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Messaggi - Sariputra

#1606
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
19 Ottobre 2016, 16:09:07 PM
@Apeiron
Trovo molto interessante e da approfondire la tua definizione: "Qualcosa non va". Nel caso di Yeoshwa è bene non dimenticare il suo lato umano. Infatti viene teologicamente definito come Vero Dio e Vero uomo, ad indicare la sua prossimità con la nostra totale e completa situazione esistenziale. Nel farsi uno come noi Yahweh assume su di sé l'intera condizione umana e pertanto anche la nostra solitudine e la nostra incostanza, non dimenticando il sentimento base della nostra vita, ossia la paura. Era inevitabile quindi anche per Yeoshwa stesso provare questa sensazione, questo dubbio, pena il non essere veramente un uomo come noi. Doveva assumere su di sé la condizione di nuovo Adam per portare a compimento il progetto redentivo pensato da Yahweh nel momento stesso in cui ha creato ex nihilo il Tutto. Quello che tu definisci come "Qualcosa non va" diventa un pungolo, un'urgenza (samvega) ad andare oltre, ma anche ad accettare la sua presenza nella nostra esistenza (  L'accettazione infine per Yeoshwa è "...non la mia, ma la Tua volontà si compia...". Per Gotama Siddharta sarà l'urgenza dell'ascesi, dell'abbandono della falsa e illusoria felicità derivata dal vivere nella ricchezza).
Sono d'accordo che non si può essere cristiani togliendo tutto l'aspetto e la struttura teologica soprasensibile, pena la riduzione del cristianesimo a mera filantropia. Tuttavia non è nemmeno vero l'inverso. "Tre cose alla fine rimangono" afferma Saulo di Tarso "la Fede, la Speranza e la Carità. Ma di queste la più grande è la Carità. Infatti uno può dire: -Tu mostrami la tua fede e io ti mostrerò le mie opere".
La comprensione della profondità e delle implicazioni dell'agape è il tratto veramente distintivo del cristianesimo, come la comprensione profonda del carattere doloroso (dukkha) e insoddisfacente dell'esistenza lo è di quello "buddhista". Non bisogna dimenticare infine la grande importanza che , in ambedue le religioni, viene data alla vita umana. Infatti Siddharta arriverà a definirla preziosissima usando il famoso paragone della tartaruga marina. E' più facile per una tartaruga che affiori una volta ogni cento anni, dice il Buddha, infilare con la testa un anello nel mezzo dell'oceano, che un essere possa nascere in forma umana. Da qui tutta l'importanza data al non "sprecare" inutilmente in vani piaceri l'esistenza, ma di dedicarla alla ricerca di una soluzione proprio per quel "Qualcosa non va" di cui parli.
Rovesciando la tua affermazione si potrebbe anche dire: per compassione del dolore di infiniti esseri senzienti bisognerebbe mettere al mondo più figli possibili. Proprio perché è solamente nella condizione umana che questi esseri senzienti potranno liberarsi dalla catena del dukkha. :) ( avendo le risorse per farlo ovviamente...). I due estremi del dolore e dell'amore sono intrecciati come tralci di vite. "Vedendo" la sofferenza degli esseri senzienti sorge spontaneamente l'amore; "amando" si com-prende la sofferenza di tutti gli esseri senzienti.
E infatti, nel caso di Yeoshwa, il momento del supremo dolore ( la Croce) diventa il momento del supremo amore. Siddharta, in preda ai dolori della morte, ormai debolissimo, rimprovera Ananda che non permette ad un asceta di avvicinarsi all'Illuminato, desideroso di conoscerne l'insegnamento, rivelando fino alla fine l'aspetto compassionevole della Mente di Buddha.
#1607
"Beato chi sa ridere di se stesso, perché non finirà mai di divertirsi". (Agostino d'Ippona)

La maggior parte delle persone ha la capacità di ridere degli altri, ma davvero pochi sanno ridere di se stessi. Chi sa ridere di se stesso dimostra di essere libero dai giudizi altrui, perché non mette al centro di tutto il proprio ego e perché ha la capacità di rovesciare una situazione drammatica, cogliendone il lato umoristico. Un altro motivo per cui molte persone non sanno ridere di se stesse è perché si sentono sempre in competizione con gli altri. Se avvertono la sensazione di essere attaccati  reagiscono a loro volta con un attacco, arrabbiandosi, offendendosi o con un atteggiamento di difesa, diventando quindi troppo seri o chiudendosi in se stessi. In questi casi una buona dose di autoironia, magari accompagnata da una sincera risata, neutralizzano il nemico  rendendolo nostro complice.
#1608
Questa mattina, mentre stavo salendo nella mia mostruosa utilitaria, con un grosso sacchetto di pane fumante, appena sfornato dal panettiere della Contea, un enorme camion mi è passato così vicino che...mi sono ritrovato con una pagnotta direttamente in bocca! Non sono rimasto arrotato per questione di centimetri. Ora, soprassedendo al fatto che l'eventuale arrotamento del Sari sarebbe stato assolutamente irrilevante per il mondo ( ma non per il mondo di Sari...) mi son posto questa domanda: Se la strada appare larga  dal punto di vista di chi guida un'utilitaria e viceversa strettissima per chi conduce un camion, il mondo appare "stretto" per il filosofo e invece molto ampio per l'ebete comune? Ossia , più chiaramente, le convinzioni preconcette del filosofo gli restringono la strada della riflessione, mentre viceversa la mancanza di convinzioni dell'ebete spianano la visione più libera dalle idee preconcette? Questa riflessione mi è sorta ultimamente seguitando a leggere le argomentazioni del nostro caro forum ( Hotel Logos lo chiama Jean...). Dopo innumerevoli interventi ci si ritrova sempre al punto di partenza...ognuno con le sue idee. Allora...a cosa serve il filosofo se non a reiterare all'infinito le proprio idee? E ciò non lo rende irrilevante? E ancora...se l'ebete ha in definitiva più possibilità di cogliere idee nuove, non avendone di proprie, mentre il filosofo si ritrova stretto nelle sue idee ingombranti...non è che il vero filosofo sia l'ebete, mentre il filosofo sia...il vero ebete?

P.S. Questa riflessione però ne porta con sé un'altra: se il Sari si considera un filosofo inadeguato, ne consegue che lo si può ritenere un ebete inadeguato?... :-\
#1609
Tematiche Spirituali / Re:Parusia
16 Ottobre 2016, 23:45:48 PM
Oggi ho visto il diavolo. Era seduto di fianco a me  in chiesa. Partecipavo ad una messa per i giovani ragazzi cresimandi. Ero uno degli invitati al convito che poi si sarebbe tenuto in un noto ristorante di pesce, che si trovava nei paraggi. Ero come al solito arrivato in ritardo perché, maldestro come sono, non sono riuscito a parcheggiare l'auto in un angusto spazietto rimasto tra due giganteschi Suv. Così avevo vagato per il paese alla ricerca di un comodo parcheggio in cui infilarmi di punta. Trovatolo, mi sono reso conto tardi che mi ero allontanato un chilometro abbondante dalla chiesa...Nell'affannoso zompare , infreddolito da un fastidioso vento che scendeva, misto a nebbia, dai monti circostanti, già avevo intuito che sarebbe stata una domenica particolare. Davanti a me, anche lei in ritardo, una donna, fasciata in un elegante abito di pelle nera, con tacchi vertiginosi, cercava di affrettarsi...La visione posteriore delle sue morbide forme mi predisponeva a pensieri poco spirituali...così cercavo di sorpassarla , camminando più spedito. Inutile! Più affrettavo il passo e più non riuscivo a raggiungerla...E già questo appariva quasi diabolico. Rassegnato a dover rimirare quella penosa forma fino alla chiesa mi sono stretto ancor più nel giubbino, ché , in questi giorni, soffro di un doloroso torcicollo autunnale, riacutizzatosi insieme alla lombosciatalgia...Entrato nel tempio, un pò cadente invero, dopo aver atteso qualche attimo che i miei occhi malmessi si adattassero alla fioca luce, ho intravisto una sedia ancor vuota. OH, gioia!!...Sappiamo tutti quanto si prolungano questo genere di riti e quanto la lotta per accappararsi le ultime sedie sia serrata. Spesso le donne finiscono pure per litigare su una sedia. La chiesa era strapiena di quella gente che , si vede a prima vista, ci entra solo per queste crcostanze e se ne sta , tra l'addormentato e l'infastidito, a rimirar l'orologio. La cosa strana però era un'altra...seduta vicino alla sedia vuota, stranamente vuota, stava una piccola vecchietta, quasi una nana, che mi sorrideva e mi faceva cenno di sedermi vicino a lei. Era il diavolo.
E' cominciato così un surreale dialogo tra il sedicente buddhista in una chiesa cristiana e la vecchietta diabolica. Celebrava la funzione religiosa un vescovo emerito, come si usa dire oggigiorno, lento, lento, mortalmente lento...persino la tiara che portava sul capo stava per addormentarsi. Invece il sottoscritto non riusciva proprio a tirar una pennichella perché la vecchietta mi dava di gomito di continuo e mi sussurrava all'orecchio ( dovevo piegarmi tutto per riuscire ad ascoltarla...). "E' del paese?" mi chiedeva "Non l'ho mai vista...". "E' parente di uno dei ragazzi?"..."E' bello vedere la chiesa piena"..."Alla domenica è mezza vuota". "La Madonna protegga questi ragazzi". "Ci sono tanti pericoli nel mondo"...e mi dava di gomito sorridendo malignamente. Davanti, in piedi, c'era la signora in pelle nera che prima non riuscivo a superare. "Guardi che indecenza" l'apostrofava la vecchietta "Come si può entrare in chiesa vestita in quel modo? Eh ?...Che ne dice lei ? Magari agli uomini piace anche...ma...non è serio" e rideva...e mi dava di gomito osservandomi. Non riuscivo a concentrarmi sulle parole dell'omelia del vecchio vescovo...il diavolo mi teneva sulle spine...
All'eucarestia mi ha sussurato, quasi come per darmi un ordine: "Mi guardi la borsetta che faccio la comunione"...
Non l'ho più vista.
Come un baccalà, con la borsetta in mano, una borsetta verde marcio, di pelle, ho seguito perplesso la benedizione finale ai ragazzi, con un senso di freddo che mi percorreva la schiena.
Uscito all'aperto, dopo i baci di rito con parenti  e amici, che stranamente non mi chiedavano il motivo per il quale giravo con una borsetta da donna, abituati ormai alle mie stranezze, cercavo con lo sguardo la vecchietta. Niente...
Incamminatomi velocemente per recuperare l'auto ho sentito una voce dietro di me: "Scusi...scusi..."
Mi sono girato e...c'era quella signora in pelle nera. "La borsetta..." indicandomela, "me la può restituire?"
Cosa si può dire in quella situazione? "Certo...certo...". Non vedevo l'ora di liberarmene. Poi, con la stessa voce della vecchietta: "La mia macchina si è rotta. Cosa potrei fare? Sono sola..."
"Mi dispiace" ho trovato la forza di rispondere" Siamo già in quattro in auto. Le darei un passaggio, ma...proprio non posso..."
E il diavolo: "Viene anche domenica prossima?"
"No...non sono del paese. E' per la cresima di...arrivederci!"
"Sì , arrivederci. Ci vedremo...sicuramente!"
Inghiottendo la saliva che mi era rimasta in bocca, mi sono affrettato verso il bianco della mia auto. Il calore dell'abitacolo, ora avvolto finalmente da un tiepido sole, mi ha rincuorato. Ho sorriso dentro di me. Il ristorante, con il suo pesce fritto, la confusione e la finta allegria mi aspettava...

P.S. Sono ancora così sconvolto dalla domenica passata con il diavolo che ho sbagliato persino il topic. Questo scritto andava sotto il topic "Diavolo"... ;)
#1610
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
16 Ottobre 2016, 22:19:22 PM
Sei pronto, Apeiron a diventare un albero inutile? Cosa c'è realmente di male nel non essere adatto al mondo?
Huizè disse a Ciuangzè: "Io ho un albero grande. Lo chiamano Alleante (Ailantus glandulosa). Cresce e si ingrossa in fretta. Il legname del suo tronco è tale che il legnaiolo non vi può battere il filo. I suoi rami sono così nodosi e storti che non c'è modo di adoperarvi squadra o compasso. E' sulla strada ma nessuno lo guarda. Così sono anche le tue parole, signor mio, sono grandi e inutili e nessuno le raccoglie."
Rispose Ciuangzé: " Hai mai visto una martora che curva spia e aspetta la preda? Salta di qua e di là, su e giù per i rami, finchè capita in una trappola o crepa in un laccio. Poi c'è anche lo iak (bos grunniens). E' grosso davvero,  ma non è capace ad acchiappare un topo.
Ora tu hai un albero grande e ti lagni che non è buono a nulla: perché non lo pianti in una terra deserta, in un vasto campo nudo ( Shunya, nota del Sari commentatore...)? Potresti in ozio girovagarvi attorno e sotto i suoi rami dormire beato. Nè scure, né ascia gli accorcerebbero l'esistenza e nessuno potrebbe nuocergli. Che c'è da affliggersi se qualcosa non è buona a nulla?"
Se raggiungi il Nibbana credi ancora di aver ottenuto "qualcosa"?
#1611
Seduti di fronte alla gelateria ci sono il giovane filosofo Apeiron e la giovane ragazza  :D  Roberta.
Continuano ad aprire e chiudere gli ombrelli. ad libitum
Entrambi sono indecisi se entrare per prendere un gelato.
Roberta (osservando il continuo entrare e uscire dei filosofi Garbino e Nietzsche): "In che gabbia di matti siamo arrivati?"
Apeiron: "E' una gabbia convenzionale. Non è totalmente reale. Ha una realtà di grado inferiore".
Roberta: "Entriamo ? Ti offro un gelato".
Apeiron: "Non lo so... Forse sì... No, aspetta...Scusami...Facciamo che entriamo dopo...No, entriamo subito...Senti, decidi tu...No, decido io...
              Non so se entrare...Tu pensi che dovrei entrare?...Ecco, ora entro...No, non ne sono sicuro...Senti, facciamo così: lasciamo decidere a quei due che entrano ed escono...
La giovane ragazza  :D Roberta delusa si alza e se ne va.
Il giovane filosofo Apeiron rimane seduto sulla panchina, indeciso.
Continua ad aprire e chiudere l'ombrello.  ;D ;D ;D

Il giovane filosofo Apeiron osserva uscire il filosofo Paul, stanco ma soddisfatto di aver finalmente de-finito l'essenza ontologica del gelato...
#1612
Il filosofo Phil entra in gelateria con un nodoso bastone.
In un angolo il commesso sta non picchiando picchiandolo il filosofo inadeguato Sariputra.
I filosofi Garbino e Nietzsche continuano ad entrare e uscire.
Il titolare sta discutendo di divani sul retro con il filosofo-psicanalista Cvc.
Dal laboratorio proviene un tipico ansimare ontologico.
Phil: "C'è nessuno che mi può servire?"
Nessuna risposta, solo un ansimare ontologico sempre più veloce.
Phil aggira il banco e si serve da solo.
Phil assaggia leccandolo il gelato :" Mmmm!...Squisito!"
Il filosofo Phil esce tranquillo dalla gelateria.

Nel frattempo i filosofi Garbino e Nietzsche continuano ad entrare e uscire.
Il commesso continua a non picchiare picchiandolo il filosofo inadeguato Sariputra.
Il titolare continua a discutere di divani con il filosofo-psicanalista Cvc.
In laboratorio.. il filosofo Paul ha finalmente de-finito il carattere ontologico...del gelato. ;D ;D ;D
#1613
Il filosofo Paul, alle 11, entra in gelateria.
E' deciso a dare un senso e una significazione al carattere ontologico del gelato.
In un angolo il commesso sta ancora non picchiando, picchiandolo,il filosofo inadeguato Sariputra.
Il titolare della gelateria sta conversando sul retro con il filosofo-psicanalista Cvc.
I filosofi Garbino e Nietzsche continuano ad entrare e uscire.
Gelataia (moglie discinta del titolare):" Desidera?"
Paul: "Qual'è l'essenza ontologica del gelato?"
Gelataia:" Non so...forse il latte?"
Paul:" Allora qual'è l'essenza ontologica del latte?"
Gelataia:" Senta...mio marito discute tutto il giorno di divani e gelati. Il mio commesso passa il tempo a picchiare
               quel poveraccio...non riesco a lavare il pavimento che quei due deficienti continuano ad entrare e uscire.
               Confesso che...mi sento molto trascurata...se vuole seguirmi in laboratorio potremmo... eh?...Che ne dice?...
               Trovare la risposta...alle domande che l'assillano...
Il filosofo Paul segue in laboratorio la gelataia, considerando di dover trovare un senso e una significazione al carattere
ontologico della donna.

Nel frattempo i filosofi Garbino e Nietzsche continuano ad entrare e uscire.
Il commesso continua a non picchiare picchiandolo il filosofo inadeguato Sariputra.
Il titolare della gelateria continua a discutere di divani con il filosofo-psicanalista Cvc.
#1614
L'inadeguato filosofo Sariputra entra in gelateria.
Commesso:" Desidera?"
Sari:" Desidero, ma in senso convenzionale, una pallina di menta , così designata da un agente esterno alla pallina".
Commesso ( pensando tra sè: questo è più scemo degli altri):" Ecco la sua pallina di menta".
Sari:"La ringrazio non ringraziandola, essendo infatti il ringraziare vuoto di esistenza intrinseca".
Commesso:" Fa un euro e cinquanta".
Sari: "La pago non pagandola, essendo infatti il pagare vuoto di esistenza intrinseca".
Commesso (esasperato): "Non la picchio picchiandola, essendo infatti il non picchiare un picchiare".
Il commesso mena brutalmente il filosofo inadeguato Sariputra.
Essendo inadeguato ne prende anche per tutti i filosofi che l'hanno preceduto in gelateria.
Sari, con i vestiti a brandelli, non esce uscendo dalla gelateria.
Essendo l'uscire un non uscire il filosofo inadeguato continua a prenderle.
ad libitum
Nel frattempo i filosofi Garbino e Nietzsche continuano ad entrare ed uscire... ;D ;D ;D
#1615
Il filosofo Maral entra in gelateria.
Commesso:"Desidera?"
Maral:"Qual'è il significato di questo gelato?"
Commesso ( oramai sull'orlo dell'esaurimento nervoso): "Non so...che è buono?"
Maral: "Qual'è il significato della bontà del gelato?"
Commesso: "Che...che...si...ma-ma-mangia di gusto?"
Maral:"Qual'è il significato del mangiare di gusto?"
Commesso:" Che...che...è..è...è...bu-bu-bu-buono?"
Maral: "Qual'è il significato della bontà del gelato?"
Commesso ( come sopra) manda in mona anche Maral.
Maral:"Qual'è il significato di andare in mona?"  ;D ;D ;D
#1616
Il filosofo Giona entra in gelateria guardingo, facendosi il segno della croce.
Commesso:"Desidera?"
Giona: "Questo gelato, che lei vende, è stato esorcizzato?"
Commesso ( sempre più perplesso): "In che senso , signore?"
Giona:" Non vorrei inghiottire satana. Satana va pronunciato in minuscolo"
Commesso:"E' pulitissimo , signore".
Giona adocchiando un gusto:" Quello cos'è?"
Commesso:" Bacio, signore".
Giona fuori di sè: "Vade retro satana. Satana va urlato in minuscolo!"
Giona esce urlando dalla gelateria.  ;D ;D ;D
#1617
Il filosofo Duc in Altum entra in gelateria.
Commesso:" Desidera?"
Duc in Altum:" Ho fede che il gelato che lei vende sia buono"
Commesso: "Certamente. E' squisito!"
Duc in Altum: "Solo se ha fede che sia squisito può dire che sia squisito."
Commesso:"Non la capisco, signore".
Duc in Altum:"Se ha fede di non capire non può capire".
Il commesso manda in mona il filosofo Duc in Altum.
Duc in Altum:"Solo se ha fede di andare in mona può andare in mona!" ;D ;D ;D  


Con simpatia Duc...ce n'è per tutti!!
#1618
Il commesso di gelateria osserva un uomo fermo davanti all'entrata.
E' il filosofo Eutidemo che sta leggendo la tabella degli alimenti usati dal gelataio.
Una folla si è radunata alle sue spalle.
Eutidemo sta invitando a NON entrare nella gelateria per un errore di battitura nella tabella.
Il filosofo Eutidemo viene travolto dalla folla al grido: "SI', vogliamo i gelati!"  ;D ;D ;D
#1619
Si ode un tuono minaccioso...
Il filosofo Garbino vento di tempesta entra in gelateria.
Commesso: "Desidera?"
Garbino: "Ha per caso visto Nietzsche?"
Commesso:"Non so...però c'è un uomo che entra ed esce di continuo. Eccolo ancora!"
Garbino osserva l'uomo.
Garbino: "Mi dia l'esatto gelato che prende quell'uomo".
Il commesso lo serve.
Garbino inizia ad entrare ed uscire, insieme all'uomo, di continuo.
Inizia  a tempestare e a smettere di continuo...  ;D ;D ;D
#1620
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
13 Ottobre 2016, 12:01:11 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Ottobre 2016, 09:49:55 AMGrazie altamarea, Quello che dici (e quello che dice anche Martha Medeiros) è vero. Certamente dovrò riuscire a superare questa crisi andando per la mia strada. Tuttavia la mia strada è, se vuoi, molto "originale" o meglio molto "solitaria"/"unica". Il punto è che a percorrerla sarei proprio da solo. Quindi il mio dilemma è il seguente: non ho idea di quanto sono "valido" a fare quello che voglio fare eppure so che non mi soddisfacerebbe nient'altro. La mia scelta in sostanza è tra una vita "pericolosa" e piena d'ansia a una che non mi soddisfacerebbe. Detto questo non sono d'accordo che sia un "dovere" essere contenti, dovrebbe essere un diritto. Tuttavia in un mondo dominato dalla competizione e dalla competitività il sorriso lo ha sempre "chi vince". Su ciò non sono d'accordo, eppure non vedo nient'altro che questo. Ritengo poi che tutta l'arte, o almeno gran parte di essa, nasca dall'infelicità e dall'insoddisfazione della "vita ordinaria". Anche perchè la condizione umana è questa: siamo in un mondo che è dominato da lotta e competizione e allo stesso tempo abbiamo una coscienza che ci dice che dovremo comportarci "bene", non sapendo mai cosa realmente significhi ciò. Quindi la mia domanda è: in un mondo dominato dalla competizione e dalla contingenza come vi comportereste se avete in mente due ideali: (1) riuscire a concludere qualcosa, (2) riuscire a rimanere un persona "moralmente decente". L'esperienza ci insegna che (1) & (2) non sempre vanno d'accordo.

Penso che ognuno di noi deve , un pò alla volta, ché non si tratta di un percorso agevole, realizzare la sua eventuale adeguatezza al mondo. Se non possediamo un carattere competitivo, non ci interessa primeggiare sugli altri, né con il potere , né con l'autorità, né con il denaro, ma si ritiene che si possa trovare un pò di serenità nella vita ( la felicità è fatta di momenti , attimi, non è una condizione duratura...per nessuno!) dedicandoci a quello che ci interessa  e che in parte è una spinta insopprimile, ci si dovrebbe , a parer mio, rivolgere a questo con passione e dedizione. Questo non significa viverlo come una sorta di sconfitta , come un " mi dedico alla filosofia, o all'arte, perché sono troppo imbranato per combinare qualcosa nel mondo" ( questo rivelerebbe in realtà che è proprio il giudizio su di noi del mondo che ci interessa), ma come un assecondare la propria natura, arrivando ad amarla, o meno prosaicamente nel "trovarvi pace".
"Concludere qualcosa" e "moralmente decente" sono definizioni che assumono un significato se ci confrontiamo proprio con quel mondo che noi riteniamo ci ritenga imbranati ( nessuno di noi pensa di esserlo se non si paragona erroneamente con gli altri). Ottenere un risultato è, per il mondo, un percorso fatto di competizione. Moralmente accettabile è una valutazione convenzionale umana se inteso come "moralmente accettabile per la società in cui mi ritrovo a vivere". I veri risultati e la vera etica morale risiedono in noi e non hanno nulla a che fare con il mondo, se non per come potremmo apparire per altri ( ma le loro idee su di noi ci riguardano fino ad un certo punto...). Bisogna però essere pure , in una certa misura, pragmatici. Consapevoli che i soldi servono per vivere, o sopravvivere dignitosamente ( del cibo, un tetto, dei vestiti sono necessari...) e quindi operare "anche" per procurarmi il necessario, ma con il nostro cuore non completamente schiavo di questa necessità e della sua infinita e inappagabile moltiplicazione, che vediamo dispiegarsi come autentica forza motrice della società odierna ( e forse di ogni tempo).