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Messaggi - Apeiron

#166
Citazione di: sgiombo il 28 Dicembre 2018, 15:11:34 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 14:40:39 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 20:57:16 PMMa fra terra e sole esistono una (prima) forza centrifuga e una (seconda) forza centripeta o non invece un' accelerazione centrifuga e un' accelerazione centripeta, entrambe causate dalla (unica e sola ) forza (attrattiva e quindi in un certo senso centripeta relativamente al sistema complessivo) della gravità? ("Col concorso" dell' energia cinetica).
L'interazione produce una coppia di forze. Le forze sono due: una applicata sulla Terra e una sul Sole.
CitazioneGrazie per il chiarimento e la correzione. Da profano per "forza" erroneamente intendevo l' interazione (unica) che nella sua unicità determina due azioni; ovvero la -convenzionalmente detta- "azione" (e rispettiva forza) e la -convenzionalmente detta- "reazione" (e rispettiva forza). Dovrei riformulare alcune mie obiezioni a CarloPierini, ma credo non sia necessario per intenderle correttamente: chiunque può farlo Ho capito bene adesso?

Credo proprio di sì (ad esempio, vedi qua se la 'nomenclatura' ti torna)  ;)
Come ben dici "azione" e "reazione" sono due forze che nascono dalla stessa interazione.
#167
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
@apeiron

Concordo con entrambi i punti da te sottolineati. FN demolisce un assolutismo etico per fondarne un'altro. Operazione "arbitraria" per eccellenza, che però ha una sua utilità nel disvelare impudicamente le metafore proibite della visione del mondo classista. Il relativismo etico si fonda sul nulla, per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica. Al massimo ci fai antropologia culturale. Forse il giusto mezzo aristotelico per muovere la tecnica dell'ethos è un rigore etico che contestualizzi l'evoluzione etica senza nullificarla e che fondi i suoi paletti su qualcosa di solido (natura) e realmente unificante (etologia umana). In altri termini: qualcosa di uguale. (rendendo l'onore delle armi al memorabile "tutti gli uomini nascono uguali" laddove lo sono, almeno a spanne secondo le nostre acquisite conoscenze, aldilà di ogni ragionevole dubbio)

Grazie della risposta! :)




Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AMSe ho preso le distanze dall'assolutismo e dal relativismo etico è perchè evidentemente ho in testa una terza via per l'etica.
Non nego di essere un "fanatico del tertium datur", eppure qui faccio un po' fatica: la tua etica è la migliore/più giusta (assolutismo) o è umilmente immanente al contesto dei valori in cui credi (relativismo)?


@Phil,
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.

Facendo un ragionamento per certi versi analogo (seppur in un contesto diverso, ovviamente) se dico che "l'automobile viaggia ai 50km/h" faccio un'affermazione de-constestualizzata e ambigua. Devo dire, ad esempio, "l'automobile viaggia ai 50km/h nel riferimento solidale all'autovelox". Questo 'fatto' è, invece, qualcosa di universale. Contestualizzare non inficia l'universalità di una proposizione. Semmai chiarisce il limite della sua validità, per esempio. In fisica, d'altronde ci sono molte cose che sono ritenute di 'validità universale' (ovvero valide per ogni osservatore) ma allo stesso tempo, il contestualizzare è di importanza fondamentale. Credo che questa prospettiva possa anche valere nell'etica.


Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM


Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AMil relativismo etico ci scrive etica relativistica.
Se ci scriviamo «etica relativistica», assolutizzeremmo tale approccio, smentendo che sia invece fondato su storia e antropologia (non argomento oltre; abbiamo già discusso sull'importanza della «conoscenza del nemico»...).


L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre. E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.



Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AMBuon divertimento. Ma attento che i sollazzi ginnico-filosofici non conducano il tuo Candide, a sua insaputa, in qualche banlieue furente dove non basta dire: io non gioco più.
Non trovo nulla di Candido nel riconoscere la pluralità (senza pianificare di sacrificarla sull'altare del proprio assoluto): la contestualizzazione relativistica, in quanto tale, non può parlare di «miglior mondo possibile» («non è un'etica», dicevamo ben separando i due piani logici), proprio perché riconosce differenti "mondi" che coabitano. Il "sollazzo ginnico-filosofico" in questione mi pare una dignitosa forma di ermeneutica (per quanto «ogni scarrafone è bello a mamma sua» ;D ) o se preferisci è il "tao del relativismo": yang (fondamento solido su natura, storia, etc.) e yin (analisi con pluralismo, "debolezza", etc.).


Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo, devi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
Secondo me tu (e non solo tu, in realtà) confondi il contestualizzare con il relativismo. Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.

Riprendendo il paragone con la fisica, non è che l'introduzione della qualificazione per cui la velocità è misurata rispetto (ad un sistema di riferimento solidale) all'autovelox inficia la validità (in linea di principio) universale della proposizione "l'automobile viaggia ai 50km/h nel riferimento solidale all'autovelox". Lo stesso, secondo me, vale per l'etica. Se mi permetti di farti una critica, tu confondi il relativismo con il contestualizzare. 'Relativismo' significa che non ci sono verità universali. Ben diverso dal semplice contestualizzare (dire, in che condizioni, una proposizione è vera).




Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM

P.s. @Sariputra Più che «porre sullo stesso piano le varie culture e morali» (cit.), il relativismo dà a ciascuna il suo piano (contesto), riconoscendo che ogni piano non può logicamente diventare criterio di valutazione qualitativa degli altri piani.



Il che è però molto discutibile. Se così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti (personalmente, trovo questa posizione completamente assurda, tanto quanto quella di Nietzsche, di Eraclito ecc...mi si chiami pure 'assolutista' (non mi vergogno affatto di questo 'appellativo' anche se può dare l'idea di un eccessivo dogmatismo e/o violenza e/o 'bigottismo' - ma il segreto è che essere 'assolutisti' non implica necessariamente essere bigotti e/o dogmatici e/o violenti...), ma ritengo che in certi casi si possa dire che un'azione sia veramente 'giusta' o 'ingiusta'...) - non che non ci siano ingiustizie nella nostra società, ma la ritengo ben più giusta di un totalitarismo.
Togliere 'gerarchie' di qualsiasi tipo tra le varie prospettiva è relativismo. Ma la semplice contestualizzazione non implica affatto il relativismo  :)
#168
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Dicembre 2018, 19:48:09 PMAPEIRON Per quanto riguarda la terza legge della dinamica, il cosiddetto principio di azione e reazione essa ci dice che se il corpo A compie una forza F su un corpo B, allora il corpo B compie una forza G=-F(ovvero uguale in modulo e direzione ma opposta in verso) sul corpo A. Nel caso della Terra e del Sole, il Sole attrae gravitazionalmente la Terra e la Terra fa la stessa cosa col Sole - tuttavia, la differenza delle masse fa in modo che il Sole abbia una accelerazione minima. Perciò, se la 'forza centripeta' nel caso Terra-Sole è la forza di gravità, la forza centrifuga NON è la 'reazione' (in quanto la 'reazione' si applica sul Sole). CARLO Ragionamento giusto, conclusione errata. L'azione centripeta è quella di A su B, cioè del Sole sulla Terra; la reazione centrifuga è quella di B su A, cioè della Terra sul Sole. La prima fa incurvare l'orbita della Terra intorno al centro di massa del sistema Sole-Terra (accelerazione centripeta); la seconda fa incurvare il moto del baricentro del Sole intorno allo stesso centro di massa. Dov'è il problema? Il 3° principio non prevede mica l'azione e la reazione applicate in un medesimo punto.
APEIRON
Nego di aver sbagliato la mia conclusione. E, infatti, dicevo anche che:

Citazione di: Apeiron il 26 Dicembre 2018, 17:50:22 PMLa reazione della forza centripeta è talvolta chiamata forza centrifuga reattiva ed è applicata sul corpo che causa la forza centripeta e/o sulla fune a cui è attaccato il corpo in moto rotatorio. Ma questa forza non è identificabile con la cosiddetta 'forza centrifuga' - bisogna ragionare sul punto di applicazione delle varie forze).  

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Dicembre 2018, 19:48:09 PM
APEIRON SE si ammette l'esistenza di un sistema di riferimento inerziale, allora esistono infiniti sistemi di riferimento che sono inerziali - ovvero quelli che si muovono rispetto al primo di moto rettilineo uniforme. Si può, infatti, immaginare che ci siano corpi non soggetti ad alcuna forza (in realtà, le 'particelle libere' solo astrazioni). Chiaramente, il Sole che ha un'accelerazione piccola rispetto agli atri pianeti, può essere preso, in un'approssimazione abbastanza buona, come 'fermo' (ovvero, il preciso caso in cui il modulo della velocità è nullo - caso particolare di 'moto rettilineo uniforme'). In tale riferimento, la Terra è soggetta alla sola 'forza centripeta' - la gravità (con l'ulteriore approssimazione di non considerare l'interazione con la Luna, Giove ecc). Nel riferimento della Terra, invece, la Terra è ferma. Quindi, nel riferimento della Terra è necessario introdurre un'altra forza, la forza centrifuga. CARLO Ragionamento errato. La forza centrifuga è quella che - rispetto a qualsiasi sdr inerziale - fa girare il baricentro del Sole intorno al centro di massa del sistema dinamico Sole-Terra; non è la forza fittizia che immagini tu.
APEIRON
E su questo, non credo che ci sia dissenso con i fisici. Anche per loro, nella meccanica Newtoniana, la 'forza centrifuga reattiva' è tanto reale quanto quella centripeta. Perché? perché le due forze appartengono alla stessa coppia azione-reazione.  

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Dicembre 2018, 19:48:09 PM
APEIRON Tuttavia, la forza centrifuga non è attribuibile all'interazione con alcun corpo. Inoltre, nei riferimenti inerziali essa non esiste. Quindi, la forza centrifuga è considerabile come una 'forza apparente'. CARLO La tua forza centrifuga (inesistente) non è attribuibile ad alcuna interazione; ma la vera forza centrifuga è quella che fa ruotare il baricentro del Sole intorno al c.d.m. Pertanto non ha niente di apparente, ma è viva e vegeta.

Appunto... ma quando i fisici parlano di 'forza apparente' parlano proprio della 'forza centrifuga che intendo io'.

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Dicembre 2018, 19:48:09 PM
APEIRON Per la Relatività Ristretta Nella Relatività Ristretta si assume ancora l'invarianza delle leggi della fisica nei sistemi di riferimento inerziali. Questo implica che anche in questo caso i sistemi di riferimento solidali a corpi soggetti ad accelerazione non sono inerziali (i sistemi di riferimento inerziali sono privilegiati, per questo motivo la 'relatività ristretta' è anche chiamata 'relatività speciale'). Il discorso fatto sopra si applica ancora anche in questo caso, con l'accortezza di dire che l'accelerazione non è più invariante (vedasi qui) e, inoltre, non vale più il terzo principio della dinamica visto che la velocità della trasmissione delle informazioni è limitata dalla velocità della luce c (che è un invariante). CARLO L'accelerazione non è invariante solo rispetto a sdr non-inerziali; ma i moti che si osservano rispetto ad essi sono apparenti, non reali. Per questo violano il 3° principio.

APEIRON
In Relatività Ristretta l'accelerazione non è invariante nemmeno per quelli inerziali...e concordo sul fatto che nella Meccanica Newtoniana tali moti sono considerati 'apparenti' perché non ci sono nei riferimenti inerziali.

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Dicembre 2018, 19:48:09 PM
APEIRON Per la Relatività Generale Qualcosa di molto interessante si trova se si arriva a considerare la Relatività Generale. Qui, non ci sono più sistemi di riferimento 'speciali' ma l'assioma fondante è che le leggi della fisica sono invarianti in tutti i sistemi di riferimento. La gravità stessa diventa una forza 'geometrica': in assenza di altre forze i corpi si muovono nelle geodetiche (i 'percorsi più brevi') dello spazio-tempo, che è curvo a causa della presenza delle masse. Si deve notare che, in assenza di curvatura, le geodetiche sono rette e torniamo al caso precedente dello 'spazio-tempo' piatto dove i moti in assenza di forze sono rettilinei (le 'geodetiche', i percorsi più brevi sono appunto rette). Si deve notare che, per questo motivo, la 'forza di gravità' è data da una proprietà dello spazio-tempo e che quindi, in questo caso, la caduta libera (=la semplice 'caduta gravitazionale') è indistinguibile dalle forze di inerzia. Infatti, mentre il 'moto libero' nello spazio-tempo piatto è rettilineo uniforme nello spazio-tempo curvo il 'moto libero' è di caduta libera (il caso dello spazio-tempo piatto torna quando la gravità è nulla - visto che la gravità è data dalla curvatura). Ergo, nella relatività generale di fatto gravità ed inerzia sono indistinguibili. Questo deriva dal fatto che nella relatività generale massa inerziale (la 'resistenza dei corpi' all'accelerazione) è direttamente proporzionale alla massa gravitazionale (che, invece, è la 'carica' dell'interazione gravitazionale nella teoria Newtoniana) (la costante di proporzionalità, per comodità viene presa uguale ad 1, visto che già nella meccanica Newtoniana massa inerziale e massa gravitazionale hanno la stessa uni CARLO Si tratta di un punto di vista diverso (che non ho tempo di discutere), ma non viola le leggi della dinamica newtoniana né contraddice minimamente quanto ho scritto fin qui. L'equivalenza tra caduta libera e moto inerziale vale solo rispetto ad un sdr solidale con il corpo in caduta libera, non rispetto ad un sdr inerziale.

APEIRON
Se le predizioni della Meccanica Newtoniana non fossero state disattese, la Relatività e la Meccanica Quantistica non sarebbero mai nate (quindi sì, c'è un conflitto tra Meccanica Newtoniana e Relatività - d'altro canto, le predizioni della Meccanica Newtoniana possono essere ricavate come caso limite di quelle della Relatività ma ciò non significa che la Meccanica Newtoniana non è stata 'superata' visto che c'è una diversità abbastanza grossa tra le due teorie. Tra le varie differenze, la propagazione delle interazioni avviene a velocità infinita per la Meccanica Newtoniana, ha, invece, un limite superiore nella Relatività).
Inoltre, in Relatività Generale le leggi della fisica sono le stesse per ogni riferimento. I riferimenti inerziali non sono più 'speciali'. Semplicemente nel caso specifico di curvatura nulla si riottiene la Relatività Ristretta (e quindi i riferimenti inerziali). Tuttavia, la questione che volevo sollevare era proprio questa: nella Relatività Generale  non si fa più distinzione tra riferimenti inerziali e non inerziali  :)

P.S. La formattazione non è il massimo, non capisco dove ho sbagliato  ::)  
---------


Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 20:57:16 PMMa fra terra e sole esistono una (prima) forza centrifuga e una (seconda) forza centripeta o non invece un' accelerazione centrifuga e un' accelerazione centripeta, entrambe causate dalla (unica e sola ) forza (attrattiva e quindi in un certo senso centripeta relativamente al sistema complessivo) della gravità? ("Col concorso" dell' energia cinetica).

L'interazione produce una coppia di forze. Le forze sono due: una applicata sulla Terra e una sul Sole.
#169
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM


Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 11:34:30 AM

Scocciatura più, scocciatura meno (comunque non per far dispetto a una "radicalfighetta", quale mai ti ho considerato), da che ci sono ti chiederei:
per sentito dire, da deliberato ignorante in materia, mi sembrerebbe che Nietzche neghi l' esistenza di qualsiasi etica immanente, (universalisticamente) umana, laica (mi sembra che distingua fra una in qualche modo "superiore" etica dei "signori", prepotenti, oppressori, privilegiati e una in qualche modo "inferiore" etica delle da lui disprezzatissime "plebi" biologicamente inferiori, giustamente e meritatamente sfruttate e oppresse (ma non vorrei avere sparato delle grosse cazzate).
Se é così, mi pare che almeno in questo tu non segua affatto il Friederich.2, ma ne sia anzi agli antipodi.


FN è tutto il contrario di un relativista etico. Egli afferma il diritto assoluto degli aristoi (ἄριστοι) di prevalere sulla plebe. Su ciò fonda la sua etica aristocratica mischiando superiorità naturale, di sangue (con forte sfumatura sociodarwinistica), e intellettuale (philosophisch). La sua Umwertung è trasvalutazione, non negazione, dei valori. I suoi, contro quelli "degenerati" della morale degli schiavi che li trae dal mondo dietro il mondo. Mentre lui li tra(rreb)e dal mondo.

Ciao Ipazia,

ed è proprio questo il mio problema con Nietzsche. Dopo la 'morte dei valori' si ha il 'relativismo etico', che Nietzsche ha correttamente  (secondo me) considerato una forma di 'nichilismo' (dissento rispettosamente, per lo stesso motivo, anche dal 'relativismo debole' di Phil, che saluto ;) ...tale prospettiva mi sembra migliore di un relativismo più 'forte' alla Protagora, per capirsi). Tuttavia, la soluzione che lui ha proposto non è, secondo me, per nulla soddisfacente - anzi, volendo, è molto più problematica del problema che mirava a risolvere.
Infatti, dopo aver rigettato ogni forma di 'etica' (precedente alla sua), ha più o meno detto che l'unica 'etica' rimasta è, di fatto, la 'Legge della Savana' ereditando da Eraclito l'intuizione che il 'conflitto' è qualcosa di fondamentale nell'interazione tra le varie forme viventi (e anche da Darwin, visto che, di fatto, le specie lottano tra loro per la sopravvivenza - anche se, in realtà, Nietzsche (come Eraclito) è andato un po' oltre enfatizzando troppo l'aspetto 'conflittuale'. Non che questo non ci sia per Darwin e la Teoria dell'Evoluzione, ovviamente...ma il "darwinismo sociale" secondo me si basa su un travisamento della Teoria dell'Evoluzione nato da una tendenza a soffermarsi solo sull'aspetto 'di lotta' di tale teoria che pur essendo innegabile non è così importante come ritenevano tali pensatori).
Siccome il 'Conflitto' è qualcosa di molto 'naturale', Nietzsche ha pensato che dovesse applicarsi anche alle relazioni umane: i 'migliori' sono quelli che riescono ad 'affermarsi' con più forza. Tale deriva di Nietzsche però è ancora peggio del 'nichilismo' del relativismo etico (anche se, volendo, è una sua conseguenza) visto che un relativista può comunque scegliere di non 'assolutizzare' la 'Legge della Giungla' o il 'Conflitto' alle relazioni umane (ma può anche farlo - e qui sta tutta l'inadeguatezza del relativismo etico, ovvero pensare che, per esempio, va bene sia assolutizzare che non assolutizzare la 'Legge della Savana').

Riconosco la grandezza come filosofi di N. ed E.  ma detesto la loro 'glorificazione' del Conflitto seppur per motivazioni diverse* (confesso di avere un rapporto ambivalente con entrambi ma su questo aspetto li detesto), così come detesterei il pensiero di chi assume che l'etica umana dovrebbe essere equivalente alla 'Legge della Savana'. E, inoltre, il fatto per il relativismo non vi è una vera differenza tra lo scegliere come etica la 'Legge della Savana', il 'Conflitto' o quant'altro, ritengo erronea tale prospettiva (d'altronde, visto che secondo il relativismo la tendenza alla prevaricazione non può più essere davvero ritenuta ingiusta, mi pare chiaro che conoscendo la storia umana la diseguaglianza sociale non può essere evitabile in tale prospettiva ma anzi, che forse, può addirittura aumentare (d'altronde in tale prospettiva ognuno può (provare a) fare - o no - tutto quello che vuole)...).

*Per Eraclito, il Conflitto è 'la legge di Natura' (diceva "dobbiamo riconoscere che il conflitto è universale e che la giustizia è contesa" e che "il conflitto è padre e re di tutte le cose") per Nietzsche, invece, l''aspirazione ad affermarsi' (la cosiddetta volontà di potenza) era la 'vita stessa'.

Chiaramente, questa non è una critica rivolta a te ma era solo una riflessione su Nietzsche, il relativismo ecc che potrebbe interessarti (o non interessarti) e su cui potresti essere (o non essere) d'accordo  :)
#170
Ciao!

Secondo me ci sono un po' di cose qui che andrebbero chiarite e la questione va affrontata a più livelli.

Per la Meccanica Newtoniana

Nella Meccanica Newtoniana, i sistemi di riferimento 'inerziali' sono privilegiati. Questo perché i sistemi di riferimento 'inerziali' sono solidali a corpi in moto rettilineo uniforme, non soggetti a forze di alcun tipo.
Per 'accelerazione' si intende qualsiasi variazione della velocità, quindi in modulo e/o verso. Nel caso specifico del moto rotatorio uniforme, il modulo della velocità è costante, non lo è, invece, il verso. Ciononostante, la velocità non si può quindi dire costante e, quindi, è necessario spiegare la variazione di velocità (=accelerazione) con una forza (questo moto, approssimativamente può essere usato per descrivere il moto dell'orbita della Terra attorno al Sole, il quale in realtà non è né uniforme né circolare) - questo segue dalla seconda legge della dinamica (F = m*a - dove in grassetto ho indicato i vettori 'forza' ed 'accelerazione' caratterizzati da modulo, direzione e verso. Questa formula indica che il vettore 'forza' è direttamente proporzionale al vettore 'accelerazione' e la costante di proporzionalità è la grandezza scalare 'massa'). La prima legge della dinamica invece dice che qualsiasi corpo non soggetto a forze (e quindi non soggetto ad accelerazioni) compie un moto rettilineo uniforme (uniforme= modulo della velocità costante; rettilineo= verso della velocità costante).
Per quanto riguarda la terza legge della dinamica, il cosiddetto principio di azione e reazione essa ci dice che se il corpo A compie una forza F su un corpo B, allora il corpo B compie una forza G=-F (ovvero uguale in modulo e direzione ma opposta in verso) sul corpo A. Nel caso della Terra e del Sole, il Sole attrae gravitazionalmente la Terra e la Terra fa la stessa cosa col Sole - tuttavia, la differenza delle masse fa in modo che il Sole abbia una accelerazione minima. Perciò, se la 'forza centripeta' nel caso Terra-Sole è la forza di gravità, la forza centrifuga NON è la 'reazione' (in quanto la 'reazione' si applica sul Sole).

SE si ammette l'esistenza di un sistema di riferimento inerziale, allora esistono infiniti sistemi di riferimento che sono inerziali - ovvero quelli che si muovono rispetto al primo di moto rettilineo uniforme. Si può, infatti, immaginare che ci siano corpi non soggetti ad alcuna forza (in realtà, le 'particelle libere' solo astrazioni). Chiaramente, il Sole che ha un'accelerazione piccola rispetto agli atri pianeti, può essere preso, in un'approssimazione abbastanza buona, come 'fermo' (ovvero, il preciso caso in cui il modulo della velocità è nullo - caso particolare di 'moto rettilineo uniforme'). In tale riferimento, la Terra è soggetta alla sola 'forza centripeta' - la gravità (con l'ulteriore approssimazione di non considerare l'interazione con la Luna, Giove ecc). Nel riferimento della Terra, invece, la Terra è ferma. Quindi, nel riferimento della Terra è necessario introdurre un'altra forza, la forza centrifuga. Tuttavia, la forza centrifuga non è attribuibile all'interazione con alcun corpo. Inoltre, nei riferimenti inerziali essa non esiste. Quindi, la forza centrifuga è considerabile come una 'forza apparente'. La ragione della sua comparsa è spiegata con il fatto che il sistema di riferimento solidale al corpo in moto rotatorio non è inerziale e le tre leggi della dinamica sono valide in ogni riferimento inerziale. Nei sistemi di riferimento non-inerziali, c'è una violazione del terzo principio della dinamica: la 'forza centrifuga' non ha una corrispondente reazione (inversamente, la reazione della forza centripeta è la forza che il corpo in moto rotatorio applica sull'altro corpo che 'genera' la forza centripeta. Nel sistema di riferimento non-inerziale del corpo in moto rotatorio, invece, la forza centrifuga ha come punto di applicazione il corpo in moto rotatorio stesso. La reazione della forza centripeta è talvolta chiamata forza centrifuga reattiva ed è applicata sul corpo che causa la forza centripeta e/o sulla fune a cui è attaccato il corpo in moto rotatorio. Ma questa forza non è identificabile con la cosiddetta 'forza centrifuga' - bisogna ragionare sul punto di applicazione delle varie forze). La 'forza centrifuga' è data dalla resistenza dei corpi al moto accelerato (ovvero il fatto che per accelerare un corpo è necessario applicare una forza), ovvero dall'inerzia.

Nota bene: l'accelerazione in meccanica classica è invariante in ogni riferimento inerziale a causa dell'invarianza di distanze spaziali e durate temporali.

Per la Relatività Ristretta

Nella Relatività Ristretta si assume ancora l'invarianza delle leggi della fisica nei sistemi di riferimento inerziali. Questo implica che anche in questo caso i sistemi di riferimento solidali a corpi soggetti ad accelerazione non sono inerziali (i sistemi di riferimento inerziali sono privilegiati, per questo motivo la 'relatività ristretta' è anche chiamata 'relatività speciale'). Il discorso fatto sopra si applica ancora anche in questo caso, con l'accortezza di dire che l'accelerazione non è più invariante (vedasi qui) e, inoltre, non vale più il terzo principio della dinamica visto che la velocità della trasmissione delle informazioni è limitata dalla velocità della luce c (che è un invariante).

Per la Relatività Generale

Qualcosa di molto interessante si trova se si arriva a considerare la Relatività Generale. Qui, non ci sono più sistemi di riferimento 'speciali' ma l'assioma fondante è che le leggi della fisica sono invarianti in tutti i sistemi di riferimento. La gravità stessa diventa una forza 'geometrica': in assenza di altre forze i corpi si muovono nelle geodetiche (i 'percorsi più brevi') dello spazio-tempo, che è curvo a causa della presenza delle masse. Si deve notare che, in assenza di curvatura, le geodetiche sono rette e torniamo al caso precedente dello 'spazio-tempo' piatto dove i moti in assenza di forze sono rettilinei (le 'geodetiche', i percorsi più brevi sono appunto rette). Si deve notare che, per questo motivo, la 'forza di gravità' è data da una proprietà dello spazio-tempo e che quindi, in questo caso, la caduta libera (=la semplice 'caduta gravitazionale') è indistinguibile dalle forze di inerzia. Infatti, mentre il 'moto libero' nello spazio-tempo piatto è rettilineo uniforme nello spazio-tempo curvo il 'moto libero' è di caduta libera (il caso dello spazio-tempo piatto torna quando la gravità è nulla - visto che la gravità è data dalla curvatura).
Ergo, nella relatività generale di fatto gravità ed inerzia sono indistinguibili. Questo deriva dal fatto che nella relatività generale massa inerziale (la 'resistenza dei corpi' all'accelerazione) è direttamente proporzionale alla massa gravitazionale (che, invece, è la 'carica' dell'interazione gravitazionale nella teoria Newtoniana) (la costante di proporzionalità, per comodità viene presa uguale ad 1, visto che già nella meccanica Newtoniana massa inerziale e massa gravitazionale hanno la stessa unità di misura).
Si veda qui
#171
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
22 Dicembre 2018, 17:32:35 PM
Mah, en passant lascio una breve riflessione sull'argomento...

Stando alle definizioni di Wikipedia (che, secondo me, sono quelle 'usuali') di "altruismo" ed "egoismo" abbiamo:

CitazioneCon altruismo (dal latino alter, «altro») si indica l'atteggiamento e il comportamento di chi ha la qualità (morale) di interessarsi al benessere dei propri simili.

e

CitazionePer egoismo si intende un insieme di atteggiamento e comportamenti finalizzati unicamente, o in maniera molto spiccata, al conseguimento dell'interesse del soggetto che ne è autore, il quale persegue i suoi fini anche a costo di danneggiare, o comunque limitare, gli interessi del prossimo

Tali definizioni mi suggeriscono i seguenti commenti :

  • Nella definizione di altruismo non c'è scritto che uno non può amare anche sé stesso. Quindi: "ama il prossimo tuo come te stesso" (passo evangelico già citato da @everlost) è una prospettiva altruistica visto che, chiaramente, ci si interessa del bene dei propri simili.
  • Nella definizione di egoismo ci sono le parole chiave 'unicamente' o 'molto spiccata' che dovrebbero farci capire che l'egoismo va be oltre il semplice 'amare sé stessi'. Quindi, a mio giudizio, "ama il prossimo tuo come te stesso" non contiene niente di egoistico (visto che si 'ama' sia sé stessi che gli altri).
  • Tra l'altro l'egoismo va anche distinto dall'egocentrismo - gli egocentrici sono più portati a seguire, per così dire, il proprio 'io' ma non necessariamente sono egoisti.
  • Al massimo la posizione per cui si dovrebbe "amare il prossimo più di sé stessi" è una forma di 'altruismo'. Che è anche un po' inconsistente, per certi versi...qui concordo con @everlost che è difficile - anzi, forse impossibile - riuscire ad amare davvero gli altri se non si ama sé stessi. Tante critiche che vedo rivolte all'altruismo, in genere, sembrano partire dall'assunzione che altruismo = "amare gli altri più di sé stessi". Secondo me, se si tiene conto che l'altruismo non è solo (o non è) "amare gli altri più di sé stessi", secondo me le cose cambiano...
  • Sono anche io convinto, come @Sariputra, che chi ama veramente sé stesso ama anche gli altri (più precisamente, l'egoista cercando solo il proprio bene, finisce danneggiarsi - in un senso un po' profondo - e, quindi, in realtà non è 'vero amore' per sé).

(se ne potrebbero fare altri, ovviamente, ma mi fermo qua...)

P.S. Scusate se non ho letto veramente la discussione ed entro così, en passant, e se ho citato solo due autori. Era solo per dire che, secondo me, molti conflitti che nascono su questo argomento partono da equivoci sulle definizioni di 'altruismo' ed 'egoismo'  :)


Ciao!
#172
Varie / Re:Pranzo di Natale
21 Dicembre 2018, 21:48:19 PM
Citazione di: sgiombo il 21 Dicembre 2018, 21:31:52 PM
Apeiron, ti chiedo umilmente scusa per aver dimenticato di invitarti, per i medesimi motivi, con Sari, Davintro, Maral, Oxdeadbeef, SamuelSilver e Ipazia (che mi vuole decisamente male: bastava declinare le mie avances telematiche, senza bisogno di sottopormi a trattamenti "degradanti"!).

Grazie sgiombo  ;D ricambio l'invito!

E, visto che ci sono anche everlost, che saluto (...mi piace molto la musica celtica...) :)
#173
Varie / Re:Pranzo di Natale
21 Dicembre 2018, 18:07:24 PM
Ciao Sari,

grazie per l'invito. Comunque, ricambio... infatti i miei invitati sono:

1) Il Sari (motivazione: dice di essere 'inadeguato'... ma lui è un vero genio anche se non lo ammette... e crede che altri lo siano  ;D )

2) epicurus (motivazione: discutere con logica e di 'realismo pluralistico' con lui è veramente bello...)

3) Lou e 4) Jean (motivazione: un tocco artistico e al tempo stesso qualche riflessione sulla tecnologia non possono mancare...)

Ospite famoso: David Joseph Bohm (motivazione: fisico e filosofo capace di confrontarsi con idee molto 'esotiche'. Sicuramente un personaggio che saprebbe intrattenere...)

Ne approfitto per fare gli auguri di Buon Natale all'Hotel Logos!
#174
Jean,


CitazioneCit. Apeiron - Detto ciò, più che la distruzione delle "macchine", bisognerebbe si capisse che bisogna utilizzare bene la tecnologia. In pratica, la "chiave" sarebbe quella di "progredire" in modo che si riescano ad ottenere quasi esclusivamente gli "effetti positivi".

Nel film 2001-Odissea nello spazio la tecnologia pare sia stata ben utilizzata... rendendo possibile il viaggio interplanetario, certamente con le migliori intenzioni, ma... qualcosa ha preso un'altra piega e l'A.I.- Hal 9000 ad un punto manifesta un'autonomia inspiegabile, così che non resta che "spegnerlo"... accidenti, non ti ricorda un po' la vicenda dei nostri Bob e Alice?

Quello delle "conseguenze non volute" è uno dei problemi più difficili per il nostro agire. Viene da chiedersi, dunque, fino a che punto possiamo ritenerci sicuri nello sviluppo di nuove tecnologie (se ammettiamo la possibilità che "qualcosa vada storto"). E questo, ovviamente, è vero in tutti i campi. 

Nel caso dell'I.A., se non escludiamo a-priori che anche le "macchine" possano diventare coscienti e manifestare una "autonomia inspiegabile", la domanda si pone (anche se, ovviamente, nel mio caso, non penso che le macchine di oggi, basate su algoritmi più o meno complessi, possano essere coscienti...). Ma anche in questo caso, magari c'è la possibilità che diventino degli "zombie filosofici" - ovvero entità non coscienti che riescono ad emulare i comportamenti degli esseri coscienti - e in tal caso gli effetti sarebbero davvero imprevedibili. 


CitazioneQui sorge una nuova questione:  

...non sappiamo come fanno gli esseri umani a comprendere eppure (gli esseri umani) affermano che le "macchine" non comprendono al modo degli esseri umani...

C'è qualcosa che non torna (a livello logico)... 

Mentre digitiamo sulla Keyboard del pc le nostre parole per condividerle in rete... possiamo dire di conoscere intimamente  questo strumento? 

.
Animismo - concezione tipica dei popoli primitivi, secondo cui ogni fenomeno o cosa dell'universo sono dotati di anima e vivono di una loro vita, spesso creduta divina e degna di culto.
 
Talete – Tutte le cose sono piene di dei.
 
Talete – Conosci te stesso 
 
 


Eh chissà (anche se ad oggi avrei preferito usare il termine "panpsichismo" piuttosto che "animismo" ma in fin dei conti cambia poco se non si interpreta troppo letteralmente il termine "anima"  ;D )... il panpsichismo non né verificabile né falsificabile (quindi non scientifico - non lo dico in modo dispregiativo...)...

Buona serata!
#175
Ipazia,

Un linguaggio "simil-relativistico" andrebbe bene, secondo me, se si ammette solo l'intersoggettività (questo perché in questo caso non c'è una vera "realtà così come è" ma solo come è per noi, quindi non ci sono "fatti" oggettivi...) così come fanno i coerentisti (che negano una realtà che indipendente dalle coscienze) o chi ritiene, come Kant, che la "cosa in sé" (ovvero come è la realtà indipendente dalle rappresentazioni è totalmente - e non solo parzialmente - inconoscibile... Anche se in questo caso c'è). Ma anche in questo caso, ovviamente, non sarebbe "relativismo puro" ma una sorta di via di mezzo...
L'idealismo è sicuramente "coerentista" perché non riconoscendo alcuna realtà oltre alle coscienze, non può certo parlare di "corrispondenza" (e in genere è così per tutte le filosofie "anti-fondazionaliste" (tra cui c'è anche l'antico Pirronismo), che, come dicevo, possono avere, secondo me, il loro fascino per quanto mi riguarda a meno che non diventino "relativiste"...ovvero quando per me sono "ben fatte" :) ). Avevo citato Schopenhauer tra i "coerentisti". Il che non va bene, visto che lui affermava che si poteva conoscere la "Cosa in sé" (allo stesso tempo, però, visto che per lui le verità scientifiche erano fenomeniche, si avvicina molto al coerentissimo o all'"anti-fondazionalismo"...).

Nel tuo caso però sembra che ritieni che la realtà indipendente da noi (e dalle rappresentazioni) è almeno parzialmente conoscibile dalla scienza, quindi non capisco perché per esporre la tua posizione usi un linguaggio in cui sembra che neghi una realtà oggettiva (mi pare proprio che tu non lo fai).

Ah, e preciso che ci sono alcuni idealismi che non sono sofistici secondo me (controintuitivi sì però). Ovviamente, il solipsismo è un sofismo (anche se è interessante vedere che è difficile da rigettare...).

Forse usi quel linguaggio per contrastare il dogmatismo. Ma anche qui, non sono per niente d'accordo che chi segue un approccio tradizionale nella metafisica è dogmatico (infatti, uno può credere a-criticamente sia alla teoria di Rovelli che al platonismo!)...

Spero di essermi dimenticato di fare precisazioni (anche se non ne sono per niente sicuro...).

Ciao!

P.S. Ah, ecco, mi dimenticavo... per quanto riguarda la questione del sistema "dodecadecimale", mi spiego meglio (quello che ho detto era, in effetti, superficiale...). Ovvero che con un cervello "diverso" anche i nostri ragionamenti quantitativi avrebbero una "forma" diversa. Ma l'esempio che fai può benissimo dare supporto al platonismo visto che ci è possibile tradurre il sistema "dodecadecimale" in quello decimale. In pratica, anche se la "forma" cambia, il "contenuto" non cambia (e per un platonismo basta quello ;)  ). Questo quindi rafforza l'ipotesi che esista in realtà una sola "matematica" esprimibile in vari modi (una delle ipotesi del platonismo).
#176
Sgiombo,

CitazioneMa questi oggetti esterni alle sensazioni o fenomeni non possono che essere cose in sé o noumeno.

(Non mi sbilancerei su Kant, dati i forti limiti delle mie conoscenze in proposito, ma per quanto modestissimamente mi riguarda) il concetto di "causa" in senso stretto o forte (implicante la calcolabilità -letterale, matematica- degli effetti) é applicabile solo ai fenomeni materiali ( o "mondo fenomenico materiale").

In realtà, non vedo perché definire il concetto di causa in modo così ristretto se non si assume già in partenza che il determinismo sia vero. Per esempio, un "Copenaghista" può dire che l'interazione "apparato strumentale"-"sistema quantistico" causa l'attualizzarsi di una determinata probabilità anche se, effettivamente, in questo caso il risultato è random. 

CitazioneAllora, se sono ontologicamente indipendenti da noi e dalla nostra esperienza cosciente, sono noumeno, non appartengono al "mondo fenomenico".

Noi possiamo sentire (e conseguentemente conoscere) le rappresentazioni sensibili ovvero i fenomeni e non le cose in sé che attraverso le rappresentazioni fenomeniche ci si manifestano.

"Nì"  ;D (lasciami rispiegare la cosa in altro modo):
per Kant la  ragion pura, per "spiegare" l'insorgenza delle sensazioni assume che "oggetti esterni" interagiscano con gli organi di senso. Chiaramente, questi oggetti esterni non esistono dipendentemente da noi (per quanto "sostiene" la "ragion pura"). Tuttavia, le forme e le categorie "a priori" costituiscono la "struttura" della rappresentazione. Quindi gli "oggetti esterni" come "previsti" (per la mancanza di un termine migliore) dalla ragion pura sono parte della rappresentazione. Quindi, a rigore, lo status ontologico ed epistemologico rimane indeterminato (Kant sosteneva che lo status ontologico era determinato dalla sua positiva - da quanto mi ricordo. Ma, in realtà, non lo è affatto...). Quindi, non sappiamo né se la "cosa in sé" c'è  né "come è fatta", se c'è. Infatti, la sua "presenza" è "prevista" dalla Ragion Pura. Inoltre, non c'è alcuna "garanzia" che, in caso "esistesse", la cosa in sé è come quella "prevista" dalla ragion pura  :) Ti torna un po' meglio così? L'"antinomia" deriva proprio dal fatto che per rendere la rappresentazione sensata si devono "prevedere" oggetti esterni, i quali però non dovrebbero essere "conoscibili" visto che non sono contenuti dell'esperienza cosciente...

CitazionePerché si può postulare che la rappresentazione fenomenica materiale sia intersoggettiva: corrispondente fra le diverse esperienze coscienti dei diversi soggetti in quanto corrispondente alle medesime, identiche cose in sé o noumeno; e a condizione che sia vero questo postulato indimostrabile.


Certo. E volendo, potrebbero esserci solo coscienze "a la Berkeley" (e anche Leibniz), quindi non necessariamente si deve postulare "l'esistenza della cosa in sé"... Da come leggo la cosa, in pratica, la filosofia Kantiana per essere consistente non dovrebbe dire niente sul noumeno.
Quindi, forse, è sufficiente postulare che "rappresentazione fenomenica materiale sia intersoggettiva" senza "spingersi" sul noumeno. 

CitazioneNon credo che Galileo parlasse di "cose in sé (in senso kantiano per lo meno); si interessava di fenomeni materiali.
Apprezzo la prudenza di Kant, non l' avventatezza di Shopenhauer.

Direi che, invece, Galileo parlava di "cose in sé" visto che per lui tolte le "qualità secondarie" (colori, suoni...) rimanevano le "qualità primarie" (chiaramente, nella tua "metafisica" Galileo si occupava di fenomeni materiali...), tant'è che usando l'analogia del libro (citata da Ipazia) per lui l'universo era stato "disegnato" da Dio matematicamente.
Anche a me qui Kant sembra più coerente di Schopenhauer. Schopenhauer, attraverso un approccio "meditativo" incentrato sul corpo (che era un fenomeno "speciale") ha concluso che è la Volontà a "muovere" la materia (e le menti...) - il termine "volontà" però è un po' fuorviante, visto che è più un "movimento direzionato" nella sua manifestazione più semplice (ovvero nelle cose materiali che seguono le "leggi della natura"). Inoltre, poi Schopenhauer arriva a dire che la Volontà è al di là del mutamento, cosa che è abbastanza discutibile (come fa un "movimento direzionato" ad essere al di là del mutamento?  ::)  :-\ )   

CitazioneA parte il fatto che (da "non addetto ai lavori") respingo l' interpretazione conformistica della M Q,  quella fra essa e la concezione kantiana (e si parva licet mia) dei rapporti fenomeni - noumeno  mi sembra una semplice analogia: gli enti ed eventi quantistici, anche nell' interpretazione corrente, sono pur sempre del tutto interni al "mondo fenomenico".

Bohm risponde a Bohr: "nella meccanica quantistica non c'è niente che necessariamente implica che le particelle non abbiano sempre -anche quando non osservate- posizioni precise, per quanto non conoscibili unitamente alle loro velocità precise; ma conoscibili singolarmente sia le une che le altre, entrambe. E perché qualcosa possa essere conosciuta essere reale (in ogni e qualsiasi istante in cui la si osservi; come lo sono -sia pure separatamente le une dalle altre, fatto ontologicamente del tutto irrilevante- entrambe le grandezze delle coppie correlate dal pr. di ind. di Heisenberg), allora tale qualcosa deve innanzitutto esserci, deve essere reale; ergo: devono essere reali entrambe in ogni e qualsiasi istante").

Concordo con entrambe le osservazioni  ;)


CitazioneMI pare una differenza abissale...

Hai ragione, ho parlato di "analogia" perché c'è un ruolo "preferenziale" della coscienza (nel caso dell'interpretazione a molti mondi, se la coscienza "sceglie" la base preferenziale si potrebbe discutere di una similitudine un po' più forte, però...)...

CitazioneIl povero Guglielmo di Ockam si sta rigirando disperatamente nella tomba come una trottola!

Lungi da me queste farneticazioni irrazionalistiche!

I miti dei preti e degli stregoni sono almeno più pittoreschi, letterariamente più pregevoli.

Sì, non piace nemmeno a me l'idea dei "molti mondi"  ;D eppure è una delle più diffuse interpretazioni della M.Q.



Citazione
Ma nemmeno é a-priori scontato che il mondo "al di là" delle nostre rappresentazioni non debba per forza essere "comprensibile" (ovvero: perché mai non dovrebbe essere ordinato oppure ordinato ed incomprensibile per noi).
Purché non autocontraddittoria, qualsiasi ipotesi a priori sul mondo reale potrebbe essere tanto vera quanto falsa (potrebbe essere tanto confermata quanto falsificata dall' osservazione empirica a posteriori dei fatti).

Certo... ma tali "regolarità comprensibili" sono inspiegabili (se ci si ferma qui senza fare ipotesi sul motivo della loro presenza, si deve essere "agnostici" sull'eventuale "ragione" della loro presenza...). Da qui la mia meraviglia  :)


CitazioneUna credenza (vera o falsa) é una conoscenza per definizione.
E una credenza vera é una conoscenza vera per definizione.
Per esempio se credo che morirò fra pochi mesi non perché mi é stata fatta scientificamente, correttamente una diagnosi di malattia con prognosi infausta a breve (se fossi superstizioso mi toccherei gli attributi o farei le corna; ma non lo sono) ma perché me l' ha detto l' astrologo (che ovviamente ci ha imbroccato per puro culo!), non per questo la mia credenza che morirò presto non é una conoscenza vera (casomai non la sarebbe se fossi sano come un pesce ...e neanche con certezza).

...Ma sù con la vita (anche se può sempre finire da un momento all' altro)!

Beh, capisco cosa vuoi dire...ma...

posso "credere" che domani mattina sorgerà il Sole. Se domani mattina effettivamente osservo che è sorto il Sole, allora confermerò la mia ipotesi. Quindi mentre oggi posso credere che domani sorgerà il Sole ma non so che questo è vero (e non è una "definizione condivisa"... Platone per esempio nel Teeteto ha argomentato contro quella definizione. Ovviamente, non sto dicendo che Platone ha ragione, ma è solo per fare un esempio di dissenso (tra l'altro, incredibilmente, Platone in quel dialogo arriva ad un'aporia, ovvero non riesce a dare una definizione di "conoscenza" e non cita nemmeno le "Forme"...)...)...

Ciao!

Ipazia,


CitazioneSposo entrambe le teorie perchè la "realtà" è intermediata da un antropomorfismo che la assiomatizza. E lo fa così bene, nella koinè scientifica, da adeguare il mezzo conoscitivo all'oggetto della conoscenza. Pensarla così mi libera dal concetto "duro" di verità, senza rinunciare a quello pratico di adeguamento della narrazione ai fatti, così come li definisce LW nel Tractatus. 

Anche io sono per "sposarle" entrambe (che sono "vere", secondo me, nei loro rispettivi ambiti di validità - perdona il gioco di parole...). Se parli di "fatti" parli della "verità" (anzi della Verità), visto che in questo caso conoscere i fatti significa "conoscere la realtà" (e quindi, dire il vero se le parole corrispondono ai fatti...). Tu non sei relativista. Non capisco perché usare il linguaggio che usano i relativisti quando non lo si è (non sei l'unica che lo fa...basterebbe dire, ad esempio, che "la "Realtà" è troppo complicata da comprendere concettualmente e quindi possiamo avere solo approssimazioni" o cose simili)...


CitazioneLa cosa-in-sè è più che inconoscibile: è inesistente. Hai ragione tu sull'antinomia di Kant. Postulare "ontologicamente" qualcosa di inconoscibile non fonda scienza, ma religione. Esiste solo la cosa-per-noi fenomenologica su cui possiamo testare rigorosamente, attraverso un metodo, i nostri criteri asseverativi. Ed è quello che fa pure Carlo Rovelli: tutto è meta-fisica, anche la scienza. Mi sta bene la definizione della scienza come ontologia relazionale, in quanto l'esperienza ci dimostra che tutto è interattivo tra enti e fatti. Quando ciò pare non accadere, come nell'entanglement, si aprono nuove frontiere all'episteme, ma siamo così bravi, che anche senza spiegarci un fenomeno che sconvolge tutte le nostre teorie di causa-effetto, lo sfruttiamo ugualmente nei calcolatori quantistici. Così come guidiamo l'auto senza sapere com'è fatta. E questo ci fa capire pure la differenza tra il metafisico Platone e lo scienziato Rovelli: il differenziale metafisico tra i due è che il primo postula il mondo delle idee, ante rem, mentre Rovelli inserisce la ricerca fondamentale in un ipotetico paradigma post rem sulla base di pregresse conoscenze di tipo sperimentale e comunque da sottoporre a verifica dello stesso tipo di certificabilità. Insomma, la scienza non ipostatizza la cima della montagna avvolta da nubi, come fa Kant, sapendo che potrebbe non esserci alcuna cima, ma qualcosa di inusitato, inimmaginabile. La (cono)scienza, non affetta dai pregiudizi aprioristici della vecchia metafisica, si limita a diradare la nube formulando ipotesi atte allo scopo. Il cui contenuto di verità non lo decidono i sofismi e le cattedre, ma la nube.


Se assumi che la "cosa in sé" non esiste, devi ammettere che non c'è niente di "esterno" alle coscienze (e le loro rappresentazioni quindi...), quindi scivoli nell'idealismo... Concordo che Kant ha assunto che ci fosse qualcosa in mezzo alle nubi (sarebbe stato più coerente a dire che lo status ontologico della cosa in sé è indeterminato...). Rovelli, assume anche lui la "cosa in sé", visto che nella sua interpretazione della meccanica quantistica (i fisici più pragmatici bollano tutte le "interpretazioni" con il termine "metafisica" perché non è possibile distinguerle sperimentalmente. Quindi, come vedi, il termine metafisica è abbastanza "abusato"...). 
Riguardo all'interpretazione di Rovelli, nello specifico, concordo con te che è un'interpretazione molto promettente che sembra andare "nel verso giusto". D'altro canto, c'è un elemento molto "universalistico" nella teoria di Rovelli (non sostenuto dall'interpretazione di Copenaghen) ovvero che la meccanica quantistica (o meglio, le sue estensioni) spiegano tutti i fenomeni fisici. Quindi, oltre a "relativizzare" i valori delle grandezze fisiche è anche molto "unificatrice". 

Platone ha cercato di spiegare la presenza di regolarità dei fenomeni (anzi, della materia-in-sé visto per lui non c'erano "rappresentazioni"...) con la Teoria delle Forme (e addirittura nel Parmenide arriva a metterla in dubbio). Certamente, non era uno scienziato ma, al contempo, uno scienziato non può spiegare il "motivo" della presenza delle regolarità (comprensibili). Quindi, la tua avversione alla "vecchia metafisica" mi pare piuttosto esagerata. Come dicevo anche ad altri, il solo fatto di appoggiare il platonismo (magari come "ipotesi di lavoro") non rende uno dogmatico (d'altronde un buon numero di eminenti scienziati, nella storia, ha subito il "fascino" del platonismo ...).


CitazioneSeconda domanda: Ovvio che NO. Non esiste una verità che vada oltre le nostre rappresentazioni. Eventualmente esiste una realtà oltre, ma non è verità di scienza fino alla sua verifica sperimentale. La scienza è la migliore tecnica conoscitiva, ma è farina del nostro sacco. Avessimo 12 dita, forse il nostro cervello funzionerebbe meglio con un sistema di enumerazione dodecadecimale. 

:-\ ?? Se avessimo 12 dita, il fatto di avere 12 dita sarebbe comunque vero. Probabilmente in tal caso arriveremmo a dire "abbiamo 10 dita" ("10" è 12 nel sistema dodecadecimale. Così come "10" è 2 in quello binario...). Di certo, simili osservazioni non dimostrano che la "Verità" non esiste (e nemmeno confutano il platonismo). Al massimo dicono che si può esprimere la verità in vari modi (tra di loro legati, tra l'altro da precise relazioni che si possono scoprire...)...


CitazioneTerza domanda: scommetto di sì. E visto come si comportano praticamente coloro che scommettono di no, sono certa di vincere la scommessa. Lasciando loro solo la soddisfazione di uno sterile sofisma.

Quindi ammetti che la scienza scopre "come è fatto il mondo". Ovvero, tu dici che, in pratica, la scienza ci fa scoprire la verità (la pensava così anche Heisenberg, sostenendo addirittura che la meccanica quantistica dava ragione all'odiato Platone, vedi questo link, per esempio "Heisenberg, il superamento del materialismo" *)... La scienza, lungi dall'aver demolito la Verità, per te è un valido mezzo per arrivare ad essa e quindi ci avvicina alla cima della montagna che si rivela "molto reale" anche per te seppur offuscata da nubi che sono magari più spesse di quelle che ci sembravano fino a poco tempo fa (bene o male concordo... :) ). La tua posizione mi sembra molto lontana dal negare la "Verità". Non ti piacerà la metafisica "tradizionale" (e gli approcci basati su di essa) ma da qui a negare la Verità c'è molta, molta differenza...

*oltre a Heisenberg, il platonismo è appoggiato anche dal famoso fisico Roger Penrose (oltre che da eminenti matematici... nel secolo scorso, ad esempio, il famoso Goedel...). Tutti questi personaggi non mi paiono più dogmatici di Rovelli. Ma forse è solo un'impressione di uno che è affascinato anche dalla teoria delle "Forme"  :) 

Ciao!
#177
Citazione di: Apeiron il 12 Novembre 2018, 19:39:21 PM


Riguardo alla "irragionevole efficacia della matematica nella scienza naturale" (espressione di Wigner), non so cosa dirti. Per me non è a-priori scontato che il mondo "al di là" delle nostre rappresentazioni debba per forza essere "comprensibile" (ovvero: può essere non ordinato oppure ordinato ed incomprensibile per noi). E non stavo parlando di te, ma del realista diretto, per il quale, possiamo osservare direttamente la "realtà indipendente dalle rappresentazioni" (se per te non è un fatto "meraviglioso" ma è "ovvio", non posso far altro che dissentire. Non credo che saprò convincerti con altre parole)...


Effettivamente, sgiombo, quesa parte si applica anche alla tua metafisica (tra l'altro sia al mondo fenomenico che al mondo noumenico, ammettendo che entrambi abbiano regolarità comprensibili - nel tuo caso vale anche per quello fenomenico visto che non accetti la teoria kantiana delle categorie e forme a-priori).

Ma, se non sono riuscito a convincerti del fatto che quella cosa non è scontata, non penso di riuscirci con altre spiegazioni.

Buona serata  :)
#178
Citazione di: sgiombo il 12 Novembre 2018, 16:42:02 PM
Citazione di: Apeiron il 11 Novembre 2018, 12:43:34 PM
Concordo, il realismo trascendentale risolve l'antinomia in questo modo

CitazioneMa secondo me non é così che pensava Kant.
Secondo me parlava solo della conoscenza (in generale e in particolare scientifica) del "mondo fenomenico", che abbiamo anche quando non osserviamo nel senso che sappiamo che se osserviamo in un determinato modo, allora vediamo determinati fenomeni.
La cosa in sé o noumeno é reale del tutto indipendentemente dalla realtà del mondo fenomenico e rispettivi soggetti (e secondo me anche per Kant questo ne spiega fra l' altro l' intersoggettività; limitata sua parte materiale).
Invece il "mondo fenomenico" inteso come l' insieme di tutte le realmente presenti, realmente passate, realmente future e le meramente potenziali (che accadrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro puntualmente, inevitabilmente qualora si dessero le "opportune" condizioni di osservazione) é distinto dalle singole, particolari esperienze (presentemente in atto) vissute da ciascuno, le quali ne fanno parte (ma evidentemente non lo esauriscono), nonché da quelle passate e future (realmente tali) e da quelle meramente potenziali; e ulteriormente costituito anche da ciò che la scienza teorizza come spiegazioni di tali esperienze in quanto, almeno in un certo senso, le causano nel loro divenire -per Hume meramente postulato essere- ordinato, come molecole, atomi, particelle-onde, campi di forza, ecc. (che pure, malgrado la loro inosservabilità d fatto ne fanno comunque parte, almeno nel senso che ne sono componenti per l' appunto non direttamente percepibili ma teorizzabili per comprendere la dinamica di ciò che ne épervepibile, per conoscerlo scientificamente, calcolarlo, manipolarlo tecnicamente).

Beh, sì  :) qui credo di concordare. L'antinomia deriva proprio da qui, se ci fai caso. Per Kant, atomi e molecole sono parti del mondo fenomenico. Ma, visto che dovrebbero esistere indipendentemente dalle nostre sensazioni (di tutti!!!) allora per Kant esistono cose nel mondo fenomenico che sono indipendenti da tutte le sensazioni...
Tuttavia, ricadiamo in quello che dicevo io: secondo Kant qualcosa che esiste nel "mondo fenomenico" (ovvero nella "nostra rappresentazione condivisa") esiste indipendentemente dai soggetti. Onestamente, qui ci vedo un'antinomia ma non credo che insisterò su questo punto ancora per molto...


Preferisco illustrare meglio le mie convinzioni su questa questione che mi sembra centrale nel nostro tentativo di trovare un' intesa
Per me (e credo anche per Kant) il "mondo fenomenico (materiale)" é un' astrazione (operata dal pensiero) con la quale si intendono le sensazioni o fenomeni coscienti reali di fatto e anche potenziali, cioè quelli che (secondo la conoscenza scientifica; la quale si fonda, oltre che su osservazioni empiriche, anche su postulati indimostrabili e nemmeno empiricamente provabili: Hume!) puntualmente, inevitabilmente sarebbero reali ogniqualvolta che si compissero le "opportune" reali osservazioni, nonché da ciò che la scienza teorizza come spiegazioni di tali esperienze in quanto, almeno in un certo senso, le causano nel loro divenire -per Hume meramente postulato essere- ordinato, come molecole, atomi, particelle-onde, campi di forza, ecc. (che pure, malgrado la loro inosservabilità di fatto ne fanno comunque parte, nel senso che ne sono componenti per l' appunto non direttamente percepibili ma teorizzabili per comprendere la dinamica di ciò che ne é percepibile, per conoscerlo scientificamente, calcolarlo, manipolarlo tecnicamente: anche di esse -molecole, atomi, particelle-onde, campi di forza, ecc- l' "esse est percipi", se non si hanno esperienze fenomeniche coscienti non esistono; ma invece unicamente esisterebbero -potenzialmente- solo nel caso esperienze fenomeniche coscienti accadessero).
Di esso ("mondo fenomenico" materiale) di effettivamente, attualmente reale vi sono solo e unicamente (gli insiemi e successioni de-) -le percezioni direttamente accadenti nell' ambito delle esperienze coscienti se e quando e fintato che effettivamente accadono in quanto tali. Il resto di esso non é reale se non potenzialmente: ossia é (sarebbe) reale come insiemi e successioni di percezioni solo se si compiono (compissero) le opportune osservazioni (altrimenti no); oppure come descrizione dei meccanismi ipotetici (non falsificati da osservazioni empiriche) che consentono di spiegare e calcolare il divenire naturale potenzialmente esperibile, anche al fine di prevederlo e di postvederlo (ovvero "ricostruire conoscitivamente come é accaduto nel passato nella sua potenziale esperibilità), nonché di ottenere -limitatamente- realizzazioni pratiche intenzionalmente volute applicando tali conoscenze, spiegazioni e calcoli nell' azione cosciente e finalizzata (se e quando possibile).
Tutto ciò si spiega egregiamente senza alcuna antinomia ipotizzando la realtà delle cose in sé o noumeno come esistente (questo sì -cioè le cose in sé o noumeno e solo esso- effettivamente reale indipendentemente dalle nostre sensazioni o fenomeni).


Sgiombo,

posta così la tua spiegazione di Kant mi torna... con la seguente precisazione però.

Per Berkeley, imputare alla "materia" il ruolo di causalità delle sensazioni era problematico (infatti, per Berkeley, l'assunzione della materia era inutile). Per Kant, è necessario per la Ragion Pura identificare nella "materia" la causa delle "sensazioni materiali". In altri termini, la Ragion Pura implica che esistano "entità non direttamente percepibili" che causano l'insorgenza delle "sensazioni materiali" (mere sensazioni visive, uditive, tattili, olfattive e gustative). La scienza è fondata perché è possibile sempre "fare test" empirici delle teorie.
Quindi l'insorgenza delle sensazioni citate poco fa è necessariamente spiegata dalla presenza di "oggetti esterni".
Questi "oggetti esterni" sono però parte della rappresentazione, perché sono "costruiti" dall'applicazione delle "forme e categorie" a-priori all'esperienza sensoriale.  
Chiaramente, questi "oggetti esterni" sono per la Ragion Pura, ontologicamente indipendenti da noi. Tuttavia, allo stesso tempo, noi possiamo conoscerli solo in quanto rappresentazioni.

Questo però non ci garantisce che, strettamente parlando, gli "oggetti esterni" sono veramente come implica l'applicazione delle "forme e categorie" all'esperienza sensoriale. Questa è la "chiave" del discorso (e credo che stavolta ci siamo capiti, anche senza questa precisazione). Quindi, "come è la realtà indipendentemente da noi" è una domanda che non ha una vera risposta. In pratica, rimane indeterminata (su tale "realtà" sono possibili solo speculazioni).

Ora è ben chiaro che questo tipo di ragionamento rischia di degenerare in un solipsismo o in una "armonia prestabilita" alla Leibniz.Non a caso, sia Kant che Schopenhauer sembrano essere convinti che "in qualche modo" (non saprei dirti come) la "rappresentazione" è pubblica. Ovvero: la rappresentazione non è veramente "mia", ma "nostra" (questo è un punto di difficoltà della filosofia Kantiana).
Ergo, la "Cosa in Sé" potrebbe anche essere, per esempio, totalmente diversa da come la immaginiamo (la nostra immaginazione, in fin dei conti, si basa sulle sensazioni e sui concetti...). Per esempio, la filosofia di Galileo implicava che la "Cosa in Sé" era formata da oggetti con forme geometriche. In realtà, potrebbe essere tutt'altro (la filosofia Kantiana perciò non fa proclami su come è la "Cosa in sé" - Schopenhauer sì)...

Ora... tu mi chiederai perché Apeiron che, presumibilmente crede nella ricerca scientifica si dice "affascinato" da questo tipo di ragionamento? Beh, peri esempio trovo qualcosa di analogo, per certi versi, nella Meccanica Quantistica.

In molte interpretazioni della Meccanica Quantistica, le particelle non-osservate hanno caratteristiche indeterminate (ovvero: non hanno posizione, velocità ecc - ovvero non si può descriverle secondo qualità classiche...). Prendiamo per esempio l'interpretazione di Bohr. Fino a quando il sistema quantistico non interagisce con un sistema classico (cioè fino a quando il sistema quantistico non interagisce causalmente col sistema classico) non è possibile imputare le "qualità classiche" al sistema quantistico. Se ciò fosse vero (so che per te non è così, ma cerca di seguirmi...), allora si arriverebbe al punto per cui le "qualità classiche" (che sono ciò che rendono il nostro mondo "classico" comprensibile) non sono applicabili al "mondo quantistico".
Il "problema" della filosofia di Bohr è che in tutto ciò, c'è una separazione tra il "mondo classico" e il "mondo quantistico". Nel mondo classico, tutto ha posizioni, velocità ecc definite in ogni istante. Nel mondo quantistico ciò si può dire solo quando c'è l'interazione (in pratica, per così dire, quando il sistema quantistico "entra in relazione" con quello classico).
Bohm cerca di "riempire il buco" ammettendo che le particelle hanno sempre posizioni definite (altre proprietà, però, come lo spin, nella interpretazione di Bohm, sono proprietà della funzione d'onda). Bohr però, dice: "Bohm, potresti aver ragione. Però, nella meccanica quantistica non c'è niente che necessariamente implica che le particelle abbiano sempre posizioni precise". Lo status delle "qualità classiche" di un sistema fisico è indeterminato. Il parallelo tra Bohr e Kant con Kant è che il "mondo quantistico" slegato dalle interazioni con il mondo classico è "indeterminato" (così come la "Cosa in sé" è indeterminata).

Bohr ovviamente non ha mai detto che è la coscienza a "far collassare l'onda" (lo hanno detto fisici del calibro di Wigner, Wheeler...). Secondo questi fisici, quindi, è proprio la presenza della coscienza a "far collassare l'onda" e, quindi, a distinguere, in ultima analisi, tra il mondo classico e quantistico. Se ciò fosse vero, allora effettivamente sarebbe qualcosa di simile a Kant (la differenza, ovviamente, è che in Kant la coscienza non ha una ruolo ontologico sugli "oggetti classici" ma solo epistemologico...). Inoltre, Dieter Zeh pur usando la "decoerenza" per evitare il collasso (cosa usata anche da Bohm) ha introdotto l'interpretazione "a molte menti" che è una modifica di quella a "molti mondi" (non sono un esperto, ma il nome dice tutto) - (ci sono anche alcuni proponenti di quella a molti mondi che danno un ruolo preferenziale alla coscienza per spiegare il motivo per cui il mondo classico ci appare classico (evitando il problema "preferred basis" - della base preferenziale) che è tuttora irrisolto dalla teoria... non sono un esperto neanche di questo, quindi potrei dire inesattezze se mi mettessi a spiegare)

Come vedi, l'idea sembra tornare. Sotto altri aspetti torna anche in Rovelli (anche se, per lui, la coscienza non ha un ruolo fondamentale...). Dunque, ci deve essere secondo me qualcosa di "vero" in questo tipo di ragionamento  :) (ovviamente, tu dissenti sulla meccanica quantistica con me, Bohr, Rovelli ecc per non parlare di Wheeler ecc...)


Riguardo alla "irragionevole efficacia della matematica nella scienza naturale" (espressione di Wigner), non so cosa dirti. Per me non è a-priori scontato che il mondo "al di là" delle nostre rappresentazioni debba per forza essere "comprensibile" (ovvero: può essere non ordinato oppure ordinato ed incomprensibile per noi). E non stavo parlando di te, ma del realista diretto, per il quale, possiamo osservare direttamente la "realtà indipendente dalle rappresentazioni" (se per te non è un fatto "meraviglioso" ma è "ovvio", non posso far altro che dissentire. Non credo che saprò convincerti con altre parole)...


Sulla questione della Ragion Pratica, non capisco come, secondo te, una "credenza vera" sia una conoscenza (non direi che è così, perchè la credenza vera è un'ipotesi vera - non una "conoscenza"). Per esempio, se Dio esiste, un conto è crede che esiste (in questo caso ipotesi vera), un conto è assistere ad una Rivelazione.


Ciao!
#179
Citazione di: Jean il 11 Novembre 2018, 11:16:31 AMornando alle "macchine"...[/size] Cit. Apeiron - Ed è proprio quello che dice il "Consigliere Hamann" nel dialogo che ho citato, ovvero che perfino le "nostre" macchine (ovvero, quelle che possiamo spegnere), che sono per certi versi sotto il nostro controllo, in realtà ci controllano. Non ci controllano "violentemente", ma siamo noi a farci controllare ed essere sempre più dipendenti da esse. Delegando sempre più cose alla tecnologia, potremmo sì vivere negli agi e nelle comodità ma, se ben vediamo le cose, è come se ci rinchiudiamo sempre di più in una sorta di "prigione d'oro".   Anche volendolo non possiamo sottrarci dal "mangiare" – in tutti i sensi - i frutti del nostro tempo (prodotti o favoriti dalle tecnologie). Anche volendolo le macchine attuali, per "mangiare" i loro componenti e l'energia per azionarli dipendono dall'uomo (al momento insostituibile schiavo o demiurgo...). Ci troviamo sulla linea d'equilibrio, avvenisse un disastro delle proporzioni indicate da Apeiron sia noi che le "macchine" rischieremmo l'estinzione.  

Ciao Jean,

beh, un cataclisma del genere farebbe danni sia a noi che a "loro" (anzi, visto che dipendono dall'elettricità, "loro" sarebbero anche messe peggio  ;D ).

Detto ciò, più che la distruzione delle "macchine", bisognerebbe si capisse che bisogna utilizzare bene la tecnologia. In pratica, la "chiave" sarebbe quella di "progredire" in modo che si riescano ad ottenere quasi esclusivamente gli "effetti positivi". Per esempio, nel caso di Internet, sarebbe una gran cosa se si facessero corsi di "educazione alla Rete" (sparo a caso), in modo che gli utenti della Rete la sappiano veramente usare (ci sono un sacco di "potenzialità" della Rete che, per esempio, io non conosco) così magari si evitano un sacco di guai (truffe in rete, informazioni violate...). Il punto è che visto l'andazzo, ci dobbiamo rassegnare, secondo me, al fatto che oltre agli innegabili effetti positivi il "progresso tecnologico" porterà anche a molti effetti negativi (come "scusante", però, si potrebbe dire che è veramente difficile, nella pratica, implementare tutte quelle misure che ci facciano fare un "progresso tecnologico" con quasi esclusivamente effetti positivi...)  :)


Buona Domenica!
#180
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:43:31 PM
@apeiron

Tra tanti atti di fede che facciamo, tipo prendere appuntamenti per la prossima settimana, penso che ipotizzare un mondo reale al di là di, e indipendente da, noi - e dalla nostra percezione - sia uno degli atti di fede più sensati. A tal punto che anche chi non ci crede è costretto a vivere come fosse vero. Trovandosi lui quotidianamente a fare i conti con questa antinomia. Io, almeno, me la risparmio.

@Ipazia,

certamente. Anche se, il buon Kant non negava l'inter-soggettività del "mondo", il fatto che era "pubblico" e così via... stavo semplicemente facendo notare a cosa quel tipo di ragionamento poteva portare (infatti, ho citato Wittgenstein come l'autore della citazione "Ciò che il solipsismo intende è del tutto corretto; solo, non si può dire, ma mostra sé." - TLP 5.62).

Ad ogni modo, rimane da spiegare perché "le cose tornano" (ovvero perché le nostre categorie "trascendentali" funzionano così bene nel spiegare ciò che è esterno alla rappresentazione...). Quindi se il motivo per cui tornano non è il fatto che è la "realtà-vista-da-noi" (rappresentazione, diciamo, "condivisa") ma è perché "in qualche modo" le nostre categorie concettuali riguardano la "realtà-così-come-è", ritorniamo alle domande del mio precedente intervento che erano dovute a tue affermazioni come la seguente:

Citazione
CitazionePS La matematica è quella che è perchè è il ragionamento logico, la techne, (trascendentale) che meglio ci permette di mettere ordine all'universo empirico trasformandolo da cosa-in-sè (verità) - che pertanto non è più un problema nè epistemologico, nè scientifico - a cosa-per-noi (veridicità). Che invece problematica lo è, ma anche risolvibile attraverso le nostre funzioni trascendentali.

a cui io ho replicato con:

CitazioneSe appoggi la filosofia Kantiana no problem.
Se appoggi la filosofia materialistica, invece, devi assumere che possiamo distinguere la "verità" dalla "veridicità" altrimenti, è una filosofia materialistica solo di nome. In fin dei conti, se assumi la "filosofia materialistica" e credi che le neuroscienze possano darci una conoscenza della realtà aldilà delle nostre "funzioni trascendentali" assumi che la "realtà esterna" è conoscibile  

Da qui il mio richiamo al problema della matematica. Ma visto che ha portato un po' fuori strada (anche se, il buon Einstein - che era un realista diretto o quasi - affermava che "l'eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità...Il fatto che sia comprensibile è un miracolo")

Perché tale di "realtà esterna" indipendente dalle nostre funzioni trascendentali si possono conoscere le proprietà?  


a cui tu hai replicato con:

Citazione@ Apeiron Io assumo il punto di vista della cosa-per-noi, non della cosa-in-sè. Da questa prospettiva "pragmatica" e realista le cose sono molto più semplici e richiedono meno dimostrazioni. Quello che la ricerca scientifica offre mi basta e avanza. Ad essa consegno l'ontologia degli enti materiali incluso l'Essere e il suo ibrido Creatore. Ritengo tale posizione filosofica sostanzialmente materialista. A questo punti tu dici: non mi basta. Concordo e pertanto mi riservo uno spazio ontologico particolare, cui attribuisco un carattere trascendentale, agli enti immateriali prodotti  dall'attività umana (res cogitans) interagendo con la Natura (res extensa) non intesa come realtà esterna vista da fuori, ma da dentro da una sua parte interagente. Tale interazione modifica la natura sia materialmente che "spiritualmente", trascendendo la legge esclusiva del DNA. Il processo ha caratteristiche dialettiche, di feedback, retroattive ed è su questa dialettica che si gioca il destino umano, la sua progettualità. Anche questa posizione mi pare compatibile con una filosofia materialistica (homo sive natura). Certamente non meccanicistica e dogmaticamente deterministica. Peraltro, delle patenti di ortodossia scolastica, non mi preoccupo granchè. Mi basta ridurre tutto il reale alla sua dimensione - in divenire -antropologicamente rappresentabile. La quale dà ragione anche della singolarità evidenziata da Einstein: il mondo è così comprensibile perchè anche gli strumenti della sua comprensione sono farina del nostro sacco.

D'altronde se tu dici che per te il problema dell'antinomia non è un problema e, inoltre, ritieni che possiamo fare tranquillamente affermazioni sulla realtà "oltre" le nostre rappresentazioni, allora una affermazione del tipo "La quale dà ragione anche della singolarità evidenziata da Einstein: il mondo è così comprensibile perchè anche gli strumenti della sua comprensione sono farina del nostro sacco." non è una "vera risposta". Infatti, "magicamente" tali strumenti che sono "farina del nostro sacco" riescono a "descrivere" così bene qualcosa che è indipendente da noi (ovviamente, la tale cosa "indipendente" da noi deve essere descrivibile anche prima della nostra interazione affinché una buona filosofia materialista abbia senso...).

In pratica, quello che mi sembra è che tu critichi tranquillamente i "metafisici" dicendo che la Verità è un concetto "dogmatico" e ciononostante affermi che la "realtà così come è" è comprensibile da noi, visto che dopotutto, devi per forza ammettere che "la realtà indipendente da noi" è comprensibile. Perciò, non riesco proprio a capire se la tua posizione è consistente o meno. In particolare tra:

  • "Teoria della verità come corrispondenza" = la "verità" è ciò che corrisponde alla "realtà"
  • "Teoria della verità come coerenza" = la "verità" è ciò che è coerente con un determinato insieme di proposizioni che fanno da "assiomi".
cosa scegli? se per te è vera la seconda, allora una risposta del tipo "La quale dà ragione anche della singolarità evidenziata da Einstein: il mondo è così comprensibile perchè anche gli strumenti della sua comprensione sono farina del nostro sacco." la considero una vera risposta. Il problema è che - a meno che non si appoggi una qualche forma di idealismo - è difficile evitare l'antinomia di cui parlo.

Secondo me Kant, di fatto, appoggiava una teoria della verità come coerenza se sostituiamo a "proposizioni" le kantiane "forme" e "categorie" a priori. Rimaneva agnostico sulla validità di tali "verità" nei riguardi della "cosa in sé" e quindi agnostico per la corrispondenza (questa teoria della coerenza però non era relativistica, visto che le "forme" e le "categorie" - e quindi le rappresentazioni - sono condivise...). 
Aggiungo che, ovviamente, le verità scientifiche, per Kant, erano date dalla corrispondenza tra teoria e i dati ricavati dal mondo fenomenico. Però, in realtà, la sua concezione della verità è più vicina a quella della coerenza visto che, in ultima analisi, il motivo per cui Kant ritiene che le verità scientifiche siano inter-soggettive è perché condividiamo "forme" e "categorie"...Quindi per Kant, Schopenhauer (e direi anche Berkeley, Hegel ecc seppur per motivi diversi) abbiamo una teoria della coerenza della verità (nel caso di Kant, agnosticismo sulla (eventuale) corrispondenza con la cosa-in-sé).

Ah, comunque, anche dire "tutto è relazione" o "ci sono solo prospettive" oppure scegliere la teoria di Rovelli del "relazionalismo" è ancora scegliere "metafisiche". Quindi il problema non è la "vecchia metafisica". Platone ha ipotizzato l'esistenza delle Forme per spiegare la comprensibilità del mondo. Non lo ha fatto in modo necessariamente "dogmatico". Vedendo per esempio che un fungo ed un albero sono diversi, Platone ha pensato che esistesse una Forma che corrisponde a "ciò che rende un fungo, un fungo" e "ciò che rende un albero, un albero", sostenendo che la "realtà sensibile" è costruita seguendo i modelli date da queste Forme (o archetipi). In questo modo, il mondo è comprensibile, perché è "modellato" in modo da esserlo. La filosofia materialistica non spiega il motivo per cui la comprensibilità è possibile. E nemmeno lo fa la teoria di Rovelli (d'altronde c'è ben poco di epistemologicamente "relativo" o di epistemologicamente "prospettico" in una teoria in cui la meccanica quantistica viene intesa come la teoria di tutti i sistemi fisici). Motivo per cui, tempo fa, avevo definito la teoria di Rovelli un "relativismo ontologico" e non "epistemologico", e quindi una teoria "metafisica" (o meglio "ontologica"). Anche la tua, se è simile a quella di Rovelli, deve essere una teoria metafisica. E quindi, se l'interpretazione relazionale della meccanica quantistica fosse vera, sarebbe una "verità universale". Detto ciò, non ci vedo molto un atteggiamento "molto più dogmatico" in Platone rispetto a quello di Rovelli, visto che, per quanto ne sappiamo, Platone ha ipotizzato le Forme e riteneva tale ipotesi convincente. Rovelli ha ipotizzato che la realtà è fatta "di relazioni e non di cose" e ritiene che tale ipotesi è convincente.

Dunque, ricapitolando: primo: appoggi la teoria della coerenza della verità o quella della corrispondenza? secondo: perché dunque il mondo è comprensibile, secondo te se ritieni che la scienza ci dice verità che vanno oltre le nostre rappresentazioni? terzo: le entità inosservabili empiricamente postulate dalla scienza secondo te esistono in modo indipendente da noi o no?  :)

Riguardo alla seconda domanda,  va benissimo dire "non lo so". Quello che non mi va bene è dire "è ovvio che sia così" perché non è ovvio, visto che a priori la realtà potrebbe essere incomprensibile.

Onestamente non ho capito la tua posizione. Metà delle cose che dici suggeriscono che tu, effettivamente, proponi teoria della coerenza. L'altra metà invece suggerisce che tu, invece, proponi una teoria della corrispondenza. O, in altre parole, da una parte sembra che tu dici che la "cosa in sé" è qualcosa di inconoscibile (o addirittura inesistente) e dall'altra sembra che invece tale "cosa in sé" è, oltre che esistente, conoscibile.

Se ti può interessare, la mia posizione è che ha ragione Einstein a dire che possiamo conoscere la realtà in parte con le nostre categorie (quindi vado "oltre" Kant*). Tuttavia, non mi sono ancora fatto un'idea sul perché ciò avvenga. Tutte le risposte a questa domanda non mi hanno mai veramente convinto...

* vado oltre Kant perché, secondo me, la sua filosofia non riesce a veramente dare conto del fatto che viviamo in un mondo "pubblico" (contrariamente a quanto sosteneva lui, c'è l'antinomia). Se però qualcuno mi mostrasse che senza ricorrere al "mondo noumenico" fosse sufficiente il "mondo fenomenico condiviso" per spiegare la scienza, allora accetterei la filosofia di Kant (in tal caso, si spiegherebbe la comprensibilità e avrebbe senso quanto dici tu: "La quale dà ragione anche della singolarità evidenziata da Einstein: il mondo è così comprensibile perchè anche gli strumenti della sua comprensione sono farina del nostro sacco." ).

Quindi per me ha senso la teoria della corrispondenza (anche se nella "realtà" sono convinto che ci sono cose che non sono comprensibili, da qui il mio fascino col "mistero", l'"infinito" ecc), tuttavia non escludo che abbiano ragione chi ritiene che la teoria della corrispondenza sia vera (a meno che non scivolino nel "relativismo", negando la possibilità di conoscere verità condivise). In tal caso, la "realtà indipendente" potrebbe o non esistere (Berkeley, ad esempio, ammetteva che esistevano solo coscienze - idem Hegel, Bradley, McTaggart e altri...) oppure essere "oltre la nostra comprensione" ma allo stesso tempo in qualche modo collegata con il mondo fenomenico e "presente" (per certi versi) in esso (Kant, Schopenhauer (per il quale la "cosa in sé" poteva essere conosciuta ma non dalla conoscenza scientifica dei fenomeni) e altri...). Se avessero ragione questi filosofi, il problema di Einstein si risolverebbe  :)  anzi, onestamente, tra le due prospettive sono indeciso (anche se per ora tendo alla prima...)

Ciao!

Sgiombo

CitazioneChe secondo me si risolve distinguendo fra:
cosa in sé (noumeno; per esempio corrisponde alla mia visione della luna) che esistequando non la osservo - e anche prima che nascessi e dopo la mia dipartita molto probabilmente;
e
fenomeni (la mia visione della luna) che esistono solo quando li sento (solo quando osservo la luna).

Concordo, il realismo trascendentale risolve l'antinomia in questo modo

CitazioneMa secondo me non é così che pensava Kant.
Secondo me parlava solo della conoscenza (in generale e in particolare scientifica) del "mondo fenomenico", che abbiamo anche quando non osserviamo nel senso che sappiamo che se osserviamo in un determinato modo, allora vediamo determinati fenomeni.
La cosa in sé o noumeno é reale del tutto indipendentemente dalla realtà del mondo fenomenico e rispettivi soggetti (e secondo me anche per Kant questo ne spiega fra l' altro l' intersoggettività; limitata sua parte materiale).
Invece il "mondo fenomenico" inteso come l' insieme di tutte le realmente presenti, realmente passate, realmente future e le meramente potenziali (che accadrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro puntualmente, inevitabilmente qualora si dessero le "opportune" condizioni di osservazione) é distinto dalle singole, particolari esperienze (presentemente in atto) vissute da ciascuno, le quali ne fanno parte (ma evidentemente non lo esauriscono), nonché da quelle passate e future (realmente tali) e da quelle meramente potenziali; e ulteriormente costituito anche da ciò che la scienza teorizza come spiegazioni di tali esperienze in quanto, almeno in un certo senso, le causano nel loro divenire -per Hume meramente postulato essere- ordinato, come molecole, atomi, particelle-onde, campi di forza, ecc. (che pure, malgrado la loro inosservabilità d fatto ne fanno comunque parte, almeno nel senso che ne sono componenti per l' appunto non direttamente percepibili ma teorizzabili per comprendere la dinamica di ciò che ne épervepibile, per conoscerlo scientificamente, calcolarlo, manipolarlo tecnicamente).

Beh, sì  :) qui credo di concordare. L'antinomia deriva proprio da qui, se ci fai caso. Per Kant, atomi e molecole sono parti del mondo fenomenico. Ma, visto che dovrebbero esistere indipendentemente dalle nostre sensazioni (di tutti!!!) allora per Kant esistono cose nel mondo fenomenico che sono indipendenti da tutte le sensazioni...
Tuttavia, ricadiamo in quello che dicevo io: secondo Kant qualcosa che esiste nel "mondo fenomenico" (ovvero nella "nostra rappresentazione condivisa") esiste indipendentemente dai soggetti. Onestamente, qui ci vedo un'antinomia ma non credo che insisterò su questo punto ancora per molto...

CitazioneSì, mi sembra che aumenta la nostra reciproca comprensione .

Concordo con la distinzione fra apparenze empiriche (es: arcobaleno) con le cose in sé empiriche (es: le goccioline d'acqua). L'(immagine dell') arcobaleno è la sensazione visiva. Le goccioline d'acqua e la luce solare sono le "cose in sé empiriche". Entrambe le cose sono nella "rappresentazione", la "realtà-vista-da-noi"... per l'appunto non si esce dall'"esse est percipi" proprio del "mondo fenomenico".
NOn trovo però nulla di problematico o addirittura paradossale: i fenomeni materiali sono interni alla coscienza (soggettivi), ma corrispondenti fra le diverse esperienze di qualsiasi soggetto (intersoggettivi), "pubblici" e non "privati" (contrariamente a quelli mentali che sono meramente soggettivi) in quanto manifestazioni (fenomeniche) di una realtà in sé (noumeno) che é la stessa per tutti

Ok, però le goccioline non dipendono ontologicamente dalla nostra esistenza pur essendo parte del mondo fenomenico ( che è una "rappresentazione condivisa da noi"). L'antinomia per me si forma quando ci chiediamo cosa succederebbe a queste goccioline nel caso in cui non ci fossero più coscienze (visto che sono parte del "mondo fenomenico" - e quindi "interne" alle "coscienze" - ma ontologicamente esistenti in modo indipendente)  :) onestamente, ci vedo una antinomia ma, come dicevo prima, non insisterò su questo punto...(d'altro canto sono molto contento che alla fine ci siamo compresi reciprocamente  ;) )

CitazioneQui concordo in pieno.
Ma mi sembra che Kant ne consideri una conoscibilità "non puramemte raziocinativa", attraverso la ragion pratica.
Più che conoscenza direi che è una convinzione "imposta" dalla ragion pratica (l'unica vera conoscenza per Kant è quella data dalla ragion pura, se non ricordo male). In pratica, la ragion pratica ci "impone" di credere che il noumeno "contiene" (tra le varie cose) Dio, l'anima immortale e il libero arbitrio.

Ovvero, per Kant, la ragion pratica ci "costringe" a fare certe assunzioni sul noumeno.

CitazionePer "non immaginabili" intendevo che non ce ne possiamo fare una raffigurazione mentale, fantastica (alla maniera in cui ci immaginiamo qualcosa di fenomenico mai percepito (che che so, una giraffa da parte di un europeo che ai tempi di Kant, in assenza di fotografie e non disponendo di dipinti, se la fosse sentita descrivere come "una sorta di capra dal collo lunghissimo -un po' più di un suo arto inferiore- senza barba, dal pelo corto giallastro a "chiazze" marroni).
Ah, ok  :)  Questo però non preclude la possibilità che forse, per esempio, possiamo fare in linea di principio un modello matematico delle regolarità del noumeno.

Ciao!