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Messaggi - Sariputra

#1636
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
08 Ottobre 2016, 13:48:40 PM
Citazione di: davintro il 08 Ottobre 2016, 01:38:51 AMCoscienza, pensiero volontà, sensazioni... possono essere considerate come "parti" dello spirito solo in senso metaforico, figurato, non reale. Il concetto di parte ha un senso reale solo se si parla del piano materiale, il piano nel quale qualcosa occupa uno spazio ed occupandolo esclude l'occupazione dello spazio ad un'altra cosa, producendo una separazione che fà sì che l'unità materiale sia sempre un'unità esteriore e fittizia. Pensiero, volontà ecc. sono diverse forme di espressioni della spiritualità, non sono propriamente "parti", non seguono il principio fisico, dell'impenetrabilità dei corpi, ma sono nel complesso della vita interiore della persona costantemente intrecciati, reciprocamente condizionati, tra loro vi è una compenetrazione, e questa compenetrazione è il segno della tendenza all'unità data dalla nostra componente spirituale. Le convenzioni non sono l'identità, ma i suoi limiti, in quanto riguardano dei ruoli che assumiano in relazione al mondo esterno, alla società, non sono l'espressione di una forza spontanea interna alla persona, le convenzioni riguardano la superficie della persona, cioò che è visibile esteriormente, non ciò che consideriamo quando ci rivolgiamo verso noi stessi, quando nell'introspezione ci rivolgiamo verso la nostra profondità. Nell'essere umano, che in virtù della sua finitezza ontologica è sintesi di attualità e potenzialità, corrisipondente alla sintesi di spiritualità e materialità, non si deve pensare all'identità nè come qualcosa di innatamente del tutto giù compiuto, tesi che non considererebbe la dipendenza per lo sviluppo delle nostre potenzialità naturali da certe condizione offerte dal mondo esterne, nè come una mera convenzione o illusione, tesi che non considera la capacità dell'Io attraverso la ragione di riflettere su se stesso, valutare quanto un'azione, un impulso, possa essere coerente con i nostri valori e la nostra personalità, restando libero di poter seguirlo o reprimerlo. L'identità nell'uomo va vista come una sorta di tendenza interiore a realizzare il proprio sè in un certo modo e la nostra identità si costruisce quanto più tale tendenza viene coerentemente seguita nel corso della vita e si perde quando più disperdiamo la nostra vita nel caso della frammentarietà delle situazioni, non seguendo un riferimento morale costante che ci rappresenti. Cioè nell'uomo l'identità è qualcosa che si realizza "più o meno" in base alla forza psichica ed alla razionalità degli individui. Ma questi non sono limiti riguardanti il concetto di "identità" considerato in sè, ma solo l'identità di un ente imperfetto e limitato come l'uomo. L'identità umana non è l'identità tout court, ma solo una sua particolare declinazione

Ciò che "tende all'unità ", che vedo assunto arbitrariamente a priori come dare per scontata una sostanza al portatore introvabile delle parti, degli aggregati che compongono l'essere vivente ( non intesi ovviamente solo in senso di "parti" spazio-temporali come comunente designate e percepite, ma pure come processi dinamici pscicologici, comunemente designati come processi psicologici o mentali) è proprio quello che ho definito/designato convenzionalmente come la "sete d'esistere, oppure come la "volontà di esistere" ( in eterno, durevolmente, stabilmente, godendo in eterno di appagamento che non può essere appagato, ecc.). In ogni caso l'essere vivente e senziente è "anche " diviso in parti comunemente designate come tali  nello spazio e nel tempo. A meno che si voglia affermare che il corpo abbia una parvenza illusoria, si deve ammettere che mente e corpo sono un'unità di parti ben distinte, che agiscono insieme e reciprocamente si determinano. Non penso che, se ad un corpo vengono amputati tutti e quattro gli arti, ciò non provochi un cambiamento anche nella mente e nelle sue dinamiche psicologiche e viceversa sappiamo bene come gli stati mentali influenzino la salute del corpo.
Dovremmo quindi considerare la persona nella sua interezza funzionale di mente e corpo , come vengono convenzionalmente designati. Che le "parti" siano materiali o immateriali, fisse o dinamiche, con forma o senza forma, conscie o inconscie, sorgono sempre in dipendenza da altre "parti", come convenzionalmente designate da un agente esterno alle "parti" stesse. Una mancanza funzionale di una parte si ripercuote infatti nella funzionalità delle altre parti; così anche nella "nave di Teseo" la rottura del timone comporta l'impossibilità di dirigere la nave. Un essere terribilmente menomato nei sensi ( cieco, sordo e muto) non riesce a sviluppare alcun tipo di intelligenza come viene comunemente designata, ma solo una forma di intelligenza ridotta alla sensazione tattile ( come la povera Adriana, nome  finto, che imbocco a volte la sera e l'unica cosa che riesce a fare è aprire la bocca a scatti come un uccellino nel nido...agendo in lei la "sete d'esistere" nonostante tutto).
Sono d'accordo con la seconda parte del tuo intervento, che mi sembra però dimostri che il concetto di identità non può essere definito in alcun modo se non convenzionalmente da un agente esterno. infatti se la poni come un "qualcosa che si sviluppa nel tempo per forza delle dinamiche interiori e delle esperienze materiali" già inizi a scomporla, inserendo il fattore tempo, e non essendo più identica a se stessa, ma in divenire, non può certo essere l'identità, ma semmai l'identità convenzionalmente data da un agente esterno o arbitrariamente assunta dalla riflessione interiore che finisce per identificarsi  con i propri mutevoli processi dinamici mentali e corporei, che sempre hanno origine in dipendenza da altro. Giustamente, come scrivi, l'identità non può aver limiti, se non quelli convenzionalmente dati da un agente esterno, in quanto processo dinamico di "nutrimento" ( mentale e materiale) della volontà d'esistere e di eternamente tentar di trovare appagamento.

P.S.Consapevole che ogni mio ulteriore intervento non farebbe che ribadire la mia convinzione che l'identità non è ontologicamente fondata ma solo convenzionalmente designata, concludo qui la mia riflessione sull'interessante paradosso de "La nave di Teseo". Che poi la riflessione sull'identità porti ad aprire finestre su quella relativa allo "spirito" o "anima", come comunemente definiti, è evidente ma forse è il caso di aprire apposito spazio di discussione. Sono oltremodo allergico a termini come "spirito" o "anima" che spesso vengono posti aprioristicamente come base della riflessione e, nonostante le mie non giovanissime primavere, confesso che non ho ancora ben compreso a che cosa si riferiscono... ;D
#1637
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
07 Ottobre 2016, 23:20:38 PM
Citazione di: Phil il 07 Ottobre 2016, 16:17:51 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 15:20:58 PMNon è Sari...è la sete d'esistere.
La sete d'esistere vuole esistere, ma se è sete (e vuole), esiste già... esiste come mancanza di ulteriore esistenza (per questo è sete e non sazietà), ma qualora la ottenesse non sarebbe più sete, dunque non esisterebbe più... quindi l'esistenza della sete di esistere è basata sul non appagamento della sete stessa, per cui, volendo vivere cioè non-saziarsi, non è sete autentica, è illusoria...
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 15:20:58 PME' la volontà d'essere anche se non sono...come un desiderio costante inappagabile
Nel momento in cui dici "non sono", sei... altrimenti dove avrebbe radice (mula) quel desiderio? P.s. Offrire ad un koan una riposta razionale è sfidare l'implacabile monaco zen ad usare il bastone... attento, lo ha già sollevato! :)

Quando Sari afferma "non sono" , intende che Sari è privo di esistenza intrinseca. Sta parlando della vacuità di Sari. Come il portatore delle parti non è "la nave di Teseo", così il portatore delle parti non è Sari. Quando Sari viene designato come "Sari" da  un agente esterno a Sari, è corretto dire che Sari "è". Sari, come la nave di Teseo, non è essenzialmente altro dagli aggregati e nemmeno è della loro stessa natura. Non è la base degli aggregati né li possiede intrinsecamente.. Si potrebbe dire che Sari, e la nave di Teseo, vengono stabiliti in dipendenza dagli aggregati che li compongono.
Rispetto a questa "dipendenza", Sari è simile alla nave di Teseo, infatti:
-non si può affermare che è essenzialmentre altro dalle sue parti.
-non è identico ad esse.
-non le possiede intrinsecamente.
-non dipende intrinsecamente da esse.
-non è la base da cui le sue parti dipendono intrinsecamente.
-non è il semplice insieme di queste parti.
-non è la loro configurazione.
Se Sari è un non-Sari intrinsecamente, ma nello stesso tempo è correttamente designato come Sari da un agente esterno, non ha alcun senso dire che Sari , quando dice "non sono", invece è...ma si dovrebbe correttamente intendere come :" Cosa vuole esistere nel non-Sari? Quale delle sue "parti" desidera esistere e ri-esistere in eterno?". La risposta corretta è: la sete di esistere ( tanha), o brama d'esistere, vuol esistere in eterno nel non-Sari, correttamente e convenzionalmente designato da un agente esterno come Sari.
Questa "sete" per l'esistenza però non può essere "entificata", come non può essere entificata la sua vacuità. Infatti non è dato trovare alcuna "sete d'esistere"  al netto delle parti che la costituiscono (contatto-phassa, sensazione-vedana, attaccamento-upadana, coscienza-vinnana, ignoranza delle cause-avijja, ecc.) proprio come non è possibile trovare alcun portatore delle parti nella "nave di Teseo" o in "Sari". Correttamente però la sete d'esistere è designata come "sete d'esistere" da un agente esterno alle sue parti. Così non è possibile affermare che è illusoria la sete d'esistere, come non è illusorio Sari, essendo correttamente designati; illusorio è il ritenerli dotati di esistenza intrinseca (durevole, eterna, immutabile, ecc.).
QUEL desiderio ( di esistere e ri-esistere) ha la sua radice nel contatto ( phassa).
Vorrei poter esser significa nient'altro che vorrei poter trovare appagamento ( chi lo afferma non è il Sari correttamente designato da un agente esterno, ma il non-Sari dominato dalla componente "sete d'esistere").
Riporto un pensiero di Schopenhauer che trovo affine, pur mancando il concetto di vacuità :
"La volontà di vivere non è soltanto la radice noumenica dell'uomo, ma anche l'essenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in sé dell'universo finalmente svelata, -L'intimo essere, il nocciolo di ogni singolo, ed egualmente del Tutto-. Essendo al di là del fenomeno, infatti, la volontà presenta caratteri contrapposti a quelli del mondo della rappresentazione, in quanto si sottrae allo spazio, al tempo e alla casualità. Essa è dunque: inconscia, unica, eterna ( al di là del tempo, senza inizio né fine), incausata e senza uno scopo. In questa prospettiva, miliardi di esseri ( vegetali, animali, umani) non vivono che per continuare a vivere."
Vista così però, la sete d'esistere, sembra più un'entità metafisica ( radice noumenica, essenza, ecc.) dotata di esistenza intrinseca.
Con molta umiltà, non mi sento d'accordo su questo, anche se il mio sentimento direbbe di sì... :-[

 
#1638
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
07 Ottobre 2016, 15:20:58 PM
CitazioneP.S. Anche se io so di non essere , tuttavia vorrei poter essere...

Koancosa è colui che vorrebbe poter essere?  

Non è Sari...è la sete d'esistere. E' la volontà d'essere anche se non sono...come un desiderio costante inappagabile.
#1639
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
06 Ottobre 2016, 23:30:20 PM
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2016, 21:33:48 PM
Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:28:35 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AML'identità non è le parti singole che la compongono; l'identità non è il portatore delle parti singole, [...] l'identità non è la funzione, [...] l'identità non è la forma [...] l'identità non è il nome [...] l'identità non è un significato
E se l'identità potesse essere pensata come tutte queste dimensioni (assieme o una alla volta, a seconda del tipo di discorso)?

Sì, è possibile, ma sarebbe sempre l'identità designata da un agente esterno alle parti, dal discorso relativo all'insieme o alle parti. Se fosse dell'insieme sarebbe l'identità detta del "portatore delle parti", se fosse della parte si dovrebbe definire come la designazione esterna dell'identità della singola parte.

 
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AMSolo designandola convenzionalmente si può assegnare un'identità. [...] Sembra che mi stia avvicinando al concetto di vacuità (Shunyata) di identità tipico del pensiero di Nagarjuna, ma non riesco a svolgerlo come il grande Magister...mannaggia!!
La vacuità non è proprio l'assenza di designazioni convenzionali? E non vorremo mica farci del male filosofando sull'identità della vacuità? ;D


La vacuità, come concetto filosofico, è la comprensione dell'impossibilità di trovare una sostanza in qualunque designazione convenzionale di identità. La vacuità come esperienza è la consapevolezza che i fenomeni, così come sono visti, sono solo designazioni convenzionali. E' la vacuità di esistenza intrinseca. La vacuità non è una designazione mentale, ma tutto quello che si può dire della vacuità è solo una designazione mentale. Questo perchè la vacuità di esistenza intrinseca è un' esperienza e solo quando se ne discute assume il concetto dato dalla designazione mentale di vacuità.
La vacuità non può essere conosciuta dal pensiero convenzionale che tratta i fenomeni come se fossero indipendenti e stabili, dotati di natura immutabile e certa. L'esperienza della vacuità non è compatibile con una costruzione concettuale. L'idea stessa di vacuità rischia di essere pericolosa, se viene "entificata" . La vacuità richiede la rinuncia ad ogni opinione e quindi anche alle opinioni sulla vacuità stessa. Nel caso dell'identità "nave di Teseo" di fatto si riduce alla consapevolezza della vacuità di identità sostanziale. La vacuità assuma la forma di un aggettivo; infatti, nel caso della nave di Teseo, mi sembra si dovrebbe correttamente dire : "La nave di Teseo è vuota ( vacua) di identità intrinseca". Che non significa che non c'è, la nave di Teseo è ormeggiata con i suoi alberi nascosti da vele variopinte, il trinchetto e il pappafico e la chiglia incrostata di molluschi. Tutto è come deve essere.

P.S. Anche se io so di non essere , tuttavia vorrei poter essere...



#1640
AH!...Jean, Jean...se non ci fossi bisognerebbe inventarti!! ;D ;D  


Il quesito, nel quale aleggia un soave sfottò alle dispute puramente teoriche del topic da me lanciato, sembra un laboratorio pratico, ma invece si rivela un banco prova proprio per le bislacche teorie dell'altro topic. Una vita senza una gamba è sempre una vita...ma non è la stessa vita che conducevamo. La gamba è nostra  o non lo è? Lo è quando è attaccata al resto del corpo , ma non son sicuro che lo è quando è staccata. Zanardi raccontava che , per molto tempo dopo la doppia amputazione, si sentiva ancora tutte e due le gambe. Gli facevano male , gli prudevano. La gamba è "anche " nella testa, se così si può dire. L' arto non è essenziale alla vita. L'importante è che non amputino per sbaglio qualcosa di pendente e molto vicino alla gamba! Quello sarebbe veramente un grosso guaio, anche se si favoleggia di miracolose protesi atte all'uopo che risolvono in un batter d'occhio anche pregressi "problemini", tipici dell'età dell'amico Sgiombo ( del quale son sicuro il solido epicureo non soffra... 8) ). Non credo che desidereri abbracciare per l'ultima volta il mio povero arto, salutandolo con una lagrima in viso, raccomandandogli di riguardarsi e di non correre troppo. Ho avuto la fortuna di non prendere questa decisione, sul cosa farne di un pezzetto del mio corpo, quando a 15 anni mi è stato tagliato un pezzo di intestino , in cancrena causa una peritonite.  Il chirurgo ha pensato bene di non presentarsi davanti a me e ai miei genitori con il pezzo di colon penzolante in mano. Gliene sono , ovviamente, molto grato. Credo che, quando si osserva una parte di noi diventata altro da noi, si provi una sorta di orrore, di naturale ribrezzo, tale da distogliere la vista immediatamente. Per questo non vorrei più saperne alcunchè del destino dell'arto amputato. E' preferibile entrare nella cassa con un solo arto, ma nostro, che con due , ma uno di questi diventatoci estraneo. E' preferibile essere infornati con una parte in meno, piuttosto che con una attaccata con il vinavil. Lo considererei volgarmente rozzo, poco "signorile" dimostrare un simile attaccamento per il corpo, quasi antiestetico Per tornare a Zanardi, lui stesso ammette che adesso i suoi due arti artificiali sono teneramente amati, gli sono cari quanto le sue fu-gambe, dimostrando la tenacia della mente nell'attaccarsi a qualsiasi cosa ritenga appartenergli. Zanardi si sente Zanardi anche mentre osserva dal letto le due nuove gambe metalliche che se ne stanno ritte da sole in un angoletto della camera. Ma è lo stesso Zanardi?... :)

P.S. Una cosa mi darebbe un senso di fastidio. Il fatto di sapere che la mia gamba venisse imbalsamata e messa in mostra in qualche circo scientifico che gira il mondo mostrando pezzi, o cadaveri interi squoiati, di esseri umani, giusto per suscitare orrore misto a stupida ilarità.
#1641
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
06 Ottobre 2016, 16:48:07 PM
Se si nega identità , se non in senso convenzionale, a qualsiasi cosa bisogna logicamente negarla anche al portatore delle parti. Davintro sostiene che l'identità è l'Idea della "nave di Teseo"e l'idea, essendo immateriale,prodotto dello "spirito", è quel qualcosa che permane, che non muta e che non si dissolve. Ma lo spirito è distinguibile dal portatore delle parti? Questo perchè anche questo spirito appare una costruzione di parti ( Coscienza, pensiero, volontà, sensazioni,inconscio,ecc.) e non è possibile il suo agire in assenza di una delle parti, esattamente come la nave di Teseo non può veleggiare per mari, senza il timone, ossia una sua parte. Si può affermare che lo spirito è un tutt'uno e che le sue parti sono solo apparentemente parti, ma questo mi sembra un espediente perchè anche la nave di Teseo , quando naviga per i mari, funziona come un tutt'uno; certo non è possibile vedere il timone andare di qua e la vela fare un'altra rotta di là. Ogni cosa sembra agire come un tutt'uno, in presenza delle sue parti funzionanti e legate in quella specifica forma. Però al mutare della funzionalità e della forma il portatore delle parti non riesce più a funzionare come un tutt'uno, con la stessa identica modalità precedente.
Una madre privata dei ricordi non può certo funzionare ancora come madre. Funzionerà , ma non nella stessa idea precedente. Lo " spirito" poi lo ritengo una congettura della mente. La negazione della sostanzialità dell'identità ha rilevanza come esclusione di interpretazioni arbitrarie e congetture del reale. In assenza di interpretazioni arbitrarie e di congetture sull'identità " nave di Teseo" la nave è convenzionalmente accettata come reale. Però deve essere fondata la consapevolezza che questa identità è esistente solo in senso convenzionale e così per analogia l'identità di tutto ciò a cui viene attribuita un'identità. L'identità non può essere fondata in se stessa, ma sempre, mi sembra, viene ad essere fondata da colui che la designa, con la consapevolezza che anch'io che la designo sono designato.Essa non ha esistenza al di fuori della conoscenza e dell'attribuzione di funzionalità dell'agente esterno alle sue parti. L'identità "nave di Teseo" si sorregge sull'identità "Teseo", che si regge sull'identità "Eroe mitico" e così via all'infinito in un gioco di specchi che eternamente si riflettono. Forse...Sari non è Sari, non è un'identità fondata in se stessa, ma un processo dinamico in divenire delle "parti", mentali e fisiche, che lo compongono. Convenzionalmente Sari è certamente Sari, perchè correttamente designato da altri come colui che è Sari. Sono due piani diversi in cui "vive" l'identità di Sari. Uno è il piano di Non-identità  di Sari come Sari, in quanto non è possibile attribuire alcuna sostanza all'idea di Sari; l'altro è il piano in cui l'identità Sari ( o quella "nave di Teseo")è certamente Sari , di cui è possibile leggere queste esternazioni e rifiutarle o accettarle. Quest'ultima è l'identità attribuita , l'altra è l'identità non-identità non attribuile se non come congettura.
#1642
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
06 Ottobre 2016, 11:54:44 AM
Solo designandola convenzionalmente si può assegnare un'identità. L'identità non è le parti singole che la compongono; l'identità non è il portatore delle parti singole, in quanto togliendo le parti non c'è più portatore; l'identità non è la funzione, altrimenti la nave che non può più navigare non sarebbe la stessa nave; l'identità non è la forma , altrimenti la nave in rovina non sarebbe la stessa nave; l'identità non è il nome, altrimenti allo scomporsi delle parti si potrebbe ancora vedere il nome( lo si può vedere solo nel ricordo o in una foto); l'identità non è un significato, altrimenti allo svanire delle parti rimarrebbe il significato ( ma questo , di nuovo, esiste solo nel ricordo). Tutto ciò che sembra rimanere è legato al ricordo della designazione convenzionalmente data da un agente esterno . Siccome però anche l'agente esterno sottostà alla stessa logica dell'identità convenzionalmente data, come si può affermare che una identità ha fondamento ontologico quando non è possibile ravvisare fondamento ontologico in chi , come agente esterno, designa l'identità stessa? Il figlio nato in un sogno sarà sempre della stessa natura del sogno. L'identità designata da un agente esterno non è possibile definire reale se non è attribuibile realtà all'agente esterno. Perchè come osservatore e designatore della "nave di Teseo" sono formato di innumerevoli parti che agiscono insieme per volontà del portatore delle parti ma...al netto delle parti che lo compongono, dove sta il portatore? E' il pensare e ricordare la designazione "nave di Teseo" il portatore che fa agire le mie parti? Domande che mi pongo...
capisco perchè questo paradosso abbia intrigato anche grandi filosofi...
Sembra che mi stia avvicinando al concetto di vacuità (Shunyata) di identità tipico del pensiero di Nagarjuna, ma non riesco a svolgerlo come il grande Magister...mannaggia!!
#1643
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
06 Ottobre 2016, 00:03:23 AM
Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:28:35 PM
Citazione di: paul11 il 04 Ottobre 2016, 23:55:55 PMMah.....ho l'impressione che ognuno abbia detto nella discussione qualcosa di giusto.
Come sempre d'altra parte. Ma la nave di Teseo che lentamente muta pezzettino dopo pezzettino solleva un altro problema di non facile soluzione: qual è il momento esatto in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Quale sarà il pezzettino dovrà mutare per trasformarla in un'altra cosa tanto da poter dire che prima era ancora la nave di Teseo e dopo non lo è più? Potremo mai saperlo?

E' una domanda molto interessante. Quale può essere il preciso istante in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Sembrerebbe che l'identità della nave cessi nel momento in cui l'agente ( o gli agenti) esterno alle sue parti non la ri-conosce più.  Ossia il momento in cui l'immagine /ricordo che ne ha l'agente esterno non corrisponde più alla forma  che ha di fronte. L'identità nave ha una forma ben definita e tale rimane fino al momento in cui la definizione cessa. Se osserviamo un cane allegro e scodinzolante lo riconosceremo come "cane"; se lo vediamo vecchio e macilento ancora lo riconosciamo come "Quel" cane; se lo vediamo appena morto sarà ancora quel preciso cane ma poi...dopo esser stato sepolto, viene dissotterato da divoratori di carogne, come le jene, e strappato a brandelli , portati ora di qua , ora di là. L'agente esterno capitato sul luogo e imbattutosi in quei mucchietti di carne putrida disseminati si chiederà:"Cos'è questo orrore?" L'immagine/forma di quel cane esisterà ancora solo nella memoria, come una vecchia fotografia, dell'agente esterno o in vecchie fotografie dell'animale atte a ricordarlo. Con il decomporsi anche di queste, ogni identità sarà svanita.
Ben consapevole di questo, e atterrito davanti a questa prospettiva, l'uomo concepisce un agente esterno eterno che possa "salvare" le identità. Solo qualcuno che mi vede e mi ricorda nella mia forma in eterno può salvare la mia identità. In assenza di questo ente eterno che eternamente mi designa, la mia identità, "Io" cesso di essere riconosciuto e svanisco come la nave di Teseo o il povero cane. Mi smembro. I pezzi che mi compongono si sciolgono dal legame. Svanisce il portatore delle parti.
#1644
Da quel poco che ho intuito del pensiero complesso di Nietzsche, il filosofo tedesco sembra voler capovolgere la volontà di Schopenhauer. Mentre in S. la volontà di potenza, che è la vera natura del mondo come rappresentazione, è malvagia e deve essere annientata tramite i tre punti fondamentali espressi nel Mondo: l'Arte, la Compassione, e l'ascesi, in N. c'è questo tentativo di adesione a questa volontà di forza, di potere e di dominio intesa come autentica realizzazione dell'uomo e dell'umanità. Sembra la ribellione del figlio al padre. Riconosce infatti la grandezza di S. ma vuole smarcarsi da essa provocatoriamente. La provocazione appare uno dei caratteri tipici di N., quasi un bisogno. Mentre S. lavora per dimostrare che questa forza è la base della sofferenza ( in adesione alla visione buddhista della realtà ineludibile del Dolore) N. pensa che aderendovi totalmente vi sarà Gioia. Forse una gioia sofferente, ma pienezza nell'adesione a ciò che è reale, ossia la sete d'esistere. Ma , nella realtà, Nietzsche soffre e soffre terribilmente, sino alla follia. Il carattere umano non può trovare soddisfazione in questa Forza. Desidera trovarla , ma non può trovarla. S. allora approda alla Noluntas come via 
di  liberazione e al carattere dell'ascesi come unica possibile libertà per l'uomo. Il fascino della Forza appare di fronte a Nietzsche, ma rimane inaccessibile, esattamente come il fascino del non-essere è inaccessibile a Schopenhauer. Leggendo "Sole e Acciaio" di Yukio Mishima riecheggia tutta la disperazione Nicciana, a parer mio, per un mondo visto pieno di forza interiore e caduto in mano al consumismo. Il destino tragico sembra accomunare i due autori, sbeffeggiati dalla stessa Forza che desideravano immaginare e possedere.
E' una mia libera interpretazione, s'intende, prendetela per quello che è... :D
#1645
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
05 Ottobre 2016, 01:05:13 AM
Citazione di: maral il 04 Ottobre 2016, 21:56:23 PMCerto che anche significato è una designazione mentale e anche designazione mentale lo è. Ed è vero pure che il significato di "nave di Teseo" non potrebbe esistere senza la percezione delle parti che costituiscono quella nave, ma è altrettanto vero che le parti della nave di Teseo non potrebbero in alcun modo esistere senza il significato di "nave di Teseo" altrimenti di che sarebbero parti? A quale intero farebbero riferimento le parti per poter essere parti, se l'intero rispetto al quale sono intese come parti non ci fosse? Un uomo primitivo vedrebbe quelle parti e non è detto che le considererebbe parti di alcunché, oppure le considererebbe parti di qualcosa che non ha nulla a che vedere con la nave di Teseo, ma il significato, qualunque sia, non lo sceglie lui, non lo inventa, ma gli è dato e gli è dato dal contesto che lo esprime, implicito o esplicito (quindi pubblico) che sia. E anche quel contesto peraltro si presenta sempre come un significato.

Le parti esistono anche se non sono riunite insieme nella "nave di Teseo". Infatti il timone, la chiglia, l'albero, la vela , ecc. diventano parti solo riunendole in una cosa che viene designata come nave e che ha una funzione ,serve ad uno scopo. Ma nulla vieta a Teseo di usar la vela per farsi una bella amaca e l'albero di maestra come architrave per il tetto della sua casa. Allora la vela diventerà "l'amaca di Teseo" e l'albero "la trave della casa di Teseo": Avranno cioè una nuova identità convenzionale, designata da un agente esterno alle parti stesse. Cos'è allora la nave? Si potrebbe forse definire come "il Portatore delle parti". Ma , se togliamo le parti, sparisce il portatore!! La nave di Teseo, smontata pezzo per pezzo, i pezzi accatastati alla rinfusa in un vecchio magazzino polveroso, non è più la nave di Teseo in quanto è "svanito" il portatore delle parti, che è forma e contenuto stesso del concetto di "nave di Teseo". Nome e forma vanno sempre insieme . Possiamo poi , prendendo tutti i legni che formano la designazione "nave di Teseo" e riunendoli in forma diversa, per es. una bella casetta , vedere che l'agente esterno dirà "la nave di Teseo è diventata la casa di Teseo". L'identità "nave" non esiste più e si palesa la nuova identità "casa". Eppure le parti sono le stesse!! Che meraviglia è questa? Che inganno è questo?
Ora provo ad immaginare che l'identità Teseo , la riflessione soggettiva che il mitico eroe fa su se stesso, perda le parti che la costituiscono, che sono in definitiva i ricordi. Così l'eroe, non sapendo  e ricordando nulla "a riguardo" di se stesso, e vedendosi, per es., circondato da pecoroni, penserà " forse sono il pastore di questi animali" e solo se arriverà la moglie , o il giovane fanciullo come usava a quei tempi classici, che gli diranno "Tu sei Teseo, il grande eroe"  avrà un barlume di ritorno alla sua identità precedente. Ma , in assenza di un agente esterno che designa l'identità, la precedente identità di Teseo è "svanita". Quando poi tutti gli agenti esterni che possono designare il poveraccio come "Teseo" saranno a loro volta perduti, l'identità Teseo sarà definitivamente e per sempre "svanita".
Così anche la "nave di Teseo", quando , tra miliardi di anni, anche il suo più lontano ricordo sarà perduto, non sarà più, in quanto più nulla esterno ad essa potrà designarla.
In teologia si ritiene che l'anima stessa per vivere deve essere " nominata" da Dio. Può esistere solo se qualcuno esterno ad essa la "vede". Ma questo, forse, è un altro discorso...
#1646
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
04 Ottobre 2016, 09:07:27 AM
Citazione di: Phil il 03 Ottobre 2016, 17:05:24 PM
Citazione di: green demetr il 03 Ottobre 2016, 04:26:39 AMAltrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo) Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.
Non sono affatto pratico di bio-potere (e, a dirla tutta, né di biologia, né di politica!), ma sono molto incuriosito dalla frase "proprietà di altri del "nostro" corpo"... è solo una metafora, c'è sotto un'ontologia politica o parliamo di essere "posseduti" come variante dell'essere "identificati"? La tematica dell'appartenenza credo presupponga quella dell'identità, in quanto il possessore ed il posseduto sono pensabili solo come identità già date (x ∈ y) e, nel caso dell'uomo, forse il corpo può essere una "multiproprietà", psichica (bipolarismo), mistico-religiosa (possessioni, per chi ancora ci crede), economica (tratta di esseri umani e sfruttamento), ma una totale espropriazione della volontà/persona/mente/Io/etc. "abitante" il corpo mi sembra improbabile (è invece diffusa la pratica del condizionamento, della modifica con vari "mezzi" di quell'abitante, con forti ricadute sulla gestione del suo corpo...).

SE l'identità è la convenzionale assunzione di parti come un Uno, si potrebbe anche sostenere che , l'agire su di una parte, modifica quell'uno. Per es. sappiamo che il sano esercizio fisico all'aria aperta ha pure benefici effetti sull' umore della mente ( e questo è dimostrato) e non solo sulla salute del corpo. Viceversa la frequentazione continua di forum di filosofia ha effetti depressivi sulla mente ( e questo non è ancora dimostrato...ma verificabile personalmente). Questo dimostrebbe che le parti sono legate da una reciproca dipendenza. Il timone , per funzionare, ha bisogno del suo sostegno sul ponte e la vela per dispiegarsi ha bisogno dell'albero. Togliamo il ponte e togliamo l'albero e gli oggetti in questione non svolgono più la loro "funzione". Senza esercizio fisico la mente si incupisce ( negli esseri che amano l'esercizio fisico, mentre si rallegra negli esseri oziosi e pigri...) e senza la frequentazione di forum di filosofia invece gioisce. Ecco che siamo pronti a gridare:"Siamo un tutt'uno", mente e corpo sono uniti e sono Io. Ne consegue che, se non c'è più corpo, non c'è più "mente" come se non ci sono più il timone e la vela e tutte le parti non c'è più nave. Quindi l'identità come nave è definita: la reciproca dipendenza in modo funzionale e convenzionale delle sue parti, riconosciuta da un agente esterno alle sue parti.. Lo stesso per l'identità personale che necessita sempre del riconoscimento di un agente esterno alla funzionalità e dipendenza delle parti della "macchina umana". Ora, come nel caso della mente che ha perduto ( perduto non è il termine esatto, definiamoli come "spariti") tutti i suoi ricordi, convenzionalmente l'agente osservatore esterno , valutando la "somiglianza" corporea come in continuità con la precedente, attesta il proseguimento dell'identità. Di fatto però, in mancanza di un riconoscimento soggettivo come "nave di Teseo", causa vuoto di ricordi, l'identità precedente non è più esistente e se ne instaura una nuova, l'identità "vascello sconosciuto" ;D.
#1647
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
03 Ottobre 2016, 11:41:00 AM
Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AMGreen. la convenzione deve ovviamente rispettare l'identità, ma quest'ultima non può eludere aspetti pratici. Sono ancorate nel porto diverse navi, fra le quali quella di Teseo , se nulla mi dice che quella nave è di Teseo, me ne approprio e diventa di paul11: chi mi può contestare? Nascono quattro gemelli omozigoti, se la nursey non mette un cartellino voglio vedere la stessa madre come fa a identificarli. uno per uno. La metafisica può dirci che l'identità non può essere soggetta al divenire. quindi non muta l'identità ad ogni passaggio di tempo, perchè quest ovarrebbe per ogni cosa dell'universo, dalla pianta .all'animale, ma persino di un minerale perchè dallo stato 1 allo stat o2 qualcosa seppur piccola è mutata;ma è la prassi a dargli la forza della convenzione.Non è che se a Tizio gli cambiano un arto, cambia identità

Sono d'accordo con te che la convenzione deve rispettare l'identità, per un problema eminentemente pratico. Il problema è che questa identità, a mio parere, è SOLO una convenzione, come l'esempio e l'analisi sulla nave di Teseo sembra dimostrare. Lasciando invariato il bisogno pratico ineludibile di avere un'identità e darne una agli oggetti di cui facciamo esperienza, è interessante notare che diamo a noi stessi l'identità convenzionale che ci viene assegnata. Ossia identifichiamo l'identità convenzionale con il nostro Io, o sè personale, o mente, o comunque si voglia chiamare "questo" spettatore e agente. E questo è fallace, secondo me, come l'analisi sulla nave di Teseo mi par che dimostri ampiamente. Se la nave potesse, per ipotesi assurda, ragionar su di sé probabilmente si definirebbe come "Io sono la nave di Teseo".  Così , allo stesso modo, noi diciamo "Io sono Sari", oppure "Io sono paul11". Assumiamo perciò la convenzione come reale, come dotata di realtà intrinseca.
Al contrario di te, io penso che l'identità convenzionale non cambi ( per es. mia mamma demente resta convenzionalmente mia mamma) mentre , non avendo proprietà intrinseca, la percezione e riflessione soggettiva sull'identità cambi totalmente al mutare delle parti che la costituiscono ( per es. mia mamma demente non si conosce più come mamma di Sari e urla ogni volta che lo vede, come se Sari fosse un estraneo minaccioso). Quindi , per me, sia l'identità come fattore convenzionale (percepito erroneamente come sostanziale) che qualunque cosa , materiale e immateriale, è soggetta al divenire in quanto aggregato di parti in trasformazione continua che, riunite insieme dalla designazione e dal significato ( anch'esso in divenire) dato da "questo", formano la convenzione identitaria.
"Tizio con un nuovo arto" non cambia identità convenzionale, ovviamente , per tutti, è sempre Tizio. Ma la sua identità soggettiva rimane esattamente uguale o diventa "Io sono Tizio, quello sfigato a cui hanno sostituito un arto" ? Mentre, prima dell'intervento, si rifletteva come: " Io sono Tizio, uguale a tutti gli altri, con tutte e due gli arti" ? L'identità pare cambiare in relazione ai molteplici punti di vista da cui la osserviamo. Sempre facendo un ipotesi assurda,se la nave di Teseo avesse coscienza di sé , alla continua sostituzione delle sue parti, probabilmente inizierebbe a considerare di essere "Sono la nave di Teseo con un altro albero di maestra" e poi "Sono la nave di Teseo con un'altra vela", ecc. Quando tutte le sue parti finalmente vengono sostituite probabilmente la povera nave potrebbe dire unicamente "Sono"  non riconoscendosi più come nave di Teseo, se non per l'appunto convenzionalmente.
#1648
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
02 Ottobre 2016, 13:59:55 PM
Citazione di: maral il 02 Ottobre 2016, 13:20:53 PM
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2016, 10:43:26 AME se distinguessimo fra identità sociale-convenzionale (esterna) ed identità auto-percepita (interna)?
L'idea era che l'identità interna è il riflesso di quella esterna, ossia di quella che gli altri con il loro richiamo con la voce e con lo sguardo ci restituiscono come unità che può durare e pertanto acquisire ai nostri occhi una vita interna autonoma. L'autoconsapevolezza è sapere di sapere come unità, ma il soggetto unitario di questo sapere (me stesso) è possibile solo se gli altri me lo indicano. Non c'è un'identità senza un altrui riconoscimento.
CitazioneIn fondo anche "il foro romano" o il Colosseo non sono sempre stati dei ruderi...
ma noi è solo dei ruderi che abbiamo davanti (qualcosa che interpretiamo come resti), insieme a una storia che non viene dal passato di quei ruderi, ma dal presente. E' solo nel presente che abita ogni significato, ma quale significato non siamo noi a deciderlo.
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2016, 10:56:19 AMNe consegue che tutto l'universo dell'uomo è una designazione mentale ? Ma che all'analisi non si può trovare nulla di esistente in sé al di fuori della configurazione delle sue parti designate dalla mente?
L'universo dell'uomo è fatto di significati, non di cose e anche "mente" è un significato.

Anche "significato" mi sembra una designazione mentale. E' la mente che dà un significato alla somma delle parti che designa come "nave di Teseo" attribuendole una funzione ( navigare, ecc.).  Mi sembra illogico sostenere l'esistenza del significato nave al di fuori della designazione di nave che ne dà la mente. Se il significato esistesse indipendentemente dalla percezione delle parti che formano la designazione "nave di Teseo", sarebbe possibile vederlo indipendentemente da esse. Ma così non è. Infatti appena formuliamo il concetto "nave di Teseo" appaiono alla mente le forme della nave di Teseo.
Ma né la designazione e il significato che ne dà la mente, nè le forme sono la nave di Teseo che, in senso ultimo, non esiste come "nave di Teseo" , non essendo possibile trovare alcuna cosa che sia la nave in sé,  se non come mera designazione delle sue parti. In più per attribuire qualunque significato alla "nave di Teseo" bisogna conoscere la funzione designata dalla mente all'idea nave. Un uomo primitivo che non ha mai visto una nave, sarebbe impossibilitato ad attribuire qualunque significato alla forma percepita da altri come "nave di Teseo", o ne attribuirebbe un altro paragonandolo ai significati che lui dà a forme analoghe ( per es. un mostro marino). Quindi il significato non è esistente in sè ma determinato convenzionalmente dalla mente sulla base di designazioni proprie, ma più spesso di altri e a lei insegnate.
#1649
Sgiombo scrive:
"Ma come mi sento narcisisticamente "autobiografico" oggi!): chiedo scusa a tutti."

E' l'autunno Sgiombo, fa questo effetto di melanconica introspezione, di riaffiorare alla memoria degli "enti ricordi". Si potrebbe, severinianamente, anche definirlo come l'apparire dell'"ente autunno"... ;)
#1650
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
02 Ottobre 2016, 10:56:19 AM
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2016, 10:43:26 AM@Maral Benvenuto a bordo...
Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 23:07:23 PMLa mia identità è un'immagina allo specchio che un altro mi fa intendere mia, la mia identità è il mio nome che un altro chiama, la mia identità in fondo non è mia. Niente di più, ma anche niente di meno.
E se distinguessimo fra identità sociale-convenzionale (esterna) ed identità auto-percepita (interna)?
Citazione di: Phil il 29 Settembre 2016, 22:24:32 PMl'uomo ha invece come costante della sua identità non solo i dati anagrafici (che lo identificano all'esterno), ma soprattutto (all'interno) l'autoconsapevolezza che lo segue nel tempo, il "flusso di coscienza" che lo abita e la memoria
Qui si aprirebbe il problema del rapporto identità/altro... ma questa, forse, è un'altra storia...
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2016, 10:28:22 AMSolamente sulla base di una designazione mentale si può sostenere che la configurazione delle parti sia la nave di Teseo.
E la designazione mentale può andare anche oltre: se la nave di Teseo va in guerra, viene danneggiata drasticamente in molte parti e affonda... non diremmo che quel relitto in fondo al mare è (ancora) la nave di Teseo? In fondo anche "il foro romano" o il Colosseo non sono sempre stati dei ruderi...

Ne consegue che tutto l'universo dell'uomo è una designazione mentale ? Ma che all'analisi non si può trovare nulla di esistente in sé al di fuori della configurazione delle sue parti designate dalla mente? ::)