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Messaggi - green demetr

#1591
Citazione di: Eutidemo il 04 Marzo 2022, 13:21:17 PM***
Il mio 'mantra', invece, è: <<Il negativo del negativo è positivo>>".
***
Voi cosa ne pensate?
***

Eutidemo mi fai disperare sempre  :D


Tarca ha detto che il positivo è qualcosa di negativo, e infatti anche tu ammetti che il negativo del negativo è positivo.

La notazione logica è risaputa p = ¬(¬p)

Come volevasi dimostrare. Dire p e dire negare di non p è la stessa cosa.  ;)


#1592
Provo ora a rispondere a niko in forma corta, d'altronde il futuro sarà sempre più dominato dalle forme brevi di comunicazione. Proviamo a vedere se riusciamo a distillare qualche saggezza.

Mi scuso per il messaggio che gli diedi il 31 dicembre, non avevo capito, e quello è uno dei miei tanti sfoghi sul forum, anche se ogni sfogo ha sempre un contenuto.

Per Niko la questione della salvezza è una falsa pista, in quanto nel tentativo per rimanere in metafora di non essere più agnelli, ci si trasforma in lupi.
La spiritualità a suo dire non passa da questa porta.
Sono d'accordo in linea ideale, ma la storia, che sia quella ideologica o personale, parla sempre di agnelli e lupi.
Certo uno può rimanere agnello come nel responso finale di Niko.
Ma chi ci dice che siamo agnelli? Il mondo giudaico, prende la metafora sul serio.
Nel mito gli Dei dominano sull'uomo. Nella rivoluzione giudaica è l'uomo che domina sugli dei.
In che maniera? ponendo il sacro fuori dall'uomo. Ossia l'agnello è il patto di sangue con Dio.
La colomba è la spiritualità che si eleva dal tempio.

Noi parliamo della colomba (quella che si posa sull'arca di noè dopo il disastro).
La colomba è figlia del lupo che ha divorato quell'agnello, ossia è ciò che rimane dopo il massacro o il disastro.
La colomba fugge dal tempio e si posa sugli uomini.
Questa è la salvezza.

Compito della bibbia è indicare cosa sia questa colomba.
La voce dei padri continua in noi figli, quella colomba va sempre interpretata.

Come a dire noi non siamo agnelli ma bensì colombe.
#1593
Intanto mi scuso per il post (di sfogo, solito mio, di tanto in tanto) 57436 del 31 dicembre.

Certo è molto difficile tenere insieme le proprie divagazioni e quelle altrui.

Ci fosse un modo di editare i propri post sarebbe stato utile, infatti vorrei riprendere l'intera discussione e ragionare con me stesso, quindi ripartire di nuovo: ma in fin dei conti la filosofia è questo incessante ripensamento di se stessi e degli altri. Sarebbe stato utile una sorta di editing in progress, senza scomodare i nostri admin. Ma alla fine è lo stesso, credo di aver capito il destino che il mio tema natale astrologico mi aveva affidato. E che sto facendo di tutto per non affrontare. Ovvero aiutare la comunità, nonostante la comunità non intenda. E va bene e sia.

Ripartirei proprio a rispondere a Niko in maniera seria, anche perchè letto oggi a inizio marzo, lo capisco molto di più di allora.
E' comunque interessante la mia risposta sfogo, con cui mi confronterò successivamente.

Naturalmente così facendo, questo 3d, assume oltre agli aspetti della letterarietà, anche quelli della filosofia, a cui comunque sono legato a doppia mandata (la filosofia salva me, e io salvo la filosofia).

Devo dire che la densità del discorso di Niko esula dalla letterarietà della ricerca spirituale, a cui mi ero dedicato. Quindi di fattio il suo era un off topic.

Premessa.
Nella Bibbia il tema della salvezza esiste. La Bet iniziale come già detto significa "Io ti dico", ma non è un dire generico, bensì un dire per arrivare al bene.
Questo bene non è da intendere come salvezza, nel senso escatologico cristiano.
E' semplicemente il capire che noi uomini siamo bene, quando siamo comunità.
Ma questa comunità non è quella che studiamo nel canone della filosofia occidentale.
Mi piace pensarla come una comunità dei dialoganti. Un coro, una musica, un ritmo.
Dimostrazione:
La dimostrazione è la ricerca di questo ritmo. Non vi è appunto alcuna dimostrazione.
La verità è la ricerca.
E' la ricerca che accende i suoni che ognuno di noi ode dentro di sè.
E ognuno cerca in linguaggio umano di raccontare quei suoni all'altro.
E' un tema filosofico, è un tema psicanalitico.

Questa ricerca di comunicazione, è idealmente la comunità.


Idealmente vuol dire che è dell'ordine dell'immaginario, delle idee, se vogliamo delle utopie.
Lacan dal seminario 20 suggerisce la divisione del discorso in tre parti, chiamiamolo pure logos. Un logos delle idee, un logos dei simboli, un logos della realtà.
Il bene è idealmente situato nell'intersezione dei tre logoi (discorsi).

Il logos della bibbia, è insieme simbolo e idea, non è reale.


Ecco che i 2 post di Niko, vanno interpretati secondo questa tripartizione.
Da un punto di vista dell'immaginario, non sembra interessato parlare della Bibbia.
Da un punto di vista simbolico fa una critica.
E da un punto di vista reale fa una proposta.

La critica risiede nel fatto che vede nel discorso simbolico della salvezza, una tanatologia.
Infatti da Kant a Nietzche (che rispondono ad Hobbes) si parte da una asserzione che Niko (o Nero Villa, mio grande compagno di sbronze virtuali da 10 anni a questa parte) rifiutano: ossia che l'uomo è cattivo.

Niko va oltre l'amico Nereo (ma è grazie a un video di Nereo, che oggi posso capire Niko, per dire come la vita offra continue occasioni impreviste, che cambiano visioni e opinioni).

Infatti nel secondo post, afferma che la volontà di pensarci deboli, ci faccia poi necessariamente diventare cattivi.
Con un colpo geniale, parla di alienazione.
Dunque Kant e Nietzche e quindi anche la Bibbia ci alienano da quello che noi siamo, ossia meri agnelli naturali, se ho capito bene dunque Niko ricade nel solito naturalismo che rinnego. Noi non siamo animali, molto semplicemente.

Nereo sulla scorta del pensatore esoterico Steiner, individua invece la verità dell'uomo, nella sua natura psichica di "noi".

E' una interpretazione che non condivido. La comunità non è un noi.
Questa interpretazione è fideistica.

Per riassumere sono d'accordo nel trovare tanatologica (discorso di morte) l'idea che l'uomo sia cattivo (ma anche il contrario ossia agnello).

Ma è la posizione che questa tanatologia ha all'interno del discorso generale tanatologico (discorso di morte), che è importante.

Ossia all'interno del discorso simbolico.

Il simbolo dovrebbe essere un mezzo e mai un fine.

Vedi alla voce: la religione dovrebbe essere un mezzo e giammai un fine.

Come ha notato Lacan, il bene è nell'intersezione dei logoi, e dunque riguarda anche la tanatologia.

Freud fu un genio analitico, sopratutto nell'instaurare, una critica che riguardi la relazione fra ISTINTO di morte e di amore.

Quello che di Niko prendo e di cui sono al 100% d'accordo, e quindi rileggetevi i suoi due post, sono tutti i passaggi con cui arriva a dimostrare l'errore kantiano e nicciano.
(a dire il vero Nicce, oscilla continuamente tra un discorso di morte e uno di vita, ma questo per via della sua sincerità, ossia della sua amissione di essere nel circolo paranoico, in cui l'alienazione di cui parla Niko ci porta a stare tutti dentro, Verdiglione per esempio addita la filosofia, come principale colpevole di questa riaffermazione continua del circolo ermeneutico dell'uguale).

Dicevamo che Niko ha però una visione naturalistica (ossia robotica, tipica dell'epoca, o era in cui siamo) che io rinnego.

L'uomo non è un "noi" (ipotesi steineriana - goethiana - panteista) nè un "io" (ipotesi paranoica della filosofia metafisica, o del canone occidentale tout court semplicemente).

L'uomo è come già detto sopra una ricerca.

E' vero che di tappa in tappa, siamo costretti a dire IO o nel delirio NOI, non è importante, infatti l'importante è il movimento, il costante darsi da fare per ripensarsi altro da se stessi (e questa è la lezione semplice e fondante del pensiero nicciano ed hegeliano).

Questo ripensamento è dunque la sottrazione continua del logos immaginario al suo nemico mortale, il logos simbolico.

Cosa manca al discorso filosofico di questi sommi autori?
Il discorso sul reale! Hegel e Nietzche esercitano l'esercizio di sottrazione sul reale, ma non hanno un discorso sul reale.
Perchè? Perchè il discorso del reale è a sua volta un discorso del simbolico.
Questo andrebbe inteso con uno studio intensivo della fenomenologia.
Qua abbreviamo la cosa dicendo che per parlare di un reale (sempre supposto) dobbiamo usare un simbolo (un segno dirà poi meglio quella branca dell'episteme, che si chiama semiotica, o semiologia).
E ogni simbolo ci lega ad un DOVER essere qualcosa.
Ecco che la critica di Niko, si rivela essere fondata su un background molto ricco, che lui lo sappia o meno.
La filosofia politica è un esercizio sul discorso del reale.
La bibbia come sappiamo viene usata per un discorso religioso.
Ora come abbiamo già detto, se la religione fosse un mezzo per parlare di Dio, sarebbe un esercizio interessante per re-immaginare la realtà.
Ma a giudizio di chi vi scrive non è così. La religione è un fine.
E dunque come tale usa un discorso politico.
La religione dunque si scontra con una decisione da fare.
Stare col simbolo o con l'immaginario.
A giudizio di chi vi scrive le religioni stanno col simbolo e censurano ogni cosa che riguardi l'immaginario, salvo magari farli diventare fenomeni da baraccone, come le visioni estatiche mariane.
La bibbia non dovrebbe essere una scelta politica del simbolico senza l'immaginario.
Qua non intendo offendere le singole fedi, che sono frutto della sensibilità di ciascuno e che in fin dei conti sono dei semplici cascami, del tentativo di immaginare la spiritualità. Non ci trovo niente di male, fosse solo quello, ma come detto, non lo è.

Il punto centrale rispetto al discorso di Niko si comincia a far chiaro forse.

Infatti se non esiste realtà che non sia anche simbolo, dunque l'intendere l'uomo reale, come mera naturalità, non è anch'esso un simbolo?

E questo simbolo non verrà di nuovo usato per diventare fine e non mezzo?
Non starò qui a ripetere quello già detto mille volte, suppongo aprirò a parte, un 3d che affronti questa cosa, potrei chiamarlo antropocene, ma in fine dei conti il discorso si può attaccare da diversi parti, vedremo.


Ora tra la religione che diventa simbolo e la natura che diventa simbolo, possiamo anche parlarne. Ma non avendo utenti reali (niko se nè andato credo) preferisco affrontare la cosa separatamente.

O meglio preferisco affrontare separatamente la questione naturale.

Per quella religiosa io invece non perderei tempo, la critica alla religione in fin dei conti è la stessa secolarizzazione della società, dunque il reale (benchè simbolico come già detto, infatti niente ci vieta di criticare la secolarizzazione etc) è già la risposta critica a quella simbolica (quelle religiosa).


Come già dicevo per me la critica, ossia il costante ripensamento del reale, tramite l'immaginario, diventa letteratura.

In questo senso la saggezza dei padri, che diventa voce corale, noi il tanak, noi i giudei, gli amorei, i sefarditi etc...risiede nella capacità immaginativa di ripensarsi a partire da quel simbolico che si chiama storia, che è un simbolico di morte (così notiamo anche nelle tragedie greche).

Ora si tratta di indicare di ragionare di analizzare e di ripensare il luogo dove risiede questo male.

Nella Bibbia sta scritto subito dopo il primo verso, che la terra era maledetta.
(nella traduzione cristiana, e la terra era vuota e informe).

Dunque non l'uomo porta la maledizione, ma è la terra a essere stata maledetta.

Un ribaltamento a 360 gradi, della visione escatologica cristiana.

Chi ha maledetto la terra? la caduta degli dei!

Fin quando la terra è accudita e ordinata dagli dei, la terra è unita al destino della spiritualità.

Ma poichè la terra è costantemente bagnata dal sangue delle guerre, dunque la terra una volta liberata dal destino spirituale (promesso e mai mantenuto), rimane sola, e nella sua solitudine risiede la dannazione, una volta che gli dei sono caduti, la terra prende atto della violenza degli uomini.
Guerra e carestie sono l'unico lascito.

E' a questa disperazione che la Bibbia si richiama, nel tentativo di una ricostruzione spirituale, che sia indirizzata ad uno sforzo comune di comprensione della spiritualità, l'unica che possa indirizzare il destino di guerra, che ne sia l'orizzonte della sua stessa fine.
L'orizzonte della spiritualità è insieme l'unico destino della fine della guerra e dunque anche lo sforzo di ripensare la comunità.

Ma questo orizzonte abitato dalle illusioni, va purificato dai suoi aspetti immaginari slegati alla realtà e  di quegli aspetti simbolici legati alla realtà della guerra.

A mio modo di vedere la Bibbia è quel tentativo.

Vale a dire un tentativo di trovare il bene nei pressi di un immaginario che sia spirituale.
E che nel contempo abiti la realtà e il simbolo.

E' quindi uno sforzo dell'immaginario di ripensarsi un quella intersezione con i 2 logoi tanatologici (la realtà e il simbolo).

La salvezza è dunque la scommessa che esista il bene in quel territorio mentale.
Un territorio che eviti la guerra ma non a prezzo dell'immaginario.

E questo territorio per l'uomo antico era da trovare nella religione.

Ma la spiritualità non si trova nella religione, la religione è il semplice culto dei defunti.
Ma il bene si trova sulla terra, e va cercato.
Per questo sono caduti gli Dei.

Se il mondo greco ha creduto di abbatere la religione per sostituirla con il logos puro, il mondo giudaico ha creduto di abbatere la religione per sostituirla con una nuova spiritualità.

Le vecchie religioni definiscono il Bene, come atto giuridico.

La nuova religione definisce il Bene come un atto dello spirito.

Lo spirito di cui parlano le antiche religioni è un esterno all'uomo.

Lo spirito della nuova religione è dentro l'uomo.

Lo spirito delle antiche religioni poteva venire a contatto con l'uomo tramite un atto giuridico, una obbedienza.
Lo spirito della nuova religione va cercato dentro di noi.

Lo spirito delle vecchie religioni è alieno.
Lo spirito della nuovo religione è umano.


La salvezza è dunque quando la terra si riunisce all'uomo come qualità spirituale.
La terra, diventa terra di Israele, la terra dei ricercatori del bene.

La genesi è una raffinata codificazione, che può essere letta sia come se fosse una vecchia religione, ma sopratutto ed è quello che interessa noi, come una religione dello spirito umano.

Lo spirito umano viene dopo.

Il prima è la codificazione più difficile da capire.

Io me ne sono fatto un idea grazie a Nietzche.

Lo spirito umano è ciò che segue il vento nel deserto, nella visione nicciana.
Lo spirito divino è ciò che segue la tempesta sulle acque nel visione biblica.

La genesi è la storia della cacciata dal paradiso. Ossia è la storia dell'umanità che conosce se stessa.

Dio fece l'uomo per arare i campi, e poi lo mise nel giardino dell'eden.

E' una codificazione molto semplice da capire, se abbiamo capito quanto detto fin ora: il giardino dell'eden è il mondo immaginario senza realtà, dove l'uomo non conosce se stesso.

Nel momento che conosce se stesso l'uomo è cacciato da questo immaginario.
E questo immaginario è il bene PRESUPPOSTO.

Ma l'uomo può conoscere il bene solo quando vi è alienato.

La proprietà psichica dell'inconscio è questa regressione alla madre.

La madre è Dio, La madre è il bene a seconda che stiamo parlando di religione o di spiritualità.

Quello che importa è la funzione archetipica direbbe l'utente paul, una funzione da recuperare.

La critica di Niko risiede nella sua profondità proprio in questo investimento.
(investimento libidico originario alla madre).

Questo investimento infatti non colpisce la madre, ma il suo fantasma, ossia la volontà di potenza, altro concetto nicciano.

Compito dell'uomo non è tornare nel giardino edenico, che è protetto dall'angelo con la spada di fuoco.

Ma è quello di lavorare la terra.

Ma la terra se lavorata è maledetta, poichè lavorare la terra significa cambiarla.
E questo cambiamento richiama la volontà di ritorno edenico.

La terra va lavorata a livello spirituale.


Queste due ultime considerazioni le lasciamo come annotazione per il futuro.
Quando tornerò a ragionare con me stesso.


Quello che in questa lunga risposta a Niko, ma in generale a tutti coloro che vogliono un ritorno alla natura è fare notare come l'alienazione è IMPOSSIBILE da evitare.

Noi siamo sempre fuori dalla natura (sia perchè dobbiamo lavorarla, sia perchè siamo stati cacciati dall'eden).

I grandi saggi della bibbia sembravano conoscere questa condizione di dannazione eterna.

La salvezza è il tentativo archetipico di ritorno alla madre.

E' chiaro che il rischio di confondere la madre, con il fantasma della madre è sempre altissimo.
Infatti il fantasma della madre ha sempre un nome.
Ma la madre è solo un paesaggio.
E' il luogo cavo entro cui si può muovere il pensiero.
E' dunque il pensiero la vera madre, ossia il padre nella visione ebraica.

E' il pensiero e la sua possibilità di elevazione ai confini dell'infinito, il paesaggio della madre, infinita e mai raggiungibile, eppure contorno, buco, cavo.

E' dalle regioni ultra-materne, diremmo uterine che spira il  ruach, il vento che spira sulle acque, acque materne, evidentemente.

Il ruach è la catena che unisce DIO e l'uomo nella  tradizione cabalistica.

In verità la catena siamo noi, è lo spirito umano, che si eleva, come spinta arcaica al ventre materno.

Il complesso edipico che la tragedia greca iscrive nel destino umano è il tentativo di squarciamento di quel ventre.

Il tentativo è quello del superamento di questa tragedia dell'umano.

La catena è infinita fin quando segue il vento dello spirito (il ruach appunto).
In Nietzche cosa produce il passaggio del vento nel deserto? (è la domanda che non riesco ancora a capire).
Nel mondo giudaico ciò che segue è la comunità, ossia la catena degli sforzi individuali, ognuno anello per l'aggancio di un altro anello, tutti insieme nel tentativo di seguire quel vento, o forse è proprio quel vento che ci inalza?

La guerra ci spezza, gli anelli spezzati portano alla povertà dello spirito.

La bibbia mi immagino sia questo. Il racconto della guerra, e dove la nostra catena è arrivata, e dove potrà arrivare.

Il problema del naturalismo è non vedere la dimensione duale in cui l'uomo si trova, una dimensione di totale fraintendimento di ciò che siamo.

Infine rispetto al "noi" di Steiner, potremmo certo trovare delle forti assonanze, ma in Steiner non vi è un ragionamento che sia dentro il logos, bensì si tratta di affermazioni senza alcuna argomentazione dialogica.
(non a caso Steiner finirà dentro la fornace della religione cristiana).

#1594
Eutidemo non è questione di demenza senile, quanto di mentalità professionale.


Infatti a differenza del giuridico, il politico PUO' mentire: e infatti mente a tutto andare  :D .


La mia naturalmente non è solo una "boutade", infatti la sua prassi ha un retroterra culturale che inizia da Macchiavelli e arriva ai giorni nostri.


In politica bisogna sempre leggere fra le righe, è una regola non detta, non scritta (ovvio), ma appunto applicata.
#1595
Tematiche Spirituali / La via di liberazione
27 Gennaio 2022, 21:34:52 PM
Citazione di: ricercatore il 27 Gennaio 2022, 16:57:53 PM
tuttavia la mia domanda vuole essere più a livello di società: oggi, in Occidente, chi sta occupando quel posto vacante?



Come dice Inverno, c'è il primo protestantesimo, ma anche lui poi si è istituzionalizzato.


Credo che la via più vera sia quella di rifondare una chiesa, in america le chiese evangeliche sono centinaia, ognuna agisce piuttosto in piccole comunità.


Secondo me quella è la via, o per lo meno il primo passo, poi subito dopo iniziano i dolori: infatti il messaggio d'amore di Gesù è ancora praticabile in delle comunità ecclesiali? Ma questi due sono altrettante idee per ulteriori discussioni.


Per esempio mi sto divertendo moltissimo ad ascoltare queste piccole comunità su youtube, il messaggio è piuttosto semplice, attenersi al messaggio di gesù, ma spesso la comunità chiede di fare proselitismo (e io ci vedo il fattore economico dietro di esso, più che quello spirituale).
In fin dei conti alla fine come dice bobmax o freedom è una questione singola, rispetto a loro però io non dimentico l'aspetto che il singolo si deve dar da fare per la comunità, semplicemente la cosa non è facile: convenienze economiche o vero altruismo. e secondo me non è cosa da poco.


edit basta pensare a cosa è la cina, e come pur si basi sul confucianesimo!!!

#1596
Citazione di: viator il 27 Gennaio 2022, 21:14:10 PM
Salve green. Sai che finora non trovato nessun spiritualista che mi abbia argomentato in qual modo i contenuti metafisici potrebbero continuare a risultare concepibili..............in assenza di strutture fisiche (ad esempio.....biologiche) alle quali essi contenuti potrebbero aggrapparsi per poter continuare ad esistere ?.

Viceversa a me è facilissimo argomentare che strutture fisiche e biologiche...........lasciate in fisica e biologica solitudine, possano benissimo continuare ad esistere (certo, magari in forme poco eleganti e per nulla speculative).
Perchè non provi ad essere il primo che argomenta il perchè figlia metafisica risulti priva di madre fisica ?. Saluti.


Non lo hai mai trovato perchè la domanda che poni non ha senso.


Infatti il campo d'indagine della metafisica spirituale è legata all'immaginario.


Il biologico non risiede nell'immaginario bensì nel simbolico, si applica cioè alla realtà.


Certo che il metafisico per sussistere (in quanto indagine) ha bisogno del biologico, ma io non vedo contraddizione (e credo non la veda alcun spiritualista).


edit- rispetto a Nietzche, il problema non è tanto il biologico (egli credeva per esempio alla evoluzione darwiniana), quanto alla critica del simbolico che risiede nel biologico.


Per capire questa cosa serve naturalmente uno sforzo di astrazione, la critica non la trovi in laboratorio.

#1597
Tematiche Filosofiche / Astrazione.
27 Gennaio 2022, 21:16:17 PM
Citazione di: iano il 17 Gennaio 2022, 23:40:01 PM
Mi chiedo, nella mia ignoranza di cose filosofiche, quale sia la storia di questo termine "astrazione", e quindi come si sia evoluto .
Il mio interesse nasce dal notare in noi una contraddizione, perché che da un lato leghiamo l'astrazione alla conoscenza, dall'altro diciamo di avere difficoltà a comprendere bene  le cose quando si fanno troppo astratte.
Ma forse allora non è una casi che la scienza mostri maggior efficacia quanto più si fa' astratta, e quanto meno quindi diciamo di comprenderla.
L'esempio di maggior efficacia sta proprio nella MQ che di fatto i fisici non provano più a comprendere, limitandosi ad applicarla.
Eppure immagino sia opinione  ancora comune che si possa applicare solo  ciò che si comprenda, opinione che quindi forse è da rivedere, e forse il "capire" è il concetto di cui occorrerebbe valutare l'evoluzione in atto.

Volendo e barando a , fare il profeta , ma valutando in effetti una tendenza non da ora in atto, se non occorre comprendere una teoria per applicarla, allora anche un computer lo può fare.
In effetti le cose stanno andando proprio così.
Se le cose stanno davvero andando così, quando avremo raggiunto attraverso la scienza la verità ( per chi ancora questo crede) solo i computer la possiede danno , ma ovviamente senza comprenderla.
Sembrerebbe quindi giunto il momento di non illudersi nel cercare la verità, posto che questa esista.
L'unica possibilità di esistenza della verità è che noi già' la possediamo, allo stesso modo che un computer un giorno potrebbe possederla, ma senza saperlo, senza comprenderla.
Queste verità produrrebbero quindi ciò con cui noi veniamo a contatto, e che adduciamo proprio ad esempio di verità, le evidenze.
Più verosimilmente queste verità sono nient'altro che fedi sedimentate e nascoste in noi, se come faceva notare Jacopus, per i greci fede e verità erano la stessa cosa, e non a caso l'anello che portate all'anulare si chiama fede o vera, nel senso comune di fedeltà. Naturalmente Jacopus lo ha detto meglio di così.

Così sarebbe da credere che le teorie fisiche appaiono tanto più comprensibili quando più posseggono elementi di evidenza, quanto più conservino cioè scorie di fedi nascoste, che per la scienza sono ipotesi assunte senza volere , e perciò non dette.


Il problema non è tanto che le teorie siano vere (o false), quanto che non possano essere fondate a partire dalla matematica.
Ma le teorie sono sempre applicate piuttosto alla verità dei fenomeni, e dunque non a se stesse, per cos' dire, è il grado di computazionalità a fare la differenza in termini di verità di indagine.


La questione che proponi dunque richiede una angolazione diversa. Però non riesco a immaginare come potrei ridire la tua domanda iniziale, rispetto a questa angolazione, che più che altro è una prassi infatti.



#1598
Citazione di: and1972rea il 19 Gennaio 2022, 11:28:08 AM


L'evoluzione della fisica in Occidente portò per un certo periodo alla convinzione che la cenere ,la legna non ancora trasformata in essa e l'aria in esse presente non fossero essenze diverse fra loro ,ma fossero lo stesso insieme di identiche, innullificabili ed eterne essenze elementari disposte ,sia nello spazio che nel tempo, quantitativamente in modo diverso . L' apparenza di questi pseudoessenti macroscopici, che si nullificavano illogicamente per poi riapparire diversamente essenti, sembrava superata , quindi, attraverso una rivisitazione in chiave matematico-quantitativa del riduzionismo atomico di più antica matrice ; ma ,una volta ridotti gli astratti pseudoenti fenomenici ad un insieme di identiche essenze elementari ontologicamente connotate, ci si doveva logicamente spiegare come potesse salvarsi il principio secondo cui ad un ente ne possano corrispondere altri identici fra loro e insieme fra loro distinti sia nello spazio che nel tempo; ci si doveva logicamente capacitare come potessero, cioè, sussistere essenze identiche e al contempo fra loro distinte. Che un bosone sia proprio lo stesso identico bosone sempre ed ovunque nel continuum dello spaziotempo e mai un altro , pur essendocene innumerevoli, è l'insuperabile paradosso che oggi sappiamo venir meno solamente  attraverso l'autocoscienza di chi osserva. In una officina filosofica si potrebbe tentare un esperimento mentale di questo tipo; Che Marco sia persona diversa da Antonio è oggettivamente ed atomisticamente spiegabile solo fino a quando i due individui rimangono essenzialmente distinguibili fra loro;ma in un plausibilissimo universo fisicamente simmetrico , ove Marco ed Antonio fossero composti delle stesse identiche particelle elementari disposte ugualmente simmetricamente fra loro, non vi sarebbe alcuna oggettiva possibilità conoscitiva del reale fenomenico se non attraverso la consapevolezza della percezione  reciproca delle due singole autocoscienze. Solo in quanto autocoscienza di sè stessa e trascendente dalla realtà fisica che lo sostanzia Marco potrà guardare negli occhi Antonio e distinguersi qualitativamente ed essenzialmente da lui,e viceversa. Da queste considerazioni,  quindi, oggi ci si può persuadere logicamente che Marco ed Antonio rimangono tali per sè stessi dentro al reale mondo fenomenico attraverso cui sono consapevoli di percepire sè stessi e ciò che essi non sono (e in esso si trovano e si ritrovano ) non in virtù di immaginifiche pseudoessenze apparenti ,o di una unica essenza elementare illogicamente "splittata" all'infinito ,poichè da quel mondo non dipende  nè la loro essenza, nè il loro essere enti; le loro autocoscienze trascendono per logica non contraddicente ogni realtà fenomenicamente da essi conoscibile.
Spero ,quindi, vogliate entrare con me in questa officina per sviluppare ulteriori fertili riflessioni attorno a questo esperimento.



:D  con Severino di sfondo.


Non ho ben capito quale sia l'esperimento and1972rea: ci stiamo domandando se Marco e Antonio sia la stessa cosa fuori dalle infinite divisione computate dalla scienza?


Il punto e ti rimando al mio 3d su Hegel, è che l'intero che farebbe da tramite a Marco e Antonio, non esiste per Marco e Antonio, se non come Negazione, ovvero laddove Marco sa di non essere Antonio e dove Antonio sa di non essere Marco.
Dunque il soggetto (autocoscienza) è l'elenco di tutte le cose che noi non siamo, con l'ultimo tabù che è una eccezione comunque sia, ossia quello della convinzione di essere "mero" cervello, tesi che ancora oggi è ancora accreditato come vera nel mondo scientifico.
Ma noi soprassediamo.
Dunque il tentativo di capire l'unità di Marco e Antonio è a mio parere legata a questa negatività a questa sottrazione costante.
Io arrivo a dire che è la stessa soggettività ad essere la barriera dell'unione di Marco e Antonio.
Infatti una volta capita che noi siamo l'effetto di questo intero, dovremmo attivare l'empatia e l'amore che è dentro di noi naturalmente( e invece continuiamo a discriminare e a separare).


Ma forse non ho capito il tuo punto di base, attendo.
#1599
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
27 Gennaio 2022, 20:46:17 PM
Siamo ancora in stato di emergenza, ricordiamoci che chi decide di attuare questa misura non è il popolo, nè il parlamento, bensì il PdR: un pò più chiaro ora cosa bolle in pentola?

https://www.youtube.com/watch?v=kbCLyhYiZLU

Buono studio (per chi volesse)
#1600
Citazione di: Ipazia il 16 Gennaio 2022, 19:21:07 PM
Citazione di: F.Nietzsche - FRAMMENTI POSTUMI 1885-87
....In quanto la parola "conoscenza" abbia senso, il mondo è conoscibile; ma esso è interpretabile in modi diversi, non ha dietro di sé un senso, ma innumerevoli sensi. "Prospettivismo".
Sono i nostri bisogni, che interpretano il mondo: i nostri istinti e i loro pro e contro...
Qui FN lancia un assist alla teoria dei bisogni sui quali fonda la conoscibilità del mondo. Simplex sigillum veri.

Il male viene risolto metafisicamente con l'amor fati, ontologicamente con la presa d'atto della condizione mortale dei viventi (da Epicuro in poi, gran messe di saggezza) ed eticamente con le buone pratiche di convivenza. Non ha nulla di imperscutabile entro una iperuranica archè.

La vita è un'emergenza evolutiva su cui è unsinnig fingere ipotesi. Ma vista la continuità materica tra mondo inanimato e animato e tra chimica e biochimica forse sono più plausibili le ipotesi fisiche di quelle metafisiche.

Anche la "materia dei sogni" ha le sue contiguità col mondo fisico ed è perfettamente giustificabile dal paradigma evolutivo lanciando la nottola di Minerva tra i meandri del snc e della sua evoluzione negli animali. Sui vegetali sappiamo ancora poco. Ma possiamo sperimentare empatie poetiche assecondando gli "innumerevoli sensi" della citazione nicciana.


Come già fatto notare da Paul, la ragione non la trovi nel mondo naturale, nè il pensiero.


Più paradigmaticamente parlando Nietzche si concetrerebbe sul tuo stesso linguaggio Ipazia, o meglio il nostro stesso linguaggio, che per l'80 per cento si regge su metafore.


Dunque noi siamo una metafora, un logos, un diveniente dell'immaginario stesso: le dottrine materialiste che tu segui, sono solo una parte del mondo, e non il mondo come invece tu credi.


E la scienza crede nei suoi matemi, è veramente un atto di fede.


Diversa cosa sono i fatti, e come sappiamo sui fatti si hanno visioni politiche (ecco che rientra la critica materialista, che non rinnego affatto, anzi sto cominciando ad acclimatarmi ad essa, ma di fatto, è solo uno strumento, ovvero il senso della vita non è la politica).



#1601
Citazione di: paul11 il 16 Gennaio 2022, 13:44:15 PM
Ho seguito un po' a ruota libera cronologica i diversi interventi.


Interpretare è un termine "ambiguo" ,come dire, come parlare, come pensare. Ambiguo nel senso che ha necessità di essere definito, chiarito maggiormente.


I fatti oggettivi non esistono. Un serpente, un ragno, un umano "vedono" percepiscono i fatti ,già a livello sensoriale, in modalità diversa, figuriamoci quando i nervi sensoriali portano al cervello che elabora le informazioni ricevute: noi interpretiamo è corretto, ma ribadisco bisogna definire meglio cosa si intende per interpretare.


Il fatto oggettivo, è la governabilità del sistema del metodo scientifico sperimentale e delle sue dimostrazioni empiriche. Prendendo ciò che scrisse Wittgenstein quando asserisce che si può parlare solo dei fatti e di altro tacere, è riferibile  proprio al fatto scientifico. Lo scienziato è colui che dovrebbe attenersi ai fatti, visto che è questo il suo credo fideistico . Allora le vestali del pensiero scientifico non dovrebbero interpretare, ma attenersi ad asserti logico dimostrativi e ....basta!
Tutto ciò che è stato oltre nella modernità e nei tempi attuali dei covid, è o scientismo in buona fede, o manipolazione in mala fede del pensiero scientifico e dei fatti soprattutto. Dietro il paravento di scienza , si è squarciata la solita logica di affari e potere. Ma già negli analitici aristotelici si parlava di sillogismo dimostrativo. La scienza moderna dal punto di vista logico ,fino alla nuova logica proposizionale del Novecento, non ha inventato nulla se escludiamo la logica dialettica di Hegel.
La scienza deve parlare per logica e per asserti, assiomi, postulati.
Ed è la differenza fra un colto letterato ed esteta come Nietzsche, perspicace e profondo quanto si vuole , ma non è la filosofia. Il contrario è Hegel che batte il chiodo  contro l'antinomia razionale di Kant che sceglie l'esperienza empirica piuttosto che la logica razionale: da qui nasce il pensiero di Hegel e della logica dialettica. Ma in Hegel, e siamo ai primi dell' Ottocento , sono già chiare le contraddizione umanistico-illuministe e quelle della scienza sperimentale, quanto l'empirismo criticistico kantiano.


Il cortocircuito del pensiero scientifico ......è che pensa. Non esiste il fatto sperimentale, esiste l'interazione fra agente conoscitivo e un preteso oggetto fisico naturale da indagare. Non esiste nessuna scienza senza prima premesse di categorie, tassonomie, classificazioni . Come si potrebbe mai costruire un teorema, una legge fisica scientificia se non viene prima "inquadrata" come isolato sistema dal sistema universale? Vale a  dire che la scienza osserva i particolari ,ma nulla capisce ontologicamente dell'essere metafisico intesa come indagine.
Che cosa è la vita per la scienza sperimentale? Come fanno elementi chimico fisici a combinarsi fra loro in molecole e improvvisamente....sorge la vita. Non esiste nessuna dimostrazione e non si capisce come un'ameba un essere unicellulare privo di un cervello, abbia strategie di caccia elementarissime se si vuole, ma le ha. Una cellula si produsse nella notte dei tempi casualmente? Questa favola è peggio del fideismo religioso. Come fa una cellula una volta "emersa" a sapersi replicare, a sapere di cosa e come cibarsi, di espellere i rifiuti, insomma tutta la fisiologia del metabolismo? Nessuno lo sa, ma la scienza pensa che attraverso i fossili , cioè fotografie prese qua e là, sia possibile ricostruire dinamiche. Come dire che con quattro fotografie ho capito il gran premio di automobilismo di Monza. Insulto alla ragione. Se ancora oggi non si capisce dove sta nel cervello fra neuroni e sinapsi il primo teorema di Euclide, o lo vedono nelle risonanze magnetiche?
L'attività mentale non equivale a capire dove vanno finire i nostri pensieri "fisicamente".


La scienza sperimentale empirica è UNO  dei modi per conoscere, non l'unico. Ed è un fatto fisico naturale, comunque interpretato in quanto descritto con linguaggi formali matematici, geometrici ,logici. Nietzsche è tutt'altro di queste forme linguistiche.


L'archè, il motore primo, sono il principio ordinativo e regolativo da cui nascono gli universali.
Che si chiami Dio, che si chiami archè, o motore primo, l'origine è l'unica verità assoluta incontrovertibile. Perchè è proprio di questa ignoranza che l'uomo vive non sapendo. Non sa da dove viene prima di nascere , non sa dove sarà dopo la morte, quindi il senso e il significato dell'essere, in quanto spirito e in quanto esistenza. Solo una cultura bislacca può fingere di eludere (che non è superare) la tematica, in quanto problematizza l'esistenza e ci si accorge quando la vestale fideistica scientifica travestendosi di dominio democratico si scontra contro  il fideismo fanatico religioso: vale a dire due modi complementari di interpretare l'esistenza.
Il paradosso quale è? Se si segue l'argomentazione esposta in UTU di Nietzsche e della modernità dove non esistendo verità tutto è ridotto al relativismo delle opinioni e interpretazioni, allora chi ha ragione? Tutti hanno ragione e vince il più forte e potente, non il più ragionevole, tanto meno l'onesto ,il probo, il saggio,.......anzi, vince il cinismo, l'opportunismo, lo spietato.
Questa è l'educazione culturale fuoriuscita dalla modernità . La libertà fu ed è, fra i tanti fraintesi,  scambiata e spacciata come cacofonia del roumor generale di massa che ha prodotto un decadente appiattimento verso il basso , ma  ha poca importanza visto che il focus è quanto denaro è sul conto corrente. Non c'è stato progresso umano, c'è stato progresso tecnico.


Il modo in cui si pensa l'universo e la sua origine, compresa la nostra vita, costituisce una base fondamentale di una filosofia.


E' chiaro che Nietzsche critica la cultura, ma a sua volta o non ha capito o comunque ha interpretato, parola sua, , la natura a immagine sua.
E' altrettanto ovvio che il soggetto morale non è naturale, ma è Nietzsche che crea il problema e
questo problema non c'era nell'antichità.
Nietzsche è critico contro la morale di  Platone, perchè Nietzsche è filosoficamente e ancor di più politicamente un polemista ,più che un filosofo. Il Platone/ Socrate si focalizzano sulla morale, loro che più di chiunque altri nella storia dell'umanità hanno analizzato la struttura della polis. Perchè non esiste una identità di popolo, di Patria moderna, senza una morale originaria che fa lievitare le legislazioni delle polis e costruisce il collante delle strutture economiche e sociali dei mestieri e dei ruoli sociali.
Per chi o cosa dovrebbe mai sparare un soldato in prima linea? Oggi se ci fosse una guerra..........


Non esiste il Nembo Kid nietzscheano, è una farsa illusionistica, noi oggi stiamo decadendo, non sollevandoci. Ma non vedi che manca nel suo pensiero l'analitica sociale, politica, filosofica, persino naturalistica? Non è a colpi di boutade che si fa filosofia.
Al superuomo futuro togliamo la morale, diciamoci tutti innocenti e liberi e irresponsabili .......e siamo ritornati ad Adamo ,non siamo andati avanti, ma indietro. Ma c'è un "dio" che ci comanda, o chi comanda nella società dei superuomini? Ancora la menzogna?


Quando accomuni due personaggi famosi come Nietzsche e Leopardi, portandoli ad essere filosofi poiché altri pseudo filosofi li hanno spacciati per tale, (da quando la filosofia è morta, perché tolto Hegel e forse Heidegger, nessun altro in quattro secoli ha creato filosofia).
Quando esteti ,artisti, vengono indicati come filosofi, siamo al qualunquismo culturale dell'indifferenza .Allora anche Ariosto, Cervantes, Shakespeare, Goethe , Dante, Dostoevskij sono filosofi? E magari Van Gogh, Raffaello....... Siamo tutti filosofi .....evviva la morte della filosofia.
Leopardi è uno straordinario poeta e letterato.
Chissà come mai Omero non fu ritenuto un filosofo, Euripide, Eschilo non furono ritenuti filosofi.
Mancano oggi ( ma è ovvio almeno per me) i fondamentali filosofici, per cui pseudofilosofi senza criterio fanno  qualunquismo filosofico.


Il destino umano è metafisica perché si rifiuta culturalmente di entrarvi come problema.
Si accetta come ineluttabile venire dal nulla e sparire nel nulla, prima e dopo la vita.
Quindi è la morte il problema dei "senza dio". Togli Kant dal novero dei metafisici, infatti è caro a Nietzsche.
Recidere la ragione metafisica significa aumentare le possibilità umane nell'esistenza, quindi apre ad una volontà di potenza: a me pare logico qui Nietzsche. L'uomo non deve rispondere più a "nessuno" moralmente dei suoi pensieri , quindi accetta quella finestra  di spazio/tempo chiamata esistenza come da vivere intensamente e autenticamente ( e qui si aprirebbe un altro problema :cosa significa vivere autenticamente?). Lo trovo il contrario semmai dell'inclinazione leopardiana. Ma sono solo interpretazioni.


Nietsche ritiene la morale un artificio cultuale di potere ed è qui il suo errore.
Un filologo come lui doveva sapere la relazione fra cosmos-nomos- sovranità-legislazione.
Non c'è cultura piccola o grande apparsa sulla storia del pianeta Terra, che fossero cinesi delle antiche dinastie o pellerosse americani,  che interpretarono i movimenti del cosmos come forme di costruzione sociale, persino di sacrificio umano per tenere l'ordine del cosmos nel nomos sociale, poiché la sovranità veniva dagli ordini universali del cosmos.Non fu invenzione religiosa particolare dei monoteismi o dei vari olimpi deistici  a determinare la morale, c'erano già, semmai furono riconfigurate. Basta leggersi i Veda indiani , la trimurti  induista.


Non sono contro Nietzsche, lo ribadisco, rispetto la tua stima verso di lui, ma io penso altro di lui.
Rimangono la sua perspicacia e profondità in alcune analisi sottili.


Citaz. Green D.
L'uomo Socratico è un uomo ordinato (al bene), il super-uomo è l'uomo che convive con il caos (Leopardi).
Ossia non esiste alcun bene (Leopardi).
Possiamo ben dire che Leopardi e Nietzche sono le gigantomachie che guardano negli occhi la morte e decidono che la morte sia il male. 


Su quanto da te scritto sono d'accordo.


Citaz. Green D.
La razionalità a cui invece tu ti riferisci è una semplice modalità dell'intelletto, ma l'intelletto non è ancora anima, e l'anima non è ancora Dio.
Dunque perchè pensare che la razionalità sia il cuore pulsante della filosofia?
Non lo è affatto.
La razionalità è solo un mezzo per arrivare alla metafisica, ma ve ne sono altri. 


Ne parleremo con Hegel e la sua "Fenomenologia"...questa è filosofia non chiacchere.
Stai dimenticando una evidenza: che la cultura occidentale se detiene il potere economico militare, è perché al sua tecnica nasce da una cultura potente che è proprio grazie alla ragione razionale, vale a dire alla capacità tecnica di gestire logica, matematica geometria e saperle applicarle alle prassi fisiche naturali che è potente più delle altre culture.
Non è con l'estetica "filosofica"  fatto di psicoromanticismi che si mutano i cardini culturali di un sistema.


Platone e Aristotele non hanno finito la filosofia, per questo sono da riprendere perché hanno "buchi",soprattutto Platone per il suo esoterismo non scritto e quindi non documentato.




Nietzsche intanto scrive o non scrive in Umano troppo umano che segue il positivismo, il darwinismo, le scienze?  Se lo asserisce e precedenti e post scritti dicono il contrario, daccapo, chiedete conto a Nietzsche delle sua ambiguità e contraddittorietà.  Io mi limito a constatare.
Se poi ad ogni testo vi è un precedente o successivo che smentisce e ognuno pretestuosamente segue quello che a lui piace, secondo voi questo è fare seriamente filosofia?
Se gli studiosi di Nietzsche indicano due o tre suoi periodi , da una parte posso capire che una persona cambia e può mutare prospettive su diversi  e svariati argomenti cambiando opinione, avendo appunto maturato riflessioni diverse. Questo ci sta, è umano appunto.  Ma a me paiono "forzate" alcune interpretazioni su di lui. Quì ci stà psico sentimentalismo più che razionale ragionamento concettuale. Ma andiamo verso la letteratura estetica più che alla logica filosofica.


Il problema non è la logica o la matematica , il problema è fra empirismo e metafisica.


Il male è ontologico, ed è la condizione esistenziale umana, su questo sono d'accordo, ma l'uomo non ha colpe originarie, su questo sono d'accordo con Nietzsche.


Se esiste il male non è da imputare all'uomo, è una regola interna metafisica all'universo.
E' la metafisica che arriva vicino alla verità. Quando asserisce che il divenire necessita della contraddizione per poter sussistere, come dire che l'uomo e le stesse cose si "corrompono" e si trasformano necessariamente per dare continuità al divenire dei movimenti (è simile al movimento logico dialettico di Hegel). Il male è quindi necessario al perpetuarsi dei movimenti , in quanto la verità è ferma, immobile, eterna.
Non c'è espiazione, c'è una misteriosa condizione universale, ma in cui l'uomo è innocente, in quanto subisce il destino universale, non lo ha creato, lo ha subito. Ma già  la filosofia greca ,dei contrari ,degli opposti, aveva intuito che le sostanze mescolandosi generano trasformazioni, "corrompendosi" trasmutano.


Non trovo molta complessità nell'ebraismo, è una cultura più materialista di quanto si pensi e meno spirituale di quanto sembri. E' una cultura che "temo", poiché vicino al fanatismo (ma quante vaccinazioni si sono fatti di anti covid? Sono dei militari .). La loro matrice è sumerica da una parte (Abramo) ed egizia dall' altra (Mosè).....e Maometto capì che per riunire le tribù arabe si poteva inventare.......


L'importante è fare chiarezza: certo che manca una critica (più o meno) sistematica del sociale in Nietzche, e certo è questa la tua critica più forte al nostro.
Egli piuttosto si dedica ad una critica del soggetto, come la letteratura fa da Sofocle a Leopardi, io dissento da te nel chiamarli estetismi.
Infatti in questione è il senso del vivere (l'astrazione sul destino mortale dell'uomo), che sia la filosofia o la letteratura ad indagarlo poco importa.
Estetismo chiamo quelle scritture letterarie e filosofiche che si adagiano ad una semplice descrizione, senza meditazione di senso.
Infine non studiamo solo Nietzche, ma anche la filosofia politica, l'uno non esclude l'altro.
#1602
Nell'ebraismo è vietato dare tutti i soldi guadagnati perchè è un atto di superbia.
E' invece consigliato dare il 10% del proprio introito.
Con questo ordine, prima i parenti, poi i poveri che conosci, poi lo stato che ridistribuirà ai poveri che non conosci.
per quel che mi compete i soldi li do ai miei parenti, i bambini in africa se li scordano i miei soldi, cosi come pure gli accattoni e i comunisti.
che si dessero da fare loro! noi abbiamo pagato col sangue i nostri benefit, anche se ora li stiamo perdendo, chi cavolo cià 2700 euro da dare in beneficienza, se non le solite rockstar isteriche. :D
sinceramente non vedo uno straccio di prova etica, tutto è già chiaro sin dall'inizio: siamo noi che abbiamo bisogno di elemosina  :D !
#1603
Citazione di: iano il 16 Gennaio 2022, 01:51:38 AM
@Green.
Ma è veramente necessario chiamare menzogna,,e quindi presupporre ci sia una verità, ciò con cui proviamo a depistare le aspettative degli altri sulle nostre intenzioni ?
Questa menzogna somiglia più a un miracolo con cui si ingannano le leggi naturali, più  che gli uomini.
Magari è sufficiente creare negli altri false aspettative su di noi.
Ma già questo facciamo quando per quieto vivere, e non per primeggiare nella società , ci conformiamo alle convenzioni.
Si potrebbe dire che il lusso dei potenti sia invece una condotta coerente col proprio sentire, mentre al povero tocca dissimulare la propria natura. E dunque cosa c'entrano menzogna e verità?
Il camaleonte e la seppia mentono quando cambiano colore?


ciao Iano, no ovviamente non è una necessità la menzogna, ma ci facevamo la domanda a livello sociale, quanto essa conti.


E di nuovo rispondi molto bene a te stesso quando dici che il popolo è costretto a dissimulare la propria natura, in ordine al quieto vivere.
E dunque la menzogna del polpo e del granchio che si fingono di essere roccia marina o fondale marino, è solo per mangiare il popolo dei pesciolini. ;)
Come vedi la natura ci offre potenti metafore su quelle astrazioni che da soli siamo in grado di fare, eco di una realtà mostruosa.
Certo grazie a Dio non necessaria, necessaria per la sopravvivenza del polpo e del granchio, l'uomo può fare meglio che ammazzarsi gli uni cogli altri, e che vuoi forse un giorno succederà!

#1604
in BLU PAUL

" La strada del ragionamento concettuale può comprendere, ma comprendere non è ancora vivere significativamente .Semmai si sa che dialetticamente  ci si muove fra verità e menzogna fra contraddizioni e conoscenze, ma dire che la strada è giusta o sbagliata significherebbe avere il giudizio universale "in tasca". Quindi anche Hegel scommette speculativamente sulla verità."

Vivere significativamente è una espressione molto densa.
Credo che Hegel che è l'impersonificazione stessa della filosofia, la filosofia seria, ci accompagna sul terreno che poi porta al ragionamento sul significato della vita.
Io non avendolo letto non posso dirti come lo raggiungeremo, ma a buon senso deduco già che la filosofia ci accompagna alle soglie della religione, ma è poi la religione che decide dei quella significazione di cui tu parli.

Il punto è però capire l'apparato concettuale che si riferisce al negativo, o come ormai tutti hanno studiato all'assoluto (ma come ho già scritto sopra, questa parola rischia di travisare proprio questo apparato concettuale, che va inteso nella sua costellazione negativa e non positiva).
quando tu dici cit "Quindi anche Hegel scommette speculativamente sulla verità" mescolato insieme a quanto pur dici correttamente poco prima cit "Semmai si sa che dialetticamente  ci si muove fra verità e menzogna fra contraddizioni e conoscenze".
Non stai dando forse una accezione positiva alla speculazione sulla verità?
Credo di sì, infatti prima dicevi correttamente: cit"Il procedimento dialettico è togliere il negativo dell'ignoranza per acquisire il positivo della conoscenza e adatto che questo è il moto universale, poiché tutto si muove per opposti, per contrari, per contraddizioni, in quanto la verità è immobile e il divenire è la contraddizione appunto, diventa quanto meno più chiaro che il soggetto umano, inteso come coscienza ,per elevarsi deve sapere relazionare la ragione con la realtà per togliere ignoranza contraddittoria negativa."
Quello che voglio dire è che la dissipazione dell'ignoranza, lo vedi come un moto positivo.
In quanto vedi la contraddittorietà non nella dissipazione, ma nell'ignoranza della verità.
Forse è una sottigliezza da poco conto, ma se ci ragioni meglio su, vedrai che è una sottigliezza i cui esiti sono totalmente opposti a quelli che tu poi indichi come critica:
"Il problema di qualunque forma di conoscenza e filosofia  è che non c'è il giudizio assoluto per cui dovremmo sapere se il nostro evolversi dall'ignoranza ad una presunta conoscenza sia davvero un moto emancipativo."
Ossia muovi a Hegel la critica che ne fa un Leopardi:

"Dipinte in queste rive
son dell'umana gente                                50
le magnifiche sorti e progressive.
Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti                     55
abbandonasti, e volti addietro i passi,
del ritornar ti vanti,
e procedere il chiami."


Ma Hegel non è così sprovveduto, e infatti come ho già detto nel tentativo di delucidare la negatività assoluta, si spinge a dipingere concetti, che negano qualsiasi passo avanti.
L'assoluto non è un procedimento veritativo.
L'assoluto è il concetto che diamo alla relazione che unisce l'uomo a Dio.
E questa relazione è una contraddizione permanente.
Dunque l'unica verità è questa contraddizione, se non fosse che non è una contraddizione (questa sarebbe la tematica severiniana), bensì questa relazione stessa, che viene chiamata, e compresa solo come movimento assoluto del negativo.
Eppure prima di affrontare questo apparato concettuale, che lascia incomprensioni a iosa,Hegel era stato chiaro su quale fosse il compito della filosofia: studiare il soggetto!
Il soggetto va ri-compreso (e in tale ri-comprensione risiede la scienza o saggezza come meglio chiamo io la cosa).
Per ricomprendere questo soggetto va anzitutto inteso quale sia il nodo distintivo tra esso e la sua relazione (di dipendenza, subordinazione) con Dio.
Questo nodo è la negatività, la relazione tra uomo e dio è dunque la negatività. L'uomo e Dio si danno negandosi.
Si da soggetto come negazione della subordinazione della relazione uomo-Dio, e parimenti si da Dio come negazione della subordinazione di Dio alla relazione.
(il pensiero severiniano è totalmente diverso perciò).
La critica che i formalisti fanno ad Hegel è che questa subordinazione è una mera fantasia dell'autore.
Ma la subordinazione è semplicemente il nucleo del movimento negativo, inteso dal soggetto come concetto.
E' dunque ovvio che questa subordinazione non è dell'ordine del reale! (e qui i formalisti vanno a farfalle).
Il reale ossia la necessità che esista un Dio, poichè vi è un soggetto, si da non come reale, bensì come negazione del reale.
Appunto come soggetto!
La veritatività è dell'ordine negativo del soggetto (e di conseguenza dell'ordine negativo del Dio, che dunque è un semplice corollario di nessuna rilevanza filosofica).
In quanto è il soggetto che concettualizza Dio come ordine negativo rispetto a se stesso.
Ma il soggetto non è il concetto del negativo che invece lo precede.
Ossia il concetto del negativo è l'universo fenomenico, e dunque veritativo, della relazione fra il soggetto come resto della relazione della negazione di Dio.
Ma il resto della relazione con Dio, NON è DIO!
E' invece appunto il soggetto stesso.
Il soggetto non può sapere la verità se non nella forma di quello che appare al soggetto stesso, di se stesso.
E il soggetto appare a se stesso, come un resto, ossia il soggetto appare a se stesso come falsità.
La falsità essendo relazionata al resto, e dunque al fenomeno dell'apparire di un resto.
Se sono un resto, quale la verità che mi ha portato a essere resto?
La veritatività è dunque proprio la negazione della verità, è dunque l'assoluto essere altro, il continuo cangiamento della verità nel suo opposto, continua menzogna, male.
Come può il soggetto sapere di essere un resto? è questa la fenomenologia! l'indagine di ciò che rimane, e ciò che rimane è ciò che appare della negazione, ossia la storia stessa.
L'apparire della storia, e dunque l'apparire del male, è esattamente il compito che spetta alla filosofia.
La filosofia è l'interrogazione dell'apparie del male, al resto che già noi siamo.
Va dunque da sè che la relazione che esemplificata chiamiamo uomo-dio, ma che appunto non ha nulla a che fare nè con l'uomo nè con dio, pone due problematiche fondanti o dette originarie.
Chi sono io? e Dove sto andando?
Vale a dire quale è il nesso tra la traccia che io sono e il male (che è anch'esso una traccia) in cui sono calato?
Per capire la traccia va intesa dunque la fenomenologia.
Ma la fenomenologia non è la verità!!!!
E' l'esatto opposto!!!
La verità infatti appare come chiaramente il nodo della relazione tra negativo e soggetto.
E la relazione tra negativo e soggetto è il male.
Non solo il soggetto non raggiunge mai questo nucleo relazionale, ne è anzi perennemente forcluso, ma questa forclusione poi procede nella relazione con l'altra traccia, che per convenzione chiamiamo natura, e che coincide con il male assoluto, in quanto ciò che appare, appare sempre come contro l'uomo, e mai a favore.
Il soggetto perciò affronta il male della sua impermanenza dal nuclero originario, anzi della sua totale forclusione, deve anche affrontare il male che ha nome natura.
In questo senso il resto dal nodo relazionale originario, che noi siamo, necessita di costruire delle astrazioni, anzi le astrazioni sono esattamente il ponte certo che questo nodo esista.
Nel momento che il nostro pensiero si attiva, si attiva anche il nodo originario forcludente, negativo.
Noi ci conosciamo solo tramite questo doppio movimento che va verso Dio, e rimbalaza indietro come soggetto.
Il soggetto si conosce solo tramite la consapevolezza che il pensiero si attiva e si riconosce nel movimento che rimbalza dal nodo originario al resto che noi siamo.
La differenza fondamentale tra il soggetto formale, e quello metafisico, è che il soggetto formale non ammette un nodo originario, ma al massimo una teoria sul nodo originario, il soggetto metafisico invece si riconosce prima di qualsiasi gioco linguistico, come esistente.
Ed esiste solo come pensiero, dunque come astrazione.
E' per questo che Hegel si sofferma così tanto sulla costruzione di un apparato concettuale.
Maggiori sono le istanze astrattive concettuali CONSAPEVOLI che il soggetto altro non è che la differenza ontologica, tra ciò che è esistente, e ciò che invece è (ma in realtà NON è) ossia tra ciò che esiste in quanto partecipe della stessa sostanza (che concettualmente chiamiamo DIO).
Il pensiero altro non è che Dio.
Si può capire come mai la trinità valga una affinità e una compatibilità simbolico-concettuale, che ad Hegel non deve essere sfuggita.
Ma la trinità dice cosa sia il soggetto, non dice niente invece della relazione forclusiva.
Su questa forclusività è il sentimento che decide.
Non la ragione.
La ragione costruisce concetti, ossia mezzi di conoscenza, ossia di interpretazione di questa forclusione.
Lo stesso termine forclusione, con cui i lacaniani intercettano il termine assoluto, sistema negativo e tutti quelli riportati sopra da me, sono altrettanti sinonimi, ma ogni sinonimo scolpisce per intero le infinite erosioni che l'astrazione carpisce dall'intero (assoluto, forclusione, negatività etc...e come capiamo possiamo benissimo ampliare il lavoro di Hegel! anzi probabilmente questo è il compito del filosofo, ampliare al massimo grado intellettivo e immaginario i sinonimi concettuali)
Perchè è proprio il carpimento del sinonimo concettuale, che il soggetto arrichisce il resto che egli comunque è.
Un conto è il soggetto semplice che forcluso da se stesso, si immagina vero, e un conto il soggetto forclusoa che sa di se stesso gli infiniti concetti cha scaturiscono dal pensiero che rimbalza indietro, che riflette, che si incurva etc...
In questo senso capiamo anche Deleuze per cui il compito del filosofo era quello di costruire concetti.
Egli affermava, a questo punto correttamente (non credevo devo essere sincero) che i concetti non sono costruzioni che aspettano passive nell'empireo che l'uomo le colga, anzi esse sono il pane quotidiano del filosofo, una costante manipolazione e creazione, proprio a partire da questa relazione col negativo.
Il concetto che si piega alla positività che non pensa la forclusione, non è un concetto filosofico, ma una semplice affermazione linguistica.
Questo non decide ancora della critica che hai mosso riguardo la pregnanza del vivere.
Ma decide del fatto che confondi il formale, con l'assoluta alterità (di qualsiasi verità formale, in quanto la verità è semplicemente un atto formale).
La galassia concettuale di Hegel nasce sotto la cattiva stella dell'impossibilità cognitiva dell'originario.
Ma essa studia l'uomo e giammai l'originario, essendo l'uomo tutto ciò che il pensiero ricava dall'erosione di quel blocco granitico che chiamiamo intero, uno, Dio etc..etc...ogni sinonimo concettuale richiama una galassia di metafore, essendo la metafora (e in particolare la metonimia) lo strumento principe di ogni conoscenza.
Dunque è più grande la poesia e la letteratura che la filosofia.
La filosofia è quel sottosuolo che permette la comprensione della Ginestra di Leopardi, e questo sottosuolo ha una ricchezza tematica tutta sua e ancora da approfondire.

Intanto dobbiamo imparare a memoria la concettualità che ereditiamo da Hegel, avevo in mente di porre uno specchietto riassuntivo, mi rendo conto che in effetti il dolore di Hegel era dominato da questa necessità di iniziare il lavoro. Purtroppo se già all'epoca il formalismo era un gran problema da risolvere, figuriamoci oggi!!!!

cit " Se le religioni dichiarano un Dio ,se Aristotele dichiara di un motore immobile, al di là di una origine assoluta come verità, cioè la relazione che se esisto da qualche parte qualcosa o qualcuno ha voluto questa esistenza o comunque l'ha permessa e quindi riporta ad una formulazione di senso dell'esistenza, tutto il resto è un ragionamento speculativo come lo è anche quello di Hegel: questo è il punto debole. Nessuna storia porta necessariamente ad uno Spirito, perché le strade della storia sono innumerevoli possibilità e quindi se vi è un successo vi è anche un fallimento. La strada del ragionamento concettuale può comprendere, ma comprendere non è ancora vivere significativamente .Semmai si sa che dialetticamente  ci si muove fra verità e menzogna fra contraddizioni e conoscenze, ma dire che la strada è giusta o sbagliata significherebbe avere il giudizio universale "in tasca". Quindi anche Hegel scommette speculativamente sulla verità."

Abbiamo dunque compreso anche aiutati da Paul, che non si può dire cit "al di là di una idea assoluta come verità", in quanto la verità appunto non esiste, ossia non esiste una verità che chiamo assoluto, ma un assoluto con cui io soggetto mi distinguo pur appartenendogli come astrazione ed essendone un prodotto come fenomenologia.
L'assoluto è il concetto veritativo del soggetto, non della verità o dell'origine come abbiamo già visto (l'origine è la relazione tra il soggetto che si riconosce immediatamente tale, in quanto pensante, i suoi concetti complementari, che invece interrogano di cosa consista la relazione con l'oggetto originario, premesso, ma impossibile da conoscere, conosciamo solo i suoi effetti, e i suoi effetti sono il nostro stesso pensare e soprattutto i concetti che riusciamo ad elaborare, per una comprensione maggiore del nostro essere resto di qualcosa, e delle sue conseguenza sentimentali, repetita juvant).
Capiamo anche sebbene la cosa si infittisca di mistero, come anche la cit" Nessuna storia porta necessariamente ad uno Spirito, perché le strade della storia sono innumerevoli possibilità e quindi se vi è un successo vi è anche un fallimento " sia impropria.
Infatti non solo la storia non porta allo spirito, ma le strade non sono affatto innumerevoli, ma ciò che appare, appare sempre come male, malvagità, distruzione.
La storia è anch'essa il resto di una relazione fra due oggetti inconoscibili, la storia come entità, e il male come entità, sono totalmente irrelati alla nostra entità.
Ma noi entriamo in contatto con queste entità, e ovviamente esattamente come per noi stessi, ci entriamo in contatto negativo, in questo caso doppiamente negativo, infatti notiamo come la natura ci distrugga invece che curarci.
Il che rende la comprensione del nostro desiderio di curarci, assai complicato.
Infatti quale è la relazione tra ciò che appare essere l'uomo e ciò che appare essere la storia?
Necessitano ulteriori concetti. Che appunto è ciò che più appassiona Paul, il rapporto uomo-natura.


infatti il nostro Paul conclude nonostante le premesse errate in maniera perfetta: "La contraddizione fondamentale umana è credere che la verità sia interna all'uomo, questo errore lo compie una certa spiritualità, lo compie in parte la modernità culturale e filosofica quando si pone come soggettivista e solo dopo riconosce che la relazione fra uomo e mondo, fra io e Dio, fra soggetto ed oggetto, fra umanità e realtà, è  il punto di vista dell'essere umano rispetto all'universo, non essendovi un giudizio "oggettivo" reale, universale, assolutamente vero e certo.
Noi "scommettiamo" su noi stessi e sulla storia e l'intera narrazione, fra nefandezze e saggezze."


Esatto caro Paul, l'uomo scommette su se stesso, ma Hegel mette sotto critica proprio questa scommessa, dimostrando che questa scommessa come dici tu è pura follia.
L'uomo che invece rifugge dalla verità, o meglio che capisce che la verità ha a che fare con l'originario, e dunque non appartiene all'uomo, studia non la verità, ma il rapporto che intercorre tra ciò che indaga e ciò che di rimando ottiene in maniera negativa come sentimento.
L'uomo studia se stesso, e non capisco proprio come fai a vederlo come debolezza, infatti pure essendo debolezza, è comunque costitutiva dell'essere uomo.
l'essere umano cade dal paradiso terrestre e si immerge nella storia, una potente metafora per indicare sia la cacciata dall'originario sia il tema del male "dovrai irrigare i terreni col sudore della fronte etc...etc..."
La bibbia non è scema.  8)
#1605
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2022, 22:54:16 PM
Citazione di: green demetr il 15 Gennaio 2022, 21:59:44 PM


Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.




Ciao Green, un leggero fuori tema, per curiosità. Ho tratto questo pezzo dal tuo dialogo con Ipazia. Dove hai letto questo che mi attribuisci e che non ricordo? Oppure è solo una deduzione che fai?. Tra l'altro lo riconosco come mio possibile. Se è a quella espressione poi che ti riferisci nel crocevia tra dx e sx, non mi sentirei portatore di un pensiero di dx, anzi, le posizioni conservatrici della dx mi sono antipaticissime


e c'hai ragione pure tu.


infatti era iano   :-* cit "Se la scienza non ha scusanti allora l'uomo non ne ha, se la scienza e' l'uomo, ma tu evidentemente pensi che sia altro da lui.
Si può falsificare solo ciò che si può porre, e non c'è cosa che si possa porre che non si possa falsificare, ma allora porre sarebbe un errore?"

però come anche tu ammetti forse c'entri pure tu quando infatti affermi:

cit "Iano ... ti chiedo se hai mai pensato invece da dove nasca l'esigenza del metodo scientifico nel pretendere la falsificabilità di una teoria scientifica"

Come a dire che vi è una pretesa! (e lo condivido in maniera affermativa, mentre tu lo poni dubitativamente, ma vi è davvero differenza?) , cosa che Iano d'altronde non accoglie nella sua critica a Ipazia (che condivido nella prima parte), a mia volta come te, colgo in Iano una necessità che non è necessaria, il desiderio di voler porre qualcosa a tutti i costi (o almeno così leggo la sua istanza di pensiero).

Insomma due critiche ne valgono una, la mia appunto: che la menzogna è una questione politica.
ah ah pure io sono di sinistra ma oggi è ormai impossibile non essere di destra, pena un triste travisamento dei fatti costante e pericoloso. Meglio la sana grossolanità di destra che distingue   
in maniera rozza tra bene e male, ma nel bene ci mette la democrazia e nel male il comunismo (a questo siamo dopo il socialismo di hitler che diventa nazismo e che dire del comunismo stalianiano, o dei suoi prodromi ancora più violenti, cina e pol pot, caro amico la storia si ripete ancora ed ancora ed ancora  ??? :o :D )