Citazione di: Sariputra il 18 Dicembre 2018, 21:28:44 PML'aporia a cui accennavo, quella fra l'aspetto sociale e quello individuale del buddismo, è proprio il contrasto fra l'esigenza (e l'urgenza) di un'etica pre-illuminazione e lo svanire dell'etica nell'illuminazione (lasciando posto ad una benevola spontaneità "impersonale"). Se la pratica è fondamentale per raggiungere la consapevolezza adeguata (che ci renda compassionevoli), è anche vero che tale pratica sarà guidata da precetti e concetti (come tutti quelli che hai giustamente citato: sila, 4 stati mentali salutari, etc.) che rendono l'etica buddista un'altra etica «all'occidentale» (@Ipazia, ovviamente generalizzo per continenti), con regole e norme da seguire perché orientate al bene (che in questo caso è l'illuminazione che interiorizza tali norme al punto di renderle "istintive").
La mente non s' impone di provare compassione ( per seguire un precetto buddhista...), è la sua natura il provarlo quando è libera dalle radici nocive presenti in essa. Si parla infatti, in questo caso, di una mente praticante che "segue la legge della propria specie" [...]
con la pratica, diventa spontaneo. La presenza mentale è fondamentale. Non esiste seria pratica buddhista che possa fare a meno della coltivazione costante di essa. Non si può comprendere il Buddhismo leggendo solo i discorsi o i commentari filosofici. Questi vengono SEMPRE dopo la pratica. [...]
"Raggiungere intenzionalmente l'assenza di intenzioni, ecco la giusta via". Questa affermazione è anche un famoso detto in Pali: Sasankharena asankharikam pattabbam, ossia "La spontaneità può essere ottenuta tramite uno sforzo intenzionale premeditato". La spontaneità della pennellata dell'artista arriva sempre dopo, molto dopo, l'intenzione di imparare a dipingere...![]()
Se la via per l'illuminazione è lastricata di buone intenzioni, di regole e concetti canonizzati, di fatto è questa l'etica che viene generalmente praticata (fra una sesshin e l'altra), e non accade per spontaneità, ma per applicazione e studio di un culto (che è il mio preferito, a scanso di equivoci
). Se mi metto d'impegno ad imparare a dipingere, «dopo, molto dopo» (quasi tardi?) nella peggiore delle ipotesi, smetterò per insoddisfazione dei risultati o per eventi avversi; nella migliore delle ipotesi, acquisirò una pennellata spontanea... perché tale pennellata era da sempre "in me" (buona natura innata) o perché l'ho "costruita" io ("educazione" alla benevolenza)?
D'altronde, se invece mi metto d'impegno e d'intenzione a dare attente martellate al marmo, non potrò diventare pittore, semmai diverrò "spontaneo" scultore...
Secondo me, l'intenzione e l'applicazione plasmano più di quanto rivelino (pur partendo da una base minimamente compatibile).
P.s.
Prendendo per le corna il toro, anzi il bue (quello della parabola): i praticanti dell'etica buddista, la praticano in quanto etica indotta da cultura, lettura, etc. (il che non è un peccato) o in quanto spontaneo risultato dell'illuminazione?
Quando mi riferivo all'aporia del «proporsi in chiave etica ai popoli della terra» mi riferivo a questo; per pochi (quasi nessuno?) e non per tutti
P.p.s.
Sul non-attaccamento come indifferenza alla mondanità e alla socialità (e al prossimo, anche se suona male
), forse sono eloquenti le scelte di alcuni maestri (illuminati?) di ritrarsi in solitudine, prendendo rifugio nella solitudine dei boschi più che nello sangha. Sempre che non si tratti di leggende, non sono molto informato in merito.Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 10:01:16 AMSe parliamo di etica, l'aggettivo «realistico» mi pare in netto fuorigioco; se parliamo di quale dei due approcci sia più facilmente comprensibile e coerentemente praticabile dalle masse, l'evangelismo è in esiguo vantaggio (più semplice, leggermente meno incompatibile con inevitabili "inciuci" economico-politici della vita laica); se poi devo dirti a quale mi sento personalmente ed esistenzialmente più vicino, propendo per il personaggio che ha in croce solo le gambe sul grembo e dal sorriso enigmatico e insondabile tipo Gioconda
Mi pare che la posizione buddista descritta da Sari sia più realistica di quella evangelica che, anche in occidente, appartiene più alla teoria che alla prassi.

).
Il che, per dei supposti automi, è semplicemente fantastico