Mi sembra corretto l'approccio scettico di Sgiombo sulla possibilità di dimostrare empiricamente e logicamente il famoso noumeno. Il fatto poi che Sgiombo non si rassegni alla passività pratica dimostra il salto che fa la mente, bypassando le contraddizioni logiche, rapportandosi "naturalmente" alla Bestia, al gioco del divenire, realtà non concepibile logicamente e aderendovi istintivamente, quindi riconoscendo implicitamente ( come lo riconosco anch'io) un valore superiore dell'intuizione immediata pre-logica, anche se questo poi non viene accettato, ovviamente, dalla forma mentis logica ( e allora si dice che "lo accetto per fede").
Un passo interessante:
Ma al livello del "discorso sul mondo", non siamo mai veramente in
grado di rintracciare delle definizioni che soddisfino il requisito di
esistere in sé e, al contempo, di "funzionare" nel sistema di relazioni
che costituisce il mondo. Non siamo cioè capaci di far coesistere le
conclusioni rigorose della logica formale (se una cosa esiste, allora
devo poterla definire in modo univoco e completo una volta per tutte)
con la mia descrizione dell'esperienza quotidiana (tutto è prodotto e
condizionato). Ogni volta che analizzo il linguaggio con cui
costruisco la mia descrizione del mondo, scopro che si tratta di uno
strumento non adeguato, che dovrebbe soddisfare una logica
inapplicabile al mondo. D'altra parte, però, non posso fare altro che
ridurre il mondo ad un discorso, e, facendolo, accettare
implicitamente il fatto che le regole di tale discorso non
permetterebbero la loro applicazione al tipo di fenomeno che devo
descrivere (il mondo in quanto legge di produzione condizionata).
Giacomo Foglietta
La pragmatica in Nagarjuna.
Dal giudizio di esistenza all'assenza di giudizio.
P.S. A Villa Sariputra è arrivato il vino novello. Il vigneto ha prodotto ancora dell'ottimo prosecco. Siete tutti invitati virtualmente all'assaggio. In concreto assaggerò io a nome vostro...
Un passo interessante:
Ma al livello del "discorso sul mondo", non siamo mai veramente in
grado di rintracciare delle definizioni che soddisfino il requisito di
esistere in sé e, al contempo, di "funzionare" nel sistema di relazioni
che costituisce il mondo. Non siamo cioè capaci di far coesistere le
conclusioni rigorose della logica formale (se una cosa esiste, allora
devo poterla definire in modo univoco e completo una volta per tutte)
con la mia descrizione dell'esperienza quotidiana (tutto è prodotto e
condizionato). Ogni volta che analizzo il linguaggio con cui
costruisco la mia descrizione del mondo, scopro che si tratta di uno
strumento non adeguato, che dovrebbe soddisfare una logica
inapplicabile al mondo. D'altra parte, però, non posso fare altro che
ridurre il mondo ad un discorso, e, facendolo, accettare
implicitamente il fatto che le regole di tale discorso non
permetterebbero la loro applicazione al tipo di fenomeno che devo
descrivere (il mondo in quanto legge di produzione condizionata).
Giacomo Foglietta
La pragmatica in Nagarjuna.
Dal giudizio di esistenza all'assenza di giudizio.
P.S. A Villa Sariputra è arrivato il vino novello. Il vigneto ha prodotto ancora dell'ottimo prosecco. Siete tutti invitati virtualmente all'assaggio. In concreto assaggerò io a nome vostro...
