Alcune considerazioni sparse.
A livello globale si assiste ad un deterioramento dei livelli culturali e anche del Q.I., quest'ultimo dato ricavato dai test fatti ai ragazzi che entrano nell'esercito norvegese dal dopoguerra ad oggi (La Norvegia non è il mondo, ma è un buon modello almeno dell'Occidente). Il livello medio più alto è stato raggiunto negli anni 70 e poi vi è stato un continuo abbassamento. Quindi il problema non è solo italiano e la sua causa è stata individuata nell'abuso di droghe in giovane età, che è diventato un fenomeno di massa a partire dagli anni '60 ed anche (secondo me in modo più esplicativo) nell'abbandono della cultura del libro per abbracciare una cultura dell'immagine.
In Italia però vi sono delle peculiarità che aggravano il problema. Intanto, da noi funziona bene solo ciò che è piccolo. È per questo che siamo dei bravissimi artigiani. Abbiamo delle élite che competono con quelle di altri paesi e la conferma è dimostrata dai "cervelli in fuga". Ma non riusciamo mai a creare modelli virtuosi di massa. Rimasi ad esempio stupito quando a Londra vidi decine di campi da tennis tutti gratuiti e tutti occupati da persone di ogni tipo. Allo stesso modo di come erano diffuse le biblioteche di ogni tipo e dimensione.
In secondo luogo, in Italia, la trasmissione del sapere avviene in modo gerarchico e a senso unico, il docente impartisce la lezione al discente, che assume spesso la fisionomia del "paziente" più che dello studente. Il livello possibile di critica e di discussione è molto limitato. Anche qui, fu molto illuminante partecipare in giovane età ad alcune lezioni presso università tedesche. Il rapporto fra insegnante e studente era quasi alla pari e capitava spesso dopo la lezione andare a prendere una birra insieme. L'insegnante stimolava gli studenti a prendere posizioni critiche rispetto a quello che lui stesso diceva, senza intimidirli con nozioni o esposizioni esemplari.
In terzo luogo la scuola italiana è ingessata da programmi obsoleti e demagogici, per cui, ad esempio, non si riesce mai ad approfondire la storia recente ma si conosce per filo e per segno la lotta per le investiture. Ditemi che senso ha, se non politico/curiale dedicare così tanto spazio ai Promessi sposi e non citare mai Italo Calvino, Umberto Eco e Primo Levi, che vengono studiati invece all'estero? Per non parlare di quel pozzo di iniquità dell'ora di religione, sulla quale si potrebbe aprire una specifica discussione.
A livello globale si assiste ad un deterioramento dei livelli culturali e anche del Q.I., quest'ultimo dato ricavato dai test fatti ai ragazzi che entrano nell'esercito norvegese dal dopoguerra ad oggi (La Norvegia non è il mondo, ma è un buon modello almeno dell'Occidente). Il livello medio più alto è stato raggiunto negli anni 70 e poi vi è stato un continuo abbassamento. Quindi il problema non è solo italiano e la sua causa è stata individuata nell'abuso di droghe in giovane età, che è diventato un fenomeno di massa a partire dagli anni '60 ed anche (secondo me in modo più esplicativo) nell'abbandono della cultura del libro per abbracciare una cultura dell'immagine.
In Italia però vi sono delle peculiarità che aggravano il problema. Intanto, da noi funziona bene solo ciò che è piccolo. È per questo che siamo dei bravissimi artigiani. Abbiamo delle élite che competono con quelle di altri paesi e la conferma è dimostrata dai "cervelli in fuga". Ma non riusciamo mai a creare modelli virtuosi di massa. Rimasi ad esempio stupito quando a Londra vidi decine di campi da tennis tutti gratuiti e tutti occupati da persone di ogni tipo. Allo stesso modo di come erano diffuse le biblioteche di ogni tipo e dimensione.
In secondo luogo, in Italia, la trasmissione del sapere avviene in modo gerarchico e a senso unico, il docente impartisce la lezione al discente, che assume spesso la fisionomia del "paziente" più che dello studente. Il livello possibile di critica e di discussione è molto limitato. Anche qui, fu molto illuminante partecipare in giovane età ad alcune lezioni presso università tedesche. Il rapporto fra insegnante e studente era quasi alla pari e capitava spesso dopo la lezione andare a prendere una birra insieme. L'insegnante stimolava gli studenti a prendere posizioni critiche rispetto a quello che lui stesso diceva, senza intimidirli con nozioni o esposizioni esemplari.
In terzo luogo la scuola italiana è ingessata da programmi obsoleti e demagogici, per cui, ad esempio, non si riesce mai ad approfondire la storia recente ma si conosce per filo e per segno la lotta per le investiture. Ditemi che senso ha, se non politico/curiale dedicare così tanto spazio ai Promessi sposi e non citare mai Italo Calvino, Umberto Eco e Primo Levi, che vengono studiati invece all'estero? Per non parlare di quel pozzo di iniquità dell'ora di religione, sulla quale si potrebbe aprire una specifica discussione.