maral ha scritto:
Se il criterio con cui si deve decidere l'ammissibilità di un'ipotesi esplicativa è il perimetro attuale della scienza, si rischia di perdere un'idea potenzialmente feconda. Vale la pena, dunque, quantomeno di tentare, ma seriamente e senza preclusioni, la possibilità di mutare il paradigma corrente e allargare di conseguenza quel perimetro.
E poi, ma chi l'ha detto che l'idea di un "disegno intelligente" è così inconciliabile con un approccio scientifico? Quando si parla di intelligenza e di coscienza di solito le posizioni cadono ai due estremi: o è un fenomeno che trascende la realtà materiale (res cogitans cartesiana) o è un epifenomeno della realtà materiale (cioè un effetto collaterale, un'illusione, qualcosa di sostanzialmente trascurabile).
Ma esiste anche una posizione intermedia, la più sensata a mio avviso: la coscienza e l'intelligenza sono uno dei principi fondamentali dell'universo UNO, al pari di materia, energia, spazio, tempo.
Cos'è che disturba tanto nella concezione che anche l'intelligenza e la coscienza possano essere fenomeni indagabili sperimentalmente? La nostra intelligenza individuale non è forse un fenomeno di questo universo, che si esplica in questo universo? Forse che non ne tocchiamo concretamente gli effetti nelle nostre azioni quotidiane? Che cos'è allora uno psicologo? Un operatore trascendentale?
maral ha scritto:
Siamo d'accordo che piccole variazioni possono generare di colpo forme molto diverse: diverse sì, ma non più ordinate, non più complesse.
Tu usi il termine "qualitativo" (nel senso di "forme qualitativamente diverse"), che ha poco significato in fisica. Bisogna tornare al concetto di entropia dell'informazione, e l'entropia dell'informazione di un sistema ha molta più probabilità di aumentare (disordine) che di diminuire (ordine).
Se taglio un pilastro di un edificio, di colpo l'edificio crolla a terra, ma non mi aspetto che si ricostruisca sull'altro lato della strada, e non mi aspetto nemmeno che i materiali si mettano in bell'ordine: mattoni da una parte, vetro dall'altra etc. Una variazione catastrofica porta il sistema ad un nuovo punto di equilibrio che corrisponde ad un punto minimo locale dell'ordine, non ad un nuovo punto di massimo dell'ordine.
Invece la teoria dell'evoluzionismo a salti, nella macro-evoluzione, invoca tutta una serie di improbabilissime "catastrofi" che avrebbero prodotto, ogni volta, più ordine e complessità di prima (se consideriamo la totalità dell'evoluzione della vita, dall'ambiente pre-biotico ad oggi).
Come torno a ripetere, finché non si dimostra con modelli matematici che l'ordine può sorgere dal caos, l'idea della macro-evoluzione a salti resta un wishful thinking, come illustra ance l'articolo di Forastiere che ho citato in precedenza.
CitazioneIl problema non è qual è l'universo di un lombrico, perché in quell'universo noi non entriamo per nulla e se lo facciamo, se immaginiamo di poter cogliere la cosa per come stanno per i lombrichi, è sempre e solo dal nostro punto di vista, umanamente finalistico, che lo facciamo: è sempre e solo l'osservatore che parla e l'osservatore di cui possiamo intendere le parole come significanti siamo solo noi, comunque la pensiamo. L'unico presupposto che ritengo ragionevolmente lecito è il riconoscimento che al di fuori dei presupposti (che non scegliamo, ma da cui veniamo sempre scelti) non c'è nessuna possibilità di costruire scienze, filosofie, miti o una qualsiasi visione del mondo.Non è che ci dobbiamo mettere nella testa del lombrico, non era quello il punto. Intendevo dire che lo spazio entro cui si muove la scienza ha un perimetro che dipende dall'osservatore e, con lo stesso osservatore, cambia nel tempo. Per dirla con Popper, oggi appartengono alla scienza cose che ieri non c'erano, e domani ci saranno cose che oggi vengono escluse. La storia della scienza è la storia di una continua violazione di confini precedenti.
Se il criterio con cui si deve decidere l'ammissibilità di un'ipotesi esplicativa è il perimetro attuale della scienza, si rischia di perdere un'idea potenzialmente feconda. Vale la pena, dunque, quantomeno di tentare, ma seriamente e senza preclusioni, la possibilità di mutare il paradigma corrente e allargare di conseguenza quel perimetro.
E poi, ma chi l'ha detto che l'idea di un "disegno intelligente" è così inconciliabile con un approccio scientifico? Quando si parla di intelligenza e di coscienza di solito le posizioni cadono ai due estremi: o è un fenomeno che trascende la realtà materiale (res cogitans cartesiana) o è un epifenomeno della realtà materiale (cioè un effetto collaterale, un'illusione, qualcosa di sostanzialmente trascurabile).
Ma esiste anche una posizione intermedia, la più sensata a mio avviso: la coscienza e l'intelligenza sono uno dei principi fondamentali dell'universo UNO, al pari di materia, energia, spazio, tempo.
Cos'è che disturba tanto nella concezione che anche l'intelligenza e la coscienza possano essere fenomeni indagabili sperimentalmente? La nostra intelligenza individuale non è forse un fenomeno di questo universo, che si esplica in questo universo? Forse che non ne tocchiamo concretamente gli effetti nelle nostre azioni quotidiane? Che cos'è allora uno psicologo? Un operatore trascendentale?
maral ha scritto:
CitazioneSu questo invece non sono per nulla d'accordo: come già detto, differenze minime dell'algoritmo possono determinare forme molto diverse e senza alcuna necessità che si passi per gli stadi intermedi. E' proprio la matematica (e le simulazioni al computer possono facilmente confermarlo) che lo dimostra, basti pensare alla teoria delle catastrofi. Se modifichi anche di pochissimo il valore di una variabile, in particolari situazioni, puoi ottenere in un colpo solo risultati completamente diversi, sia in termini quantitativi che qualitativi.Forse non mi sono spiegato bene, accennando al gradualismo. Intendevo dire che una forma di selezione naturale può aiutare gradualmente un algoritmo genetico a produrre un ordine maggiore, una maggiore complessità, una forma più adatta al proprio ambiente. È quel che accade nella micro-evoluzione, dove non discuto il neodarwinismo.
Siamo d'accordo che piccole variazioni possono generare di colpo forme molto diverse: diverse sì, ma non più ordinate, non più complesse.
Tu usi il termine "qualitativo" (nel senso di "forme qualitativamente diverse"), che ha poco significato in fisica. Bisogna tornare al concetto di entropia dell'informazione, e l'entropia dell'informazione di un sistema ha molta più probabilità di aumentare (disordine) che di diminuire (ordine).
Se taglio un pilastro di un edificio, di colpo l'edificio crolla a terra, ma non mi aspetto che si ricostruisca sull'altro lato della strada, e non mi aspetto nemmeno che i materiali si mettano in bell'ordine: mattoni da una parte, vetro dall'altra etc. Una variazione catastrofica porta il sistema ad un nuovo punto di equilibrio che corrisponde ad un punto minimo locale dell'ordine, non ad un nuovo punto di massimo dell'ordine.
Invece la teoria dell'evoluzionismo a salti, nella macro-evoluzione, invoca tutta una serie di improbabilissime "catastrofi" che avrebbero prodotto, ogni volta, più ordine e complessità di prima (se consideriamo la totalità dell'evoluzione della vita, dall'ambiente pre-biotico ad oggi).
Come torno a ripetere, finché non si dimostra con modelli matematici che l'ordine può sorgere dal caos, l'idea della macro-evoluzione a salti resta un wishful thinking, come illustra ance l'articolo di Forastiere che ho citato in precedenza.