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Messaggi - Koba

#166
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2024, 03:11:52 AM:D Stai scherzando spero, sono tutte scienze inventate, e inventate da chi?
Da chi vuolo far emergere l'individuo?
Persino Daniele ha capito che la parola mimetico è stata astutamente considerata come "dato scientifico".
E' sempre la questione anfibologica di Aristotele.
La frase del brano citato da daniele22 in cui si parla di mimetismo: "Abitudini e riti, mimeticamente condivisi dai membri del gruppo sociale".
S'intende il fatto, caratteristico degli animali più complessi, quindi anche dell'uomo, che l'apprendimento è basato sull'imitazione.
Anche il desiderio è mimetico, cioè si desidera ciò che l'altro desidera. (Leggere Girard o andare in un asilo a osservare come i bambini desiderano sempre i giochi degli altri non perché siano più belli ma perché appunto posseduti da altri).
Da qui poi la necessità di capire, nel corso della propria vita, quale sia il proprio desiderio. Questione che forse non è altro che una nuova espressione di mimetismo: quello appunto della ricerca di una singolarità, di una unicità, mito romantico di cui la nostra società è ancora imbevuta.

#167
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 13:43:21 PMInfatti comincio a chiedermi se fra di noi ce ne sia uno normale, e che non sia un manicomio quello al quale ci siamo iscritti.


Anch'io sempre più spesso mi chiedo la stessa cosa.
Trovo che sia un po' preoccupante.
Che questo forum sia in realtà solo la chat interna di un "sanatorio" alpino per melanconici con disturbi più o meno severi della personalità?
Allora sì che certi messaggi risulterebbero del tutto comprensibili...
#168
Citazione di: iano il 30 Novembre 2024, 11:40:11 AML'ho capita, e diffonderò il verbo. :D
Però è vero, per comprendere gli altri un pò di sano masochismo ci vuole.
Il trucco credo stia nel restare se stessi immedesimandosi in diverse parti, accettando la fatica di essere attori.
E' anche se ci pensi una rivalsa sul destino che ti ha assegnato la tua parte, senza che tu potessi sceglierla.

Possibile che tu non abbia ancora capito che "misummi" è solo la quarta manifestazione dello stesso utente?
"hystoricum", "pensarebene", "pandizucchero", e ora "misummi".
#169
Tematiche Spirituali / Re: Perché siamo qui e ora?
29 Novembre 2024, 16:08:16 PM
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 28 Novembre 2024, 08:57:39 AM
Ciao, forse non è poi così vero che il salto quantico in termini vibrazionali non voglia dire assolutamente niente. Rispetto al salto quantico, leggo qui: https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/salto-quantico-cosa-e   
"Il salto quantico è un cambiamento istantaneo di un sistema, che si verifica su scala molto piccola e ha luogo casualmente.  Perciò, deduco che il salto quantico in termini vibrazionali, sia un salto quantico riferito alle vibrazioni.
Una caratteristica fondamentale del salto quantico è che si tratta di una transizione discontinua tra stati quantici.
Per esempio, un elettrone che si trova in un livello energetico di un atomo, salta istantaneamente da un livello energetico all'altro, e così facendo, assorbe o emette energia.
Inoltre, tali transizioni avvengono casualmente, sulla base delle opzioni disponibili all'entità quantistica, in accordo alle rigide regole della probabilità.
Non c'è una condizione intermedia, e non c'è bisogno di un intervallo di tempo affinché il salto quantico abbia luogo."
Il salto quantico in termini vibrazionali, a mio avviso riguarda il passaggio da una vibrazione all'altra.

Ma appunto: noi non essendo particelle non ha alcun senso il riferire questi concetti di meccanica quantistica alla condizione umana.

Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 28 Novembre 2024, 08:57:39 AM
L'affermazione "il caso è una pura illusione" a mio avviso è corretta e non significa affatto determinismo; semmai significa che tutto ciò che accade è un susseguirsi di cause ed effetti: ciò che semino oggi, darà i frutti domani. Significa che, vita dopo vita, la mia Anima apprende nuove lezioni, migliora, si perfeziona. Quindi in tal senso io mi sento di confermare che il caso non esiste. Tutto ciò che accade (a prescindere dal nostro giudizio positivo o negativo al riguardo), è perché deve accadere, quando deve accadere con le modalità e i tempi necessari affinché accada, come effetto di cause precedenti.
Se il caso è illusione e se tutto è legato da un nesso di causalità allora siamo nel determinismo. Non c'è molto da ragionarci su.
Cosa diversa è invece pensare che ogni evento possa essere visto come l'occasione di un perfezionamento personale.
Ma in questo senso la casualità si ritiene non esistere solo perché il suo manifestarsi produce appunto quegli eventi attraverso cui si cresce.
Ma la foglia cade ai tuoi piedi per farti crescere? O cade casualmente ai tuoi piedi e poi tu osservandola sei spinto a rifletterci sopra con il risultato che anche quell'evento minuscolo entra a far parte della tua evoluzione?

Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 28 Novembre 2024, 08:57:39 AM
Alcuni tuoi amici, delusi da ciò che li circonda (lavoro, religione, ecc...) hanno provato a guardare dentro sé stessi? Hanno provato a cercare internamente ciò che non trovano esternamente? Come affermava Osho (alcune notizie qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Osho_Rajneesh ): "l'altro è una scusa". Noi crediamo che le nostre disavventure (chiamiamole così) siano causate dagli altri, ma non è proprio così. E' più comodo incolpare il prossimo, perché richiede meno sforzo, meno impegno che mettersi a scavare in sé stessi.


Non è proprio così, secondo me.
Con buona pace di Osho, è un fatto che la vita sociale sia in crisi, ed una prova istantanea di ciò è che io sia qua a scrivere su un forum online alcune cose che trent'anni fa avrei detto di persona ad un amico davanti a un bicchiere di vino.
Che ci sia una scomposizione in essere è un fatto difficile da smentire.
Quindi la delusione per la lontananza degli altri, ma anche per la propria incapacità di fare i passi necessari a ricostruire la vicinanza smarrita, è comprensibile.

Spesso l'immersione in questa letteratura dell'interiorità, della crescita personale, è un sostituto. A forme di esistenza più vitali e complesse e appaganti.
#170
Ma non ho capito perché il lavoro di traduttore di Luigi Moraldi lo chiami "progetto".
Sì, ho visto che ha scritto anche un paio di monografie, sicuramente molti articoli ormai introvabili, e mettiamo pure che possa dimostrare il passaggio di questi temi gnostici, religiosi, da antichità anteriori la Grecia ad alcune opere filosofiche, tra cui quelle di Platone (alcuni suoi dialoghi contengono senz'altro elementi di una religiosità antecedente l'età classica), infine ai primi testi cristiani, ai testi di Qumran etc.
E allora?
Non vedo perché la cosa dovrebbe particolarmente eccitarci... A meno di ritenere che quei temi gnostici esprimano in modo confuso e misterioso una Verità profonda (o una visione spirituale dell'uomo che merita di essere resuscitata).
E se sì, quale sarebbe?
Perché ti stai predisponendo a studiare tutti questi testi antichi? Che cosa ti aspetti di trovare?


#171
Citazione di: daniele22 il 29 Novembre 2024, 08:03:11 AMqual è la necessità di parlare di condividui quando il dolore e il piacere, che sono responsabili delle affettività, sono percepiti dal singolo?


Dolore e piacere sono sperimentati nel singolo, ma sono prodotti in punti di una geografia più vasta rispetto ai confini del nostro corpo. Quando la malattia si abbatte sul corpo di un amico, il suo dolore, almeno in parte, coinvolge anche noi, per cui non si può nemmeno parlare di "un suo dolore", ma del nostro dolore (che ha tuttavia punte di intensità differenti, evidentemente).
Si può naturalmente agire in modo da restringere quel confine al perimetro del nostro corpo, ma bisognerebbe capire quanto di psicopatologico ci sia in un'azione, meglio, in una regressione del genere.
Prima dell'inutile giudizio moralistico di "egoista", senz'altro un comportamento di ritiro di sé avrà un carattere difensivo, sarà la reazione a "turbolenze ambientali" ingestibili.
Nei casi estremi, quando l'ambiente è radicalmente alieno e violento, una soluzione è la psicosi: il delirio come l'unica strategia per connettersi agli altri, per abitare lo spazio comune.

Certo gli studi che i due autori avanzano, di psicologia evolutiva, di neurobiologia, di psicologia sociale etc. sono importanti perché mostrano la scientificità di questa originaria "espansione dell'Io", diciamo così.
Mi piace che la questione sia posta al di fuori delle solite polemiche culturali su comunità-individualismo etc., al di fuori della retorica sulla solidarietà etc.
#172
Citazione di: Morpheus il 24 Novembre 2024, 17:53:06 PMEcco un passo dello Zibaldone di Leopardi:

"Bisogna proporre un fine alla propria vita per viver felice" è una frase che, probabilmente, chi frequenta questo forum condivide. "O gloria letteraria, o fortune, o dignità, una carriera in somma"  il pessimista cosmico ci fa degli esempi su come possiamo raggiungere la felicità. Ma la felicità di un premio Nobel per la fisica è diversa da quella di un ludopatico che ha appena vinto €5 con un gratta e vinci? E da quella di un avaro zio paperone che aggiunge una monetina al suo già enorme patrimonio?
Potremmo dire:"Si, tutti e tre sono felici. Ma la felicità del ludopatico e dell'avaro è temporanea e data da cose futili."
Lo stesso vale per chi trastulla ogni sera il suo "gingillo" e per chi si droga poiché è l'unico modo in cui riesce ad avere un po' di felicità.
Concorderete quindi con questa bella affermazione:
"L'uomo, per essere felice, deve inseguire virtute e canoscenza raggiungendo uno o più  nobili obiettivi (preferisco la parola "obiettivo" a "scopo") prefissati da lui stesso."
Chiunque abbia un minimo di pensiero critico sa che la felicità di codeste persone (del ludopatico, dell'avaro, del lussurioso e del tossicodipendente) è "sbagliata" anche se in realtà di sbagliato non c'è nulla in una cosa (l'etica) che penso sia soggettiva e senza verità assolute. In effetti, queste persone non sanno cosa ci sia di "errato" in ciò che li rende felici e quindi si potrebbe dire che forse per brevi intervalli sono felici quanto un premio Nobel per la fisica. Ma il punto non è questo.
Concordate con me nel dire che ogni essere umano vorrebbe essere immortale? E che ci sono due modi per raggiungere l'immortalità? Questi due metodi sono:


No, non sono d'accordo.
Se fosse così allora Nietzsche non sarebbe servito a niente.
Il discorso è pieno di trabocchetti.
Primo trabocchetto: che cos'è la felicità? Venendo da una civiltà metafisico-religiosa che nello stesso tempo è stata capace di "inventare" il capitalismo, siamo abituati a due immagini apparentemente opposte della felicità: quella eterna dell'anima, e quella terrena della potenza infinita, della ricchezza senza limiti.
Un eccesso attinente il tempo, e un altro attinente la forza.
L'antichità ha meditato a lungo sull'hybris. Evidentemente abbiamo dimenticato tutto...

La felicità non esiste. Esiste piuttosto un ben-essere, un buono stato di ciò che siamo complessivamente: corpo, mente, relazioni con gli altri.
E siamo chiamati (da noi stessi, dal nostro gusto per le cose della vita, se vuoi, green, chiamiamolo erotismo) a realizzarlo.

L'infelicità, o il malessere, non è una condanna. Non ci sono ragioni metafisiche legate ad una specifica condizione che ci condannano con necessità alla disperazione.
Da cui sarebbe possibile sottrarsi solo tramite le illusioni.
Schophenauer e Leopardi sono geniali nell'aver indagato la condizione dell'uomo chiuso nel convincimento di una Natura che segna il nostro destino.
Ma si sbagliavano.
Bisogna pensare al di là di queste visioni, senza lasciarsi sedurre dalle idiozie della vita contemporanea. Trabocchetti metafisici da una parte, e il grande gioco delle piccole e grandi ricompense dall'altro.

Come ho già detto in altre occasioni, io credo che non esiste una condizione neutra, ognuno di noi di base soffre, diciamo così.
Sì lo so, sembra una contraddizione con ciò che ho scritto sopra.
Qui intendo un malessere di fondo, sottile, che ha radici biologiche, che non ha nulla a che fare con l'angoscia della morte o con il vero e proprio dolore.
Ma sufficiente a spingere ciascuno di noi a cercare la liberazione con i beni che ritiene siano in grado di farlo.
Ecco l'importanza di un'educazione ad un autentico edonismo. Capire che la passione per gli scacchi è più efficace sul lungo periodo di quella per la pornografia online, per esempio.
O che la rinuncia, in assenza di un Dio, è desiderio di morte camuffato da generica e nobile spiritualità, ma quello che si vuole è solo morire: farla finita una buona volta.
#173
Avevo pubblicato due volte lo stesso post...
La mia risposta è sotto.
#174
Citazione di: daniele22 il 27 Novembre 2024, 09:31:54 AMhttps://www.avvenire.it/agora/pagine/vittorio-gallese-l-essere-umano-e-corpo-in-movimento



Articolo interessante.
Molte cose che ho scritto recentemente, nei post su neurobiologia e in quelli su Spinoza, sono in effetti in linea con ciò che viene detto nell'intervista.

Partire da ciò che siamo realmente e quindi capire che non può esserci mai puro disinteresse, puro senso del dovere. Questo non significa dire che l'uomo è machiavellico. Certe rappresentazioni dell'uomo come profondamente egoista sembrano essere in realtà basati sul narcisismo dei manuali di psicopatologia.
In realtà essendo poco vitale per sé la manipolazione degli altri (perché alla fine gli altri scappano), la cura delle relazioni, lo sforzo dell'equilibrio e della salute in esse, esprime l'ambizione di una prosperità che è sia individuale che comunitaria, anzi che è individuale proprio perché comunitaria.
E questo fuori da ogni retorica sentimentale di cui anche qui ci si abbandona troppo spesso.
La commozione per l'empatia per esempio: nulla su cui sbrodolare, ma prodigioso fatto biologico, che è potenzialmente arma di manipolazione o strumento per sintonizzarsi con l'altro.
#175
Tematiche Spirituali / Re: Perché siamo qui e ora?
27 Novembre 2024, 14:29:28 PM
Si tratta di un brano che contiene alcuni luoghi comuni tipici della spiritualità new age degli ultimi vent'anni.
A partire dalle prime righe con quel "salto quantico" in "termini vibrazionali", che non vuol dire assolutamente niente, che non ha alcun senso, ma che attraverso i termini evocativi di una disciplina scientifica evidentemente fuori della portata dell'autrice vorrebbe introdurre il destinatario del messaggio alla Verità.
Questo genere di spiritualità infatti ha sempre un carattere gnostico: la gnosi antica proponeva il cambiamento radicale attraverso la sola rivelazione di una dottrina.
Mentre le discipline spirituali classiche propongono un cambiamento tramite l'ascesi (l'esercizio), e la filosofia propone una via in cui il rinnovamento si può realizzare tramite il logos e il dialogo, quindi attraverso un lavoro impegnativo dell'intelligenza, lo gnosticismo conduce direttamente ad un'altra vita illuminando l'adepto con una spiegazione totalizzante del mondo umano e del divino.

Altra caratteristica di questa letteratura è l'enfasi che si dà al potere della psiche sulla materia. Spesso si ritrovano idee demenziali sulla genesi puramente psicologica del cancro e su possibili guarigioni tramite la sola motivazione.
Ma nello stesso tempo, accanto a questa potenza mentale che può essere risvegliata, si sostiene anche il determinismo: "il caso – dice tale Marika Moretto – è una pura illusione".
Sembra essere allora un determinismo psichico: cioè la vita, i suoi eventi, quelle che sembrano pure coincidenze, hanno un solo vero significato ed è quello funzionale al viaggio dell'anima, la quale si eleva al di sopra del dolore solo comprendendo che tutto attorno a sé è come una prova, una messa in scena, un'occasione per trascendere il mero piano umano e materiale.

A mio giudizio si tratta di fantasie pseudo-religiose che seducono quando si vive una fase egocentrica, cioè quando si vuole avere delle spiegazioni emotivamente significative là dove non c'è nessuna spiegazione.
Sto pensando ad alcuni miei amici che delusi da politica, mondo lavorativo, relazioni, etc., per un certo periodo hanno cercato conforto in queste "teorie".
Di solito la ragione, l'intelligenza, ha sempre la meglio su queste fasi regressive.
#176
Ciò che va combattuto del relativismo non è la posizione filosofica in sé, ma l'uso strumentale che di esso si fa per il perseguimento dei propri interessi.
Il pericolo, fin da quando la questione è stata affrontata con la massima chiarezza da Platone nei dialoghi "Protagora" e "Gorgia", non è tanto il sofista, che rimane un uomo di cultura tutto sommato inoffensivo, ma l'Alcibiade di turno: giovane ricco che cerca gli strumenti per abbattere i limiti della legge e prendersi tutto.
Quindi il problema teorico è intrecciato in modo indissolubile fin dall'inizio alla questione dell'educazione.
E il problema dell'educazione si lega al problema della fondazione di uno stato giusto: il problema della giustizia.
Dunque, la soluzione teorica al problema del relativismo etico, cioè la fondazione epistemica dell'etica, è funzionale alla costruzione di una comunità giusta.
Ma esiste qualcosa di indubitabile in ambito etico?
No.
L'episteme attuale, cioè la scienza, se interrogata può dare indicazioni limitate all'etologia.
Un minimalismo biologico su cui non si può certo costruire alcuna educazione.
In sintesi: per scampare al pericolo del tiranno si finisce per assoggettarsi ad una metafisica.
Questo è l'itinerario di Platone.
Inutile dire che con il cristianesimo tutto è peggiorato: infatti si può anche accettare che ci sia un Dio, con attributi più o meno incomprensibili, ma non che l'uomo sia diverso da com'è. Le fantasie evangeliche: amare il prossimo, ed essere quindi amati da perfetti sconosciuti (la cosa mi fa venire brividi di orrore), tutto questo "ciarpame" sentimentale, che ha dissolto dall'interno l'antichità...
Beh... basta così, per adesso.
#177
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
25 Novembre 2024, 17:13:22 PM
Citazione di: PhyroSphera il 25 Novembre 2024, 08:51:37 AM[...] Invece che inquisire i credenti [...] si dovrebbe riconoscere il valore terapeutico delle religioni e quello taumaturgico della fede - il che non significa abbandonare scienze, filosofie, tecniche, ma significa non andare oltre e conservare i reali saperi e capacità. Il disgusto di S. Freud per la religione, le sue deboli ammissioni postume, non sono il segreto per capire davvero la psicoanalisi. Meglio cercare di ricostruirne la vera storia, recuperando quel che ancora c'è per lo scopo.

MAURO PASTORE

Il passo terminava così.
Si può anche non essere d'accordo, ma la derisione è completamente fuori luogo.
A maggior ragione se espressa da un moderatore.
Vi devo ricordare il regolamento di questo forum? Alle tesi di un utente si risponde solo ed esclusivamente con argomentazioni.
Non con la derisione o il sarcasmo o l'insulto o con l'appellarsi ad una specie di patetico principio di autorità ("io, avendo studiato mille testi sul tema ti assicuro che ti sbagli etc.").
#178
Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 16:25:20 PMuno di tale errori è sicuramente ritenere , come da te riportato, che l'imperativo categorico sia un devi che viene dall esterno e non da dentro di te. Non dovete pensare che l imperativo categorico sia riferito ad una legge che sta là in alto con un triangolo in testa e ti punta il dito dicendo "devi rendere il portafoglio che hai trovato!!! o verrai punitoooo" no , se tu trovi un portafoglio lo sai che cosa è giusto faree te lo dice la tua coscienza, la tua coscienza morale. Poi puoi anche decidere di tenertili i soldi, cosa vuoi che me ne frega ? non sono io che vi sto facendo la morale lo capisci o no?l'unico discorso di esortazione forse lo avuto parlando con Iano, ma poi per il resto sono discorsi attorno l etica  e che cos'è l etica , lo detto percezione e attuazione della responsabilità personale.  E poi ho argomentato, non va bene ? non ti piace?  e allora specifica dove non va bene che andiamo a parlarne. O forse vuoi che cambio impostazione così come lo vorrebbero in tanti qui dentro.
Vuoi sapere com'è l etica di Nietzsche riguardo a quei deboli a quei fragili di cui parli ?
Ti sei sentito attaccato e ora ti stai difendendo, e tralasci le cose importanti. La mia, sul "moralizzatore", era solo una battuta. Andiamo oltre.
Passiamo cioè a Kant: lo so bene che lui ci presenta l'imperativo categorico come una voce interiore, diciamo così. Ma al di là delle sue intenzioni, il fatto che questa etica non riesca a stare in piedi senza porre anche l'ipotesi di Dio e dell'immortalità dell'anima (perché il giusto deve pur essere felice e se questo mondo con le sue regole glielo impedisce ci deve essere qualcosa al di là, qualcosa deve essere congetturato etc...), dico che la necessità argomentativa di queste due ulteriori idee deve essere preso come il sintomo di qualcosa che non va, che non funziona.
Per questo ho fatto riferimento alla purezza delle intenzioni: cioè l'espressione di un certo tipo di cristianesimo, guarda caso quello in cui è cresciuto il nostro Immanuel, un tipo di cristianesimo che alla fine sembra essere il vero contenuto del formalismo kantiano.
Si potrebbe però obiettare in difesa di Kant che la morale evangelica stessa non ha bisogno di Dio, è universale, e che quindi siamo con il formalismo kantiano in perfetta sintonia. In questo caso Kant avrebbe soltanto dato un'espressione filosofica rigorosa a una verità già appresa.
Ma è così?
Io non credo.
In assenza di un Dio c'è da chiedersi veramente da dove arrivi l'invito al dovere.
Anzi c'è da chiedersi che cosa nasconde questa devozione al dovere.
Secondo me fa parte della storia delle malattie dell'anima tedesca.
E ci voleva il filosofo tedesco meno tedesco, cioè Nietzsche, per smascherare questa degenerazione.

Ps.: Post 87 "[...] Ebbene Kant nella morale autonoma non può che fondarla su due cose che non hanno niente a che fare con la ragione". Questo è uno degli errori di cui parlavo e che ho cercato di chiarire all'inizio del post precedente.
#179
Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 14:57:31 PMcon qualcosa piu grande e piu importante di te io intendo qualcosa di più importante del tuo mero tornaconto, del tuo interessere particolare che può essere Dio, può essere il bene comune, può essere la natura , può essere l amore per la famiglia. Che molti atei abbiano un comportamento alcquanto responsabile e onesto e che viceversa ci sono molti così detti credenti che definire etico il loro comportamento sarebbe come minimo imbarazzante questo lo so perfettamente mio caro kobas.
E per quanto riguarda l attacco del moralizzatore sgrammaticato non c'è problema perchè tanto lo sapevo che sarei stato bollato come moralista e quando parlo di sentimenti sarei stato etichettato come sentimentalista e quando parlo di bene di buonista. Ma certo che è così, non vi è mai capitato che qualcuno vi dica "scusa non è per farti la morale però..." quasi che parlare di morale sia una cosa che è meglio evitare , quasi che ti guardano male e quindi si mette le mani avanti chiedendo scusa. Ma che cosa vuoi tu dagli altri se non essere trattato con umanità, con bontà, con gentilezza? definisciti moralista se vuoi questo , definisciti buonista. Così va bene secondo voi? spero che ci sia stato almeno un lettore che abbia visto che io non sono affatto un moralista . la legge morale universale non ti dice che cosa fare in quella o l altra situazione ti dice che cosa fare in tutte le situazioni. Quindi che morale devo fare se non rivolgermi a ciò che per voi è giusto!
Ma guarda che qui tutti stiamo parlando di morale: essendo l'argomento del topic non potrebbe essere altrimenti...
A parte te però non mi pare che nessuno si esibisca in discorsi di esortazione. Ed essendo questo un forum di filosofia e non la chat del telefono amico...
Siamo qui per riflettere, non per commuoverci e dire "sì devo cambiare vita!".

Ma la cosa che più conta è che dovresti analizzare con attenzione gli spunti critici contenuti nel mio post e in quello di daniele22: nei tuoi accenni all'etica di Kant ci sono errori importanti.
#180
L'imperativo categorico dice: "devi perché devi", punto.
La legge morale per essere universale deve essere svuotata da ogni contenuto, da ogni definizione del bene. Il bene è tale perché si è agito solo per dovere, non perché si riteneva essere bene compiere quella determinata azione.
In sintesi, l'imperativo categorico esprime la purezza delle intenzioni.
Siamo ancora lì purtroppo, al Vangelo.
E quindi ad un'etica il cui fondamento ha bisogno di un Dio.
Come in effetti ammette lo stesso moralizzatore sgrammaticato Alberto Knox quando con grande ingenuità afferma che condizione dell'etica sarebbe il sentimento di qualcosa di più grande di noi.
Ma come? Non lo sa che ogni giorno ci sono tanti atei o materialisti sprovvisti di spiritualità trascendente che fanno il bene non perché sentano qualcosa di più grande ma perché vedono qualcosa di più piccolo, di più fragile, e per questo decidono di prendersene cura?

"Tu devi!". "Devi e basta!". "Devi, devi, deviiiiii!!!!".
Ma chi è che parla?
(Nietzsche e Freud cosa risponderebbero?)
Ma no, io non devo affatto. Io voglio! Voglio essere felice, e voglio la prosperità di coloro che mi stanno attorno. All'elogio del dovere sostituisco l'elogio dell'eudaimonìa.
In questi casi non bisogna avere dubbi: buttare via Kant, tenersi Aristotele!