Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - green demetr

#1606
Tematiche Filosofiche / Re:Caso e necessità.
15 Gennaio 2022, 23:46:27 PM
Citazione di: iano il 15 Gennaio 2022, 23:18:40 PM
Ciao Green.
No sai quanto mi dispiace non aver,capito a mia volta la tua esposizione.
Credo anch'io che ciò che Bobmax nota sia inaggirabile, e infatti ho accolto l'obiezione , posto che quella l'abbia capita.
Se invece anche quella non l'avessi capita la espongo allora per come l'ho intesa.
Non può esistere il caso se non esiste il suo contrario , la necessità.
In alternativa non esistono entrambi., e io propendo per quest'ultima soluzione, intendendo che nin esistono nella realtà se non come strumenti attraverso i quali con essa interagiamo.
In effetti, se ci pensi, non occorre conoscere la realtà per potervi interagire, ne' il fatto che riusciamo a interagirvi è prova che la conosciamo, seppur approssimativamente.
Significa solo che sappiamo come fare a interagirvi, e in senso ancora più riduttivo che il fatto che siamo forme viventi è la prova che vi interagiamo, senza perfino dover sapere come.
Il farlo sapendo come in fondo è una relativa novità, e si chiama scienza.
Relativa perché nuova nella forma, ma non nella sostanza.
Se tu hai capito Goedel ti invidio, comunque in qualche modo riesco a inquadrare il suo pensiero dentro a una storia umana che progredisce non verso la verità, ma nell'incremento della coscienza di se' e degli strumenti che usa.
In sostanza Goedel senza forse volere, ci dimostra che possiamo usare utilmente strumenti che a malapena conosciamo, come ad esempio la logica, senza che la parziale conoscenza, che io estremizzando ammetto anche nulla, sia un ostacolo insormontabile.
A me sembra che questo progresso nella coscienza, nel farci vedere i nostri strumenti per quel che sono, renda sempre più inservibile il concetto di verità, declassandolo.
La nostra conoscenza passata presente e futura non contiene e non conterrà  alcuna verità , ma solo istruzioni per l'uso della realtà.


Immagino Goedel voglia dirci che una teoria non vale l'altra, e  che non hanno perciò un fondamento comune, se non nell'essere ognuna una coperta troppo corta per abbracciare la realtà, condannati ad usarle in alternativa, senza poterle cucire insieme all'uopo. Nell'ottica fisica ognuna vale come un diverso punto di vista sulla realtà.
Possiamo decidere di vedere la realtà come continua, o come quantizzata, ma senza fare teorie Arlecchino.
E ciò dimostra che la realtà non è una cosa, ne' l'altra.


:D  magari capissi godel, ho il suo libro a casa, purtroppo le sue annotazioni matematiche sono per me incomprensibili.
Mi pare solo di aver capito che il vecchio pallino dei matematici che la matematica si possa auto-dichiarare sia falsa. Infatti un gruppo veritativo deve essere dichiarato da un gruppo esterno per poter essere coerente.


comunque mi pare che anche tu lo hai capito quando parli di impossibilità di unire la teoria classica, con quella ad arlecchino come l'hai chiamata,  :D c'hai proprio ragione.


Si ora ho capito.  cit "Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore."

pensavo intendessi dire che l'inconoscibilità ci dice qualcosa sulla conoscibilità dell'osservatore.

per cui cercavo di capire in cosa consistesse questa conoscibilità.

In realtà tu intendevi dire proprio il contrario che la conoscibilità è solo un mezzo usata dal nulla che noi siamo.

Visione un pò troppo radicale per me ;) direi quasi buddista (ma dove sono finiti gli amici buddisti che frequentavano il forum a proposito!! che peccato che se ne sono andati  :-[ ).
#1607
Tematiche Filosofiche / Re:Metafisica del coronavirus
15 Gennaio 2022, 23:25:17 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Gennaio 2022, 09:17:47 AM

Metafisica dell'ominicchio

Covidemia è una instancabile fucina di ominicchi da talk show. Galimberti ed ora pure Cacciari per la filosofia nazionale. Resta Agamben a tenere in buona salute etica la nottola di Minerva e la dignità umana.


Salve Ipazia, non metterei Cacciari sullo stesso piano di Galimberti.
Cacciari ha dichiarato che il booster è stata una sua scelta, non per questo smetterà di fare contro-informazione.
Mi pare che confondiamo i piani dei discorsi: scambiare la questione democratica con la questione della legittima scelta personale non è cosa da fare.
Anche ascoltando Zhok, senza tirare in ballo lo stato di eccezione, che è una questione filosofica, soluzioni moderate a questa epidemia si possono facilmente trovare.
Dai recenti interventi del nostro, si è proposto di distinguere stato di eccezione (che perdura formalmente dal fascismo sino ai giorni nostri, figuriamoci se qualcuno ci ha mai più messo mano  :D ) dallo stato di emergenza.
Le critiche: lo stato di emergenza era capibile 2 anni fa, oggi mancano tutti i parametri di uscita da questo stato di emergenza.
Le leggi: oggi si procede tramite DPCM e decreti leggi.
Le critiche: i DPCM e i decreti leggi, passano a legge, senza alcun dibattito parlamentare.
La visione di Cacciari: il nostro si rifiuta di procedere per ragionamenti complottisti, e si riferisce alla situazione tragica in cui siamo, come ad un segnale emblematico di debolezza programmatica politica e sanitaria, per cui il popolo si aggrappa come può a certezze, che certezze non sono, per evitare i veleni della paura.
Critiche: l'informazione mediatica procede alla sistematica propaganda di queste certezze.
(ma certezze non sono, in primis perchè il farmaco è sperimentale).
Da cui la necessità etica (secondo la morale del nostro) di fare contro-informazione.
Critica: I dati italiani sono complessivamente diversi rispetto ai dati raccolti nel resto del mondo dagli stati uniti all'india, con l'eccezione naturalmente di cina e russia).
Le ultime notizie: la guerra civile americana sui diritti continua, la sinistra democratica si rifa ai risultati (disastrosi) di NY, e sopratutto all'Italia (con dati almeno in parte positivi).
I repubblicani si rifanno ai dati del nord-ovest, che sconfessano tutte le politiche restrittive di NY.
Si va sempre più verso una dicotomia insanabile tra politiche sanitarie.
L'alta corte suprema americana ha negato a Biden il diritto di fare i tamponi a casa alle autorità sanitarie (l'esercito) (lesione del diritto di prorietà privata).
A questo punto ogni stato deciderà se seguire Biden o meno (vedremo come continuerà questa guerra politica che ha al centro naturalmente il diritto dello stato di limitare il singolo o meno).
Una piccola vittoria che almeno in quella parte del mondo porta speranza (che almeno da qualche parte, non certo in europa, completamente in mano alle socialdemocrazie, la democrazia resista).
Per quanto riguarda Cacciari, io non sono così ingenuo come lui.
Scambiare per complotto i fatti è abbastanza naif.
Le indagini parlamentari fatte dai repubblicani, hanno portato a galla tanto di quello schifo, che sinceramente sorrido a chi continua a chiudere occhi e bocca (ok forse quella è meglio tenerla chiusa e così farò).
Dico solo, ok Cacciari è un ingenuo, ma eticamente non va toccato.
Anche perchè Cacciari la faccia ce la mette sempre, sta comparendo in una marea di zoom con piccole associazioni, cercando di dare un senso realista alla questione politica.
Oscillando tra le sue ultime considerazioni (sulla morte dell'utopia) e tiepido ottimismo che sconfina nell'illusione (ma d'altronde mostrando una coerenza nella natura naive di credere nelle persone e nella politica che lo contraddistingue da almeno 30 anni a questa parte, e di cui apprezziamo sommamente le brillanti analisi storiche dei fenomeni contemporanei).
Certo Agamben è un intellettuale superiore, sia in quanto a sensibilità sia in quanto a ricerca documentaria, inflessibile nel giudizi, ma schivo, restio al dialogo con  il sistema mediatico.
Insomma una personalità infinitamente meno rilevante.
Voglio proprio vedere tutti i critici di Cacciari quando Cacciari non ci sarà più.
La morte di Cacciari (il più lontano possibile speriamo) coinciderà con la morte della filosofia politica in toto.
I giovani come Fusaro o Zhok (con Zhok che rabbrividisce all'accostamento con Fusaro  :D )

Non sembrano avere il background del nostro eroe preferito.

Ciò nondimeno sia il primo che l'altro stanno dimostrando di avere grandi capacità sintetiche e almeno per quanto riguarda Zhok anche una grande praticità nel dialogo interno alla sinistra, Fusaro ormai avendo voltato a destra (una destra con idee di sinistra dice lui...boh).

La proposta di uscita da questa epidemia fatta da Zhok mi pare l'unica percorribile.
Purtroppo vi sono tematiche politiche che il buon Zhok come il buon Cacciari non vogliono proprio percorrere: peccato! perchè le agende della tecnocrazia sono ben note, e anche pubblicate!  :D 
ma vabbè chi legge al giorno d'oggi? :D
#1608
Tematiche Filosofiche / Chi creò chi
15 Gennaio 2022, 22:32:53 PM
Citazione di: viator il 10 Gennaio 2022, 19:13:20 PM
Salve. Ennesima riflessione stupidina. A proposito della cosiddetta "creazione".




Pensavo : ma chissà se fu Dio a creare l'Uomo o piuttosto l'Uomo a crearsi un concetto di "Dio".




Come già sapete, io non brillo mai per originalità. Ma che quesito infantile !




Pensavo comunque a quale delle due ipotesi la logica umana dovrebbe tendere, tralasciando ogni diverso impulso psichico, spirituale, educativo................




Orbene......a me pare che l'esistenza di Dio (quale Entità o che altro lo si voglia in sè supporre) risulti, secondo logica e filosofia, possibile ma non certa (non mi risultano dimostrazioni della sussistenza di una sua ontologia).




Sempre secondo me, trovo che logicamente e pragmaticamente l'esistenza dell' Uomo sia invece una realtà, una certezza (magari convenzionale, magari discutibile in chiave nichilistica........ma negando ontologia all'umano.....non si capirebbe in qual modo si potrebbe poi attribuire una qualsiasi ontologia al divino !!!)




All'interno di queste mie tesi, assecondando una interpretazione fideistica, avremmo quindi un Creatore il quale forse esiste ed un Creato il quale esisterebbe certamente




Ma secondo logica, cosa vi appare più probabile ?. A me pare più probabile che sia stato l'Uomo (il certamente esistente) ad aver creato il concetto di un Dio (solo possibilmente esistente e pure incredibilmente incorporeo e silenzioso).




Saluti.

La domanda non è affatto stupida, anzi è una di quelle che rimarranno sempre insolute.

Io sono d'accordo con te, la certezza del creato è l'unica amissibile ontologicamente.

Quella Divina è invece soltato deducibile inferenzialmente (teleologicamente), una volta che si è capito di essere creature create (per così dire, nel 3d sulla Bibbia penso si possa capire che la cosa non è cos' facile, per me  ;) )

Quindi anche l'ontologia di Dio è decidibile (sebbene posteriormente), forse su questo dissentiamo.
#1609
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
15 Gennaio 2022, 22:21:41 PM
Non ho ben capito dove risieda la novità del pensiero.

Allora provo a riassumere, vediamo se ho capito.
Tu dici che l'indecidibilità sia comunque all'interno di una necessità.
Questo però andrebbe contro i principi di godel, che ha confutato l'impossibilità per un sistema di essere coerente al suo interno.
Ossia che necessiti di un altro piano che ne affermi i principi.

Ma dunque prendiamo i 2 casi.

Nel primo caso, quello classico, ammettiamo che i principi sia coerenti in base ai risultati di una ricerca random.
Nel secondo caso, ammettiamo che il sistema B dia al sistema A i principi necessari a che A scopra la sua coerenza interiore come nel caso classico.

Ora la necessità nel caso di A sia quella che i principi indeterminabili, siano dei fattori statistici che rispecchiano una legge altrimenti indecidibile.
La necessità nel caso B invece è la stessa legge statistica che decide della coerenza del sistema A.
Diciamo che il tuo discorso è forse capibile all'interno dell'esempio classico, dove la necessità è determinata a posteriori e quindi idecidibile se non nel suo farsi, perciò approsimativa.
Nel caso due invece è evidente l'aporia, infatti staresti dicendo che esiste una statistica che preveda una coerenza, ma questa coerenza in realtà è stata data soltato a posteriori, e il sistema B è la patch con cui la scienza si fa guerra in questi giorni sulla supposta coerenza interna DECIDIBILE.

In un qual senso penso di capire cosa intendi, all'interno di un sistema indecidibile, affermi non la coerenza come punto focale, ma la necessità stessa come chiave di lettura.

Rimane la critica che ha fatto bobmax comunque inaggirabile, infatti nessuno può dire che esista una necessità (men che meno nel caso in cui si lavori in un campo univoco, infatti le necessità sono tante e quante la legge statistica viene costruita).
Voglio dire che esisterebbe un grado di indecidibilità della necessità, il che è aporetico.

Comunque è interessante il cambio del punto di vista focale, in fin dei conti non è proprio quella che fa l'idelismo tedesco? Ossia partire a priori dal dato di una necessità, e poi svolgendo i suoi temi sulla indecidibilità. delle preposizioni.

A livello di matematica però non funziona nè nel primo caso, nè a maggior ragione, nel secondo caso.
O forse non ho capito bene il tuo pensiero.
#1610
Citazione di: Ipazia il 15 Gennaio 2022, 21:45:04 PM
Che la realtà obbedisca sovente all'eterogenesi dei fini sono l'ultima a negarlo. Ancor più spesso è generata da un'eterogenesi dei casi, inclusiva di chi non ha nemmeno la possibilità di possedere dei fini.

Ma ciò non vale nella ricerca scientifica, sia essa disinteressata o sponsorizzata. Semmai saranno i risultati della ricerca a seguire strade impreviste. Ma l'intenzionalità c'è, pesa, e condiziona il mondo del sapere. E la verità, possibile e transeunte, a cui attingiamo la nostra visione del mondo.


Ciao Ipazia, potremmo ben dire che però nell'eterogenesi dei fini si ha bisogno proprio della capacità tecnica di piegare l'opinione altrui.


In questo senso la scienza è di per se l'arma più potente. Non capisco perchè leggerlo come una questione impersonale sia tanto un problema (sto leggendo Preve).


In questo senso la tecnica usata politicamente (per il bene o il male che sia) ha comunque un effetto prevaricante, e questa prevaricazione crea un cortocircuito impazzito per cui poi qualsiasi comunismo decade.

Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.


Infatti in parte riconosco che l'accettazione passiva di un tale assunto, appunto la tecnica come destino del male sia una forma ideologica propria della borghesia imbolsita e incapace di dialogare col proletariato.
Dico in parte perchè non necessariamente l'accettazione porta ad un pensiero passivo (ma indubbiamente è giusta la critica previana).
Quante cose interessanti di cui parlare, è un peccato che forse ci fanno fuori  :D .
#1611
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM

Tutti sappiamo quale sia la differenza tra una affermazione falsa ritenuta vera e una menzogna. Qual è il motivo per cui nella nostra società si dà, almeno apparentemente, così tanta importanza alla verità? E questo sembra innegabile quando si assistono a varie polemiche tra individui nei quali il motivo del contendere poggia sul determinare la verità di un fatto. A complicarci le cose interviene che molte nostre affermazioni, da altri ritenute false, non possano essere confutate sul piano logico. Sarà vero? Cosa può suggerire tutto ciò? La domanda che pongo infine è questa: Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?




La menzogna ha un peso rilevante nella nostra società poichè come insegna Macchiavelli, nasconde il vero obiettivo del politico.


Se io mento su un tema, non ho paura delle reazione del popolo, sia che il popolo la accetti, sia che non la accetti, l'importante è che non si accorga del vero intento del politico.
Poichè il popolo è distratto, il politico raduna l'esercito verso il luogo particolare da attaccare.
Dunque la menzogna è tattica, e la strategia è l'attacco militare (qui non è importante la distinzione se l'attacco sia interno o esterno).


Dunque al menzogna è una questione con cui si fa politica. Il politico che non mente, è uno sprovveduto.




Per quanto riguarda il tema della formalità della proposizione vera (o falsa) è legata alla questione giuridica, infatti la legge svia la realtà non tanto sui fatti avvenuti, bensì sulla loro interpretazione, di modo che i ricchi la fanno franca e i poveri no.
Basta che una proposizione sia indecidibile e il malvagio la fa franca.




La verità del fatto naturalmente è importante perchè riguarda l'utilità che ad essa si da priorità.


Se dunque è vero che il mio albero sconfina nel tuo giardino, ecco che il fatto che la parte dell'albero stia dentro il tuo giardino, vuol dire che l'albero è tuo.
E questo giuridicamente è vero.


Eppure è un fatto che l'albero è tuo e contemporaneamente mio.
Ma per evitare inutile spargimenti di sangue, la società ha bisogno di dare al fatto un grado di fatticità unilaterale.


In questo caso il fatto però esiste, comunque si tratta di un albero.


Chi invece mente dicendo che l'albero non è un albero Bè se uno non è scemo capiamo che siamo nell'ambito politico.


Dunque abbiamo un livello societario-unilaterale (giuridico), un livello giuridico-formale(politico) ed uno politico strategico (politico).


Dunque possiamo ben dire che la nostra società si basa sulla menzogna.


Ma la menzogna ha bisogno della verità.

Per questo la verità è così importante. Se non vi fosse verità, nessuno userebbe la menzogna per dominare.


Grazie degli elementi di riflessione, sono soddisfatto della mia risposta. (no non è una menzogna  ;) )
#1612
Citazione di: Jacopus il 15 Gennaio 2022, 17:08:59 PM
Ipazia. Quest'ultimo passo di Nietzsche è la prova di come il positivismo, se non diventa scientismo, sia fondamentale, per trovare un senso comune che superi il prospettivismo e che confuti il "parlare a caso" come a proposito degli istinti come "sete di dominio". Ne è stata fatta di strada a proposito della conoscenza dei nostri istinti, proprio grazie alla cultura "positivista", quella dei fatti oggettivi e i nostri istinti sono qualcosa di molto più complesso e variegato di una generica "sete di dominio".
Sete di dominio, nella descrizione nietzschiana, che ancora una volta riporta ad una visione distorta dell'uomo, o nel senso di auspicare una Civitas Dei, in grado di mondare l'uomo e la sua sete di dominio (posizione che Nietzsche, come noto, attacca), o nel senso di liberare quella "sete di dominio" dai suoi sensi di colpa, per permettere l'espressione creativa e totale dell'ubermensch. Nessuna delle due, queste sì, "interpretazioni" è reale. Questo discorso ne porta con sè, un altro. Ovvero quello di far parlare fra loro la filosofia e la scienza (in questo caso la biologia e le neuroscienze) poiché altrimenti restiamo appesi all'ipse dixit, oppure alla lettura della filosofia come un piacevole romanzo letterario alla Musil.


C'è scritto all'inzio: contro il positivismo!

Vedi come è bizzarra la lettura fallace del pensiero nicciano.

E' infatti nell'ordine delle cose, che il positivismo coltivi dentro di sè la pretesa del dominio della sua idea contro quello dell'altra.

Idem la lettura della psicologia sulla volontà di potenza.

La volontà di potenza non è qualcosa che si faccia addomesticare, ma invece proprio quella che determina le fantasie del positivismo (ossia il dominio dell'uno sull'altro) come ossessivamente da raggiungere.
E dunque opera una violenza supplettiva, direi crudele, sulla visione distruttiva delle istanze del positivismo.

La lettura di Musil non è qualcosa di piacevole, se si intende che le tempeste di Musil sono qualcosa anzitutto da introiettare.

Se non se ne ha la capacità è dovuto alla carenza affettiva, e la carenza affettiva è dovuta al vuoto pedagogico operato dal positivismo.

Affettivo qui intenso come sensibilità alla lettera, la lettera come educazione al sentimento.

Quando lessi i turbamenti del giovane torless, ne rimasi sconvolto, e quando pochi mesi iniziai a leggere (infine) l'uomo senza qualità, ne capii subito l'immensa portata.(ovviamente ho letto solo poche pagine iniziali  :D )

Vi sono autori che cambiano le vite, poichè ci portano a conoscere emozioni che noi abbiamo accuratamente sepolto o semplicemente non abbiamo mai vissuto.

Dunque leggere con piacevolezza questi autori, la dice lunga di molte altre cose, che però a me non interessano.
#1613
Citazione di: Kobayashi il 15 Gennaio 2022, 09:34:58 AM
A N. interessa spiegare la storia e la vicenda fisiologica di un valore, di un precetto morale, in modo che si realizzino due cose:
a) liberazione da quel valore che è sentito come un peso, come un meccanismo di assoggettamento (e va notato che la ricostruzione storica di tale valore può avvenire solo se già ci si sente distanti da tale valore, e lo si guarda come un problema);
b) e dopo l'epurazione ecco il momento positivo, cioè creare il proprio ideale, diventare legislatore di se stessi. La presenza di una positività, di un'offerta filosofica, diciamo così, secondo molti interpreti è un punto debole del pensiero di N., il quale non sarebbe andato al di là di una critica distruttiva. Invece bisogna capire che N. proprio in coerenza con il suo pensiero può essere al massimo l'"accompagnatore spirituale" di coloro che vogliono liberarsi dai precetti delle morali tradizionali e, arrivando a conoscere realmente se stessi, diventare quindi i legislatori di se stessi. Ma queste legislazioni non possono essere che singole, non possono che valere solo per il singolo individuo [su tutto ciò, il brano n.335, "Lode alla fisica!", in "La gaia scienza"].

Bisogna capire bene però da dove viene questo essere legislatori di se stessi.
Poichè se fosse così allora cadremmo di nuovo in una soggettività qualsiasi.
Il che mi pare strano e contradditorio rispetto al fatto che per Nietzche il soggetto è sempre fantastico.
Indubbiamente ad una prima lettura che va in profondità, ma non abbastanza, la questione della soggettività come appannaggio della religione (e del sacro) parrebbe portare ad un soggetto pronto a ri-giocarsi le carte del suo agire, o quantomento a ridefinire le strategie, e quindi di conseguenza le tattiche.

Ma in Nietzche il rapporto con l'originario è chiaro.
Infatti noi siamo deserti attraversati da un vento.

Il vento non è una questione del clichè storico-pragmatico come ti ha giustamente fatto notare
Paul.
Naturalmente come ho già spiegato a Paul, di quel vento Nietzche non parla.
O almeno non prima della parte prima.

Nella seconda parte, il viandante e la sua ombra, inizia (e anzi continua visto che lo scritto èstato scritto dopo lo zarathustra) la parte che contempla la vista dal deserto in cui siamo, dove si cominiciano a disegnare i temi più propri della filosofia nicciana.
La montagna, gli amici, l'allontanamento dagli amici (gli addii).

In questa seconda parte le questioni si complicano non poco e come ho già detto non riesco a seguirle fino in fondo.

Naturalmente ad una prima lettura di UTU le cose che meglio si ricordano sono quelle legate all'antimetafisica, che d'altronde tu meglio di Paul hai capito.
Ma nel contempo Paul legge meglio di te (virtualmente, poichè si ferma prima alla critica scientista del nostro) la questione dell'origine.

L'origine non si situa nelle tematiche del fenomeno, ma della relazione tra ciò che appare e ciò che teleologicamente lo porta ad apparire (il das ding di kantiana memoria).

Rendere relativo ciò che non può essere relativo vuol dire cadere nell'aporia.
Ma la metafisica si occupa della verità e non dell'opinione.
Ossia ricerca la relazione tra il das ding e il fenomeno.

Naturalmente la metafisica è caduta dall'essere all'oggetto.
E nel mondo degli oggetti, a mio parere, non si recupera niente dello spirituale.

Al massimo si collezionano idee e sentimenti.
Ma è appunto nel momento del collasso, ossia della disillusione che queste collezioni portano qualcosa di vero nella  nostra vita, che intuitivamente i filosofi più accorti intendono che il centro di gravità della felicità non sta nel feticcio, bensì nella relazione tra ciò che spira dal nostro animo, e il fenomeno.

In una analisi ulteriore e quindi ad un grado terzo di difficoltà, i massimi pensatori (Bruno, Leopardi, Nietzche) notano che il fenomeno ha un centro di gravità totalmente separato da quello che ci aspetteremmo.

Dunque se il soggetto è decentrato rispetto ai suoi feticci, il suo desiderio è decentrato rispetto ai fenomeni che osserva e indaga, ma non come oggetti bensì come relazioni.

dunque il soggetto che è decentrato rispetto alla collezione di oggetti che egli è e cioè decentrato rispetto alla natura, scopre astrattamente che il fenomeno appare lontano da quel logos che lui vorrebbe essere amico della natura.

esiste un logos del fenomeno che si avvita al male, e un logos del soggetto che si avvita alla relazione  con la natura (in quanto astrazione), e dunque pensa al male.

Il pensiero del male è esattamente il tema del destino, che nietzche chiama nichilismo.
leopardi più consonamente chiama natura, e gli ebrei chiamano male.

Dunque la natura è il male.

E l'astrazione da questo male è il bene.

Questo è il percorso delle religioni mitiche.

Ma i primi ad aver capito che tra il bene e il male esistono ulteriori entità, ossia gli angeli, sono stati gli ebrei.

Ma come poeta Rilke: chi oggi invoca gli angeli? chi è mai così pazzo da invocare il terrore fatto persona?

Oggi siamo bloccati in un pensiero borghese lassista, e senza alcun senso di marcia.

Eppure poeta Rilke o Lepardi; eppure di fronte al fenomeno quanti echi è in grado di percepire la nostra anima?

Sentiamo l'infinito,  chiamato sublime dai romantici.

Il pensiero Nicciano smaschera questo tema romantico, vede i fantasmi che abitano il romanticismo, e prefigura una via della luce, della ragione.

Ma questa ragione, ragiona con gli angeli.

Ragiona con l'infinito, senza volergli dare una maschera, è anzi consapevole delle infinite maschere che il soggetto di continuo è.
Egli le rifiuta tutte, questo è il compito dell'uomo morale.
E su questo penso tu kobayashi hai capito perfettamente l'input.

Ma rifiutare la maschera non significa cadere sull'oggetto.

Nietzche aveva una sua cosmologia, ma era irrilevante per la sua filosofia.

In quanto per dirla in breve, in quanto deserto, in quanto desertificato, e quindi senza maschera, ci scopriamo per quello che siamo contenitori di entità diverse.

Ma queste entità sono ciò che da origine alla vita. Ossia il vento.

Di questo vento noi possiamo parlarne, in quanto noi siamo deserti comunicanti.

Che cosa ci comunichiamo? Ci comunchiamo l'esistenza di queste forze naturali.

Queste forze naturali si chiamano angeli per la tradizione ebraica.

Ossia le forze del male.

Noi siamo testimoni della violenza inusitata e sproporzionata rispetto alla nostra desertificazione.

Ci accontentiamo dei cactus o al massimo dei cespugli volanti che popolano il nostro deserto, ma che ne sappiamo di quel vento?

Non sappiamo niente, se non che ci attraversano, e quando ci attraversano infiniti universi si agitano in noi.

Ma è solo un momento poi il vento cessa.

E di nuovo comunichiamo delle nostre tempeste, ad altri deserti.

E non è forse quello il LOGOS FONDAMENTALE?

Non è forse quello il luogo del pensiero, il pensiero non è forse l'esito di queste tempeste?

Non è forse la traccia di quello che è passato?

Perchè siamo comunicanti? Domanda che apre un mondo di fantasie, ma rimane il fatto che siamo comunicanti!

Il filosofo massimo parte da questa comunicazione, non si illude dei suoi fantasmi.

Anzi attende con apprensione e insieme desiderio che un nuovo vento lo colpisca lo investa lo ravvivi.

certi deserti invece credono che la risposta siano i cactus.

questa è la differenza tra l'uomo normale, e il il filosofo metafisico.

Per questo la filosofia è un intreccio necessariamente di logos e amore, o sentimento.

il logos si impianta, parte dagli sconvolgimenti dell'animo, ossia chiamiamo l'animo ciò che l'anima (anima mundi) lascia come traccia indelebile del suo passaggio.

Ecco perchè il bello, e l'arte e la poesia e la letteratura sono cose supreme.

Perchè ragionano con noi di questi passaggi.

Pensiamo a pensatori tellurici come Kafka, Dostoevskj o Rilke.

La loro capacità di portare il segno di questi passaggi, il vento che sembra magicamente passare dall'immaginario (il luogo dove il passaggio lascia la traccia) e portare a noi VIVO il senso di smarrimento rispetto a quei venti, a quelle tempeste.

Perchè mi sentivo vivo quando leggevo quegli autori? perchè mi hanno insegnato a ragionare di quei venti di quelle tempeste.

Vette insuperabili, a cui ci è toccato il dono di leggere.

Ma dentro di noi vi sono vette altrettanto alte. Le sappiamo comunicare, sappiamo lavorarci con i segni di quei passaggi?

Molto difficile. Ma dobbiamo essere onesti sul perchè non lo facciamo.
Per questo nessuno legge Nietzche e lui lo sapeva.





#1614
Citazione di: Kobayashi il 14 Gennaio 2022, 15:27:53 PM
Interpretazione molto interessante quella di Severino ma devo dire che la prima impressione è che esprima qualcosa di opposto allo spirito dei due brani più noti in cui Nietzsche parla dell'eterno ritorno ("Il peso più grande" [341] in "La gaia scienza" e "La visione e l'enigma" dello "Zarathustra").
Mi riferisco all'aspetto dell'eterno ritorno in quanto prova per capire fino a che punto si è pronti a dire sì alla vita. Prova che naturalmente se viene meno la "maledizione" della ripetizione all'infinito dello stesso istante perde completamente di senso, anzi, nell'ipotesi di poter cambiare la storia, e quindi anche la propria vicenda umana passata (ma poi come?), la singola azione non diventa troppo leggera?
Se poi il cambiare il passato viene inteso come semplice reinterpretazione della propria storia non mi sembra che la cosa abbia grande profondità filosofica: è infatti qualcosa che facciamo continuamente...
Ma devo leggere il testo di Severino per capirci qualcosa... mi riprometto di farlo nei prossimi mesi.


Credo Kobayashi che non dobbiamo leggere la volontà nicciana come una questione di azione nel mondo fisico, ma come di qualcosa di trascendente.
Comunque io e Jacopus ci stiamo riferendo ad una lezione che si trova su youtube non al libro intero.
Effettivamente prima dell'enigmatica pezzo dello zarathustra, ci sono i pezzi che parlando di cambiare la storia.
Quello che rimane enigmatico è comunque il pezzo sulla gaia scienza, non ho mai sentito alcuno pronunciarsi su quello.





#1615
Citazione di: Jacopus il 13 Gennaio 2022, 15:49:48 PM
Dico la mia solo sul punto 1 della discussione Paul/kobayashi, memore della lezione di Severino, facilmente rintracciabile su you tube. L'eterno ritorno non è il riproporsi di un mondo ciclico alla Vico ma qualcosa di più sofisticato che è collegato con l'immutabile, il divino e la creatività dell'uomo.
Sinteticamente, l'eterno ritorno è il contrario del ritorno ciclico della storia. In realtà è  la necessità di reimpossessarsi del passato, affinché il passato con la sua massa "fissata" dalla storia, non precluda la via all'eterno divenire. L'eterno ritorno è la figura sublime del mutare di tutte le cose e della necessità (non un sollen, specifica Severino) che il mutamento acquisisca anche la possibilità di mutare il passato, la storia, perché altrimenti quel accumularsi definitivo di eventi del passato non fa altro che distruggere la possibilità creativa dell'uomo e genericamente di tutto l'universo. Quindi non solo una teoria che abbandona la divinità e il suo servitore terrestre: la tradizione, ma una teoria che si affaccia al limite estremo del divenire, un divenire che deve intervenire, per realizzarsi, non solo nel futuro ma anche nel passato. L'eterno ritorno è quindi la possibilità di poter cambiare "filosoficamente" il passato o non considerarlo o reinventarlo, perché solo così è possibile il divenire come libertà e creatività dell'umano.
Ci sono ovviamente altre interpretazioni dell'eterno ritorno nietzschiano, ma questa di Severino mi sembra molto interessante e in grado di suscitare ulteriori riflessioni.


Molto bene!  ;)


Non vi è dubbio che la spiegazione di Severino è corretta.
Se non fosse che per Severino il tempo è la necessita della contraddizione originaria, ossia l'apparire del fenomeno.
Devo dire che Severino riesce a tematizzare la temporalità laddove Hegel ci lascia in eredità un bel punto interrogativo.

Peccato che la ricezione di Severino sia ancora embrionale in Italia.
In effetti ci sarebbe da pensare ancora molto. Una conferenza suppongo non possa esaurire la complessità di un libro intero (cit: Severino: l'anello del ritorno).
Anche se temo che Severino sterzi, portando il discorso sulle sue tematiche piuttosto che quelle di Nietzche.
#1616

IN BLU LE CONSIDERAZIONI DI PAUL

1) Nietzsche non si pone il problema di come l'universo si sia costituito, lo prende come dato di fatto ,da non considerare l'origine dell'universo.

Paul cosa c'entra l'origine dell'universo con la cultura?
Ricordiamoci che Nietzche non è un metafisico, non nel senso classico almeno.
L'origine dell'universo è solo una teoria, un matema.
Nulla infatti mi vieta di pensare l'universo come infinito e increato.

2) E' la ragione, la facoltà intellettiva il discrimine che origina la morale. L'uomo "ragionevole" per Nietzsche non è morale: e questo è un enorme errore. Si dice infatti che la natura ,gli animali privi di ragione ,non siano morali, l'uomo non è identico alla natura e Nietzsche daccapo non capisce la differenza fra natura e cultura. Non la supera affatto ,non avendola compresa.

Nietzche non critica la natura, ma critica la cultura.
Il soggetto morale non è un soggetto naturale.
Non vi è insomma la solita contrapposizione tra naturale e culturale (che per esempio anima secondo alcuni il pensiero antico, anche se io nego anche questa ipotesi).
Nietzche è un critico del Platone etico-morale.
Sebbene io identifichi l'etica come un processo di morale critica piuttosto che di morale naturale (come invece ho appreso recentemente da Cacciari sia la vera radice significante)
Insomma capisco benissimo Nietzche che la morale o etica che si voglia dire è una morale dell'uomo che si eleva criticamente sul mero dato di fatto (che per Nietzche appunto non esiste in quanto tale, ma in quanto processo storico).
Ma in fin dei conti la questione di questa critca morale è a monte, appunto nella nuova metafisica che disegna, tramite domande e indicazioni sulle future nuove strade dell'umanità (il superuomo per abbreviare).
L'uomo che va tratteggiando nei pezzi da te citati, non è il superuomo, ma l'uomo normale, normato, non naturale, anzi giammai naturale.
Ma siccome il giammai naturale, si è rivelato un pensiero troppo in là per te ed altri amici del forum, possiamo anche rimanere al fatto che Nietzche non è interessato all'uomo naturale.
Dunque non è una questione che non distingue, la distinzione è reputata cioè scorretta in termini analitici(critici), nel substrato superiore che noi chiamiamo linguaggio.
Se il linguaggio determina qualsiasi fatto, allora anche il fatto naturale, sarà artificioso (e dunque non naturale).
Per recuperare la naturalità possiamo cioè dire che l'uomo deve trascendere il proprio discorso, ed arrivare al pessimismo Leopardiano.
Nietzche e Leopardi pensano la stessa cosa.
La naturalità è l'apparire del destino mortale e illusorio del mondo.
Dove l'illusione e il mondo sono concetti umani e il destino è il concetto metafisico.
Rispetto alla metafisica classica manca la relazione tra natura (matrigna) e umanità, ma questo perchè sia Nietzche che Leopardi vedono chiaramente la relazione come una illusione.
Altri come Hegel o Kant o Platone o Aristotele vedono una ordinazione.
Altri ancora come te Paul o me o Heidegger, ragioniamo sull'ordinazione in fieri, ovvero come destino (non ancora scritto).   
Una ordinazione in fieri, una lavoro di comunione filosofica questa è per la metafiscia classica la strada.
Ma per Nietzche questo lavoro è stato anzitutto dimenticato, e poi reso impossibile dalla morale.
Sul fatto che non esista una etica naturale in Nietzche di livello metafisico come da Platone a Leopardi, ci porta poi a pensare che il suo naturalismo meccanico sia inferiore a quello dei pensatori su menzionati.
Abbiamo già detto che accogliamo volentieri questa critica, ma bisogna capire come mai il nostro non ragioni e mediti su questo particolare segno fenomenico.
Perchè egli non fa altro che una cronistoria di come stanno le cose: che il meccanicismo e lo scientismo sono l'oggi e che questo oggi è determinato da questioni del passato.
Ossia possiamo immaginare che Nietzche avesse a mente questo meccanicismo, ma che lo adottasse solo per i suoi fini, ossia quello di smontarlo pezzo a pezzo fino a distruggerlo.
Non era interessato dunque al meccanicismo in sè, ma del come si fosse giunti alla sua accettazione, al di là che probabilmente anche lui avesse in mente una sua cosmologia.
Noi gli rimproveriamo questo calo di concentrazione, ma teniamo conto che veniamo da un secolo di grandi rivolgimenti scientifici dove ogni cosa certa è stata smantellata e sostituita da modelli e teorie per lo più di origini statistica.
Nietzche viveva ancora in un periodo di certezze fisiche.
Ma la sua grandezza viene da un pensiero molto più originario.
Per noi metafisici si tratta di trovare quelle traiettorie del pensiero che si intersecano col Maestro, che senso ha Paul concentrarsi sulle sue mancanze.
Sono mancanze per noi ricordiamocelo, non possiamo estenderle universalmente. O almeno non possiamo pretenderlo da un anti-metafisico come Nietzche.


3) l'irresponsabilità nasce dalla considerazione che non essendovi morale l'uomo non è responsabile degli effetti delle azioni, ma non solo l'uomo non ha una libera volontà.
Apre al concetto utilitaristico moderno che surroga la morale. Nietzsche è un conformista, altro che profeta rivoluzionario.


No appunto lui insieme ai moralisti francesi critica l'utilitarismo.
Semplicemente descrive la modalità in cui l'uomo si appiattisce, rinunciando alla libera volontà.
Non vuol dire affatto che egli vi partecipi.


4) l'uomo saggio di Nietzsche è un vaneggiamento privo di fondamenta ragionevoli. Cosa significa saggio? Socrate e Platone lo definiscono al contrario di Nietzsche, in quanto uomo di conoscenza, di morale e di responsabilità.

L'uomo Socratico è un uomo ordinato (al bene), il super-uomo è l'uomo che convive con il caos (Leopardi).
Ossia non esiste alcun bene (Leopardi).
Possiamo ben dire che Leopardi e Nietzche sono le gigantomachie che guardano negli occhi la morte e decidono che la morte sia il male.
E dunque desiderano la morte, poichè desiderare la morte è il sacrificio supremo.
L'uomo greco invece si ordina a morire.
Per entrambi la metafisica è l'ordine del discorso che attendendo la morte si fa comunità, ossia entrambi puntano l'oltrepassamento del terrore della morte.
Entrambi abbattono la madre.
E questo è eroico e immortale.
Perciò non resta che morire stoicamente come fece Socrate.
Eroico e immortale è cioè proprio questo morire.
E questa è la saggezza di tutti i tempi.
La razionalità a cui invece tu ti riferisci è una semplice modalità dell'intelletto, ma l'intelletto non è ancora anima, e l'anima non è ancora Dio.
Dunque perchè pensare che la razionalità sia il cuore pulsante della filosofia?
Non lo è affatto.
La razionalità è solo un mezzo per arrivare alla metafisica, ma ve ne sono altri.
Nietzche ha tracciato una nuova strada con le sue sole forze: lo trovo straordinario, sopratutto perchè l'orizzonte che dischiude è molto più ampio di chi pretende l'ordinazione (sopratutto matematica come pretendevano i pessimi Platone e Aristotele).
Non sono mai stato con loro, anche oggi, in questo tempo che disperatamente avrebbe bisogno di imparare da Platone e Aristotele.
Io vedo la loro etica come una tappa, non una meta.
Ma suppongo che siano punti di vista.

5) Nietzsche è convinto di una evoluzione progressista, daccapo questo è conformismo positivista, in cui sono caduti tutti gli pseudo rivoluzionari moderni (che infatti non sono riusciti a cambiare di un niente il sistema cultur tecnico moderno), compreso lui stesso.

Direi proprio di no, basta che ti leggi i suoi pezzi giovanili contro la storia!
Anzi è proprio questa negazione del progresso della storia, che Nietzche è una lettura inutile per molti marxisti.
Ripeto tu stai a torto o a ragione criticando la questione del meccanicismo fisicalista in cui il nostro è caduto.
Ma Nietzche non si interessa a quello per niente!
Probabilmente come gli studiosi delle fonti di Nietzche hanno appurato, Nietzche si era fermato alle teorie di Bosckovic, in cui si respira l'atomismo di Lucrezio.
Dove in un sistema unitario a si muovono infinite particelle, infinite di numero ma non di traiettoria in quanto in un sistema unitario sono costrette a percorrere prima o poi lo stesso tragitto.(qualcuno ha unito questa teoria rivoluzionaria e ancora oggi poco studiata, mi pareva di aver capito all'epoca, con la questione dell'eterno ritorno, per cui anni fa dicevo che questa cosa dell'eterno ritorno, al massimo è la cosmologia di Nietzche, ma non vi sono elementi filosofici rilevanti, siamo noi, oggi che vediamo molto bene come i modelli scientifici una volta messi a soqquadro da Godel (una volta per tutte) sono istericamente improntati ad affermazioni grossolane (anche quando argomentate con finissimi strumenti matematici), e in costante guerra tra loro, che ragioniamo dell'eredità pesante del neo-positivismo e delle sue conseguenza politiche. Nietzche è il profeta delle astrazioni più complesse del pensiero, ma non dei vari matemi, a cui invece era molto appassionato (la sua biblioteca di fisica era copiosa a testimonianza di una grande curiosita scientifica).
Nietzche non è mai stato un critico della scienza, ma degli uomini, e poichè la scienza è fatta da uomini, ha predetto senza tema di smentita che la scienza avrebbe portato a determinati esiti (nichilismo).
La capacità predittiva e il suo grande testamento è spirituale, egli non ha mai tematizzato una critica della scienza, come hanno fatto alcuni pensatori del novecento (khun o fayerbard), nè ha mai potuto pensare radicalmente la scienza nazista o la psichiatria russa.
Non vi è una critica della morale nel senso di una messa tematica di cosa sia la morale, ma piuttosto tutto ciò che viene prima della messa a tematica di qualsiasi cosa (e dunque anche della morale).
La genealogia e la filosofia a martello, sono strumenti non tematiche.
Le tematiche di Nietzche sono quelle meno lette e meno pensate, perchè riguardano questioni metafisiche come il trascendente.
Oggi qualcuno che non sia uno gnostico riesce anche solo a  reggere quelle considerazioni?
Io penso di no! perchè ancora siamo nel tempo in cui come diceva Montale "Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!".
Io capisco che è facile fuggire da Nietzche, ma un intellettuale onesto, non deve farlo.

6) L'uomo è innocente, poichè non ha creato le sue condizioni esistenziali: su questo sono d'accordo se Nietzsche intendesse questo.
L'uomo sula Terra non deve espiare nulla, l'uomo non ha colpe.


L'espiazione ebraica è il tema del male amico Paul.
Non è che l'uomo ha colpe: semplicemente il male è dentro la sua vita.
E questo male è quello tematizzato da Leopardi (forse anche più di Nietzche).
Mentre Leopardi e Nietzche lo tematizzano come scontro singolo, gli ebrei antichi lo tematizzano come scontro religioso ossia di comune accordo.
L'espiazione è proprio la convivenza con il male.
Nella Bibbia la terra maledice l'uomo e gli angeli.
La colpa dell'uomo è rispetto alle sue radici.
L'uomo ha tradito le sue radici, la sua storia.
Esattamente come nel pensiero antico greco (e non solo ovvio), la tematica centrale è l'unione dell'uomo e la sua terra (che diverrà la natura per i greci e giù di lì fino allo stato).
Chi siamo noi? I discendenti dell'angelo Adam.
Ma questo simbolica cosa significa? cosa sono gli angeli?
In Nietzche non viene tematizzato il vento che soffia nei deserti.
Si tematizza piuttosto il deserto che noi siamo.
L'ebreo tematizza il vento.
Il cristiano dice scemenze sul fatto che vi è un soggetto che non è un deserto e che il vento sia una pietra catacombale.
Vi sono studi recenti sulla vicinanza pazzesca del pensiero nicciano con quello ebraico.
Lo stesso nice capisce la potenza del pensiero ebraico.
Heidegger ne capisce la potenza de-sacralizzante, e ne mette in discussione la veridicità (di questo vento).
Caro Paul come al solito mi fa piacere che in te queste tematiche fanno scatuire dei piccoli campanelli d'allarme.
Certo la trattazione è l'esatto opposta di quella platonica.
Anzi recentemente è comparso un video assai chiaro sulla differenza TOTALE tra grecia e ebraismo.
Tu stai col matema platonico,io con la complessità ebraica.

https://youtu.be/txrxntUebxQ

Lo consiglio a tutti, un video abbastanza breve 20 minuti, dai che li trovate!!
Dove si spiega molto bene la differenza di due tradizioni antiche.

#1617
Citazione di: niko il 02 Gennaio 2022, 00:33:39 AM
Citazione di: green demetr il 31 Dicembre 2021, 21:07:50 PM
Ma nessuno vuole essere agnello.
E infatti siamo tutti lupi. Volersi tenere fuori dall'equazione significa non aver capito niente.
Si pensa che la violenza sia importata dal mondo nomade, ma il mondo nomade è violento per mangiare della carne dell'agnello, è il lupo che fa il lupo.
Ma è la civiltà sedentaria che effettua la consegna alla violenza.
Infatti per non sbranarsi a vicenda, sbrana l'animale.
Tutti gli alfabeti iniziano con la lettera a, che significa agnello sacrificale.
Ossia la violenza è consegnata al sacro. Come Agamben sta dicendo da anni, la violenza è il sacro.
Lo stato di eccezione è invece il continuo erodimento del sacro, ossia un continuo erodimento del confine della violenza.
Laddove l'impuro è il violento, ossia il confinato, ossia l'animale.
Il violento è l'agnello.
E' curioso come nel mondo moderno, dove più nessuno studia più un cazzo, Agamben venga considerato uno strano, infatti Agamben sta semplicemente riscoprendo ciò che gli antichi sapevano benissimo.
Ossia che noi siamo lupi.

E' all'interno della comunità che sovviene il problema della salvezza.
La comunità essendo la forma del D-o (Dio).

Per capire queste due cose, serve studio caro Niko.
E' per questo che il frivolo non si salverà mai, e nemmeno saprà perchè è necessario salvarsi.
Naturalmente il teologo idiota, penserà che frivolo voglia dire piacevole, e quindi sesso.
Tutte cazzate, frivolo è chi non studia.
Ovvero tutti noi poveri imbecilli che viviamo ad ovest, e tutti gli imbecilli che sono a oriente e che ora ci seguono da  bravi vitelli pasciuti per il massacro. (2024, ormai è proprio una certezza, visto quello che stanno combinando).
Altro che 2024 inizio di una nuova era di bene: è l'esatto contrario!!! E' l'inizio del trionfo del male.
Ma uno che non studia un cazzo che ne vuole sapere.
No caro amico, io sto con le forze portanti del bene, sebbene nella mia vita ho disseminato solo karma negativo, non avendo studiato mai niente.
Il che mi fa ridere, perchè sin da bambino pur da famiglia ignorante venendo, l'ho sempre saputo, come se le mie vite passate continuassero a dirmi: salvati, salvati....e io cazzo ho fatto? niente.
E come me, tutti voi, e con tutti voi dico tutti ma proprio tutti, esiste tradizione spirituale che legga la bibbia con occhi colti? lasciamo perdere va.
Non mi rimane che in questi due ultimi anni, raccogliere le briciole, BOT permettendo e pazienza dell'amministratore a pagare la bolletta del telefono.
La situazione è gravissima ma tutti ridono e ballano. Così va il mondo.
E lo capisco molto bene.

Per quanto riguarda Nietzche ti rimando alla discussione che ho aperto, ma che non ho ancora iniziato. Non che mi aspetti dei contributi da qualcuno: figuriamoci, non esistono nel mondo accademico, figuriamoci nel piccolo spazio che ci siamo ri-tagliati, nell'oria d'aria dalle prigioni d'acciaio.
A caro CB come mi manchi!




Scusa eh, ma rispondermi con la presunta data precisa del "trionfo del male" mi sembra una mancanza di serietà da parte tua nello sforzo condiviso di costruire insieme una discussione seguibile, senza saltare di palo in frasca e senza passare direttamente alla spiritualità, diciamo così, "spicciola".

Anche se fosse vero e tu avessi appena indovinato e saggiamente individuato l'anno dell'apocalisse/catastrofe cosmica di turno?! che cosa ci azzecca ??ok per il sempreverde nesso bibbia-apocalisse, ma non dirlo come se fosse una risposta a me, che io ovviamente non voglio entrarci, in una disquisizione del genere in questa sede, e non mi sembra di averti dato indizi di volerci entrare.

Insomma la discussione è tua e ci fai quello che vuoi, ma io la lascio.


Insieme alla risposta per te ho fatto alcune considerazioni a latere come la previsione di entrata nell'anno 2024 nell'età dell'oro da parte della teosofia e di alcune new age. (ovviamente ironica).
Non era riferita a te.
Per quanto riguarda l'apocalisse in nesso alla bibbia, ne dobbiamo ancora parlare, poco più avanti a dire il vero.

La risposta per te era semplicemente che il nostro obiettivo non è essere agnelli (portatori di pace) ma dei lupi consapevoli (che rinunciano all'odio non certo per amor di pace).

Siccome mi parevi interessato ho aggiunto anche la questione storica del vitello (non agnello, ho sbagliato) sacrificale.

Ma mi pare che volevi una risposta breve, per onore di risposta visto che l'ho aperto io questa discussione, te l'ho data ora.

Mi spiace che lasci (eri l'unico interessato  :D) d'altronde è così che il mondo va, tutti lasciano, e va  bene così.
#1618
@eutidemo@ipazia@phil
due rette si incontrano all'infinito (dunque è un cerchio).
si tratta di un assioma fatto dalle matematiche alternative a quella di euclide, ormai ce ne sono tante, ma quella è la principale avendo riscontro in campo di fisica nucleare.

L'infinito diventa misurabile nel momento che lo computo come tale, ossia come simbolo matematico
dimodo che ininito-1= infinito.
assumendolo come assioma, da lì arriva la logica di godel etc...
il concetto di infinito è invece altra cosa.

Insomma Eutidemo non si tratta tanto di capire in maniera reale, ma di applicare le formule e dire che quelle formule sono il reale (capirai bene che quindi litigano per qualcosa di grosso).
io comunque sono propenso all'intersezione infinita dei piani.
non ho ricevuto feedback forse serve immagine.

#1619
Tematiche Filosofiche / L'infinito non c'è
03 Gennaio 2022, 00:59:46 AM
Citazione di: bobmax il 02 Gennaio 2022, 22:58:41 PM
L'infinito è un concetto necessario. Questa necessità deriva dal corrispondente concetto di finito.
Senza l'infinito, infatti, il finito richiederebbe come controparte... il nulla.

Ma il nulla è inaccettabile per il pensiero razionale, per cui il finito deve necessariamente riproporsi ogni volta, senza fine...
Ecco l'infinito!

È tuttavia a mio avviso interessante notare come pure il finito, a volerlo indagare davvero, altro non sia che a sua volta infinito.
Nel senso, che se non voglio arrendermi accettando la presenza del nulla, devo necessariamente presupporre che quel punto di transizione che determina il finito esista senz'altro, sebbene raggiungibile soltanto... all'infinito.

Così l'infinito è ineliminabile.
Indispensabile protagonista di ogni nostra elucubrazione.

E pur tuttavia allo stesso tempo non c'è.
Non è "cosa".
È presente solo in potenza.

Se ci fosse davvero, potrebbe allora essere preso.
Ma si può prendere solo il finito.
Almeno illudersi di poterlo prendere, cercando però di non pensare quanto sia in realtà infinito...

L'infinito non c'è.

Ma la nostra è l'epoca del nichilismo.
Per il quale nulla ha valore.
E questo convincimento nasce proprio dal credere di aver compreso!
Di conoscere perciò pure l'infinito!
Di possederlo!

Paradossalmente, più è forte il convincimento della realtà dell'esserci e più nulla ha in definitiva valore.

Ma l'infinito non c'è.
E questo suo non esserci annuncia il Nulla origine di ogni cosa.

È proprio il Nulla dell'esserci a donare valore a tutta l'esistenza.


Puntuale come al solito bobmax  :)


E' vero, infatti il buon Hegel più che di infinito parlava di assoluto.


Ma assoluto vuol dire ciò che è destinato a perire.


Ma a perire infatti è il finito. Ma noi siamo molto oltre, infatti pensiamo l'infinito.


Infinito, assoluto, negativo, sono tutte la stessa identica cosa. E' la nostra anima che è molto di più della semplice nozione di infinito come invece critica (a sproposito o da bravo formalista, dipende da che parte sta della barricata) iano essere meramente finita (il che ovviamente è vero o meno a seconda se si è formalisti oppure no)

#1620
Citazione di: Kobayashi il 01 Gennaio 2022, 08:57:57 AM
Foucault dal 1979 fino alla morte si è occupato del potere non come forza esercitata dall'esterno ma come dispositivi che agiscono nell'interiorità, come autocontrollo che l'individuo stesso mette in atto sentendo che una verità condivisa pretende da lui l'esercizio di una certa performance.
Dalla pratica cristiana della continua riflessione su di se', della continua confessione, fino alla figura dell'imprenditore di se stesso che cerca di migliorare la propria efficienza, o degli individui che in continuazione cercano di programmare miglioramenti etc.
Analizzare ciò, farne delle genealogia minuziose, serve ad essere poi in grado di prendere distanza da questi dispositivi per essere più liberi.
Nietzsche direbbe: conoscere queste strategie, queste potenze, in modo da rendere possibile lo spirito libero.
Si tratta di un atteggiamento che si può definire politico, o etico, quello che si vuole, l'importante è capire che in questa ermeneutica del soggetto, che appare all'inizio come profondità, come spiritualità, bisogna saper vedere il dispositivo di controllo che ti impone di cambiare, di migliorare.
Nell'antichità greco-romana invece, secondo Foucault, non è presente questa ossessione della riflessione su di se' finalizzata al raggiungimento della propria verità, alla propria autenticità, ma si tratta piuttosto soltanto di addestrarsi per essere più autonomi, più forti, e quindi più liberi.
Una differenza importante tra cristianesimo e antichità pagana dal punto di vista degli esercizi spirituali.

Detto questo, mi sembra talmente insensato quello che dici su una presunta tendenza di Foucault a riappropriarsi di un qualche potere, per non parlare dell'idiozia di averlo messo nella cricca di Sartre (quando alcuni critici hanno valutato la direzione del suo pensiero proprio come una reazione al moralismo di Sartre), che non c'è molto da dire se non che alla lunga una discussione che si basa sui fraintendimenti generati dall'ignoranza di uno che costringono l'altro a continue spiegazioni si rivela essere spiacevole.
Come è spiacevole e meschino mettere insieme un riferimento attinente le possibilità di sovvertimento della filosofia con la normalità o banalità della mia vita privata.
Ma avendoti conosciuto la cosa non mi sorprende.

La comunità degli amici è fatta di persone reali.
Tanto ti da fastidio correggere gli errori degli altri ma non è mai stato un mio problema.
Io ti sto facendo solo notare che la costruzione del soggetto forte, è una mera finzione, in quanto non siamo noi che costruiamo.
E' la comunità che lo fa.
E la comunità ha a che fare con le nostre nude vite, e di come decidiamo di vivere la nostra vita (in una società che lo permetta, non certo questa comunque sia).
La vita è relazione all'altro non a se stessi.
La cura a se stessi è la cura morale etica, alla possibiltà di questa relazione.
Ma la filosofia deve ancora parlare di questa relazione.
Perchè nella vita reale sono tutti dei buffoni grossolani. Nessuno lavora per davvero.
E comunque sia di questa indecenza ora ne cogliamo i suoi frutti maturi, ovvero che non c'è più spazio per alcuna relazione, i corpi nudi sono stati requisiti.
Se ancora vuoi fare filosofia devi stare su questi livelli.
Per il lavoro in questa società di corpi schiavi, bisogna lavorare, acchè il pensiero indaghi i modi con cui questa gente diceva una cosa e ne faceva un altra.
Vedi io a questo lavoro sono pronto, sono pronto a recuperare tutte le clip del nostro eroe Focault e delle cose orribili e tremende che ha detto!!!
Strano da una che teorizzava la cura, poi la politica era qualcosa di sinistro a dire poco.
Ne sono talmente schifato, che faccio fatica anche solo a parlarne.
Le masse non sono al servizio della filosofia, sono il suo nemico più acerrimo.
E la loro ideologia è quella che informa il soggetto, che poi pensa il proprio sè.
C'è tutto un lavoro da fare prima, ma amico tu non hai mai voluto fare questo lavoro con me, quindi smettiamola per favore.
E poi a me di possedere i libri di storia della filosofia non me ne frega niente.
A me interessa quello che poi uno ci fa nella sua vita.
Tutte cose che si vivono sul proprio vissuto non certo sui libri o su un forum.
La nostra chance ce l'abbiamo avuta, e abbiamo fallito miseramente.
A questo punto tutto quel lavoro mai fatto, lo faccio ora.
Dici che Focault è importante? aprirò subito altra discussione.

In sintesi:
Fare minuziose genealogie va bene, ma poi deve corrispondere qualcosa di reale dall'altra parte.
Perchè è inutile fare la genealogia critica sul pensiero altrui, se poi non si è in grado di fare una genealogia di quello che pensiamo noi. E pensando agiamo.
Se Sartre era il mostro che era, perchè gli erano amici? se non per convenienze personali? Se non perchè era il loro cucciolotto amoroso dudù dadà. (i mandarini di Beauvor ne lascia una intelligentissima traccia).
Non mi pare convincente per nulla amico mio.


PS: Nietzche NON costruisce un soggetto politico, tutti quelli che lo pensano e lo pensano in molti, non hanno capito un acca di Nietzche.