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Messaggi - Sariputra

#1621
Il filosofo Sgiombo entra in gelateria.
Commesso: "Desidera?"
Sgiombo:" Che gusto è quello tutto rosso?"
Commesso: " E' gusto fragola".
Sgiombo: "E' prodotto dal dipendente o dal titolare della gelateria?"
Commesso:" Da me. Sono il dipendente".
Sgiombo: " Il gelato è l'oppio dei popoli".
Commesso:" E' molto buono però".
Sgiombo:" Dammi cinque chili al gusto fragola".
Il commesso lo serve.
Sgiombo prende il secchio di gelato e se ne va.
Commesso: "Ma...signore...deve ancora pagare!"
Sgiombo: "Silenzio! Esproprio proletario."  ;D ;D ;D

Cordialmente...Sari  8)
#1622
Riflessioni sull'Arte / Re:libri
12 Ottobre 2016, 22:46:47 PM
Gli amori epistolari !!... Che teneri ricordi suscitano in me. Avevo vent'anni,  o giù di lì, molti più capelli  sulla testa e pantaloni sempre troppo larghi. Conobbi una ragazza dolcissima durante un'esperienza "forte" spirituale ( in realtà me la ricordo come "forte" proprio perchè c'era quella ragazza...) e naturalmente, come tutti gli esseri inadeguati, me ne innamorai profondamente all'istante. Ho sempre avuto questa morbosa , decadente, tendenza al facile innamoramento, così che mi basta che il soggetto della mia devozione incroci il suo sguardo con il mio e...è fatta...sono perduto! E' una questione direi quasi patologica, tanto che non ricordo più nemmeno quante volte mi sono arreso a questo trepidare, al tumulto del cuore ( e dei sensi...devo ammetterlo :-[ ). Il problema però risultava essere dall'altra parte...ché infatti , come non ricordo quanti amori ho sognato, non ricordo neppure qualcuna che abbia sognato il mio... :'(
Questa fanciulla pensò bene di farsi suora di clausura e rinchiudersi in un eremitaggio lontano ( non malignate sul fatto che lo abbia deciso proprio dopo avermi conosciuto!...). Da quel luogo di preghiera e solitudine però...mi inviava con cadenza quasi regolare delle lettere ( devo ammettere che all'epoca provavo una sorta di maligna eccitazione al pensiero della  "delicatezza" della situazione...). In queste scambiavamo riflessioni e considerazioni sulla nuova vita che conduceva. C'era sempre il problema della censura . Ogni lettera che usciva dal monastero doveva passare, ed essere analizzata e verificata nella sua purezza, dalla badessa, una santa donna...molto solerte nel suo lavoro di censore. Allora l'impavida postulante architettò il diabolico piano ( ...Giona non legge questa sezione,vero? Sapete niente?... :-\ ) che riscosse la mia ammirazione. Quelle poche volte che i suoi genitori andavano a trovarla, la ragazza passava a loro le missive e loro pensavano bene di recapitarmele via posta, correttamente senza averle visionate ( penso che in cuor loro sperassero in me per far uscire la loro unica figlia dal convento...). Erano letterine piene di nobili sentimenti, di amore verso Dio, di sicurezza nella scelta effettuata. Spesso erano incorniciate da cuoricini . Maliziosamente osservavo attentamente, con la lente d'ingrandimento, se, all'interno di questi si poteva scorgere, magari, il nome di Sari...ma niente! Solo tanti Gesù, Gesù mio...(Confesso che provavo un'insana gelosia verso questo Gesù). Era una ragazza che aveva delle esperienze mistiche molto particolari...ma non vado oltre per non dare troppi dettagli.
Dopo un anno , in cui ci scambiammo più di una ventina di lettere, ne ricevetti una che mi annunciava l'uscita dal convento...una lettera piena di ringraziamenti e di altri cuoricini ( senza il mio nome!!).
Seppi dai suoi genitori che se n'era andata all'estero, forse al seguito di una carovana di circensi,,, :o
Conservo ancora tutte quelle lettere, tenute raccolte da uno spago di gavetta. Anni fa la mia donna le trovò e volle che le raccontassi tutto...stranamente interessata, ma non del tutto colpita.
Confessò in seguito di aver vissuto un'esperienza simile a quella della ragazza...
Da allora un tarlo mi tormentò per diverso tempo...che fosse stata la...santa donna?...la badessa? ;D ;D ;D ;D ;D
#1623
Jean entra dal gelataio.
Commesso: "Buongiorno. Desidera?"
Jean: "Mah, guavdi, avevo un appuntamento con Savi, qui davanti, due ove fa. L'ha mica visto?

N.B. Notare l'accento francese del filosofo Jean, con l'"r" moscia...

Justify si legge: Giustificami Jean , giustificami, giustificami ti prego... ;D ;D ;D ;D ;D    
#1624
Presentazione nuovi iscritti / Re:ciao a tutti!
12 Ottobre 2016, 21:09:43 PM
Ciao Roberta e Benvenuta in questo spazio popolato da entità molto simpatiche!!
Spero che non ti limiterai a leggere ma devi scrivere, scrivere , scrivere...a volte ci si sente meno soli scrivendo e sapendo che ci sono persone (intelligenti... :-[ ? )che leggono quello che scriviamo.
#1625
Sant'Agostino entra dal gelataio.
Commesso: "Buongiorno. Desidera?"
Sant'Agostino: "Dunque, vorrei una vaschetta di gelato da un chilo, grazie. Solo cioccolato."
Il commesso lo serve. Sant'Agostino si siede e comincia a mangiare avidamente. Finita la vaschetta, si getta in terra, in preda a crampi allo stomaco e fitte alla testa.
Sant'Agostino: "Oddio! Oddio, come mi pento di aver mangiato tutto quel gelato!"
Improvvisamente i dolori cessano. Sant'Agostino ringrazia ed esce.  ;D  ;D  ;D


Plotino e Pitagora entrano dal gelataio.
Commesso: "Buongiorno. Desiderano?"
Entrambi, in coro: "Una vaschetta da un chilo di gelato. Per una festa."
Commesso: "Quanti gusti vi metto?"
Plotino: "Uno". Pitagora: "Dieci"
I due si fissano per un istante, e poi litigano uscendo dalla gelateria. :) :) 
#1626
Schopenhauer entra in gelateria:
"Desidera? " chiede il gelataio.
Schopenhauer: "No".
Esce

Nietzsche entra in gelateria.
Nietzsche entra in gelateria.
Nietzsche entra in gelateria.
Ad libitum.

Leopardi entra in gelateria.
Commesso: "Buongiorno, desidera?"
Leopardi ordina. Il commesso lo serve. Leopardi fissa il gelato.
Leopardi :"Non sarà mai buono come pensavo".
Esce sconsolato.

:)  :)  ::)
#1627
Un certo saggio aveva acquistato fama di esser diventato irrazionale nella presentazione di fatti ed argomenti.
Fu deciso di metterlo alla prova affinchè le autorità del suo paese potessero pronunciarsi stabilendo se egli rappresentasse un pericolo per l'ordine pubblico.
Il giorno della prova egli passò solennemente cavalcando un asinello, con la testa rivolta dalla parte della coda dell'animale.
Quando giunse l'ora di difendersi disse ai giudici: "Quando mi vedeste poco fa da che parte ero rivolto?". "Dalla parte sbagliata", risposero i giudici.
"Voi illustrate il punto", rispose, "perché Io, da un punto di vista, ero volto dalla parte giusta. Era l'asino che era girato dalla parte sbagliata".... ;D ;D ;D

Adesso da un altro punto di vista:

Uno sciocco inveiva contro un asinello che non gli dava alcuna retta.
Uno più saggio di lui, che lo osservava, gli disse: "Idiota! L'asinello non imparerà mai il tuo linguaggio: meglio che tu te ne stia in silenzio e cerchi invece di apprendere la lingua che parla l'asino".  ;D ;D
#1628
Citazione di: Eutidemo il 12 Ottobre 2016, 06:36:28 AMSecondo Yahoo Answers il numero delle leggi varate dai parlamenti europei, ad oggi, sarebbe il seguente: 1. Gran Bretagna: 3.000 leggi 2. Germania: 5.500 leggi 3. Francia: 7.000 leggi 4.Italia: 150.000 - 200.000 leggi. Mi pare un po' eccessivo. Secondo Normattiva, invece, un più serio progetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Senato e della Camera dei Deputati – in collaborazione con la Corte Suprema di Cassazione, l'Agenzia per l'Italia Digitale e l'Istituto poligrafico della Zecca dello Stato, invece, le leggi italiane sono circa 75.000: più di dieci volte la seconda in classifica. E DOVREMMO CREDERE CHE IL BICAMERALISMO PARITARIO AVREBBE RALLENTATO LA PRODUZIONE DI LEGGI? SE COSI' FOSSE, SECONDO ME, BISOGNEREBBE RADDOPPIARE IL NUMERO DELLE CAMERE, NON DIMEZZARLO!!!

Caro Eutidemo, a parte la considerazione amara che la quantità non fa la qualità, mi verrebbe facile la battuta, che non so quanto sia una battuta, che la differenza fondamentale è che le 3.000 leggi britanniche  vengono applicate, le 75.000 italiane quasi mai...se non le leggi che riguardano, per l'appunto, l'enorme, faraonica, bizantina macchina burocratica, spietatamente e inflessibilmente vincolante qualunque aspetto della vita del povero cittadino italiano e molto poco la vita dell'italiano VIP... :(

P.S. Io sarei per la soppressione di tutte e due le camere e l'instaurazione di una dittatura illuminata...la mia!! ;D ;D ;D ;D ;D
#1629
JOHA E LA MORTE

Un ragazzo piangeva ed urlava davanti alla bara del padre: "Padre! Ti stanno portando in un posto dove niente copre il pavimento. Non vi è luce, né cibo; né porta, né vicini che aiutino...".
Joha , allarmato dal fatto che la descrizione sembrava calzare a pennello, si rivolse al proprio padre: "Rispettabile Genitore, per Allah, lo stanno portando a casa nostra!".  ;D ;D ;D   
#1630
Che l'ironia , la risata sagace, il prendersi in giro siano un potente antidoto  alla disperante tristezza della pura filosofia ( e ben sappiamo che quasi tutti i filosofi non brillano certo per senso dell'umorismo...) e ne rappresentino la dimostrazione del preteso limite di spiegare la vita , mi hanno spinto ad avventurarmi in un terreno ignoto , ovviamente per me, giusto per respirare un pò di buon umore in questi giorni che anticipano l'inverno ormai alle porte.
Ci sono molte barzellette a sfondo filosofico, più di quante supponevo e molte , dopo aver fatto ridere...propongono e invitano pure alla riflessione.
Sentite questa:
Un uomo di novant'anni va dal medico e dice:"Dottore, la mia mogliettina diciottenne aspetta un bambino". Il dottore replica:"Lasci che le racconti una storia. Un uomo va a caccia, ma invece del fucile si porta dietro per sbaglio l'ombrello. All'improvviso, viene attaccato da un orso. Imbraccia l'ombrello, spara e lo uccide". L'uomo dice:" Impossibile. Dev'essere stato qualcun altro a sparare all'orso". Il dottore risponde:" E' proprio quello che volevo dire!".
Questa barzelletta dimostra la debolezza della cosiddetta "argomentazione per analogia", a cui ricorrono i sostenitori del Disegno Intelligente, i quali affermano che " se esiste un albero deve esserci per forza un Disegnatore Celeste di alberi".
Oppure questa:
Domanda: Chi è un sadico? Risposta: Uno che è gentile con un masochista.
Questa è attribuita a B.Russell e pone il problema fondamentale della morale, quello della reciprocità: "fai agli altri quello che vorresti gli altri facessero a te" ( la regola aurea).
Se un masochista dovesse seguire la regola aurea dovrebbe fare del male agli altri, quindi un sadico è un masochista che segue la regola aurea: fare cioè quello che vorrebbe fosse fatto a lui. Kant obietterebbe che infliggere del dolore agli altri in nessun modo può essere accettato come regola universale in un mondo vivibile.
G.B.Shaw ha riassunto il tutto con un'uscita geniale: " Non fare agli altri quello che vorresti gli altri facessero a te: potrebbero avere gusti diversi!".
Un'altra:
Un uomo prega Dio: "Signore, vorrei farti una domanda". Il Signore risponde:"Non c'è problema, avanti fammela". "Signore, è vero che per te un milione di anni sono solo un secondo?"."Sì, è vero"."Bene. Allora, che cosa sono per te un milione di dollari?"."Un milione di dollari, per me, sono un penny"."Ah, Signore, allora potrei avere un penny?" "Certo", dice il Signore." Aspetta un secondo"  ;D 
E per finire una più "popolana":
Il professore di filosofia, afflitto, dice al professore di ginnastica:
"Pensa, ogni volta che respiro muore un uomo".
E quello: "Hai provato a fare qualcosa per l'alito?" 
E non può mancare quella un pò triviale ( ma è medioevale, di Poggio Bracciolini, umanista, quindi la passiamo...):
Un tale di Gubbio, che avea nome Giovanni, ed era uomo molto geloso,non sapea trovar certo modo per sapere se sua moglie avesse avuto relazioni con altri. Ed il geloso pensò a una furberia degna di se stesso, e si castrò, con questo scopo, che, se sua moglie si fosse poi incinta, egli sarebbe stato sicuro del suo adulterio.
Buon inverno a tutti i filosofi !
#1631
Citazione di: Apeiron il 11 Ottobre 2016, 00:14:48 AM@Sariputra, Grazie mille della spiegazione e mi scuso di aver causato l'evidente deviazione nella discussione. Concordo sul discuterne in separata sede. Detto questo continuo a sostenere che gli esseri composti da parti sono a loro volta contingenti e quindi è impossibile dare loro una "realtà piena"... Quello che volevo inizialmente dare era il mio punto di vista che riassumo brevemente. A mio giudizio i gradi di realtà sono tre: 1) "realtà assoluta" - indipendente da ogni condizione; 2) "realtà contingente" - esistenza che dipende da condizioni; 3) "non esistenza" Ora gli interi sono contingenti. Perciò esistono solo perchè le loro parti interagiscono in un certo modo. Facendo l'esempio dell'invecchiamento. Dire "sono lo stesso o no di 10 anni fa?" è una questione malposta in quanto si cerca un'identità fissa dove non c'è. Strettamente parlando infatti noi mutiamo ogni momento perchè ad esempio alcune cellule muoiono, respiriamo ecc. Tuttavia il fatto che non siamo enti assoluti ci permette di ragionare in modo da vedere un continuum tra le varie fasi della nostra vita.

Ne abbiamo discusso parecchio in "La nave di Teseo". Sono d'accordo che , tutto ciò che è composto, non ha realtà assoluta ( se per assoluta intendi un'esistere fondato in se stesso, durevole, immutabile, eterno, non dipendente da cause e condizioni), ma nemmeno è privo di realtà ("Qualcosa c'è là fuori" per dirla in parole povere). C'è una realtà , che è però priva di esistenza intrinseca. Possiede un'esistenza dipendente da cause e condizioni, un'esistenza limitata proprio dall'insorgere dipendente. Consideriamo anche che ogni parte di un insieme è a sua volta un insieme di parti. Per es. l'insieme dei miei ricordi fonda il mio senso di continuità personale, ma se andiamo ad analizzare i ricordi vediamo che si trasformano di continuo, tanto che , dopo molto tempo, i confini  tra l'esperienza effettiva vissuta e la colorazione che ne dà la mente sfumano. Appare evidente come anche il singolo ricordo è un insieme  ( coscienza, fantasia, proiezioni, ecc.) di parti psicologiche. E' come se , dentro un universo, ci fossero innumerevoli altri universi.  Dentro una parte, innumerevoli altre parti. Il problema evidente è, per me, che la mente non può concepire,se non intuitivamente o per mezzo dell'espressione artistica, la fluidità e la compenetrazione di questi "universi" negli universi; di questo " esistere senza esistenza propria", apparentemente  contradditorio per il pensiero che ha necessità logica di analizzare per parti o per insiemi di parti. Il pensiero però , elaborando nomi, forme e significati agisce all'interno di questo divenire di esistenza-priva-di-esistenza e lo trasforma, attraverso la volontà e la rappresentazione che si fa della sua "parti-colare" percezione di questa esistenza dipendente. Pertanto, come dice Schopenhauer: "Il mondo è la mia rappresentazione".
Però se noi fossimo solo conoscenza e rappresentazione, sostiene sempre Sch., non potremmo mai uscire dal mondo fenomenico. Ma noi siamo anche corpo: in quanto corpo soffriamo ( di desiderio) e godiamo ( dell'appagamento del desiderio). Ripiegandoci su noi stessi ci rendiamo conto che la nostra più intima spinta è la "volontà di vivere": un impulso prepotente e irresistibile che ci spinge ad esistere e ad agire. Noi, proprio noi, siamo vita, ovvero "volontà di vivere".
#1632
@Apeiron scrive:
Perdonami se non sono d'accordo con questa prospettiva. Secondo me contraddice il buddismo theravada stesso. Vedi: http://www.beyondthenet.net/dhamma/nibbana.html  o anche: http://www.canonepali.net/ud/ud8-3.htm o http://www.canonepali.net/dn/dn_11.htm (il nirvana qui è descritto come "coscienza illimitata, assoluta, ultima")

Comunque già dire che il Nirvana è incondizionato è dire qualcosa di concettuale. Inoltre l'esperienza di chi? Stando all'anatman il nirvana non è l'esperienza di nessuno, ma è semplicemente una "realtà" che non è soggetta a cambiamento. Per questo motivo è una realtà "assoluta" e quindi "assolutamente reale" come dicevo prima io. 

Parlare del Nibbana non è l'esperienza del Nibbana. Parlare del Nibbana in termini positivi fa scivolare l'elemento Nibbana nell'estremo positivo dell'interpretazione metafisica. Parlare del Nibbana in termini negativi fa scivolare l'elemento Nibbana nell'interpretazione nichilistica. Se esaminiamo le definizioni che si danno nel Canone pali, troviamo che esso è descritto ( meglio direi illustrato) con termini sia positivi che negativi. Quelli positivi includono designazioni come "il profondo, il vero, il puro, il permanente, il meraviglioso, ecc." (Samyutta Nikaya, 43) e altri testi con designazioni come "C'è un non-nato, un non-divenuto, un non-composto, ecc.". Le enunciazioni in forma di termini negativi includono le definizioni del Nibbana come " la distruzione del desiderio, dell'odio e dell'ignoranza" e come "la cessazione dell'esistenza (bhava-nirodha). Se si vuole comprendere correttamente la concezione "buddhista" del Nibbana, è necessario prendere accuratamente in considerazione il significato di entrambi i tipi di enunciazioni. Il citarne uno solo per confermare le proprie opinioni unilaterali, risulterebbe un'interpretazione non equilibrata.
L'enfasi sul "C'è" con la quale iniziano i due celebri  testi sul Nibbana dell'Udana, indica senza alcun dubbio che non è concepito come una semplice estinzione o come la dissimulazione di uno zero assoluto. D'altra parte però, come "precauzione" nei riguardi di una interpretazione metafisica errata  dell'affermazione "C'è..." , troviamo l'altrettanto enfatica negazione dei due estremi dell'esistenza (atthita) e della non-esistenza (natthita). Anche le espressioni in termini positivi che si riferiscono al Nibbana includono spesso termini negativi: " C'è una dimensione in cui non è né terra...né questo mondo o l'altro mondo, dove non c'è né andare né venire". " C'è un non-nato, un non-divenuto..."
Tutti questi testi che riuniscono definizioni sia positive che negative sono complementari, per evitare di scivolare in uno dei due estremi speculativi. I modi di definirlo negativi hanno però un importante vantaggio su quelli positivi. Le affermazioni come quella che lo definisce come " la distruzione della brama, dell'odio e dell'illusione" indicano la direzione da prendere nel sentiero verso la meta e quel che si deve fare "concretamente" per realizzarlo davvero.
Se il desiderio, l'odio e l'illusione sono stati completamente distrutti, allora si può vedere il Nibbana qui e ora, senza indugi, disponibile alla verifica e direttamente sperimentabile dal saggio. (Anguttara Nikaya, 3: 55)
Si può a volte gustare attimi di Nibbana nell'ordinarietà della nostra misera vita quotidiana. In ogni attimo di gioioso e sereno distacco...
Chi vede in profondità la verità della sofferenza "non è più trascinato via dall'irrreale (metafisica), e non si ritrae più di fronte al reale ( nichilismo)". La cessazione ultima della sofferenza, ciò che non muore, è il Nibbana. Il Buddha storico in verità non ha insegnato tante cose. Le quattro Nobili verità , se ben studiate, riempiono un'intera vita di riflessioni. La terza nobile verita ( la verità della cessazione) coincide con la realizzazione del Nibbana.
P.S. chiedo umilmente scusa ai moderatori per l'EVIDENTISSIMO fuori tema prodotto. Rinnovo l'invito ad Apeiron di continuare magari nella sezione spiritualità dove si potranno confrontare queste interpretazioni con la critica feroce che sicuramente ne verrà dalle temibili entità che la popolano... ;D ;D  
#1633
@ Apeiron
Il nirvana buddhista non può essere inteso come un assoluto concettuale ( come nel caso del Dio filosofico ). Questo per prevenire la deriva metafisica del Dharma stesso ( che purtroppo ha designato, a mio parere, tutta la speculazione mahayanica post-Nagarjuna con il risultato di arrivare quasi a concepire il Buddha come una divinità). Il nirvana è correttamente inteso solo con riferimento al Dolore, di cui ne è l'estinzione. Come dicevamo l'altra sera con Phil, lavando i piatti, il Nirvana è un'esperienza , non un concetto. Concordo con te che è magari il caso di approfondire in altra discussione.  :)
#1634
Oggi su Repubblica online viene riportata la notizia di una giovane, maga dell'informatica, che  avendo perso l'amato, ne ha utilizzato tutti i "frammenti" digitali (foto, filmati, registrazioni,ecc.) per crearne un alter-ego virtuale con apposito algoritmo con cui interagire e , presumo, continuare ad amare ( e a litigare... ;D ). Questo fatto mi ha indotto a riflettere sulla probabilità, con l'avanzare della conoscenza informatica, che un domani nemmeno molto distante, ci costruiremo tutti i nostri cari digitali con cui continuare a vivere insieme anche dopo la loro dipartita fisica. La perdita di ciò che si ama non sarà più così terribile perché, in un certo senso, continueranno a vivere con noi. Con l'avvento poi anche di corpi automatizzati ( di cui abbiamo già visto i primi minacciosi prototipi), sarà un gioco da ragazzi innestare in questi corpi  la personalità virtuale di nostro marito, di nostra moglie o più probabilmente del nostro amante, con cui passeggiar teneramente per le vie del centro. L'amato virtuale poi, sarà sicuramente dotato di carte di credito inglobate ( così da non dover sempre aver a che fare con il rischio attuale di perderle...) e di altre funzionalità ( tipo gli occhi a pila per trovare la serratura della porta di casa , nelle sere buie e tempestose. Ci saranno poi le varie funzionalità "sessuali" per il sollazzo e per il sollievo dall'amara "perdita" fisica.
Tutto quessto cosa c'entra con il principio di arbitrarietà mereologica?
Ecco cosa c'entra...mi son chiesto...ma questo alter-ego è un ente dotato di identità propria , oppure no? La risposta , per come riesco a concepirla personalmente, è no ( ma io, come sapete, ritengo convenzionale pure l'identità "naturale"). Coloro però che concepiscono l'universo come un tutto popolato da enti, o essenze, come si relazioneranno concettualmente con questi nuovi "enti" virtuali?
Se li abbiamo creati noi, e dipendono dall'energia che vorremo dargli, si possono definire come enti? Eppure, in certo qual modo, ragionano e agiscono, probabilmente anche con un certo grado di autonomia. Avranno sicuramente un'intelligenza molto superiore, che so...di un criceto o di una tartaruga. Avranno un corpo, un'intelligenza autonoma e agiranno di conseguenza. Basta affibbiargli un nome e avremo una "persona" o una "personalità", seppur virtuale ( ma neanche tanto visto che occuperanno uno spazio e un tempo...). Mi spingo oltre, estremizzando il concetto...avranno un'intelligenza e un'autonomia sicuramente superiore a quella della povera "Adriana", di cui ho parlato nella discussione "La nave di Teseo".
Questo dilemma, almeno per me, dimostra l'arbitrarietà di assegnare il concetto di entità, di personalità e di identità.
Sono d'accordo con Sgiombo che, se vogliamo trovare il concetto di "ente perfetto", dobbiamo necessariamente  concepirlo com viene convenzionalmente definito Dio. L'universo, non avendo ancora rinvenuto l'ente perfetto, si dovrebbe considerare popolato da enti imperfetti ( entità in divenire) ma questo risulta contradditorio perchè un'essenza che si trasforma non è più un'essenza, almeno come viene convenzionalmente designata.

P.S. Non è neppur sicuro che si trovi meno soddisfazione nell'amato virtuale che non in quello "reale", anzi...basta caricar la batteria bene!  ;D
#1635
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
08 Ottobre 2016, 21:35:02 PM
Citazione di: Phil il 08 Ottobre 2016, 19:57:32 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2016, 13:48:40 PMP.S.Consapevole che ogni mio ulteriore intervento non farebbe che ribadire la mia convinzione che l'identità non è ontologicamente fondata ma solo convenzionalmente designata, concludo qui la mia riflessione sull'interessante paradosso de "La nave di Teseo".
Scusami se ti richiamo in causa, ma non sono riuscito a rispondere prima... concordo con la "essenziale"(parolaccia!) convenzionalità della identità, ma avrei qualche osservazione in merito:
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 23:20:38 PMnon ha alcun senso dire che Sari , quando dice "non sono", invece è...
Per dire "non sono", bisogna esistere: cogito, ergo sum (et ergo dico non sum...). Di chi è la voce che dice "non sono"? Del non-Sari, della sete di esistere, o di una delle possibili identità convenzionali di Sari? Di certo, non è la voce di un agente esterno a Sari...
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 23:20:38 PMnon è possibile affermare che è illusoria la sete d'esistere, come non è illusorio Sari, essendo correttamente designati; illusorio è il ritenerli dotati di esistenza intrinseca (durevole, eterna, immutabile, ecc.).
Ciò che non ha un'esistenza intrinseca, non è forse illusorio? Se Sari e la sua "sete" non esistono intrinsecamente, ma sono solo designati convenzionalmente, non sono illusori? Le convenzioni non sono illusorie, "ontologicamente" parlando? [Intendo per "illusione" il prendersi gioco (il-ludere), l'ingannare la nostra prospettiva spacciando per realmente esistente qualcosa che non lo è...]
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2016, 13:48:40 PMil concetto di identità non può essere definito in alcun modo se non convenzionalmente da un agente esterno.
Quanto più cerchiamo di riempire la vacuità con un'identità unica e definitiva, tanto più ci complichiamo l'impresa... mi sembra ancora plausibile e funzionale che ogni identità debba essere pensata come plurale, a seconda del tipo di discorso: un ente esterno non serve ad identificarmi nel mio flusso di coscienza, nell'ascoltarmi (la voce di cui sopra)... così come per sapere il mio nome e cognome ho invece necessariamente bisogno di una fonte esterna che me lo certifichi (o che me ne convinca quando sono bambino)... per la mia identità come memoria, le modifiche del mio corpo sono irrilevanti... eppure è abitando il mio corpo mutevole che vivo e mi riconosco (anche percettivamente)... insomma, a seconda di come intendiamo l'identità, è possibile metterla in luce in modi differenti, ma si tratta sempre di puntare una luce(convenzionale) nel buio(vacuità), scambiando il raggio di luce per qualcosa che è (in auto-nomia), a prescindere dalla luce stessa...

Chiamato in causa il Sari si ripresenta...dopo aver lavato i piatti ( convenzionalmente designati come piatti)  :)
La voce che dice non-sono è del non-Sari ( direi che è la voce di prajna , della visione profonda del carattere convenzionale di Sari). Non è la voce dell'agente esterno a Sari , il quale può semplicemente designare il Sari convenzionale.
Non uso il termine "illusorio" perchè richiama troppo la concezione vedica del "Velo di Maya". Il fatto che il "mondo", come è convenzionalmente designato, è soggetto alla legge dell'insorgere dipendente non significa che è irreale. Nel senso che non è un sogno, o della natura dei sogni. Questo perchè il concetto vedico induce a ritenere che ci sia "qualcosa" di sostanziale  che sottostà all'illusione e la genera. Questo è rifiutato dalla concezione della shunyata come vacuità. Hui-neng (Wei-Lang), il sesto patriarca dello zen, quasi provocatoriamente proclamava: "Ab initio nessuna cosa è".
Cosa non è ab initio? l'esistenza intrinseca di ogni cosa ( mentale o materiale), non la "cosa".
 Non vi è albero del Bodhi,
Nè sostegno di lucido specchio
Poichè tutto è vuoto, ( di esistenza intrinseca,nota del Sari convenzionale)
Dove può posarsi la polvere?
Quindi Sì, le cose prive di esistenza intrinseca sono "illusorie", ontologicamente parlando. Nota però come mi sembra giusto intendere il concetto di "illusione". Bisogna anche essere consapevoli che la vacuità può essere vista come contradditoria per il linguaggio convenzionale, ma non come esperienza. Pertanto magari potremmo intendere la stessa esperienza , trovandoci in contraddizione sui termini per designarla convenzionalmente. 
Magari riusciresti a spiegarla meglio tu, che ti definisci un filosofo zen euristico...mannaggia!!!!  :) :) :) :)    
Quante volte ho ripetuto che sono inadeguato a tutto questo...