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Messaggi - bobmax

#1606
Percorsi ed Esperienze / Re:L'eterna visione del mondo
28 Novembre 2021, 17:29:38 PM
Video interessante, di cui condivido l'idea di base.
Cioè quella dell'evoluzione spirituale, con l'Amore fondamento della esistenza.

In questa cosmologia vedo molte similitudini con la Grande sintesi di Pietro Ubaldi.
Anch'egli filosofo ispirato e, soprattutto, sincero.

Quindi un pensiero senz'altro apprezzabile.
Che tuttavia nella sua costruzione mi lascia un po' scettico...

Ed è proprio la "costruzione" in quanto tale a non convincermi.
Perché volendo spiegare tutto si finisce con il costruire una realtà altra, quella spirituale, comunicante con questa anche tramite la metempsicosi.

Insomma è la costruzione di una metafisica.
Senz'altro allettante, con considerazioni condivisibili, ma che si pone come Verità!
Cioè assoluto da prendere o lasciare.

Ma la Verità non può essere "presa".
Per la semplice ragione che necessariamente mi include, ne faccio parte. Non posso perciò uscirne per poterla, appunto, prendere.

E tuttavia la Verità ha pure bisogno di me, altrettanto necessariamente.
Proprio perché non può essere qualcosa di oggettivo, ma deve trascendere la scissione soggetto/oggetto.

Di modo che lo slancio di fede nel Bene, attraverso l'amore, è senz'altro indispensabile.
Ma verso la Verità che appare come Nulla.

Che il Bene sia, dipende solo da me.
#1607
Se ciò che conta per davvero è l'amore, e secondo me giungere a questa constatazione è inevitabile, allora il senso è seguire l'amore.

Se lo seguo sono, se non lo seguo non sono, magari esisto ma non sono.

Più seguo l'amore e più le mie idee divengono adeguate (Spinoza).
Ma più divengono adeguate e meno io ci sono.
Ci sono sempre meno, perché seguendo il senso divengo ciò che sono.
E non posso che volere ciò che devo perché questo sono.

"Tuttavia difficile è seguire l'amore. Bisogna essere l'amore stesso"

Sì, la vita stessa è l'unico autentico miracolo.
#1608
Dal punto di vista razionale, se escludiamo dal possibile senso le cause e i fini, abbiamo solo gli effetti.
Ossia resta la situazione così com'è, senza un perché.

La rosa fiorisce.
E il mistico aggiungerebbe: senza un perché.

Se escludiamo le cause e i fini dal possibile senso, allora neghiamo che la necessità c'entri qualcosa.
Ma se la necessità è esclusa, non resta che il caso.

A questo punto ho perduto ogni possibile riferimento.
Non vi è più alcuna ipotesi razionale a cui mi possa aggrappare per dare un senso alla mia vita.

Ma non è forse proprio adesso, che compare la mia autentica libertà?

Essere o non essere.

Mi abbandono al non senso, e quindi non sono.

Oppure, mi chiedo cosa conti per davvero in questa vita. E contro ogni evidenza contraria lo affermo.
Quello è il senso! E quello sono.
#1609
Citazione di: Ipazia il 24 Novembre 2021, 10:48:39 AM
Anche Bobmax ha spezzato una lancia contro la gestione logica della discussione e l'ha fatto con una argomentazione epistemologicamente assai persuasiva. Poi ha rilanciato ed accolgo il rilancio con piacere. Il perchè ha due connotazioni semantiche disgiunte tra causa e fine*. Il perchè causale direi che ha a che fare con la ricerca scientifica, quello finale, no. Attraverso il "come" la scienza legittima il perchè causale. Il come appartiene pertanto alla metodologia dimostrativa il cui fine, non teleologico, è il perchè causale.

*Per evitare l'inghippo suggerirei di lasciare alla causa il perchè e per il fine usare affinchè.

Il perchè finale ha un carattere trascendentale che a mio parere si trova su un piano diverso dalla negazione della negazione, che ci riporta alla logica che avevamo cacciato dalla porta, in assenza di una esplicitazione del suo operare reale.

Sì, data una situazione, di norma con "perché" ci rivolgiamo alla sua causa o al suo eventuale fine.

Perché avviene ciò che avviene? Qual è la causa? Qual è il fine?

Tuttavia questo perché è comunque rivolto a "come" funzionano le cose.
Sia guardando alle cause, sia cercando di capirne gli eventuali fini.

L'autentico perché prescinde dalle cause e non immagina alcun fine.

Il perché nasce dallo stupore del puro esserci nell'istante.

Perché questa situazione?

Questo perché viene prima di qualsiasi logica.

E la logica... quando poi interviene ne svuota il pathos.

Sto ora scrivendo... perché?

Prima che il mio pensiero razionale risponda, rassicurandomi che scrivo per rispondere a Ipazia, che ne è stata perciò causa. E che motivi questo mio agire per le mie finalità.
Prima di tutto questo, è il senso di questo istante di vita a emergere in tutta la sua imperscrutabilitá.

Sorge il sospetto che non nelle cause e neppure nei fini vada ricercato il senso.

Solo da me stesso può venire il senso.

Ma questo senso non può forse che essere quello di un bimbo che gioca?
#1610
La domanda di senso equivale alla domanda del perché.
E il perché, quando è autentico, è domanda metafisica, in quanto investe la realtà tutta:
Perché questa realtà?

Anche se pensiamo di poterlo limitare a qualcosa di parziale, come la vita umana, in realtà ci inganniamo, il perché è infatti domanda totalizzante, che non può lasciar fuori nulla.
Il perché vuole la Verità!

E questa domanda non ha nulla a che fare con la logica.
In quanto la logica non si occupa del perché.

La logica, e perciò la scienza tutta, si occupano infatti del "come".

Cioè del come le cose stanno, di come funzionano.

Anche se potrebbe sembrare che la scienza si chieda il "perché" dei fenomeni, in realtà tutta la sua attenzione è rivolta al loro "come".
E il "come" o è logico o non è.

Essendo logico, si fonda sulla separazione. Perché non può esservi alcuna logica che non riguardi la divisione.
Sono infatti gli elementi distinti a permettere la logica.
E quindi la logica è possibile solo attraverso la negazione.
Ossia quel A = A.
A non è B, C, D, ...

Il perché, viceversa, non può essere soddisfatto dalla negazione, richiede infatti un'affermazione. Una affermazione tuttavia che renda impossibile ogni negazione.
Il perché chiede la Negazione della negazione!
#1611
Citazione di: Freedom il 19 Novembre 2021, 17:56:39 PM
Io però mica l'ho ancora capito il senso della storia umana senza un Dio al quale chiederlo.

Non ho nemmeno capito come non si possa riconoscere che nell'uomo, in tutti gli uomini c'è una percentuale (variabile a seconda dei soggetti) di bene e male. Spesso, per vederli con chiarezza, è necessario si creino determinate condizioni però, credo che ognuno di noi, nel corso della propria vita, abbia visto all'opera questi principi nel proprio animo. O no?
Non solo questi princìpi si vedono all'opera nel nostro animo, si può pure constatare come il bene e il male non siano neppure contrapposti.
Non vi è un bene e un male dentro di me che si contrappongono. Perché a ben guardare uno non è l'opposto dell'altro. In quanto sono incommensurabili l'un l'altro.
Sono su piani differenti.

Di modo che, nonostante sia data per scontata, non vi è in realtà nessuna lotta tra il bene e il male.

Perché non vi è un bene che cerca di imporsi sul male.
Sono solo io, che non sono il bene, a ritrovarmi ad avere a che fare con il male.

E il male esiste, proprio in quanto mi interroga: "E adesso?"

Mentre il bene... è semplicemente un puro nulla.

Il male è ciò che non dovrebbe essere in me, ma c'è.
Viceversa il bene è semplicemente l'assenza del male, e si manifesta come un nulla.

Un nulla che mi fa essere.
Invece, il male, non mi fa essere.
#1612
Citazione di: Kephas il 16 Novembre 2021, 20:15:17 PM
... di chi era la Voce che in tutti i tempi, uomini e donne puri nello spirito e devoti a Dio, era dato percepire nei loro cuori?

Era la loro stessa autentica voce.

L'anima e Dio sono Uno.
#1613
L'esistere è relazione.
Nessuna relazione, nessuna esistenza.

Di modo che il significato di ogni esistente è tutto nelle relazioni che fan sí che, appunto, esista.

L'esistente è perciò le sue stesse relazioni con altri esistenti.
Al punto... che ciò di cui si ha davvero contezza sono sempre e soltanto relazioni.

L'esistente è immaginato esserci "dietro" le sue relazioni, ma solo in quanto necessaria sintesi razionale. Non perché sia qualcos'altro rispetto alle sue stesse relazioni. Che infatti lo esauriscono totalmente.

Se viceversa cerchiamo di prescindere dagli esistenti, che sappiamo in loro stessi inconsistenti, per concentrarci sulle infinite relazioni di cui siamo spettatori, allora potremmo chiederci quale senso abbiano.

Ma ecco che la domanda subito rimanda a noi stessi.
Perché siamo proprio noi a dover decidere che senso abbia questo mondo!

E poiché il senso è la Verità, e l'Essere è esser Vero... nel inoltrarci alla ricerca del senso noi non facciamo che ritornare a noi stessi.
#1614
Sì, Iano, non ce ne siamo mai divisi.
Tuttavia l'Uno coincide con il Nulla.
Di modo che non mi posso aggrappare all'Uno.
L'Uno è l'abisso in cui posso trovare la pace del Bene così come il Nulla assoluto.

Tutto dipende da cosa mi viene incontro e dal mio sguardo.
Perché l'altro può far riempire il mondo di significato oppure svuotarlo d'ogni senso.

Quando in me non vi è amore, quando l'altro non lo suscita e rimango indifferente, ecco l'orrore.

Se viceversa l'amore fluisce da me senza sforzo alcuno, se l'altro è riconosciuto come l'amato, ecco la beatitudine.
#1615
Se si accetta che la ricerca del senso la conduce il singolo, nella sua assoluta solitudine, e allo stesso tempo questa stessa ricerca è motivata dall'altro, occorrerebbe allora indagare cosa significhino per davvero "io" e "l'altro".
Cioè comprendere come si possa discriminare il me stesso dall'altro.

Ma non è proprio la richiesta di senso a determinare cosa è l'altro e cosa sono io?
Perché l'altro è colui che chiede e io sono colui a cui è rivolta la richiesta.

Potremmo allora chiederci: Vi è qualcuno, qualcosa che, per il fatto stesso di esistere, non ci rivolga una richiesta di senso?

Perché a ben guardare questa richiesta non proviene solo da ogni essere umano, dalla sua storia, dalla storia dell'umanità, ma pure da ogni altra entità del mondo, e pure da ogni pensiero, emozione, sentimento, di cui sono consapevole.
Insomma, tutto ciò di cui sono cosciente rivolge a me una muta domanda di senso!

Questo senso che mi viene richiesto è una mia presa di posizione, un sì o un no. Ossia se ciò che c'è vada bene così com'è, oppure no.
Una responsabilità immane, che mi sospinge nella mia profondità alla ricerca di me stesso.

Daniele22, con la morte di Dio il mondo che ci interroga, che richiede un senso, non ha più alcun filtro, alcun alibi.
Non vi è più un Dio tra me e il mondo.
E la responsabilità è allora solo mia.

Un peso difficile da sopportare, perché proprio io mi ritrovo ad essere il capro espiatorio.
Allora forte è la tentazione di rassegnarsi al "così va il mondo..."

#1616
Secondo me, non è sufficiente constatare come spetti al singolo ricercare in se stesso il senso della vita.
Occorre pure considerare quale sia il motivo che lo sospinge alla ricerca.

Perché la ricerca non può che avvenire in perfetta solitudine, in quanto a nessuna "verità" ci si può aggrappare, se non a se stessi.

Ma cosa avvia la ricerca?

Perché il ritenere che sia una autonoma scelta incondizionata è questo sì un non senso!

Di modo che mi metto in ricerca perché sollecitato dall'altro.
E l'altro è qualsiasi ente che non sia me stesso.

Così come non nasce in me alcuna nuova idea che non sia sollecitata da ciò che è fuori da me, allo stesso modo il senso della mia esistenza diventa necessario proprio a causa del mondo in cui sono immerso.

È il mondo che mi richiede di dargli un senso!

E nel rispondere a questa richiesta decido chi sono.

O meglio... decido di essere o non essere.
#1617
Tematiche Filosofiche / accettazione del dolore
04 Novembre 2021, 08:26:59 AM
@Iano
Con l'accettazione delle cause si intende normalmente accettare il mondo così come è.
O meglio, così come appare.
È avvenuto questo fatto doloroso, facciamocene una ragione...
Così funziona il mondo.

Questo approccio dà per sottinteso che questo "funzionamento" non ha alcun senso.

Il dolore in questo caso è sempre considerato relativo, appartenente all'esserci mondano.
Un accidente dovuto al sostanziale non senso del mondo.

Tuttavia ogni dolore può assumere una valenza ben diversa. Cioè rivelarsi essere dolore metafisico!

Ciò avviene quando il mondo non è accettato, per come appare funzionare.
Questo dolore pretende una risposta. Che non può essere: così va il mondo...

Quali sono la "vere" cause di questo dolore?

Questa non accettazione del mondo, dovuta proprio alla accettazione del dolore, in quanto "vero", costringe alla ricerca.

Perché questo mondo dolente?
E qual è la causa di questo male?

È come se fossi all'origine di tutte le cose... E che questo male dipendesse proprio da me.
#1618
Tematiche Filosofiche / accettazione del dolore
03 Novembre 2021, 17:52:51 PM
Avvengono fatti nella vita che ci scaraventano al limite dell'esistenza. Dove la nostra rassicurante realtà si fa incerta, i colori sbiadiscono e l'angoscia si impadronisce dei nostri cuori.
E' lo sguardo della Medusa che all'improvviso ci ritroviamo davanti. Uno sguardo che abbiamo sempre esorcizzato, allontanato da noi, ma in quei momenti non è più possibile ignorarlo.
Sono i momenti del dolore più autentico.

Sì, penso anch'io che questo dolore debba essere accettato nella sua enormità, e nella sua irrimediabilità.
E' per sempre.
Prima non c'era, ma ora c'è, e non se ne andrà mai più.

Tuttavia occorre secondo me considerare che questa accettazione del dolore, senza speranza di soluzione, proprio per il suo obbligarci a porci sul "limite" agisce su ciò che siamo.
Ci cambia.
L'esistenza, che noi siamo, ne viene scossa e inizia in noi un cambiamento.

Perché questo cambiamento avvenga occorre però non cercare scorciatoie, che potrebbero in effetti alleviare il dolore, magari sublimandolo, ma a scapito della mancata occasione di vivere il limite.

Razionalizzare l'evento doloroso, con considerazioni di buon senso, perché così è la vita... oppure fuggirlo cercando di dimenticarlo, permettono magari di continuare a vivere "quasi" come prima, ma è come se tutto ciò avvenisse a scapito della nostra fedeltà.
Fedeltà al Vero.

La Verità non ammette alcun espediente.

E allora senza alcun tornaconto, alcun vantaggio, ci ritroviamo a volere la Verità e basta!

Stando sul limite...
Allora, forse, potremo incominciare a tornare a noi stessi.
#1619
L'autentico senso della vita lo può dare solo il singolo, traendolo dalla propria profondità.

Mettendo in gioco se stesso.
Perché quel senso è infatti la direzione in cui vuole andare.

Se non ci è alcun senso l'uomo è perduto. Una direzione vale l'altra.
Forte è allora la tentazione di gettarsi nell'ogni lasciata è persa, oppure di fare lo struzzo pur di non vedere l'orrore.

Ma un senso può pure provenire da "verità" rivelate, a cui ci si aggrappa pur di sfuggire all'angoscia esistenziale.
Come il credere in un Dio.

Ma essendo questa credenza strumentale, ossia non motivata dal semplice puro amore... occorrerà rimettersi alla ricerca dell'autentico senso, che non può trovarsi che in se stessi.
#1620
Esistere significa stare, esserci. Per cui per esistere occorre un "luogo" dove stare, dove esserci.

Se cerchiamo di includere nell'esistenza quel "luogo", non importa se spaziale, temporale o cos'altro, abbiamo bisogno di un altro "luogo" per questa esistenza allargata.

Viceversa Essere non necessita di null'altro che non se stesso.

Di modo che Dio non esiste, Dio è.