trovare nel mondo tale portatore. Riconoscendo che il portatore "non si trova" nemmeno il merito si applica più e il meccanismo si blocca. Il Karma sparisce in pratica non appena non si ragiona più in termini di "mio e io" (possesso e identità). Così almeno è la mia interpretazione...

E secondo me interpreti bene!... ;D
Al cessare dell'attaccamento all'Io-mio, cessa l'accumulo di kamma. Perché è proprio l'attaccamento all' Io-mio che genera dukkha , che genera nuovo dukkha ( nuova nascita di dukkha).

P.S. Bisogna anche dire, con onestà, che la legge del Kamma/rinascita è veramente ardua da penetrare per noi occidentali. E' sicuramente una cosa che richiede un cambio di approccio. Forse la difficoltà nasce dal fatto che per noi il tempo è lineare, mentre in Oriente è circolare? Noi vediamo sempre un inizio e una fine, mentre loro  lo vedono come un cerchio , una ruota ( il famoso "cerchio del Samsara" ??? )...
#1556
Approfitto della competenza dell'insigne Eutidemo per formulare un quesito che mi segue da quando ne combinai una delle mie in un seggio elettorale della Contea.
Molti anni fa ( sigh...) mi recai al seggio di Sotto il monte, di là della Contea, per esercitare il mio "diritto al voto". Avevo la ferma intenzione di votare scheda bianca, non trovandomi, come mi capita di solito, in accordo con i programmi di nessun partito. Giunto dinanzi al banco mi fu consegnata, come si fa , la scheda elettorale con un mozzicone di matita e mi fu indicata la "gabina" dove nascondermi.
Presi la scheda e, senza andare da nessuna parte, feci il gesto di infilarla direttamente nell'urna. Infatti trovavo palesememte assurdo dovermi recare in cabina, far finta di aver visionato la scheda, richiuderla lasciandola immacolata e poi inserirla nell'urna. Apriti cielo! Il presidente del seggio andò nel panico, mi disse che non era possibile, che non si era mai vista una cosa simile. Di fronte alla mia ferma risoluzione di non muovermi e inserire la scheda bianca nell'urna, perchè era un mio diritto votare, corse al consulto con il presidente generale, che telefonò al sindaco, al questore, all'anas, al parroco e infine a mia madre! Però non potevano impedirmi di votare e , seppur molto perplessi, furono costretti a vedermi lasciar scivolare nella scatola la scheda...
Al di là del gesto provocatorio e plateale ( tipico della giovinezza...) chiedo a Eutidemo un parere sulla vicenda. Avevo ragione io o il presidente del seggio?...
#1557
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
04 Novembre 2016, 01:37:07 AM
Ogni atto è condizionato e , a sua volta, rappresenta la condizione di qualcos'altro. E' la cosiddetta legge del Karma. Il mondo non è altro che un insieme di relazioni. Ogni essere "è" nella misura in cui è in relazione con altri esseri. La dottrina del Karma ( kamma)  viene associata a quella sulla rinascita ( non reincarnazione come giustamente fa notare Apeiron). Tralasciando il discorso sul retaggio del brahmanesimo, che precedette la comparsa del Buddhismo, si potrebbe definire, in termini quasi psicanalitici, come "le colpe dei padri ricadono sui figli". Come sofferenza e frustrazioni dei genitori creano condizioni di sofferenza nei figli, cosi' la sofferenza di un'esistenza genera nuova sofferenza. In realtà è quel flusso di sofferenza che "nasce", condizionato dall'ammasso di sofferenza che "muore". Quindi non c'è reincarnazione ( un Io che passa, trasmigra, di vita in vita) ma continuità nel fluire di dukkha.
Troviamo poi, come giustamente fa notare Phil, posizioni buddhiste  che lasciano assolutamente sullo sfondo, o non contemplano affatto. la rinascita, come il Chan cinese e gli sviluppi nipponici nello Zen ( diciamo tutto l' Insegnamento da Bodhidharma in poi). Attualmente l'enfasi sulla rinascita è molto sentita nel Vajrayana ( o buddhismo tibetano) ma non è più centrale nella filosofia e nell'Insegnamento Theravada ( basta leggere Buddhadasa o Achaan Chah per intuirlo). Personalmente penso che una certa dose di contradditorietà sia inevitabile lungo un percorso che segna 2.500 anni di storia ( e di influssi costanti con le varie culture e folklori locali...), tenendo chiaro a mente che il Dharma non è una costruzione dogmatica, anzi che rifiuta in linea di principio ogni dogmatismo.
Questo rappresenta anche una possibile fecondità di costruzione per la "zattera" che dovrebbe portarci "all'altra sponda". Perché obiettivo della pratica è far cessare la rinascita di dukkha qui e ora, e non in un'ipotetica altra vita. Il Buddha viene spesso definito come un "abile medico" ( anzi il medico supremo...). Come ogni buon medico non somministra la stessa medicina a tutti i pazienti. Nagarjuna arriva ad affermare che l'Insegnamento di Siddharta si adattava alla condizione dell'interlocutore, così che la teoria della rinascita era adatta ad un certo livello di capacità di cogliere questo Insegnamento. Impossibile, per la maggior parte delle persone, arrivare alla concezione , per es. di Shunyata...La medicina veniva somministrata in base al paziente, con abili mezzi (upaya) e sempre per trasmissione orale, viso a viso.
La trovo pure una descrizione poetica. E questo perché, sostiene il Nagarjuna ma anche altri autori, Siddharta "vedeva la radice del dolore di ognuno"...

Nel corso della sua prima visita in Inghilterra, Achaan Chah tenne discorsi a molti gruppi buddhisti. Una sera, dopo il suo discorso, una distinta signora inglese, che aveva passata molti anni a studiare la complesse cibernetica della mente secondo le ottantanove classi della coscienza nei testi di psicologia dell'Abidharma buddhista, gli chiese di spiegarle alcuni degli aspetti più difficili di questo sistema di psicologia, così da consentirle di proseguire il suo studio.
Il Dharma ci insegna a lasciar andare. Di primo acchito, però, ci viene naturale tenerci stretti ai principi del Dharma. La persona saggia prende questi principi e se ne serve come strumenti per scoprire l'essenza della nostra vita.
Rendendosi conto di come, piuttosto che beneficiare della pratica nel suo cuore, la signora fosse chiusa in concetti intellettuali, Achaan Chah le rispose in modo molto diretto: "Lei, signora, è come una persona che alleva galline in cortile", le disse, "e va in giro a raccogliere gli escrementi anziché le uova".
(A still forest pool-The insight meditation of Achaan Chah)

Ho sempre avuto l'impressione che questo spirito anarchico e dissacratorio verso il teorizzare sia un costituente autentico dell'Insegnamento. Questa necessità continua del richiamare il "fare vuoto" ( shunya) nella nostra vita. L'importanza fondamentale che l'Insegnamento venga passato da chi ne ha esperienza si evidenzia sempre. La medicina è la pratica, non il libro... :)
#1558
@ Apeiron scrive:

La tua definizione di dignità è la migliore, tuttavia secondo me si sovrebbe dire così: "ogni essere che può soffrire ha dignità". Tuttavia non è propriamente una definizione di dignità, si sta qui solo dicendo che si "possiede dignità". Non si può definire a mio giudizio la dignità perchè l'etica deve essere "assoluta".

Sono d'accordo, è un possedere dignità perché ci accomuna una stessa sorte, una sofferenza che ci lega, per così dire. Non è propriamente una definizione, ma forse una "qualità" della dignità e questa qualità ci deve responsabilizzare verso l'altrui soffrire. L'introduzione di questa qualità mi sembra possa superare la barriera del considerare la dignità qualcosa che spetta solo a noi, come esseri umani.
Sono anche d'accordo sul fatto che, quanto più un lavoro o un impegno ti "realizza" ( non mi piace molto il termine...direi "ti fa sentire meno insoddisfacente la vita") tanto più la tua vita sembra nobilitarsi ( o acquistare più dignità). In questo caso però è la vita che meni che diventa il soggetto e non la persona, a cui spetta la dignità indipendentemente dalla vita stessa che mena. La vita può essere più o meno dignitosa, non la persona.
#1559
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
03 Novembre 2016, 16:18:59 PM
@ Phil

I testi buddhisti , come sai, non sono da intendere come testi ispirati ( tipo Bibbia, Corano, ecc.). Sono stati redatti centinaia di anni dopo la scomparsa del Buddha, quando la comunità monastica era già strutturata e viveva dell'elemosina dei devoti laici ( che in cambio ricevevano insegnamenti , alla loro portata, prettamente morali, in cui la virtù era fondamento per una rinascita migliore). Lo scopo dei sutra , tramandati mnemonicamente per secoli, era piuttosto "pratico": indurre stati di concentrazione e assorbimento meditativo.
Se è difficilissimo, per es., stabilire fino a dove arriva la predicazione effettiva di Yeoshwa e dove inizia  la compilazione posteriore degli autori evangelici, nel caso dei testi buddhisti è praticamente impossibile.  Per questo l'autorevolezza dei maestri , dei venerandi, diventa così importante per tentare di districarsi tra ciò che è Dhamma e ciò che è costruzione religiosa, popolare e storica, posteriore.
Comunque il buddhismo ha sempre negato la reincarnazione dell'Io. Ciò che non nasce, non muore. Ma concependo la vita come un processo ininterrotto di trasformazione , soggetto a condizioni appropriate, non ritiene la morte come un nulla in cui si piomba ( chi piomba?...)ma piuttosto, parlando di un processo in divenire, come "il contenuto della coscienza che muore determina l'insorgere della coscienza che nasce" ( muore e nasce s'intende come termini convenzionali, in quanto non vi è un nascere e un morire della coscienza, ma un trasformarsi...).
A proposito di "venerandi", sto cercando un testo che mi aiuti a spiegare meglio cosa il buddhismo intenda veramente con reincarnazione. E' difficile da scovare...la biblioteca di Villa Sariputra è immensa... ;D  ;D ;D

P.S. Lo so che "il contenuto che muore determina...ecc." non se pò sentì' ma è un maldestro tentativo di spiegare questa "corrente" che attraversa l'esistenza, impersonale,impermanente, fatta di  attaccamento, sete di vivere( tanha). Da qui in poi...si fantastica...
Comunque è vero che la fede nella reincarnazione pervade da sempre l'intera cultura del sub-continente indiano. Ogni sistema filosofico e religioso la elabora e la interpreta. E' un dato antropologico direi .Come per noi l'inossidabile certezza dell'Identità personale...
Credo che il loro dare per scontato il karma con conseguente processo di reincarnazione derivi da antichissime capacità e possibilità psichiche, di sperimentare stati altri di coscienza, in parte perdute con l'avvento di Kali-yuga...il ricordarsi altre esistenze era un fenomeno assai comune a quanto si racconta nei poemi indiani...cos'è realmente questo "ricordarsi" è indimostrabile...

 Il buddhismo è una dottrina di vita che ha cercato di farsi religione per potersi esprimere. (Whitehead)
#1560
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
03 Novembre 2016, 15:36:59 PM
@bluemax

Hai tutti i diritti ovviamente. Volevo solo indicare il rischio che un approccio scientifico, che vuole dare dimostrazione empririca della verità, o supposta tale, di un insegnamento essenzialmente spirituale comporta. Ossia quello di allontanarsi di molto dallo scopo dell'Insegnamento stesso. Bisogna pure notare che , questi scienziati e psicologi che si interessano di buddhismo, non lo praticano. Cercano conferme a delle idee che estrapolano dai testi, non assumono l'insegnamento come pratica della loro esistenza. Ossia osservano dal di fuori la medicina prescritta dal medico...ma non la prendono! ;D
La reincarnazione, comunque, è più un concetto vedico e upanishadico. Nel buddhismo non è essenziale all'insegnamento. Ossia, ci si può anche non credere ed essere perfettamente "buddhisti". Essendo indimostrabile non può che dare il via ad ogni sorta di speculazioni e di dogmatismi. Non essendoci una "persona" che passa di esistenza in esistenza, non può esserci soggetto che lo può esperire.Quando iniziamo a fantasticare su cosa passa di esistenza in esistenza...si scatena la fantasia purtroppo... :)