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Messaggi - green demetr

#1606
Citazione di: paul11 il 06 Dicembre 2021, 17:15:26 PM


Non mi risulta che la metafisica si sia posto il problema di una nascita fra opposti e per giunta dove una parte appartenete a "poli superiori": ma di cosa e di chi parla Nietzsche? Socrate e quindi Platone l'ho studiato tutto e di  Arisitotele sto riprendendo proprio "Metafisica".
Gli opposti, o contrati, o antagonisti, o mancanza e assenza, o pieno o vuoto, ecc. sono evidenze che tutti i filosofi greci, non solo metafisici discussero. Direi che era filosofia della natura e fisica di quel tempo. Ma non c'è un concetto di "miracoloso" in un "polo superiore".


Certo che l'approccio di Nietzsche è positivistico. Che cosa mai avrebbe accertato la scienza moderna in fisica: che non esistono opposti? E tutti i legami polari chimico-fisici, l'elettrolisi, il catodo e l'anodo delle batterie? Tutto l'elettromagnetismo è fondato su polarità.
E cosa c'entra l'elettromagnetismo con la razionalità e irrazionalità, con i sentimenti?


La posizione di Nietzsche è di psicologismo empirico appoggiato all'evoluzione darwinista, appunto tipicamente positivista.
La filosofia poggiata sullo psicologismo è foriera di forti sbandamenti e ambiguità, poiché si può dire di tutto e il contrario di tutto,  essendo fondata su niente .Che cosa è la psiche ontologicamente, se non un luogo inventato a sua volta per togliere all'antica psichè( L'anima) la condizione di esistenza? Tant'è che semmai la filosofia si è spostata sulla cognizione come ha cercato a sua volta di fare Husserl nella fenomenologia. La filosofia si interrogò sul processo conoscitivo, la gnoseologia.
Nietzsche è contraddittorio e irrazionalista, ma non sono da prendere come "brutte parole" contro Nietzsche, è la sua posizione estetica (contraddittoria poiché è imbevuta di positivismo del mainstream culturale di allora e ambigua poiché in fondo si schiera contro la cultura di allora, si direbbe un pensatore(non un filosofo) critico con due piedi in due scarpe diverse. Ma forse è proprio questo che lo caratterizza. Desidererei che si capisse che la mia non è una posizione "contro" Nietzsche ( sarebbe da parte mia stupido aver perso tempo a studiarlo).


Si è vero la posizione psicologista Nicciana è di matrice evidentemente positivista.
Forse la contraddizione che tu vedi è tra il soggetto che Nietzche è, e invece la sua filosofia che con il suo autore entra in polemos.
Come già detto in altre parti a me non interessa questa posizione fisicista, e certo, priva lo stesso suo autore, degli orizzonti da cui altri, noi moderni, abbiamo imparato ad indagare e conoscere le nefaste conseguenze di tale pensiero (Husserl etc..)
D'altronde lo stesso concetto di eterno ritorno mi pare una conseguenza di questo mal avviso.
La grandezza di Nietzche è la capacità di mettersi in moto contro questa stessa presunzione.


La filosofia di Nietzche è un continuo scontro con lo psicologismo di Nietzche, che sia una volontà di potenza, o una presunzione della scienza positivista, non ha alcun effetto sulla sua dialettica del sentimento.
Infatti come Nietzche si illude di credere di essere un fisicalista, così ci fa notare ad ogni nota e piè sospinto che non è quello il punto! Infatti essa è una illusione.
Nietzche si assume il peso schiacciante del positivismo e diventa il profeta del futuro, ossia del nichilismo.
Ossia Nietzche raggiunge il nichilismo proprio a partire dal suo tempo, ma lo fa ben oltre, a partire da ogni tempo.
Quindi si è ben accetto e argomentato il tuo dissapore verso il nostro.
Mi stupisce solo che non vedi questa lotta interna allo stesso Nietzche.
D'altronde egli sta insegnandoci a fare guerra a noi stessi, come poteva non fare guerra a se stesso?
La sua sottile arte letteraria è piena di trabocchetti.
Per esempio solo Cacciari si è accorto che l'eterno ritorno è il discorso della scimmia e non del suo autore ossia della sua filosofia.
Il suo autore è criticabile, e lo criticheremo, ma non la sua filosofia.
#1607
Citazione di: Kobayashi il 05 Dicembre 2021, 10:31:52 AM

Il pericolo non è tanto l'inganno, ma l'inconsapevolezza di esso e la violenza che ne deriva nel soffocare tutte le altre forme. Il nascere stesso di altre prospettive è combattuto dall'arroganza di uno spirito rudimentale che non vuole prendere coscienza della propria arbitrarietà.

Questo mi sembra un punto importante: vedere il pericolo non nella scelta dell'inganno, cioè del tipo di visione (religiosa o metafisica o artistica etc.) che si decide di abbracciare, ma nella rimozione del fatto che c'è stata scelta, quindi arbitrarietà, quindi alla radice quell'ingiustizia che non può essere separata dal vivere e che va accettata.


Yes sir.  8)


Tranne nel fatto che l'inganno non è importante ai fini della critica politica alla nascita della morale.
Ma è invece il problema principale nella metafisica, non lo sottovaluterei Koba.


E infatti sempre in ouverture sta scritto perchè la filosofia si interroga sulla verità (Platone e Aristotele e giù di lì fino alle ontologie moderne).
E non si interroga sulla menzogna?
In realtà mi ricordo che per esempio Agostino se ne è occupato.


E infatti il problema metafisico che si trascina alla corte del giudizio critico sulla politica arcaica, e quindi odierna, perchè non ancora pensata (come ben dici, ignoriamo completamente il problema), è di fatto la filosofia di Nietzche nella sua quint'essenza


Certo noi tapini, facciamo fatica anche solo a metterci in quel punto di vista, dove addirittura lo stesso giudizio è messo alla prova di un pensiero superiore alla sua mera accettazione supina.


Nietzche è un rivoluzionario totale, ma non a livello morale, perchè di fatto accoglie il moralismo francese e dunque la sua soluzione è il gargantua e pantagruele, è l'orlando furioso.
Ossia la vita letteraria. La vita intellettuale.
No io non lo seguo quando va oltre. Mi affido letteralmente alle sue allegorie.
Non riesco a vedermi come un deserto, eppure io sono esattamente quel deserto, da dove si sentono gli angeli, e gli angeli diventano una maledizione come fanciulle.
La prima elegia di Rilke, è da riflettere.


Certo perchè Rilke insieme a Kafka sono quelli che si pongono all'altezza di Nietzche.
E vista la loro forza letteraria direi molto più in su.
#1608
Citazione di: Kobayashi il 04 Dicembre 2021, 07:23:55 AM
Non sono d'accordo sul giudizio di Paul secondo cui N. sarebbe più uno scrittore brillante e un po' contraddittorio che un filosofo.
Prendiamo per esempio la critica alla metafisica nella parte prima di UTU.
Fin dal primo aforisma si capisce che tale critica non sarà impostata sullo stesso livello della metafisica, non verrà fatto cioè il lavoro di entrare in un sistema filosofico per mostrarne logicamente l'arbitrarietà dei fondamenti assunti, perché questo lavoro per N. è già stato compiuto (dallo scetticismo, dall'Illuminismo, da Montaigne etc.). La sua critica invece si basa sul mostrare che le origini di queste concezioni sono le stesse di tutte le forme che la vita assume: bisogni, sentimenti, inganni etc.

[1] "... non esiste, a rigor di termine, né un agire altruistico né un contemplare pienamente disinteressato, entrambe le cose sono soltanto sublimazioni, in cui l'elemento base appare quasi volatilizzato e solo alla più sottile osservazione si rivela ancora esistente".

E ancora, in conclusione del primo aforisma:

[1] "L'umanità ama scacciare dalla mente i dubbi sull'origine e i principi: non si deve forse essere quasi disumanizzati per sentire in sé l'inclinazione opposta?"

Da una parte gli inganni delle visioni sublimi di metafisica e religione, risultato di uno sforzo per abitare il mondo affinché sia sopportabile la vita, dall'altra lo spirito veritiero che ha sviluppato nella propria solitudine una certa sensibilità per lo smascheramento di questi inganni necessari, tolti i quali però sembra che rimanga solo qualcosa di disumano. Da qui anche quel riferimento nella prefazione alle sue illusioni giovanili (per Wagner e Schopenhauer): ma di quanti altri inganni, si chiede, lui stesso si dovrà nutrire per poter essere ancora così veritiero? Per sopportare cioè il paesaggio umano desolante che rimane.

In [2] afferma che non ci sono fatti eterni come non ci sono verità assolute, e questo appare chiaro secondo N. se si prende coscienza che il filosofo è abituato a riflettere su periodi storici brevissimi, con la conseguenze tendenza ad assolutizzare forme culturali che in verità hanno dietro di sé altre forme e trasformazioni.
Avere senso storico significa vedere l'uomo emergere da epoche arcaiche completamente diverse, relativizzare la nostra antichità prediletta.

[2] "Non vogliamo capire che l'uomo è divenuto e che anche la facoltà di conoscere è divenuto".

[2] "...tutto è divenuto; non ci sono fatti eterni: così come non ci sono verità assolute".

E ancora sulla riduzione delle idee ai bisogni dell'evoluzione:

[16] "...ciò che noi ora chiamiamo il mondo, è il risultato di una quantità di errori e di fantasie che sono sorti a poco a poco nell'evoluzione complessiva degli essere organici, e che sono cresciuti intrecciandosi gli uni alle altre e ci vengono ora trasmessi in eredità come tesoro accumulato in tutto il passato".

Mi sembra insomma abbastanza chiaro ciò che intende fare in queste prime pagine: un lavoro che poi chiamerà genealogia, che per ora definisce chimica delle idee, che consiste appunto nella ricostruzione o riduzione psicologica (o in generale attinente i bisogni antropologici) delle idee metafisiche, religiose e morali, tradizionalmente assunte come separate dalla materia umana quasi fossero cadute dal cielo e invece provenienti, secondo N., dalle battaglie del livello più basso dei bisogni umani.
In questo progetto filosofico insomma non mi sembra ci sia nulla di contraddittorio o confuso. Anzi, vedo molto rigore.
Yes sir!

Esattamente.

Ecco per anticipare qualcosa a riguardo della bestia, Nietzche afferma: che ne sapete voi dei raggiri che devo fare per placare la mia inquietudine, a quali fantasie mi devo attaccare per poter procedere? (in sostanza non alla lettera).
E' proprio così! "la bestia" è la proiezione fantasmatica della volontà di potenza di Nietzche! (e non solo, quanti sognano di avere poteri eccezionali?)
La grandezza nicciana è quella di sapersi metter dentro al discorso che lui stesso porta avanti.
Ossia di auto-criticare il soggetto che lui è, e di contro noi che leggiamo del soggetto che noi siamo, E NON DOVREMMO ESSERE.
#1609
Citazione di: paul11 il 04 Dicembre 2021, 00:23:44 AM
Continuo a scrivere degli aforismi a mio parere più interessanti in Umano troppo umano.


"Prima c'era l'impersonalità come il vero segno dell'azione morale (....) oggi si vede meglio che nelle considerazioni personali  è massima l'utilità per la generalità degli uomini: così che l'agire strettamente  personale risponde all'idea odierna di moralità ,intesa come utilità generale (....) meglio della precedente compassionevole emozioni  ed azioni a favore di altri  (...)Solo importa sapere che cosa s'intenda per proprio vantaggio; l'individuo immaturo, rozzo, lo intenderà nel modo più rozzo".


Tipico esempio di ambiguità in Nietzsche mista a brillante intelligenza. E' vero che la morale è impersonale, è altrettanto vero che Nietzsche è contro la morale e quindi ciò che storicamente è avvenuto è proprio ciò che Nietzsche si proponeva. Era ovvio che finita la morale che fondamentalmente è impersonale se vuole essere universale, ne fuoiuscisse nella modernità fra soggettivismi e oggettivismi , fra scienza e conoscenza , una a-moralità in cui l'etica fosse fondata sull'utilità e quindi suffragasse poi il principio edonistico di Adam Smith e intanto la psicologia empirista picconasse l'anima facendo della psiche freudiana un luogo di IO- Super-io, di pulsioni soprattutto sessuali.
Ciò che oggi siamo, amorali edonistici e individualisti con crisi di identità sicuramente collettiva e anche individuale e che rispondono al concetto di fare cose utilitaristiche comportasse comunque ad un umano che decade nella rozzezza. Nietzsche sei sprovveduto se pensavi che il futuro fosse migliore.
Ma c' è di più e quasi nessuno di questo tempo vi arriva. Una collettività, una nazione uno Stato esistono solo se la sovranità è fondata su una morale premessa della legislazione del sovrano. Questa fu la regola fondativa degli Stati e dei sovrani. Senza la morale collettiva, manca il parametro sulla giustizia che inchioda alle responsabilità e alle coerenti azioni etiche dal sovrano all'ultimo dei popolani, senza il parametro di giudizio sulla giustizia, premessa alle legislazioni e che pone il giudizio se a sua volta una legge è giusta o ingiusta. Le impunità dei potenti, il togliersi, lo smarcarsi dal giudizio è tipico della modernità decadente dove tutti ormai cercano di non essere asserviti alle leggi degli Stati, di aggirarle legalmente o illegalmente. Perché non vi è più il parametro morale del giudizio collettivo che identificava il popolo-nazione- Stato.


No la lettura che fai è di tipo politico.
Se vogliamo ti rifai al pensiero democratico, e l'affannosa ricerca di una etica che vinca sulla morale.

Ma Nietzche parte prima dal soggetto.
E vi scopre sulla scia dei moralisti del 1600, che la morale è anzitutto un principio generale.
Quindi a monte del problema etico di una politica democratica, che incida sulla morale del popolo, ossia sui suoi costumi, vi è il problema generale della morale che non è un costume, ma una ricerca del soggetto che noi siamo.
Ossia dell'edonismo che noi siamo.
La morale dei filosofi etici come te, o qualsiasi altro marxista, si confonde con la pretesa di annullare quella morale prima che generalmente colpisce tutti gli individui come costume.
Ossia l'edonismo crea delle regole che poi vengono dimenticate, si forma il costume, il costume genera a sua volta una morale generalista, volta a che quel costume non sia cambiato, piuttosto che capito e ricordato.
A questo punto subentra il male assoluto ossia l'etica dello stato, che pretende di ordinare la generalità dei costumi, ossia che impone una morale, senza più alcun senso e motivo. rispetto all'edonismo iniziale, e ai costumi di un popolo, che magari un senso iniziale l'avevano pure.
Esattamente come i moralisti francesi, Nietzche non si scompone rispetto al soggetto che noi siamo, ossia all'individuazione del nostro tornaconto personale.
Invece la politica si scandalizza e con esso i popoli e le genti.
E' per questo che il filosofo è l'unico in grado di capire.

Ma non è questa la meta di Nietzche. Bisogna leggerlo dall'inzio.
Altrimenti è più utile Aristotele o Platone.
Peccato che nel frattempo c'è stato il pensiero moralista francese che rompe con Dio e orpelli simili.
(infatti la morale imposta è sempre la morale di Dio, allora meglio i totem e tabù del popolo).
Per Aristotele e Platone esiste infatti il bene, e il bene è Dio.
Ma ciò è mera follia, e su questo Nietzche martella come un pazzo.


NB dai passi da te citati si possono trovare alcuni indizi di quello che dico, ma il punto che ho notato con dolore, è che non si può saltare alcun pezzo, compresi quelli che riguardano la bestia.
E che sono i più controversi. E di cui io ho trovato soluzione proprio nell'ouverture nicciana,
#1610
Citazione di: viator il 02 Dicembre 2021, 17:17:05 PM
Salve Green. Citandoti : "Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro".

Azzardo una diagnosi : è perchè tra geni (tu e lui) ci si intende...........mentre noialtri siamo solo dei poverini che fanno e capiscono solo il "quasi nulla" che possono. Saluti.


:D  Spesso da giovane i professori credevano fossi un genio, e invece ero solo uno scansafatiche.
No, non ho mai avuto la fermezza, la costanza che necessita il lavoro etico.
Quello che posso portare di notevole (a loro avviso) è la lettura, a partire da un punto di vista geniale (boh a me pare normale).
Ma mi par di capire che per te Nietzche era un pazzo, e dunque non vi sia stato un lavoro.
Dunque sorrido alla provocazione.
E invece spero tu trovi il tempo per qualche considerazione a latere, che non sia mera denigrazione del nostro.
#1611
Citazione di: paul11 il 02 Dicembre 2021, 14:22:09 PM
  Il mio parere è che Nietzsche sia contraddittorio come pensatore. Bene. bene nel senso che forse è propria questa la verità della condizione umana nel mondo . Il suo modo di scrivere è un miscuglio fra ragione e sentimento, non è un argomentatore logico ,poichè ha rifiutato la ragione umana, l'intellezione, come strumento di verità, è più un esteta.


Dipende dalla lettura che ne fai.
Ogni aforisma si tiene solo per via dell'aforisma precedente.
Per intendere lucidamente cosa sta parlando, bisogna leggerlo dall'inizio.
Non si può prendere a caso degli aforismi e cercarne il valore critico o peggio ancora analitico.


Nietzche non è un esteta, è un moralista capace di alta letteratura, le sue immagine, le sue allegorie hanno conquistato il pubblico giovanile fin dal giorno della loro uscita e continuano a farlo.
Ma un conto è la letteratura, e un conto la filosofia che vi è dietro.
E certo che è un miscuglio di sentimento e ragione.
Ma proprio nell'ordine che tu stesso hai ammesso.


Ossia la ragione è al servizio del sentimento, non dell'intelletto.
Lo sforzo iniziale di Nietzche è illustrare anzitutto l'impossibilità di una critica razionale all'intelletto escludendo il sentimento.
Esiste critica intellettuale solo se vi è sentimento.
Ma non è forse quello che dicevano anche Platone Aristotele ed Hegel per esempio?
Se vogliamo possiamo imputargli la mancanza di una dottrina del sensibile.
Ma il punto è proprio il fatto che nella critica sentimentale al giudizio critico, si dà per scontato che noi abbiamo letto Kant ed Hegel.
E viene pure detto.  ???  Basta con la fretta, andiamo passo passino.
Leggiamolo insieme con pazienza Paul!  ;) 8)


nb insomma qui non è in ballo la critica del giudizio puro, ma quello del giudizio pratico.
(per questo il nostro si sbarazza velocemente di Kant, ad esempio).
Lo stesso Kant spiegava l'impossibilità di un giudizo puro pratico. Spero tu riesca a capire cosa intendeva Kant. Se hai tempo (e voglia) è scritto nella introduzione alla ragion pratica, mi sembra fosse proprio la prima argomentazione.

#1612
Citazione di: iano il 02 Dicembre 2021, 01:00:56 AM
I più furbi rispondono ancora, ma solo per dare autorevolezza a un pensiero che è solo il loro.
Ci troviamo quindi di fronte ad un autorevole profeta dei giorni nostri, nato quindi in un epoca sbagliata, fuori tempo massimo?
Troppo distante da quelli che lo hanno preceduto ? Una anomalo profeta laico?

I più affermano che il pensiero nicciano è di tipo aforistico, e cioè senza una sua compattezza interna.
E affermano che dunque è un pensatore acritico.
Chi dice di capirlo, ma poi non argomenta, è perchè come Ipazia ne prendono delle parti, ma mentre poi Ipazia costruisce un suo discorso, questi ultimi pretendono che il loro sapere frammentato sia la verità. Probabilmente è la verità per loro. Io non me ne preoccupo.
A mio modo di vedere invece c'è una strettissima relazione fra gli aforismi, lo dimostra d'altronde l'intero opus che è stato lasciato fuori dal nostro autore (e che oggi costituisce l'opera postuma, ugualmente gigantesca per intuizioni e collegamenti di pensiero), a testimonianza di un lavoro di selezione verso un pensiero che visto la dimensione dell'opera postuma era grande almeno il doppio, e dunque c'è un lavoro dietro un lavoro di prima stesura, che richiede una strategia ed un architettamento diversi. Questo devo dire che l'ho capito.

Che fosse un profeta laico possiamo ben dirlo.
Ma non è poi così difficile vedere il suo lavoro sulla scia di tanti altri lavori.
La sua biblioteca era immensa.
La maggior parte dei ricercatori spreca il suo tempo a rintracciare queste fonti.
Un peccato visto che l'ambizione di Nietzche era proprio fare delle fonti una sintesi e 
poi procedere avanti.
Se noi intendiamo la profezia di Nietzche come esito, sbaglieremmo, perchè Nietzche pone la profezia solo per sorpassarla.
Pone il nichilismo come critica, ma lo sorpassa subito quando fa una critica del soggetto.
E' chiaro che pochi lo possono seguire, chi mai rinuncia a se stesso ogni giorno?
Fortunatamente Nietzche può anche essere letto, e forse deve essere letto , come moralista francese, ossia alla pari di un Montaigne. Di cui altro non era che l'erede.

In uno dei suoi ultimi lavori Nietzche infatti dice: "finalmente posso dirmi francese, e non più tedesco".

Ossia la fine del suo lento e progressivo spostamento dalle posizioni ereditate della metafisica greco-tedesca, fino all'insegnamento dei moralisti francesi del 1600.
Il tutto in una sintesi vertiginosa dei motivi dell'una popolazione, verso l'altra.

Quindi si profeta, ma quello per quanto possa oggi sembrare strano, quello è solo la parte più semplice di un discorso con un ambizione più alta e morale.
(non la morale del popolino, non ci si illuda, direi proprio l'opposto)
#1613
Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2021, 22:04:35 PM
Con queste premesse è assai improbabile che una discussione abbia seguito.

FN è una figura affascinante, un profeta. Ma resta umano, fatalmente umano. Con grandi intuizioni e grandi pre-giudizi. Come da tutti i grandi, prendo quello che mi serve per nutrire la mia anima e lascio i cibi scaduti. Poi ci lavoro sopra.

Ciò che non uccide, rafforza. E ciò che uccide, uccide. Poi non ci pensi più. La vita è così semplice da decifrare; pure l'essere recupera la sua leggerezza una volta liberato dagli insostenibili macigni delle nostre paure.


Ma il fatto che io abbia una lettura, non vuol dire che altri non possano aggiungere la loro, inoltre c'è sempre spazio per i dettagli, uno può benissimo non intendere il tutto come opera magna, ma soffermarsi come anche tu dici sulle parti singole del discorso completo.
#1614
Sulla prefazione di Hegel si sono soffermati molti corsi di università, in generale è famoso l'assunto per cui questa prefazione si dice essere piuttosto una postfazione, in quanto ogni cosa viene vista sempre a posteriori e giammai apriori.
In particolare leggiamo questo passo, su cui il filosofo novizio dovrà poi passare la vita a meditare in caso di incomprensione.

La versione che utilizziamo è quella consigliata dal filosofo Bodei, ossia quella di Negri, l'unica che non ha fatto pasticci con l'impaginazione. Anche se la più difficile da intendere.
Ma come diceva Bodei se lo capivano i ragazzi degli anni 70 perchè non dovrebbero capirla i ragazzi millenials?
(la versione che si usa nelle università è quella einaudi che semplifica ancora di più i concetti).




Il nostro cioè ci sta avvisando del compito del filosofo e della sua intellettualità (scienza), ossia non tanto la comprensione analitica dell'oggetto (la differenza) quanto piuttosto della sua destinalità (la comprensione, in quanto saggezza, integrale, dove finiscono le differenze).
Ossia lo scartamento metodico dell'intera filosofia analitica americana.
Compito del filosofo è allora la religione, in quanto comprensione dell'eternità e dell'amore, ossia della bellezza del sentimento (sacralità, qui usata impropriamente, rispetto alle ricerche di Agamben).

Qua Hegel ci fa capire che il compito dell'uomo non è capire l'essenza, ma la destinalità dell'essenza.
Temi che Heidegger riprenderà evidentemente, pari passo.

Andando più oltre e saltando i passaggi che criticano la filosofia analitica americana, ossia la sostituzione dell'orizzonte abissale, con l'orizzonte superficiale, ossia la collezione di oggetti in misura estesa verso una universalità vacua, rispetto all'estrinsecazione della ricerca verso se stessa, ossia l'uscita dalla collezione degli oggetti, per capire la finalità della raccolta degli oggetti.

In maniera che con piacere vedo essere agile e precisa leggiamo questo passo.




In cui senza esitazione si afferma come la saggezza si ottiene non tramite la conoscenza della sostanza, quanto piuttosto del soggetto.
Come già ripetuto da me (e da Heidegger) all'infinito, ossia il problema del soggetto.

Se ragioniamo (ma nessuno lo fa) abbiamo già le chiavi, per effettuare dunque la ricerca di noi stessi, rimane un mistero perchè nessuno abbia mai iniziato il lavoro.

E' chiaro che il soggetto, che non è un apriori, è sempre il lavoro paziente di una comprensione che vada sempre più a fondo nella sua estrinsecazione, ossia nel suo progressivo inabissamento nelle sue forme di datità del cosciente.

Non è tanto la questione della comprensione storica orizzontale (appunto la sua storiografia, la sua biografia) quanto la comprensione della propria relazione a questa storicità, a questo perenne rivolgersi dietro di sè, per capire dove egli è ora, e perchè, ossia ci si rivolge dietro per andare ancora più a fondo, ossia per estrinsecarsi.
E ciò che sentiamo (conosciamo per differenza) è l'abisso dell'anima, ossia l'eco dell'integralità, di cui noi sempre siamo la sua vallata, ossia il mezzo tramite cui quella Voce (D-o) si esprime.

Coincide per esempio con la fine dei tempi che stiamo tutti noi vivendo, e che d'altronde ogni uomo verifica, in ogni tempo storico.
Infatti ogni uomo è sempre alla fine dei tempi.
Nel caso Hegeliano, parliamo della rivoluzione francese.
Mi fa ridere che tanti studiosi perdano il tempo a chiedersi quanto la rivoluzione francese abbia inciso nel pensiero hegeliano.

Evidentemente non sanno leggere, e soprattutto non sanno sentire. Ossia fanno filosofia senza sapere nulla di filosofia.
Il che è una cosa ignobile. In sintonia con questi tempi volgari, ossia con tutti i tempi in cui il filosofo vive (suo malgrado) presenti e (forse) futuri.

In questo senso nel prosieguo della lettura è utile capire tutto ciò che finora i filosofi (pretesi tali, i cattedratici e i ricercatori) sembra non abbiano capito.
Mi parrebbe veramente strano che Hegel non abbia fatto il lavoro di cui dicevo sopra.
E cioè la domanda è "Quale è il nostro destino?".




NB
Stavo pensando al numero impressionante di persone che ritengono la filosofia di Hegel una riflessione sull'autocoscienza.....
Ma ma...c'è scritto l'esatto opposto!!!!
:D
E' proprio vero che manca il lavoro sui testi.

#1615
Citazione di: paul11 il 03 Dicembre 2021, 23:17:42 PM
Fenomenologia dello spirito di Hegel è forse il testo più difficile di filosofia che abbia studiato.
Un anno di studio, 17 pagine di fronte e retro di appunti sul testo.
Per capire bene il testo bisognerebbe studiarsi quanto meno la logica dialettica di Hegel ,che è una sua "invenzione", una sua caratteristica ( senza la quale è poi impossible capire in profondità Severino che utilizza anch'esso la logica dialettica anche se con caratteristiche ancora diverse).
E' stato edito alle stampe nel 1807. E' scritto male, e questo lo rende infatti traduttivamente dal tedesco all'italiano ancora più difficoltoso, poiché Hegel quando lo scrisse era in ristrettezze economiche e doveva sbrigarsi per avere denaro dall'editore.
Originariamente il titolo sarebbe dovuto essere "Scienza dell'esperienza e della coscienza".


La via che conduce alla meta è il ricordo degli spiriti così come essi sono in se stessi  e compiono l'organizzazione del loro regno. La loro conservazione, secondo il lato della loro esistenza libera che si manifesta nella forma dell'accidentalità, è la storia ; secondo il lato della loro organizzazione concettuale ,invece, tale conservazione è la scienza del sapere fenomenico, tutt'e due insieme,cioè la storia compresa concettualmente, formano il Calvario dello Spirito assoluto, formano, la realtà, la verità, al certezza del suo trono,senza il quale vige la solitudine priva di vita.


Pur non essendo  il sistema scientifico della verità la fenomenologia dello Spirito è la scienza  dell'esperienza della coscienza, è il sistema dell'esperienza dello Spirito.
La coscienza , l'essere consapevole, non è altro che l'esistenza immediata dello Spirito e dunque essa è sempre  coscienza dello Spirito secondo le due direzioni – oggettiva e soggettiva-  dal genitivo.


Yes sir.
Oggi lo tradurrei sistema della conoscenza dall'esperienza e dell'evenienza.
#1616
Bene dopo le risposte dovute torniamo al lavoro.

Il Bereshit, è senza dubbio il Be - Rosh.
Del Be, ossia del figlio abbiamo già detto.
Ora passiamo al rosh, che significa il capo, la testa, la leadership.
Ma senza dubbio vuol dire anche la salute, la benedizione, la bellezza, la saggezza.
Una radice questa in cui risiede la sacralità più terrificante, ossia quella della sua perenne distopia.
Il perenne ingannarsi degli uomini rispetto alla meta.
Un perenne agire con i piedi, con il sesso, con le braccia, e giammai con la testa.
Un perenne maledire, un perenne abbruttimento di noi stessi.
Una perenne non lettura della Bibbia.
Nella sua spiegazione esoterica riguarda la cabala.
In quanto le costellazioni e le membra anatomiche dell'uomo sono anche la sua guida spirituale.
Ogni parte del nostro corpo esige una sua dimensione esoterica, astrale, parallela a quella datità che noi fingiamo sempre di essere, ossia mero corpo, senza anima.
(Naturalmente questo solleva problemi filosofici rilevanti che oggi viviamo in pieno).
Riguarda certo lo Zohar, di cui a breve apriremo discussione
parallela a parte.
Quindi più che testa, mi piace la dimensione storica della parola.
Be-  (Noi tramandiamo che, noi diciamo che, da avo a figlio)
Rosh ( Con saggezza)
E quindi traduciamo bereshit con
"In verità ti dico"
Ma chi sta parlando? Questa è una domanda meravigliosa.
Abbiamo già detto che chi parla sono i padri, ma sono anche i figli, ma è anche la saggezza.
Io propongo che è la stessa Bibbia a parlare, esattamente come quei rabbini geniali, che ci hanno dato uno dei commentari biblici più famosi e fantasiosi.
Che inizia dicendo "la Bibbia era presso Dio".
In effetti se be-rosh è la storia dei padri raccontata ai figli, così questa storia non è altro che la bibbia stessa.
E infatti bereshit, significa iniziare qualcosa.
Il sommo commentatore Rashi, ossia l'autorità di tutte le autorità commentatrici della Bibbia, ci fa notare una cosa meravigliosa.
Che bereshit non ha un oggetto, il che grammaticalmente è un errore.
Inizare cosa? Non c'è scritto!
E' chiaro che siamo di fronte ad una somma filosofia, che la grecia non ha mai saputo nemmeno intendere.
Lo abbiamo già detto questione di linguaggi.
La radice greca è naturalmente importante (leggere Semeraro è un obbligo, :( ovviamente non l'ho mai fatto)
Ma la radice ebraica contiene più storia, più riflessione di quanto ve ne possa essere in occidente.
E così la grammatica.
Se manca l'oggetto di una parola ci deve essere un motivo, e il ricercatore spirituale è tenuto a rispondere, è una questione morale. E' la ricerca delle ricerche.
E la ricerca è proprio la parola nascosta.
Bereshit non è un tempo passato, le traduzioni di tutto il mondo sono gravemente errate.
Infatti sta scritto nei libri ufficiali: Dio Creò.
Molti rabbini chiedono da tempo la correzione in una forma più consona (e che evita gravi problei teologici).
La traduzione corretta è:
Mentre Dio stava creando.

Infatti se Dio crea qualcosa, cosa c'era prima di quel qualcosa?
Ammettere l'esistenza del nulla significherebbe ammettere la limitatezza di Dio, o la coincidenza di Dio col nulla.
Il creazionismo del cristianesimo è tutt'oggi una facile preda di incomprensioni e prese in giro.
Andrebbe corretto anche per loro stessi.
Dire che mentre Dio stava creando, vuol dire che Dio c'era anche prima! il che risolve ogni cosa.

Ma torniamo a noi.

Bereshit significa dunque un tempo di coincidenza con quello del lettore.
"Mentre tu stai leggendo".
Mentre tu stai cominciando a leggere, mentre tu stai comincidano la ricerca.
Infatti bereshit, che si traduce in principio, significa anche iniziando.
Ma nella radice ebraica i significati si moltiplicano e si richiamano l'uno con l'altro.

Dunque l'inizio comprende già una riflessione, sul padre, sul figlio, sulla saggezza, sulla stessa bibbia.

"Iniziando a fare cosa?" si chiedeva Rashi.
La risposta era già nella radice.
L'inizio è in realtà già una fine.
L'alfa è anche l'omega come la gnosi imparerà dall'abissale pensiero ebraico.
Ossia l'inizio è un ascoltare i morti.

Ossia un ascoltare i morti che avvisano: "Dio è morto!", qualcosa che secoli dopo un certo Nietzche capirà con le sue singole forze.
Ma rispetto a questo inizio e alla fine degli Dei, l'alfabeto ebraico contiene ulteriori segreti.
Forse quello più abbagliante e soprendente.
Ossia il capolgimento della lettera ebraica Bet.
la lettera ebraica Bet in antico era raffigurata da una casa con un tetto (nè più nè meno che la nostra occidentale A, che però è rimasta tale, ossia, la casa, la patria, il padre etc...).
La lettera ebraica CADE, e il tetto si apre.
Un cambio paradigmatico dei valori simbolici su cui meditare, il chiaro sforzo di una singola civiltà, di una singola nazione.
La lettera bet, senza più patria, senza più tetto, è costretta a iniziare il viaggio.
Il viaggio inizia con la parola, con la storia con la saggezza, è iniziata la storia occidentale.
Tutto ciò sta nella parola tradotta ufficialmente con "in principio".
Ma noi traduciamo In verità o Con saggezza, io(la bibbia, i padri) vi dico.
La parola dire non c'è, è contemplata nella stessa lettera Bet, così come la parola io è contemplata dalla somma della lettera che non si scrive Alef e Bet.
La verità è contemplata dalla radice rosh.
La contemporaneità della ricerca, ossia del dire, è contemplata dal tempo grammaticale.
In questo senso la lingua della Bibbia è lingua vivente, è la lingua della ricerca.
L'intero bereshit (così viene chiamato il libro genesi) è dunque la storia della caduta della lettera bet, ossia della caduta degli uomini, la caduta del padre.
Ossia è la storia della caduta degli uomini, ossia la presa morale di coscienza che la storia va fatta insieme.
Come libera ricerca, come libera volontà di uscita dalla casa, ossia di come la tradizione, necessiti di essere ripensata in continuazione, esattamente come il presente è una continua sfida al pensiero.
Pensiero comune, comunitario, insieme con i padri, noi i figli, noi gli amici.
Questo bisognerebbe intendere come Israele.
La comunità degli erranti.
I figli con i padri e i padri con i figli.

A latere di questo pensiero patriarcale, esiste anche quello matriarcale, quello dello Zohar.
Accanto la Bibbia, lo Zohar, accanto ai padri le madri.
Accanto ai figli, le figlie.
I padri con le madri con i figli e con le figlie.
E tutte le infinite combinazioni del 4.

Il 4 essendo l'uomo. E qua si erge ulteriore indagine.
Poichè la lettera ebraica coincide con il numero ebraico.
E così l'alef è l'1, e la bet è il 2.
E così nella cifrematica di Verdiglione, si conosce l'1, solo tramite il 2.
Significa che D-o, si conosce solo tramite la parola.
E dunque D-o è la parola, che si conosce come 1.
E' il due che si conosce come 1.
E' la filosofia che secoli dopo Hegel chiamerà con uno sforzo individuale sovrumano, la scienza dello spirito. Ossia la saggezza.
Overro il rosh del be.
La sapienza dei padri alla luce dei figli, del passato alla luce del presente.
Ovvero bereshit.
E con questo la mia ricerca è finita sulla prima parola della bibbia.
Andiamo oltre.

nb
i commenti sono ben accetti.
#1617
Citazione di: Alexander il 06 Dicembre 2021, 09:40:29 AM
Buona settimana a tutti


Von der Leyen, Draghi, Biden, Xi Jinping, Papa Bergoglio, Putin, il Dalai Lama, Maduro, Narendra Modhi, ecc. tengono in piedi "Regni" da cui ogni uomo sano di mente spera di essere "salvato". Ecco, viene uno che parla di un Regno dei Cieli che è vicino. Il suo era un grido che doveva svegliare e dare speranza. Giustamente viene ammazzato. Ammazzato due volte per giunta: la prima sulla Croce, la seconda dai suoi stessi "fedeli".


Certo, ma se leggi la Bereshit, la profezia è chiara.

Gli uomini senza etica cercano il male, e il destino degli uomini è di essere senza etica.
Dunque la terra promessa è molto al di là dalla stessa Bereshit.
Se vogliamo la profezia della fine dei tempi, è in realtà un destino.

L'Emanuele, ossia il Cristo, è il salvatore, nel senso proprio dell'agnello del mondo, e insieme il pesce che ci ricongiunge con gli astri.
Ossia l'agnello del mondo è insieme noi alla fine dei tempi.
Ma è insieme i pesci astrali che ci ricongiungono con il Santo.
Vale a dire che non di solo pane si vive.
Ossia che la vita del pane è la morte certa, e che la vita del Santo è la vita eterna.
La gnosi cristiana ha saputo capire queste cose.
Peccato per la loro follia pre-deterministica. Non esiste alcun Dio.
Esiste il santo. Suo è il regno. E il santo esiste solo con i pesci, ossia con i  piedi, col cammino.
Senza cammino nessun regno del santo.
Con Dio nessun cammino, e dunque nessun regno del santo.
Invece appunto il cammino del regno maledetto è la morte.
La cifra del discorso è la santità, e l'opacità del discorso è la morte.
La cifra si ottiene vivendo, l'opacità si ottiene leggendo di Leggi imposte.
Ma l'uomo è sempre in cammino. Fino alla fine dei tempi.
Che importa se riguarda uno o tutti?
ciao!  ;)
Buon lavoro spirituale!
#1618
Citazione di: niko il 05 Dicembre 2021, 22:18:46 PM
Ma solo io non mi voglio salvare?!


:D


Sei libero di volere altre cose, il pensiero biblico, se correttamente inteso, parla invece della necessità del volersi salvare.
In realtà non è una volontà.
E' semplicemente la condizione umana: l'uomo è costretto, per così dire, ad essere salvato.
Uno può benissimo non salvarsi cioè.
Infatti non è una costrizione: è l'esatto opposto, più l'uomo cerca salvezza, più il pensiero si sente libero.
Ma questo sentirsi libero richiede un etica di domanda, le religioni d'altronde conoscono benissimo la deriva degli uomini senza fede.
E ovviamente chi è schifato come me, delle religioni vede benissimo la loro deriva.
Quello che manca è il confronto.
Ma il confronto richiede impegno.
E sono pochi che si impegnano.
Ripeto prima l'etica del lavoro intellettuale, poi tutto il resto, comprese le cose difficilissime della bibbia.
Se uno poi preferisce il mare, la montagna e le milf, va benissimo così.
Io per esempio preferisco netflix, e odio stare qui  :D .
Putroppo gli angeli non mi lasciano stare.
#1619
Citazione di: Kephas il 05 Dicembre 2021, 14:36:33 PM
X green demetr
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Rimanendo in Italia con la Bibbia che abbiamo a disposizione!
Genesi:


1-4  In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio ALEGGIAVA SULLE ACQUE.
Dio disse: <<Sia la luce!>>. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre,  e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina. primo giorno.


Confesso che non ho capito molto su questa Bereshit Bara.
Tu come intendi quanto scritto nei primi capitoli della Genesi?
Intendi giusta la forma letterale?, oppure esiste una spiegazione spirituale?
Cosa ne pensi : "che fu sera e fu mattina" si abbia dimenticato la "notte"
un sapiente ha scritto: "..perchè se la 'Lettera della Sacra Scrittura è come una riva senza Oceano' lo 'Spirito' della stessa è come 'un Oceano senza riva'. Infatti, la Parola è di infinita distesa.


Ciao Kephas
A mio parere la forma letterale della genesi è completamente errata.
Cercare il senso allegorico di un Dio creatore significherebbe concentrarsi sull'atto della creazione, piuttosto che su quello della parola.
Inoltre come sai nella gnosi si è compiuto quella spiacevolissima distinzione tra un Dio creato da un altro Dio. L'etica di un Dio si scontra con quella di un altro Dio.
Il che è lecito se pensiamo a Dio come creatore (e forse che da Zeus non nascevano altri Dei?), che in fin dei conti è come affidarsi ad un potere superiore, senza più domandarsi alcunchè di niente, e allora la Voce come si fa a sentire?
La Voce va chiamata. Che sia con gli atti o con la fede o con l'intelletto, si chiede sempre una partecipazione, non una demandare al potere Altro da noi.
Così facendo si moltiplicano i dualismi.
Invece negando l'esistenza di un Dio, e quindi d
i una parola data da un Dio, ossia negando l'esistenza di una parte di potere, si indaga invece sulle qualità e le contraddizioni degli uomini, senza più interpolazioni, che bloccano ogni dialogo, di modo che sia chiaro cosa non sta bene ad un popolo, l'attenzione si sposta sulla parola e solo sulla parola senza perdere tempo nella "propaganda".
Bara significa "allontanarsi da". E' detto della schegge di legno che vengono tagliate via dall'albero principale.
E l'albero come sai è un allegoria potentissima nella gnosi ebraica (cabala).
Quale sia il significato della bereshit ancora non te lo posso dire infatti mi ero fermato al concetto del fiat lux.
Non trovo ancora il momento epifanico (ossia della scoperta consapevole) che me ne dia un pieno senso.
E non è che prima la lettura fosse facile.
L'unica forza portante della mia lettura è quella filosofica ossi che la storia di genesi è la meditazione sulla questione del destino dell'uomo sulla terra.
E il destino per forza interiore filosofica (ai pochi che lo capiscono) è la salvezza.
Leggere la Bibbia significa leggere di come gli antichi abbiano meditato la necessità della salvezze, e delle vie per poterla ottenere.
La Bibbia finisce con il libro di Geremia (mi pare) che intima la fine delle profezie.
Vuol dire che la composizione dei libri della Bibbia, hanno raggiunto una compiutezza finale, che per esempio la filosofia occidentale ancora non ha inteso.
Laddove gli ebrei dicono la ricerca della necessità della salvezza è conclusa, gli occidentali ancora stavano indagando. Purtroppo il mondo edonista da dopo Heidegger, ossia dal dopoguerra in poi, ha messo un pausa la ricerca occidentale.
Io sono troppo vecchio per poter pensare di raggiungere il pensiero ebraico, posso solo fare del mio meglio per intendere come siano arrivati alla fine di quella ricerca.
La ricerca della salvezza.
La cosa più gratificante è vedere come l'ottenimento della conoscenza sulla salvezze apra l'uomo finalmente alla ricerca della comunità.
Ossia la libertà di cercare la spiritualità insieme agli altri.
E' stano a dirsi in questo tempo storico, evidentemente abbiamo fatto passi da gigante all'indietro.
Ci possiamo consolare nel tentativo di capire questo senso della salvezze.
Ho risposto come ho potuto, e d'altronde qua sul forum siamo ancora alla lettera bet, un passo per volta.
Buon lavoro se ti vengono in mente altri spunti.
Certamente la Bibbia come dici è solo la codificazione di un pensiero, che in nuce è infinito.
La codificazione è finita, ma il pensiero che richiama è infinito. Appunto la conquista del concetto di salvezza, apre poi ai mondi della libertà.
La bibbia per come dire è l'inizio, non la fine della ricerca.
Il fatto che dei saggi ritengano di aver raggiunto la prima meta del viaggio spirituale, io lo trovo straordinario e mi rammarico di non aver dato spazio a questo pensiero prima.
Buon lavoro! ;)
#1620
Tematiche Filosofiche / Sentire e capire
30 Novembre 2021, 13:13:35 PM
Citazione di: Kobayashi il 18 Novembre 2021, 10:02:36 AM
Alla domanda se sia più saggio far prevalere il comprendere o il sentire, io rispondo che è saggio avere, conquistare o difendere la propria autonomia di giudizio. E tale autonomia non è affatto garantita dalla sottomissione della sfera emotiva a quella razionale. Infatti l'intelligenza può anche essere dirottata verso la pura distrazione, il divertimento intellettuale, o anche la produzione ingegnosa. Ma se Pascal poteva ancora credere che il divertissement a un certo punto doveva cessare e l'uomo, tornando in se stesso, aprirsi al suo mistero di creatura fatta contemporaneamente di miseria e grandezza, oggi gli uomini sono spinti verso un'immersione continua, totale, negli stimoli del mondo digitale che impedisce in buona parte l'esercizio della propria autonomia di giudizio.

È in corso una battaglia contro la realtà. Perché la realtà non si piega alla totale mercificazione, resiste alla trasformazione di ogni suo aspetto in profitto. Ma se l'ambiente di lavoro, di studio, dell'intrattenimento mentre viaggio su mezzi a guida autonoma o a casa, è virtuale, allora ogni gesto diventa un'occasione di profitto.

L'evoluzione degli assistenti vocali porterà, nel giro di pochi anni, a sistemi sofisticati capaci sia di comprendere sempre di più la personalità dell'utente (e quindi di accumulare dati attraverso cui orientare i suoi comportamenti di acquisto), sia di interagire in modo da essere percepiti come naturali, amichevoli. Data la solitudine che affligge la maggior parte delle persone non è difficile immaginare come molti preferiranno alla problematicità (inevitabile) dell'interazione con persone reali, la più rassicurante compagnia di una macchina.

Tornando al tema del topic, non possiamo più soltanto porci il problema di Platone del rapporto  ragione-passione. Siamo in presenza di un nuovo modello antropologico al cui centro non c'è la lotta alla violenza e all'ingiustizia (come in Platone), ma alla noia, al vuoto di stimolazione. Ciò che va innanzitutto combattuto è la noia.
Interessante che tra le passioni che il religioso si trovava a dover combattere non c'era la noia ma l'accidia, che non è riducibile a noia ma è qualcosa di più simile alla melanconia, quindi ad un crollo del senso di ciò che si sta facendo, alla percezione dell'insensatezza della preghiera, delle rinunce, quindi un vuoto esistenziale.
Il nuovo soggetto non giunge nemmeno alle questioni poste dall'esistenzialismo. Molto prima che ne faccia esperienza viene intercettato e ricondotto sulla strada delle potenzialità infinite della tecnologia.


Purtroppo è vero, non riesco più nemmeno a essere nell'anticamera delle problematiche esistenzialiste.
Ma nel senso proprio del sentire.
La mia vita è stata una colossale collezione di fallimenti, ma con la consapevolezza che non potrebbe che essere stata che così in quanto manca la capacità di sentire il proprio prossimo.
E la capacità di sentire manca proprio perchè manca la capacità di giudizio, e la capacità di giudizio è dedotta dalla società marcia in cui siamo e di cui ci cibiamo come zombie.
Io non penso sia una scelta cioè. E questo in effetti è la capacità di giudizio che la pone in essere.
E il giudizio dice che manca amore.


NB
è imossibile dar amore da mangiare agli zombie, ovvero, è quello il punto dei punti.
L'amore non si mangia si attua a partire dal non essere zombie, il che è impossibile oggi come oggi.
Troppi zombi e pochissimo amore da dare. e quello che si può dare la chiesa lo demonizza.