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Messaggi - sgiombo

#1621
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
16 Settembre 2018, 00:00:38 AM
Citazione di: SamuelSilver il 15 Settembre 2018, 19:04:40 PMCONTINUAZIONE

Ora, quest'idea del diverso punto di vista io l'ho trasportata nella mia concezione monista materialista del mondo (che Sgiombo me ne perdoni) e mi è servita per trovare un diverso approccio al problema dei qualia.

Vorrei portare innanzitutto l'attenzione sulla natura del problema dei qualia e della coscienza. Il riduzionismo e il materialismo sono spesso criticati perchè, sembrerebbe, non riescono a spiegare la coscienza e l'esperienza soggettiva di ognuno. L'esperimento mentale di Mary che studia la percezione dei colori in una stanza in bianco e nero ne è un esempio: l'idea qui, è che delle spiegazioni fisiologiche del funzionamento del cervello non sono sufficienti per rendere conto anche delle esperienze soggettive (la critica di Paul Churchland a questo esperimento contiene già gran parte, se non tutte, le mie idee a riguardo). Tuttavia, secondo me, il problema esiste solo perchè non ci si è soffermati a pensare a cosa significhi dare una spiegazione dei qualia. Ed ecco che entrano in gioco i punti di vista. Dal mio punto di vista (non ho saputo resistere al gioco di parole) ogni individuo ha due differenti visioni dei processi cerebrali (e qui mi riallaccio ai pensieri di Sgiombo ): la visione esterna e interna. Per visione esterna intendo il modo in cui ogni cervello (che uso come sinonimo di individuo) "vede" gli altri cervelli. Questo modo corrisponde a tutte le spiegazioni fisiologiche dei processi mentali che sono state fornite finora: noi percepiamo gli altrui processi cerebrali come potenziali d'azione, reazioni chimiche ecc. Per visione interna intendo la visione che ogni cervello ha di se stesso, ossia, il modo in cui determinati processi cerebrali "vedono" altri processi cerebrali all'interno dello stesso cervello. Il modo in cui il cervello si vede è attraverso i qualia. Questi due punti di vista sono diversi l'uno dall'altro ed è quindi normale che generino rappresentazioni diverse della stessa cosa (il cervello). Da ciò ne consegue che i qualia di una persona esterna a noi, essendo anche loro processi cerebrali, vengono percepiti da noi come normali processi cerebrali e non ha senso pensare di poter dare una spiegazione diversa ai suddetti qualia, poichè noi non siamo quella persona e l'unico punto di vista che abbiamo sul suo cervello è quello esterno. Il fatto che i nostri qualia ci sembrino qualcosa di diverso dai normali processi fisici è dovuto solo al fatto che essi sono interni a noi e non esterni, godendo quindi un diverso punto di vista. Il ragionamento sarebbe il seguente: i qualia non sembrano processi fisici poichè i processi fisici corrispondono al nostro modo di rappresentare la mete degli altri (tra cui i loro qualia), mentre i nostri qualia li stiamo vivendo in prima persona, producendo una diversa rappresentazione dei nostri stessi processi fisici. Riassumendo si potrebbe dire: noi siamo i nostri qualia, i qualia degli altri sono ciò che noi vediamo come processi fisici (immagini di risonanza magnetica del cervello, rilevamenti EEG e così via).

CitazioneE qui veniamo ai punti di dissenso.
 
Parlare di visione "interna" a un cervello significa a mio parere inevitabilmente chiamare in causa un Ryleiano "fantasma nella macchina" (il che, per un materialista eliminativista a là Churchland mi sembra piuttosto grave!): nel cervello non c'é alcun omuncolo che possa vedere il cervello stesso "da un punto di vista interno", né sotto forma di fenomeni mentali o di pensiero né in alcun altro modo: il cervello é visto solo e unicamente (in quanto tale: roba grigiastro-rosea con circonvoluzioni separate da solchi o scissure) da altri soggetti di visione (a meno che non si metta uno specchio davanti a una persona cui sia stata tolta in anestesia locale la calotta cranica: e solo questa potrebbe essere una sensata "visione del cervello da parte di se stesso; ma in realtà una visione di se stesso "alla maniera delle cose da sé diverse ovvero """dall' esterno""" –notare il numero di virgolette- e non invece il resto delle sue esperienze coscienti, e in particolare non i suoi pensieri o fenomeni mentali): nessun quale proprio della sua coscienza oltre quelli costituenti le visione del proprio cervello nello specchio e nient' altro, e non affatto, ad esempio, i qualia costituenti i pensieri che sta pensando!
 
Il cervello non ha un' esperienza cosciente (é invece un contenuto di esperienze coscienti), non vede alcunché, ma unicamente riceve, elabora ed invia impulsi nervoso: non fa nient' altro. Non vede nulla, ma tutto ciò che fa é unicamente ricevere, elaborare ed emettere impulsi nervosi
 
Colui che ha l' esperienza cosciente a cui ci riferiamo é invece quella cosa in sé (né materiale né mentale) che altre cose in sé ad essa simili (come essa aventi esperienze coscienti, nelle quali appunto accade la visione del cervello stesso) vedono come quel determinato cervello.
 
D' altra parte se il cervello vedesse i qualia costituenti al coscienza del suo "titolare", allora, dal momento che il cervello stesso é nella coscienza di chi lo osserva, avremmo che una coscienza conterrebbe un' altra coscienza (quella di chi osserva il cervello conterrebbe la coscienza del "titolare" del cervello stesso, in quanto in esso contenuta), il che é decisamente assurdo: dove starebbero mai i "confini" della coscienza dell' osservato nella coscienza dell' osservatore? Si tratterebbe comunque d un' unica coscienza senza discontinuità, contenente una seconda coscienza da essa distinta malgrado l' assenza di discontinuità, ovvero un' unica coscienza che sarebbero due coscienze: qualcosa di molto simile al "mistero della santissima trinità"!
 
E se noi fossimo i nostri cervelli (qualsiasi riferimento aDick Swaab non é puramente casuale), allora noi saremmo in altre coscienze diverse dalla nostra, ed al nostro interno non avremmo alcun quale identificantesi coi nostri pensieri (né con i nostri contenuti di coscienza materiali), ma solo neuroni, assoni, sinapsi, ecc., costituiti da qualia contenuti nelle esperienze comprendenti il nostro cervello (quelle dei suoi osservatori, non le nostre).
 
I qualia sono fenomeni, e anche i processi fisici sono qualia; i nostri qualia non sono i qualia (materiali: processi fisici) altrui costituenti i processi fisici del nostro cervello (da loro visto, nell' ambito delle loro coscienze) poichè i processi fisici sono fenomeni che corrispondono alle cose in sé nelle esperienze fenomeniche di altri soggetti, mentre i nostri qualia (fisici e non) li stiamo vivendo in prima persona, "producendo" una diversa rappresentazione di noi stessi (nel caso di quelli mentali in particolare) in quanto cose in sé rispetto a quella che si "produce" nelle coscienze di altri soggetti in sé di coscienza fenomenica.
Riassumendo si potrebbe dire: noi ci percepiamo in quanto i nostri qualia mentali, siamo percepiti da altri sotto forma di ciò che gli altri percepiscono come qualia materiali costituenti il nostro cervello, siamo ciò che loro vediamo come processi fisici (immagini di risonanza magnetica del cervello, rilevamenti EEG e così via).
 



Con questo volevo far notare come, in realtà, le spiegazioni materiali dei processi cerebrali che stiamo continuando a dare sono sufficienti per rendere conto di ogni tipo di fenomeno mentale (anche se ovviamente ancora c'è molto da scoprire). Il fatto che molti credino che a queste spiegazioni manchi e mancherà sempre qualcosa dipende dall'illusione di poter dare a qualcosa di esterno (l'altrui cervello) la stessa rappresentazione che si da al proprio cervello. Ovviamente le cose non cambiano neanche se si visualizza una misurazione dei propri processi cerebrali, in quanto la misurazione ha già trasformato i suddetti processi in un linguaggio esterno e comprensibile agli altri.  
Dissento.
 
Le spiegazioni materiali dei processi cerebrali che stiamo continuando a dare non sono sufficienti per rendere conto di ogni tipo di fenomeno mentale (e non lo saranno mai, per quante cose scopriremo mai in neurofisiologia).
A queste spiegazioni manca e mancherà sempre qualcosa perché si fondano sull' illusione che noi considerati "in sé" saremmo la materia del mostro cervello (la quale anziché interagire meccanicamente con l' ambiente, l' unica e sola cosa che effettivamente fa, avrebbe una coscienza: sentirebbe!) mentre invece la materia del nostro cervello siamo noi considerati in quanto "percepiti fenomenicamente"  da altri soggetti di coscienza in sé o noumenici simili a ma diversi, altri da noi.
#1622
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
15 Settembre 2018, 23:47:15 PM
CitazioneInnanzitutto ringrazio SamuelSilver per aver preso in considerazione e criticato le mie proposte e per avere a sua volta avanzato le proprie convinzioni, grazie anche allo stimolo da me proveniente (cosa per me decisamente gratificante).
Lo vorrei inoltre rassicurare che non ha bisogno di alcun perdono da parte mia per "aver usato i miei pensieri per rafforzare il freddo poco piacevole monismo materialista": a parte il fatto che ritengo ovviamente del tutto legittimo e insindacabile da parte mia l' impiego autonomo e originale da parte di chiunque delle mie opinioni e sollecitazioni in qualsiasi "direzione teorica" (perfino monistica idealistica, se fosse il caso), ho la presunzione di ritenere che il mio "monismo (neutro) del noumeno, dualismo dei fenomeni" si collochi nel solco del materialismo "classico" (settecentesco là d' Holbach, e leopardiano, per intenderci), del quale sono immodestamente convinto di aver superato i limiti e le aporie circa i rapporti cervello-coscienza e materia-pensiero, salvaguardandone e sviluppandone la fondamentale ispirazione "naturalistica" e "antimiracolistica-antisoprannaturalistica-antiprovvidenzialistica".
 
Obietterò di seguito a ciò in cui credo mi abbia frainteso e a ciò da cui dissento delle sue proposte, ignorando le affermazioni che condivido.
Citazione di: SamuelSilver il 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM


Secondo Sgiombo (parole mie): "Esiste il materiale ed esiste il mentale. Il materiale è tutto ciò che arriva alla nostra coscienza dall'esterno, che tutti possono vedere e misurare. Esso viene rappresentato dalla nostra coscienza come percetto (visivo, uditivo ecc.). Il mentale è invece tutto ciò che è interno alla nostra coscienza, che è soggettivo e non misurabile dall'esterno. Di questa categoria fanno parte sia i percetti soggettivi generati dalla materia, sia le sensazioni interne come pensieri e ragionamenti." A questo punto Sgiombo mi corregge dicendo che: "Tutto ciò che é interno alla nostra coscienza é il fenomenico [...] del che fanno parte sia le apparenze fenomeniche materiali [...]  sia le apparenze fenomeniche mentali o di pensiero".

Vorrei qui un chiarimento sulla natura della correzione (e mi rivolgo principalmente a Sgiombo). Non credo di aver colto la differenza tra le mie e le tue parole: entrambi affermiamo che la coscienza, ossia il mentale, è composto da processi sia esclusivamente interni (quindi fenomeni mentali o di pensiero), sia dalle "apparenze fenomeniche materiali" (quindi dai nostri percetti provenienti dalla materia). C'è qualcosa che ho tralasciato?
Citazione
Secondo me tu (come anche Apeiron, nella discussione su "La critica delle scienza é fondata?" !) tendi a confondere due concetti per me diversi e da distinguere chiaramente, quelli di "coscienza" di "mente".

La coscienza comprende tanto "contenuti fenomenici" (insiemi e successioni di sensazioni) mentali o di pensiero (concetti, ragionamenti, ricordi, immaginazioni, sentimenti, aspirazioni, "stati d' animo", ecc.), quanto "contenuti (altrettanto) fenomenici" materiali (cielo, terra, stelle, montagne, pianure, oggetti minerali, vegetali, animali, ecc.).
I secondi possono essere considerati intersoggettivi in quanto espressione (manifestazione fenomenica cosciente) di rapporti fra quella cosa in sé che é "soggetto di coscienza" e altre diverse cose in sé che sono "oggetti di coscienza" (trovo improprio esprimere questo concetto dicendo che arrivano alla nostra coscienza dall'esterno dal momento che sono sempre e comunque "interni" alla nostra coscienza, anche se in relazione a cose in sé ad essa esterne); invece i primi non possono essere considerati intersoggettivi in quanto espressione (manifestazione fenomenica cosciente) di rapporti fra quella cosa in sé che é "soggetto di coscienza" e, riflessivamente, essa stessa (soggetto ed oggetto di esperienza fenomenica cosciente in questo caso si identificano, mentre nel caso di fenomeni materiali -altrettanto appartenenti alla coscienza, ma non alla sua "parte mentale", non alla mente- sono distinti).




Più avanti viene illustrato un interessante modo di approcciarsi al problema dei qualia. Secondo Sgiombo (parole mie): "Quando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro lo percepiamo nello stesso modo in cui percepiamo le cose materiali poichè esso è esterno a noi. Tuttavia il possessore del cervello lo percepisce come mentale poichè esso è interno al soggetto."
CitazioneQui un po' pignolescamente ci terrei a fare una precisazione.
I concetti di "interno" ed "esterno" hanno senso propriamente solo relativamente ai fenomeni materiali (infatti Cartesio li chiamava "res extensa", peraltro ipostatizzandoli, cioè considerandoli a mio parere indebitamente "cose reali in sé", anche indipendentemente dall' essere percepite: solo di qualcosa che ha un' estensione si può stabilire sensatamente se sia interno od esterno a qualcosaltro che pure ha un estensione).
Direi più propriamente che i soggetti in sé di sensazione di altri da essi diversi oggetti in sé  percepiscono questi oggetti altri, diversi da se stessi-soggetti (nell' ambito delle loro proprie esperienze coscienti di cui sono soggetti) come fenomeni materiali; mentre percepiscono se stessi come cose in sé soggetto e anche riflessivamente oggetto di sensazione come fenomeni mentali.




Dunque, vorrei iniziare con alcuni punti deboli che mi è sembrato di trovare. Innanzitutto non mi è chiaro quanti sarebbero gli elementi ontologici: materia e mente? Materia, mente e noumeno? Oppure materia-mente (visti come unità) e noumeno? Il mio punto è il seguente: se materia e mente smettono di esistere al cessare delle percezioni coscienti interne ed esterne (quindi anche quando dormiamo immagino), vuol dire che esse sono interamente contenute nella nostra coscienza. Ma a questo punto c'è qualcosa che non torna riguardo la natura della materia. Se essa si identifica con le sensazioni percettive tattili, visive, odorose ecc., (quindi materia = percetti) non vedo perchè chiamarla materia e non, per l'appunto, "percezione", classificandola come uno dei tanti aspetti della mente. Se essa invece si identifica con ciò che produce queste percezioni, allora non dovrebbe smettere di esistere quando le percezioni cessano e dovrebbe quindi identificarsi  con il noumeno, in quanto i percetti sono i rappresentanti del noumeno e sono quindi prodotti da esso.
CitazioneAnche qui mi sembra di rilevare un' indebita confusione fra "mente" e "coscienza".
"Percezione" o "sensazione" per me sono sinonimi di "fenomeno", ovvero letteralmente (ed etimologicamente, dal greco) "fenomeni", "contenuti di coscienza", "qualia", il cui "esse est percipi": la loro realtà si esaurisce nell' apparire alla coscienza "e basta", quando non si ha coscienza (di esse) non esistono (allora se, come credo, qualcosa esiste, anche allora sarebbe contraddittorio identificarlo con tali cose -chiamabili fenomeni, sensazioni, contenuti di coscienza, ecc.- allorché esse non esistono: non possono che essere qualcosaltro, da esse diverso, non apparente alla coscienza -non fenomeno- ma solo congetturabile esistere: noumeno).
E questa "natura ontologica" di fenomeni é "talmente e qualmente" propria dei fenomeni (o sensazioni, o contenuti di coscienza, ecc.) mentali (coscienza =/= mente!) e di quelli materiali (uniche differenze fra di essi sono che i primi non possono essere postulati essere intersoggettivi e non possono essere quantitativamente misurabili attraverso rapporti di grandezze esprimibili matematicamente, e di conseguenza non sono scientificamente conoscibili, per lo meno in senso proprio), mentre i secondi sì che lo possono.
Dunque in conclusione per me ontologia comprende: il noumeno ("neutro": né materiale né mentale in quanto non apparente) e i fenomeni (costituenti l' esperienza cosciente, la coscienza; e non la mente); i quali si distinguono in materiali (intersoggettivi, "pubblici" e misurabili) e mentali (meramente soggettivi, "privati" e non misurabili).
 
Nota bene ciò che qui dici della materia (=fenomeni materiali di coscienza) si ben può dire esattamente allo stesso modo del pensiero o dei fenomeni mentali parimenti di coscienza: essi sono entrambi percezioni coscienti (e non: mentali, se non nel solo caso dei secondi), diverse cose da quelle (in sé: noumeni) che "producono" le percezioni stesse (le virgolette perché le producono in senso non propriamente "causale" in quanto un divenire secondo leggi universali e costanti esprimibili da equazioni algebriche si può inequivocabilmente postulare -e non dimostrare: Hume!- solo per la materia e non della mente né del noumeno, che non sono quantitativamente misurabili)



Io mi limiterei a suddividere materia e mente e, se si vuole tirare in ballo il noumeno, esso dovrebbe essere un sinonimo di materia.
CitazioneSpero di avere chiarito sufficientemente appena qui sopra perché la cosa in sé o noumeno non può essere considerato sinonimo di materia, id est: delle sensazioni o fenomeni (enti-eventi di coscienza, e non di mente!) materiali; esattamente come non può essere considerato sinonimo di pensiero, id est: delle sensazioni o fenomeni (enti-eventi di coscienza) mentali.



A questo punto si arriva alla parte più interessante: il cervello visto dall'esterno e dall'interno. Sgiombo dice spesso che "il cervello sta nella coscienza". Con questo penso voglia intendere che, dato che nella sua ottica la coscienza non è prodotta dal cervello, ma essi sono piuttosto uno affianco all'altro, l'unico vero cervello con cui abbiamo a che fare è quello che incontriamo quando stiamo guardando un cervello fisico di qualcun'altro. Essendo esterno a noi, esso crea un percetto che è rappresentato nella nostra coscienza come l'immagine del cervello. In questo senso il concetto o l'immagine del cervello è dentro la coscienza (di chi osserva). Ma ogni persona vede diversamente se stesso rispetto a come vede gli altri: degli altri si vede il cervello ma non la coscienza, di se stessi si possono,teoricamente, vedere entrambi poichè siamo i possessori di un cervello e della coscienza associata (ma non causata, poichè entrambi rappresentano, in modi diversi, una terza cosa che è il noumeno).

CitazioneQui volendo fare il pignolissimo rompiballe potrei solo rilevare che il termine "accanto" é un po' improprio, per lo meno in senso letterale in quanto il cervello é nella coscienza di osservatori (come insieme-successione di sensazioni materiali), la quale propriamente parlando non é "accanto" alla coscienza del "titolare" di tale cervello: l' esperienza cosciente della cosa in sé che é soggetto, "titolare" di tale cervello e quelle degli altri soggetti in sé che tale cervello vedono (essendone la cosa in sé che ne é titolare l' oggetto senza essere anche il soggetto della visione fenomenica del cervello stesso da parte loro) reciprocamente si trascendono, si trovano su "piani ontologici" diversi e incomunicanti, spazialmente irrelati, cosicché fra di essi non si possono sensatamente  stabilire relazioni spaziali.

CONTINUA
#1623
Tematiche Filosofiche / Re:Homo Faber
15 Settembre 2018, 21:09:25 PM
Citazione di: bobmax il 15 Settembre 2018, 20:53:57 PM

@Sgiombo
Se non dalla materia donde proverrebbe, secondo te, la razionalità?
Forse pensi si tratti di un fenomeno trascendente?

La razionalità é una caratteristica umana, proprio in particolare della mente, del pensiero (e del comportamento) umano, che non ritengo riducibile a, né emergente da o sopravveniente a (qualsiasi cosa questi concetti possano significare) la materia in generale, e in particolare alla materia cerebrale (anche se con la materia cerebrale necessariamente coesistente e correlato).
Caratteristica attribuibile, di materiale, solo e unicamente al comportamento umano (e in qualche minima misura anche di altri animali alquanto affini all' uomo), in relazione al loro pensiero, e a nient' altro.
#1624
Tematiche Filosofiche / Re:Homo faber
15 Settembre 2018, 19:42:09 PM
A Socrate68

A parte il fatto che gli organismi viventi non sono fatti di solo DNA e che il DNA non "é fatto" per alcuno scopo (né per rimanere immutato, e infatti muta, né per mutare, e infatti non muta troppo indiscriminatamente e non "intenzionalmente", ma a casaccio), ma semplicemente esiste e diviene secondo le leggi di natura, fisiche e chimiche, non ho alcuna intenzione di perdere tempo nel forum a discutere con gli antiscientifici negatori della moderna biologia in larga misura "darwiniana".

Mi aspetto le solite accuse di "dogmatismo", ecc., ma non me ne può fregre di meno: certe posizioni "teoriche" si squalificano da sole.

Stammi bene!
#1625
Tematiche Filosofiche / Re:Homo faber
15 Settembre 2018, 19:34:52 PM
Citazione di: bobmax il 15 Settembre 2018, 16:14:36 PM
La razionalità, per esempio, pare essere in noi maggiormente sviluppata. Magari a causa delle nostre corde vocali e delle mani prensili con il pollice opponibile.
Ma davvero possiamo pensare che la razionalità non sia presente non solo nell'essere vivente più semplice, ma pure in ogni cosa inanimata?

CitazioneSì, certo, lo penso eccome!

La razionalità, e quindi la possibilità di manipolare la realtà (tecnica), sono qualità intrinseche della materia.

CitazioneLa materia diviene secondo leggi unversali e costanti, senza seguire alcuno scopo razionalmente perseguito attraverso mezzi idomei (e non saprei in quale altro senso si potrebbe attribuire il carattere della "razionalità" alla materia).
#1626
Citazione di: Phil il 14 Settembre 2018, 22:00:02 PM
Citazione di: bobmax il 14 Settembre 2018, 19:49:47 PM
Se pensiamo ad un'esistenza diacronica, nel tempo, un'identità temporalmente mutante non è affatto una contraddizione logica; altrimenti dovremmo, per coerenza, bandire tutti i verbi che indicano processo e cambiamento, oppure tali verbi non potrebbero avere un soggetto, risultando pressoché inutilizzabili... invece dire "io cambio", "io già differisco da ciò che io ero un attimo fa", "io diventerò diverso da come io sono", etc. ha senso sia logico che esistenziale (almeno così mi sembra).
Il soggetto grammaticale (ancor prima che logico) è infatti inscindibile dal "principio di identità" (a=a), il principio fondante ogni logica e ogni ragionamento (il pensare un soggetto la cui identità "sostanziale" cambia nel tempo è ormai prassi anche nel senso comune).


Concordo (checché pretenda in contrario Severino).
#1627
Tematiche Filosofiche / Re:Homo faber
15 Settembre 2018, 09:33:39 AM
Secondo me una "storia dell' uomo" ("storia" in senso proprio, storia umana) "senza Prometeo" non é concepibile per il semplice fatto che allora essa si identificherebbe con la "pura e semplice" storia naturale: verrebbe meno la peculiarità fondamentale che la caratterizza, nell' ambito della storia naturale stessa (senza minimamente trascenderla ).

A un certo punto e "in un angolino" della storia naturale é comparsa (per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale; correttamente intesa: "a là Gould" e non  "a là Dawkins", N.d.R.) una specie animale dotata di tanta plasticità e variabilità di comportamento in relazione col variare delle condizioni ambientali (creatività, "intelligenza") da consentirle l' acquisizione del linguaggio (a mio anticonformistico avviso una delle prime e di gran lunga la più importante, decisiva invenzione o espressione di "techne" e non una delle ultime facoltà naturali geneticamente condizionate, naturalmente comparsa in seguito all' evoluzione biologica) e conseguentemente la possibilità (e volontà) di produrre (cambiare l' ambiente) più di quanto necessario alla sua sopravvivenza.
Questo é stato l' inizio della "storia" propriamente detta o storia umana, nell' ambito della storia naturale senza trascendere o "superare" la storia naturale stessa, ma semplicemente costituendone un "naturalissimo sviluppo" o "ramificazione differenziata" fra tante altre, "rimanendovi comunque ben all' interno".
Dall' acquisizione di questa tendenza comportamentale (alla realizzazione di un pluslavoro) sono conseguiti la proprietà privata dei mezzi di produzione e la divisione dell' umanità in diverse classi sociali ed il progressivo (non linearmente ininterrotto) sviluppo quantitativo e qualitativo delle forze produttive umane, processi dinamici fra loro in rapporto di condizionamento "dialettico".
Il "prometeico" sviluppo quantitativo delle forze produttive umane (fondato sul "lavoro" e sul "pluslavoro", ovvero sulla trasformazione finalizzata, artificiale, "tecnica" della natura da parte del' uomo, nell' ineludibile rispetto-"opportuna" applicazione delle sue leggi inderogabili del divenire: come dicevano Engels e Marx, il lavoro umano é "padre" e la natura é "madre" di ogni ricchezza, prosperità e realizzazione di civiltà) é potuto continuare fino ai nostri giorni dal momento che le risorse naturali ad esso necessarie potevano essere considerate "in pratica", con "buona approssimazione" inesauribili, infinite (relativamente alla modesta potenza trasformatrice della natura propria della techne finora raggiunta).
Ora però tale potenza trasformatriche ha raggiunto proporzioni comparabili con l' entità (finita) delle risorse naturali effettivamente (e non: fantascientificamente, o ideologicamente, cioé secondo l' ideologia -falsa coscienza!- scientista) disponibili, ragion per cui la limitatezza delle risorse naturali disponibili si manifesta sempre più drammaticamente nei suoi effetti nefasti per la sopravvivenza della specie umana (e di tante altre animali e vegetali).

Questo é il tempo in cui "i nodi dello sviluppo prometeico della techne vengono al pettine": o l' umanità saprà per tempo trasformare la sua organizzazione sociale superando la sua divisione in classi antagonistiche attraverso la proprietà sociale collettiva dei mezzi di produzione, che sola consente un' utilizzazione oculata e pianificata con adeguata prudenza delle risorse naturali limitate disponibili, tale da fermare (e in qualche misura inevitabilmente anche ridimensionare) quantitativamente e sviluppare ulteriormente solo in senso qualitativo lo sviluppo delle forze produttive e della civiltà, così consentendo la sua stessa sopravvivenza, oppure a causa dei rapporti di produzione capitalistici che impongono inesorabilmente la concorrenza fra unità produttive private nella ricerca del massimo profitto (individuale, da parte di ciascuna) possibile a qualsiasi costo e a breve termine temporale, e dunque l' illimitata crescita di produzioni e consumi in un ambiente dalle risorse limitate, provocherà la sua estinzione "prematura e di sua propria mano" (Sebastiano Timpanaro").

In questo secondo sommamente deprecabile caso, ovviamente la storia naturale continuerà il suo cammino del tutto indifferente alla perdita irreparabile e definitiva, nel suo proprio ambito, della storia umana (così come si sono già perdute innumerevoli altre specie viventi).
#1628
Tematiche Filosofiche / Re:Questione sulla critica.
14 Settembre 2018, 21:04:53 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Settembre 2018, 20:31:54 PM
Citazione di: DeepIce il 14 Settembre 2018, 18:04:55 PM
Esatto. E qui sta la grande differenza tra dittatura e "sistemi democratici". I secondi sono esattamente una dittatura come i primi, tuttavia i primi non permettono voci di dissenso, mentre i secondi non solo le permettono, ma le incoraggiano e le finanziano (media, università, fondazioni etc.). Il fatto però che ci siano voci di dissenso non significa assolutamente che tale dissenso porti ad un cambiamento, anzi. Il tutto è un'illusione.


Beh, diciamo che la democrazia è necessariamente la scelta fra pappa e pan cotto (tanto per usare una efficace ed
immediata metafora)...
La democrazia (chiaramente parlo della democrazia costituzionale, visto che per la democrazia detta "giacobina"
valgono altre considerazioni) non può, per sua stessa essenza, permettere cambiamenti radicali.
E' per questo che la democrazia non teme la critica e il dissenso...
saluti

("Zuppa o pan bagnato". si dice dalle mie parti: che é sostanzialmente quello che ci é consentito scegliere in presenza di leggi elettorali truffaldine, forzanti le opzioni degli elettori verso i pochissimi voti "utili" ...al mantenimento del potere reale in poche mani).

Ma secondo me le affermazioni di DeepIce e di Oxdeadbeef valgono per la "democrazia reale", che é mio parere ben poco o punto ...democratica; é un "minimo" veramente assai esiguo di effettivo "potere del popolo".
Non sto ad argomentare i motivi per i quali lo credo (sui quali non ho intenzione di farmi coinvolgere in un' eventuale discussione defatigante e a mio parere quasi sicuramente improduttiva di fatto, oltre che "fuori tema": li lascio semplicemente alla riflessione personale degli amici del forum), che sostanzialmente si riducono al fatto della divisione della società attuale in classi antagonistiche, delle quali quella dei capitalisti dispone del potere reale, al di là delle istituzioni più o meno formalmente democratiche vigenti(ma di fatto oggi piuttosto meno che più: basti pensare alle leggi elettorali correnti, quasi tutte più o meno truffaldine perché non proporzionali -checcé si pretenda alquanto spudoratamente ma falsamente di talune, come quella tedesca, da parte di taluni- e dunque tali per cui i voti non "contano" affatto tutti allo stesso modo!); potere reale più o meno temperato "in senso comunque assai limitatamente democratico" a seconda della reale forza politica delle altre classi sociali escluse dal potere.
Credo peraltro, per parte mia, che le voci di dissenso non solo permesse, ma incoraggiate e (tanto più quelle) finanziate siano solo ben poche e ben selezionate voci di "dissenso di sua maestà".

Ma secondo me si tratta di una necessità "di fatto", non di una ineludibile necessità "logica", di principio).
#1629
Citazione di: Socrate78 il 13 Settembre 2018, 17:07:36 PM
@Sgiombo: Guarda che ti sbagli di grosso, un altro dei motivi per cui i nazisti odiavano gli ebrei era perché erano sostenitori di un capitalismo basato sull'assoluta libertà di commercio, il liberismo economico non poteva che essere aborrito da un'ideologia che sosteneva l'onnipresenza dello Stato anche nell'economia. Hitler odiava tanto il capitalismo vero quanto il comunismo, era fautore di una specie di "terza via" tra i due sistemi che era molto più vicina al socialismo di quanto tu possa credere. Essi accusavano gli ebrei proprio perché capitalisti estremi di aver provocato la crisi del 1929 e il capitalismo puro era uno dei loro idoli polemici, assieme al comunismo di Marx. Gli ebrei vennero definiti non solo "comunisti" in senso spregiativo, ma anche "usurai succhiasangue", facendo riferimento proprio alla loro caratteristica di sostenere un'economia spietata e competitiva, fondata sull'individualismo capitalistico. Altrimenti perché si chiama nazional-SOCIALISMO? Si chiamò così proprio perché voleva essere una forma particolare di socialismo, infatti Goebbels e tutti i gerarchi si dichiararono sempre socialisti e dissero di voler realizzare quello che Marx e Lenin non avevano realizzato.
E poi, spiegami, perché il capitalismo per te sarebbe il male assoluto? E' l'unico sistema in grado di produrre davvero ricchezza a lungo termine, tutte le politiche ispirate al socialismo/comunismo deprivavano l'economia tassando le imprese, disincentivandone gli investimenti, in nome di un'utopia che produce solo appiattimento e rende tutti uniformemente più poveri. Lo Stato nel socialismo reale si sostituiva all'individuo in tutto, decidendo che cosa ogni persona doveva desiderare, fino a che punto poteva arricchirsi e migliorare. Io non lo ritengo giusto, secondo me è un colossale inganno, un qualcosa che sembra giusto in linea teorica ma non lo è per niente se lo si analizza a fondo....... Reagan diceva a questo proposito che il capitalismo "genera ricchezza in modo diverso, il comunismo crea solo povertà in maniera uguale".

Non rispondo alle altre farneticazioni, ma i Nazisti identificavano casomai gli Ebrei, oltre che con i Comunisti (sparlavano correntemente di "cospirazione giudaico-bolscevica"), con gli usurai, ovvero i capitalisti finanziari (anche se non avevano la finezza intellettuale per fare certe distinzioni...), nemici della (cosiddetta) libera concorrenza capitalistica (sempre cosiddetta) "produttiva".
#1630
Anzi, casomai é un motivo (importantissimo) in più!
#1631
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 18:03:53 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Settembre 2018, 21:50:17 PM
Citazione di: InVerno il 11 Settembre 2018, 14:08:58 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Settembre 2018, 13:41:57 PM

Diciamoci la verità, "non tutti" sentono il bisogno di andare a messa la domenica, quello che si difende è una "festività marxista" a cui i liberisti giustamente non sentono alcun obbligo di aderire, tu pensi per ignoranza o per qualsiasi altro motivo, ma parecchie persone si sentono completamente a loro agio a lavorare alla domenica, a lavorare e qualsiasi ora, pur di lavorare.  

Grazie! Migliore elogio del marxismo non potevi fare!

Le persone di cui parli che "si sentono completamente a loro agio a lavorare alla domenica, a lavorare e qualsiasi ora, pur di lavorare" sono gli sfruttatori che non hanno mai fatto una mazza in tutta la vita (di solito deprecano anche la pensione e preferiscono evitarla per poter continuare a fare una mazza come hanno sempre fatto).
Io non ho fatto ne elogi ne critiche al marxismo, ne era mia intenzione.


CitazioneNon l' avrai voluto, ma per me (e credo per chiunque ritenga un diritto sacrosanto quello del riposo festivo, per andare a messa o fare qualsiasi altra cosa) l' hai fatto senza volerlo.




Ho chiesto un analisi su un punto preciso, lei mi risponde con uno slogan di lotta di classe, ok.
E' inutile continuare a ribadire la scoperta dell'acqua calda, ovviamente la caduta del muro di berlino ha avuto le ripercussioni che si vedono, ha infatti inserito nel mercato una gigantesca porzione della popolazione mondiale (notevolmente più povera) che prima ne era esclusa e ha dato via a un reale processo di globalizzazione. Ovviamente quella è la data di nascita del "nuovo mondo", la causa prima di molte iatture, ma non per questo esso verrà mai ricostruito perciò non si capisce dove finisca il ragionamento circolare e inizi il ragionamento lineare, dove stia l'analisi e la proposta attuale. Dia retta agli ebrei, che è parecchio tempo che aspettano che qualcuno ricostruisca il tempio, ci metta una pietra sopra e guardi l'oggi.

Quella popolazione stava un po' meglio, se, contrariamente a quanto accaduto dopo, non aveva bisogno di emigrare in massa per sperare di vivere decentemente (lo facevano solo taluni ingegneri, medici, artisti, sportivi che volevano guadagnare immensamente di più dei loro concittadini).

O per caso secondo te il grande calciatore ungherese Puskas, tanto per fare un esempio, é emigrato "alla ricerca delle libertà" ...nella Spagna franchista? 

Non so se il comunismo verrà mai realizzato (o se prima il capitalismo avrà provocato l' estinzione "prematura e di sua propria mano" dell' umanità), ma questo non é un buon motivo per non lottare con tutte le mie forze.
#1632
Citazione di: Socrate78 il 12 Settembre 2018, 17:52:28 PM
Il nazismo manteneva intatte le strutture formali del sistema capitalistico, ma in realtà non era affatto fautore del liberismo economico, anzi, per molti aspetti era una sorta di socialismo con l'aggiunta dell'elemento razziale e nazionalistico. Perché i nazisti odiavano gli ebrei? Perché erano fautori di una forma radicale di capitalismo che il nazismo, con l'idea che aveva di Stato totalitario, non poteva che aborrire. O non ti sembra corretto, Jacopus?


Balle!

Ha forse espropriato i Krupp, la Beyer, la Mercedes, la BMW o anche la più scalcinata delle industrie capitalistiche tedesche ? ? ?

I Nazisti odiavano gli Ebrei perché nella loro ignoranza e pregiudizio li identificavano con i Comunisti ("cospirazione giudaico-bolscevica"), altro che con pretesi "fautori di una forma radicale di capitalismo" ! ! !
#1633
Citazione di: Jacopus il 12 Settembre 2018, 17:19:56 PM
Socrate il tuo ragionamento e' fazioso. E' come se dicessi che il capitalismo e' terrribile perche' il nazismo operava attraverso un sistema formalmente capitalistico. Il capitalismo reale si e' sviluppato in molte forme come il socialismo reale. Contrapporre un sistema ad un altro con logica bianco/nero o bene/male e' astorico e demagogico. E te lo dico come fautore di un capitalismo intelligente.


Intelligenza che apprezzo molto, malgrado la mia ostilità al capitalismo.

Rammento che giusto di questi giorni 45 anni fa l' imperialismo americano distruggeva nel sangue un' esperienza socialista assolutamente pacifica e rispettosissima di tutti i principi formalmente democratici: contro chi ti combatte con la violenza più inaudita e senza scrupoli mica puoi limitarti a brandire il diritto!

https://www.resistenze.org/sito/te/po/ce/pocehi11-019503.htm
#1634
Citazione di: Socrate78 il 12 Settembre 2018, 15:53:42 PM
@Sgiombo: Non si lavora però solo con il corpo, ma anche con la mente. Uno "sfruttatore" che ha un ruolo direttivo in un'azienda deve appunto programmarne l'attività, stabilire quali strategie sono utili per l'impresa, gestirla dal punto di vista economico e selezionare gli investimenti, tutto questo è un lavoro che non è certo fatto di braccia, ma di cervello.
Citazione
Infatti nel capitalismo é sfruttata (= eroga anche un pluslavoro oltre al lavoro necessario per riprodurla ovvero farla esistere) anche la forza lavoro intellettuale, oltre che materiale (anche quella del proletario ingegnere, oltre che quella dl proletario operaio, entrambi alle dipendenze di un capitalista).

E ovviamente un capitalista può anche lavorare "in proprio" senza essere sfruttato, se vuole, sia manualmente che intellettualmete.


Vedi, caro Sgiombo, negli anni settanta in Cambogia ci fu un "signore" di nome Pol Pot che decise dalla sera alla mattina che tutti quelli che non facevano lavori fisici erano solo parassiti e li deportò in massa per schiavizzarli in nome del socialismo. Abolito il denaro, distrutta ogni proprietà privata, gli intellettuali uccisi perché appunto non proletari, io ti chiedo a questo punto: Ti sembra giusto? O ti viene il sospetto che qualcosa non vada in tutta l'ideologia che vi è dietro?
Citazione
Su quelle vicende cambogiane ho seri dubbi (non certezze), dal momento che mi sembrano poco credibili e che i giornalisti hanno sparato a scopo anticomunista le bufale più pazzesche ed assurde (altro che le pretese "fake news" dei critici indipendenti in Internet, le cui opinioni vogliono censurare): se quelle cambogiane fossero state, putacaso , stragi "autentiche" allo stesso modo in cui é "vera" quella famosissima "di Timisoara" attribuita a Ceusescu e ai comunisti rumeni, allora si tratterebbe di una penosa farsa travestita da tragedia.

Quello di cui sono sicuro é che il governo di Pol Pot fu sostenuto e aiutato diplomaticamente e militarmente dall' imperialismo occidentale (USA in primis; oltre che dai comunisti cinesi) e che fu liquidato dai comunisti vietnamiti, per porre fine alle continue violazioni da parte sua (su istigazione dei suoi compari americani e maoisti) dei confini della Repubblica Socialista Vietnamita stessa.
#1635
Citazione di: Apeiron il 12 Settembre 2018, 19:24:17 PM
Ciao Apeiron,

Ap.: Se non si ammette che empiricamente non si può sapere se vi è il noumeno o meno, allora secondo me non è possibile avere una conoscenza completa del fenomeno.
Citazione
CitazioneSg.: Ma nessuno che non sia affetto da delirio di onniscenza ha mai preteso di avere una conoscenza completa dei fenomeni (a parte il fatto che che non si possa empiricamente sapere se vi è il noumeno o meno non lo devo certo "ammettere", dal momento che é quanto ho sempre sostenuto).
CitazioneApeiron:
Intendevo dire che una conoscenza completa è "logicamente possibile", non che "pretendo di averla". 
Ovvio.
Però avevi scritto che Se non si ammette che empiricamente non si può sapere se vi è il noumeno o meno, allora secondo te non è possibile avere una conoscenza completa del fenomeno.
Citazione di: Apeiron il 12 Settembre 2018, 19:24:17 PM 



CitazioneAp.: Visto che tale "conoscenza certa" del fenomeno implica anche una conoscenza certa (può anche essere parziale ma deve essere certa) del noumeno (in particolare, come minimo, o si constata la sua presenza o la sua assenza) e siccome l'inferenza dall'esperienza, la "fede" e la speculazione non possono dare tale conoscenza, l'unica via è l'esperienza diretta. 

Sg.: Qualsiasi certezza e qualsiasi conoscenza sul noumeno può aversi unicamente per fede; pretendere di conseguirla per esperienza diretta significa cadere in una platealissima contraddizione (vedi sopra).
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Apeiron:
.: Va bene... come dicevo, non tutto ciò che è indipendente dalla nostra coscienza, secondo me, è inconoscibile. Ovvero, credo che il tuo concetto di "noumeno" sia troppo restrittivo. Ma ovviamente "secondo me"  ;)

Però, non penso di portare argomentazioni a mio favore migliori di quelle che ho portato...
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Però avevi scritto che Visto che tale "conoscenza certa" del fenomeno implica anche una conoscenza certa (può anche essere parziale ma deve essere certa) del noumeno (in particolare, come minimo, o si constata la sua presenza o la sua assenza) e siccome l'inferenza dall'esperienza, la "fede" e la speculazione non possono dare tale conoscenza, l'unica via è l'esperienza diretta.