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Messaggi - giopap

#166
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
12 Maggio 2020, 08:39:19 AM
Iano:
Non mi sembra una critica che faccia centro la tua.
Una cosa è dire che ci sarà sempre qualcosa da conoscere , altro è dire che ci siano cose inconoscibili.
Credere che ci siano cose inconoscibili è un credo.
Ma, una volta ammessi i propri limiti , che vantaggio c'è nel crearsi ulteriori intoppi psicologici nel postulare o credere ( come ti pare ) che esistano cose inconoscibili ,che non significa dire cose ancora non conosciute e che sempre ci saranno.
Io postulo l'inconoscibile, e non traendone nulla di interessante , scarto l'ipotesi.
L'unica cosa in cui credo è che esista una realtà oltre le apparenze.
Ma questo è un credo che non ha conseguenze, dato che io non posso andare oltre le apparenze ,e io mi permetto di crederlo al modo in cui ci si permette un inutile lusso.
Penso che ogni credo abbia cause ed effetti psicologici.
Se con ciò posso avere offeso Giopap chiedo scusa.
Mi sembrava comunque di averla buttata sullo scherzo confidenziale.
Chiedo scusa.
Di fatto io non credo a nulla .
Delle possibili ipotesi scorro nei limiti dell' umanamente possibile l'intero elenco , che non può dirsi una causa , e di ognuno valuto gli effetti .
L'inconoscibile per me è un ipotesi che non genera nessun effetto interessante.
Dov'è l'errore logico Viator?

giopap:
La questione se ci sia qualcosa di inconoscibile o meno e quella ulteriore degli eventuali effetti psicologici del come la si risolve non suscita il mio interesse.
Mi sembra un' oziosa questione di lana caprina (comunque cercherei di evitare sia un eccessivo pessimismo, sia a maggior ragione un delirio di onnipotenza).
Importante é rendersi conto che da umani le nostre conoscenza saranno sempre inevitabilmente limitate, relative (il che in teoria non implica la necessità che esista sempre qualcosa di reale oltre ciò che si conosce, anche se é molto "sensato" il crederlo).

Ma non riesco proprio a capire di cosa mai mi dovrei offendere.
Nè dunque che cosa dovrei mai scusare.
#167
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
12 Maggio 2020, 08:30:29 AM
Citazione di: bobmax il 11 Maggio 2020, 22:34:06 PM
@Giopap

Proprio non ci siamo.
L'ipotizzare non ha nulla a che fare con la casualità.

Prima di affermare che un qualcosa è casuale occorrerebbe riflettere sul significato di "caso".

E allora probabilmente si eviterebbero queste affermazioni avventate.

Spacciarle poi per "dimostrazioni", quando sono solo affermazioni arbitrarie, pregiudica un qualsiasi confronto.


No, guarda che sei tu che proprio non ci sei!

Il poter ipotizzare in maniera logicamente corretta più di una successione di eventi (un numero indefinito) senza che una regola imponga un limite a queste possibili ipotesi (riducendole a una sola o al massimo ad un numero finito e ben stabilito), ovvero la possibilità che si diano realmente più alternative successioni senza un criterio di selezione é precisamente la definizione di casualità ovvero non determinismo (=successione non indefinita ma secondo leggi determinate) del mutamento.

Un' affermazione avventata (e completamente errata) é dunque a tua secondo cui l' ipotizzare (il poter correttamente ipotizzare circa la realtà) non avrebbe nulla a che fare con la casualità .

Sei casomai tu che spacci affermazioni arbitrarie per "dimostrazioni", il che consente comunque di confrontarci, e di rilevare i tuoi grossolani errori.
#168
Ipazia:
Tutto molto bello, ma sia pensiero, coscienza, anima, o altro tra i molteplici accidenti del calderone psichico, ancora nessuno ha proposto un'alternativa plausibile al sistema nervoso centrale, su cui invece l'esperienza empirica e le neuroscienze hanno le idee molto chiare e, soprattutto, convincenti perchè supportate da prove sperimentali: mica solo la decapitazione, anche le lesioni organiche localizzate e i fenomeni fisici e chimici indotti ad arte i cui effetti sono misurabili strumentalmente.
Concordo con le considerazioni di iano e viator su coscienza e istinto. Retrocedendo eziologicamente dalla coscienza all'istinto si arriva alla trasmissione genetica delle informazioni utili alla sopravvivenza. Anche il DNA ha un carattere teleologico visto col senno umano di poi.


La preoccupazione di cvc è sacrosanta. Quello che ci caratterizza non è la materia bruta che condividiamo col granito, ma l'emergenza duale dello "spirito". Che provenga dalla materia non possono esservi ragionevoli dubbi in ambito scientifico, ma altrettanto è vero che ha delle peculiarità autocoscienti, creative e deliberanti da renderlo sommamente interessante ed è lo "spirito" l'unico ambito in cui possiamo esercitare una qualche sovranità sulla realtà, affrancandoci dalla inesorabile legge deterministica dell'evoluzione naturale. Fattualmente, e ancor più controfattualmente, è lo "spirito" il nostro marchio nella storia dell'Universo.

giopap:
Non vorrei passare per egocentrica (probabilmente non gliene frega niente a nessuno), ma mi sembra doveroso notare che ancora una volta queste non sono obiezioni a quanto da me ripetutissimamente affermato a chiarissime lettere (salvo l' attribuzione di alcun carattere teleologico, comunque inteso, al DNA).

E che tantomeno sono dimostrazioni che la coscienza é nella testa, né che é causata dal cervello, che vi sopravviene o ne emerge (essendo invece evidente che é il cervello ad essere nella coscienza (ci chi lo percepisce).


La scienza nega che sia possibile affrancarsi dalla (violare) inesorabile legge deterministica della selezione naturale (anche la selezione artificiale (applicata ad altri animali e al limite -per me deprecabilssimamente, salvo la prevenzione di patologie- anche a noi uomini non la contraddice.



Ipazia:
Avevo già introdotto l'idea che il grado di libertà che la materia inanimata conquista col passaggio biologico ha un prezzo nella necessità di provvedere alla propria sopravvivenza pena la morte. Lo sviluppo evolutivo di una sempre più complessa (almeno su questo tipo di complessità evolutiva penso non ci siano obiezioni) centrale nervosa di coordinamento dell'organismo vivente - sia per le azioni volontarie che involontarie di supporto - svolge appunto questo compito essenziale.

Aumentando la versatilità e complessità del sistema nervoso centrale si è arrivati ad un grado elevato di autocoscienza (anche gli animali ne hanno una più o meno versatile) tale da sviluppare il pensiero; funzione cruciale per tutto l'ambaradan psichico con - nello specifico umano - inusitate capacità di analisi sull'ambiente circostante e di sintesi di forme inedite di realtà. Funzione ulteriormente rafforzata dalla sintesi simbolica nell'uso comunicativo della fonazione e nell'ulteriore stadio di materializzazzione del linguaggio in simboli grafici comunicativi facilmente trasferibili e generalizzabili. Sintesi finale cui diamo il nome: cultura.

Che tutta questa grazia di Dio (ci sia o non ci sia) abbia letteralmente dato alla testa è facilmente comprensibile e dilatandosi dal dualismo psicosomatico evolutivo naturale siamo decollati, in ogni senso, qualche millennio fa, al concetto di anima, alla trascendenza che come improvvida levatrice ha tagliato il cordone ombelicale con la madre Terra. Al cui grembo i più saggi tra i profeti ci invitano a tornare.

giopap:
Come recentemente rilevato anche da Jacopus in un' altra discussione, il grande Staphen Jay Gould e altri hanno dimostrato che non é vero che l' evoluzione (in generale; ma ciò vale in particolare anche per i cervelli e i comportamenti delle diverse specie animali) tenda verso una sempre maggiore complessità; ma che invece del tutto afinalisticamente tende a una diversificazione delle forme viventi "in tutte le direzioni", anche verso riduzioni di complessità (ovviamente all' inizio, quando le prime forme di vita erano semplicissime, la sua diversificazione aveva la possibilità di manifestarsi solo verso una tendenzialmente crescente complessità; ma questa ovvia limitazione riguarda solo i primordi dell' evoluzione biologica).

Sempre sperando di non apparire troppo egocentrica, rilevo che con tutta evidenza "Che tutta questa grazia di Dio (ci sia o non ci sia) abbia letteralmente dato alla testa" forse a qualcun altro, ma certamente non a me!



#169
Citazione di: iano il 11 Maggio 2020, 17:36:21 PM

Il cervello cambia continuamente , istante per istante , la sua struttura.
Non sto dicendo nulla di nuovo , se non per sottolineare la sua estrema mutabilità.
Esso si conforma continuamente a specchio della esperienza con estrema plasticità.
Il rischio è quindi di cercare la coscienza nella struttura statica del cervello invece che nella sua dinamica .
Per le caratteristiche troppo intime e personali della coscienza l'unica speranza di comprenderla è trovare uno specchio in cui possa riflettersi.
Nella coscienza ci mettiamo la faccia, per vedere la quale occorre uno specchio, altro da noi.


La dinamica del cervello é fatta unicamente di potenziali d' azione, eccitazioni e/o inibizioni trans-sinaptiche e altri fatti metabolici più aspecifici: nulla di identificabile con le esperienze fenomeniche coscienti che si attribuiscono al soggetto "titolare del cervello stesso".
Inoltre é il cervello stesso in questione, con le sue funzioni dinamiche, ad essere nella coscienza di chi lo osservi (e non alcuna coscienza in alcun cervello).
#170
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
11 Maggio 2020, 21:54:54 PM
Iano:
@ Giopap.Ma allora rinnovo a te la stessa domanda fatta a Federico. Cosa intendi per ordine? Io non voglio spacciarmi per un esperto della questione. In effetti non sono esperto di nulla. Però in questo caso ho ben specificato cosa intendo per ordine. La sequenza di zero ed uno che porti ad esempio è finita, ed è di fatto attuale. Diversamente non avresti potuto riportarla ( intendo in modo esteso ,come hai fatto). Alla sequenza possono essere associati diversi ordini ,uno dei quali coincide con la sequenza stessa , e ciò ci garantisce che una sequenza finita attuale ,o considerabile tale, abbia sempre un ordine. Un ordine diverso da questo è di fatto un diverso modo di specificare la sequenza in modo più succinto, e quindi perciò sempre desiderabile.

giopap:
Io non vedo alcun ordine attribuibile alla sequenza di due eventi alternativi da me proposta, nessuna regola che ci dica quale evento accadrà dopo un certo evento "1" o un certo evento "O" (ovvero nessun diverso modo di specificare la sequenza in modo più succinto; che per me sono definizioni di "ordine").
Quindi una sequenza finita non sempre ha un ordine (infatti quella di cui sopra non ne ha).





Iano:
Nelle sequenze infinite invece un modo succinto per definirle ( che è un modo finito) è indispensabile per poterle concepire. Quindi , per ciò che io intendo per ordine , il fatto che una sequenza attuale sia finita ci garantisce che abbia un ordine. Però si possono dare altre definizioni di ordine. Ma bisogna esplicitarle per capire se stiamo parlando della stessa cosa. Se non stiamo parlando della stessa cosa tu e Federico potete aver tanta ragione quanta ne ho io.  E' possibile, anzi iniziò a sospettare , dalle vostre critiche che qualcosa mi sfugge. Questo è sempre possibile perché diamo per scontate cose che per altri non sono tali. Intuisco che il disguido abbia a che fare con il fattore tempo.


giopap:
]Invece una sequenza infinita di successioni ineccepibilmente alternate di "eventi "1" ed eventi "0" (...1 0 1 0 1 0 1 0 1 0...) é perfettamente ordinata secondo la regola: (1 0) x n ; essendo "n" qualsiasi numero naturale (notoriamente sono infiniti).





giopap:[
Credo nell' esistenza di "variabili ineluttabilmente, insuperabilmente nascoste", "destinate a rimanere sempre e comunque tali".

Iano:
Ogni credo è da rispettare. Ma questo assomiglia a quello della volpe e dell'uva.

giopap:
E perché mai?
Prova a dimostrare che non sia possibile (che l' uva é acerba)!
Sono "sempre" esistite interpretazioni indeterministiche gnoseologiche ma deterministiche ontologiche della M Q "a variabili nascoste" perfettamente compatibili con le osservazioni empiriche (non meno di quelle indeterministiche ontologiche); ultimamente (per quel che può contare, cioé nulla) stanno guadagnando terreno fra gli addetti ai lavori dopo decenni di "condanna come eresie" a maggioranza "bulgara".





Iano:
@ Bobmax
👌
Si tende ad assimilare ciò che non è atteso a ciò che non può essere atteso.

giopap:[
Ma non lo si può dimostrare!





bobmax:

La sequenza che hai scritto ha un'origine terrena o è una rivelazione divina?
Se ha un'origine terrena, vuol dire che è l'effetto di una causa.
Quindi è frutto della necessità.  Se viceversa è casuale, allora non ha una causa, cioè... non ha un'origine! Almeno non terrena...  Affermare che un certo evento è davvero casuale può derivare solo da:  * Una illuminazione.  * Non aver idea di cosa si debba intendere con "caso".

giopap:
Dovresti dimostrare che tutto ciò che ha origine terrena é effetto di una causa, ovvero che ciò che non ha causa non ha origine; almeno non terrena.
Cioé che é autocontraddittorio ipotizzare che (almeno qualcosa di) ciò che accade sulla terra non ha causa ma accade casualmente; per esempio che la prossima volta (e non: tutte le precedenti volte già viste, per quante siano) che da un albero si stacca una mela, anziché cadere al suolo secondo la legge di gravità, resterà sospesa a mezz' aria o salirà in cielo.
(N. B.: a scanso di deprecabili equivoci, faccio notare che questo non significa affatto che io non creda che anche la prossima volta la mela cadrà al suolo, ma -ben diversa cosa!- che sono consapevole che ciò non é dimostrabile, come non lo é in generale il divenire ordinato).
Buon lavoro!
#171
Citazione di: viator il 11 Maggio 2020, 12:35:22 PM
Salve giopap: citandoti parzialmente : "Ma é così difficile da parte tua capire che, per il fatto che senza cervello niente coscienza (ma anche, altrettanto: senza coscienza niente cervello!), il cervello é cosa affatto diversa dalla coscienza? Evidentemente sì!".

Senza coscienza niente cervello ? Ma scherzi ? E durante sonno, coma, sogno il cervello (intenderai : le restanti funzioni cerebrali) dove starebbe ?. Resta al suo posto, in attesa di riattivarsi prontamente. Con (ad esempio) la memoria ben piena. Infatti la coscienza non è altro che la funzione collegante la memoria consapevole (quella parte di dati ed esperienze accessibili alla coscienza stessa) .... con la mente e le sue "posteriori" ed ancora più "elevate" funzioni.

Secondo la tua affermazione precedente, sarebbe come affermare che, spenta la lampadina, venga a sparire l'impianto elettrico perchè qualche volonteroso elettricista lo smonta disperdendolo e rimontandolo altrove. Saluti.


Paziente spiegazione del cavillo (avevo date per scontate certe precisazioni che mi affetto ad esplicitare):

Ovviamente senza coscienza può darsi cervello morto.

E altrettanto ovviamente un cervello vivo ma in coma profondo, sonno senza sogni, ecc. non solo si dà, ma per definizione necessariamente deve darsi anche in linea teorica di principio, senza coscienza durante tali lassi di tempo di coma, sonno o affini; ma non può darsi (se é vivo!) senza che al di fuori (prima e/o dopo di essi) necessariamente si dia coscienza.

Secondo la mia affermazione precedente correttamente intesa (come qui spiegato) e non cavillosamente malinterpretata, sarebbe come affermare che l'impianto elettrico continua ovviamente a persistere anche a lampadina spenta; ma non può darsi che esista un impianto elettrico includente una lampadina, che sia ben fatto da qualche volonteroso elettricista e regolarmente funzionante, senza che esista necessariamente anche la luce della lampadina (che la lampadina sia accesa) allorché il circuito stesso é chiuso (posizione "+" o "on" dell' interruttore).

Le differenze fra la memoria come immagazzinamento di informazioni in un cervello (o anche in un computer) e i ricordi coscienti l' ho già rilevata e spiegata in precedenti interventi.


Saluti ricambiati.
#172
Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2020, 09:09:29 AM
E la coscienza di un cieco donde nasce ?


Un cieco ha ovviamente una coscienza che non comprende sensazioni fenomeniche visive (ma tattili, uditive, olfattive, ecc., ecc.), per tutto il resto identica alla coscienza di chiunque altro.

Esattamente come per la coscienza di chi ci veda Ha senso chiedersi da dove nasce (da che cosa di compreso nella coscienza si origina; e come) qualcosa che é nella coscienza contenuto, e non la coscienza in toto (vedi il recedente intervento).
#173
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
11 Maggio 2020, 16:56:33 PM
Citazione di: bobmax il 11 Maggio 2020, 16:31:33 PM
@Iano

Ritengo che la meccanica quantistica non contempli in realtà il caso, ma solo l'impossibilità di determinare.

Non potendo determinare univocamente degli eventi, questi sono detti "casuali", ma è una semplificazione fuorviante. Sono soltanto non determinabili.


Lo penso anch' io.


Con la precisazione che nel caso degli eventi quantistici (contrariamente a quelli "macroscopici") l' impossibilità di determinare integralmente gli eventi e il loro ordine di successione si dà anche il linea teorica, di principio, non solo in linea teorica, non solo di fatto.


Credo nell' esistenza di "variabili ineluttabilmente, insuperabilmente nascoste", "destinate a rimanere sempre e comunque tali".


Citazione di: bobmax il 11 Maggio 2020, 16:31:33 PM
Il caso, l'autentico caso, non può entrare in nessuna teoria.
La sua effettiva presenza la svuoterebbe di ogni significato.


Su questo ho appena argomentato il mio dissenso nell' intervento immediatamente precedente.
#174
Citazione di: davintro il 11 Maggio 2020, 16:13:49 PM

concordo sulla distinzione tra razionalità teoretica e ragionevolezza pratica, nel senso che nell'ambito di quest'ultima, in cui si è necessitati a prendere una qualunque decisione riguardo l'agire, si considerano diverse ipotesi teoriche con i vari dati necessari a cui appellarsi per fare una scelta, e si dovrà adottare l'ipotesi più probabilmente valida, senza pretendere di attribuirle una certezza assoluta strettamente razionale circa la sua verità, proprio perché il dubbio portato alle estreme conseguenze paralizzerebbe l'azione, rendendo impossibile il conseguimento degli obiettivi che la prassi quotidiana impone: non ho bisogno della certezza assoluta che le auto siano reali e non mie allucinazioni, per tenerne conto quando attraverso la strada, mi accontento che la loro realtà abbia un determinato livello di probabilità perché influiscano il mio agire.


Fin qui perfettamente d' accordo senza alcun dubbio da parte mia.

Citazione di: davintro il 11 Maggio 2020, 16:13:49 PM
Però nel caso della passività dell'Io circa le proprie percezioni come argomento per riconoscere l'esistenza di una trascendenza che si opporrebbe al corso spontaneo della produzione di fenomeni da parte dell'Io, la ragionevolezza pratica non centra nulla, il rilevamento della passività è il frutto di un'analisi fenomenologica sui vissuti, che può svolgersi su un piano puramente contemplativo e "disinteressato", un piano teoretico che cerca di mettere a fuoco un livello massimamente certo nella sua verità, senza alcun interesse pratico, che invece porterebbe a fermarsi alla mera probabilità circa il valore di verità delle conclusioni.


Qui mi trovo un po' incerta.

Almeno apparentemente, se percepisco me stessa come soggetto del mio agire, o almeno volere agire, e del mio sentire (soggetto che ovviamente non può identificarsi con i fenomeni mentali persistendo anche in loro assenza, ma deve essere qualcosa di in sé, noumeno kantiano), i movimenti che non impedita da altro riesco a imprimere ai miei muscoli e dunque al mio corpo tendo ad attribuirli appunto a me stessa come soggetto attivo; mentre l' impatto del muro con conseguente dolore, che vorrei evitare, lo subisco passivamente da altro che la mia stessa soggettività (qualcosa di desiderante agire ben diversamente da me se pure desiderante qualcosa, se anche non privo di volontà), da qualcosa di oggettivo diverso da me-soggetto (e pur esso cosa in sé o noumeno kantiano).
Non saprei decidermi se sia credibile anche in alternativa (se si tratti di un' ipotesi logicamente corretta, non autocontraddittoria, sensata) che si tratti sempre della medesima entità in sé (me stessa) che, oltre a non volere (almeno consapevolmente) sbattere contro il muro, determina (inconsapevolmente) i fenomeni costituenti il muro contro i quali il mio corpo (ugualmente costìtuito da fenomeni) va a sbattere.

Non mi ero mai posta il problema e ti ringrazio per lo spunto di riflessione che mi offri.
#175
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
11 Maggio 2020, 16:27:22 PM
Per parte mia concordo con Federico.


Una distribuzione finita di casi reciprocamente alternativi come


1 1 0 1 0 1 1 1 0 0 1 0 0 1 1 0 1 0 1 0 0 1 1 0 0 0 0 1 1 1 0


é casale. Ovvero non presenta alcuna "regola di ordinamento" complessivo.


Dunque una distribuzione finita può ben essere casuale.


Invece di una distribuzione infinita non può mai dirsi se sia casuale o meno dal momento che:


1 Nulla garantisce la verità dell' induzione dal passato al futuro di qualsiasi regola (ordine) di successione (ovviamente finita) che si trovasse confermata nel passato: per quante volte la si fosse sempre puntualmente, immancabilmente trovata confermata, la "prossima volta" potrebbe sempre essere la "volta buona" (per chi detesti ordine e determinismo) perché venga smentita (falsificata empiricamente). Infatti si tratta di un' ipotesi non autocontraddittoria, logicamente corretta, sensata, dunque pensabile come possibile rispecchiamento della realtà.


2 Nulla garantisce la verità dell' induzione dal passato al futuro dell' assenza di qualsiasi regola (ordine) di successione (ovviamente finita) che si trovasse confermata nel passato (come nel breve esempio di successione disordinata o casuale di eventi "1" ed eventi "2"); potrebbe infatti sempre darsi che nelle successive osservazioni di ulteriori casi quella sequenza intrinsecamente casuale (chiamiamola "sc") si ripeterà costantemente secondo la regola di ordine complessivo (deterministico) della totalità degli eventi "sc x i" (con "i" intendendosi il numero infinito di volte nelle quali la sequenza intrinsecamente disordinata ordinatamente si ripeterebbe); e questo sempre, per quanto lunga sia la sequenza apparentemente (intrinsecamente) disordinata che si fosse osservata finora. Come sopra, anche in questo caso Infatti si tratta di un' ipotesi non autocontraddittoria, logicamente corretta, sensata, dunque pensabile come possibile rispecchiamento della realtà.
#176
Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2020, 09:03:34 AM
Premesso che gli esiti della capocciata sono comprovabili al di là di ogni ragionevole dubbio (evidentemente per giopap i dubbi metafisici sono esonerati dall'obbligo della ragionevolezza) resta valida l'obiezione di davintro:


Per me i dubbi teorici sulla (eventuale) realtà metafisica, per esempio circa l' esistenza  di altro oltre i fenomeni coscienti immediatamente esperiti (= esistenti-accadenti), sono diversa cosa dai dubbi ragionevolmente superabili in pratica; e lo sono proprio per il fatto che, lungi dall' essere "esentati dall' obbligo della ragionevolezza", devono sottostare anche al ben più rigoroso obbligo della razionalità teorica.
Ma evidentemente Ipazia si ritiene esentata (del tutto legittimamente; esattamente come del tutto legittimamente io, da filosofa, non me ne ritengo) dal discernere fra ragionevolezza pratica e razionalità teorica.
Essere filosofi non é certo un obbligo per nessuno.
Come anche evitare dal sottoporre a serrata critica razionale ogni credenza circa realtà e conoscenza della realtà.

#177
Citazione di: iano il 11 Maggio 2020, 01:30:10 AM
Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 22:41:20 PM
Da dove nasce la coscienza ?
C'è una domanda di riserva? ;D
Ad esempio.
A cosa serve la coscienza.
Da quale esigenza scaturisce?
Intuitivamente a me sembra essere un supervisore dell'istinto.
L'istinto consente una risposta rapida , non necessariamente corretta , ai problemi che si presentano agli esseri viventi.
Una risposta sufficientemente corretta nella misura in cui i problemi che si presentano sono i soliti.
Quindi i problemi che si presentano in un ambiente poco vario e stabile.
Gli errori sono pochi e la risposta è efficacemente veloce , perché si agisce senza perdere tempo a pensare.
In un ambiente altamente mutevole l'istinto perde di efficacia.
Gli errori sono troppi. Tuttavia non si può rinunciare all'istinto.
Nasce allora un supervisore , che rallentando la reazione istintuale la controlla , bloccandola se serve.
La coscienza comporta un notevole consumo di energia.
Quindi va' usata nella misura in cui serve.
Quindi la coscienza è un prodotto dell'evoluzione in un ambiente in rapido cambiamento.
Allora direi che per capire cosa sia la coscienza bisognerebbe approfondire cosa sia l'istinto.
Non credo che capire da dove nasca l'istinto sia meno interessante dal capire da cosa nasca la coscienza.
Magari si comprenderà poi che fra istinto e coscienza non c'è una differenza sostanziale.
Da dove nasce l'istinto?
Questa domanda sembra meno problematica.
Nessuno probabilmente  si chiederà come faccia a nascere l'istinto dalla materia.
Anche se....
Ma certamente questa domanda di scorta ci coinvolge pregiudizialmente in minor misura. E non è poco.


Le tue considerazioni sono condivisibili, ma solo se riferite non alla coscienza bensì ai correlati neurali della coscienza (nel cervello; dunque non rispondono alla domanda che Ipazia, che sicuramente con queste tue considerazioni concorda, rivolgeva a chi sostiene che la coscienza non nasce dalla materia).

Ciò che nella materia vivente (fenomenica, compresa nelle coscienze di chi la percepisca) conta in termini evolutivi biologici sono i corrispettivi cerebrali di istinto e supervisione razionale degli istinti; che sono dei processi neurofisiologici (nell' ambito di determinate coscienze) e non le necessariamente ad essi corrispondenti altre, diverse esperienze coscienti includenti istinti e supervisione osservati e considerati.
#178
Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 22:41:20 PM
Da dove nasce la coscienza ?


La coscienza é ciò che immediatamente si constata accadere realmente (se  quando ciò accade).
Ha senso chiedersi da dove nasce (da che cosa di compreso nella coscienza si origina; e come) qualcosa che é nella coscienza contenuto, e non la coscienza in toto.


Si può comunque ipotizzare, per cercare di spiegarsi i fatti empiricamente constatati (ma non dimostrare né, per definizione, constatare), che la coscienza (una determinata esperienza fenomenica cosciente) accada allorché determinati eventi accadono in una ulteriore realtà in sé o noumeno; in particolare in entità in sé considerabili i soggetti della coscienza allorché vengono a trovarsi in determinate relazioni con determinate entità in sé considerabli esserne gli oggetti (diversi dai soggetti nel caso delle esperienze fenomeniche "esteriori" o materiali; riflessivamente coincidenti con i soggetti stessi nel caso di quelle "interiori" o mentali).
E in particolare che allorché il soggetto di coscienza in sé "giopap" si trova in determinati rapporti con se stesso o con altre cose in sé, allora nella coscienza "di giopap" (correlata al soggetto "giopap") accadono determinati eventi fenomenici (come visioni di palazzi, alberi, montagne, sensazioni interiori di pensieri, sentimenti, ecc.); e che se l' altro soggetto di coscienza in sé "Ipazia" si trova in determinati rapporti con il soggetto in sé giopap", allora nella coscienza "di (correlata ad) Ipazia" accadono gli eventi fenomenici costituiti dalla visone di un cervello ("quello di giopap") con in atto determinati eventi neurofisiologici biunivocamente corrispondenti ai fenomeni coscienti in atto nella coscienza di "giopap" e a ciò che accade nella cosa in sé "giopap". E viceversa.
#179
Citazione di: davintro il 11 Maggio 2020, 00:14:53 AM
Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 23:11:52 PM
Citazione di: davintro il 10 Maggio 2020, 22:59:19 PM
... L'argomento è valido invece sulla base del carattere di passività che accompagna il vissuto del dolore: non essendo l'Io a decidere in coscienza e volontà di provare quel vissuto, va da sé la necessità di ammettere un non meglio specificato "oltre", un' ulteriorità che incide sui vissuti dell'Io, a dispetto dalla libera attività di questo, in controtendenza con ciò che l'Io produrrebbe come soggetto pienamente autonomo (ulteriorità, non necessariamente esteriorità, in quanto potrebbe darsi anche ulteriorità interiore, realtà psichica interna al soggetto delle percezioni ma distinta dall'Io ,verso cui si "divertirebbe" a infondere sensazioni fisiche in assenza di un'effettiva realtà fisica posta al di fuori del corpo: già parlare di "mondo esterno" sarebbe un riempimento non necessariamente valido dell'idea generica di una realtà oggettiva extracoscienziale, che però in questo senso generico sarebbe invece riconoscibile in modo certo)



Ma ancor è più valido con un carattere di attività che accompagna il vissuto del dolore, con un Io che decide in coscienza e volontà di provare quel vissuto al fine di ammettere finalmente uno specifico "oltre" al di là di ogni ragionevole e metafisico dubbio. Un experimentum crucis atto a scuotere lo scetticismo più radicale sulla via di Damasco verso la Verità dell'Altro.


mi pare, ma potrei benissimo aver equivocato il senso, che proprio in questo caso si dovrebbe parlare di pura immaginazione di una realtà oggettiva, un caso in cui l'Io non riconosce l'esistenza di un' ulteriorità che produrrebbe in lui quel vissuto, ma che al contrario, sarebbe soggetto volente e cosciente della sua produzione. In questo caso il vissuto andrebbe considerato a tutti gli effetti una fantasia, e non l'espressione di una reale causalità, che invece dovrebbe far riconoscere la sua indipendenza rispetto al soggetto, solo nella misura in cui intervenga sul soggetto, al di là di ciò che il soggetto desidererebbe percepire. Non si può razionalmente ammettere alcunché di "oltre" rispetto al soggetto senza la possibilità che tale "oltre" opponga una propria resistenza all'autonomia dell'Io umano, alla sua libera attività umana, portandolo a fargli percepire fenomeni che non siano espressioni della propria volontà razionale


L' altro postulato agire sul soggetto che ne subisce passivamente le conseguenze (il dolore della testa che sbatte contro il muro) non necessariamente deve essere un ulteriore soggetto volente e cosciente (pure lui).


Ma anche se (ammesso e non concesso da parte mia) sempre necessariamente lo fosse, ciò non consentirebbe di considerarlo non indipendente dal soggetto che soffre il mal di testa, non volendolo, non agendo per procurarselo ma subendolo: due diversi soggetti di volontà.


Da tutto ciò non deriva ovviamente la dimostrazione oltre ogni razionale (ma casomai solo oltre ogni "ragionevole") dubbio dell' esistenza reale di alcunché d' altro oltre i fenomeni immediatamente esperiti, che in teoria potrebbero anche benissimo esaurire la realtà in toto (compreso il loro soggetto, oltre ai loro oggetti).
#180
Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 23:11:52 PM
Citazione di: davintro il 10 Maggio 2020, 22:59:19 PM
... L'argomento è valido invece sulla base del carattere di passività che accompagna il vissuto del dolore: non essendo l'Io a decidere in coscienza e volontà di provare quel vissuto, va da sé la necessità di ammettere un non meglio specificato "oltre", un' ulteriorità che incide sui vissuti dell'Io, a dispetto dalla libera attività di questo, in controtendenza con ciò che l'Io produrrebbe come soggetto pienamente autonomo (ulteriorità, non necessariamente esteriorità, in quanto potrebbe darsi anche ulteriorità interiore, realtà psichica interna al soggetto delle percezioni ma distinta dall'Io ,verso cui si "divertirebbe" a infondere sensazioni fisiche in assenza di un'effettiva realtà fisica posta al di fuori del corpo: già parlare di "mondo esterno" sarebbe un riempimento non necessariamente valido dell'idea generica di una realtà oggettiva extracoscienziale, che però in questo senso generico sarebbe invece riconoscibile in modo certo)

Ma ancor è più valido con un carattere di attività che accompagna il vissuto del dolore, con un Io che decide in coscienza e volontà di provare quel vissuto al fine di ammettere finalmente uno specifico "oltre" al di là di ogni ragionevole e metafisico dubbio. Un experimentum crucis atto a scuotere lo scetticismo più radicale sulla via di Damasco verso la Verità dell'Altro.




Oltre ogni ragionevole dubbio certamente (chi per lo meno non agisce come se lo credesse sarebbe comunemente considerato insano di mente, oltre a campare verosimilmente per poco).


Ma non oltre ogni dubbio teoricamente, in linea di principio (consapevolezza dell' indimostrabilità della credenza; sarebbe il "dubbio metafisico"?).


Il razionalismo più radicale resta scettico, non essendo minimamente scalfita la sua consapevolezza dell' indimostrabilità di quanto "ragionevolmente" si crede per fede, e non perché sia provato (né provabile).