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Messaggi - Sariputra

#1561
Citazione di: Voltaire il 03 Novembre 2016, 13:57:06 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2016, 11:02:51 AMOgni volta che qualcuno definisce la dignità umana mi fa paura. Il motivo è semplice: se uno definisce la dignità umana si identifica con tale definizione. Ora: tu dici che uno che "non fa nulla" non è "degno". Ora molti imprenditori sono d'accordo con te e quello che avviene è che questa idea "di dignità" è talmente fissata nella loro mente che ha portato a molti suicidi per "mancanza di lavoro". Il lavoro è dunque una cosa esterna all'uomo: vuoi davvero dire che l'uomo è degno finchè tale contingenza gli è possibile? Parliamoci ora chiaro: cosa intendi tu per "lavoro"? E perchè credi che tale "lavoro" renda degno qualcuno? Pensa di avere un eremita che "non fa nulla" per lo Stato e un lavoratore: ti basta questo per dire che uno è migliore dell'altro? Per esperienza personale sinceramente non mi pare che "il lavoro nobiliti automaticamente l'uomo" (sinceramente mi pare che sia la coscienza morale che nobiliti l'uomo che può esservi anche in assenza di lavoro). Inoltre credi veramente che il lavoro è più importante della vita, della liberazione dalla sofferenza, delle relazioni umane, dell'educazione, dell'arte, della bellezza della scienza?
Per lavoro intendo generalmente: "L'impiego di un energia per raggiungere uno scopo" Secondo questa definizione però anche un mendicante che impiega le sue giornate nel raccattare soldi ha una dignità che è dovuta al suo lavoro di raccattare soldi per vivere. E, nel caso si renda conto di avere del valore in sé, certamente il mendicante avrà una dignità formata da questa considerazione; ma questa dignità così formata sarà una dignità potenziale che potrà esplicitarsi solo attraverso il lavoro. La dignità di un uomo è data dalla dignità della vita che conduce. Un uomo che sopravvive alla vita non ha dignità. Il lavoro ha questa funzione per quanto riguarda la dignità umana: Esplicita la propria dignità potenziale commutandola in dignità di vita

Non penso che i minatori peruviani sarebbero molto d'accordo che il lavoro nobilita l'uomo...visto come li riduce...( mi sa che è uno slogan molto utile per sfruttare una moltitudine di poveracci in qualsiasi modo carico di sofferenza...)
Se la dignità sta nel "fare"  ( fare è un concetto assai vago...si possono fare molte cose pur senza "lavorare", almeno nella comune definizione che si da del lavoro) automaticamente esclude dalla dignità tutto ciò che non può lavorare ( o fare nel senso di lavorare). E visto che l'intero mondo animale e vegetale non lavora ( nella accezione comunemente data del termine) è automaticamente escluso da qualsiasi dignità. Lo stesso si dovrebbe dire per tutte quelle persone che non possono/devono lavorare per ovvi motivi di salute. Anche questi si pongono come soggetti di fronte all'oggetto ( chi ha la consapevolezza di essere un soggetto s'intende...) ma non producono nulla, non "lavorano" per la trasformazione dell'oggetto. Chi tipo di dignità spetterebbe a questi ?...
definizione di dignità:
Con il termine dignità, ci si riferisce al valore intrinseco dell'esistenza umana che ogni uomo, in quanto persona, è consapevole di rappresentare nei propri principi morali, nella necessità di liberamente mantenerli per sé stesso e per gli altri e di tutelarli nei confronti di chi non li rispetta.
Dignità e umanità sono quindi termini sovrapponibili collegate alla libertà dell'individuo di potersi esprimere senza vincoli di sorta.
La dignità è quindi un concetto che rinvia all'idea che «quelque chose est dû à l'être humain du fait qu'il est humain» (essa sia qualcosa che è dovuta all'essere umano per il semplice fatto che egli è umano) ..
Io aggiungo che la dignità non spetta solo all'essere umano ma a qualunque essere senziente che soffre, e la dignità è data dal comune soffrire.
#1562
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 11:57:39 AM
Citazione di: Sariputra il 03 Novembre 2016, 11:41:22 AMGreen sei troppo idealista e non vedi il cul de sac a cui porta un'intransigente applicazione ( fondamentalista ?... ;D) di questa idea del reale. Capisco lo spirito polemico a tutti i costi, che a volte può nascondere l'inconscio desiderio di scandalizzare, ma definire che il soggetto ha valore solo posto di fronte ad un oggetto , a parte che è un assunzione di principio arbitraria, è tipicamente idealista e quindi rientra nella categoria dei semplici punti di vista ( come quello cattolico, o religioso che mi par di capire disprezzi profondamente...). Ma il fatto che la coscienza naturale umana lavori ( in qualunque parte del mondo e in qualunque tempo, anche fuori da qualunque influsso cristiano) per cercar di sollevare l'uomo e di proteggere il "debole", che io vedo come condizione specifica non solo dell'uomo ma dell'intera natura, non mi sembra corroborare affatto la tua interpretazione che si basa su presupposti esclusivamente intellettuali ( da buon idealista s'intende...che mette il pensiero in posizione superiore alla realtà, che osserva il reale da una posizione di superiorità ...dogma parmenideo?)...
Sì sono idealista, nel senso che vivo nel reale. L'intransigenza di cui parli, e che io sottostimerei, dimostra che non hai inteso affatto quello che vado dicendo. L'intransigenza è l'effetto psicologico ingenerato dalla gerarchia, e infatti la gente si suicida.(arriva al punto di) Soggetto deriva dal latino sub-obietctum ovvero ciò che sta SOTTO l'oggetto. (è proprio una questione strutturale all'uomo). Sulle incredibili affermazioni che l'uomo aiuti il più debole....sono esterefatto, pensavo di parlare con una persona matura, ma evidentemente qui mostri una semplicità tipica del giovane. In che senso la guerra aiuterebbe il più debole? in che senso l'omicidio aiuterebbe il più debole? Sul carattere scandaloso, come necessita psichica, potrebbe anche essere, ma la filosofia genera a mio parere rivoluzione, come dice Calciolari, necessità di guerra intellettuale. (posso condividere la critica alla forma, ma non alla sostanza, cioè). ps- qui la questione religiosa è da me relegata per scelta. da poco frequento la sezione religioni, ci si vede là per ulteriori approfondimenti, non ce l'ho col cristianesimo, se non nelle sua evoluzione culturale, a contatto col reale.

Che vivi il reale da una posizione ideale direi...
La gente si suicida perché deve conformarsi all'ideale...
Se tu non aiuti il debole sono scelte tue. Non puoi assolutizzare questa posizione. Io tento sempre di aiutare il debole. Io sono un debole.
Non ho mai detto che la guerra aiuta il debole. La guerra uccide il debole. La guerra è contro il debole.
La maturità è una condizione soggettiva...come la presunzione d'altronde.
La rivoluzione non ha bisogno del carattere forzatamente scandalizzante. Io non mi scandalizzo ormai più...purtroppo direi.
La reazione indica sempre qualcosa di più profondo dell'idea...
#1563
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 11:21:25 AM
Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2016, 11:02:51 AMOgni volta che qualcuno definisce la dignità umana mi fa paura. Il motivo è semplice: se uno definisce la dignità umana si identifica con tale definizione. Ora: tu dici che uno che "non fa nulla" non è "degno". Ora molti imprenditori sono d'accordo con te e quello che avviene è che questa idea "di dignità" è talmente fissata nella loro mente che ha portato a molti suicidi per "mancanza di lavoro". Il lavoro è dunque una cosa esterna all'uomo: vuoi davvero dire che l'uomo è degno finchè tale contingenza gli è possibile? Parliamoci ora chiaro: cosa intendi tu per "lavoro"? E perchè credi che tale "lavoro" renda degno qualcuno? Pensa di avere un eremita che "non fa nulla" per lo Stato e un lavoratore: ti basta questo per dire che uno è migliore dell'altro? Per esperienza personale sinceramente non mi pare che "il lavoro nobiliti automaticamente l'uomo" (sinceramente mi pare che sia la coscienza morale che nobiliti l'uomo che può esservi anche in assenza di lavoro). Inoltre credi veramente che il lavoro è più importante della vita, della liberazione dalla sofferenza, delle relazioni umane, dell'educazione, dell'arte, della bellezza della scienza? Per quanto riguarda poi Hegel (e direi anche tutti i filosofi "colletivisti", Marx compreso...) secondo me è il tipico esempio di "filosofo dittatoriale" in quanto egli dice che lo Stato è prima del popolo. Certamente utopicamente si potrebbe stare "felici" in uno stato simile, tuttavia sei davvero pronto a identificarti con la tua capacità di lavorare?
Capisco che tu rinneghi la verità, ma il soggetto si dà solo davanti ad un oggetto, perciò non può esistere un essere umano che non incida sul reale, pena l'infelicità (fino ai suicidi di cui parli) o la follia. Poichè si da solo come manipolazione dell'oggetto (Severino) egli si dò come storia della tecnica (heideger etc..). La storia della tecnica porta alla gerarchia (nietzche, hegel, heideger, marx) e cioè allo stato. Nel caso di Hegel e Marx si tratta dunque di una lotta all'interno dello stato, specificato socialmente con la filosofia politica della lotta di classe (per il lavoro). o con la filosofia nazionalista, per i pensatori di destra. Si tratta di reazioni al diritto positivo. Ricodiamoci che anche fare filosofia è un lavoro.

Green sei troppo idealista e non vedi il cul de sac a cui porta un'intransigente applicazione ( fondamentalista ?... ;D) di questa idea del reale. Capisco lo spirito polemico a tutti i costi, che a volte può nascondere l'inconscio desiderio di scandalizzare, ma definire che il soggetto ha valore solo posto di fronte ad un oggetto , a parte che è un assunzione di principio arbitraria, è tipicamente idealista  e quindi rientra nella categoria dei semplici punti di vista ( come quello cattolico, o religioso che mi par di capire disprezzi profondamente...). Ma il fatto che la coscienza naturale umana lavori ( in qualunque parte del mondo e in qualunque tempo, anche fuori da qualunque influsso cristiano) per cercar di sollevare l'uomo e di proteggere il "debole", che io vedo come condizione specifica non solo dell'uomo ma dell'intera natura, non mi sembra corroborare affatto la tua interpretazione che si basa su presupposti esclusivamente intellettuali ( da buon idealista s'intende...che mette il pensiero in posizione superiore alla realtà, che osserva il reale da una posizione di superiorità ...dogma parmenideo?)...
#1564
Citazione di: Voltaire il 03 Novembre 2016, 08:00:09 AMGuarda che dipingere o scrivere poesie é un lavoro, se non il piú nobile. Poi io non parlo di ció che "anagraficamente" ti rende uomo, ma di ció che ti da dignitá. Una persona che non "produce" niente non ha dignitá

Dipingere  e poetare sarà anche nobile, ma se non ti pagano non si può certo definire un lavoro.
Quindi, seguendo la definizione che dai di dignità, un cerebroleso, un gravemente handicappato, un vecchio demente, non hanno alcuna dignità?
Per caso sei originario delle parti di Sparta?...
#1565
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
02 Novembre 2016, 23:52:04 PM
Citazione di: green demetr il 02 Novembre 2016, 22:37:01 PM
Citazione di: bluemax il 02 Novembre 2016, 15:07:45 PMSpero sia la sezione giusta, ma sopratutto spero in qualche risposta... Studiando buddismo tibetano, abbiamo finalmente affrontato il concetto di Karma. Ossia ogni cosa nell'universo, sia esso pensiero, parola, azione generano delle conseguenze (a seconda delle condizioni) ed è PERSONALE. Da notare che quando parliamo di condizioni, ci riferiamo spesso ad altre SITUAZIONI AMBIENTALI (se vogliamo karma) spesso create da altre persone. Abbiamo poi affrontato il concetto di Karma positivo e karma negativo e quindi il concetto di "raccolto" in base alla "semina" (passatemi questa metafora). Quindi abbiamo discusso le tematiche secondo le quali si potrebbe "purificare" il karma."
Provo a risponderti anche io, la legge karmica, è di origine indiana, non tibetana. Tu dimentichi una piccola cosa, che questa legge, non è una legge della natura, ma è una legge di DIO. (Un DIO in termini occidentali non MONOTEISTA, bensì cosmogonico, pluralista.) Ossia più ti allontani dalla legge dei VEDA, più la colpa ricade su di te. Faccio un esempio, non rispetti il madre e la madre? diventi un animale dopo. Idem per il buddhismo, che benchè sia una eresia per l'induismo, rimane il punto che nasce in quella congerie culturale, ed implicitamente od esplicitamente si rifà a quei costumi. Sulle considerazioni dello western buddism (che stai leggendo? sulla strada di kerouac, o l'arte di aggiustare una motocicletta zen?) rimando al Sari.

"Congerie" è una definizione piuttosto dispregiativa:
 Mucchio, ammasso confuso di cose, anche non materiali: congerie di oggetti disparati; una congerie di nozioni mal digerite.
Mi sembra di intuire un disprezzo, forse del risentimento, un'infelice esperienza dietro all'uso di questo termine...ma ovviamente sono affari tuoi... :)
Sul western buddhism mi sa che dovrò fare un topic apposta, un giorno di questi. Hai presente monaci con gli spinotti attaccati in testa per visualizzare l'effetto degli stati meditativi? Ecco, quello è una roba da W.B.... :'(
#1566
Citazione di: Voltaire il 02 Novembre 2016, 23:02:41 PMSpero di non aver sbagliato sezione. Due settimane fa ho assistito ad una conferenza sul COEMM (Comitato Organizzativo Etico Mondo Migliore) tenuta da Maurizio Sarlo e qualche suo altro collaboratore. Potete trovare diversi video-conferenza tenuti sempre da lui, ma ne sconsiglio la visione perché: 1)Sono lunghe conferenze 2)Il contenuto è confusionario e vago Però, siccome non ho voglia di riassumervi il contenuto di tutta la conferenza che ho ascoltato, do per scontato che sappiate di cosa parlo (quando entrerò nel dettaglio però metterò in luce i vari contenuti specifici). A prescindere dall'eventuale truffa/mancate informazioni sul quid credo che il COEMM e il CLEMM (Comitato Locale Etico Mondo Migliore) sbaglino il principio cardine della loro "ideologia".Questo poiché come dice Sarlo: "E' necessario che uno stato si fondi sui diritti umani prima che sul lavoro" loro reputano, criticando l'articolo 1° della costituzione Italiana, che uno stato non debba fondarsi sul lavoro ma sui diritti umani (diritto alla vita, educazione ecc). Questo secondo me è sbagliato perché è attraverso il lavoro che l'essere umano si esplica, acquista dignità, diventa essere umano (riprendendo anche Hegel) Provate a pensarci: Potete dire che un nullafacente abbia una dignità?Uno che sta tutto il giorno a far niente? Potete dire che un uomo in miseria, che vive sotto i ponti facendo la carità sia veramente un uomo?Dov'è la sua umanità?Cosa lo rende uomo? La specie?Sono i suoi diritti umani a renderlo tale? Io credo di no

Allora, amico mio, sperando che tu stia scherzando ( ma se sei veneto potresti anche non scherzare affatto...) io sono il prototipo esatto dell'essere umano privo di dignità. Non ho alcuna dignità perché:
1-Sono nullafacente ( mi diletto ignobilmente di pittura e poesia sotto il pergolato di Villa Sariputra con accanto un buon bicchiere di quel bon...
2-Non sono veramente un uomo in quanto, essendo privo di un lavoro, rischio di cadere in miseria ( quasi in miseria significa quasi un uomo?  ??? )
3-Non riesco a vedere la mia umanità. Infatti al pomeriggio vago per la campagna chiedendo: "Dove sei o mia umanità?, "Avete per caso visto la mia umanità?"
4-Di solito, quando una leggiadra fanciulla visita Villa Sariputra, o mi si para innanzi per la strada , constato che , da qualche parte, c'è qualcosa che mi fa ritenere, approssimativamente, di essere della specie uomo. sottospecie "erectus".
5-Più che i diritti umani quello che mi fa specie è che , al mattino, guardandomi le occhiaie allo specchio, borbotto tra me  e me: "Io...chi sono?". Ovviamente, da domani mattina, con tutti i dubbi che mi hai fatto venire dirò:" Io...sono veramente un uomo?"... :( :o

P.S. Sono tentato di far fare alla costituzione la stessa fine del Machiavelli... 8)
#1567
Tematiche Spirituali / Re:Il 2 novembre
02 Novembre 2016, 17:23:47 PM
Citazione di: jsebastianB il 02 Novembre 2016, 17:06:30 PM
Citazione di: paul11 il 31 Ottobre 2016, 20:07:10 PMpenso anche che sia eccessiva e a volte fobico il culto verso il morto; come gli altarini nelle camere da letto che si usavano una volta. Le spiritualitù e religioni "serie" sono contro le icone divine,sono contro la materialità divinatoria,
Eppure proprio il cristianesimo poggia il culto sulla morte ( del crocefisso )- Anzi è stato il primo tassello.. della futura religione. --------------------------------- Tu scrivi: Le spiritualitù e religioni "serie" sono contro le icone divine,sono contro la materialità divinatoria, perchè è lo spirito che conta . Allora proprio il cristianesimo dovrebbe, in primis, ottemperare a quel Decalogo ( divino !?! ) - ampiamente disatteso - che assolutamente Proibiva qualsiasi raffigurazione, essendo offensiva nei confronti del dioYahwè (mono-teista). ( Non ti dice nulla quel - vano/inutile - tentativo ( dell' VIII secolo ) del cristianesimo d' Oriente relativa all' iconoclastia ? E perchè mai i monaci bizantini ( i produttori delle icone ! ) si scagliarono, con estrema violenza, contro il potere imperiale - per quel "mancato" quanto lucroso ?? E perchè mai proprio il concilio di Hieria ( anno 754 ), quello che sanciva l' assoluta proibizione del culto delle immagini, fu dichiarato NULLO - dal successivo e definitivo ( solo per gli Ortodossi ! ) Nicea ( anno 787 ) ??? E dunque come si potrebbe mai criticare l' ingenuita' della vecchietta - nel suo candido quanto sincero e non smaliziato comportamento - nell' erigersi l' altarino nella sua stanzetta.. ? Quando invece l' esempio ( della corruzione dottrinaria ) vien dall' alto ?!?!?!

jsebastianB...sei un pozzo di conoscenza e citazioni. Ti stimo fratello... ;D ;D ;D ;D
#1568
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
02 Novembre 2016, 17:09:52 PM
@ bluemax
Lascio da parte il discorso relativo alla meccanica quantistica. In quanto il Dharma non è una scienza empirica. Il Dharma è spiritualità, sono domini diversi. Che poi in Occidente si continui a parlare dalla supposta "scientificità" del buddhismo, io lo imputo a quella deriva , più volte ormai da me sottolineata, che fa capo al Western Buddhism, per cui si vorrebbe dimostrare empiricamente la verità dell'Insegnamento. Idiozie...
La scientificità sta al Dharma come sta all'insegnamento di Yeoshwa o di Muhamad. I "frutti" della medicina si assaporano nella vita e non si possono dimostrare. Si devono vivere.
Perché un punto possa essere definito un "fondamento" del Buddhismo deve rispondere a due requisiti: 
1-Tendere all'estinzione di dukkha ( dolore, sofferenza, stato insoddisfacente).
2-possedere una coerenza interna sperimentabile direttamente, senza dover ricorrere alla fede in un'altra persona.
Sono requisiti imprescindibili. Siddharta si rifiutò di occuparsi di tutto ciò che non conduce all'estinzione di dukkha, senza prenderlo neppure in considerazione. Nel caso del karma, o della rinascita dopo la morte, che cosa rinasce? In che modo? Qual'è la sua "eredità karmica" ? Sono problematiche che non conducono all'estinzione di dukkha e , in quanto tali, non appartengono  e non hanno il minimo rapporto con l'Insegnamento. Non fanno parte della pratica buddhista. Inoltre, quelli che pongono tali domande dovranno credere indiscriminatamente in qualsiasi risposta anche se ad essa non si accompagna nessuna prova. L'interrogante non ha modo di verificare personalmente, ed è quindi costretto a credere ciecamente alle parole altrui. A poco a poco l'argomento si allontana dal Dhamma e si trasforma in qualcosa di completamente diverso, estraneo al problema dell'estinzione di dukkha ( un bel mandala per esempio... ;D).
Invece di porci domande del genere dovremmo chiederci:" E' reale dukkha?", "C'è modo di estinguerlo?". A queste domande il Buddha ha risposto. Chi ascolta è in grado di riconoscere la veridicità di ogni sua parola senza dover ricorrere alla fede, approfondendole con sempre maggior chiarezza, fino a comprenderle da sé.
La comprensione che estingue dukkha è la comprensione da cercare.
In questa comprensione si vede la natura impermanente dell'Io, senza dubbi di sorta. Non c'è alcun Io e niente che gli appartenga. C'è semplicemente il senso dell'Io-mio, prodotto dalla natura dell'esperienza sensoriale. Non essendo nato "nessuno", nessuno morirà o rinascerà. Ecco come tutta la problematica della rinascita si rivela priva di senso, estranea al Buddhismo.
L'Insegnamento ci comunica che non esiste alcuna persona, alcun sé. Il sé è semplicemente un'errata interpretazione della mente ignorante ( che ignora). Esistono soltanto processi naturali, fisici e mentali.
La rimozione dell'ignoranza produce la consapevolezza e la saggezza (satipanna), la chiara visione dell'assenza di ogni Io-mio.
Ne consegue che non può appartenere al Buddhismo ciò che postula la rinascita dell'Io.
L'Io-mio è il punto fondamentale del Dharma, l'unico suo aspetto che deve essere purificato da ogni dottrina estranea ( e la tradizione tibetana lamaista è pesantemente carica di tradizioni non-buddhiste...). Su questo si colloca la comprensione e la pratica di tutti gli insegnamenti del Shakyamuni. Bisogna perciò fare la massima attenzione a ciò che si studia ... ;)
#1569
Tematiche Filosofiche / Re:Il saggio rabbino
02 Novembre 2016, 15:11:09 PM
A me sembra che Panikkar ricordi il passo della Bibbia con re Salomone per dirci che le fondamentali differenze esistenti tra una posizione ( religiosa, filosofica e umana irriducibili) e un'altra possano essere trascese in nome di un comune sentire . Qui sicuramente parla in veste di sacerdote e teologo, mentre, filosoficamente esprime questa concezione con l'immagine del cerchio senza un centro. All'interno di questo cerchio , il raggio e la circonferenza si appartengono, pur essendo incommensurabili. SE, per es. Salomone si trovasse a decidere su chi ha ragione tra cristiani e musulmani,o tra idealisti e materialisti, quale spada potrebbe usare se non pervenire alla risposta data dal saggio rabbino:"Avete ragione! Avete ragione! (entrambi) ? Panikkar sembra intendere che ambedue hanno la loro ragione, ragione che non può porsi al centro del cerchio, ragione irriducibile all'altra:

Io sostengo che la situazione attuale richieda che ciascuno di noi possa dire:" Non ti capisco molto bene, penso perfino che ti sbagli, ma il fatto che ti sbagli non mi dice granché sul mio essere nel giusto, o sul fatto che forse anch'io mi sbagli".

Personalmente la intendo come una posizione di relatività realistica, ma Panikkar invece la vede come un pluralismo, costituente, attore, dello svolgersi del reale.
Per Panikkar la verità pluralistica può essere spiegata affermando che nella sua natura è insita la polarità. Qualsiasi teoria filosofica della verità possiamo abbracciare una cosa rimane comune a tutte: La verità è sempre una relazione( soggetto-oggetto, soggetto-predicato, conoscente-conosciuto, utilizzatore-utilizzato,ecc,). Uno dei termini, espliciti o impliciti di questa relazione siamo noi. Per Panikkar "noi" siamo coinvolti nell'impresa :

Anche se parliamo della verità metafisica dell'Essere o della verità teologica della stessa divinità, noi umani non possiamo venir messi del tutto tra parentesi.

 La verità per il filosofo contiene sempre un elemento di soggettività, noi siamo cioè partecipi dell'affermazione della cosa che chiamiamo "verità". La verità è una relazione che fa riferimento a noi uomini. Ma , aggiungo io, le "verità" dell'uomo sono anche ingannevoli, se fondate su presupposti ingannevoli. I raggi e la circonferenza, incommensurabili,  ingannevoli polarità di una realtà costituita da poli ingannevoli. Salomone può decidere saggiamente perché conosce la verità non ingannevole di un polo ( l'amore materno). Sul piano delle idee la faccenda pare complicarsi...
#1570
Tematiche Filosofiche / Re:Il saggio rabbino
02 Novembre 2016, 08:52:18 AM
@ acquario69

La famosa storia del re Salomone che citi e che è riportata anche nell'articolo sembra un pò diversa da quella del rabbino. Due donne si presentano davanti al re per chiedere che decida a chi deve andare il bimbo che ambedue rivendicano come proprio. Non esiste alcuna prova per decidere quale delle due sia la vera madre. Salomone si fa portare una spada e afferma che taglierà in due pezzi il bimbo, così che ognuna delle due ne possa avere una parte uguale. Al che la vera madre , piangendo, supplica il re di dare all'altra donna il figlio. Per amore non vuole vederlo morire. Il rabbino invece non decide, o meglio...accetta le ragioni di ambedue le fazioni. Qui , a mio parere, Panikkar vuole far fare un passo verso l'accettazione delle diverse prospettive come vere entrambe, ma vere in senso relativo alla prospettiva stessa. Per accettare che la verità sia un pluralismo però sembra inevitabile accettare anche la relatività del male (punto 5), non lo assolutizza né lo elimina. E' evidente che , le diverse prospettive, se non ricondotte ad unità, generano sempre una certa dose di contrapposizione (...la polemica e le contese ricominciarono daccapo), ma Panikkar sembra vederle come necessarie al pluralismo stesso della realtà. Non c'è pretesa di ricondurle ad unicità, al famoso Uno. Anzi, in modo più radicale, vedendo che la realtà è costituita proprio da infinite prospettive diverse, ne afferma la necessità come co-autrici, co-attori della realtà stessa. Se Salomone non avesse deciso di impugnare la spada , anzi avesse dato ragione ad entrambe le donne, che cosa sarebbe successo? Inevitabilmente il conflitto tra le due donne.
Però una delle due donne era palesemente in torto, in quanto mentiva sulla propria maternità. Ma due posizioni religiose o filosofiche, intimamente coerenti al linguaggio che le ha partorite, che non rivendicano la proprietà di un altra posizione ( il bambino conteso tra le due donne...) ma la proprio verità stessa, come possono essere ricondotte ad unità? E' chiaro che, alla fine, l'uomo ricorre storicamente alla violenza e alla forza per stabilire la superiorità di una posizione rispetto all'altra. Come se Salomone dicesse alle donne: "Ecco la spada, vedetevela fra di voi, chi vince è la vera madre del bimbo!" ( che poi, per dirimere le contese, è la soluzione adottata da molte società e popoli antichi, in ragione dell'ipotetica forza e verità data dal sacro, dal divino; non è importante chi sia realmente la madre , la "vera" madre è quella stabilita da Dio...la volontà divina prende forma con l'applicazione della violenza e della forza).
#1571
Tematiche Filosofiche / Re:Il saggio rabbino
02 Novembre 2016, 00:12:35 AM
@ Phil scrive:
Sottolinerei che il rabbino vede anche la "completezza relativa" dell'obiezione della commissione degli anziani (a cui dà la stessa risposta) e, tappa cruciale, dovrebbe anche vedere la "completezza relativa" della sua stessa posizione sul contenzioso (altrimenti non è pluralista fino in fondo  ).


Quindi, se intendo bene, il rabbino, alla sera, dopo aver letto un brano del Talmud , ripensando alle tre risposte date, dovrebbe dire a se stesso: "Ho ragione! Ho ragione!"
Panikkar non ne parla, non so se lo riteneva implicito, ma concordo con te. Troviamo pure la "quarta " posizione. Anche questa dispone di una "completezza" ( o verità) relativa".
Secondo Panikkar la pluralità non è ancora pluralismo perché è una nozione quantitativa , che significa riconoscimento di modi, colori, umori differenti. Ma il pluralismo non è nemmeno pluriformità che è una nozione qualitativa, che riconosce cioè non solo le differenze ma anche la varietà. Il pluralismo muove un altro passo, ha cioè a che fare con la diversità radicale.
Dice il filosofo:
Il pluralismo della verità ci apre gli occhi, in primo luogo, sulla contingenza: io non ho una visuale di 360 gradi; nessuno ce l'ha. In secondo luogo, e questa è la nozione più audace, la verità è pluralistica perché la realtà stessa è pluralistica, non essendo un'entità oggettivabile. Non siamo semplicemente spettatori del Reale, ma perfino co-attori e co-autori di esso. Questa è precisamente la nostra dignità umana.
#1572
Tematiche Filosofiche / Re:Il saggio rabbino
01 Novembre 2016, 20:46:37 PM
Questa storiella sul rabbino, in apparenza piuttosto banale, l'ho tratta da un articolo pubblicato da Raimon Panikkar nel 1990 sulla rivista di studi religiosi "World faiths insight" ,da non molto tradotto in italiano  , che porta il titolo  "Il pluralismo della verità". Riporto i sei punti dell'esposizione del famoso filosofo e teologo indo-catalano:
1-Pluralismo non significa pluralità o riduzione della pluralità ad unità. Pluralismo significa di più della pura ammissione della pluralità e della mera illusione dell'unità.
2-Il pluralismo non considera l'unità un ideale indispensabile, nemmeno se questa unità lascia spazio a delle variazioni al suo interno. IL pluralismo accetta gli aspetti inconciliabili delle religioni e delle filosofie senza ignorare ciò che hanno in comune. Il pluralismo non è l'attesa escatologica che alla fine tutto diventi uno.
3-Il pluralismo non approda ad un sistema universale. Un sistema pluralistico sarebbe una contraddizione in termini. L'incommensurabilità fondamentale dei diversi sistemi non può essere oltrepassata.Questa incommensurabilità non è necessariamente un male minore; essa potrebbe invece contenere una rivelazione della natura della realtà.. Nulla può racchiudere la realtà.
4-Il pluralismo ci rende consapevoli della nostra contingenza e dell'opacità della realtà. Esso è incompatibile con l'assunzione monoteistica di un Essere totalmente intelligibile, ovvero con una coscienza onnisciente identificata con l'Essere. Però il pluralismo non rifugge dall'intelligibilità. La posizione pluralista cerca di raggiungere tutta l'intelligibilità possibile, ma non richiede l'ideale di una comprensibilità totale della realtà.
5-Il pluralismo è un simbolo che esprime un atteggiamento di fiducia cosmica, che tiene conto della polarità e della tensione tipiche della coesistenza tra sistemi religiosi, cosmologie e posizioni umane irriducibili. Esso non elimina né assolutizza il male o l'errore.
6-Il pluralismo non nega la funzione del Logos e i suoi diritti inalienabili. Il principio di non contraddizione, ad esempio, non può essere eliminato. Ma il pluralismo appartiene anche all'ordine del mito. Esso incorpora il mythos, non ovviamente come oggetto del pensiero ma come orizzonte che rende il pensiero possibile (  ???  ???).
La verità però, per Panikkar, non è nemmeno molteplice. Se ci fossero molte verità, cadremmo in evidente contraddizione. Pluralismo non sta per pluralità, in questo caso pluralità di verità. Il pluralismo mantiene una posizione a-dualistica (o advaita) che difende il pluralismo della verità in quanto la realtà stessa è pluralistica, incommensurabile sia con l'unità , sia con la pluralità. L'Essere, anche se coesistente con il logos, o una intelligenza suprema, non ha bisogno di essere ridotto solo alla coscienza.

In realtà, l'essere si specchia perfettamente nella verità, ma anche se la perfetta immagine dell'Essere è identica all'Essere, l'Essere non ha bisogno di venir esaurito nella sua immagine...a meno che non si sia assunto in precedenza che l'Essere sia (solo) Coscienza.

Nella storiella del rabbino la relazione tra le tre affermazioni è dialettica. Ma la relazione tra le due fazioni in polemica non è dialettica. Il rabbino vede la completezza relativa di ciascuna posizione, sebbene questo implica la contradditorietà delle affermazioni su un piano intelletuale, come rileva iil gruppo di anziani e scribi che non sono coinvolti sul piano esistenziale.
Al di là della posizione atta, come mi par di capire di Panikkar ( anche se polemico su quello che definisce il "dogma parmenideo" dell'Occidente)e che , ovviamente, non condivido, è interessante questa esposizione sulla consapevolezza della relatività della varie posizioni, che non significa la loro mancanza di verità.
#1573
Tematiche Filosofiche / Il saggio rabbino
01 Novembre 2016, 15:28:29 PM
C'era una volta un saggio rabbino, rispettato e benvoluto da tutti. Aveva fama di essere un uomo molto avveduto e scrupoloso nel dare il giusto consiglio. In quell'epoca due fazioni di ebrei erano in contesa fra loro per una questione molto importante.. Così i membri di una fazione andarono dal rabbino ad esporre le loro lamentele. Il rabbino ascoltò e poi disse:" Avete ragione! Avete ragione!" Gli ebrei dell'altra fazione, sentito di questo, decisero anche loro di andare dal rabbino. Esposero anche le loro di lamentele e il rabbino rispose ancora: "Avete ragione! Avete ragione!"
Ovviamente la polemica e le contese ricominciarono daccapo. Allora gli anziani e gli scribi decisero di visitare il rabbino, formarono una commissione, si presentarono e gli dissero, con il dovuto rispetto:" Maestro, oggi hai detto ad una delle due  fazioni che aveva ragione e ieri hai detto che aveva ragione l'altra. E' ovvio che non possono avere ragione entrambe". Il rabbino rispose: "Avete ragione! Avete ragione!" Chi ha ragione ? O solo il rabbino ha torto?

P.S: Non si può rispondere che il rabbino soffriva di Alzhaimer... ;D
#1574
Tematiche Spirituali / Re:Il 2 novembre
31 Ottobre 2016, 14:55:18 PM
Sono appena tornato dal cimitero, dove ho portato due enormi vasi di meravigliosi crisantemi violacei alla tomba sepolcrale dei Sariputra. Mentre li sistemavo sopra il freddo marmo ho notato un passerotto che mi osservava, posato sopra la croce ormai arrugginita che sovrasta la lapide. Allungava ogni tanto le ali, come per stirarsi. Sembrava tranquillo, privo di qualunque timore. Una luce abbagliante, riflessa come su di uno specchio dal bianco marmoreo toglieva la vista. Un tappeto di fiori punteggiava il candore. Osservavo diverse donne curve a pulire le tombe. Mancavano ancora i ceri,  che verranno posati domani. Dentro un cimitero la mia mente, istintivamente, riposa. La serenità della morte appare confortante. Ma...quello stato ti porta a riflettere su cosa sta sotto la lapide , o i metri di terra. Ti invita a stare con cosa è realmente la morte: con lo sfacelo, la trasformazione del corpo...la bellezza superficiale nasconde la decomposizione, il fetore, i vermi...come un bel corpo nasconde liquidi organici, muco, gas , sangue, odore...la Bellezza come maschera di illusione confortante posta a nascondimento del reale?

Questa forma è decrepita, fragile, un nido
    di malanni.
Questo ammasso putrescente si dissolve giacché
   la vita finisce con la morte.  (Dhammapada 148)

Il corpo, soggetto alle ingiurie del tempo, con la morte si dissolve negli elementi di cui è composto. Non a caso, nel buddhismo antico, la contemplazione dei nove stadi di decomposizione di un cadavere costituiva  una precisa pratica di meditazione, che si effettuava nei cimiteri, dove i corpi di quelli che non potevano pagarsi la pira funeraria e un brahmino per officiare il rito venivano lasciati allo scoperto, in decomposizione o come pasto per gli avvoltoi.

Quale piacere può esistere per colui che abbia visto
  queste ossa grigie,
gettate via come le zucche in autunno? (dhammapada 149)

Il corpo, per quanto profumato ed elegantemente vestito, non cambia la sua natura. E' un aggregato di sostanze e tale complesso condivide con tutti gli altri aggregati il medesimo destino.

Guarda che bell'immagine adorna: il corpo è
  un cumulo di ferite (interiori, nota del Sari), composito,
malato, oggetto di molti pensieri, in cui non c'è
  permanenza né stabilità. (Dhammapada 147)

Non riesco a non osservare, dentro di me, quando sono in un cimitero baciato da un tiepido sole autunnale, queste immagini. Io lo intendo come uno "stare" veramente in compagnia della morte. Non fantasticare su di essa, non fuggire con la fantasia. Esser-ci...essere in amicizia con la nostra morte.  Sempre come osservatore.

Di ossa è fatta la cittadella, ricoperta di carne
 e sangue,
dove trovano ricettacolo vecchiaia e morte,
 arroganza e ipocrisia. (Dhammapada 150)

A che giova, mi chiedo, fantasticare su ipotetici aldilà, quando tutto si decompone aldiqua ? Ci sono forse due nature nelle cose?

Invecchiano persino gli splendidi carri dei re...
E allora...

L'uomo ignorante invecchia come un bove:
le sue carni aumentano, ma la sua saggezza
   non aumenta. (D. 152)

Il passerotto adesso cinquettava vispo e si faceva il becco passandolo sulla croce...
#1575
Tematiche Spirituali / Re:Riforma e gesuiti
31 Ottobre 2016, 12:17:30 PM
Un sistema spirituale, o religioso che dir si voglia, ha bisogno di "briglie". Nei sistemi monoteistici le briglie sono date dal dogmatismo. Non faccio alcuna valutazione  ( positiva
o negativa) sul dogmatismo, non è un motivo di discussione in questo topic. Ma posso capire che infine una certa dose di dogmatismo sia necessario per la sopravvivenza del sistema religioso stesso.
Ho già scritto delle  mie profonde perplessità su qualcosa che conosco meglio, come il western Buddhism, o possiamo parlare del western Yoga. Ogni sistema ha bisogno della sua specificità, pena la parziale ( a volte totale ) perdita di vero significato. Non stiamo parlando di filosofia. Sono due cose diverse. Arrivo addirittura a dire che un occidentale non può veramente definirsi buddhista, o vedantino. Ci manca quello che Mircea Eliade ha meravigliosamente descritto come "vertiginoso indiamento" .  Un condizione d'essere che non ha nuilla a che fare con la riflessione che si può fare sul sistema spirituale stesso.
Per questo , nel mio caso, significa riformulare il Dharma secondo il mio " vertiginoso essere in questo modo/mondo occidentale". Dalla mia forma mentis non posso fuggire...si tratta di preservare le briglie di un Insegnamento, come un abile pittore preserva i pennelli, lavandoli accuratamente dopo l'uso.
Bergoglio rischia , non lavando bene i pennelli, di far perdere le "briglie" al sistema religioso cattolico e annacquarlo proprio in quel "volemose ben" di cui scrivevo sopra. Senza briglie il cavallo se ne può andare da tutte le parti e far finire il cristianesimo dentro chiese trasformate in palestre del "volemose ben", come lo Yoga è finito dentro palestre dove, donne insoddisfatte e benestanti, cercano relax...
Sono assolutamento contrario, insomma , a qualsiasi forma di sincretismo e adattamento relativo che possa nuocere all'unicum di un sentiero spirituale. Sincretismo anche visto sotto forma di assunzione nel sistema dello "spirito mondano"...